mercoledì 27 agosto 2014

Come unirsi contro l'Unione?

(da Mimmo Porcaro ricevo e volentieri pubblico questo intervento che mi sembra in sintonia con le discussioni che stiamo svolgendo qui da una settimana, e anche con cose che stiamo dicendo da tre anni - esempio: l'idea che la distinzione "destra-sinistra" sia superata, che nel migliore dei casi è una disquisizione sul nulla, e nel peggiore, come ricorda Mimmo, un formidabile assist al regime "de sinistra" che ci opprime tutti - quelli di destra, e quelli di sinistra...)






Uno dei principali problemi di chi vuole uscire dall’Unione europea e dall’Euro è quello di costruire una grande alleanza sociale e politica capace resistere alla dura reazione che i grandi poteri nazionali (ma soprattutto internazionali) non mancherebbero di scatenare di fronte a questo “inaccettabile” gesto di autodeterminazione. Un’alleanza capace, quindi, non solo di guadagnare il consenso politico e morale di milioni di cittadini ed elettori, ma anche di metter mano ad un concreto programma alternativo di rilancio dello sviluppo del paese, base materiale della resistenza contro le iniziative ostili che, almeno in un primo momento, si concretizzerebbero proprio nel tentativo di strangolamento economico. Una simile alleanza non può non prevedere un riavvicinamento di ciò che in questi anni è stato (a volte artificiosamente) separato: e quindi una riunificazione dei diversi spezzoni in cui si è frammentato il lavoro dipendente, ed una nuova relazione tra l’intero mondo del lavoro dipendente ed una parte significativa delle piccole e medie imprese. Questo riavvicinamento si presenta indubbiamente come cosa assai difficile, e richiede decisi mutamenti di atteggiamento sia agli uni che agli altri. Proprio per questo conviene parlarne da subito, e con franchezza, precisando che quanto dirò vale sia nell’ipotesi di una rottura prodotta dal nostro paese che nell’ipotesi di una rottura subita: le turbolenze ed i rischi di regressione in questo secondo caso non sarebbero inferiori (anche per la presenza di una ormai innegabile tendenza alla guerra) alle conseguenze di un nostro scatto di dignità nazionale.

Ogni discorso che riguardi l’alleanza tra le diverse classi che oggi subiscono la sottomissione all’euro ed all’Unione europea  non può non tener conto di un fatto tanto macroscopico quanto spesso sottaciuto.  Ossia del fatto che in Italia, negli ultimi 30 anni o giù di lì, l’unica classe sociale che non ha goduto di una propria, autonoma, rappresentanza politica,  né ha potuto giovarsi di organizzazioni categoriali che non fossero colluse con la controparte, è la classe dei lavoratori dipendenti, o comunque subordinati. Mentre le diverse categorie di imprenditori, pur perdendo tradizionali “tutori” della Prima repubblica, ne hanno trovato subito altri e più aggressivi, la classe dei lavoratori dipendenti è scomparsa come classe politicamente autonoma (ovviamente il presupposto di questo discorso è che il PD non sia né un partito “laburista” né un partito almeno interclassista come la vecchia DC), e nello stesso linguaggio comune si sono affermati come protagonisti solo gli imprenditori da una parte ed i consumatori dall’altra. Questo drastico mutamento della costituzione materiale del paese (precondizione dei diversi stravolgimenti della costituzione formale) ha consentito lo stabilizzarsi di un modello di sviluppo assai fragile, perché fondato quasi esclusivamente sulla compressione dei salari, ed ha visto il suo apogeo nella sostituzione della lira con l’euro, sostituzione che appare quindi non come causa esclusiva o principale della compressione dei salari , ma come ulteriore (ed in certo qual modo “definitivo”) strumento di una strategia di classe iniziata da tempo e concordemente perseguita da tutte le frazioni dei capitalisti nostrani.

Ora, e per fortuna, una parte non trascurabile degli imprenditori si pronuncia con durezza contro l’euro e comincia a deprecare gli effetti di una flessibilità del lavoro che inevitabilmente conduce alla depressione della domanda interna. Una alleanza con questi imprenditori è dunque possibile, utile e necessaria. Non solo perché si tratta di forze economicamente rilevanti e quantitativamente ingenti (stiamo infatti parlando soprattutto di piccoli imprenditori), da cui non si può prescindere nella dura battaglia che si profila. Ma anche perché un’alternativa credibile al modello di società vigente in Italia, se deve necessariamente prevedere, come io credo, una decisa estensione della proprietà pubblica sui grandi gruppi industriali e bancari, prevede altresì la persistenza (ed in buona misura anche la tutela) di un forte settore di piccola e media industria dinamica, oltre che di un Terzo settore liberato dalla sua funzione di grimaldello della privatizzazione. Bene. Ma la condizione preliminare per un’alleanza seria è proprio il riconoscimento della specificità e dell’autonomia di tutti gli interessi in causa,  quindi anche (e direi “soprattutto”, visto il clima culturale attuale) di quelli dei lavoratori dipendenti e subordinati.

Nessuna alleanza è possibile se si presenta come illusoria cancellazione delle differenze di classe, piuttosto che come intelligente mediazione fra esse. Quella parte di imprenditori che intende liberarsi dal giogo dell’euro e dell’Unione europea e che più di altri subisce il calo della domanda interna dovrebbe quindi non solo divenire consapevole della necessità di un ampio fronte sociale, ma anche comprendere che, perché un tale fronte si costituisca e funzioni, la flessibilità del lavoro deve essere sostituita, nel suo ruolo di incentivo alla crescita, dall’intervento dello stato quale fornitore di credito e quale agente dell’espansione della domanda. Deve, insomma, essere abbandonato quel modello liberista che ha avvelenato l’Italia per troppi anni, che ha impoverito i salariati e che ha offerto alla piccola impresa illusori margini nei tempi buoni, per poi soffocarla all’arrivo della crisi.

E’ per questi motivi che non credo che le attuali forze politiche della destra (nemmeno quelle che sono momentaneamente esterne all’area di governo) siano in grado di promuovere la grande alleanza oggi necessaria: sono troppo legate al modello liberista (interpretato sovente come un liberismo a metà, che funziona esclusivamente sul mercato del lavoro), troppo inclini a spazzar via l’euro tenendosi però la flessibilità del lavoro e, aggiungo, troppo atlantiste per poter affrontare davvero il problema. La posizione della destra sui diritti civili, che a volte viene sbandierata come ostacolo di principio a qualunque tipo di convergenza, qui c’entra poco o nulla. Non la condivido assolutamente. E penso che, pur se è diventata, per la “sinistra” il sostituto di ogni politica d’eguaglianza e il pretesto per appoggiare le più ipocrite guerre, la battaglia per i diritti civili resti fondamentale per la costruzione di un socialismo non autoritario (che non abbisogni, quindi, di capri espiatori da individuarsi oggi negli omosessuali, domani negli immigrati, negli “alternativi” e poi chissà…). Ma tutto ciò non impedirebbe un’ alleanza con qualsivoglia forza di destra costituzionale che avesse un accettabile programma economico di fase. Ciò che oggi ostacola tale alleanza non sono le idee sulla fecondazione eterologa, ma quelle che riguardano le modalità di assunzione e licenziamento, per intenderci. Certo, mi si può obiettare che l’importante, adesso, è unirsi contro l’euro: per il resto si vedrà. E si può aggiungere che pur se non si crea una vera alleanza, una semplice convergenza su obiettivi comuni in sedi comuni può essere comunque utilmente perseguita. Concordo: figuratevi che sarei disposto a convergere anche col PD, se mai fosse tatticamente necessario, perché non dovrei farlo con Crosetto? Perché dovrei porre veti alla destra populista e non farlo con la destra tecnocratica, momentaneamente rappresentata dal traballante Renzi? Il problema è, però, che le convergenze tattiche con questo e quell’altro non basteranno: la scelta di uscire dall’euro e di darsi un modello di sviluppo capace di far davvero progredire il paese è talmente ardua e difficile, talmente forti saranno le reazioni ad essa che soltanto una profonda e stabile unità dei cittadini italiani (e di coloro che cittadini ancora non sono e dovrebbero comunque esserlo) potrà consentirci di attraversare questo passaggio. Anche solo per unirsi efficacemente contro l’euro, e per uscirne bene, è quindi necessario un programma che possa davvero convincere i lavoratori dipendenti, ossia la grande maggioranza dei cittadini, che oltre l’euro non c’è la temuta catastrofe inflazionista, non c’è “solo” la svalutazione, ma anche il rilancio della domanda tramite investimenti pubblici e la fine della precarietà.

La costruzione dell’alleanza passa quindi per una trasformazione della cultura e degli atteggiamenti degli imprenditori italiani.

Ma una trasformazione di non minore entità deve riguardare la cultura e gli atteggiamenti dei lavoratori. Che oggi sono alleati del capitale europeista, oppure del capitale semi-protezionista colluso col primo, oppure stanno a guardare. Che in buona sostanza oscillano tra ribellismo (a parole, per ora) e conservazione. Mentre il ribellismo non ha bisogno di particolari spiegazioni, qualche riflessione in più merita l’atteggiamento conservatore dei lavoratori, e non solo quello dei lavoratori più culturalmente deprivati e più isolati che, secondo diverse analisi, spaventati dalla globalizzazione e dai rischi dell’individualismo ripiegano nell’appoggio alle forze tradizionalmente definite come conservatrici. Mi interessa piuttosto il conservatorismo della parte più politicizzata e organizzata dei lavoratori, quella che si riconosce, in larga misura, nei sindacati maggioritari e nel PD ossia nelle forze che hanno attivamente promosso la modifica in peius dei rapporti sociali in Italia. Perché pagare tessere a chi, tanto per dirne una, è incapace di inscenare una qualche pur apparente protesta contro la signora Fornero? Perché un popolo che ad ogni piè sospinto se la prende con le  banche continua a votare chi delle banche è terminale politico? Una spiegazione razionale forse c’è. Mentre i grandi e medi imprenditori possono avere influenza politica anche senza riferirsi stabilmente ad una organizzazione categoriale o partitica (vuoi perché riescono a farsi tutelare direttamente dallo stato, vuoi perché possono fare lobbying o costruirsi partiti ad hoc), mentre i piccoli imprenditori hanno, nei confronti dell’organizzazione, un atteggiamento impastato di strumentalismo, diffidenza, difesa della propria autonomia e propensione alla defezione, i lavoratori sanno invece di non poter avere alcuna influenza politica se non come membri o sostenitori di organizzazioni. E quindi quei lavoratori che vogliono avere un peso politico tendono ad accettare e conservare (appunto) le organizzazioni ereditate dal passato (soprattutto quando sono, o appaiono, “grandi”) pur conoscendone i limiti, pur sperimentandone a volte con rabbia, giorno dopo giorno, lo snaturamento, finché non sopraggiungano eventi fortemente traumatici e finché non emerga una credibile alternativa.

Ora,  i lavoratori organizzati (che spesso sono parzialmente privilegiati rispetto agli altri) hanno fino ad oggi vissuto gli eventi traumatici legati alle vicende europee in maniera relativamente diluita ed attutita: la paura di perdere quel poco che hanno è finora superiore alla pur crescente rabbia verso il tangibile impoverimento delle classi subalterne, e verso il comportamento quotidiano del sindacato e del PD. E d’altra parte non s’è vista nessuna vera alternativa. Un po’ perché il PD è riuscito ancora una volta, con Renzi, ad imbrogliar le carte presentandosi “alternativo a sé stesso”: fedele esecutore delle direttive europee ma anche fermo critico dell’ottusità teutonica e tenace difensore delle prerogative nazionali (!).  Un po’ perché i concorrenti si dimostrano, ahinoi, incapaci. Il sindacalismo alternativo e “di classe” non riesce a conquistare lo spazio che pure meriterebbe: e ci si dovrà presto chiedere il perché. La sinistra che per abitudine definiamo radicale, quando non ha ridotto il suo messaggio alla retorica dei diritti e della democrazia partecipata, ha proposto ai lavoratori un modello mutuato dagli anni '70 ed oggi impraticabile: quello della priorità del "sociale" sul "politico", quello di un conflitto che nasce come conflitto sindacale e sociale, su questa base cresce, e solo successivamente, e a poco a poco, investe il terreno della politica e dello stato. Modello impraticabile, dicevo, perché oggi le condizioni del mercato del lavoro rendono molto difficile la mobilitazione diretta dei lavoratori sul terreno economico-sociale e impediscono la costruzione di piattaforme sindacali capaci di avere impatto sulle decisioni politiche. Oggi, piuttosto, l'iniziativa dei lavoratori e la stessa lotta di classe possono avere efficacia solo se si presentano come iniziativa immediatamente politica, che investe da subito il terreno dello stato e che mobilita i lavoratori stessi non semplicemente come membri di una classe, ma anche come cittadini. Il filosofo della politica direbbe che quel passaggio da "lavoratore" a "cittadino" che, a partire dagli anni '80 ha accompagnato il momentaneo tramonto della lotta di classe riassumendosi nella figura del "cittadino consumatore" (il quale grazie alla concorrenza avrebbe dovuto, secondo i diversi Veltroni della sinistra, guadagnare appunto come consumatore quel che andava perdendo come produttore) oggi può presentarsi invece come potenziamento della lotta di classe quando mette capo alla figura del "cittadino ribelle" che si mobilita immediatamente per la destituzione delle attuali élite, e quando a tale destituzione consegue una seria redistribuzione del potere politico ed economico.

Questo  mutamento della forma dei conflitti, che risulta del tutto incomprensibile alla sinistra radicale e ne spiega l’irrilevanza, è stato invece intuito dal M5S che proprio ponendosi come portabandiera dei cittadini contro i potenti, e proprio ponendo con forza l’obiettivo della conquista del potere e della democrazia diretta ha saputo compiere il miracolo di costruire “dal nulla” un’alternativa elettorale. Solo che il M5S, oltre ad essere troppo oscillante sulla questione dell’Europa, ha il difetto di interpretare il tema della cittadinanza come diluizione e non come spostamento del conflitto di classe. I “cittadini” appaiono come una massa indistinta che unitariamente lotta contro il “potere”, e non si perde tempo a cercare di comprendere le differenze di interessi trai diversi gruppi sociali e a cercare di mediarle. In poche parole, il M5S non è stato finora in grado di porre il problema della grande alleanza ed anzi le più importanti dichiarazioni del suo leader sono spesso improntate ad una datata polemica antilavorista, ad un disprezzo per intere categorie di lavoratori, ad una facile adesione a versioni piatte della teoria della decrescita che sembrano fatti apposta per allontanare parti significative del lavoro dipendente. Ben più che alle trovate di Renzi ed allo stile scomposto di Grillo, il M5S deve il suo momentaneo arresto alla forse congenita incapacità di entrare in sintonia con la latente crisi di rappresentanza del lavoro organizzato e quindi all’incapacità di proporre una credibile alternativa alla grande maggioranza dei cittadini italiani.

Insomma, la diversa percezione della crisi da parte dei diversi gruppi di lavoratori e l’assenza di alternative politiche spiegano l’oscillazione dei lavoratori stessi tra ribellismo e conservatorismo. Questa oscillazione finirà con l’acutizzarsi della crisi e con l’auspicabile creazione di un’alternativa. La cui concretezza si misurerà anche dal saper affrontare il tema della grande alleanza che, da punto di vista dei lavoratori, si presenta sotto almeno tre aspetti.
Prima di tutto si dovrà ricomporre la grande frattura interna al mondo del lavoro, quella che divide i lavoratori maggiormente qualificati e/o garantiti da quelli che lo sono di meno: una frattura che tende spontaneamente a produrre, in assenza di programmi unificanti, comportamenti politici diversi e spesso opposti. Non si sottovaluti l’importanza di questo lato della questione: quando si parla della costruzione dell’unità tra la maggior parte dei cittadini italiani si parla in buona misura della riunificazione del lavoro dipendente, e quindi di un’operazione che non implica affatto l’attenuazione dell’autonomia culturale ed organizzativa dei lavoratori, ma il suo contrario.
Poi si dovrà ricostruire l'unità del ciclo produttivo, tentando di reinternalizzare le "partite iva per forza", ossia quei lavoratori che sono stati costretti a svolgere come "liberi" imprenditori quelle stesse funzioni subalterne che prima svolgevano come dipendenti. E si dovrà anche stabilire un legame duraturo (prevedendo eventualmente  forme particolari di welfare) con le fasce alte delle partite iva, ossia con quei lavoratori di alta qualificazione che non possono ed in ogni caso non intendono essere ricondotti alla figura del lavoratore subalterno.

E finalmente si dovranno formulare proposte adeguate ad attrarre sia le PMI in sofferenza, sia quelle più dinamiche ed internazionalizzate. Se per queste ultime l'alleanza è possibile sulla base dell'ipotesi di nuove relazioni geopolitiche del paese, e quindi di nuovi mercati, nonché di un ruolo propulsivo dello stato, per le prime il discorso deve riguardare, più direttamente, la spinosa questione fiscale. Si dovrà insomma capire che, se è assolutamente giusto puntare alla regolarizzazione fiscale delle PMI, è peraltro indispensabile, per evitare un dramma sociale e per non consegnare miriadi di piccoli imprenditori alla disperazione ed alla destra estrema, proporre uno scambio tra lealtà fiscale ed intervento pubblico (credito, sostegno alle reti di impresa, semplificazione della P.A., investimenti diretti) e soprattutto modulare i tempi della regolarizzazione fiscale su quelli della crisi, prevedendone la piena attuazione solo in una auspicabile nuova fase di sviluppo.

Come si vede, per gli uni e per gli altri l'alleanza è tanto necessaria quanto difficile, perché richiede forti mutamenti negli schemi abituali di interpretazione della realtà. E la difficoltà è aumentata dall'urgenza. Ma la durezza dei fatti ci potrà aiutare, soprattutto se sarà accompagnata dalla chiarezza delle idee.

***

Una postilla sulla distinzione destra/sinistra, che è logicamente correlata al tema delle alleanze. In sintesi, io penso che l’idea secondo cui tale distinzione è “superata” sia da respingere, che però la distinzione debba essere ripensata e che, infine, pur mantenendo la distinzione, non si possano affatto escludere convergenze tra una ridefinita sinistra, un centro ed una destra costituzionale.

Che la distinzione destra/sinistra sia ormai superata è tesi da respingere perché è stata una della condizioni culturali del trionfo del neoliberismo. Dire che il dividersi tra destra e sinistra è ideologismo passatista significa dire che di fronte alla presunta modernità dei mercati finanziari non c’è alternativa. La salita dello spread non è né di destra né di sinistra: è un fatto; il giudizio dei mercati non fa riferimento a politiche o ideologie: è puramente tecnico. E così via. La capacità di penetrazione di questa tesi deriva dal fatto che essa utilizza una piccola verità per nasconderne una ben più grande e importante. La piccola verità è quella della tendenziale identità di vedute tra le attuali forze politiche di destra e di sinistra sulle questioni economiche essenziali e spesso sulle stesse questioni istituzionali: una convergenza tanto palese e tanto significativa da costituire oggi l’architrave su cui si reggono sia l’Unione europea che molti degli stati che la compongono. La grande verità che viene nascosta dall’abbagliante evidenza della prima è che, qualunque sia il comportamento delle forze politiche attuali, gli individui e le società hanno sempre la possibilità di scegliere fra alternative diverse e spesso molto diverse. Il rilevare (decantandola o deprecandola) la  convergenza tra destra e sinistra serve invece in genere a sostenere, surrettiziamente, che è inutile o impossibile pretendere di operare delle scelte fra alternative reali, quindi che l’universo capitalistico non è trascendibile, e che gli attuali rapporti sociali sono insuperabili: e questo proprio mentre essi stanno dimostrando tutta la loro tragica contraddittorietà.

Tengo dunque ferma la distinzione fra destra e sinistra. Ma per farlo utilmente devo modificare il termine “sinistra”. Non posso dichiararmi sostenitore di una “sinistra senza aggettivi”. La “sinistra senza aggettivi” ha sempre prodotto, in Italia, affarismo parlamentare, corruzione, autoritarismo, guerra. La sinistra ha senso solo quando si connette alle grandi ideologie di emancipazione popolare: il comunismo, il socialismo, il cristianesimo sociale e così via; altrimenti è solo (presunta) modernizzazione, serve solo ad espandere il cosiddetto mercato, a bombardare popolazioni inermi e a correre in soccorso del vincitore. Io penso quindi che la distinzione fondamentale, oggi, sia di nuovo ed ancora (visti gli esiti del capitalismo reale) quella tra comunisti e no. E più precisamente, siccome per me il comunismo può esistere realmente solo come combinazione di diversi modi di produzione, quindi come socialismo, dico che la distinzione significativa è quella tra socialisti e no. Non certo nel senso che chi non è socialista è necessariamente un nemico del popolo, una canaglia ecc. . Ma nel senso che le scelte fondamentali, oggi più di ieri, riguardano i rapporti sociali di produzione, i rapporti di proprietà, e quindi non (o non semplicemente) i diritti civili, le forme della democrazia o la stessa politica economica. La distinzione tra socialisti e no ridefinisce, per quanto mi riguarda, la distinzione fra destra e sinistra. La sinistra è  tutto ciò che si avvicina ad una prospettiva socialista, la implica o comunque non la ostacola radicalmente. Il centro e la destra sono definiti dalla minore o maggiore distanza dall’ipotesi socialista.  

Detto questo, e quindi mantenuta e ridefinita una distinzione, si può porre positivamente il problema della convergenza tra la sinistra ed una parte del centro e della destra sul tema dell’euro e dell’Europa. Distinguere nettamente non serve, in questo caso, ad escludere, ma serve ad unire in maniera più efficace. Nulla vieta che una sinistra socialista, un centro ed una destra costituzionale si uniscano nel nome dell’autodeterminazione del paese e del recupero di tutta la sovranità realmente possibile. E che successivamente si separino senza tragedie sociali e senza escludere nuove convergenze. Nulla vieta, nemmeno, di pensare che il soggetto politico di cui abbiamo disperatamente bisogno (quello capace di guidare il paese in un frangente così difficile verso un più dignitoso regime economico ed istituzionale) invece di nascere come unione di preesistenti soggetti organizzati di destra, centro o sinistra, debba presentarsi da subito come partito unitario democratico-costituzionale, fatto di persone di diversa cultura politica accomunate dalla scelta di ricollocare il paese nello spazio internazionale e di costruire rapporti sociali più coerenti con la Carta fondamentale. Ma tutto ciò è questione di valutazione concreta delle condizioni attuali, dei rapporti di forza, ecc. . Quindi per ora mi fermo qui.


Mimmo Porcaro





Aggiungo un post scriptum per i rosiconi:



Per Aloisio (princeps rosiconorum): ti sento molto competitivo, e quindi voglio aiutarti a rilassarti. Parti da un principio, quello di Gunny: "È una lotta fra la mia forza di volontà e la tua, e hai già perso!"


Ora fai un bel respiro, e torna a trovarci!

77 commenti:

  1. "Nessuna alleanza è possibile se si presenta come illusoria cancellazione delle differenze di classe, piuttosto che come intelligente mediazione fra esse". E ancora: "La costruzione dell’alleanza passa quindi per una trasformazione della cultura e degli atteggiamenti degli imprenditori italiani.
    Ma una trasformazione di non minore entità deve riguardare la cultura e gli atteggiamenti dei lavoratori".
    Chapeau a Porcaro per aver individuato il reale nodo dell'attuale situazione politica italiana e il lavoro (politico) che c'è da fare.
    E chapeau per aver ricordato "la presenza di una ormai innegabile tendenza alla guerra" del nostro tempo, che, se serve al Dipartimento di Stato Usa per continuare a imporre il predominio del dollaro con un altro metallo, il plutonio, nondimeno può servire ai loro alleati europei per "nascondere" lo sconquasso dell'eurozona dietro un altro sconquasso di dimensioni epocali. E le guerre hanno sempre risolto, finora e a loro modo, le crisi economiche.

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  3. analisi materialista, come quelle di una volta, e che ci vuole a capire che è giusta?

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  4. Le mazze!! Qui le snobbano tutti e le mangio tutte io...
    Ora leggo il post..

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    1. Quelle chiuse le abbiamo fritte, e con quelle aperte abbiamo fatto il sugo. Funzionano.

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  5. Intanto penso che gli italiani siano fondamentalmente (me compreso) anti-comunisti e quindi qualsiasi entità alleata o che ingloba forze comuniste non possa raccogliere numerosi consensi.

    Poi c'è da dire: -la teoria è ok, tutto vero, ma che fare ?-

    In teoria da inventare ci sarebbe poco o niente, basterebbe ispirarsi al modello economico italiano degli anni '70, oppure a quelllo scandinavo (capitalismo con forte presenza pubblica).

    Ma c'è un partito che abbia simili intenti ?
    Forse la lega, forse fratelli d'Italia, forse M5S.
    Ma sono tutti partiti capitanati da gente che non da l'idea di avere una visione chiara ed organica del problema.

    -Salvini se ne è uscito con l'idea della tassazione unica al 20% per tutti (forse non sa cosa vuol dire ?)
    -La Meloni che si è fissata con la storia del raddoppio dei prezzi (vero, ma non è l'urgenza del momento)
    -Grillo con il fatto che cambia sempre idea ed appare alquanto impreparato.

    Tutti e tre non mi sembrano all'altezza di poter competere con gente in malafede ma comunque altamente preparata.

    Poi c'è Bagnai, che sarebbe all'altezza come preparazione e carisma ma che non se la sente di fare un partito od un movimento che verosimilmente sarebbe pieno di sfigati senza carisma che non hanno capito bene il punto.

    Quindi: che fare ?

    Perchè ricordiamoci che se il crollo dell'Euro è certo, non c'è garanzia che ciò che verrà dopo sarà meglio.
    Soprattutto se passa (come passerà) il concetto che l'Euro era tanto un bel progetto ma i popoli latini non sono stati all'altezza di meritarlo.

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    1. L'ultima tua convinzione la condivido e la do per una certezza assoluta da tempo, come sai: ovvio che il frame si difenderà così. Su tutto il resto si può lavorare. Circa l'anticomunismo, ad esempio, ci sarebbe da discutere, perché io sinceramente ho capito che Berlusconi ci ha giocato molto sopra, ma 'sti comunisti dove sarebbero?

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    2. I comunisti esistono ancora (grazie a Dio).
      Si sono solo allontanati disgustati dalla prima donna Diliberto e storditi dal movimentismo di Fra Bertinotti.

      Non hanno ancora afferrato il problema valuta, ma dispongono di una base filosofica molto piú attuale di quello che si possa pensare.
      Karl non fu mai piú attuale di oggi

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    3. Perdonami: nell'interesse di una pacifica convivenza, ti avverto che le lancette del lezzioncinometro hanno sussultato. Io parlavo di comunisti, non di Marx. Se oggi uno non afferra il "problema valutario" è solo un povero coglione, e io, per motivi sentimentali, tenderei a non considerarlo un comunista. Lasciami ancora qualche illusione...

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    4. Allora provo a rimuoverle le ultime illusioni.
      I comunisti non hanno un senso di identità, non ho ancora capito il perché, e non credo sia un problema culturale.
      Sarà che non riescono a cogliere le differenze, oppure le colgono ma non le accettano.
      Nel secondo caso sarebbe un problema culturale che implica il fatto di avere un'identità ( nel caso fosse quella dell'origine unica dell'homo sapiens vorrebbe dire che il loro pensiero non ha avuto evoluzione alcuna e la loro tendenza sarebbe quella di tornare a quelle condizioni).
      Se proprio devo, a Marx preferisco Gesù, molto più rivoluzionario e sintetico, oppure Bagnai, molto più Italiano degli altri due (tanto per dare il fianco all'espresso :-).
      Su questo devo ringraziarla, mi ha rifatto apprezzare la mia dimensione antropologica.

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    5. Prof,
      mi riferivo a questo passaggio:
      [..Io penso quindi che la distinzione fondamentale, oggi, sia di nuovo ed ancora (visti gli esiti del capitalismo reale) quella tra comunisti e no. E più precisamente, siccome per me il comunismo può esistere realmente solo come combinazione di diversi modi di produzione, quindi come socialismo, dico che la distinzione significativa è quella tra socialisti e no.[...]

      Ecco io credo che qualunque cosa significhi, un movimento che ha a che fare con la parola 'comunismo' non possa riscuotere alcun consenso in Italia.

      Ad ogni modo di capitalismo ne esistono molti tipi, quindi la frase:
      [...['(visti gli esiti del capitalismo reale)[...] ha per me poco senso almeno che non significhi:
      -(visti gli esiti di QUESTO capitalismo)'

      In generale la mia visione di un capitalismo sostenibile e compatibile con la democrazia è quello in cui c'è un forte stato sociale che garantisce salute, istruzione, diciamo un pacchetto base a tutti. Le piccole/medie imprese vengono aiutate a crescere fino però a un certo punto. Quando divengono troppo grandi devono essere frenate, oppure lo stato entra nel capitale (pagandolo). Ovvio ceh imprese troppo grandi nelle mani di privati possono costituire una limitazione alla democrazia (per il lobbying, per il forte potere contrattuale di queste aziende etc.)

      E quindi è chiaro che ci vorrebbe moneta sovrana, il matrimonio tesoro/banca centrale, una politica valutaria corretta, abolizione UE, referendum legislativo etc. etc.

      Credo che proporre questo tipo di capitalismo (senza chiamarlo 'socialismo', parola che fa un po' paura) riscuoterebbe consenso. Poi magari mi sbaglio.

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    6. Tom, guarda che siamo d'accordo, anche con Mimmo, credo. Io mettevo l'accento sul piano comunicativo.

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    7. La dimensione e' un attributo importante, ma piu' ancora mi sembra il ruolo. Tutte le attivita' direttamente correlate al benessere minimo materiale dei cittadini devono essere pubbliche, es. salute, istruzione, infrastrutture.

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  6. Oggi più che mai ha senso la distinzione tra destra e sinistra, e tale distinzione esisterà sino a quando saremo sulla terra, a causa di interessi divergenti tra le parti in causa.
    Il conflitto distributivo, è insito nella natura umana, è un fatto, a causa della scarsità delle risorse disponibili
    Si è più volte detto che la più gra de vittoria del grande capitale transnazionale, è stato far credere alle classi lavoratrici, il superamento di tale necessaria ed insuperabile distinzione, in luogo dell'illusorio eldorado prospettatoci dal suddetto grande capitale.

    I risultati li stiamo vedendo e subendo sulla nostra pelle, giorno dopo giorno, ed è assai probabile, se non certo, che senza ulteriore dolore, la consapevolezza di chi è il vero nemico, tarderà ad arrivare. È quindi, assai probabile, che la sofferenza patita da noi piccoli, non sia ancora sufficiente perchè possa esserci la necessaria massa critica consapevole.

    In questo blog, l'autore ha da subito capito che il primo passo da fare era accendere la miccia di quella che chiamo rivoluzione culturale, intesa come modo di vedere le cose dalla prospettiva corretta, ovvero facendo informazione, spiegando i veri meccanismi prima culturali e sociali e poi economici, al contrario della disinformazione propagandata dai nostri "cari" mezzi d'informazione ( che obbrio
    accostare la conoscenza e la vera informazione, ai collaborazionisti spacciatori di
    merda liberista ).
    Prima capiamo chi i toglie pane e serenità, e soprattutto il diritto a una vita normale, meglio è.
    Credo che ci siano, nel nostro paese, le giuste risorse culturali, umane ed economiche ( la guerra non è gratis ), per contrastare la deriva presa dal nostro paese.

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  7. Belle le pupole (e anche Porcaro)!

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    1. Son più contento di aver trovato lui, anche se non si mangia.

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  8. Le boizene (o mazze da tamburo). Non è un fungo nobile, cresce anche in collina nelle piane a vigneti (ne raccoglievo molte illo tempore), ma alla piastra (togliendo il gambo) è ottimo

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    1. Ma crede ancora alla letteratura scientifica, Profe? Io le ho sempre mangiate grigliandole (con un filo d'olio e una spolverata di prezzemolo a fine cottura), e mai un mal di pancia (eppoi mi cuggino, anche lui le mangiava così...)

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  9. Ecco, mi sento meno solo: evidentemente il signor Porcaro ha letto Wittgenstein ed è in grado di chiarirsi e capire come sia cambiato l'uso paradigmatico della parola "sinistra" e come si debba necessariamente correre ai ripari, oppure deve avere dalla sua una lucida capacità di analisi. Ovviamente è proprio una convergenza temporanea tra sinistra (vera), destra sociale o costituzionale e settori cattolici sensibili alla questione dell'autodeterminazione e restii alla desertificazione politica del Partito Unico Neo-Liberista ciò che serve per rilanciare la questione democratica e l'economia del Paese. Il dibattito, però, non riscuote consensi negli ampi strati della popolazione - vuoi per pigrizia mentale, vuoi per incapacità indotta da riforme dell'istruzione che da decenni non fanno altro che generare cittadini-consumatori ed elettori disinteressati che hanno fatto tornare in auge modelli di comunicazione che sembravano essere terminati con le dittature di massa e che invece sono tuttora imperanti. Gli altri capiranno? E sopratutto, ci si riuscirà mai? Il tutto passa dal "martirio" - mi si passi il termine, dal sacrificarsi nel fare divulgazione e nel far sentire l'altra campana ai cittadini-consumatori, dal proporre un'alternativa ai dogmi del pensiero unificato che imperversano sui media. E per fortuna questo blog è un punto fermo di questo "Rinascimento".

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  10. Leggendo il post mi sembra che Porcari faccia emergere con forza la natura politica dei nostri problemi, e anche il ritardo stesso della politica nel capire quali siano le attuali priorità Italiane e d Europee. La riflessione dell'autore potrebbe essere vista come un invito alla sottoscrizione di una sorta di Manifesto di Solidarietà Europea della politica, dopo che quello degli economisti (di diversa estrazione politica e socilae) è già stato elaborato e sottoscritto.

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  11. "La distinzione tra socialisti e no ridefinisce, per quanto mi riguarda, la distinzione fra destra e sinistra."
    Però, visto che il PSE e i suoi 189 europarlamentari suppongono di rappresentare il vero socialismo europeo, non potremmo trovare una parola nuova per ridefinire la sinistra che eviti confusioni?

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  12. questo blog per me è come una nave sulla quale sto effettuando un viaggio fra i più interessanti della mia vita (e giustamente ogni tanto pago il biglietto).
    Di sicuro il più importante, vista la posta in gioco.
    Il Prof è il Capitano della nave, va da sè....ma ogni tanto, leggere post come questo di MP allarga il cuore, e ti fa capire che forse, in qualche, per ora, sconosciuta parte del mondo una casa ci sia.

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  13. Un ottimo intervento, esemplare nella sua chiarezza.

    Per assicurarsi un minimo di successo avremmo dunque bisogno di
    1) una classe lavoratrice 'consapevole' come lo fu negli anni 60-70.
    2) una classe politica unita nel determinare le sorti del paese

    E qui sorge il dubbio del misantropo.

    Una buona percentuale dei popoli occidentali europei ha perso capacitá critica, di analisi e discussione. La mutazione decisamente desiderata dal consumismo ha trasformato la cultura italiana in modo difficilmente reversibile.
    Ho anche notato per diretta esperienza che tali capacitá tra le fasce istruite scema man mano che si procede alle alte latitudini per quasi scomparire in paesi che hanno tratto del capitalismo l'unica ragione di vita (UK, Irlanda, Olanda), semplificando molti concetti sociali ed economici, sintetizzandoli in semplici analisi logiche del periodo.

    Il Berlusconismo ha creato le nuove regole della politica italiana, la sinistra si é adeguata e seguendolo sul campo di gioco, ha giocato con le stesse regole perdendo la propria identitá, (da cui il fallimento de l'Unitá). Il popolo italiano con istruzione inferiore alla media si é assuefatto inconsciamente seguendo ció che il mercato proponeva. Frivolezza, leggerezza, irresponsabilitá.
    Non siamo un popolo di lettori, quindi non particolarmente adeguati a capire ed illustrare una situazione o problema. Siamo in genere un popolo spaventato.
    Per di piú, estremamente incline a seguire il populista del caso e per giunta affetti dalla piú dannosa proprietá umana, la litigiositá. Aggiungiamo che non siamo un popolo di "parricidi" ma di "fratricidi" (continuiamo con gli errori del passato invece di discutere alternative con i nuovi pari), come l'ottimo Antonio Gambino citó nel suo 'Inventario Italiano' ed il quadro si completa da sé.

    L'involuzione dei cittadini da popolo con diritti e doveri a semplici consumatori di beni ad utilitá semplice e ripetuta (mi raccomando stranieri!), non credo sia facilmente arrestabile.
    Ció é accaduto in un periodo ben piú esteso dei famigerati 20 anni sotto B. e trovo molto difficile credere nella ri-ingegnerizzazione della nostra societá lavoratrice quando due terribili aspetti uniscono le forze: la paura di perdere quel poco che rimane e l'ambizione di possedere beni a tutti i costi.
    La situazione é paragonabile in modo ponderato ai tempi, ai condannati al rogo per eresia. Il popolo molto spesso non ha le capacitá di interpretare dibattiti circa le proprie condizioni di vita e noi rimaniamo eretici, vecchi tromboni pallosi. Nel suo caso Prof, professoroni con presunta e limitata conoscenza del mondo produttivo ("ma che ne vuol sapere questo quá di cosa ci vuole per campá")

    A questo punto esistono due alternative: un miracolo o una crisi ben piú tremenda della corrente (vedi Grecia) che peró non ha portato ancora ad un fico secco se non la lista Tsipras che rimane muta e purtroppo ancora in anestesia.

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    1. Perdonami: Tsipras lo ha partorito la Bce. Quello che ha partorito la crisi greca lo vedrete al #goofy3.

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  14. Prendo atto che Porcaro sembra essersi avviato in una fase di rivisitazione interiore che lo porta inevitabilmente quì,dove tutto ciò è stato ampiamente discusso.
    Se son rose fioriranno anche se lui stesso ammette :Come si vede, per gli uni e per gli altri l'alleanza è tanto necessaria quanto difficile, perché richiede forti mutamenti negli schemi abitualidi interpretazione della realtà. E la difficoltà è aumentata dall'urgenza. Mala durezza dei fatti ci potrà aiutare, soprattutto se sarà accompagnata dalla chiarezza delle idee.
    (nessuna menzione per la categoria pensionati)

    (sui timpani,lì bisogna darle le mazzate ai rosiconi ed anche ai falsi sordi.Vediamo se ci sentono!)

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  15. Sarebbe stato meglio trovare un tantino prima sia quelle lepiote che Porcaro, ma va bene lo stesso.

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    1. Perdonami: Porcaro è con noi da un po', e l'ho trovato grazie a Stefano Pezzotti (non essendo io del giro, non l'avrei mai trovato da solo). Quindi grazie a Stefano.

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  16. Sono d'accordo su molte cose, ma il problema e' che, se si usano i vecchi termini sinistra/destra, rimarremo in balia dei vecchi parrucconi Vandeani che si riapproprieranno della sinistra o della destra. Siamo nel XXI secolo, e' opportuno usare un linguaggio diverso.

    Sono d'accordo che il tecnicismo dei mercati non ha colorazione politica; ma sono nettamente in disaccordo sul continuare a chiamare sinistra tutto quello che e' "buono/etico" e destra quello che puzza di oppressione della classe media o dei poveri, ecc.

    I D'Alema, Bersani, Franceschini, Bindi, ecc. non aspettano altro che di cavalcare la nuova sinistra; e a destra idem con patate. Del resto come chiamare di destra un Alfano, un Berlusconi o un Fini? Gente che non ha nulla a che vedere con le idee di destra.

    Ecco perche' in un certo senso quando nacque la "Lega", anche il nome rifletteva qualcosa di diverso che andava, in teoria, oltre gli schemi.

    Non solo, ma chiamando sinistra "cio' che e' buono e pulito" ci si aliena chi si riconosce nella destra, magari in una destra nazionale e pulita e fuori dalle grandi mangiatoie stile Expo o Mose, ecc. Ricordiamoci chi era fuori dall'arco costituzionale dei bei tempi andati; Almirante non poteva certo rubare, nemmeno se lo avesse ardentemente desiderato! Era fuori dall'albo ...."prenditori".

    Quindi bisogna andare verso una riconciliazione costruita intorno ad obiettivi condivisi. come la Spagna del dopo Franco, mi azzardo a fare lo storico de noantri.....senza tante puzzette sotto il naso stile Terrazza Martini, che fanno tanto chic ma...chi le frequenta sta con EL KAN e con Montis Khan.

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  17. Macrolepiota procera, sperando di non accollarmi il giudizio di rosicone

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  18. Difficile, anche per la spaziatura, e perfettamente rappresentativo dello spaesamento della sinistra "radicale" italiana (e non solo). Discutere di alleanze tra forze del tutto eterogenee e frammentate, come si trattasse di costruire una piattaforma di rivendicazioni in un negoziato.
    Io sinceramente non ho capito: cosa chiama "lavoro dipendente", piccola impresa, partite IVA, etc... nessuno o quasi delle persone che si trovano entro queste etichette si vedono in questo modo.
    Voglio dire che la frammentazione è un dato, l'individualismo anche; mi sembra difficile superarlo con un atto di volontà. La grande mossa di Marx fu di ridescrivere il mondo intorno ad un conflitto essenziale, e creato questo sistema di ordine narrativo, mostrare come faceva diventare chiaro tutto. Riordinava i fatti osservabili in un quadro funzionale, rendeva visibili nuovi fatti. Questa potente mossa ha chiamato (non senza decenni di scontri) sotto di sé tutte le forze che non erano a loro agio nel sistema altamente disfunzionale del capitalismo ottocentesco.
    Chi può farlo indichi cosa c'è di essenzialmente sbagliato nel sistema economico attuale e, se sarà convincente, le forze si condenseranno.

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    1. mi fa piacere che si stia facendo questo. trovare un nuovo racconto unificante nell'età dell'individualismo è una sfida che vale. dunque appoggio e tifo per la riuscita.

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    2. Be', se non si vede non sta riuscendo, ma se non stesse riuscendo non avrei certi numeri. C'è un paradosso.

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    3. No, si vede. E' che è un lavoro di lunga lena, se Marx ci ha messo una quarantina di anni lei ce ne vuole mettere tre?

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    4. Alessandro, tu fai un ottimo lavoro e sei una persona competitiva. Due cose che ti assimilano al tuo omonimo di buona memoria. Come gli feci notare illo tempore (cerca "Bolle e bulli") essere competitivi è un vantaggio se si sta facendo la stessa gara. Abbiamo capito che tu gareggi con Marx, quindi ci vediamo fra 30 anni. Io la vedo in modo diverso, un po' come il Qohelet. È stato già detto tutto, ci vuole solo il coraggio di ripeterlo, e... Guarda il lato positivo! Rispetto a quando abbiamo cominciato qui, più passa il tempo, e meno coraggio ci vuole!

      Io lo so che NON sono Marx. L'unico che non lo sapeva è lui, perché non lo era, lo è diventato! Sono un macroeconomista che si occupa di international finance. Non un filosofo politico. Ma, caso strano, le cose che qui ci diciamo da anni vengono condivise anche da persone che della riflessione politica hanno fatto la ragione della propria esistenza.

      Che sintesi traggo?

      La solita: l'unica ideologia che funzionerebbe è l'appostismo. Solo facendo ciò che si sa fare si può essere utili, e paradossalmente invadere in modo fecondo il campo altrui. Anche per questo ripeto che la politica politicante non mi interessa, come non mi interessa la riflessione "politica". Il conflitto distributivo si può analizzare con gli strumenti del "cioè compagni", e con quelli di Econ101. Qui abbiamo visto cos'è che funziona. Ogni genio ha riscoperto la ruota...

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  19. Mi pare di poter dire che quando si dice che la separazione tra destra e sinistra oggi ha poco senso, si voglia sottointendere che "ad oggi, in Italia" questa distinzione non ci sia in parlamento e dunque non ha senso farne riferimento quando si tratta di attualità economica e socio-politica.

    Vi è invece una sostanziale convergenza delle forze politiche che dalla DC in poi sono state un tutt'uno (circa), senza una vera opposizione.

    Questo conglomerato (oggi per noi è il PUDE) e questa situazione, hanno anestetizzato (ma non ucciso) la coscienza popolare per mezzo di una distrazione di massa perpetua di cui Marcello Foa spiega le logiche.


    Siccome è la necessità che aguzza l'ingegno, ad un certo punto il popolo, con le sue tempistiche da elemento multiforme disorganizzato, comincia a darsi una svegliata e alla rabbia si accompagna la volontà di informarsi e di capire.

    Solo così c'è la possibilità che incominci a delinearsi una coscienza sociale.

    Questa possibilità, solo in potenza, può diventare atto e trovare una sponda nell'estremismo politico oppure in un progetto come questo blog: un'opportunità di imparare ad interpretare correttamente gli eventi e districarsi nella bolgia della disinformazione.

    Un progetto che consente al popolo di sentirsi parte di qualcosa, che gli dà l'occasione per aiutare altre persone ad interpretare gli eventi.

    Il popolo, grazie a questo progetto coerente, si responsabilizza nella costruzione di quella coscienza sociale che è l'elemento necessario a scardinare un sistema iniquo e a scongiurarne il sorgere in futuro.


    Il discorsetto di questo post che mi ha ricordato le parole di Fusaro al Goofy2 "Le forze sovraniste si uniscano" è tanto carino ma poco utile (a mio avviso) perchè presuppone un coordinamento impossibile in assenza di quella coscienza sociale che sarebbe l'unico motore per la formazione di un nuovo patto sociale.

    Quello che invece è utile e dovrebbe essere fatto sta scritto qui:
    http://goofynomics.blogspot.it/2014/08/la-repubblica-e-la-troika.html

    Ne riporto un estratto per vostra comodità e perchè amo queste parole pregne di consapevolezza; dovremmo tutti noi ricordarle prima di adottare miopi atteggiamenti da bar (o da Twitter) che è lo stesso), e soprattutto, prima di dar contro ad una categoria o un'altra.


    ..Quindi, l'unica cosa che possiamo fare è continuare a dare autorevolezza e visibilità a una voce alternativa, finché ce lo permetteranno. Per questo motivo è indispensabile:

    1) Dimenticarsi il modello organizzativo "bar di Guerre Stellari". In un momento nel quale la credibilità è tutto non ci si può unire a chiunque, e chi si unisce a chiunque può anche evitare di chiamarmi. Chiamiamo noi.

    2) Lasciarsi alle spalle gli atteggiamenti da hooligan.

    3) Portare il dibattito in sedi sempre più prestigiose, accettando, evidentemente, di confrontarsi con interlocutori di livello scientifico e di statura morale discutibili, ma ben visibili nel dibattito, senza aggredirli. Si riapre il quarto d'ora del dilettante, ma non a livello del locale circolo di Memmeta, questa volta lo apriamo ai piani alti, e lì interverremo per mettere le cose in chiaro.

    Non credo si possa fare più di questo.

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  20. ehh caro Bagnai bastan minga due macrolepiote procera per rosicare; sono i funghi dei fiulet. Se vuoi ingolosire devi mettere questi:
    http://www.micologiamessinese.altervista.org/images/Boletus_aereus.jpg

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  21. CIAO A TUTTI .
    Prima di addentrarci in discussioni o polemiche ,consiglio a tutti ,(tranne a quelli che
    leggono solo le copertine dei libri ) un articolo di Vladimiro Giacchè , a mio giudizio
    uno dei migliori intellettuali ( oltre alla lira ritorniamo anche all'italiano ? ) nel panorama culturale italiano .
    Lo scritto di Giacchè si integra ( non sostitisce ) molto bene con le lezioni di economia di Bagnai, e si può passare da Giacchè a Bagnai , e da Bagnai a Giacchè in un travaso proficuo di idee politiche ed economiche .
    Vi posto l'inizio de '' IL RITONO DEL RIMOSSO : MARX , la caduta del saggio di profitto e la crisi '' ( Relazione al convegno ''Marx e la crisi '' università di Bergamo
    23 aprile 2010 . ( digitate così in google e andate in pdf stampate leggete e MEDITATE )
    1. Vent’anni dopo
    Appena venti anni fa, con il crollo dei regimi dell’est europeo, anche su Marx e
    le sue teorie sembrava calato definitivamente il sipario. L’ennesima ‘crisi del
    marxismo’ era in scena già dai primi anni Ottanta, ma ora, con la fine ingloriosa
    dell’Unione Sovietica, sembrava che non sarebbe andata come tutte le altre volte. La pagina del marxismo sembrava definitivamente voltata, e gli scritti di Marx destinati agli storici e ad un pugno di nostalgici fuori dal tempo. I volumi dell’edizione delle opere di Marx ed Engels che nella ex Berlino Est dei primi anni Novanta affollavano le bancarelle dei libri usati tra il disinteresse dei passanti sembravano la riprova più chiara di questo destino.
    Purtroppo, però, per risolvere ed eliminare le contraddizioni del reale non basta
    sostenere che esse non esistono. E questo vale per gli individui come per le società.
    La società capitalistica dei nostri tempi non fa eccezione. E così, nel 2007, è arrivata
    la crisi: la peggiore dal 1929 in avanti. Il capitalismo tronfio e trionfante degli ultimi
    decenni, con il suo sano egoismo generatore e dispensatore di ricchezza per tutti, con le sue capacità autoregolative superiori ad ogni goffa imposizione di regole
    dall’esterno, ha così ceduto il passo ad un insieme di meccanismi inceppati, che hanno bisogno di fiumi di denaro degli Stati per tornare malamente a funzionare. Risultato: l’immagine che oggi il capitalismo dà di sé è quella di un sistema in cui ingiustizie intollerabili vanno di pari passo con una drammatica inefficienza nell’allocazione delle risorse.
    Si capisce, quindi, il disorientamento nelle folte schiere dei suoi seguaci, sia nel
    mondo dell’economia che in quello della politica e dell’informazione. Ma quanto sta
    accadendo non è un fatto che riguardi soltanto le cerchie ristrette degli addetti ai
    lavori. Molte delle certezze su cui erano state edificate la visione del mondo e la
    filosofia della storia diffuse a livello di massa negli ultimi decenni sembrano oggi – se
    non proprio in frantumi – quantomeno incrinate. Per capire i motivi del rinnovato
    interesse nei confronti di Marx bisogna partire da qui: da queste certezze che non sono più tali.

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  22. "Che la distinzione destra/sinistra sia ormai superata è tesi da respingere perché è stata una della condizioni culturali del trionfo del neoliberismo. Dire che il dividersi tra destra e sinistra è ideologismo passatista significa dire che di fronte alla presunta modernità dei mercati finanziari non c’è alternativa."

    Non condivido affatto.
    IMHO questa frase (come un po' tutto lo scritto) si configura come pura supercazzola cerchio-bottista.

    Una contrapposizione piu' profonda esiste eccome e si manifesta su scala planetaria in termini molto reali: non e' quella tra destra e sinistra (che oggi non significano piu' un cazzo per nessuno) ma e' quella tra 'capitalismo trionfante' (cfr. Diego Fusaro) e sostenitori di un mondo multipolare, non globalizzato, in cui gli Stati Nazione siano liberi di organizzarsi e di perseguire democraticamente le proprie politiche economiche nazionali.

    Per essere contro il 'capitalismo trionfante' in Italia non occorre certo continuare ad appipparsi sulle vecchie categorie destra-sinistra e non occorre neppure fare nessuna alleanza particolare (se non quella tattica contro il nemico comune, PD/BCE/EC).

    La nostra Costituzione della Repubblica Italiana non e' nata da nessuna alleanza 'strategica'; e' nata solo dalla volonta' comune di innumerevoli forze politiche di ristabilire (dopo la guerra civile) un insieme di valori e di regole NAZIONALI condivise.

    Per liberarci dall'odiato conio di E.U.R.S.S. basta IMHO continuare ad essere cristiani, borghesi, capitalisti e/o liberali: l'unica cosa su cui occorre essere d'accordo e' che il 'capitalismo trionfante' planetario costituisce una degenerazione letale da combattere ristabilendo la sovranita' economica degli Stati Nazione (i.e. controllo al movimento dei capitali, banche centrali dipendenti dai Governi nazionali, monete comuni nel caso solo per AVO/OCA).

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  23. (continuo avevo superato i 4096 carateri )

    La brutalità della crisi mette impietosamente in questione i presupposti di cui si
    è nutrita in questi anni l’ideologia dominante, divenuta così pervasiva e trasversale
    agli stessi schieramenti politici da poter essere definita il “pensiero unico”.1
    Si pensi alla presunta maggiore efficienza dell’impresa privata rispetto a quella pubblica. Non esiste alcuna ricerca empirica che dimostri tale superiorità, ma essa è diventata senso comune.2
    Quando però negli Usa, nel Regno Unito, in Germania e altrove vengono
    nazionalizzate le banche, e sia pure per socializzare le perdite, è il presupposto stesso della superiorità della proprietà privata dei mezzi di produzione ad essere posto de facto in discussione. Più in generale, è il mito del mercato capitalistico quale migliorsistema di allocazione delle risorse ad essere confutato di fatto dalla crisi attuale: come si può parlare di efficienza del mercato in una situazione in cui viene distrutta ricchezza per decine di migliaia di miliardi di euro, e nel giro di pochi mesi nel mondo i disoccupati diventano 230 milioni? Che efficienza è mai questa? Come è possibile negare questo gigantesco sperpero di risorse umane e materiali? E, soprattutto, cosa si deve fare per evitarlo?
    In fondo, sono questi dubbi e queste domande ad avere riportato Karl Marx agli
    onori delle cronache. Con modalità semplicemente impensabili sino a pochi mesi fa.
    (…………..)
    Ovviamente, è fin troppo facile obiettare che queste riscoperte sono
    viziate da equivoci (uno su tutti: vedere in Marx un fautore pre-keynesiano
    dell’intervento dello Stato nell’economia). Su un punto, però, la rinnovata attenzione
    nei confronti di Marx, per quanto superficiale possa essere, coglie nel giusto: sulla
    crisi attuale Marx dice di più e meglio di legioni di economisti mainstream dei giorni nostri


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  24. Al di la del merito,con il massimo rispetto,senza ironia,lo riscrivo,massimo rispetto per l'autore di questo intervento,c'è qualcosa che istintivamente mi respinge nel linguaggio.
    Eppure frequento questo blog da anni,e quello di Quarantotto,dove vengono espressi concetti economici e giuridici ai limiti e spesso oltre i limiti delle mie capacità di comprensione,ma sempre con chiarezza estrema,unita ad una scorrevolezza che mi permette di rileggere più volte se necessario.
    Mi spiego meglio:finché parlerete così,non potrete,non potremo che perdere.

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    1. Esatto. Sara' perche' il mio mestiere consiste nel realizzare modelli, ovvero sintesi della realta' utili per qualche scopo definito, non vedo ancora un nuovo, credibile, consistente modello di societa'. Il capitalismo/comunismo/nazionalismo "dal volto umano" chi puo' convincere? Sono riusciti ad imbrattare termini come "socialdemocrazia" e "welfare" con la litania del "non ce lo possiamo permettere / cicale", pompando il nuovo "boia chi molla", "meglio un giorno da leone ecc." che e' "diventa imprenditore di te stesso".

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  25. Ottimo Porcaro.. Ora resta solo da capire come ottenere il più rapidamente possibile un'ampia convergenza verso il fronte no-euro e ci siamo. Penso peró che saremo portati alla convergenza solo dal precipitare degli eventi e poi dopo una breve "unione" tutti a litigare per la propria strada (che tra l'altro è una delle ipotesi più realistiche messe in luce dal buon Porcaro, a mio modo di vedere).. Certo che considerato ció il PD è nella migliori delle ipotesi destinato a frantumarsi, che poi è quanto previsto illo tempore dal professore! A meno che qualcosa non antici gli eventi.. Ma deve accadere prima che accada in Francia.. Quando la Le Pen andrà al timone, la contrapposizione ideologica porterà il PD a schiacciarsi ancora di più sulle posizioni euriste (o comunque ancora troppo mitigate rispetto al precipitare degli eventi) e l'opposizione all'euro sarà sempre più monopolio delle destre.. Per gli storici consiglierei di individuare nel fallimento di Holland e del socialismo francese la causa principe che avrà consegnato l'Europa post-euro in mano alle destre! Lei che ne pensa prof? Quale potrebbe essere un evento in italia che potrebbe accelerare un processo di convergenza sulle posizioni no-euro?? Sarebbe interessante analizzare se le ormai prossime elezioni presidenziali statunitensi potrebbero in qualche modo influenzare anche le dinamiche europee.. La Germania è destinata inevitabilmente a divenire sempre più un nemico per Washington.. http://www.formiche.net/2014/08/25/cina-germania/

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  26. Un'analisi senz'altro interessante. Ma in una societa', o meglio cultura, che ha irrimediabilmente condannato come negativi assoluti i termini "comunismo", "nazionalismo", "socialismo", come presentare una nuova sintesi che possa tornare a far sognare - e quindi operare - i lavoratori dipendenti? I complessi meccanismi ad incastro sono costruzioni affascinanti, ma servono appunto persone ed energie notevolissime. Le tazzine rotte, in questa parte dell'universo, non si ricompongono mai.

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  27. L'articolo mi trova concorde, in particolare dove si afferma che

    «La sinistra ha senso solo quando si connette alle grandi ideologie di emancipazione popolare: il comunismo, il socialismo, il cristianesimo sociale e così via; altrimenti è solo (presunta) modernizzazione, serve solo ad espandere il cosiddetto mercato, a bombardare popolazioni inermi e a correre in soccorso del vincitore. Io penso quindi che la distinzione fondamentale, oggi, sia di nuovo ed ancora (visti gli esiti del capitalismo reale) quella tra comunisti e no»

    Ecco, lo volevo scrivere ieri o l'altro ieri, ma mi sembrava di sbilanciarmi un po' troppo. Così mi associo alle considerazioni di Mimmo Porcaro e sto a posto.

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  28. Ho beh, che sarà mai... e poi saranno commestibili? Mah....(un rosicone)

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  29. O beh, che sara' mai! E poi saranno commestibili? Mah...(un rosicone)

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  30. Intervento interessante e condivisibile sotto tanti punti di vista.
    Troppe volte (per ovvi motivi praticamente sempre negli organi classici di informazione) laddove si parli di tematiche europee ci si concentra solo sui rapporti di forza modificati in favore della Germania (questo discorso sui media naturalmente avviene in modo implicito). Fondamentale è capire che anche se esistesse una volontà politica di rottura (qualsiasi sia la fonte) i problemi maggiori nascerebbero dal fronte interno di difesa dell’euro più che da quello esterno, e le parole di Porcaro in questo senso mi sembrano chiare.
    Ci si può spingere poi a riconsiderare in quest’ottica gli eventi francesi di questi giorni e alcuni fatti successi in Italia negli ultimi due mesi. Si può pensare che alcuni editoriali siano stati un richiamo all’ordine più che un auspicio. Se si ricorda inoltre il sostegno (forse con pochi precedenti nella forma) tuttora fornito dagli stessi quotidiani, tale richiamo risulta ben più perentorio e minaccioso se si vuole confrontarlo con alcune bizzarre conferenze stampa tenutesi fuori confine. (A tal proposito molti non hanno insistito sul fatto che il nostro attuale ministro dell’economia, qualche tempo fa, non partecipava alla Leopolda ma era capo economista dell’OCSE ed ex FMI, dettaglio sfuggito sia a chi invoca la troika (omissione voluta) sia a chi ne combatte le politiche).
    Dunque se questi stessi poteri nazionali (e come ricordato le forze politiche “antagoniste”) diffondono, non a caso, messaggi che mirano a distruggere qualsiasi possibile coesione, mi chiedo, non per disfattismo, quanto l'alleanza auspicata nell’intervento di Porcaro sia effettivamente realizzabile. È banale ma in tempi di crisi i segnali divisori trovano terreno fertile: è più facile trovare un nemico in chi consideri “stare meglio di te” piuttosto che un alleato. Qualora anche alcune forze politiche decidessero di rompere questa logica (e purtroppo penso che le forze di sinistra siano le più restie) il tentativo potrebbe essere soffocato sul nascere: “il carrozzone anti-euro”, “vuoi votare per un comunista?” “ma quello ha uno yacht!” etc. etc..
    Dico questo nonostante auspichi anche io una strada del genere. L’alternativa è la destra o più probabilmente la rottura portata avanti dalle stesse forze politiche che ci han condotto fin qui, ed entrambi gli scenari non mi piacciono.

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  31. Chiedo scusa a tutti (autore compreso): sto inviando un lavoro di a/simmetrie a una rivista e quindi sono un po' in ritardo con la coda di moderazione. Cercherò di recuperare stasera e intanto vi ringrazio per il dibattito che per ora vedo solo io. Purtroppo, per motivi che vi spiegherò, se lo desiderate, non me la sento di pubblicare alcunché se prima non l'ho letto. E, come Gadda, quando scrivo non riesco a leggere.

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    1. In effetti mi sembrava strano che il post non avesse commenti: e naturalmente mi riferisco ai due macromiceti...

      Scherzi a parte, l'intervento di Porcaro è condivisibile, se non fosse per un unico punto. L'idea di un'alleanza che tenga conto delle diverse esigenze delle categorie sociali che compongono il paese è fattibile sulla carta, ma non in pratica: perché non esiste - uso il termine impropriamente - una "coscienza di classe".

      E' impossibile fare un discorso al lavoratore dipendente facendo semplicemente leva sul fatto concreto che egli è, appunto, un lavoratore dipendente: perché il nostro "lavoratore dipendente" ha imparato a vedersi prima come "contribuente vessato", come "elettore tradito", come "cittadino mal governato" o anche solo come "autista pluri-multato", il che insomma lo rende facile preda di altri richiami. In realtà dovremmo ammettere che la prima categoria da prendere in considerazione è quella della "persona" che oggi purtroppo non ha riferimenti culturali ed è persa in un mare di informazioni inutili: e dunque si disorienta e diventa spesso incapace di distinguere persino quali siano i suoi più elementari interessi (perché c'è addirittura chi demonizza questi interessi e attribuisce ad essi i problemi della società).

      Porcaro sottovaluta l'abilità del sistema di costruire "verità mediatiche" funzionali al sempreverde divide et impera.

      E' anche per questo motivo, per inciso, che non vedo molte chance di fare noi attivamente l'uscita: essa può venire eventualmente da quei paesi (v. Francia) nei quali si può ancora impostare un discorso collettivo perché permane, nonostante tutto, il vincolo sociale più generale di tutti (un'idea di nazione). O in alternativa bisogna lasciar fare ai mercati, i quali a quel punto non dovrebbero "scatenare" alcuna reazione a quello che avrebbero "voluto" essi stessi.

      Il discorso di Porcaro ha senso però in quanto occorre prepararsi a gestire politicamente "il dopo": purché ci si preoccupi, aggiungo io, di definire preliminarmente un problema macroscopico: che il mondo dell'informazione e il paradigma culturale dominante lavorano per questo sistema. Ed è lì che bisogna capire come muoversi.

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    2. Andrea,
      come vedi l' analogia con la Resistenza; ti sembra eccessivo il paragone?
      Non per polemica, te lo giuro, ma solo per scambiare un' opinione.

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  32. l'aria di montagna ha ammorbidito er cavajere

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  33. Grazie a Mimmo Porcaro per il bell'intervento, articolato, meditato e sentito. Obiezioni, molto in sintesi::
    1. l'esaurimento del clivage destra/sinistra non è soltanto la parola d'ordine del neoliberismo. E' anche, e direi soprattutto, una tesi filosoficamente e storicamente argomentata, per esempio da Costanzo Preve (col quale, detto per inciso, a questo proposito concordo).
    2. Socialismo come asse della cultura politica del costituendo soggetto politico. Mi pare un errore, grave anche se meno esiziale di un tentativo di resurrezione del "comunismo". Ragione: anzitutto, la vaghezza. Che cos'è, oggi, il socialismo? Se non si rinvia al "socialismo ideale eterno" al modo di GB Vico, il socialismo realmente esistente, la casa madre socialista, è il partito socialista francese o tedesco, o il Labour inglese, cioè l'ala sinistra del nemico. Avviare una battaglia politica del "vero socialismo" contro il "falso socialismo", cioè degli eretici buoni contro gli ortodossi cattivi, mi pare una manifestazione di subalternità e una garanzia di sconfitta. Ripercorriamo la strada di Leone Trotzky? Meglio di no.
    3. A me pare che la battaglia contro Ue ed euro sia, inevitabilmente, una battaglia delle nazioni contro gli organismi sovrannazionali; e che lo sia bei fatti, al di là delle intenzioni e delle ideologie: le forze principali in campo sono quelle. Se l'obiettivo della presente fase storica è il ripristino della sovranità nazionale, non vedo proprio come l'azione per il suo perseguimento possa essere guidata dalla sinistra, che è internazionalista per antica cultura politica, e in nome del socialismo.
    4. L'unica cultura politica europea novecentesca che abbia coniugato difesa dello Stato sociale con difesa della sovranità e dell'identità nazionale senza essere mai tentata dal fascismo è il gaullismo. Sarà un caso che l'unico partito europeo in grado di sconfiggere la UE, e che sta raccogliendo intorno a sè un blocco sociale interclassista, a forte maggioranza popolare, sia un partito che, nato proprio contro de Gaulle, ha ritrovato tutti i temi fondamentali della politica gaullista? A me non pare; mi pare invece che l'esperienza del FN deva far riflettere tutti, da qualsiasi tradizione politica vengano.
    5. La questione dei diritti civili non va certo messa in primo piano, ma nemmeno si può ignorare. Ad esempio, far finta che non esista il problema immigrazione mi pare almeno incauto; come incauto non affrontare la questione "ius soli", che non è un provvedimento di importanza marginale. Di nuovo: difesa della nazione significa anche, inevitabilmente, difesa dell'identità nazionale. Può spiacere, ma è così'.

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  34. Ho colto nelle parole di Mimmo Porcaro due messaggi;
    - uscire da questa situazione è difficile e rischioso, e questo lo sappiamo bene e le forze che reagiscono all' uscita, nazionali ed internazionali sono potenti, molto potenti, determinate e ciniche e quindi per l' equilibrio delle forze e per attuare la prevalenza di quelle che realizzeranno l' uscita, è necessaria la convergenza di diversi attori;
    - per realizzare queste convergenze, occorre un notevole lavoro di informazione e di formazione, che le diverse componenti debbono fare attraverso un processo di autoazione, aiutata ma deve essere accettata e percepita come essenziale da tutti coloro che si cmentano, ovviamente noi stessi andiamo avanti a capire ed autoformarci attraverso il lavoro del Professor Bagnai che io ritengo addirittura miracoloso, per la forza, la tenacia, l' intelligenza e la forza morale e fisica che lui mette in campo; ogni giorno mi chedo chi glielo faccia fare ed ogni giorno vedo il miracolo, alla faccia di coloro che parlano di seguaci. Ma qui ci sono veri uomini ed un autentico signore di antico stampo che tiene questo blog. E poi c' è il cambio radicale della visuale con cui si analizza oggi, sia da parte degli imprenditori, la maggioranza, che più sono colpiti dai meccanismi dell' area valutaria di cui qui si parla da tre anni, sia dei lavoratori ma aggungerei anche da coloro che oggi si sentono tranquilli più degli altri, cioè i pensionati che sono poco più di 1/4 della popolazione.

    Mi sembra importante che qui si siano ospitati e si sia parlato degli imprenditori, ultimamente, e si sia capito che alcuni di coloro, imprenditori che qui si sono confrontati, abbiano perfettamente capito la situazione, molti di coloro che qui scrivono, sono impiegati, pubblici o privati di medio-alto livello culturale o in pochi casi pensionati, come me, che si sentono tutt' altro che tranquilli, ma la parte più importante, quella dei lavoratori sia più protetti sia più precarizzati, ma forse sbaglio almeno qui la vedo poco rappresentata e credo che questo blog sia quello più importante ed utile per addentrarsi nella materia di cui stiamo parlando.

    Ma questa situazione, per l' intrinseca difficoltà di realizzare quanto sopra, mi porta ad essere pessimista, molto pessimista soprattutto se penso a coloro che mi sono prossimi, di tutte quelle categorie citate, anche di coloro che sono già stati colpiti duramente dagli effetti del cancro che ci sta pian piano uccidendo; la maggior parte sono poco o nulla interessati a informarsi di più, a formarsi ed addirittura ad accettare che l' euro sia la principale causa dei problemi e dei loro problemi.

    Credo che il tempo sia tiranno da un lato, per fare il lavoro di cui sopra, ma anche favorevole dall' altro lato nel radicalizzare le posizioni fino ad arrivare ad una rottura dell' equilibrio, purtroppo che arriveremo al redde rationem senza che quel lavoro abbia raggiunto un sufficiente livello di penetrazione. Allora gli esiti quali saranno qui ed altrove, per esempio in Francia? Ed ancora alcune delle Istituzioni del Paese, parlo ad esempio delle F.A. delle F.d.O. della Magistratura e di quelle più alte come la Corte Costituzionale, da che parte sono e da che parte saranno, perchè quando saremo appunto al redde rationem, sarà importante la posizione che assumeranno. La cosa che più mi ha impressionato, amareggiato e fatto incazzare, è stata l' ultima visita in una Atene blindata, della Cancelliera tedesca, di quasi 2 anni fa; una roba vomitevole che spero di non vedere mai qui da noi.

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  35. A me, questo atteggiamento piace molto. Trovo fondamentale, in questo periodo storico, unire gli intenti di chi ha finalmente capito cosa si stia realmente muovendo contro gli interessi di tutti noi.
    Mi piacerebbe poter essere d'aiuto in qualche modo, oltre a sostenere per quel che posso Asimmetrie.
    Sempre grazie a Prof. Bagnai per tutto quello che fa.

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  36. A me pare che la crisi di rappresentanza interessi una classe sociale in primis, la numericamente più consistente e a la più qualificante l'ultimo trentennio (o lo era), il ceto medio. Che è fatto di lavoratori dipendenti, pensionati, piccoli imprenditori, professionisti, incapaci di riconoscersi negli interessi comuni - reddito e risparmio - che lo identificano come il primo bersaglio dell'euroscempio.
    Delimitare le classi sociali selezionandole in base alla proprietà dei mezzi di produzione, trascurando un fattore non discriminante tra esse quale la diffusa possibilità e tutela del risparmio (la casa, l'istruzione, il tempo libero, le vacanze, e la certezza di costruire per donare in successione quel mondo ai discendenti ..), sembra un, finalmente, poter riproporre lo schema vincente della sinistra emancipatrice della classe proletaria subalterna del dopoguerra, dopo la spiazzante parentesi della classe media. Che non liquiderei semplicemente come involuzione da lavoratore a cittadino-consumatore.
    Sembra come si voglia ricominciare da capo, rivivere i fasti della sinistra storica, andando avanti così magari lo schema si riattualizzerà (o magari la sinistra si sta portando avanti!), ma avrei trovato più onesto e tempestivo riconoscere che un fronte di interessi comuni esiste già ora e da ricomporre ci sono innanzitutto le classi politiche che ambiscono essere "rivoluzionarie".
    Negarlo è non riconoscere la portata di quello che ci stanno facendo.

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  37. Trovo interessante il contributo di Porcaro,pur non condividendo la prospettiva socialista come unico possibile esito positivo del dibattito.la definizione di cittadino consumatore,e del suo essere altro rispetto alle risposte della sinistra tradizionale è efficace,ma c'è un punto che andrebbe sottolineato:al cittadino consumatore "de sinistra",come il sottoscritto,è stato dogmaticamente impedito l'accesso a un sapere e a una conoscenza che oggi gli consentirebbe di non essere conservatore.per anni l'unica parola d'ordine è stata "morte a Berlusconi",detta da quanti con Berlusconi facevano e fanno affari e "riforme", e non si è dato peso né rilevanza ai mutamenti che,giorno dopo giorno,hanno portato alla globalizzazione prima,e al pensiero unico poi.ergo,ciò che conta è non tanto trovare la sponda di un partito che sappia interpretare i bisogni del cittadino consumatore,quanto che il consumatore diventi CONSAPEVOLE,onde non essere vittima della disinformazione imposta dai poteri forti.fino a un anno fa credevo ancora alla retorica eurista,accettavo tutto senza pormi domande,poi mi sono avvicinato a questo blog,ho cominciato a interessarmi ai temi economici,e ho scoperto l'inganno.solo quando si è consapevoli s' smette di aver paura del buio...

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  38. Per avere un efficacia, il dibattito dovrebbe abbracciare quante più persone possibile.
    Parlare di euro in maniera critica deve quindi essere decisamente trasversale.
    E la stessa cosa vale per chiunque vorrebbe tornare alla sovranità monetaria.
    Perchè? Perchè altrimenti non si avrebbero i numeri sufficienti a portare a termine l'uscita e nemmeno quelli che consentono la consapevolezza delle masse.
    Non vedo quindi in questa fase la necessità di scartare nessuno.

    Se si riuscirà ad uscire ci sarà il presupposto per i passi successivi, se la forza delle parole avrà scardinato la propaganda europeista i risultati si vedranno alle urne.

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    1. Io vedo la pressante necessità di scartare tutti quelli che possono screditare il messaggio, e non sono pochi. Ci sono esempi anche recenti, devo proprio far nomi? E guarda caso vengono tutti da area Donald o forum donaldofili...

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  39. Risposte
    1. La Politica è qui. Chiamiamo noi.

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    2. ERIK BABINI10 agosto 2014 18:56
      Il concetto è lampante, condiviso ed era volutamente sottinteso :)

      ERIK BABINI10 agosto 2014 18:56
      @UGO mi fa molto piacere che si sia ristabilito un dialogo tra te e Alberto. Come ho cercato di spiegarti al ristorante a Bologna la sera del convegno, il nodo politico è indubbiamente questo: "come costruire un ampio fronte, fatto anche della parte migliore di coloro che ancora si autodefiniscono di “sinistra” ". Sono convinto che anche, e soprattutto, da questa scelta (ossia dalla scelta di collaborare con tutte, e ripeto tutte, quelle forze che oggi si pongono a difesa delle Costituzioni Democratiche degli Stati Europei, così come le conosciamo dal secondo dopoguerra), passi la possibilita' di poter difendere tutti quegli interessi sistematicamente schiacciati da oltre 30 anni di politiche reazionarie. Ricordi cosa mi dissi? "All' inizio degli anni ottanta è stata persa una guerra!". Bene. Adesso ci giochiamo quel poco che ci è rimasto in termini di diritti politici, e le nostre vite dipendono da questo. Forse quando sara' tutto finito ed avremmo difeso e, (ahimè) ripristinato, (come descritto nelle ultime 100 pagine del "Tramonto dell' Euro") gli strumenti indispensabili all' esercizio della sovranità popolare sia la destra che la sinistra italiana dovranno essere rifondate ed il minimo comune denominatore che legittimerà il sistema politico che verrà a costituirsi sarà la scelta che oggi tutti noi siamo chiamati a compiere.
      Con simpatia

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  40. scusate la ratealizzazione, ho scritto"PAROLA" INTENDEVO "AZIONE"

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  41. Edit: forse nel dire "prossime" elezioni presidenziali USA ho un po' esagerato! È vero che manca un anno e mezzo alle primarie USA, e già quelle saranno spunto di segnali interessanti, ma definirle "prossime" non è proprio il massimo. (La domanda non cambia comunque: pensa che gli USA potranno in qualche modo accelerare gli eventi in Europa, anche in vista di un cambio di leadership alla Casa Bianca? Potrebbe essere nel loro interesse una disgregazione dell'euro sempre più (almeno nella percezione statunitense) strumento di "dominio" tedesco sull'Europa? Prof le giuro che sto studiando sempre più le dinamiche della crisi nella quale ci troviamo.. Ma non sono ancora riuscito ad unire tutti i tasselli: l'austerità europea sembra essere totalmente irrazionale e sebbene possa arrivare a capire che alcuni gruppi del capitalismo tedesco trovino concreto beneficio nell'attuale fase deflattiva (in particolar modo i grandi creditori teutonici), non capisco quali siano le classi sociali o gruppi d'interesse che in Italia, in Francia, in Spagna ma soprattutto in Grecia in un qualche modo appoggiano "la destra tedesca", per usare le parole di Montebourg , o quantomeno non la ostacolano attivamente. L'unica spiegazione razionale che mi viene in mente è che per i partiti della periferia che hanno sempre appoggiato le tesi euriste una marcia indietro sarebbe un suicidio politico! Ma da un punto di vista economico, nella periferia europea a chi può giovare tutto ciò? All'inizio l'euro era di certo utile strumento di lotta classista (e certamente lo è ancora oggi) ma sempre più imprenditori si stanno ora rendendo conto dell'irrazionalità del proseguire su questa strada.. Prof mi aiuti.. Spero di averle esposto bene il mio deficit di comprendonio.. Lei che è in surplus potrebbe aiutarmi a riequilibrare la mia bilancia mentale? :)

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  42. Mi è piaciuto molto. Spero non sia una speranza utopica quella di ricomporre le parti in contesa sui i criteri ricordati.

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  43. Io, per parte mia, sto contattando vari imprenditori per informarli della necessità di niziare a chiedersi cosa succede, perchè e quali siano le cause di questa crisi sempre più profonda; la mia funzione, la nostra funzione, deve essere quella di farli riflettere e farli parlare tra loro in questa ottica.

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  44. (è un caro ricordo di un mio potenziale suocero...)

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  45. Mi permetto un commento da uno che, in passato, si è sempre auto-definito più o meno "a destra" (direi liberale, che non significa di per sé liberista né tanto meno libbberista, ma neppure - Dio li perdoni! - liberal).
    E' assai probabile che nel lungo articolo non ci abbia capito una mazza (anche perché ha la stazza delle articolesse domenicali di Scalfari...), ma il messaggio che ho percepito (destra e sinistra sono concetti ancora attuali, la sinistra deve essere il blocco dei lavoratori finalmente riuniti sotto le insegne del socialismo che fu, ciò avverrà solo quando i lavoratori medesimi rispolvereranno - addirittura! - una coscienza di classe) mi mette un po' a disagio.
    Certo che ci deve essere un'ampia alleanza, la più trasversale possibile, che permetta all'Italia di riappropriarsi della propria sovranità (declinabile poi con tutti gli aggettivi possibili: monetaria, economica, politica, ecc.), ma mi chiedo se ciò possa avvenire su una piattaforma così ideologizzata, oppure se quest'ultima non sia infine di intralcio.
    Si possono riconoscere nelle premesse di Porcaro (le cui capacità speculative e letterarie invidio) i piccoli imprenditori, gli artigiani, parte dei lavoratori dipendenti (perché parliamoci chiaro: ci sono lavoratori tutelati e lavoratori non tutelati; lavoratori difficilmente sostituibili e lavoratori carne da macello tipo quelli del tanto amato, dai nostri politici, terziario; lavoratori pubblici e lavoratori privati, ecc.)?
    Torniamo alle politiche, più che alla politica (avrebbe detto Enricostaisereno), forse per ora è meglio. Dopo no, dopo ci divideremo apertamente, con reciproco rispetto.

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  46. a Bagna' ci senti pure male ; non sta a scherza' sui funghi.Si vede che sei un dilettante.Non c'è competizione E' una battaglia impari, lassa perde.Dedicati a cose più attinenti... . "princeps rosicorum"

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    1. Me fai mori'! Ma lo vuoi capire che quello per cui tu tanto fatichi, a me madre Natura generosamente lo offre? E mi offre anche una cosa che a te (che pure sei persona molto brillante) non offrirà mai: l'incoscienza di metterci la faccia! Te vojo bbene, continua così. Però è "rosico, rosiconis", quindi il genitivo plurale dovrebbe fare "rosiconorum", ma qui chiedo aiuto agli esperti!

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    2. fa no el precisino, rosicorum era più musicale, tu che suoni ......dovresti avere l'orecchio all 'uopo.
      Anch'io te voeri ben quand te fe minga trop el ganassa.
      Te fu muri ? Per l'amor di un dio,giammai.Lunga vita al Bagnai, semper.
      Comunque madre natura ,generosamente , ti ha offerto un po' pochino; nel campo dei funghi, ovvio.Ma godi egualmente, come è giusto chi si accontenta. Gruesse Gott

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    3. Ma io suono in playback!

      Comunque, saranno anche stati pochi, ma ci son durati due giorni. Il fatto è che la mia funzione obiettivo non prevede la massimizzazione del peso dei funghi... Accontentati anche tu, anche se competitivo mi piaci: adoro i miei difetti.

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  47. Mi sembra di capire che il modello economico in grado di ricreare un'alleanza sia in definitiva quello socialdemocratico keynesiano della sinistra democristiana (Moro/Mattei/Caffè, per intenderci), scritto a chiare lettere nella nostra Costituzione.
    Modello che ha portato benessere distribuito al nostro paese dal dopoguerra al 1981, l'anno della svolta verso la restaurazione neoliberista in atto da 35 anni.
    Un modello che Nino Galloni ha ben descritto nel suo libro e di cui lui stesso è forse uno degli ultimi rappresentanti.
    Sbaglio di molto?

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  48. vorrei aggiungere una cosa, a prescindere dalle considerazioni che ognuno può fare o meno rispetto ai diversi aspetti del discorso di Porcaro, attualmente l’unico laboratorio dell’alleanza auspicata è in questo blog.

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  49. Dopo aver letto alcuni commenti ho creduto di aver colto una domanda implicita che dovrebbe essere esplicitata a quella parte della Nazione che si domanda perché le élite che la rappresentano l'hanno privata della "Sovranità" che gli apparteneva svenduta per un piatto di lenticchie peraltro indigeste!
    In Francia ,spigolando i video di Youtube ,ho notato che si sta formando un movimento "Sovranista" trasversale che diventerà sempre più consistente prima delle elezioni presidenziali del 2017 .
    Trasversale perché solo in tal modo si potrà abbattere o rifondare su altre basi la UE ,che a mio avviso dovrà essere quella che pensava De Gaulle.
    Noi in Italia, al momento abbiamo il prof.Bagnai,in grado di parlare con il registro giusto al popolo ex sovrano, spaesato e sfiduciato e cinico ; lei caro prof. ha inoltre il dono di scrivere scrivere ,come al momento nessuno sa fare nell'area dei politici di professione e nell'arengo degli intellettuali che si dedicano alla "politica".
    Bagnai, non si tiri indietro,lei è sceso in campo perché ha i talenti che altri non hanno e soprattutto non è un illusionista come Tsipras ed altri che gli si sono dedicati a reggergli la coda.

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