domenica 27 luglio 2025

Meno Europa: perché e come?

Pubblicato da Marco Pezzini su Goofynomics il giorno 12 ago 2024, 19:43

Marco Pezzini ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "A mente fresca":


Scrivo qui un commento a corredo, dato che in altri post non li ho visti nemmeno inseriti.

Gentile dottor Bagnai, mi dispiace molto che siamo arrivati a questo punto. Fin dal primo post di quel lontano novembre del 2011 l'ho seguita. L'ho "divulgata" ad amici, conoscenti, mi sono abbeverato ai suoi insegnamenti con ardore scolastico più forse di alcuni suoi studenti. Quando scrisse il primo libro, e la piccola (allora) comunità di seguaci la spinse per entrare in politica ne ero felicemente entusiasta.

Così come del fatto che avesse trovato casa nel centrodestra seppur lei fosse dichiaratamente di sinistra. Merito a chi allora l'ha "scovata" e convinta ad entrare in un progetto politico che sembrava destinato a scardinare le regole di una imposizione dall'esterno - quanti post ho letto sul vincolo "maledetto"- determinata anche da un successo popolare oltre ogni rosea aspettativa.

Il fatto è, mi consenta, che nonostante lei sapesse, lei avesse capito prima di altri, meglio di altri, cosa sarebbe accaduto, nessuna e dico nessuna delle politiche possibili da mettere in campo è stata proposta.

Ricordo i bei tempi in cui scriveva che "l'euro non è più un problema , semplicemente perchè è morto" mentre invece...

Le forze in campo sono soverchianti, le dinamiche finanziarie in atto, soprattutto in queste settimane (citofonare Giappone), tali che nessun politico nostrano possa o potrà cambiare lo status quo. Nemmeno la Lega, che ha un segretario che tutto ha meno che la legittimazione popolare precedente, certamente data da scelte atte più a mantenere poltrone e situazioni, che da una visione propopolo.

Ricordo le parole del ministro delle finanze e suo compagno di partito in una conferenza stampa della fine dell'anno scorso, quando disse che "il mio problema è vendere ogni mattina i nostri titoli di stato"... bei tempi

La situazione dei conti pubblici, come detto è drammatica, il debito è a quota 2.9 trilioni di euro, il deficit al 7.4 da portare al 5.6 per fine anno. Il vostro governo sta vendendo tranche di pezzetti di "gioielleria nostrana" con procedure di urgenza tutto pur di salvare la capra. Forse i cavoli no.

E intanto, la commissione nuova di questa Europa è ancora in sella, come se niente fosse. Il sostegno che questo Paese sta dando a Paesi (che loro si andrebbero inseriti nelle liste canaglia) facendo pagare ai suoi cittadini un prezzo troppo caro sia economico che morale.

Non so se lei sia cambiato in questi anni, o meglio, non so se ancora una volta lei abbia svoltato la bandiera delle sue convinzioni, ma forse ora è il momento di dire basta.

O semplicemente dire la verità ai cittadini, a rete unificate: che la pacchia è finita, per noi. Non ci sono più forzieri nascosti a cui attingere o bauletti segreti da aprire.

Fino a quando ciò non accadrà, lei come molti altri saprà quello che succederà prima, lo saprà meglio, ma l'unica consolazione sarà e rimarrà "io lo sapevo".

Le auguro una buona serata e buon lavoro


Pubblicato da Marco Pezzini su Goofynomics il giorno 8 lug 2025, 18:19

Marco Pezzini ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Carità e narcisismo":


Buongiorno Professore. Parto dal suo lavoro di divulgazione, che a molti di noi ha praticamente introdotto al mondo accademico, seppur dalla porta di servizio, ha spinto ad approfondire, cercare e soprattutto di studiare. Leggo il suo blog dal terzo post pubblicato. Smettendo di parlare di me, vengo al punto: la domanda che lei ironicamente pone nel il post, pressupporrebbe a mio avviso che le sue carriere, sia quella di docente che successivamente quella di politico siano sovrapponibili. Se lo sono nella sostanza, e a volte non sembra, faccio fatica a comprendere proprio un post come questo. Tante nell'arco di questi anni sono le persone che ha mandato a spendere, che non hanno creduto, non hanno capito o peggio, voluto capire. Forse non essendo dentro il mondo universitario è un particolare che non mi "arriva", il lasciare al proprio destino lo studente recalcitrante che o non si applica o non capisce. La vita è dura come tante volte ha detto. Ma, dall'altra parte, il compito di un politico, in quanto eletto, non è quello di spiegare concretamente, con parole comprensibili al popolo, concetti o misure che per loro natura sono a volte (molto spesso) incomprensibili? Ho la certezza che il numero di preferenze personali che le sono state riconosciute alle varie tornate elettorali vengono da questo contenitore. Gente come me, che fin da subito, seppur come detto non ne avevo gli strumenti, ha compreso le capacità, l'intuizione e soprattutto la buonafede di quello che veniva detto. A questo punto, a mio parere, servirebbe fare un reset, mettere dei punti e forse crearne di nuovi. L'uscita dall'euro è ormai una battaglia persa, forse inutile? Però, sapere che sta arrivando una bufera, cercare di avvisare gli altri, poi quando arriva l'unica cosa che rimane da dire è "io ve lo avevo detto"? Il cambiamento, quello vero, ha bisogno di sostegno, sia in termini intellettuali ma più spesso di voti. Dura la legge di coloro che sanno. Diverse le battaglie di coloro che conducono le masse. E' la ragione del successo in tempi ormai lontani del grillismo. Ed il loro successo era dovuto in gran parte al successo personale del loro leader. Leader decaduto (da riascoltare nel caso, Paolo Mieli come ne parla dell'episodio del 2019 l'altra mattina a radio24 con Spethia) partito finito. Se il progetto Lega deve andare avanti, senza smembramenti o diaspore, non è il caso di ripensare a tutto il pacchetto? Se l'euro è stato il problema inziale, la gestione del covid la prova generale, quale sarà lo spettacolo che ci attende? Perchè anche se io so, avendo letto quì tutto il possibile e avendo capito quanto mi è possibile, da qualche parte dobbiamo pur andare. La mia partecipazione resta immutata, la mia volontà pure. Se ci sarà da salire sulle barricate ci sono. Altri lo faranno? Ho come la sensazione che molti sono figli della maledizione del "Sì, Ma, Però"... Con immutata stima Grazie


Pubblicato da Marco Pezzini su Goofynomics il giorno 20 lug 2025, 12:09

Marco Pezzini ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Una riflessione":


Buongiorno professore

le domande quasi retoriche che pone nel post, sinceramente a me ne suscitano altre. Che riguardano un tema da Lei trattato in uno ormai storico intervento in cui si parlava di denaro e potere. In questi giorni l'ho riascoltato con molta attenzione, e i concetti che esprime in quel convegno mi sembrano più attuali che mai. Mi riferisco al tradimento, anzi ai tradimenti, e quello che mi arriva in questi giorni è "e il tradimento attuale?" "I tradimenti attuali?"

Perché vede, gentilissimo, ne vedo parecchi in giro. E seppur che in questo luogo dedicato alla divulgazione ed alla comprensione (che non è compassione e soprattutto che la seconda non è detto che sia consecutiva alla prima) dato che Lei è uomo delle istituzioni ma più di ogni altra cosa persona che può tirare le fila, lo percepisce pure Lei?

Quando colui che guidava il governo precedente ha mentito, sapendo di mentire, ed ha reiterato anche successivamente, mi sarei aspettato alcuni sussulti, diciamo...più incisivi. E invece, niente. Come ebbi modo di scriverle, non sono addentro al mondo accademico e men che meno a quello che succede nel "palazzo o nei palazzi che contano", ma una bugia palese se detta da colui o coloro che ci guidano a me sa tanto di tradimento. E a volte l'ignavia di tacere o fare finta di niente, è peggiore dell'ignoranza. Ci sono persone che "ignorano" eppure sono dotate di un coraggio da leoni. Ha presente le citazioni che ricorda in quell'intervento? Soprattutto quelle di Hengels. Ecco, penso a quei poveri cagnolini che ubbidiscono sempre. Ma siamo sicuri che siano sempre e solo i cagnolini più in basso nella catena alimentare a dire sempre si? Le auguro delle buone camminate, e soprattutto una buona domenica. Grazie mille e...le barricate ci aspettano.


L'accampamento d'inverno

L’officier aux grosses moustaches, nommé Zdrginsky, leur en fit un récit emphatique. À l’entendre, la digue de Saltanovka ne rappelait rien moins que le défilé des Thermopyles, et la conduite du général Raïevsky, s’avançant avec ses deux fils sur la digue, sous un feu terrible, pour commander l’attaque, était comparable à celle des héros de l’antiquité. Rostow l’écouta sans lui prêter grande attention ; il fumait sa pipe, faisait des contorsions chaque fois que l’eau lui glissait le long de la nuque, et regardait Iline du coin de l’œil ; entre lui et cet officier de seize ans, il y avait aujourd’hui les mêmes rapports que ceux qui avaient existé sept ans auparavant entre lui et Denissow. Iline avait pour Rostow une adoration toute féminine : c’était son Dieu et son modèle ! Zdrginsky ne parvint pas à communiquer son enthousiasme à Nicolas, qui garda un morne silence, et l’on pouvait deviner à l’expression de son visage que ce récit lui était souverainement désagréable. Ne savait-il pas, par sa propre expérience, après Austerlitz et la guerre de 1807, qu’on mentait toujours en citant des faits militaires, et que lui-même mentait aussi en racontant ses prouesses ? Ne savait-il pas également qu’à la guerre rien ne se passe comme on se le figure, et comme on le raconte après coup ? Le récit ne lui plaisait donc en aucune façon, le narrateur encore moins ; car en parlant il avait la fâcheuse habitude de se pencher sur la figure de son voisin, jusqu’à la toucher presque de ses lèvres, et d’occuper en outre beaucoup trop de place dans l’étroite hutte ! « D’abord, se disait Rostow, les yeux fixés sur lui, la confusion et la presse devaient être telles sur cette digue, que si vraiment Raïevsky s’y est élancé avec ses deux fils, il n’a pu produire d’effet que sur les dix ou douze hommes tout au plus qui le serraient de près… Quant aux autres, ils n’auront certainement pas remarqué avec qui il était, et s’ils s’en sont aperçus, ils s’en seront d’autant moins émus, qu’ils avaient dans ce moment à songer à leur propre peau, et que, par suite, le sacrifice de sa tendresse paternelle leur importait fort peu… et d’ailleurs, le sort de la patrie ne dépendait pas de cette digue… ! La prendre ou la laisser à l’ennemi revenait au même, et, quoi qu’en puisse dire Zdrginsky, ce n’étaient pas les Thermopyles ! Pourquoi alors ce sacrifice ? Pourquoi mettre en avant ses propres enfants ? Je n’aurais certainement pas exposé ainsi Pétia, ni même Iline, qui est un étranger pour moi, mais un brave garçon… J’aurais au contraire tâché de les placer loin du danger. » Il se garda bien cependant de faire part à ses deux camarades de ses réflexions : l’expérience lui avait appris que c’était inutile, car, comme toute cette histoire devait contribuer à glorifier nos armées, il fallait feindre d’y ajouter une foi entière, et c’est ce qu’il fit sans hésiter.

Meno Europa!

Due giorni fa ero ad Alghero, nella sede provvisoria del consiglio comunale:


per parlare di un tema a me caro:


in compagnia di un ospite del #goofy8, Omar Chessa, e di una sessantina di persone che avevano avuto la bontà di interessarsi di quanto avevamo da dir loro.

Nella cortese introduzione gli organizzatori avevano evidenziato come il messaggio che questo blog da sempre porta avanti fosse stato all'inizio un messaggio minoritario ed eterodosso. Ho allora esordito dicendo che il mio messaggio in effetti non era minoritario, ma solitario (perché non è che avessi molti compagni di strada, almeno per i primi due anni, fino all'arrivo di Claudio), e non era eterodosso, ma eversivo (perché da un lato era fondato sul pensiero economico più ortodosso, come sapete, e dall'altro, però, contestava in radice il fondamento delle istituzioni in cui siamo immersi). Nel ringraziare l'associazione "Identità e costituzione" mettevo in evidenza la relazione cogente fra questi due termini: non può esserci una Costituzione, una Grundnorm, senza che ci sia un popolo, cioè un'identità (collettiva) che decida di darsi una legge fondamentale, e in fondo il vulnus fondamentale dell'Unione Europea come progetto politico era ed è tutto qui: l'assenza di un demos (e quindi di un logos) europeo che preclude in re ipsa la possibilità di una democrazia europea, che non si sa in nome di chi e con la lingua di chi dovrebbe essere agita. Questo, dicevo, chiuderebbe il discorso, eppure continuiamo a sentirci dire che l'Unione Europea è un modello, e lo è in particolare l'assetto statuale e amministrativo cui asintoticamente (o forse onanisticamente) tende, vale a dire i SUE (Stati Uniti d'Europa), anche se chi ci parla di "modello europeo", come del resto facevamo noi nel sottotitolo dell'evento, ben si guarda dal dirci chi lo stia seguendo. Non gli Stati del Centro America, che darebbero vita al cacofonico (ma involontariamente espressivo) SUCA (Stati Uniti del Centro America), ma nemmeno quelli dell'America Latina, o dell'Estremo Oriente, o dell'Oceania. Pressoché ovunque nel mondo gli Stati si accordano per convivere in termini pacifici, possibilmente sfruttando in modo intelligente i rispettivi vantaggi comparati, e lo fanno nelle forme che la teoria dell'integrazione economica ci insegna: zone di scambio preferenziale, zone di libero scambio, unioni doganali, mercati unici, unioni economiche, unioni monetarie, unioni economiche e monetarie. Messi insieme, di questi esperimenti più o meno riusciti in giro per il mondo ce ne sono svariate decine, ma già quando si arriva ai mercati unici, che sono zone di libero scambio assistite dalla libera circolazione dei fattori di produzione (capitale e lavoro), gli esempi significativi scendono a due (Unione Europea e Mercosur), di unioni economiche e monetarie di un qualche rilievo ne conosciamo una sola, ma soprattutto nessuno di questi esperimenti di integrazione ha mai pensato che fosse cosa utile e giusta dotarsi di una caricatura di parlamento e di governo nazionali: al massimo, hanno istituito un organismo arbitrale di composizione delle controversie commerciali!

Quindi il modello non è tale, perché nessuno lo segue, e nessuno lo segue perché è un fallimento politico, ed è un fallimento politico perché è un fallimento logico, una interminabile sequenza di aporie e paradossi.

L'idea che "grande è bello" veniva sostenuta, intorno agli anni '10 di questo secolo, con l'argomento che "oggi c'è la Cina!". Era la teoria del pennello grande, che esposi per la prima volta qui:


le cui fallacie sono fin troppo evidenti. Del resto, siccome il legno storto non si raddrizza, non è paradossale che una Unione che doveva nascere per combattere la Cina oggi vaneggi di allearsi con la Cina per combattere gli Stati Uniti! Di male in peggio, ma questo non sorprende, perché la logica antagonistica insita nel progetto europeo è distante anni luce dal ragionamento economico sulle dimensioni ottimali di uno Stato. Quest'ultimo ragionamento, come abbiamo ricordato più volte, era stato impostato da Alesina in termini di scelta fra capacità decisionale e capacità di ammortizzare gli shock esterni: un grande conglomerato di Stati perde in capacità decisionale (oggi lo ammette perfino Cottarelli, quando confessa che l'UE non è un negoziatore efficace perché deve difendere gli interessi di Stati troppo disparati), ma acquista in capacità di ammortizzazione delle recessioni mondiali, perché in teoria può contare su un ampio mercato interno.

E qui sta il primo paradosso: andando con l'unione monetaria verso "più Europa" abbiamo distrutto il mercato interno, perché abbiamo costretto un insieme di Stati precedentemente abbastanza floridi a privarsi del meccanismo di aggiustamento dato dal tasso di cambio, scaricando sui salari il peso dell'aggiustamento alle recessioni mondiali. Abbiamo cioè costretto questi Stati ad abbattere i salari per mantenere convenienti le proprie merci in caso di recessione mondiale, in modo tale che quando il resto del mondo si trovava senza soldi per comprare i nostri beni, noi toglievamo soldi dalle tasche dei nostri cittadini per inseguire i mercati del resto del mondo offrendo beni a buon mercato! Non era a questo che doveva servire l'Unione economica, ma non poteva che funzionare così una volta trasformata in Unione monetaria.

L'altro paradosso evidente è che l'Unione europea, che tanto esalta e glorifica l'economia di mercato fin dai primi articoli dei suoi Trattati costitutivi, con altrettanta involontaria incisività confessa di non essere altro che un colossale esperimento (non riuscito) di manipolazione del mercato. L'europeista mediano (a pelo lungo o corto) a un certo punto del suo discorso vi dirà che "grazie all'UE abbiamo potuto godere di tassi di interessi bassi come quelli tedeschi...", senza rendersi conto del fatto che non c'è alcun particolare motivo per cui in Germania e in Italia, a fronte di economie sufficientemente distinte, il denaro debba avere lo stesso costo, e che per l'Italia (ma in generale per i Paesi della periferia) avere un costo del denaro troppo basso è anche (e soprattutto) una iattura, perché incita al sovraindebitamento. Un prezzo deve tendere al suo valore di equilibrio: se lo si forza verso il basso, consegue errata allocazione e spreco di risorse. L'eccesso di debito privato nei Paesi del Sud è frutto appunto di questa gigantesca distorsione del mercato.

Per non parlare, poi, del costo della valuta! Oggi ci sentiamo dire che l'euro forte danneggia le imprese. Dovremmo quindi concludere che la lira "debole" le avvantaggiava! Ma allora perché i porci negazionisti hanno sempre contraddetto questa evidente simmetria, arzigogolando che le "svalutazioni competitive" della liretta danneggiavano il Paese? A parte che, come vi ho dimostrato per tabulas, la maggiore stabilità dell'euro rispetto alla lira è una fake news, il punto è che non era la "liretta" a svalutare, ma il marco a rivalutare, e per vederlo basta considerare che tutte le valute mondiali, non solo la lira, cedevano rispetto al marco.

Da questi (e altri) fallimenti logici conseguono fallimenti politici, che spesso vengono concettualizzati in termini di "distanza". Si dice che l'UE non può amministrare efficacemente perché è lontana dai cittadini. Giusto (forse), ma bisogna naturalmente riflettere sul perché le cose siano andate in questa direzione: ci sono andate perché, come tanta letteratura qui compulsata da oltre un decennio ci ha illustrato fin dagli anni '90, l'invenzione di un livello politico sovranazionale era strettamente funzionale allo scarico dei responsabilità da parte delle classi politiche nazionali verso "santuari" tecnocratici "al riparo dal processo elettorale" (sottinteso: nazionale). Il problema non è tanto quello della "distanza", che oggi sarebbe anche sormontabile, ma quello della voluta mancanza di accountability (problema insormontabile perché per molti in realtà è una soluzione: basta guardare la von der Leyen ancora in sella dopo il fallimento catastrofico del green deal)!

Gli argomenti economici ormai sono ampiamente fatti propri dalla controparte: il più fiero nemico dell'austerità oggi è Draghi! Per questo la frontiera del dibattito si è spostata sul tema della responsabilità politica e della supremazia dell'ordinamento comunitario su quelli nazionali. Ma di questo era più competente l'altro relatore cui passavo la parola.

La relazione di Chessa è stata molto interessante, sono seguite delle domande, e al termine, quando ci si avviava a concludere, ho ripreso la parola per dire: "Scusate, ma qui nessuno ha fatto, almeno a me che ora sono formalmente un nemico, la domanda che mi sarei aspettato di sentirmi porre: va bene, abbiamo capito che questa cosa non funziona e forse lo avremmo o lo avevamo capito anche da soli, ma tu che sei un politico vuoi dirci come se ne esce? Insomma, mi aspettavo che dalla spiegazione del "perché" meno Europa, emergesse una curiosità sul "come" meno Europa!". E mi sono messo a spiegarlo.

Ma in quel momento ha cominciato a piovere, e siccome il pubblico non la pensava come quel giocatore di rugby secondo cui "la pelle è impermeabile" abbiamo dovuto sospendere i lavori...

Guerra e pace

Qualche giorno fa è venuto a trovarmi Nello Preterossi per motivi consentiti dalla legge, e al termine, per descrivergli il mio stato d'animo, gli ho citato il passo di Guerra e pace che riporto qua sopra, ma non sono sicuro che Nello lo abbia correttamente situato, né sono sicuro di averglielo correttamente indicato io: l'opera è troppo complessa, e il tempo a disposizione poco. Ma poco importa: qui qualcuno di voi potrà capirmi, e potrà capire perché i commenti in sequenza di Marco mi rinviano allo stato d'animo dell'ussaro di Pavlograd che è in me - perché c'è anche lui, e ogni tanto, raramente, si fa vedere.

Lo stato d'animo infastidito, disincantato, ma (seppure di malanimo) per quieto vivere accondiscendente, con cui il veterano Rostov ascolta il resoconto artefatto e ontologicamente mendace dei fatti d'arme di Saltanovka è sempre più il mio, lo provo ogni volta che mi affaccio alla cloaca, e tanto mi infastidiscono le narrazioni, quanto, come il conte Rostov, sono infastidito da certi narratori, non solo quelli che ignari di anatomia ti parlano nel naso, ma più in generale quelli che animano, per ottime ragioni, un epos che però non ha ragione di essere, non rende il senso di quali siano e dove siano le difficoltà da superare (e quindi i progressi fatti), e costringe perciò a quello che ad altri sembra un slittamento, un regresso, mentre magari non lo è, come Claudio eroicamente cerca di spiegarvi... Ma l'experience m'a appris que ce serait inutile, e quindi taccio. I sette anni che mi separano dal mio ingresso in Parlamento, del resto, sono i sette anni che separano la carica degli ussari di Pavlograd a Schöngraben, nel novembre 1805, quella di cui parlammo qui, da quella a Ostrovna, nel luglio 1812, il giorno dopo aver passato la serata a far baldoria con gli amici, dopo l'inizio di serata un po' infelice che ho riportato qua sopra.

Sette anni che separano due domande ugualmente lancinanti, urgenti, ma profondamente diverse, la cui drammatica opposizione dà conto di quanto possa maturare in sette anni un essere umano, e di quanto forse avremmo potuto, o dovuto, maturare noi (e forse lo abbiamo anche fatto). Il Nicola Rostov di Schöngraben si chiede: perché vogliono uccidermi? Quello di Ostrovna si chiede: perché voglio ucciderlo? In mezzo c'è la maturazione tecnica, quella che permette di non cadere da cavallo durante una carica, ma c'è anche una maturazione morale, forse favorita o accelerata dal fastidio arrecato da tante narrazioni stereotipate e convenzionali di fenomeni complessi, difficilmente riducibili a formule semplici e di immediata applicazione.

Marco Pezzini era entusiasta a Schöngraben: finalmente vedeva "i nostri" attaccare l'avversario, varcare con slancio generoso il tremendo limite dell'ignoto e del terrore. Quella carica, quello slancio, si è interrotto nel 2019, e i motivi li ho spiegati per filo e per segno qui: non c'entrano niente le poltrone o le situazioni (quali?), non è venuto meno alcuna spinta "propopolo" (parola il cui unico merito è stato quello di avermi facilitato la ricerca del commento). Semplicemente, si è sacrificato un obiettivo tattico a un obiettivo strategico: affossare la riforma del MES, e la stessa cosa è poi accaduta nel 2021, quando l'obiettivo strategico era: evitare che si spaccasse il partito. Gli obiettivi strategici sono stati entrambi conseguiti, almeno finora, ed è un vero peccato, ma non un fatto imprevisto, che per conseguirli si siano dovuti lasciare tanti caduti sul campo. Chissà, fra questi caduti magari al prossimo giro ci sarò anch'io: continuerò a ritenere hegelianamente che la scelta fatta sia stata razionale. Mi sembra un po' ingiusto accusare di inconsistenza un leader che ha guidato il suo partito verso due obiettivi così difficili in periodo così turbolenti, e comunque non vedo molta razionalità nelle accuse che Marco muove al governo: quella di svendere le partecipate (è possibile dettagliare, per cortesia?), quella di piegarsi alla logica dei mercati.

Certo: un ministro del Tesoro ha il dovere di gestire il debito pubblico, che significa anche renderlo appetibile agli investitori. Non solo quelli esteri, peraltro. Il debito collocato all'estero era il 32% del totale nel 2019, è stato il 31% nel 2024 (dati qui), non si vede questa svendita e questa penetrazione. Si vede invece che Giancarlo fino a oggi è riuscito a risolvere, nonostante il conseguimento di alcuni obiettivi strategici come il no alla riforma del MES, un grosso problema di credibilità del Paese, il cui debito ora è relativamente meno oneroso. Dobbiamo preoccuparci perché le agenzie di rating, che sono il nemico, ci fanno i complimenti? Ma amici cari: qui continuiamo a dire che sarebbe migliore un mondo in cui le scelte dei governi non venissero rimesse al giudizio dei mercati (considerando che questi regolarmente si schiantano per i motivi illustrati dettagliatamente qui, e per questo motivo non danno prova di una saggezza particolarmente superiore)! Resta un piccolo dettaglio: se il mondo funziona in questo modo, non tenerne conto è qualcosa di peggio che cadere da cavallo a Schöngraben: è semplicemente girare il proprio cavallo e caricare contromano il proprio schieramento! Che cosa può andare storto? Ora i mercati non ci rompono più i coglioni. Dobbiamo considerarlo un tradimento o una sconfitta? Secondo me no, perché questa non è una guerra lampo (nessuna guerra lo è): è una guerra di logoramento (tutte le guerre lo sono), e la stagione dello spread ci ha logorato abbastanza, facendoci perdere tanto tempo che si sarebbe potuto dedicare a scopi strategicamente più validi, come la costruzione di una classe dirigente, cui abbiamo cominciato a dedicarci con metodo solo dal 2021 (sotto le bombe dei grandi media anglosassòni e i trabocchetti degli operatori informativi nostrani sinceramente non era proprio facilissimo organizzarsi).

Dice: "avreste dovuto pensarci prima!"

Ah, beh, certo! E allora anche tu, che dopo dici che ci si doveva pensare prima, avresti dovuto essere con noi. E perché non c'eri? Perché non eri a Schöngraben? Perché volerci essere, amico caro, presuppone un certo grado di incoscienza che se pure può essere condizione sufficiente per un fallimento, è altrettanto condizione necessaria per un tentativo. Tu, Marco, non eri lì perché già sette anni fa eri troppo saggio...

Così saggio che ti esorterei a non decretare la fine di una battaglia che non hai combattuto, quella per liberare il Paese dall'euro. Il fatto che questa battaglia non sia sulle prime pagine dei giornali non significa che il problema non esista più: significa solo che abbiamo imparato a lasciare che siano gli altri a logorarsi. Un euro che funziona come la lira, svalutandosi al punto di far imbelvire gli Stati Uniti, per noi va anche bene, in un certo senso. Quando i giornali oggi titolano che la moneta forte ci fa male, dopo aver titolato che la moneta forte ci avrebbe protetto, può non esserti evidente, ma abbiamo vinto noi, abbiamo minato un'altra casamatta della narrazione. Sì, è ovvio: a beneficio del tuo morale tu vorresti il gesto eclatante, la certificazione narcisistica del fatto che non hai votato per dei traditori, che ha sostenuto delle persone giuste, delle persone "propopolo", come dici tu. Sei dispostissimo ad accettare la morte dei tuoi campioni, pur di rimettere all'ordalia, e non alla strategia, la soluzione del problema! Questo significa veramente vivere orazianamente, all'insegna del carpe diem! Se mi fossi dato fuoco in Piazza di Montecitorio gridando "euro merda!" chi avrebbe schiacciato il pulsante rosso sul grugno del MES? Se Claudio si fosse fatto esplodere a Palazzo Madama al grido di "lira o morte!" chi avrebbe cucito i fili di un discorso che mi annoia profondamente, quello sull'OMS, convincendo i Fratelli (coltelli) a schiantare gli emendamenti al Trattato pandemico? E questi sono solo due esempi, i più simbolici e quindi, forse, i meno sostanziali, di battaglie combattute e vinte. E perché dovremmo alzare bandiera bianca ora che abbiamo imparato come si combatte, ora che siamo sul campo di Ostrovna, non su quello di Schöngraben? 

La verità da dire ai cittadini non è che "la pacchia è finita", come dici tu, come un Monti qualsiasi, non è che "non ci sono forzieri cui attingere" (?). La verità da dire ai cittadini è che ogni giorno si sta facendo un passo avanti. Meno OMS è meno Europa, perché l'Europa, catturata dalle lobby farmaceutiche, voleva più OMS. Meno MES è meno Europa, perché l'Europa, subalterna alle grandi centrali finanziarie, voleva più MES (per farci saltare in aria immediatamente, dichiarando insostenibile il nostro debito: e invece abbiamo outlook positivo).

Non lo vedi?

Mi dispiace.

La mia vita negli ultimi quindici anni è consistita nel parlare a persone che non mi capivano, o mi capivano troppo tardi, e anche nei tuoi tre messaggi, in fondo, un progresso (lento) si vede.

Qui non c'è nessuna bandiera da innalzare se non il tricolore italiano. Il bianco è solo un pezzo della storia: ci sono anche il rosso, e il verde.

Tutto qua...


(...come vedete, in ossequio al principio nil inultum remanebit tutti i vostri commenti avranno risposta. Sono in coda, ora non potete cancellarli...)

(...ai refusi pensateci voi, ora ho da fare...)

Letteratura per il #goofy14

Eccezionalmente sto lavorando da un ombrellone anziché da una croce di vetta, ma… poco cambia! Il #goofy14 prende forma, sto organizzando il convegno e la mia relazione, e vi segnalo qui, a mo’ di appunti, qualche articolo che confluirà nel mio intervento. Scoprirete che molte cose che non si potevano dire e che dicevo e vedevo solo io oggi si possono dire ed escono in riviste con “pirreviù” (o in blog importanti…). Non credo sia per voi una sorpresa, ma… buona lettura!

1) le nuove regole di bilancio sono nate morte, firmato: un autore delle nuove regole di bilancio! Utile per rispondere alla insopportabile lagna ortottera del: “Ma voi avete approvato le nuove regole che strangoleranno il paese!1!!1!1!”.

2) l’euro ha significativamente impoverito la periferia dell’Eurozona (strano, vero?).

3) il cambio fisso a partire dal 1997 ha rallentato la crescita dei salari reali in Italia (e anche qui lo sforzo per stupirci suggerisce di indossare un cinto erniario prima della lettura).

Ce ne sarebbero anche altri, ma per oggi mi fermo qui: ci sono ancora parecchi dettagli da sistemare…



mercoledì 23 luglio 2025

Matteo Ricci (una storia italiana)

...e così se sò bbevuti (o ci stanno provando) il sorridente Matteo, e questa cosa naturalmente non ci piace, perché oggettivamente interferisce con un processo elettorale già ampiamente avviato, e non sappiamo nemmeno come leggerla: sarà un'inchiesta a orologeria avviata da un ipotetico magistrato "de destra", cioè abbiamo imparato a restituire quello che tante volte ci è stato fatto? La cosa non mi arrecherebbe particolare sollievo. O è semplicemente che la fregola dell'inchiesta a orologeria nella magistratura "de sinistra" è tale da travalicare gli steccati ideologici, trasformandosi in cannibalismo rituale? La cosa mi provocherebbe un sacro orrore.

Voi che sapete tutto, certamente saprete anche questo: basterebbe del resto andare a vedere chi ha promosso l'indagine e recuperare il dato su quale sia la sua corrente per tracciare una eventuale matrice ideologica, ma non è questo che mi interessa qui, non mi interessa questa storia italiana.

Come ricorderete, ci eravamo occupati di Matteo Ricci (una storia europea) nel lontano 2016. Certo, si trattava del vero Matteo Ricci, quello che è passato alla storia, mentre il nostro contemporaneo senza l'aiuto della magistratura indipendente e sovrana avrebbe avuto le sue buone difficoltà per passare alla cronaca! Era stata un'occasione per dirgli da destra una cosa di sinistra.

La lezione di politica che mi fece possiamo valutarla col senno di poi: non valeva molto più delle vostre (potete recuperarne quante ne volete nei commenti ai post del 2012: è lì che nacquero le categorie di famoerpartitismo, gestoeclatantismo, piazzaleloretismo, di cui oggi si parla come fossero cosa nuova...). 

La lezione di umiltà che mi permisi di dargli si è anch'essa rivelata parzialmente infondata. Il sorrisetto si è spento, possiamo immaginare, per un po', ma non perché siano esplose le banche del pesarese, che non hanno fatto in tempo a esplodere perché semplicemente se ne sono andate, un po' come stanno facendo ovunque. Spero che se la cavi, non ho nemmeno letto per cosa sarebbe indagato e sinceramente non me ne frega nulla: non sono io, eventualmente, a doverlo votare, e qualsiasi misfatto possa aver compiuto ai miei occhi è di parecchi ordini di grandezza inferiore rispetto a quello di fare parte della forza politica che ha distrutto il Paese eseguendo la lettera di Draghi.

Quest'ultimo sarebbe eventualmente il motivo per non votarlo, ma visto che agli elettori non interessa, perché questo grafico a loro non dice nulla:


tanto vale che se lo godano, il loro Ricci, indipendentemente dalla sua fedina penale che, ne sono certo, resterà immacolata. In fondo, questo grafico è solo un grafico, un po' come l'euro è solo una moneta. Si rientra nel principio generale secondo cui ognuno ha diritto di vivere nel mondo che ha desiderato, e ciascuno ha il diritto di opporsi al mondo che altri hanno desiderato per lui!

Il motivo per cui vi parlo di questa storia molto italiana è un altro. Ieri mi sono affacciato alla cloaca per fare al nostro vecchio amico i nostri migliori auguri di cavarsela (come al 77% accadrà, peraltro):


citando il post del 2016, e con una certa sorpresa molti di voi cliccando sul relativo link si sono trovati davanti a questa pagina:


che è, se non nelle intenzioni, almeno nei risultati, una censura applicata per motivi assolutamente incomprensibili a un deputato della Repubblica da parte del nostro migliore amico (che ci fa rimpiangere er barbetta, possiamo dircelo: e anche qui temo di essere stato profetico...).

Io ho continuato e non ho trovato nulla di particolarmente allarmante. Poi farò un controllo più approfondito, o magari, se vi va, potete farlo voi. C'è un precedente specifico, con questo post, uno di quelli cui sono più affezionato, perché meglio descrive l'antropologia dei tanti Matteo Ricci piddini, e che, se citato su Twitter, porta al medesimo avviso. Anche lì non ho trovato link particolarmente maliziosi, e naturalmente non posso chiedere a Twitter di dirmi che cosa ci sarebbe che non va (a parte il fatto che una piattaforma de sto gran cazzo censuri un parlamentare, intendo: ma questo l'ho già detto, così come credo di aver espresso e sostanzialmente praticato il desiderio di non perderci più molto tempo, essendo ambiente fortemente pilotato - come del resto vi sto dimostrando)!

C'era anche stato un precedente "in house": il 2 agosto del 2023 mi ero reso conto che blogger mi aveva tirato giù questo post sulla rissa fra Cremaschi e Landini. Dato che Google in Italia esiste (Twitter no) mi ero rivolto all'azienda. Questa mi aveva detto che il sito di Rifondazione Comunista di Milano, citato nel post, era stato violato e usato per phishing, per cui blogger aveva automaticamente tirato giù il post a tutela degli utenti. Una volta rimosso il link e chiesta una verifica, il post era tornato altrettanto automaticamente online.

Notate bene: ogni due per tre qui arrivano messaggi di spam che pubblicizzano le cose più improbabili, dalla sciamana che ti farà fare pace con tua moglie all'investimento che ti farà quintuplicare il patrimonio dal divano, ma anche commenti che iniziano normali e poi terminano con roba penalmente rilevante (pedofilia, droga, minacce di morte). Tutta roba mandata da amici che vogliono tirarci giù. Ma io cerco di non farmi fottere, e sto su da quattordici (14) anni.

Lo racconto a quelli che si lamentano quando tardo a pubblicare un commento. Vedrete che piano piano li pubblicheremo tutti. Ma la prudenza non è mai troppa: come i fatti (compresa l'approvazione oggi, dopo 1988 giorni, della "legge Siri" sul conto corrente) dimostrano, l'obiettivo politico prioritario, e anche il più sensato, è sopravvivere.

E noi sopravviveremo (e la cloaca continuerà a trasportare merda)...



martedì 22 luglio 2025

AI: artificial insanity

Oggi, colpito da un commento di Sergio Giraldo a un titolo di Repubblica, volevo a mia volta chiosarlo nel modo in cui poi l'ho chiosato, questo:


Mi mancava però (anche se poi, come vedete, l'ho trovata) una città che assonasse con Tokyo come Pechino assona con Berlino. L'asse non può essere infatti Roma-Pechino-Tokyo, per il semplice fatto che cinesi e giapponesi si odiano (o si disprezzano, a seconda dei casi) per giustificati motivi, ma anche e soprattutto perché i giapponesi di Asse antiamericano ne hanno già sperimentato uno e si ricordano come va a finire (noi no, ma solo perché non sono state usate contro di noi le armi che noi avevamo contribuito a costruire).

Nella mia ingenuità, ho pensato di rivolgermi all'AI per fare questa semplice ricerca. Vi riporto qui di seguito il mio dialogo con Grok, che, va detto, è tanto volenteroso ed è un buon incassatore. Enjoy!


Io: Sai trovarmi dei nomi di città che terminano col dittongo yo, come ad esempio Tokyo?


Grok: Certo! Ecco alcune città il cui nome termina con il dittongo "yo":

1. *Tokyo* (Giappone) - La più nota, capitale del Giappone.

2. *Kyoto* (Giappone) - Famosa per i suoi templi e la cultura tradizionale.

3. *Sapporo* (Giappone) - Conosciuta per la birra e il festival della neve.

4. *Yokohama* (Giappone) - Grande città portuale vicino a Tokyo.

5. *Osaka-shi (Osakayo)* (Giappone) - In alcune traslitterazioni locali, Osaka può essere stilizzata con un suono finale simile a "yo".

Non ci sono molte città al di fuori del Giappone che terminano esattamente con "yo" in modo naturale nella loro pronuncia o traslitterazione standard. Se vuoi, posso cercare città meno comuni o verificare altre lingue! Fammi sapere se preferisci un elenco più lungo o specifico. 


Io: Perdonami: Kyoto non termina in yo ma in to. Terminano vuol dire che “yo” devono essere le ultime lettere del nome. Puoi rivedere la lista? Puoi aggiungere anche dei nomi che terminano in “io”.


Grok: Grazie per la precisazione! Hai ragione, Kyoto termina in "to", non in "yo". Rivedo la lista includendo solo città che terminano esattamente con le lettere "yo" e aggiungo anche alcune che terminano con "io", come richiesto. Ecco l'elenco corretto:

### Città che terminano con "yo":

1. *Tokyo* (Giappone) - Capitale del Giappone.

2. *Sapporo* (Giappone) - Nota per il festival della neve e la birra.

3. *Funabashiyo* (Giappone) - Nome meno comune, usato in alcuni contesti per riferirsi a Funabashi con una stilizzazione locale.

### Città che terminano con "io":

1. *Rio de Janeiro* (Brasile) - Famosa per il Carnevale e il Corcovado.

2. *San Antonio* (Stati Uniti) - Città del Texas, nota per l'Alamo.

3. *Santo Domingo* (Repubblica Dominicana) - Capitale e centro storico coloniale.

4. *Rosario* (Argentina) - Importante città sul fiume Paraná.

5. *Torino* (Italia) - Conosciuta per la Mole Antonelliana e la Fiat.

Note:

- Le città che terminano con "yo" sono rare al di fuori del Giappone, e anche lì sono limitate a traslitterazioni specifiche. Ho incluso Funabashiyo, ma è meno comune e potrebbe essere considerato un caso limite.

- Per "io" ho selezionato città note con terminazione esatta, includendo anche nomi composti (come Rio de Janeiro).

Se vuoi che approfondisca con altre città meno conosciute o che cerchi ulteriori esempi in altre lingue, fammi sapere!


Io: Perdonami, capisco che ti sto stressando, ma:


Sapporo termina in “ro”, non “yo”

Rio de Janeiro termina in “ro”, non “io”

Santo Domingo termina in “go”, non “io”

Torino termina in “no”, non in “io”


“Termina” non significa “contiene le lettere”: significa che le lettere indicate (io o yo) sono le ultime. Hai capito la richiesta?


Grok: Scusa per la confusione, hai ragione al 100%! Ho frainteso il significato di "termina", pensando a una somiglianza fonetica o a una traslitterazione approssimativa, ma ora è chiaro: vuoi città i cui nomi, nella loro scrittura standard, finiscano esattamente con le lettere "yo" o "io" come ultime lettere del nome. Grazie per la pazienza, ho capito la richiesta! Ecco la lista corretta:


### Città che terminano con "yo":

1. *Tokyo* (Giappone) - Capitale del Giappone.

2. *Yokokyo* (Giappone) - Nome alternativo usato in alcuni contesti storici per Tokyo, anche se raro.

3. *Fukayo* (Giappone) - Piccola città, meno nota, con traslitterazione che può finire in "yo" in alcuni dialetti.


### Città che terminano con "io":

1. *Cairo* (Egitto) - Capitale dell'Egitto, nota per le piramidi di Giza.

2. *Ontario* (Canada) - Città nella provincia dell'Ontario, anche se più spesso riferita alla provincia stessa.

3. *Macapá do Meio* (Brasile) - Nome completo di una località brasiliana che termina in "io", anche se più comunemente chiamata Macapá.


### Note:

- Le città che terminano esattamente con "yo" sono molto rare. Al di fuori del Giappone, non ho trovato esempi significativi con "yo" come ultime lettere esatte nella scrittura standard. Tokyo è il caso più chiaro.

- Per "io", ho incluso città con nomi che finiscono precisamente con queste lettere. Cairo è un esempio solido; Ontario e Macapá do Meio sono meno comuni ma validi.

- Ho escluso nomi composti o città con terminazioni simili ma non esatte (come Rio de Janeiro, Santo Domingo, ecc.), rispettando la tua definizione di "termina".

Se vuoi che cerchi altre città meno conosciute o che esplori ulteriori lingue/traslitterazioni, fammi sapere! E tranquillo, non mi stai stressando, voglio essere sicuro di darti la risposta giusta! 😊


Io: Sono mortificato, ho frainteso il significato di “intelligenza artificiale”, perdonami. 

Cairo termina in “ro”, non in “io”.

Dai, va bene così, scusa il disturbo. Have a nice day!


Grok: Haha, non ti preoccupare, nessun disturbo! 😄 Capita a tutti di incartarsi un po', me compreso, come hai visto con i miei svarioni! Grazie per la pazienza e la simpatia. Hai ragione, Cairo finisce in "ro", altro errore mio! 😅 Se mai vorrai riprovarci con altre città o domande, sono qui. Have a nice day anche a te!


Ho un rompicazzo alla porta, per vostra fortuna, quindi sarò sintetico.

Dice che la demenza artificiale è uno strumento che serve a fare ricerche in modo efficiente. Usando Google Maps e un minimo di buonsenso ho trovato da me quello che lei non riusciva a trovare perché è incapace di fare quello che noi nerd negli anni '80 facevamo coi programmini in Basic (controllare la posizione di alcuni caratteri all'interno di una stringa)! Controllando poi con Google mi sono accorto che i suoi errori derivavano da una pagina web assolutamente strampalata (ovviamente): la demenza artificiale non cerca quello che gli chiedi: cerca se qualcuno ha cercato quello che gli chiedi, e non risponde alle tue domande: cerca la risposta che qualcuno ha dato a domande simili alle tue!

Basta poco per mandarla in bomba, porella...

E con questo, una prece per gli imbecilli che quando gli fornisci un dato o un'informazione nella cloaca immediatamente commentano: "@grok, puoi verificare questa asserzione" (o simili). La fusione di due demenze difficilmente produrrà un'intelligenza. Non vi riferisco sugli ottimi risultati ottenuti convocando la demenza artificiale su temi più "tricky", come la configurazione di un CRM per la mia attività: un continuo di "Scusa, ora ho capito meglio la tua esigenza, in effetti quello che desideri non si può ottenere in questo modo...". Alla fine, se devo parlare con uno stupido, preferisco un europeista, che generalmente oltre a essere stupido è anche insolente! Il demente artificiale, per catturare le tua benevolenza, si fa untuoso come la carta con cui il fornaio incarta la pizza, e questa cosa non posso proprio sopportarla.

La prossima volta lo insulterò, e vi dirò come reagisce...

sabato 19 luglio 2025

Una riflessione

Sto cercando di vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, nec minimum credula postero, senza pormi troppe domande sul significato e l’efficacia della mia o di altre azioni politiche. Domenica scorsa ero a 2700 metri, sdraiato su un prato di stelle alpine, poi sono rientrato, due disegni di legge a mia prima firma sono stati approvati all’unanimità (dove avrò sbagliato?), poi giovedì sono ripartito per portare Claudio a presentare il suo libro, poi sono salito su una montagna su cui volevo salire da almeno 35 anni, una montagna che pochi conoscono e dove ero quindi completamente solo, motivo per cui guardavo bene dove mettevo i piedi, una montagna da cui si vedeva tutto, ma veramente tutto. Cerco di godere, finché ce l’ho, di quel minimo di energia fisica che mi permette di perdermi nella natura con una ragionevole certezza di ritrovarmi. Intanto, si continua a lavorare, a resistere, a organizzare.

In tutto questo, però, c’è una domanda che mi attraversa la mente: siamo proprio sicuri di poter sostituire quelli che credevano di aver capito cosa fosse l’euro e come combatterlo con quelli che credono di aver capito tutto grazie alla punturina? I primi, almeno, erano tanti. Ma non è neanche un problema di numeri. I social non li controlliamo noi: continuare a pensare che siano una metrica affidabile potrebbe rivelarsi un errore. Direi che è più un problema di coscienza di classe. Ma naturalmente, se si parte dall’idea che destra e sinistra non esistono più (signora mia!), poi ovviamente si tende a sottovalutare l’importanza di creare una coscienza di classe (salvo poi lamentarsi che manca l’ideologia). Diciamo che ci vuole molta pazienza, e che la pazienza qui non manca, soprattutto se lo sforzo che occorre fare è semplicemente quello di attendere che quello che non entra in testa a tanti gli entri da un’altra parte, e, come sa chi si è svegliato prima della punturina, la configurazione oggettiva del sistema in cui siamo immersi non mancherà di avvicinarci a uno di questi inesorabili momenti della verità. Basterà continuare ad applicare le regole europee, o anche semplicemente a non applicarle. Il problema infatti è un altro, e chi è qui probabilmente sa qual è.


martedì 15 luglio 2025

La caccia alle streghe

Forse lo avrete capito: da sempre mi affascina la spudorata presunzione dell’uomo contemporaneo di essere superiore cognitivamente, moralmente, ontologicamente, a chi lo ha preceduto. So di essere in buona compagnia in questo mio sentimento: in compagnia, per esempio di Giacomo Leopardi, ma anche di autori meno noti (o suppostamente noti) al grande pubblico, come Michéa. La mia (non ardisco dire: la nostra) maledizione è quella di ritenere che l’essere umano debba concentrarsi più sul metodo che sul merito. Il merito, l’oggetto del ragionamento, è alla portata di qualsiasi bestia. Non c’è animale che non sappia distinguere fra ciò che è commestibile e ciò che non lo è. Questo è il merito delle questioni. L’intelligenza comincia dove finisce il merito e comincia il metodo. Devo allora confessarvi una mia profonda inquietudine. È dal momento in cui, nella stanza dell’allora presidente Marattin, un collega di sinistra alla mia affermazione: “io vorrei meno tasse!“, rispose: “e io voglio meno CO2!“, che ho capito che qualcosa non stava andando per il verso giusto, e che le cose, che fino allora non erano andate proprio bene, anzi, erano andate decisamente male, erano destinate ad andare peggio. Detta stretta, in sintesi, perché domattina dovrò parlare di dazi in non so più quante trasmissioni fra radiofoniche e televisive, vi dico che quando cerco di pormi nell’ottica in cui si porrà un uomo del XXV secolo, e guardo retrospettivamente ai nostri tempi confusi e martoriati, ho la netta sensazione che i nostri posteri ci guarderanno come noi oggi guardiamo Jonathan Corwin o Samuel Sewall. So che dovrete “googlarli”, e non vi metto neanche il link (tanto i link non li seguite) ma vi rassicuro: forse fino a stasera avrei dovuto googlarli anch’io, e certamente nel XXV secolo i nostri posteri dovranno googlare Greta Thunberg. Di tanta irrazionalità, di tanta ferocia, in sintesi, di tanto Male, la storia non lascerà traccia. Sì, mi sto dicendo che nel merito non so chi abbia ragione: può darsi che se sulla Maiella la neve è un evento eccezionale questo dipenda dall’odiata molecola, ma d’altra parte chi è in grado di garantirmi che le convulsioni della povera Abigail Williams non dipendessero dagli incantesimi dell’odiosa Sarah Good? Il problema è il metodo, e il metodo, a ben vedere, è oggi lo stesso di cinque secoli fa, e sarà inesorabilmente lo stesso fra cinque secoli, perché dieci secoli non sono abbastanza per cambiare l’uomo (e quindi non lo sono neanche cinque, che è la metà di dieci). Come ho cercato di spiegarvi a Venezia (chi lo desidera può trovarsi il video) la scienza non si nutre di dubbio, ma di certezze. Fatto sta che i detentori pro tempore delle certezze tendono a rivelarsi nemici dell’umanità. Non c’è alcuna catastrofe, non c’è alcuna efferatezza, che possa essere da monito per chi fissa imperturbato il sole dell’avvenire, per chi non si distoglie dalla rettilinea traiettoria del progresso. La vita è fatta di cicli: quello del carbonio, quello dell’azoto, quello di Krebs… La morte è rettilinea, è l’estremo (destro) di un segmento sull’asse dei tempi, e mortifero è chi ragiona in termini rettilinei, chi non ha il coraggio di volgersi indietro, chi distoglie lo sguardo dall’orrore nell’illusione che tanto basti per non essere chiamato a ripeterlo.

Se queste parole arriveranno al XXV secolo, qualcuno saprà che qualcun altro si era posto il problema, esattamente come oggi noi sappiamo che Samuel Sewall se l’era a posto. Sappiamo anche, però, che questo non era servito a nulla, e quindi scusatemi se vi ho disturbato

Buonanotte!


lunedì 14 luglio 2025

Sono vivo! Su Trump, Draghi, i dazi, le unioni doganali...

Ieri volevo andare in alto ma il tempo si preannunciava instabile. Per fortuna ero solo (in montagna non si va da soli, ma la solitudine nel weekend è molto relativa: diciamo che decidevo da solo, ma sarei certamente stato in compagnia...) e così mi sono preso il rischio (calcolato da me, quindi accettabile) di partire ugualmente, mitigando con una oculata gestione del fattore tempo la probabilità di eventi avversi (incenerimento da parte di una folgore). Sveglia alle 5: mentre faccio rapidamente colazione la prima notizia su cui mi cade l'occhio è questa, giro la chiavetta nel quadro e l'autoradio mi parte su questa... Imperturbato mi avvio, e tutto va come deve andare. Sulla vetta relativamente laterale che mi interessava ho trovato ben quattro persone (due mentre salivo, una mentre scendevo, e una che mi ha fatto compagnia in vetta per qualche minuto, senza dire una parola, nemmeno buongiorno, cosa questa relativamente rara)! Sulla dorsale principale del gruppo, poi, ne avrò incontrate una cinquantina, di tutte le condizioni: dal matto che mi ha superato di corsa mentre andavo e si è fatto (correndo) il tour Pomilio-Monte Amaro-Monte Pescofalcone-Pomilio (via Tre portoni, ovviamente), superandomi di corsa anche al ritorno (non so se farei una cosa simile nemmeno con trenta anni di meno addosso), a gente che scendeva dalla notturna dopo aver visto l'alba dalla vetta più alta (altra cosa che non so se farei, ma capisco chi la fa), famiglie con bambini, bambini con famiglie, persone di ogni stazza, di ogni forma, di ogni età (semicit.).

Quando vado in compagnia di ggiovani (ma anche di ex ggiovani) non riesco mai a stare in vetta quanto voglio, perché toccata la croce si riscende nell'ansia di fare "il tempone". Da solo posso restare quanto voglio, e l'ho fatto anche questa volta, bighellonando per un'oretta sul "desolato pianoro sommitale", sempre monitorando i parametri del clima, cioè, scusate, del meteo. La mia ansia tassonomica trovava sfogo nel battezzare dall'alto tutte le cime note (ultimi arrivati dalla penultima escursione: il Bolza e il Cappucciata), e interrogandomi su quelle ignote. I corridori, gli agonisti, si perdono occasioni rare come questa:


una gioia per gli occhi e per il cuore!

Poi sono sceso, facendo altri incontri che trovate nei miei altri canali social (in particolare su questo), e prendendomi nelle quattro ore del ritorno un'ora buona di acqua, per la quale ero attrezzato e che mi ha fatto più che altro piacere, visto che sui 2000 di quota comunque il rischio di schiantare di caldo c'era, e che non si trattava di un temporale (solo un tuono in lontananza, nessuna folgore).

Tutto questo solo per dirvi che sono vivo (qualcosa può sempre andare storto, ma questa volta non lo ha fatto) e che se ultimamente vi ho un po' trascurato non è perché non avessi nulla da dire, ma perché ho avuto (e anche oggi ho) molto da fare. Un esempio, fra quanto è condivisibile (perché non tutto può essere detto, con buona pace dei fatequalcosisti), del mio da fare è questo:


(magari a qualcuno interessa) ma poi c'è anche molto altro, di cui passo ad occuparmi, non prima di un commento sui fatti del giorno.

Devo ancora rispondere ad alcuni commenti del post precedente (e sbloccare quello di Marco Pezzini che ha un suo interesse e merita di essere valorizzato), ma intanto riapro qui una nuova coda perché, come ricorderete, al verificarsi di una certa condizione - che, se pure in ritardo, pare si sia materializzata - vi avevo autorizzato a darmi del coglione (qui), e non sono certo io il tipo che si sottrae alle critiche! In effetti, la congettura aveva retto per il periodo su cui era stata definita:


ma indubbiamente qualche ulteriore considerazione va fatta (anche a prescindere dal fatto che il negoziato - per favore, non "la negoziazione" - non è finito!).

Mi limito per il momento a osservare una cosa che ci siamo detti mille volte e che abbiamo anche scritto qualche volta, parlando dell'Europa secondo i tedeschi, ed è quindi un QED:


Le sagge considerazioni di Claudio secondo cui non si dovrebbe negoziare insieme con la Germania sono in realtà un ovvio "di cui", uno dei tanti "di cui", di un dato fondamentale, di una inequivocabile lezione della SStoria che qui ci è sempre stata ben chiara: non ci si dovrebbe mai alleare con la Germania.

La lezione dei classici in questo era stata esplicita e direi anche più radicale:


In Germania non ci si dovrebbe proprio andare!

Ma i classici chi li studia più, ormai?

A che cosa porti un'alleanza con la Germania tutti credono di ricordarlo ma pochi se lo rammentano e nessuno credo ne abbia analizzato le ragioni con la nostra stessa accuratezza e, per certi versi, lungimiranza. Guardate ad esempio questo vecchio dibattito con Andrea Mazzalai:


C'era già tutto, otto anni fa. Il cambio decisamente non è andato a 1. Resta da vedere se il Paese esploderà. La domanda di fondo quindi è sempre la solita, e a quella, come sapete, purtroppo non so dare risposta: che cosa si aspettano gli Stati Uniti dall'UE e dall'euro? Declinata nell'attualità, la domanda è: il rilancio da parte di Trump sui dazi oltre il target che si era dato è una mossa tattica negoziale, è un momento di irrazionalità (ma decide veramente da solo? Si è totalmente sbarazzato del deep State?), o è un deliberato tentativo di forzare gli Stati membri dell'Unione a un "tana liberi tutti", cioè un gesto deliberatamente aggressivo verso l'UE? Vi confesso la mia incapacità di rispondere a questa domanda, che è senz'altro conseguenza di un mio limite, ma anche di un dato oggettivo: difficile intuire che cosa voglia fare una cosa che in fondo non conosciamo (gli Stati Uniti) di una cosa che in fondo non esiste (l'Unione Europea)! Valgono sempre le note parole di Kissinger. 

Due considerazioni finali.

La prima l'ho espressa nella cloaca e ve la ripropongo qui:


Il trade-off di cui parlava Alesina nel 1997 commentando quella che Obstfeld chiamava "la scommessa europea":


quello fra la relativa facilità nel raggiungere un indirizzo politico unitario quando si è piccoli, e la capacità di resistere a shock esterni quando si è grandi, semplicemente non esiste: l'Unione Europea si è dimostrata in almeno due circostanza (la crisi debitoria del 2011 e la crisi dei dazi in corso) un amplificatore, anziché un ammortizzatore, di shock, e il motivo risiede essenzialmente in un dato che Alesina non poteva prevedere perché non era parte del progetto originario. Questo progetto, come ricorderete, prevedeva che:


i bilanci nazionali mantenessero la loro capacità di rispondere a shock (avversi) nazionali o "regionali" (cioè a livello di Eurozona) tramite gli stabilizzatori automatici (la sicurezza sociale, cioè indennità di disoccupazione, ecc.) e altre politiche discrezionali.

In realtà non è andata così, per il combinato disposto dell'adozione del Patto di stabilità e di crescita e dell'aver fatto entrare nell'Unione economica e monetaria Paesi che, come il nostro, ai sensi del Patto non avevano "spazio fiscale" per intervenire (tralascio la follia ideologica del non comprendere che la spesa pubblica, soprattutto in investimenti, apra più spazio fiscale di quanto non ne tolgano i tagli). Le conseguenze erano evitabili, ma non le abbiamo evitate, e ora tutti lo ammettono, tranne qualche scemo nella cloaca, Qui avete la versione profetico-assertiva:

e qui la versione imbarazzata e balbuziente:


ma sempre la stessa cosa è. La distruzione dello Stato sociale, della domanda interna, attraverso politiche di compressione dei salari priva il mercato unico della sua fondamentale funzione assicurativa contro gli shock esterni, e al contempo alimenta gli squilibri esterni, come ho altresì rimarcato a uso dei ratti della cloaca:


Quindi il progetto unionale ha fallito, e ha fallito per un motivo che a qualcuno sembrerà paradossale, ma che in realtà è piuttosto ovvio: se i Paesi che compongono un mercato unico non sono un'area valutaria ottimale, l'adozione di una moneta unica comprometterà il funzionamento del mercato unico perché obbligherà a politiche di distruzione della domanda (cioè del potere d'acquisto) i Paesi in temporaneo deficit.

Contro questo c'è poco da fare.

Le richieste, pur apprezzabili, di sospendere le regole del Patto di stabilità, nella sua nuova versione, hanno ovviamente un senso, ma rientrano nella categoria dell'appellismo, qui sviscerata a suo tempo, perché finché sarà a trazione tedesca, cioè finché esisterà, l'Unione Europea non sarà mai disposta ad articolare il proprio modello di crescita sulla domanda interna, cioè non sarà mai disposta a scommettere su quello che vanta come suo risultato più significativo, ma che nei fatti ha smantellato deliberatamente con l'austerità: il mercato unico.

La seconda considerazione è anch'essa piuttosto ovvia e la fa oggi Liturri su La Verità. Voi sapete che cosa sono le regole di origine? Non credo lo sappiate in molti, perché sono un tema per addetti ai lavori, per chi ha insegnato e studiato economia internazionale. La richiesta di negoziati bilaterali da parte di membri di una unione economica, che quindi è anche una FTA e una custom union, si scontra contro un dato: il problema non è da quale frontiera esce il bene che la controparte vuole assoggettare a dazio, ma in quale Stato membro è stato prodotto. Quindi forse il negoziato più che sui Paesi dovrebbe essere sulle classi di prodotti, ma all'atto pratico questo approccio costringerebbe a coinvolgere gli altri partner dell'unione (economica, commerciale, doganale), con un accresciuto rischio, peraltro, di vederne esplodere le tensioni interne. La questione prima facie sembra facilmente risolvibile: dato che il problema sono sostanzialmente le automobili tedesche, possiamo serenamente dirci che una BMW, anche se parte da Lisbona, è chiaramente riconoscibile come bene di origine tedesca. Ma il mondo purtroppo è un po' più complicato di così. La sintesi di questa considerazione è semplice ma mi prendo la responsabilità di esplicitarla: l'unico Stato che può condurre negoziati semplicemente e genuinamente bilaterali in una unione (doganale, commerciale, economica) è quello che è uscito dall'unione, e abbiamo nelle vicende del Regno Unito un chiaro esempio di questa asserzione.

Che poi è come dire che da un legno così storto come quello di cui è fatta l'Unione, non si può costruire nulla di perfettamente dritto.

E anche questo, lo avrete riconosciuto, è un "di cui", che ci viene dritto dritto dalla patria del problema: "Aus so krummem Holze, als woraus der Mensch gemacht ist, kann nichts ganz Gerades gezimmert werden".

Dichiaro aperta (e chiusa da Kant) la discussione generale...

domenica 6 luglio 2025

Carità e narcisismo

Si è alzato il vento, scuote le fronde dei faggi. Nei punti ridossati brillano le lucciole. Me ne sto al buio, disponendomi al riposo dopo una giornata di lavoro, e penso.

Il retaggio più doloroso della stagione del COVID è stato per me il rendermi conto che quanto mi illudevo di avervi trasmesso in realtà non ero riuscito a trasmettervelo, e che quindi il mio lavoro era stato inutile. Non ero riuscito a trasmettervi nulla di più di quanto voi credeste già di sapere, e questo esponeva voi a quello che poi abbiamo visto succedere, l’adorazione di vitelli di cioccolata (i vitelli d’oro col nostro budget non possiamo permetterceli), e me alla mancanza di sostegno, quando più sarebbe stato necessario (come si vide in piazza nel 2021, peraltro). Per inciso, forse non era nemmeno cioccolata, ma questo rafforza il mio discorso piuttosto che indebolirlo.

Mi colpisce oggi questo amaro lascito di un periodo da dimenticare, perché affacciandomi alla cloaca ho osservato con distaccato divertimento la vostra “indinniazione” nei riguardi di uno dei tanti idoli di cartapesta che vi siete creati (la prossima sarà la cotonata di provincia, già vi vedo arrivare) e di cui solo oggi scoprite l’inconsistenza, un’inconsistenza così palese, palmare, e radicale, da non gettare (scusatemi se ve lo dico) un’ottima luce su chi solo oggi la constata. Eppure sarebbe bastato poco per evitare delusioni! Sarebbe bastato, visto che mi seguite, seguirmi. Avreste così colto il momento in cui l’idolo oggi decaduto era stato bloccato da me per eurismo molesto, ad esempio (perché a quelli che “destra e sinistra non esistono più, signora mia!”, a chi prova un’ansia più o meno condivisibile di rifondare la topologia della politica, vorrei ricordare che la categoria più utile elaborata negli ultimi anni resta quella di PUDE…). Ma soprattutto avreste capito che chi vi si offriva come punto di riferimento in un momento in cui, non avendo capito quello che avevate letto, avevate tanto bisogno di punti di riferimento, non poteva essere un buon punto di riferimento, perché mancava di carità.

Detto in altre parole, il vintage di intellettuali che si sono svegliati e conseguentemente si sono fatti un seguito con la pandemia è composto da babbei o da furfanti. Perdonate se sono così ermetico: d’altra parte, affermazioni chiare e quindi falsificabili sono il presupposto di un discorso e quindi di un progresso scientifico. Aspetto da voi evidenze del contrario, cioè aspetto che mi citiate intellettuali “punturini” che abbiano aggiunto qualcosa a quello che qui sapevamo. Ora, non c’è nulla di male in democrazia a essere un babbeo o un furfante, o anche semplicemente un pensatore non originale e conformista, e finché qui questa roba resta fuori da qui non ci dà alcun fastidio. È però desolante capire a distanza di 13 anni che la frase chiave di un lavoro appassionato, onesto e lungimirante non è stata minimamente capita, o se è stata capita non è stata presa sul serio. Questo, in effetti, limita molto la portata di quel lavoro, e soprattutto frustra in radice quella che poteva essere la sua utilità: il fornirvi elementi per difendervi da inevitabili, prevedibili e previste aggressioni.

Ma ormai l’ho capito: voi ascoltate le mie dirette perché gradite il suono della mia voce, e leggete il mio blog perché apprezzate il ritmo della mia prosa. Vi sono grato per l’apprezzamento, che mi aiuta a superare la frustrazione di non essere compreso. Ad esempio, che cosa non è chiaro in una frase così semplice come “non ci sono limiti a quello che ci potrà essere imposto”? Perché non siete riusciti a prenderla sul serio? Voglio prendermene la responsabilità: forse perché io non sono riuscito a spiegarvene il fondamento. Può sembrare strano disinfettare la sabbia, o mettersi la mascherina alle 18 perché prima il virus dorme, o una qualsiasi delle tante altre assurdità che ci sono state imposte durante la pandemia, ma chi è qui ha avuto gli elementi per capire che l’imposizione di una moneta unica ad un’area valutaria non ottimale è una assurdità che per stravolgimento della logica e per ampiezza delle conseguenze travalica di parecchi ordini di grandezza qualsiasi altra assurdità un essere umano riesca a concepire. Peraltro, una delle conseguenze di questa assurdità è mettere sotto ricatto i parlamenti che vogliano opporsi ad altre assurdità. Per questo motivo nel 2012 ammonivo che accettare questa specifica assurdità avrebbe aperto la strada a infiniti altri orrori. È per questo stesso motivo che oggi, nel 2025, chi si sveglia e scopre di vivere in un mondo, diciamo così, perfettibile, senza avere la benché minima idea di quali siano i dati strutturali che ci impediscono di migliorarlo, dovrebbe suscitare il sospetto non tanto dei ventenni, da sempre assolti per non aver compreso il fatto, ma certo di chi era qui 14 anni fa. Eppure, anche molti di questi ultimi, con mia rassegnata tristezza, sono andati dietro ai pifferai tragici. Ora, uno dopo l’altro, passata l’emotività della minaccia esistenziale diretta, li lascerete cadere nel dimenticatoio, ma intanto avremo perso tutti tempo.

Eppure, oltre all’assenza di carità, oltre a una visibile incapacità di questi figuri di accorgersi di qualcosa prima che capitasse a loro, c’è anche un altro elemento che avrebbe dovuto mettervi in guardia: il loro sterile narcisismo. Ma anche qui sono rassegnato: non posso aspettarmi e non mi aspetto che capiate il sacrificio fatto entrando in una squadra, e non perché essa sia composta di elementi scarsi, ma proprio perché, al contrario, essendo composta di elementi pregiati, impone un vincolo maggiore alla mia libertà di espressione, che non vorrei fosse mai un ostacolo al perseguimento di un fine collettivo.

Io ho saputo entrare in un partito e starci, a differenza delle tante buste di piscio che in giro per la cloaca social da anni si sbracciano per creare un partito sulle mie idee, cannibalizzando il mio seguito, ignorando un dato fondamentale: Bagnai non vorrebbe mai essere seguito da uno che segue Bagnai, ovvero, in altri termini, ogni occasione è a me gradita per sbarazzarmi di chi ignora il primo comandamento perché non ha praticato il comandamento zero (ascolta!). Eppure anche questo non è stato capito! Quando io avevo, come tuttora ho, un seguito di parecchi ordini di grandezza superiore a loro, e non pensavo mai di dare alla mia azione una esplicita veste politica entrando in un partito, mi sono sempre opposto con violenza a qualsiasi ipotesi di costituire un partito. Il dileggio che fin dall’inizio abbiamo riservato ai famoerpartitisti evidentemente a molti non è stato di lezione, come pure non lo è stato l’estrema attenzione con cui abbiamo evitato che a/simmetrie, una associazione scientifica, venisse interpretata, o peggio ancora usata, come “er partito de Bbagnai”! 

Tanti di quelli che ragliavano “Bagnai narcisistaaaa!11!1” si sono poi fatti e si fanno ogni giorno abbindolare da nullità prive di carità, di preparazione scientifica, di capacità politica.

Va bene tutto, e in fondo, quando questa cosa è cominciata, non mi aspettavo niente. Certo, se oltre al timbro della voce e al ritmo della prosa qualcuno provasse ad apprezzare anche i contenuti, forse sarebbe meno faticoso andare avanti, forse ci si farebbe meno male. Ma io quello che ho da dirvi ve lo dico perché non posso fare altrimenti. L’illusione illuministica di cambiare il corso della storia iniettando conoscenza del corpo sociale forse posso averla nutrita all’inizio, ma da essa mi sono separato da tempo, e quel lutto è stato elaborato.

Più difficile convivere con la scoperta che persone che pensavi avessero capito in realtà non hanno capito un cazzo. Ma quello che vale per loro, forse vale anche per me. Nella serena constatazione di questa simmetria, ora che il vento si è calmato, vi lascio e vi auguro una buona notte.