Premesso che sapete bene che cosa pensi del Fmi e delle sue previsioni, segnalo che mentre sui media italiani imperversa la narrazione terribilista e stracciavestista sui dazi di Trump, dalle istituzioni internazionali ci perviene questo messaggio:
e quindi la domanda, oggettivamente, si pone: ma com'è possibile che se siamo finiti, se il disastro dei dazi ci travolgerà, il Fmi innalzi le stime di crescita? Dov'è l'errore, se c'è?
Per mettere un po' di ordine nel caos volevo darvi qualche ordine di grandezza utile a valutare l'impatto di questa contromisura. Come punto di partenza prendo il mio modello dell'economia italiana, quello pubblicato nel 2017 con Brigitte Granville e Christian Mongeau-Ospina su Economic Modelling (la versione working paper, accessibile a tutti, è qui). Questo modello ci è utile intanto perché è pubblicato con peer-review (non mi risulta che i pronostici di altri centri di ricerca più o meno prestigiosi siano tutti passati da quel vaglio) e poi perché il suo blocco del commercio estero rappresenta il commercio estero dell'Italia disaggregandolo per i principali blocchi dell'economia mondiale, e quindi prevede una funzione delle esportazioni specifica per gli Stati Uniti, questa:

dove vi ho evidenziato il parametro che ci serve, l'elasticità delle esportazioni al tasso di cambio reale, che è sostanzialmente pari a -1. Una elasticità di -1 significa che un aumento del 15% del tasso di cambio reale verso gli Stati Uniti, come quello astrattamente causato da un aumento dei dazi del 15%, dovrebbe determinare una variazione del -1x15% (cioè una diminuzione del 15%) del volume delle esportazioni verso gli Stati Uniti.
Ora, secondo le statistiche di bilancia dei pagamenti le esportazioni italiane nel 2024 erano così configurate:
720 miliardi di euro, di cui 341 al di fuori dell'UE, di cui 74 verso gli Stati Uniti. Il 15% di 74 è 11.1, quindi i dazi al 15% causerebbero una diminuzione delle esportazioni italiane di 11 miliardi, che sono il 15% delle esportazioni verso gli Usa, e siccome le esportazioni verso gli Usa sono il 10% di quelle totali, la diminuzione delle esportazioni totali sarebbe pari all'1.5%, e siccome le esportazioni sono un terzo del Pil:
l'impatto sarebbe
ceteris paribus pari a circa lo 0.5% del Pil, che non è poco.
Undici miliardi, per capirci, è una roba tipo la stangata che Monti ci diede nel 2011 con l'IMU:
Vi dico subito che queste valutazioni (di cui mi fido per ovvi motivi) sono all'interno del
range delle valutazioni effettuate dagli altri (in appendice vi metto un riassunto fatto dall'amico intelligente), i cui valori vanno dai 7.5 miliardi di Unimpresa ai 22 miliardi di Confindustria.
Va però aggiunto che si tratta di valutazioni di lungo periodo, di equilibrio parziale, e che non considerano il livello attuale dei dazi.
Partendo dalla fine, i dazi prima dell'arrivo di Trump non erano a zero. Una valutazione macroeconomica non è facile da fare, perché l'imposizione dei dazi è molto granulare, colpisce le singole merci, con percentuali differenziate, ma insomma quelli bravi ci dicono che prima di Trump la media si avvicinava di molto al 5%:
L'incremento non sarebbe quindi di 15 (da zero a 15) ma di 10 (da 5 a 15), e conseguentemente l'impatto totale sarebbe ridotto di un terzo: il 10% di 74 è 7,4 che corrisponde appunto al 10% delle esportazioni verso gli Usa, cioè all'1% delle esportazioni totali, cioè allo 0,3% del Pil.
Circa il tema breve-lungo periodo, nel nostro modello in effetti le due elasticità sono sostanzialmente identiche, a testimoniare che gli aggiustamenti di prezzo sostanzialmente hanno luogo all'interno dell'anno (i dati hanno cadenza annuale). L'elasticità di breve periodo infatti è:
-0.92, sostanzialmente pari a uno (volendo fare i precisetti, dovremmo dire che la variazione delle esportazioni è data dal 0.102 x (-0.929) = - 9.4758%, pari a 7 miliardi di calo delle esportazioni nel breve periodo, ma insomma siamo lì, anche se più vicini al limite inferiore del
range calcolato da Unimpresa).
Il vero tema però è un altro, cioè il fatto che queste sono valutazioni di equilibrio parziale, cioè non tengono conto di una serie di altri effetti indotti, fra cui:
1) l'effetto reddito negli Stati Uniti (se Trump riesce a spingere l'economia Usa, è vero che il vino costerà di più, ma è anche vero che gli statunitensi, soprattutto quelli in grado di apprezzare il vino italiano, avranno più soldi in tasca);
2) l'effetto reddito negli altri paesi (se #idazzidiTrump scatenassero una recessione mondiale, cosa che il Fmi smentisce:
allora avremmo un calo generalizzato delle esportazioni, cioè avremmo un problema non solo col 10% che va verso gli Usa, ma anche col 90% che va altrove);
3) l'effetto sostituzione (c'è chi è stato "dazziato" più di noi, ad esempio, e sicuramente le misure di Trump un po' di trade diversion la causano: non è detto che non ci facciano guadagnare qualche cliente).
Naturalmente il discorso non si esaurisce qui e va fatto filiera per filiera, prodotto per prodotto, mercato per mercato. Questi però sono gli ordini di grandezza macroeconomici, e in appendice, come vi ho detto, trovate una rassegna fatta dall'amico intelligente, nella quale credo che dopo questo esame sarete in grado di orientarvi meglio.
Buona lettura (ora ho una riunione organizzativa del #goofy14, dove ovviamente si parlerà anche di questo...)!
Appendice: l'amico intelligente
L’imposizione di dazi al 15% sulle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, come previsto dall’accordo USA-UE annunciato il 27 luglio 2025, avrà un impatto significativo sull’export italiano, con stime che variano in base a fonti e metodologie. Di seguito, sintetizzo le informazioni disponibili da studi recenti, riportando i dati in miliardi di euro e, dove possibile, in percentuale, con riferimento alle fonti consultate.
### Stime del Calo delle Esportazioni
1. *Confindustria e Centro Studi Confindustria*:
- *Stima del calo: Secondo il Centro Studi Confindustria, i dazi al 15% potrebbero causare una contrazione delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti di circa **22,6 miliardi di euro, pari a circa un terzo (circa **33%) delle vendite totali verso gli USA, che nel 2024 ammontavano a circa **65-66 miliardi di euro. Tuttavia, parte di questa perdita (circa **10 miliardi di euro*) potrebbe essere compensata da un aumento delle esportazioni verso altri mercati.[](https://www.panorama.it/attualita/economia/dazi-usa-ue-cosa-cambia-per-litalia-dopo-laccordo-trump-von-der-leyen)
- In uno scenario con dazi più alti (30%), Confindustria aveva stimato una riduzione di *38 miliardi di euro* (58% delle vendite negli USA), ma con i dazi al 15% l’impatto è più contenuto.[](https://www.startmag.it/economia/confindustria-impatto-dazi-trump-italia/)[](https://www.confindustria.it/pubblicazioni/da-dazi-e-dollaro-svalutato-piu-incertezza-e-meno-fiducia-frenano-export-consumi-e-investimenti/)
- *Impatto sul PIL: L’effetto netto sul PIL italiano è stimato in una riduzione di circa **0,5-0,8%* entro il 2027, mitigato dalla capacità di reindirizzare l’export verso altri mercati.[](https://www.startmag.it/economia/confindustria-impatto-dazi-trump-italia/)[](https://www.confindustria.it/pubblicazioni/da-dazi-e-dollaro-svalutato-piu-incertezza-e-meno-fiducia-frenano-export-consumi-e-investimenti/)
2. *Unimpresa*:
- *Stima del calo: Un’analisi del Centro Studi di Unimpresa prevede un impatto più contenuto, con una perdita di esportazioni compresa tra **6,7 e 7,5 miliardi di euro, significativamente inferiore alle stime iniziali di **10,5 miliardi di euro*. Questo grazie a esenzioni parziali o totali per settori strategici come le tecnologie avanzate.[](https://benessereconomico.it/esportazioni-italiane-e-nuovi-dazi-usa-ue-impatto-ridotto-ma-ancora-pesante-per-le-imprese/)
- *Percentuale: Considerando che le esportazioni italiane verso gli USA nel 2024 sono state di **66-70 miliardi di euro, il calo stimato da Unimpresa rappresenta circa il **10-11%* dell’export totale verso gli Stati Uniti.
3. *Confimi Industria*:
- *Stima del calo: Secondo il presidente di Confimi Industria, Paolo Agnelli, i dazi al 15% potrebbero portare a una perdita di fatturato di circa **12 miliardi di euro, equivalente a una riduzione del **20%* delle esportazioni italiane verso gli USA.
- Questa stima tiene conto anche del differenziale del cambio euro-dollaro (circa 15%), che aggrava l’impatto economico.
4. *Centromarca*:
- Per i beni di largo consumo, il calo delle esportazioni è stimato in *767 milioni di euro, corrispondente a una riduzione del **7,7%* a valore.
5. *ISPI*:
- Secondo l’ISPI, un dazio del 15% potrebbe causare una contrazione delle esportazioni europee verso gli USA del *25-30%. Per l’Italia, considerando un’esposizione di circa **64-66 miliardi di dollari* (circa *55-57 miliardi di euro* al cambio attuale), ciò potrebbe tradursi in una perdita di *14-17 miliardi di euro. Tuttavia, l’impatto sul PIL italiano sarebbe limitato a circa **0,2%*.[](https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/dazi-di-trump-al-15-limpatto-su-europa-e-italia-214963)
6. *Altri studi*:
- Un’analisi riportata da lavoce.info stima un impatto di breve periodo più contenuto, con una contrazione delle esportazioni di circa *6 miliardi di euro* nei principali settori, grazie alla bassa elasticità di sostituzione dei prodotti italiani di alta qualità nel breve termine.[](https://lavoce.info/archives/107491/lexport-italiano-di-fronte-ai-dazi/)
- Per il settore agroalimentare, che vale circa *8 miliardi di euro* di export verso gli USA, si stimano perdite di circa *500 milioni di euro per il vino, **240 milioni per l’olio d’oliva, **170 milioni per la pasta* e *120 milioni per i formaggi*.[](https://www.avvenire.it/economia/pagine/tutto-sui-dazi-ecco-cosa-rischia-l-economia-globale)
### Fattori che Influenzano l’Impatto
- *Esenzioni e settori colpiti*: Alcuni settori beneficiano di esenzioni parziali o totali, come i farmaci generici e alcune tecnologie avanzate, riducendo l’impatto complessivo. Tuttavia, settori come agroalimentare (vino, olio, salumi, formaggi), farmaceutico (non generici), meccanica, e moda sono particolarmente vulnerabili.[](https://www.corriere.it/economia/finanza/25_luglio_28/cosa-cambia-made-italy-dazi-esportazioni-usa-4c15e916-98c2-4f5d-8fb6-b85545991xlk.shtml)[](https://benessereconomico.it/esportazioni-italiane-e-nuovi-dazi-usa-ue-impatto-ridotto-ma-ancora-pesante-per-le-imprese/)
- *Cambio euro-dollaro: La svalutazione del dollaro (circa -13% rispetto all’euro dall’insediamento di Trump) aggiunge un “dazio implicito” che porta l’onere complessivo per gli esportatori italiani a circa il **21%*, riducendo ulteriormente la competitività.[](https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/dazi-di-trump-al-15-limpatto-su-europa-e-italia-214963)[](https://www.confindustria.it/pubblicazioni/da-dazi-e-dollaro-svalutato-piu-incertezza-e-meno-fiducia-frenano-export-consumi-e-investimenti/)
- *Capacità di assorbimento*: Le imprese italiane di grandi dimensioni, che rappresentano oltre il 50% dell’export verso gli USA, sono più resilienti grazie a margini più alti e diversificazione geografica. Le PMI, invece, sono più esposte.[](https://www.unimpresa.it/dazi-terzo-aziende-italiane-esporta-usa/66365)
- *Compensazione su altri mercati: La capacità di reindirizzare l’export verso mercati in crescita come Emirati Arabi, Arabia Saudita, Turchia, Brasile, India e Messico potrebbe mitigare le perdite. Secondo ICE, questi mercati valgono già **25 miliardi di dollari* di export italiano.[](https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/11090627/nuovi-dazi-usa-impatti-sul-commercio-internazionale)
### Sintesi
- *Range di calo atteso*:
- *Valore assoluto: Le stime variano da **6 miliardi di euro* (lavoce.info, breve periodo) a *22,6 miliardi di euro* (Confindustria). Una stima media ragionevole si attesta tra *7,5 e 12 miliardi di euro*, con possibilità di compensazione parziale (circa 10 miliardi) su altri mercati.
- *Percentuale: Il calo delle esportazioni verso gli USA è stimato tra il **7,7%* (beni di largo consumo) e il *33%* (Confindustria), con una media probabile intorno al *10-20%*.
- *Impatto settoriale*: I settori più colpiti saranno agroalimentare (soprattutto vino, olio, pasta, formaggi), farmaceutico (non generici), meccanica, e moda. L’automotive beneficia di una riduzione dei dazi dal 25% al 15%.[](https://www.corriere.it/economia/finanza/25_luglio_28/cosa-cambia-made-italy-dazi-esportazioni-usa-4c15e916-98c2-4f5d-8fb6-b85545991xlk.shtml)[](https://www.panorama.it/attualita/economia/dazi-usa-ue-cosa-cambia-per-litalia-dopo-laccordo-trump-von-der-leyen)
- *Studi di riferimento*: Le analisi più dettagliate provengono da Confindustria, Unimpresa, ISPI, e lavoce.info, con stime basate su dati Eurostat, World Bank-WITS, e modelli macroeconomici.[](https://www.startmag.it/economia/confindustria-impatto-dazi-trump-italia/)[](https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/dazi-di-trump-al-15-limpatto-su-europa-e-italia-214963)[](https://benessereconomico.it/esportazioni-italiane-e-nuovi-dazi-usa-ue-impatto-ridotto-ma-ancora-pesante-per-le-imprese/)
### Conclusione
Il calo delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti a causa dei dazi al 15% è stimato tra *7,5 e 12 miliardi di euro* (circa *10-20%* delle esportazioni totali verso gli USA), con perdite maggiori nei settori agroalimentare, farmaceutico, e meccanica. Tuttavia, esenzioni per settori strategici e la possibilità di reindirizzare l’export verso altri mercati possono mitigare l’impatto. L’effetto sul PIL italiano è previsto tra *0,2% e 0,8%* nel medio-lungo periodo. Per dettagli su specifici settori o prodotti, posso approfondire ulteriormente se richiesto.
Post monumentale su pseudo centri studi che nulla sanno di politica economica...
RispondiEliminaVeramente l’intento non era polemico, lo garantisco. In effetti le valutazioni che si ottengono con un modello peer-reviewed non sono molto distanti da quelle di modelli meno accademici. La cosa che colpisce dal punto di vista tecnico è che Confindustria sembra ipotizzare una elasticità delle esportazioni Usa al prezzo vicina a 2, oggettivamente un po’ eccessiva. Naturalmente capiamo l’interesse di Confindustria a tracciare un quadro a tinte particolarmente fosche, ma credo che i numeri che propone non siano assolutamente nelle cose. Purtroppo non tutti i colleghi hanno gli strumenti per vagliarli criticamente.c’è poi questa idea vagamente ottocentesca secondo cui l’imprenditore controlla il voto dei suoi operai, un po’ come il parroco nei villaggi di campagna di Balzac controllava il voto delle sue pecorelle (più esattamente, delle poche che avevano diritto al voto). Io la penso in un modo un po’ diverso, ma non voglio ampliare troppo il discorso.
EliminaEgregio Onorevole,
RispondiEliminala ringrazio per l'interessante post tecnico.
Mi permetto di aggiungere alcune valutazioni quantitative di massima, che poco si discostano da quanto lei ha già riportato.
Farò riferimento al seguente grafico su FRED:
https://fred.stlouisfed.org/graph/?g=1KX1s
La curva blu è il rapporto tra le importazioni USA di beni dall'Italia ed i consumi privati USA. Questi ultimi sono circa il 70% del PIL USA.
La curva verde è il cambio USD-EUR.
Si può notare una certa correlazione tra le due curve. Ovvero, quando il Dollaro si apprezza sull'Euro (curva verde che sale), crescono le importazioni dall'Italia, in rapporto ai consumi USA (curva blu che sale).
Dal 1985 al 2010, l'elasticità di M/C, in funzione del cambio USD-EUR, è stata circa 0.65.
Dal 2010 al 2024, l'elasticità è aumentata a circa 0.85.
Ciò significa che, nel recente passato, un apprezzamento dell'Euro sul Dollaro avrebbe significato una riduzione delle importazioni dall'Italia, a parità di consumi USA, con un rapporto prossimo a 0.85.
La mia analisi è piuttosto "primitiva" rispetto alla sua, ma l'ordine di grandezza dell'elasticità è simile. Va sottolineato che, per semplicità (pigrizia), ho considerato il cambio nominale e non quello reale, come lei ha fatto (e si dovrebbe fare).
Voglio anche sottolineare il fatto che gran parte delle esportazioni di beni negli USA sono legate al settore manifatturiero. Di conseguenza l'impatto su di esso potrebbe non essere trascurabile.
Tuttavia, secondo la Banca d'Italia
(vedasi https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-economico/2025-2/boleco-2-2025.pdf):
"Per le imprese manifatturiere italiane che esportano negli Stati Uniti l’incidenza delle vendite su questo mercato è in media pari al 5,5 per cento del fatturato totale, mentre il margine operativo lordo è in media pari al 10 per cento del fatturato. Anche considerando l’intera distribuzione dei margini di tali imprese, si osserva che essi sono relativamente elevati: per tre quarti delle aziende sono superiori al 5 per cento. Secondo nostre simulazioni, la flessione delle vendite sul mercato statunitense che deriverebbe da un rialzo dei prezzi coerente con i dazi, comporterebbe in media un calo del fatturato totale di circa un punto percentuale. Il margine operativo lordo, valutato in rapporto ai ricavi, si ridurrebbe al massimo di mezzo punto percentuale per tre quarti delle imprese. Il numero di aziende che passerebbe da margini positivi a negativi è esiguo e la quota di esportatori con perdite elevate aumenterebbe di 4 punti percentuali. Il deterioramento riguarderebbe prevalentemente quelli di piccola dimensione."
Un saluto,
Fabio
Da quanto leggo, l'amico intelligente riporta studi che, per l'Italia, ipotizzano una contrazione dell'export nei settori agroalimentare, farmaceutico e meccanica, mentre l'automotive "europeo" avrebbe addirittura agevolazioni.
RispondiEliminaQualcosa non mi torna, se è vero che è proprio il settore auto "europeo" a dover essere il principale obiettivo.
Sbaglio?
No. E io infatti starei attento a dire che la von der Leyen ha negoziato “male”! Il 26 marzo Trump aveva imposto un dazio addizionale del 25% sulle automobili, che sommato al 2,5% in vigore verso l’UE portava il dazio sulle auto tedesche al 27,5% (la storia è qui: https://www.whitecase.com/insight-alert/president-trump-orders-25-global-tariff-automotive-imports e Grok non la sa)! Aver portato questo dazio al 15% è un discreto successo per i tedeschi, che quindi i fatti loro se li sono fatti e come! Quindi all’affermazione “la von der Leyen ha negoziato male” la risposta deve essere “male per chi?”.
EliminaHo provato a verificare la correlazione lineare tra variazione delle esportazioni italiane verso USA e il tasso di cambio e viene un R^2 di 0,65 dal 2008 al 2024. Nel calcolo ho eliminato gli anni 2009 e 2020 in quanto fuori scala. Quindi, se ho fatto bene l'esercizio, la variazione del cambio spiega circa due terzi della variazione delle esportazioni. Con i dazi al 30% a me viene una stima di perdita tra i 4 e i 9 miliardi nel 2025 (in media 7). Tra lo 0,2 e lo 0,4 del PIL). Questo nell'ipotesi pessimistica/irrealistica che tutto il prezzo dei dazi venga trasferito al cliente.
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