sabato 1 febbraio 2014

Non piangere per noi, Italia!

(...avevamo chiuso bene col prodone, e apriamo meglio con l'Argentina. Premessa: dopo il QED 28 ho ricevuto una meritata e articolata lettera di critica da Roberto Lampa. Invece del solito: "servo del capitalismo, chi ti paga?, voltagabbana liberista" ecc. - vedi alla voce "marxisti dell'Illinois", amanti tradite della Ciociaria e isterismi consimili, che poi ti portano ad ascoltare costernato sconclusionate supercazzole marxiane di chi fino a ieri ha diffuso informazioni lievemente distorte sulla posta in gioco, chiedendoti: "ma perché?" [caro MP, per essere meno deluso ti bastava far meno lo stronzo] - invece di esibire il logoro campionario di questo folclore polveroso, provinciale e perdente, la lettera era non solo ben argomentata, ma anche molto spiritosa, il che non guasta.

A uno al quale l'economia interessa quanto interessa a me, cioè:


l'isterismo dei marxisti dell'Illinois può anche strappare un sorriso, ma il confronto con ipocriti buonisti "de sinistra" politicamente corretti, quelli che non riescono mai a dire in pubblico quanto dicono in privato, è, vi assicuro, una sofferenza inutile. Non era il caso della lettera di Roberto, e valga a dimostrarlo la chiusa:

Un saluto cordiale (e un altrettanto cordiale vattelà a pijà 'nder culo per ciò che mi hai scritto fin qui, tanto per bilanciare il saldo commerciale tra insulti importati ed esportati, sennò mi tocca svalutare anche a me) 

 Al che mi sono detto: "Finalmente qualcuno col quale si può parlare", e ci ho parlato. La sintesi è che gli uomini son più o meno quelli dappertutto - nel caso dell'Argentina, poi, un motivo c'è, visto che il 70% degli abitanti, se non ricordo male, viene da qui direttamente o indirettamente - ma le economie capita che abbiano percorsi storici e quindi strutture diverse. In fondo era anche quello che cercavo di dire io. Corollario: chi non ha ambizioni politiche (vedi sopra) può dire le cose come stanno, e siccome alla fine i numeri sono numeri, anche se nel caso dell'Argentina molto incerti, è chiaro che chi non è "sotto padrone" (o "sotto sindacato" - rivedi sopra) fa abbastanza presto a stabilire un contronto costruttivo. Va anche aggiunto che la conclusione alla quale è giunta la scienza economica è questa, ed è una conclusione di puro buon senso, per cui i nostrani "scaltri difensori del cambio fisso" sono, come dire, sospettabili di un approccio quanto meno ideologico. Qui ci sono argomenti, qui ci sono numeri. Può sembrare strano che qualcuno parli di Argentina in un modo non "sentimental-populista", alla Marione, per capirci, ma se non è la prima volta che passate da qui vi ci sarete abituati...).




Da Roberto Lampa e Alejandro Fiorito ricevo e volentieri pubblico nella certezza di aiutare il progresso delle nostre conoscenze:




L’intervento “palla o piede” sulla situazione argentina di Alberto dello scorso 25 gennaio, oltre che onorare e rinverdire i fasti della tradizione dello stopper italiano – quello che, da Scirea a Bergomi fino a Tassotti e Giacomo Ferri, andava dritto alle gambe dei fantasisti latinoamericani di turno, senza tanti complimenti o melliflui ghirigori – ha il grande merito di rompere il velo d’ipocrisia che da mesi avvolge il dibattito sul nostro paese, del quale si parla molto e a sproposito, perché in realtà ogni riferimento è puramente strumentale a giustificare o demonizzare le decisioni di politica economica che investono l’Eurozona e l’Italia.  

In questo modo, i pasdaran del rigore europeista dicono in soldoni “se abbandonerete l’unione monetaria, farete la fine dell’Argentina del 2001!” mentre sul fronte opposto si controbatte “se non usciremo dall’Euro, non potremo mai riprenderci come invece ha fatto l’Argentina, svalutando la sua moneta nel 2003”.

Pur non essendo equidistanti da queste posizioni (ed anzi, ritenendo la prima un non senso, dato che vari paesi periferici hanno già fatto la fine dell’Argentina del 2001) confessiamo, in tutta sincerità, di non aver mai voluto essere parte di questa dialettica tutta primo-mondista. Quello che a noi interessava nel famoso articolo apparso su “Il Manifesto” (ops…si può dire su goofynomics? [NdC: sarebbe meglio di no...]) era in soldoni smentire la ridda di voci catastrofiste che circolavano sull’Argentina (un titolone del Fatto parlava addirittura di default imminente!) e, in secondo luogo, criticare la teoria Neo-Strutturalista degli argentini Frenkel e Rapetti (ripresa da Alberto), che in quei giorni (Rapetti sembra essersi smarcato, nel frattempo) chiedevano a gran voce un cambio drastico della politica economica argentina attraverso una forte svalutazione del peso, l’aumento dei tassi d’interesse, la riduzione della spesa pubblica ed il raffreddamento della domanda domestica per abbassare l’inflazione, aumentare la competitività e continuare così a crescere attraverso le esportazioni.
Riteniamo che i recenti sviluppi della congiuntura economica argentina più che smentire confermino il nostro punto di vista, che, vogliamo ricordarlo, si basava su un’altra diagnosi, denunciava altri rischi e suggeriva un’altra direzione per superarli. È tuttavia indispensabile una premessa per il lettore del primo mondo: capire la particolarità delle economie latinoamericane significa scordarsi per un po’ i dibattiti convenzionali tra grandi economisti ed aver letto almeno un pochino i classici della scuola strutturalista: Raul Prebisch, Celso Furtado e la teoria non-monetaria dell’inflazione di Julio Olivera. Ciò che accomuna questi pensatori è, in estrema sintesi, che ciò che vale nelle economia sviluppate non può essere traslato sic et simpliciter al Latinoamerica dove certi luoghi comuni (o perfino certe evidenze empiriche) vengono puntualmente smentiti.

Che cos’è accaduto dunque, in Argentina?

A partire dal 2003, lo sganciamento dal dollaro e l’andamento favorevole dei prezzi delle materie prime alimentari hanno reso possibile un cambio drastico della politica economica, in precedenza dettata dal FMI: espansione fiscale invece dell’austerità; espansione monetaria invece degli alti tassi d’interesse; fine dell’indipendenza della banca centrale; integrazione regionale e un maggior grado di protezionismo verso il resto del mondo invece del libero mercato imposto con la forza militare a partire dalla fine dei Settanta. Ciò si è tradotto in altissimi tassi di crescita e drastica riduzione della disoccupazione, oggi al 6,8%.
In maniera non dissimile dal passato, questa strategia di crescita impone però il massimo di attenzione per quanto riguarda le riserve internazionali in dollari, sennò si rischia di cadere dalle stelle alle stalle, in base al paradosso del ciclo stop and go:  la forte crescita del Pil innesca un’impennata delle importazioni (maggiore della crescita delle esportazioni) che genera un crescente disequilibrio di conto corrente della bilancia dei pagamenti. Per arrestare questo fenomeno si ricorre a una drastica svalutazione, che, dato il contesto di crescita, fa schizzare l’inflazione fuori controllo, peggiora la distribuzione, raffredda l’economia e annulla gli effetti della crescita economica precedente, condannando il paese a un perenne sottosviluppo

Tra il 2003 ed il 2011, le importazioni sono cresciute in media del 16,6% annuale mentre le esportazioni soltanto del 6,3% annuale. Ciò ha determinato un deficit nelle partite correnti, tuttavia la forte crescita ha permesso di contenerlo a livelli inferiori al resto della regione



Tuttavia, tra l’agosto e il dicembre 2011 un fortissimo attacco speculativo colpisce duramente le riserve. In vista delle imminenti elezioni presidenziali, i media oppositori iniziano una campagna martellante in base alla quale la presidentessa starebbe pensando ad una mega svalutazione post-elettorale del peso. Nel pieno rispetto della legge, avviene così un’enorme “corrida cambiaria”, che determina una fuga all’estero di quasi 11mila milioni di dollari.

Come conseguenza, il governo introduce rigidi controlli ai capitali e al mercato della valuta straniera, di fatto ristretto alle sole imprese e non più ai cittadini.

Come contro-conseguenza, nasce quindi un mercato nero del dollaro, con quotazioni molto superiori di quella ufficiale.

Entrambi questi elementi permettono la nascita di una enorme macchina della speculazione finanziaria e fondiaria (gestita da imprese multinazionali, banche estere come HSBC e grandi proprietari terrieri) che nel 2013 ha portato a un crollo delle riserve in dollari, passate da 42.000 milioni a 30.000 milioni. Che cosa è successo?    

Le banche estere con filiale negli Stati Uniti, garantivano l’afflusso di dollari al mercato nero attraverso un meccanismo simile al pronti contro termine: il cliente comprava in pesos un titolo della Borsa di Buenos Aires ma quotato anche a Wall Street; quindi apriva un conto corrente all’estero e lo rivendeva a New York ricavando dollari, da rivendere in Argentina al mercato nero o da depositare all’estero.

Dal lato delle importazioni, le tante multinazionali che operano nel paese (automobilistiche, farmaceutiche etc.) sono costantemente ricorse alla sovrafatturazione delle componenti inviate dalla casa madre per approvvigionarsi di dollari extra da rivendere al mercato nero o trafugare all’estero. In più, la quasi totalità delle imprese hanno anticipato le quantità da importare per avere subito in mano dollari, che avrebbero più avanti rivenduto al mercato nero, confidando nel continuo apprezzamento del dollaro illegale.

Dal lato delle esportazioni, infine, le grandi esportatrici della soja e del settore primario hanno letteralmente smesso di esportare nel 2013, confidando nella forte meccanizzazione che permette di conservare il raccolto per anni, sotto vuoto in enormi silos. Visto infatti l’andamento del mercato nero del dollaro il loro interesse era aspettare il punto più alto della svalutazione per vendere il raccolto e approvvigionarsi di dollari, da rivendere al mercato nero o nascondere all’estero.

Ma perché le imprese hanno potuto anticipare l’import e il settore primario ritardare l’export senza fallire o soffrire perdite? Perché per eccesso di “zelo keynesiano” il governo ha mantenuto tassi d’interesse reali negativi che hanno permesso ad entrambe di finanziarsi prendendo prestiti vantaggiosi, in attesa della speculazione.

Del resto, cosa ancor più grave, anche in termini nominali è esistito un differenziale tra tasso d’interesse domestico e resto del mondo.

Attenti, non vogliamo qui affermare che sia giusto il rigore della politica monetaria o che gli economisti keynesiani abbiano torto a priori, ma solo che l’esistenza di un differenziale nominale negativo col resto della regione (e talvolta lo stesso primo mondo) ha determinato che questi stessi capitali, frutto della speculazione, prendessero, in ultima istanza, la via della fuga all’estero (FAE).

Questo differenziale di rendimento (linea rossa nel grafico) si può agevolmente costruire sottraendo dal tasso di interesse base nazionale (i) la sommatoria di tasso d’interesse base internazionale (i*),  spread sui titoli (ρ) e tasso di svalutazione attesa nel mercato spot (Sе):




Insomma, la forte differenza di rendimento nominale tra pesos e dollari ha determinato l’inefficacia dei controlli di capitale.

Di fronte a questo scenario complicato, il governo ha giocato lo spariglio: ha svalutato il peso sul dollaro  fino a quota 8 ed ha liberalizzato l’accesso all’acquisto di dollari (ovviamente esiste un tetto massimo in base al reddito dichiarato). Allo stesso tempo, ha aumentato il tasso di interesse di riferimento per il settore agricolo (il cosiddetto tasso Badlar, attualmente al 21%).

La strategia del governo mira a tenere il cambio inchiodato ad 8 per far fallire il mercato nero ed obbligare gli esportatori a esportare. Allo stesso tempo, esiste anche la convinzione che le importazioni saranno ora più care e che, di fronte a un cambio stabile, non verranno più anticipate. Ovviamente, mantenere questo cambio implicherà il sacrificio di ulteriori riserve, stimato tra i 5mila e i 10mila milioni di dollari, una cifra senza dubbio importante. Al riguardo, si vocifera però che la banca centrale brasiliana si stia preparando a venire in soccorso, dati l’abbondanza di riserve (oltre 320.000 milioni di dollari) e il fatto che il crollo argentino avrebbe l’effetto di una tsunami sulla regione.

Se questi sono i fatti, a noi interessa rimarcare una serie di implicazioni.

In primo luogo, che questi interventi non implicano necessariamente l’abbandono del modello di crescita che l’Argentina ha sin qui adottato se, per esempio, verranno implementate misure compensatorie per i redditi più bassi colpiti dalla svalutazione e se venisse segmentato il tasso d’interesse, in modo da contenerne gli effetti recessivi su consumo e impiego, mantenendolo basso per le famiglie e gli investimenti produttivi. Del resto, il permanere a zero dei tassi d’interesse nei paesi sviluppati permetterebbe anche ad un aumento moderato del tasso argentino di essere efficace, specie se accompagnato da una riduzione dello spread.

La presentazione, questa settimana, dei piani di intervento PROGRESAR (sussidio per i giovani neet che si riscrivano alla scuola o all’università, per un totale equivalente a 1.375 milioni di dollari) e FONDEAR (credito agevolato per le imprese che operino in settori ad alto valore aggregato, per un totale di 1.250 milioni dollari) sembrerebbero rafforzare questa ipotesi.

In secondo luogo, che la situazione attuale non smentisce nessuna delle nostre critiche alla diagnosi di Frenkel e Rapetti.

Intanto, perché la svalutazione appena compiuta non aveva affatto come obiettivo né l’aumento dell’export né stimolare la crescita economica (per la cronaca, il PIL quest’anno chiuderà al +5,1% e la disoccupazione è al minimo storico del 6,8%). Il suo obiettivo era infatti interrompere la fuga di capitali e spezzare le reni alla speculazione fondiaria e finanziaria per salvare questo modello di crescita. A che serve dunque sacrificare oltre misura il salario reale se come mostrano differenti contributi (Fiorito, Guaita & Guaita; Berretoni & Castresana; Vernengo) le esportazioni e le importazioni argentine sono inelastiche rispetto al tasso di cambio?
Del resto, a nostro avviso la stessa inflazione non dipende da eccesso di domanda ed emissione (come argomentano a più riprese Frenkel e Rapetti) ma, piuttosto, dall’effetto trascinamento del forte prezzo dei prodotti primari esportati sui prezzi interni (anche a noi piace mangiare la carne argentina e mangiamo pane e farinacei!), dal conflitto distributivo (a partire dal 2009, anno in cui il salario reale recupera il potere d’acquisto perso nel 2003) e dal ritmo della stessa svalutazione (che a dispetto dei luoghi comuni è stata del 61% rispetto allo scorso gennaio 2013) Del resto, anche l’utilizzo della capacità produttiva installata oggigiorno è ben al di sotto delle possibilità dell’economia argentina, che pertanto non si trova in una condizione artificiosamente surriscaldata. Nemmeno può dirsi che il tasso di cambio reale fosse in ritardo rispetto al resto della regione determinando un problema di competitività, ad esempio data l’enorme apprezzamento nominale del real.

Tasso di cambio reale bilaterale con USA (100=2000)
Fonte: Frenkel & Rapetti, (2011), p.16

Infine, neanche il deficit fiscale rappresentava un problema tipicamente argentino, che anzi poteva contare su un saldo primario  di parte corrente  in linea con la media del resto della regione:



Insomma, il 2014 sarà pure un anno complicato per l’Argentina ma non ci sentiamo di fissare già la data del funerale di questo paese. Non piangete per noi dunque, amici italiani.

P.S. Roberto Lampa è un italiano cui ai 33 anni “pe’ potè campa’ j’ha tuccate emmigrà” (parafrasando un capolavoro del trash anni 80). Alejandro Fiorito è invece figlio di padre italiano ed esperto nella coniazione di neologismi italo-argentini. Li pagano, rispettivamente, l’Università di Buenos Aires e quella Nazionale di Lujan. Entrambi, guardano con dolore alla situazione italiana e auspicano che la vicenda Argentina possa stimolare risolutezza e decisioni drastiche per uscire dalla crisi che sta stritolando il paese.
 



(...e ora vado a fare le valigie, altrimenti mi toccherà partire per Rouen con uno spazzolino nel taschino, come in un altro immortale capolavoro:



Armand: All right, I'll bite, where are you going?
Albert: To Los Copa.
Armand: Los Copa? There's nothing in Los Copa but a cemetery.
Albert: I know, that's why I'm packing light.

Armand: Oh I see, so you're going to a cemetery with your toothbrush. How Egyptian.

"How Egyptian!" Per me è la battuta più bella della storia del cinema. Certo, va saputa capire... Any other proposals?) 

37 commenti:

  1. Buon viaggio, caro Professore!

    La mia proposta è un po' più "nostrana", ma in tema, trattandosi di viaggio in Francia:

    Rossini - Viaggio a Reims, Finale Secondo Atto.

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  2. Ma...la battuta si capisce benissimo (studiando storia alle medie)...ma c'è una specie di spazzolino degli italiani?

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  3. Non è che capiti ad Evreux? O che ti posso venire a trovare a Rouen?

    Buona vita
    Guglielmo

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  4. Forse riuscirò ad inviare un commento? Beninteso l'handicap era mio! Questa storia dell'Argentina e dell'Italia: i confronti sono utili, anche per confondere le idee! Un mio amico/collega, l'altro giorno, mentre affiggevo in bacheca l'articolo di Fassina sull'Agenda Monti, invitando i sostenitori, molto piddini come dici tu, della sacralità dell'euro, a leggerlo, mi rispondeva: ieri sul Sole 24 ore c'era un bell'articolo sull'Argentina: meno male che noi siamo protetti dall'euro! Credo che gli posterò questo. Saluti, Teresa

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  5. Partendo dalla considerazione che questo è l'unico posto dove si può capire la situazione in Argentina, rileggerò l'articolo. Mi pare, prima di rileggere che pur non condividendo tutto, concordano su molti aspetti Lanza, Fiorito, Frenkel e Rapetti(però magari so io ad essere beato). Finalmente qualcuno si è preso il phastidio di spiegarmi come funziona sto beneamato di mercato nero dei cambi, invece di raccontarmelo e basta.

    PS: dottor Lanza, però gli stopper macellai erano i sudamericani, non gli italiani. famosissimo un Indipendente-Milan di intercontinentale.

    PPS: e^ipigreco+1=0, una formula mistica la chiamava il mio professore di analisi

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  6. cacchio... ma in Italia l'inflazione degli anni 70-80 (a parte la componente energetica) veniva spiegata solo con la "stampa di moneta" (daje a ride')?
    insomma, effettivamente la morte della democrazia è passata pure dalla morte della scuola- università ovvero di quella volontà di trovare le ragioni dei fatti e non piegare unilateralmente i fatti alle proprie ragioni.

    abbiamo imparato nuove cose..

    PS: ma notate come anche da loro il problema sia la corruzione (e infatti parlano di grandi rentiers, banche, multinazionali)?
    ecco, parafrasando 48, anche da loro la corruzione è legalizzata

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  7. Lo scrivo qui, anche se non è l'argomento dell'articolo, vorrei chiederle cosa ne pensa della recente votazione sulla ricapitalizzazione della Banca d'Italia, mi interessa un suo parere. La ringrazio, comunque, in anticipo mi risponda o no.

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  8. Più leggo di queste cose, più amo gli argentini (be', certi argentini), dalle cui parti un mio avo è finito, illo tempore

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  9. ci soni infiniti modi per scrivere zero...il primo che mi viene in mente:

    coshx^2-senhx^2+e^jpi=0

    diciamo che è un po' una metafora: esistono infiniti modi per complicare una discussione il cui risultato è comunque ZERO. Vedi Piazza Pulita, La Gabbia, Ballarò...
    E ora mi leggo il post.

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  10. Immortale capolavoro??? è il copia-incolla de Il Vizietto con il grandissimo Tognazzi!

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  11. ciao e un grazie speciale a tutti voi. ho delle difficolta di comprensione del post quindi porrò alcune domande confidando in voi: anticipare l' import significa pagare ore con peso apprezzato merce che dovrei comprare in futuro con peso deprezzato? (acquisti effettuati i dollari) in più sovrafatturando in maniera che mi rimangano dollari fuori bilancio? sospendere l' export significa che mi pagheranno in dollari? altrimenti non capisco. l' andameto del mercato valutario in nero segue l' andamento del mercato legale anche se i differenziali di tassi sono piu elevati? Il meccanismo secondo il quale mantenere il cambio a 8 (presumo difendendo il valore del peso) farebbe fallire il mercato nero obbligando le imprese ad esportare. infine non mi è chiaro neppure il perchè l' impot oa potrebb costare di piu, il cambio è solo difeso non si è rivalutato il peso. se ho capito bene la tesi fondamentale è alzare i tassi reali per le grandi imprese esportatrici ed importatrici per costringerle ad effettuare le transazioni senza anticipi e ritardi manovra consentita per il bassissimo costo dell' indebitamento fino ad oggi. spero di essermi fatto capire a sufficienza. grazie ciao

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    1. Ciao Erik, cerco di risponderti:
      a) sulle importazioni hai capito correttamente e tutto si basa sul fatto che il mercato nero NON segue il mercato legale, ma registra una costante deprezzazione del peso illegale che ha come obiettivo determinare la svalutazione del peso legale (self fulfilling prophecy: se tutti ci comportiamo come se il peso stia per svalutarsi, arriva un giorno in cui la fuga di capitali obbligherà il governo a svalutare davvero)
      b) sulle esportazioni, avremmo dovuto chiarire la particolarità del meccanismo argentino: gli esportatori devono obbligatoriamente vendere, ad esempio il raccolto, in dollari sul mercato internazionale e depositare entro 90-180 giorni questi dollari in un conto speciale della Banca Centrale, che provvede immediatamente a liquidare loro pesos argentini
      c) il cambio inchiodato a 8 e la relativa libertà d'accesso al dollaro legale farebbero fallire il mercato nero perchè lì il dollaro vale 12: chi comprerebbe più caro se può pagare meno? Del resto, le imprese non anticiperebbero le importazioni perchè le loro aspettative devaluatorie cesserebbero se il cambio viene inchiodato a 8
      d) bisogna aumentare il tasso base d'interesse in maniera 1) di impedire che nel piano domestico il tasso reale sia negativo 2) che verso il resto del mondo il differenziale tasso NOMINALE sia più basso
      Spero di aver chiarito

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  12. Al di là del discorso, che andrebbe approfondito e non è affatto semplice. Dicono:

    "È tuttavia indispensabile una premessa per il lettore del primo mondo: capire la particolarità delle economie latinoamericane significa scordarsi per un po’ i dibattiti convenzionali tra grandi economisti ed aver letto almeno un pochino i classici della scuola strutturalista: Raul Prebisch, Celso Furtado e la teoria non-monetaria dell’inflazione di Julio Olivera. Ciò che accomuna questi pensatori è, in estrema sintesi, che ciò che vale nelle economia sviluppate non può essere traslato sic et simpliciter al Latinoamerica dove certi luoghi comuni (o perfino certe evidenze empiriche) vengono puntualmente smentiti."

    Già. Per chi fosse interessato, questi due sono i principali discorsi da approfondire: teoria della modernizzazione e teoria della dipendenza, si trova anche cercando su wikipedia, per farsi un'idea. Gli autori citati sono quelli della dipendenza, mentre i keynesiani di casa (li intervistano anche!), sono i nuovi modernizzatori con la rafia in testa e tanta tanta spocchia. I keynesiani senza classi sociali e interessi contrapposti, più assurdi dei neoclassici, il cui modello parte da un assunto, due categorie sole: gli stupidi e i non stupidi. Inutile dire che loro, ex post, sono sempre nella seconda categoria.

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  13. Dove si dimostra, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che le decisioni economiche (anche quelle riguardanti le "mere" speculazioni e il mercato nero) sono, in primis, politiche.
    Ps.: Celso Furtado (e il suo Cepal), un (altro) grande

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  14. Quindi le ultime manovre del governo argentino sono semplicemente la dovuta risposta a un aggressione di natura speculativa, il che mette gli stati difronte ad una realtà da cui bisogna imparare a difendersi: la moneta, come strumento di investimento speculativo, manovrata in un certo modo diventa sempre più un arma di attacco alla sovranità e al benessere delle nazioni.

    Per il resto il quadro che ci viene fornito da Roberto Lampa mostra un governo argentino pronto e competente, e la chiave interpretativa che ci viene fornita, riguardo ai meccanismi adottati per l'uscita dalla crisi, apre un orizzonte di riflessioni per noi molto utili:
    "i dati sembrano indicare che la chiave dell'espansione economica argentina risiede nel forte keynesismo che ha ispirato l'azione dei suoi governi, accompagnato da un certo grado di protezionismo e allo sforzo crescente per creare uno spazio di manovra sufficiente per la politica economica, iniziato con il cruciale processo di dis-indebitamento e sganciamento dai prestiti del Fmi, che imponevano draconiane politiche di austerità. In un simile contesto, la svalutazione avrebbe effetti senz'altro regressivi ed opposti a quelli auspicati dalle autorità economiche". 

    Inoltre scrive Roberto: "ciò che a nostro avviso merita di essere evidenziato è che mentre l'Unione europea annaspa ostaggio del pensiero economico ortodosso e delle ricette neo-liberali propugnate dalle istituzioni internazionali, proprio il Keynes meno addomesticato e l'eterodossia economica strutturalista hanno invece trovato ospitalità nei palazzi di governo dell'economia argentina. Basti ricordare, a mo' di esempio, il recente obbligo per le banche e le assicurazioni di destinare il 5% dei depositi ad investimenti produttivi in settori strategici stabiliti dal Sottosegretariato alla Pianificazione (!): ciò che in Italia farebbe gridare al regime bolscevico, sembra ancora in grado di garantire all'Argentina una crescita economica di tutto rispetto, nonostante la pessima congiuntura internazionale ed alcuni nodi irrisolti. Se ne accorgeranno il governo e gli addetti ai lavori italiani?"

    http://sollevazione.blogspot.it/2013/08/e-il-keynesismo-che-fa-respirare.html

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  15. Ma perchè dev'essere per forza "how Egyptian"? Non può essere ad esempio "how French"? Almeno essa partorì un "grande esportatore" quale Napoleone sulla cui gloria la Francia vive ancora oggi... alla faccia degli "importatori nostrani".

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  16. Prof,
    la lettura di questo post induce all'ottimismo.

    Del resto, perché non esserlo ? La svalutazione del pesos è stata del 61% rispetto allo scorso gennaio 2013 ? Vabbé, e allora ?

    E l'inflazione ? Sarà al 30% ? Embé, anche se fosse, che ce frega dell'inflazione ?

    "il PIL quest’anno chiuderà al +5,1% e la disoccupazione è al minimo storico del 6,8%"

    ... sarà vero ? Boh, nel dubbio perché non crederci ?

    L'economia non è solo scienza, è anche fede

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  17. Il colosso statunitense del retail Wallmart prevede che la diminuzione del programma food stamps avrà un impatto negativo sui propri utili. Ormai sono rimasti solo i piddini a ragliare stato brutto sempre e comunque, sorpassati a sinistra anche dal capitalismo amerikano.

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  18. Prof.! Non viva dando tante spiegazioni:
    I suoi amici non ne hanno bisogno,
    i suoi nemici non ci credono,
    e gli stupidi non le capiscono!!

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  19. Caro Professore, mi perdonerà se in questo post esco fuori tema, ma non ho saputo resistere alla tentazione di condividere con lei e gli altri lettori del blog un articolo del 'Guardian' di Giovedì 30 Gennaio 2014, che riprende un'intervista al governatore della Banca d'Inghilterra, Mark Carney. Il tema è quello del referendum che nel Settembre prossimo si terrà in Scozia e che potrebbe sancire la nascita di uno stato scozzese indipendente e la fine del Regno Unito come lo conosciamo. Gli indipendentisti scozzesi, dopo aver inizialmente pensato di adottare l'euro in caso di vittoria, hanno, in seguito alla crisi della moneta unica, deciso di, udite, udite,...TENERE LA STERLINA ED ISTITUIRE UNA UNIONE MONETARIA COL REGNO UNITO! Se riuscissero a vincere il referendum e gli inglesi, con un referendum, accettassero di istituire l'unione monetaria (cosa che il governo Cameron reputa alquanto improbabile) l'Europa occidentale avrebbe due 'Aree Monetarie Ottimali (o presunte tali)', quella dei paesi che hanno adottato l'euro e quella di Scozia-Inghilterra. Tuttavia giovedì è entrato in gioco Carney, che, seppur dichiaratamente neutrale rispetto agli esiti del referendum, ha sentito l'esigenza di mettere i britannici in guardia sugli esiti positivi, ma anche su quelli negativi!, derivanti dall'adozione di un'unione monetaria. Carney, che sembra citare paro paro il 'Tramonto dell'Euro' dice, come riportato dal Guardian, che l'unione monetaria fra Inghilterra e Scozia: '...in principio...eliminerebbe i costi di transazione, promuoverebbe gli investimenti riducendo l'incertezza derivante dalla fluttuazione del cambio , incrementerebbe la competizione commerciale ed aiuterebbe la mobilità dei lavoratori, promuovendo gli scambi interni e gli scambi tecnologici (è il ciclo di Frenkel, n.d.r.)'. In un virgolettato dell'articolo il Guardian riporta che secondo Carney 'Rispetto a questi aspetti positivi (dell'unione monetaria, n.d.r.) vi sono i costi potenzialmente alti DERIVANTI DALLA RINUNCIA AD UNA POLITICA MONETARIA INDIPENDENTE ADATTATA AI BISOGNI NAZIONALI E DALL'ABBANDONO DI UN TASSO DI CAMBIO FLESSIBILE CHE POSSA AIUTARE AD ASSORBIRE GLI SHOCK' Carney, riporta il Guardian, '...è consapevole che un'unione monetaria e bancaria richiederebbe una stretta regolamentazione fiscale per entrambi i paesi (tipo Maastricht n.d.r.), che probabilmente includerebbe CONTROLLI SULLE POLICHE DI SPESA PUBBLICA, stretti controlli sull'attività bancaria e garanzie dei risparmi privati.' (Traduzione mia).
    Visto! Altro che la retorica della svalutazione competitiva che ci viene propinata dai media di regime, Carney ha detto esplicitamente che la flessibilità del cambio è uno strumento indispensabile in caso di shock esterni, di cui una Scozia indipendente ma priva di sovranità si priverebbe in caso di unione monetaria con il Regno Unito. Da notare infine come, a differenza del nostro paese, non a caso uno degli ultimi per libertà di stampa, i giornali, e financo i banchieri centrali!, discutano apertamente sui media di rischi ed opportunità inerenti alle decisioni di politica economica e non le occultino artatamente come è stato fatto in Italia in occasione dell'ingresso nella moneta unica.

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  20. ciao Roberto e Istwine e grazie mille dei chiarimenti. purtroppo però la mia curiosità non ha limiti e mo' si è aperto un mondo...(piano austral, B&B, piano di convertibiltà) e tra l' altro leggo solo in lingua italiana. poi queste iperinflazioni fine anni 50, anni 70 e 80, mi hanno impressionato. Anzi mi ha più impressionato la bassa inflazione degli anni '60. avete da suggerirmi studi seri (in italiano se esistono) sull' argomento? mi sfuggono tra l' altro le divergenze tra te e Frenkel e sarebbe di grande interesse per me approffondirle. Un aneddoto:
    giorni fa' ebbe una discussione primo mondista con un cliente che ha visto esposto in edicola il "tramonto" di Alberto..."ma tu sai come si vive in Argentina ...io ci sono stato e via ad elencare i disastri..." l' unica cosa che mi è venuto è stato rispondere che allo stato attuale il tasso di disoccupazione argentino è la metà di quello italiano e l' economia cresca a tassi elevati, ma il sole 24 ore quella mattina portava notizie su un attacco speculativo contro il pesos...ed io effettivamente mi sono chiesto: ma al di là dei numeri come si vive in Argentina? qualunque sia la risposta almeno là gli strumenti di politica economica e valutaria sono nelle mani di un governo eletto.
    scusate il disturbo e grazie ancora

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    1. Erik, non saprei. Avevo consigliato qui Sociologia dello Sviluppo di Gianfranco Bottazzi, per una panoramica su teoria della modernizzazione, dipendenza, e le critiche anche al paradigma dello sviluppo stesso, quindi tutta la roba tipo sviluppo sostenibile, self reliance, decrescita ecc. Lo consiglio perché per ogni paradigma spiegato ci son le sue criticità, o meglio, le critiche rivolte, da "destra" e da "sinistra".

      Altro in italiano non saprei, in effetti, non è che poi conosca bene la questione io, andrebbe approfondito caso per caso. Mi son limitato a sottolineare quell'aspetto per il semplice fatto che quando si prende in giro il luogo comune del "facciamo come...", lo stesso va applicato ad altri paesi, cioè non bisogna dire "fate come..." perché per loro non è detto che vada bene una determinata politica. Non c'è niente da fare, il contesto socio-economico conta, e la società spesso, per un infinità di motivi culturali e non, non per forza reagisce allo stesso modo di fronte a una politica calata dall'alto, anzi, spesso può mettere i bastoni tra le ruote. La realtà non si adatta alla teoria, si dice ironicamente.

      Pensa a tutti i dibattiti sulle politiche nel Mezzogiorno, c'era chi diceva, entusiasta del modello della cosiddetta Terza Italia, di importarlo nel Mezzogiorno e chi faceva notare che non per forza avrebbe funzionato, perché una cosa che funziona in un dato contesto non funziona in un altro, poco da fare. Che poi è anche il motivo per il quale l'Euro va bene per la Germania ma non per la Grecia.

      Per questo Lampa e Fiorito hanno ragione, poi nella fattispecie non so, perché non conosco i fatti argentini e non mi azzardo a farne un'analisi basandomi sue due/tre variabili, troppo difficile senza aver letto un bel po'. Ma per dire: ho letto anche un articolo
      di Rodrik che accusa i paesi emergenti di vittimismo. Probabile, anche questo aspetto non è da escludere a priori, ma l'articolo di Rodrik è imbarazzante. Mette sullo stesso piano gli USA e gli altri, gli USA cazzo, il problema madre degli squilibri internazionali! Questo è un esempio di keynesiano senza contesto. Non facciamo gli stessi errori.

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    2. Infatti il problema è proprio capire come si vive realmente in Argentina, non solo il livello di benessere ma i rapporti di lavoro e quelli sociali.

      Disastro è una parola che non rende l'idea; in quel contesto hai voglia a essere keynesiano o liberista, democratico o autoritario, non cambia niente e la storia dall'inizio degli anni sessanta in quel paese lo dimostra.
      Non sono solo i biechi liberisti a criticare il kirchnerismo; Bergoglio da vescovo di Buenos Aires faceva delle omelie all'annuale Te Deum dell'indipendenza, al quale dovevano partecipare i governanti in prima fila, in cui letteralmente prendeva ceffoni Nestor Kirchner sul suo autoritarismo, la sua arroganza, sullo "scandalo della povertà in Argentina", sulle tassazioni agli agrari che colpivano indisriminatamente i piccoli coltivatori e grandi latifondisti esportatori; tanto che alla fine i Kirchner andavno alle clebrazioni in altre chiese o non ci andavano affatto parlando di Bergoglio come di quello "che portava la sottana"

      La verità di un paese è troppo più complessa della diatriba sulle scelte di politica economica e disgraziatamente viene prima la politica, molto più faticosa e impegnativa, ma che nessuno vuole affrontare nella sua necessità di sporcarsi le mani con la realtà umana, che è contraddittoria, rischiosamente coinvolgente e non schematizzabile in eleganti grafici e rassicuranti equazioni.
      Lo stesso che sta succedendo da noi, fra l'altro.

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    3. Guarda per farti un idea su come le cose siano relative, ti posso dire che un mio amico argentino che si lamenta un giorno si e l'altro pure in 3 anni e' venuto 3 volte in italia e ha cambiato 2 macchine. Non e industriale e nemmeno latifondista, ma medico della mutua. Dunque come si sta in Argentina??

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  21. Talvolta anche le grandi menti vivono momenti di sconforto e di profonda incomprensione ...

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  22. “tra l’agosto e il dicembre 2011 un fortissimo attacco speculativo colpisce duramente le riserve”

    Nel settembre 2011 il direttore del Fmi Lagarde giudicò inattendibili i dati governativi argentini su Pil e tasso di inflazione del paese, provocando la risoluta reazione di Kirchner: «Non solo fu il Fmi a causare la crisi del 2001 e l’insolvenza dell’Argentina [...] ma oggi “nel mezzo del più grave fallimento nella storia recente…coloro che furono direttamente responsabili del fallimento dell’Argentina nel 2001, e di quello dell’Europa e degli Stati Uniti oggi, stanno ancora cercando di costringere il mondo ad inghiottire la stessa medicina che diedero a noi per dieci anni e che ci portò alla rovina! Tanta idiozia, tanta testardaggine è inconcepibile”. [...]
    Si sappia, prosegue la Presidente argentina, che “da noi le decisioni sulla politica economica vengono prese nella Casa Rosada ed al Congresso nazionale, all’interno delle nostre istituzioni nazionali” e non in enti di consulenza privata o dettati da enti finanziari stranieri».

    Alla luce di questo episodio, e tenendo conto di pregressi e reiterati tentativi di intromissione negli affari altrui da parte di ben precisati ambienti finanziari (specificamente “imprese multinazionali, banche estere come HSBC e grandi proprietari terrieri”) che pretendono di unire l'utile al dilettevole guadagnando sugli sconquassi che pongono in essere in diverse aree del pianeta, non è difficile immaginare chi ci sia dietro l'attacco speculativo.

    “il 2014 sarà pure un anno complicato per l’Argentina ma non ci sentiamo di fissare già la data del funerale di questo paese. Non piangete per noi dunque, amici italiani”.

    In effetti, l'impressione è che l'Argentina di Kirchner riuscirà a superare anche questo momento difficile.

    Secondo un rapporto della Commissione Economica per l'America Latina e i Caraibi (CEPAL) l'Argentina «ha ridotto il suo livello di povertà dal 5,7 al 4,3 per cento della popolazione, dal 2011 al 2012.
    Nel caso dell'indigenza, la percentuale è passata dall'1,9 all'1,7 nello stesso periodo.
    [...]
    In materia di distribuzione di entrate, l'Argentina è stato uno dei paesi che più sono migliorati negli ultimi anni, secondo la CEPAL con una riduzione dell'1 per cento della disuguaglianza fra il 2011 e il 2012.
    In questo modo compare nel gruppo di paesi che più hanno ridotto la disuguaglianza fra il 2008 e il 2012, malgrado lo scatenamento della crisi finanziaria mondiale e la sua persistenza in questi anni.
    La CEPAL ha rilevato che l'Argentina è passata dall'avere un indicatore di povertà del 30,6 per cento nel 2005 al 4,3 per cento lo scorso anno, riducendola di 26,3 punti percentuali in sette anni.
    Inoltre, l'indigenza nel paese è caduta 7 volte nello stesso periodo dall'11,9 all'1,7 per cento della popolazione.
    Il rapporto ha sottolineato che questi successi non si sono fermati neanche in mezzo alla crisi mondiale, bensì sono aumentati».

    Ora, questi risultati non possono essere graditi a coloro che avversano Kirchner con ogni mezzo, che poi sarebbero i nostalgici delle passate dittature, perché a costoro non interessa il miglioramento generale delle condizioni di vita della popolazione, quanto piuttosto il mantenimento di uno stato di crisi permanente, di diseguaglianza tra strati sociali, di aumento della disoccupazione al fine di alimentare una guerra tra poveri e arrivare al contenimento dei salari o alla loro riduzione tout court. Che poi sarebbe il modello che oggi Electrolux tenta di imporre in Italia.

    Per come la vedo io, Kirchner sta realizzando un progetto ambizioso, e coraggioso, che va nella direzione contraria a quello intrapreso da noi in Europa.

    Questa, però, è solo la mia personale opinione. Che in quanto tale non vale un granché.

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    1. io apprezzo il suo commento e alla luce dei dati che riporta condivido con lei il commento, però è solo la mia personale opinione. Che in quanto tale non vale un granché, ma mi consolo che almeno siamo in 2 e quindi non siamo soli :-)

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    2. Ma perché uno che critica la Kirchner dovrebbe essere un nostalgico della dittatura?

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    3. @ Istwine (02 febbraio 2014 18:59)

      “Ma perché uno che critica la Kirchner dovrebbe essere un nostalgico della dittatura?”

      Già. Perché?

      Perché ai tempi del governo Ortega in Nicaragua gli Usa finanziavano la "contra" allo scopo di rovesciarlo e, come rivelò il Washington Post, il colonnello Olivier North «vendette clandestinamente armi a Teheran in cambio del loro rilascio, e uso' i soldi per finanziare i "contras" in Nicaragua, cose vietate da una legge del Congresso»?
      Perché in Guatemala gli "squadroni della morte" hanno seminato morte, terrore e distruzione, accoppando circa 150mila civili nell'arco di 36 anni, come documenta il rapporto “Memoria del silenzio”, in cui si legge che:

      «il 93 per cento delle violazioni, incluso il 92 per cento delle esecuzioni arbitrarie ed il 91 per cento delle sparizioni forzate, ha avuto quali responsabili l'esercito, i corpi di sicurezza e le forze paramilitari, soltanto il 3 per cento la guerriglia.
      [...]
      La commissione ha denunciato la connivenza con l'apparato repressivo militare di organismi di intelligence stranieri (in particolare statunitensi), tanto che lo stesso presidente Clinton ha dovuto - così come riportato da «l'Unità» del 13 aprile 1999 - dopo la pubblicazione del rapporto, chiedere pubblicamente scusa al popolo del Guatemala»?
      E perché nel dicembre dell'anno scorso in Argentina la polizia è entrata in sciopero, apparentemente per chiedere aumenti salariali, nelle province di Buenos Aires, Entre Ríos, La Pampa, Santa Fe, Tucumán, Chaco, Mendoza e Chubut, lasciando campo libero a gruppi di criminali organizzati che si sono dati a saccheggi e disordini che hanno portato ad almeno sette morti, e devastato centinaia di negozi?

      Forse perché l’Argentina «e l’America latina integrazionista continuano a ridurre le disuguaglianze, un dato che stizzisce i soloni riuniti a Davos che vedono nell’America latina una testimonianza vivente della fallacia e dell’ingiustizia del modello.
      [...]
      Le politiche pubbliche volte alla creazione di uguaglianza e sicurezza sono infatti viste come il fumo negli occhi dai mercati internazionali e la caduta del peso è una pistola puntata sul paese. L’ultima volta, con la dollarizzazione, fu scelta la strada dei sacrifici umani, della distruzione dello stato sociale, della carestia indotta dall’FMI con migliaia di morti per fame, della deindustrializzazione del paese e della svendita totale di questo. Con tutti i difetti e le fragilità l’Argentina che ha riaperto scuole e ambulatori e dimezzato la disuguaglianza, e che comunque si avvia alla fine di un ciclo, è mille volte meglio».

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    4. Fammi capire, perché onestamente non ho capito. Se io (istwine) critico la Kirchner, a prescindere dall'oggetto della critica, sono nostalgico della dittatura?

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    5. @ Istwine (03 febbraio 2014 13:24)

      “Se io (istwine) critico la Kirchner, a prescindere dall'oggetto della critica, sono nostalgico della dittatura?”

      Se lei non è argentino lo escluderei. Sarebbe come affermare che coloro che criticano gli Usa per quello che hanno combinato in Iraq sono nostalgici di Saddam Hussein.
      Ma in Argentina taluni tra coloro che criticano Kirchner nei dibattiti pubblici e televisivi non fanno mistero delle loro simpatie per le passate dittature. Questo è un dato di fatto, e io mi riferivo a quello.

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  23. Ok confesso che ho perso un po' il filo del discorso soprattutto perché non mi ricordo le critiche a Rapetti e Frenkel. Se qualcuno potesse accennarmele, altrimenti faccio da solo.
    Altra cosa che pesa sulla mia autostima è che non ho capito la battuta sullo spazzolino.
    Ma la cosa che più mi sta sulle palle è che non ho capito perché il Prof. mi ha bloccato su Twitter.

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