giovedì 11 maggio 2023

Il cane bianco

Qualche settimana fa (i più attenti lo ricorderanno) sono tornato sul Renon, l'altopiano dal quale, di fronte a una irreversibile barriera corallina:

ho scritto il testo che mi chiedevate, e che ancora mi chiedete (l'ultima richiesta ieri). Ci siamo fermati a pranzo da Julia, a Himmelreich, dove andavamo spesso al rientro dalle nostre escursioni (e lei mi rimproverava con una vena di stupita ammirazione perché, a suo dire, portavo i figli in posti pericolosi: ma siamo sempre tornati tutti, anche se, ripensandoci, oggi certe cose non le farei).

Ci accoglieva il suo cane bianco, un cucciolone:

un po' invadente, come i cuccioli di tutte le specie. Dalla sua terrazza vedevamo sorgere la luna dietro lo Schlern, poi tornavamo a casa, a dormire (gli altri) e a scrivere (io).

Ho chiesto che fine avesse fatto il cane, e la risposta è stata che era morto una settimana prima.

Questa notizia mi ha colpito dolorosamente, più di quanto, da amante dei gatti, potessi immaginare. Non aver potuto rivedere il cane bianco, non averlo potuto salutare, e solo per sette giorni di scarto, mi ha lasciato uno smarrimento, un opprimente rimpianto, più, lo confesso, del non aver potuto salutare lei

Mi sono sentito in colpa per questa sproporzione. In fondo, il cane bianco era solo un animale, meno discreto di un gatto, col quale avevo scambiato pochi, infastiditi sguardi. Poi ho capito che quello di cui rimpiangevo così dolorosamente la mancanza non era tanto lui, quanto la bambina che lo accarezzava con una certa circospezione:

quella bambina che ora non c'è più, perché, nel frattempo, dodici anni dopo, al suo posto c'è una donna. 

Per fortuna, aggiungo: il vero dolore sarebbe che non ci fosse più nessuno! Ma insomma, il tempo passa, e lo fa nel modo che conosciamo: tanto inesorabilmente quanto impercettibilmente, impalpabilmente, e quando un evento di qualsiasi natura ci restituisce il senso del percorso fatto, lo  rende percettibile "discretizzandolo", come direbbe un matematico (nel senso della discretezza, non della discrezione), è inevitabile restarne colpiti.

(...e constatare, ad esempio che al posto di un quarantenne oggi c'è un sessantenne, che non è poi così male, se consideri l'alternativa...)

(...oggi, all'uscita della funzione solenne, in cattedrale, per la ricorrenza di San Giustino, il santo patrono della mia capitale, che lo festeggia l'11 maggio, un prelato mi si è accostato. Io, unica autorità civile presente, mi aspettavo qualche parola di circostanza, o qualche richiesta, e lui invece mi ha parlato di questo blog che non esiste, ma che lui, in qualche modo, aveva letto, complimentandosi per la qualità della scrittura, che aveva apprezzato e che una volta, mi diceva, era più ispirata, più lirica. E io l'ho ringraziato, condividendo con lui una semplice verità: una volta ero più libero. Oggi, da politico, devo usare un linguaggio più sorvegliato, perché anche se questo blog non esiste - dato che nessuno deve leggerlo - le mie storie personali, che una volta condividevo quotidianamente con voi, ora non posso più esporle, e poi incombe su di me il compito di dare il buon esempio, per cui, fra l'altro, se incontro uno sciocchino non posso dirgli che è sciocchino: sarebbe visto come arroganza, non come sincerità! E lui annuiva, comprendeva...)

(...sarà pur vero che ci siamo scrollati tanta zavorra di dosso, ma ogni giorno, nei luoghi più impensati, mi si presentano persone che sono passate da qui. Questa community ridotta a quattro(mila) gatti si palesa nei luoghi e nelle circostanze più impensate, cosa che non succedeva quando, a sentir certi amici di un tempo, eravamo mijoni. Quale sarà l'apparenza, quale la realtà?...)

29 commenti:

  1. L'inciso sul prelato mi ricorda il dialogo tra don Gaetano e il narratore in "Todo modo".

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  2. Che bello il Renon! Una vista mozzafiato.

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  3. Beh, ringraziarla è il minimo.
    Io non credo che esistano almeno in Italia altri luoghi dove noi cittadini possiamo avere la possibilità di essere così vicini al Centro, insomma a quel posto ove si contribuisce a decidere come in questa Community.
    Avere informazioni corrette è fondamentale, poi uno le userà come crede. Sono lontani per me i tempi della rabbia, di quando queste verità mi servivano per contrapposizioni inutilmente onanistiche, per avere ragione: ma vuoi mettere sorridere a quegli intellettuali a due lustri di distanza sempre più smarriti che continuano a rifugiarsi nell’auto razzismo come Marattin ieri a Isoradio (che pena), (sembra ieri quando venni alla John Hopkins a Bologna nel confronto pre elettorale con questi, la Cecilia Guerra di Leu che proponeva la Patrimoniale e Lei, il tutto moderato da quel docente economista ora in Goldman Sachs, quello del “Corralito”).
    È proprio vero quello che Lei ha sempre detto, cioè quando il livello dei liquami sale abbastanza vicino al naso, ecco allora per molti arriva il momento per volere capire.
    Grazie sempre

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  4. “Ante lucem” rif a Er Palla, che risate! Credo anche il giornalista che ieri l’ ha intervistata con Marattin sia uno che non esiste. Che figura barbina del suo collega. Cominciano a fare tenerezza. E questo dopo solo sei mesi di governo di centro/destra. Come amava dire il loden, forse c‘è una luce in fondo al tunnel. Credo, spero, un giorno saremo noi Legione.

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  5. Non capisco "Questa community ridotta a quattro(mila) gatti " sono tanti o pochi, da parte mia e' la prima volta che commento , ma garantisco che trovo il blog che non esiste interessante ed educativo.

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    1. Sono quelli che occorrono. Il tempo è un grande setaccio.

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  6. interessante riflessione sul tempo che passa tanto inesorabile quanto impercettibile....interessante poichè io faccio parte di questa impercettibilità essendo nuovo qui essendovi approdato per caso ed essendomi innamorato immediatamente di ogni aspetto di questo luogo, sia della Sua forma che della Sua sostanza....credo che il tasso di mortalità dei cani bianchi OGGI sia più elevato rispetto a quello di 5, 10, ma anche 20 anni fa quando ci volevano far credere che i cani bianchi non morivano mai. Grazie anche da parte mia.

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  7. Si Guru, gli anni passano. Imparare a non sapere è stata la più grande lezione, e più si impara e più si sa di non sapere, è questa la scoperta continua.
    Non so se eravamo più liberi, non so.
    L'illusione della libertà è libertà?
    Un altro saggio Guru disse "sono libero, perché ogni giorno mi libero".

    Grazie per tutto, comunque.

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  8. Grazie. Seguo da tanto tempo questo blog (che non esiste), non esattamente dagli inizi, ma da quando, quasi dieci anni fa, incontrai una persona, diventata un punto di riferimento critico, da cui ho acoltato e imparato tanto e che, a sua volta, ha acquisito e imparato tanto da qui, sin dagli inizi. Non avevo mai commentato fino ad ora un suo post, per una strana forma di riserbo e di pudore, ma la presa d'atto del tempo passato descritta nel post, della strada percorsa e dei lettori ignoti e inaspettati, mi ha spinto a scrivere semplicemente per manifestare una presenza e una partecipazione. Una partecipazione che è soprattutto un modo di osservare, leggere e analizzare pazientemente il tempo presente e quello trascorso, con la consapevolezza della lunga strada che è si percorsa fin qui.

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    1. Sempre stato qui, mai andato via, "maggioranza silenziosa".
      Dopotutto, sono solo un ingegn(i)ere.
      Grazie.

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  9. Un approdo casuale per me dove mi sono accorta della mia profonda ignoranza. Ogni giorno scopro ed ogni giorno par di fare un passetto in più. Grazie

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  10. "...un prelato mi si è accostato. Io, unica autorità civile presente, mi aspettavo qualche parola di circostanza, o qualche richiesta, e lui invece mi ha parlato di questo blog che non esiste, ma che lui, in qualche modo, aveva letto, complimentandosi per la qualità della scrittura, che aveva apprezzato e che una volta, mi diceva, era più ispirata, più lirica."

    Quella scrittura, "più ispirata, più lirica", recuperata in occasione del decesso del cane bianco (per quel poco che ne so), suscitò un sentimento comune in goofynomics.

    Questo, in base alla mia sensibilità, è il sentimento che incarnò la Costituente, nei suoi membri più sensibili e arguti.

    Io penso ai dossettiani, non a caso stigmatizzati come integralisti, quasi monastici, nella conduzione della loro vita politica. Il giovane Aldo Moro proveniva da quel gruppo.

    Paolo Pombeni, il mio Prof. di Storia comparata dei sistemi politi europei, il barone della prestigiosa facoltà di Scienze politiche a Bologna, ne pubblicò un testo, nel 1979:

    IL GRUPPO DOSSETTIANO E LA FONDAZIONE DELLA DEMOCRAZIA ITALIANA (1938 - 1948).
    Un testo obbligatorio per noi.
    Non per passare esami all' università.



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    1. PAOLO POMBENI

      Il gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana (1938 – 1948), IL MULINO, 1979.

      Premessa

      Che la scienza sia oggi una << professione >> specializzata, posta al servizio della coscienza di sé della conoscenza di situazioni di fatto, e non una grazia di visionari e profeti, dispensatrice di mezzi di salvazione e di rivelazioni, o un elemento della meditazione di saggi e filosofi sul significato del mondo, - è certamente un dato di fatto inseparabile dalla nostra situazione storica, al quale, se vogliamo restar fedeli a noi stessi, non possiamo sfuggire. E se di nuovo sorge in voi il Tolstoj a domandare: << Se dunque non è la scienza a farlo, chi risponde allora alla domanda: che dobbiamo fare? e come dobbiamo regolare la nostra vita? >>, oppure, nel linguaggio che testé abbiamo usato: << Quale degli déi in lotta dobbiamo servire? o forse qualcun altro, e chi mai? >>, bisogna dire che la risposta spetta a un profeta o a un redentore. Se questi non è fra noi o se il suo annuncio non è più creduto, non varrà certo a farlo scendere su questa terra il fatto che migliaia di professori tentino di rubargli il mestiere nelle loro aule, come piccoli profeti privilegiati o pagati dallo stato. Ciò servirà soltanto a nascondere tutta l' enorme importanza e il significato del fatto decisivo, che cioè il profeta che invocano tanti della nostra più giovane generazione, non esiste.

      MaxWeber, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1966, p. 38. (segue).

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    2. (segue premessa)

      La citazione di Max Weber che apre questo lavoro non è un gallo sacrificato agli dei delle scienze, ma un avvertenza al lettore, a quello benevolo e a quello malevolo.
      E' l' avvertenza che questo lavoro non contiene la relazione al processo di beatificazione politica di Giuseppe Dossetti o del movimento dossettiano. Dichiarazione non inutile dato che il lettore malevolo, non trovando quelle << prese di distanza critiche >> che si suppone facciano la scienza sarà facilmente indotto a valutare alcune cose come apologia.
      Non pretendo di avere fatto un lavoro scientifico, ma difendo la coscienza di averlo voluto fare. Debbo dunque esplicitare qualche idea, dato che chiunque faccia storia politica lavora in un terreno minato in cui non è facile districarsi.
      Il primo punto da chiarire è quello della presunta caratteristica della distanza critica rispetto al soggetto, che sarebbe indice sicuro di scientificità. Ora molte volte questo artifizio non è affatto indice dell' assenza di quel meccanismo del processo di beatificazione, ma la più completa dimostrazione del permanere entro quest' ottica. Chi vi accede infatti suppone in negativo (magari inconsciamente) che il compito dello studioso sia quello di rappresentare l' << avvocato del diavolo >>, cioè sia quello di ridimensionare il suo oggetto di fronte alla possibile beatificazione futura o a quella già in atto presso gli incolti.
      Ciò suppone poi, consciamente o inconsciamente, la presunzione che sia possibile allo studioso trasformarsi in giudice ed in definitiva che vi sia un reticolo di valori rispetto alla quale giudicare la correttezza di rotta degli uomini.
      Non accettando questi postulati a livello cosciente (a livello inconscio è un' atra cosa: come ricordava Keynes non è semplice vincere l' inerzia delle vecchie idee) mi sono sforzato di muovermi nell' ottica di un lavoro che fosse cosciente del fine che si poneva e che è questo: ricostruire cosa è stato il << dossettismo >> e che cosa ha significato nel momento di formazione della democrazia politica italiana.
      Dunque una storia secondo il famoso detto del Ranke del << wie es eigentlich gewesen ist >> (come è veramente stato)? E' un illusione che nessuno oggi può più coltivare, anche se sarebbe pur bello che essa fosse una prospettiva possibile. Vale per la storia quel che Benjamin diceva dell' opera d' arte: un fatto al di fuori della sua aura, cioè del suo hic et nunc non è riproponibile, e le variabili inconoscibili sono un limite invalicabile alla completa ricostruzione. La regola galileiana della riproducibilità sperimentale infinite volte del fenomeno oggetto di studio non vale per la storia.
      Tuttavia non è detto che ciò precluda ad una possibilità di lavoro che non prescinda nella propria costruzione dal rigore di regole logiche e non risponda quindi, nel momento della sua costruzione, ad altri interessi che la corrispondenza a quelle logiche stesse. Ciò non significa che questo lavoro non possa poi, una volta finito, essere suscettibile di una serie di valenze extra-scientifiche e possa avere diverse utilizzazioni nei recettori. Studiando il tema di questo lavoro non ho avuto presenti altre considerazioni se non il ridare la possibilità di un contatto con quello che esso ci appare oggi nella testimonianza che di sé ha, intenzionalmente e occasionalmente, lasciato.
      L' oggetto non l' ho scelto io, ma l' ho desunto dalla memoria storica. Si parlava negli anni 1946-1951 con più o meno intensità della presenza del << dossettismo >>, intendendo con questo la presenza politica di una aggregazione incentrata su Dossetti e che comprendeva Fanfani, La Pira, Lazzati, i redattori di << Cronache Sociali>> ed altre persone che erano supposte identificarsi in questa politica. (segue)

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    3. Sono partito dunque da questo tema e mi sono chiesto in primo luogo se questa aggregazione percepita dal sentimento comune esisteva e che ampiezza aveva raggiunto.
      Penso che le dimensioni di un fenomeno siano sempre importanti per inquadrarlo. Questo ho fatto in un precedente lavoro che avrò spesso occasione di richiamare.
      Sono giunto ora ad esaminare che cosa appare di questo movimento dalla testimonianza che se ne può ricostruire. Ho cercato cioè di farmi un' idea e di trasmetterla al lettore circa gli obiettivi che questa aggregazione si pose e circa l' analisi del proprio tempo che essa fece.
      Questo vuol dire che ho fatto ogni possibile sforzo per recuperare tutto il materiale esistente, edito ed inedito, e per tenerne conto a livello di analisi, anche dove esso appariva contraddittorio e poneva quesiti che io non riuscivo a sciogliere.
      Purtroppo, per una sorte che credo comune a chi si occupa di storia recente, sono conscio che i documenti qui presentati non sono tutti, e che è ben possibile che nuovi documenti gettino una nuova luce. Tuttavia ritengo che questa prima sistemazione e ricognizione delle fonti conservi un qualche significato.
      Non mi sono invece posto il problema di leggere questi anni alla luce della storia seguente, non credo alla storia come una linea che si sviluppa coerente in se stessa e non credo quindi che il passato sia la premessa del presente, e che dunque lo storico sia una specie di apprendista stregone che, al suo livello massimo, colto il << filo >> della storia, dovrebbe essere in grado di dare ricette per il futuro. (p.5, 6, 7, 8).

      Dedico i miei commenti, a questo post di Alberto Bagnai in goofynomics, a Elly Schlein: auguri di buon lavoro segretario.

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  11. Questo blog che non esiste, da 11 anni turba la mia digestione, da persona serenamente ignara e convinta di "stare dalla parte giusta" mi sono ritrovato ad aver per un attimo indossato una specie di anello di Tolkien. Per un verso é appagante avere questo campo lungo nella visione del futuro, per contro garantisce innumerevoli mal di pancia. Tuttavia considero questo un posto unico, un approdo dove volgo lo sguardo quando non riesco a interpretare la realtà che mi circonda.
    Grazie

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  12. Mi sembrava di aver già visto il posto 🤔

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  13. Opprimente rimpianto. Esatto. Avrebbe potuto essere anche una pianta o una cosa, sarebbe stato lo stesso. Sentimento in cui mi sono riconosciuto, cui sono patologicamente portato, malattia che si aggraverà, credo, mentre la vita vissuta diventa molta più di quella da vivere. Probabilmente è lo stato mentale abituale del vecchio. Ci ho pensato e sono giunto alla conclusione che è intenerimento per se stessi, per quell'io che si era che è morto, che quasi non ricordiamo più, che non riusciamo più a sentire nostro.
    La nostalgia e il senso dell'inevitabile, avvertire in un attimo che si è vissuto molto, ma sembra di trovarsi nel presente per caso, come se tutte le esperienze ci fossero state raccontate, sì, eravamo noi, ma non riusciamo più a sentire come allora, ricordiamo fatti, ma non riusciamo più a afferrarne le emozioni che vorremmo ritrovare e che invece sfumano e quella cosa, animale, persona, luce che ora manca ci sembra, nel momento in cui ne constatiamo la scomparsa, l'ultima chiave ormai perduta della porta della nostra anima di allora. Opprimente rimpianto.

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  14. Anche di rimpianti siamo fatti - e questo ci rende piú vivi e piú veri

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  15. Scrivi molto bene Enrico, e hai una rara sensibilità, ti ho sempre stimato in tutti questi anni, e sono felice che sei amico speciale di Alberto. Vorrei però esprimerti il mio viscerale dissenso (siamo diversi, evidentemente) per questa frase:"sì, eravamo noi, ma non riusciamo più a sentire come allora, ricordiamo fatti, ma non riusciamo più a afferrarne le emozioni che vorremmo ritrovare e che invece sfumano".
    A me capita il contrario. Recupero (non le ho mai trascurate, le ho nutrite, quelle emozioni, a mio scapito, ma ne è valsa la pena, se Dio vuole) le emozioni, anche infantili, sempre più vive, brucianti, godevoli, consapevoli di sé stesse. Non ti nascondo, che sono morto varie volte nella mia vita. Perché ci ho tenuto a questo commento? Qui è difficile per me (lo scriveresti meglio tu): #goofynomics è stato tante cose, con un perno: emozioni vive, eterne (se ci riusciamo!).
    Credo che sia la chiave per comprendere la vita, la convivenza delle prime comunità cristiane.
    Con stima.
    In uno slogan (più muori, e più rinasci... a volte, si rimane sepolti). Il rischio è più elevato della riuscita.
    Ma sai perché: è causa del narcisismo, nostro e altrui. Ma io non riesco a sistematizzare un pensiero così. Semmai c'è ne fosse il bisogno. Di trattati dei recenti secoli ne abbiamo fin che vogliamo. Ma #goofynomics ha aggiunto qualcosa, che potrebbe essere razionalizzato. Ma per vincere, se ne può fare anche a meno. Lo scriveresti meglio tu Enrico.

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    1. Se riesci a provare ora le stesse emozioni di allora e non ti passano per la mente come ombre che riconosci ma non riesci a mettere a fuoco, e meno nitide più ti sforzi, allora, amico, ti invidio dal profondo del cuore.

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    2. Carissimo amico, salto tutti i passaggi che non riesco ad esprimere scrivendo, abbi pazienza, con me. Non mi riesce facile.

      Paolo Pombeni, Il gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana (1938-1948), pp.121-122.

      Con l' intensa attività di magistero in campo sociale il papa (PioXII ndr) mirava invece a costruire una dottrina che potesse fornire quell' ideologia unitaria senza la quale era difficile immaginare un efficace movimento di massa in età contemporanea. La indeterminatezza nell' affrontare i problermi non costituiva tanto un ostacolo quanto un vantaggio, essendo palese che spesso le aggregazioni sociali avvenivano più sulla suggestione di problemi presentati che sula persuasività delle soluzioni proposte.
      Il tema della crisi di civiltà era stato presente fin dal primo momento, ma sempre letto come spendida occasione per la riscossa del cattolicesimo.

      "Le angustie del presente sono un apologia del cristianesimo, che non potrebbe essere più impressionante. Dal gigantesco vortice di errori e movimenti anticristiani sono maturati frutti tanto amari da costituire una condanna, la cui efficacia supera ogni confutazione teorica". (Citato da G. Miccoli, Chiesa, partito cattolico, società civile, in L' Italia Contemporanea, Torino, Einaudi, 1976, pp. 211-17, in P. Pombeni, ibidem).

      Da questa linea, espressa nella sua enciclica programmatica, la Summi Pontificatus del 20 ottobre 1939, il pontefice non si era mai discostato. Egli aveva sostanzialmente intuito la forza che assume una posizione esprimente delle certezze in un momento in cui tutto sembra crollare, ed aveva puntato con decisione su un azione dottrinale che esternasse e sistematizasse un patrimonio di sicurezze pur riassettate per renderle consone ai tempi.



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