giovedì 5 settembre 2024

Il sorpasso (a futura memoria)

Bonjour!

Riprendo e applico un'osservazione del post precedente ("la bussola che ci ha condotto fino a qui, cioè fino al punto in cui la Germania ha segato il ramo su cui è seduta (come prefigurato nel 2011 sul manifesto), può essere usata per guardare oltre l'orizzonte"), e guardo con voi oltre l'orizzonte:

"Secondo me in cinque-sei anni la Francia ci supera" (al minuto 17:06, il tema era il debito pubblico).

Il verbale del Dibattito è questo blog, non i parterre televisivi, e nemmeno le auguste aule parlamentari: ci tenevo quindi a mettere a verbale questa affermazione fatta in una sede autorevole, ma non formale. L'affermazione, che ribadisco, è questa: nell'arco di poco più di un lustro il rapporto debito pubblico/Pil della Francia potrebbe superare il nostro.

Spendo due parole (in realtà le avevo già spese: ma adeguiamoci per un istante al modello "giorno della marmotta" caro al collega Borghi - che quando parla o suggerisce qualcosa lo fa a ragion veduta!), spendo due parole, dicevo, per chiarire perché questo non è un guess, ma un educated guess, per chiarire cioè quali teorie e quali evidenze empiriche pongo a supporto di questa mia congettura. Lo faccio non solo a edificazione vostra, ma anche a tutela mia. Del doman non v'è certezza: ogni congettura ha un margine di errore, e affinché l'errore sia fecondo, aiuti cioè a migliorare il modello analitico sottostante, occorre che questo modello sia esplicitato, così da mettere in evidenza quale rotellina dell'ingranaggio logico si è (eventualmente) inceppata.

Il primo elemento ve lo ripropongo qua: se osserviamo la dinamica del debito pubblico nominale (il numeratore del rapporto debito pubblico/Pil) constatiamo come essa in Francia sia stata molto più sostenuta che in Italia e Germania, subendo una ulteriore accelerazione post-Covid:


Fatto 100 il debito nel 2000, quello italiano e tedesco nel 2022 erano raddoppiati, quello francese più che triplicato (350). In questo grafico non consideravo il 2023 perché quei dati a febbraio non erano ancora consolidati quindi l'Eurostat non li riportava (sotto vi fornisco un aggiornamento).

Abbiamo poi visto che l'incremento del rapporto debito pubblico/Pil in Italia è dovuto interamente all'effetto denominatore: la ridotta crescita del Pil nominale. Se si ipotizza che dal 2009 in poi la crescita italiana fosse proceduta al tasso medio realizzato fra 2000 e 2008 oggi avremmo infatti un rapporto debito/Pil inferiore a quello del 2008:


Purtroppissimo (per loro) in Francia le cose non stanno così:


Nello scenario controfattuale, immaginando cioè che la Francia avesse mantenuto dal 2009 in poi lo stesso tasso di crescita del Pil nominale realizzato dal 2000 al 2008, il rapporto debito pubblico/Pil sarebbe oggi comunque consistentemente più alto di quello del 2008 (86% invece di 68%).

Quindi in Francia l'effetto "numeratore" (cioè la crescita del debito pubblico nominale, molto più rapida che da noi) spiega una parte significativa, se pure non preponderante, dell'incremento del rapporto debito pubblico/Pil del Paese dopo il 2008: 17 punti percentuali di Pil su 42 complessivi. Questo evidenzia una fragilità strutturale della finanza pubblica francese, da noi più volte constatata sulla base di considerazioni inoppugnabili, a partire dal numero di violazioni della regola del tre per cento (17 in Francia contro 11 in Italia), di cui parlammo qui:


Ciononpertanto, le previsioni dei previsori, quelli che nel caso della Brexit tante soddisfazioni ci hanno dato (toppando sempre) sono comunque favorevoli alla Francia.

A ottobre 2023 il Fmi la vedeva in questo modo:


con un rapporto debito pubblico/Pil italiano superiore di 29 punti a quello francese nel 2028, ad aprile 2024 la vedeva così:


con uno scarto di addirittura 30 punti al 2029 a causa di un innalzamento del rapporto italiano superiore a quello francese (che a ottobre 2023 veniva invece dato per stabile).

Può anche darsi che le cose vadano così (nel qual caso avrei platealmente sbagliato), ma intanto aggiungiamo un'altra informazione: che cosa succederebbe se il rapporto debito pubblico/Pil dei due Paesi si comportasse da qui in avanti come durante il periodo di sospensione delle regole (2020-2023)? Succederebbe questo:


cioè, appunto, nel 2029 (fra cinque anni) saremmo tornati sotto la Francia (102% invece di 103%).

Intendiamoci bene! Questo controfattuale non ha alcun significato se non, forse, quello di darci un ordine di grandezza molto approssimativo di quale sia il "costo delle regole" per un'economia come la nostra, un'economia che è stata massacrata dal taglio degli investimenti pubblici voluto da Bruxelles e perpetrato da Monti, come abbiamo dettagliato qui:


(anche in Francia, che partiva da un volume più alto di investimenti pubblici, c'è stato un taglio, ma di entità proporzionalmente minore e sostanzialmente recuperato a fine 2022).

Non mi aspetto quindi che le cose vadano in quel modo. Quello che mi aspetto, invece, è che le cose vadano in Francia peggio di come il Fmi le vede, e direi anche lievemente peggio di come andarono con Hollande (dal 2012 al 2017 il rapporto debito/Pil aumentò in Francia di circa otto punti), e simmetricamente che in Italia vadano meglio di come il Fmi le vede, e direi anche lievemente meglio di come andarono prima della crisi finanziaria globale (dal 1995 al 2000 il rapporto debito/Pil italiano calò di 10 punti). Un recupero del genere colmerebbe in cinque anni 18 dei 26 punti di distacco che davamo alla Francia nel 2023. Non sarebbe un sorpasso da parte della Francia, ma ci andrebbe vicino, e attenzione: ci sono due elementi di rischio politico che vanno inseriti in questo ragionamento: uno favorevole all'ipotesi del sorpasso, uno di lettura più incerta.

Il primo è quello su cui attiro la vostra attenzione da ormai dodici anni: la Francia è (perennemente) a un bivio che gli accorti previsori del Fmi caparbiamente si ostinano a non voler prendere in considerazione! Ricordate l'esaltazione dei piddini domestici e 'ndernescional per la vittoria di Hollande? Qui ce ne facemmo beffe (in uno dei post essenziali del blog), i fatti ci diedero quasi subito ragione. La popolarità di Hollande crollò immediatamente a picco, come, ma molto più, quella di tutti i presidenti eletti da quando il mandato è quinquennale, cioè dal 2000, cioè più o meno da quando la Francia è nell'euro, cioè da quando anche un Presidente francese non può fare per i francesi molto più di quanto un Primo ministro italiano possa fare per gli italiani:


(fonte: interessante leggere le loro considerazioni sull'"effetto quinquennio" alla luce di quello che noi sappiamo dell'effetto euro). Ne avevamo parlato fra l'altro qui, a proposito del consenso di cui sembrava godere Conte dopo lo scoppio della pandemia, e che altro non era che un fisiologico effetto di ricerca di rassicurazione da parte dell'elettorato, come quello sperimentato da Hollande nei due casi Charlie Hebdo e Bataclan (visibili nel grafico).

Col senno di poi, però, possiamo apprezzare anche un'altra sfumatura di questo fallimento annunciato (annunciato all'epoca solo da noi, ma comunque annunciato)! I previsori, all'epoca, si aspettavano che il nuovo governo francese avrebbe risanato i conti pubblici. Per darvi un'idea, qui confrontiamo con la realtà le previsioni Fmi dell'autunno 2011 (prima dell'elezione di Hollande):


(nel 2016 il rapporto debito pubblico/Pil fu superiore di dieci punti a quello che il Fmi si aspettava nel 2011), e qui quelle dell'autunno 2012 (dopo l'elezione di Hollande):


(alla fine del quinquennio, nel 2017, prevedevano quasi dodici punti di rapporto debito pubblico/Pil in meno di quelli che poi Hollande realizzò, tenendosi ben al disopra delle previsioni).

Ora, prima di andare sul politico vi faccio una sottolineatura tecnica: un errore attorno al 10% in uno scenario di previsione macroeconomica a cinque anni potrebbe anche essere tranquillamente compatibile con l'incertezza del modello. Le previsioni, in effetti, andrebbero sempre formulate come intervalli e accompagnate da un valore di probabilità. Dire: "nel 2017 il rapporto debito pubblico/Pil sarà 86%" non è come dire "nel 2017 il rapporto debito pubblico/Pil si situerà fra 80% e 92% con una probabilità del 95%" (metto cifre a caso: per metterle giuste dovrei avere lo scarto quadratico medio delle previsioni del modello del Fmi, se esiste e se è usato in modo neutro e trasparente, cioè senza interventi "redazionali", per effettuare queste previsioni). Fatto sta che le previsioni intervallari non interessano a nessuno, i politici capiscono solo quelle puntuali, e quindi i previsori forniscono quelle puntuali, pensando che tanto i politici hanno memoria corta, e le loro castronerie verranno dimenticate.

E in effetti tutti le dimenticano, tranne uno: io.

Questa sottolineatura vale a evidenziare che l'ordine di grandezza dell'errore potrebbe anche essere scusabile, ma la sua sistematicità un po' di meno! Era evidente il tentativo del Fmi di alimentare aspettative positive su un governo "amico" (l'antagonista essendo l'antieuropea Marine Le Pen), a dispetto di una semplice considerazione di ordine politico: per non infiammare la polveriera sociale delle banlieues, Hollande non aveva che una possibilità, quella di spendere. Altro che rientro del debito! Questo era prevedibile, i risultati li vedete, e i problemi sono ancora tutti lì, ma amplificati: c'è più debito pubblico, ma c'è anche più debito estero, ma c'è anche meno crescita economica (perché la Germania non tira giù solo noi: tira giù anche i francesi, considerando che le esportazioni verso la Germania contano per il 12,7% delle nostre, ma contano anche per l'11,7% di quelle francesi!), ma c'è, anche e soprattutto, molta più tensione sociopolitica, come evidenziato dal risultato delle elezioni, dalla difficoltà di formare un Governo, dai continui, incresciosi fatti di cronaca.

Aggiungo che l'esperienza italiana ha una lezione importante per quella francese. Anche la Francia, infatti, ora ha un rapporto debito/Pil superiore al 100%. Questo significa che per la Francia c'è una cosa peggiore del non riuscire a fare austerità onde evitare rivolte di piazza, ed è riuscire a farla! Nel primo caso, infatti, avremmo uno scenario Hollande, e quindi, per capirci, le previsioni a cinque anni andrebbero tirate su di almeno una dozzina di punti, ma nel secondo caso, ove mai veramente la Francia decidesse di suicidarsi seguendo leRegoleTM, il potenziale upside della previsione è analogo a quello che si ebbe qui da noi con Monti, e sapete quanto fu? Questo:


(quasi 14 punti percentuali in cinque anni, ma con un decorso iniziale molto più rapido). Se il problema è "battere" la previsione Fmi, diciamo che siamo in una posizione win-win: al competitor andrà male rispetto alle previsioni se non fa austerità, e peggio se la fa.

In questo quadro, invece, noi dobbiamo (e politicamente possiamo) solo stare fermi, e mandare gli altri a schiantarsi: esattamente come le previsioni francesi sono imbellettate dagli amici del Fmi, le nostre sono imbruttite, ma i fatti hanno la testa dura.

Resta il secondo elemento di incertezza, quello che invece potrebbe giocare a nostro sfavore, nelle condizioni attuali, e che comunque rende un po' futili (per quanto servano a fissare le idee) esercizi come quello compiuto in questo post. Prima o poi una crisi finanziaria arriverà, temo. Non mi metto qui e ora a ricordarne e analizzarne gli indicatori, non posso dedicarvi un'intera giornata e già metà è andata dispersa, ma sarei molto, molto, molto sorpreso se nell'arco dei prossimi cinque anni non arrivasse una schicchera come quella del 2001 o del 2007. I presupposti ci sono: tanta liquidità immessa nel mercato, e indirizzi di politica industriale sorretti da un boderoso (cit.) ottimismo della volontà! Lu grìn potrebbe essere il nuovo dot-com, per dire, ma non mi interessa qui entrare nella granularità delle cause. Per quanto gli autorevoli banchieri centrali si sciacquino la bocca con le macroprudential policies, la regulation, ecc., il primo e più caratteristico segno di un idiota è quello di pensare di essere nel 2024 più furbo di tutti quelli che lo hanno preceduto nei lunghi millenni decorsi da quando qualcuno (Gurz, come ricorderete) decise di comprare qualcosa a credito! Questo libro è un gigantesco monumento alla stupidità umana, una forza che potrebbe lottare a nostro favore, come a nostro sfavore.

Qui si aprono vari dilemmi, che non esploriamo tutti.

Nonostante che noi si sia ancora il Paese messo peggio rispetto all'indicatore fuorviante che i mercati osservano maniacalmente (il debito pubblico), lo scoppio di un casino generale (traduzione di global financial crisis) oggi, con il Paese creditore netto verso l'estero e in surplus di bilancia dei pagamenti, con un Governo tutto sommato stabile (a parte i noti fatti di cronaca), difficilmente potrebbe portare a un'aggressione come quella del 2011, anche perché attaccando noi è chiaro oggi più che mai che rischierebbero di venir giù anche loro. Quindi si potrebbe andare verso uno scenario general escape clause (formale o informale), e comunque verso un atteggiamento accomodante delle banche centrali. Scenari che tutto sommato ci favoriscono, come in parte abbiamo documentato sopra. Se così non fosse, salterebbe tutto per aria, ma alla fine siamo sicuri che questo scenario (che abbiamo analizzato qui) sia il peggiore degli scenari possibili? Dopo aver vissuto la recessione da COVID, quello che sappiamo della recessione da ridenominazione ci sembra ampiamente sopportabile!

Per fortuna la decisione non spetta a noi. La decisione spetta ad altri, e alcuni si sono già chiaramente espressi, giungendo alla conclusione giusta, se pure per un percorso sbagliato!

Quindi calma!

Tornando alla previsione da cui siamo partiti: il mio "secondo me" è dichiaratamente un po' avventuroso, ma molto meno di quanto i benpensanti possano credere, ed è già molto che oggi, a differenza di dodici anni fa, certe cose si possano dire in TV senza suscitare risolini di scherno: in parte è merito nostro, dell'autorevolezza che abbiamo saputo conquistare, e in parte loro, dell'assurdità del sistema che hanno costruito, le cui crepe sono sempre più evidenti.

Au revoir!


(...sintesi: i previsori mandateli a cagare, e aiutateci a tenere sui binari il Paese. Solo questo può sbriciolare i nostri avversari esterni e strozzare nella loro bile i nostri nemici interni. Il resto seguirà...)

18 commenti:

  1. Che "lu grin sa mort" si pronuncia uguale in abruzzese ed in francese è forse un segno... ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, è il segno che ai Piani Palentini hanno vinto gli angioini.

      Elimina
  2. Ma come, prof, ieri "non son più tanto vago di stare in vostra compagnia".
    Poi impiega un'ora e un quarto a rispondere ai nostri commenti.
    E ora, torna qui "a lavare la testa agli asini"?
    Allora le manchiamo un pochino, dai!

    Comunque tra poco anche gli USA ci raggiungeranno col loro debito/PIL. Ci sarà da ridere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ...e con questo commento dai nuovo risalto all'espressione "lavare la testa agli asini". Perché?

      Elimina
  3. Adoro il "giorno della marmotta". Grazie prof.

    RispondiElimina
  4. #sesapeva ma grazie per ripetercelo, è sempre meglio spiegato bene. Che poi ci si illude di aver capito.

    RispondiElimina
  5. Egregio Onorevole,
    sono d'accordo con lei che la cura Monti, in salsa francese, potrebbe avere ripercussioni negative sul rapporto debito/PIL, a causa dell'effetto sul denominatore.

    Vorrei però tirare in ballo l'equazione della dinamica del debito/PIL ed in particolare il termine "r - g", facendo una comparazione tra Italia e Francia.
    Nel 2023 l'interesse medio sullo stock del debito pubblico è stato 2.8% per l'Italia e 1.5% per la Francia.
    Sempre nel 2023 la crescita nominale del PIL è stata 6.2%, sia per l'Italia che per la Francia, con una crescita reale per entrambe del 0.9%.
    La differenza sull'interesse medio implica che, a parità di avanzo primario, la Francia può avere una crescita nominale più bassa del 1.3% rispetto all'Italia, per avere la stessa dinamica del rapporto debito/PIL.
    Supponendo di avere una crescita del deflatore del PIL (simil inflazione) al 2%, la Francia potrebbe evitare l'effetto "palla di neve" anche con una crescita negativa del PIL reale fino al -0.5%.
    Ricordo, inoltre, che nel 2012 il tasso d'interesse medio sul debito pubblico italiano era al 4.1%, contro l'1.5% attuale della Francia.
    Tutto ciò per dire che la Francia ha un discreto vantaggio sull'Italia a causa del differenziale sul tasso d'interesse medio.
    Penso anche che l'output dei due scenari da lei ipotizzati ("fare deficit" vs "seguire le regole") possa essere più simile del previsto.
    Nel primo caso potrebbero essere i mercati (vedi r) a complicare le cose. Nel secondo, invece, ci sarebbe una decrescita (vedi g) autoinflitta.

    Un saluto,
    Fabio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La ringrazio per la segnalazione, sempre utile leggere Liturri.

      In merito ai dati riportati nei due articoli, ho notato delle incongruenze con i valori reali.

      L'Italia, nei primi 6 mesi del 2024, ha avuto una crescita del PIL nominale su base annuale del 2.6%, contro le stime del 3.7% per l'intero 2024.
      L'indebitamento nel Q1-2024 è stato pari al 8.8% del PIL, con un saldo primario negativo pari a -5.3% del PIL.

      La Francia, nei primi 6 mesi del 2024, ha avuto una crescita del PIL nominale su base annuale del 4.0%.
      L'indebitamento nel Q1-2024 è stato pari al 6.9% del PIL, con un saldo primario negativo pari a -5.7% del PIL.

      Se ne conclude che, sia l'Italia che la Francia, stanno continuando a fare disavanzi primari rilevanti anche nel 2024.

      In termini di "effetto palla di neve", la Francia sta però messa decisamente meglio dell'Italia, almeno nel H1-2024. Questo perché ha una crescita del PIL nominale più elevata ed anche un tasso d'interesse sullo stock di debito pubblico più basso.

      Elimina
    2. Diciamo che ci sono due categorie di epigoni: quelli utili, come Giuseppe, perché cercano di allargare la platea evitando il rischio di screditarsi con l'esposizione politica, e quelli inutili, su cui ci siamo sbellicati a inizio anno, perché cercano di rosicchiare la nostra platea per motivi di ambizione politica. Giustizia è trattare fattispecie diverse in modo diverso, anche se superficialmente le fattispecie potrebbero sembrare identiche (ripetere quello che qui è scritto da anni senza neanche cambiare una parola)!

      Fatta questa premessa, io apprezzo moltissimo l'approfondimento tecnico sulla radice dell'equazione di accumulazione del debito (r-n), ma evidenzio che come evidenziato l'ultima volta un anno fa (e poi in circostanze precedenti) il problema della Francia è altrove, è nell'ingente deficit primario. Intendo dire che se l'Italia è stato un Paese relativamente "virtuoso" messo in palese difficoltà dalla dinamica dei tassi di interesse, la Francia è stato un Paese certamente "vizioso" (con elevato deficit primario) e non sono certo che lo scarto fra tassi di interesse e crescita, quand'anche restasse immutato, basterebbe ad aprirle spazi. Potrebbe essere utile fare ulteriori simulazioni, che certamente si possono fare, ma alla fine la situazione resta quella che hai detto: comunque la metti, loro hanno solo "downside".

      Elimina
  6. Facendo nomi e cognomi se il governo tedesco dovesse intervenire per salvare wolskwagen? Potrebbe sconfessare la sua austerity Doctrine ( anche se da qualche anno ormai sembra non la segue più) e di quanto ? Come aumento del suo debito rispetto al pil intendo.

    RispondiElimina
  7. Senza nulla togliere al problema del debito estero francese di cui si è spesso parlato qui, a me resta da tempo una domanda: perché un paese che ha divorziato molto prima dell'Italia dalla propria banca centrale ha visto salire molto meno la spesa per interessi nel medesimo lasso di tempo?
    Quali spiegazioni, ipotesi ci sono?

    RispondiElimina
  8. Caro Alberto,
    grazie ancora una volta per le tue analisi e, soprattutto, per gli scenari che disegni.
    Fare previsioni quinquennali espone sempre a possibili alee e quindi, correttamente, è ragionevole impostarle con la logica della forchetta. Ma anche per dare valori minimi e massimi occorre lungimiranza e, la storia di questo tuo blog lo dimostra, questa è indubbiamente una delle tue migliori doti.
    Ma non intervengo nel dibattito solo per piaggeria verso te (anzi me ne scuso se sembra eccessiva!), piuttosto per provare a dare un modesto contributo che può deriva dalla mia esperienza di analista finanziario e gestore patrimoniale/private banker.
    Primo elemento da segnalare, sotto l’aspetto finanziario, è la differente dinamica, negli ultimi 2 anni, dello spread di OAT (decennale francese) e BTP (decennale italiano) rispetto al BUND: in crescita quello francese, in diminuzione il nostro. Ad ottobre di due anni fa la differenza di tasso fra il ns titolo decennale e quello tedesco era dii 240 bp, con quello francese sotto ai 50 bp. Oggi lo spread BTP/Bund sta sotto i 150 bp, mentre OAT/Bund oscilla fra 65 e 70.
    Le ragioni macroeconomiche sottostanti queste differenti dinamiche dei tassi sul debito pubblico, tu le hai ben analizzate nei vari post che hai dedicato, in questi mesi, ai cugini di oltre Alpe.
    Un elemento che mi preme sottolineare, sotto questo aspetto, è la persistente, duratura, crescente, presenza dei deficit gemelli che, dal lato dei conti con l’estero, è la logica conseguenza del processo di deindustrializzazione dell’economia francese (Dati Eurostat 2023 attestano che in Francia il peso della manifattura sul PIL è 9,7% rispetto al 15,7% nostro ed al 18,5% della Germania) , che genera un forte deficit nell’interscambio di merci non compensabile dai surplus nei servizi e nei redditi da capitale.
    Ma i Mercati, come si sa bene, sono mossi, almeno nel breve/medio termine, anche da altri fattori, in primis dal “sentiment” che, una volta che ha preso piede, cavalca e diventa un “mood” di fondo e poi un “must”.
    Ecco, oggi il mood che si sta affermando nelle più significative case di consulenza finanziaria è: “Corto OAT vs Lungo BTP”. I Mercati stanno, cioè, con sempre più scommettendo sulla continuazione del trend di riduzione dello spread fra BTP ed OAT.
    Se le condizioni macroeconomiche andranno nel verso che tu indichi (e che io condivido in pieno) la tendenza dei Mercati proseguirà e gli scenari che delinei nei due punti di rischio politico avranno molte probabilità di avverarsi.

    RispondiElimina
  9. Caro Alberto,
    grazie ancora una volta per le tue analisi e, soprattutto, per gli scenari che disegni.
    Fare previsioni quinquennali espone sempre a possibili alee e quindi, correttamente, è ragionevole impostarle con la logica della forchetta. Ma anche per dare valori minimi e massimi occorre lungimiranza e, la storia di questo tuo blog lo dimostra, questa è indubbiamente una delle tue migliori doti.
    Ma non intervengo nel dibattito solo per piaggeria verso te (anzi me ne scuso se sembra eccessiva!), piuttosto per provare a dare un modesto contributo che può deriva dalla mia esperienza di analista finanziario e gestore patrimoniale/private banker.
    Primo elemento da segnalare, sotto l’aspetto finanziario, è la differente dinamica, negli ultimi 2 anni, dello spread di OAT (decennale francese) e BTP (decennale italiano) rispetto al BUND: in crescita quello francese, in diminuzione il nostro. Ad ottobre di due anni fa la differenza di tasso fra il ns titolo decennale e quello tedesco era dii 240 bp, con quello francese sotto ai 50 bp. Oggi lo spread BTP/Bund sta sotto i 150 bp, mentre OAT/Bund oscilla fra 65 e 70.
    Le ragioni macroeconomiche sottostanti queste differenti dinamiche dei tassi sul debito pubblico, tu le hai ben analizzate nei vari post che hai dedicato, in questi mesi, ai cugini di oltre Alpe.
    Un elemento che mi preme sottolineare, sotto questo aspetto, è la persistente, duratura, crescente, presenza dei deficit gemelli che, dal lato dei conti con l’estero, è la logica conseguenza del processo di deindustrializzazione dell’economia francese (Dati Eurostat 2023 attestano che in Francia il peso della manifattura sul PIL è 9,7% rispetto al 15,7% nostro ed al 18,5% della Germania) , che genera un forte deficit nell’interscambio di merci non compensabile dai surplus nei servizi e nei redditi da capitale.
    Ma i Mercati, come si sa bene, sono mossi, almeno nel breve/medio termine, anche da altri fattori, in primis dal “sentiment” che, una volta che ha preso piede, cavalca e diventa un “mood” di fondo e poi un “must”.
    Ecco, oggi il mood che si sta affermando nelle più significative case di consulenza finanziaria è: “Corto OAT vs Lungo BTP”. I Mercati stanno, cioè, con sempre più scommettendo sulla continuazione del trend di riduzione dello spread fra BTP ed OAT.
    Se le condizioni macroeconomiche andranno nel verso che tu indichi (e che io condivido in pieno) la tendenza dei Mercati proseguirà e gli scenari che delinei nei due punti di rischio politico avranno molte probabilità di avverarsi.

    RispondiElimina
  10. Ho sempre pensato che la Germania non volesse trainare l'Europa, bensì conquistarla.
    Adesso penso diversamente: alcuni tedeschi, con alcuni italiani, alcuni francesi etc. si sono messi in testa di prendere ciò che è mio.

    Io nel tentativo di impedirglielo voto per voi, vi do il 5 per mille con la dichiarazione dei redditi e partecipo al fin day.

    Soprattutto però sono riuscito a spiddinizzare la mia fidanzata e i suoi genitori, che ora votano per voi.

    RispondiElimina
  11. condivido con Lei (anche se sono sicuro l'abbia già letto) e la community questo intervento di qualche giorno fa. Il difetto principale risiede nel luogo di pubblicazione; il pregio dalla presenza di qualche autore da cui deriva il nucleo dell'argomento.

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.