giovedì 12 settembre 2024

Contrordine, compagni! Ascesa e caduta dell'educhescion digitale

Mi scrive una persona informata dei fatti, commentando questo ritaglio di giornale:



Spettacolare! Vent'anni di sinistra al governo con i pochi che osservavano che forse troppo digitale non faceva bene alla scuola irrisi perché ritenuti antiquati e adesso che un ministro di destra fa qualcosa di reale in tal senso, "ce ne vuole di più"! 

Ma quando la 7° del Senato ha pubblicato gli esiti dell'indagine sull'impatto del digitale sugli studenti, nel giugno 2021, chi era Ministro dell'Istruzione?

Uno De Passaggio


All'ultima domanda di Uno De Passaggio (lontano cugino di Uno Normale, l'entità mitica di cui vai in cerca quando devi occuparti di nomine, ben sapendo che nella fisica quantistica delle nomine vale il principio di indeterminazione di Bagnai: "Poiché nominare significa interagire, ciò preclude l'integrità psichiatrica del soggetto nominato"), all'ultima domanda, dicevo, è facile rispondere. Il documento fu approvato il 9 giugno 2021, e quindi il ministro dell'istruzione era lui, l'allievo di Prodi e Quadrio Curzio (e se io che sono del mestiere me lo sono dovuto andare a cercare su Google un motivo ci sarà).

Quelli (pochi) che osservavano che troppo, ma anche poco, digitale non fanno benissimo all'insegnamento, non solo primario, non solo secondario, ma anche terziario, chi è del mestiere se li ricorda, e uno è qui:


e vi spiegava perché e per come aveva voluto tenere quello che poi sarebbe stato il suo ultimo corso di dottorato (ma a settembre 2017 mai avrei pensato di scrivervi un giorno da San Macuto, di cui ignoravo l'esistenza...) utilizzando una lavagna di ardesia, faticosamente inseguita per le aule della D'Annunzio: erano oggetti rari già nel 2017, prima che i barbari dei banchi a rotelle scagliassero dalle finestre delle nostre scuole i pochi esemplari rimasti, mandandoli in frantumi, per obbedire agli scellerati ordini dei loro padroni cinesi.

Che cosa voleva allora il PD? Ve ne ricordate? Voleva ovviamente la modernità e il progresso, coerentemente con l'afflato progressista di cui si sente interprete unico e solo. E naturalmente la modernità era cchiù pilu, pardon: più digitale per tutti, e a tutte le età. Ce ne ha parlato distesamente Giorgio Matteucci, con altri, in questo convegno organizzato da a/simmetrie in Parlamento, ma insomma l'andazzo credo che ve lo ricordiate. Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD: come potremmo fare a meno di un acronimo? E che acronimo sarebbe, se non fosse impronunciabile?), quel "pilastro fondamentale de La Buona Scuola" (legge 107/2015)", come lo definisce il sito del ministero, era stato licenziato da un altro ministro di cui il ricordo è labile, ma l'appartenenza indelebile: Stefania Giannini, pregiato componente del governo Renzi (#DAR)!

Come avrebbe potuto la mela cadere lontano da cotanto albero?

Lo trovate riassunto qui in appena 35 punti, fra cui troviamo il BYOD (cioè: portati il telefonino in classe!), il registro elettronico (cioè: deresponsabilizzati e disimpara a scrivere), gli standard minimi per la didattica online (cioè: lì volevano andare a parare e non gli è parso vero di avere un motivo cogente per accelerare su quel percorso), insomma: lammerda de lammerda de lammerda (senza offesa per le feci), il tutto proposto da chi? Ma è chiaro: dai referenti politici degli intellettuali engagé che oggi si "indinniano" e perché? Perché qualcuno ha detto basta, ma non l'ha detto abbastanza, tant'è che bisogna colpirlo come la Morte Nera!

Ma come?

Quando il ministro era vostro propugnavate il BYOD, e ora che il nostro ministro si oppone al BYOD di Renzi, mi diventate supinamente (stavo scrivendo suinamente) e subalternamente contro il BYOD anche voi? Così, de bbotto!? Sembrerebbe paradossale, ma il paradosso si spiega se ci si ricorda che qualsiasi cosa facciate, voi la fate, e soprattutto la raccontate, in modo più migliore, il che legittima i vostri più acrobatici voltafaccia (basti pensare al wannabe PdR che con scioltezza è passato dall'austerità agli ottocento miliardi - anzi: mijardi - di investimenti)!

Perché al telefonino in classe aveva aperto la Fedeli nel 2017 (quando io mi dannavo per trovare una vera ardesia e del vero gesso: la mia personale crisi delle materie prime era appena iniziata!), ma voi, cari intellettuali, muti! Tanto, la via di fuga era già pronta: se tutta questa digitalizzazione (che non poteva funzionare) non avesse funzionato, la colpa sarebbe stata degli insegnanti, non vostra o dei vostri strategòi! Esattamente come l'insuccesso dell'euro, che non poteva funzionare, è in tutta evidenza colpa del popolo bue, mica dei raffinati intellettuali che lo concepirono (uno lo abbiamo menzionato)!

E anche questo, in qualche modo, è un QED...

18 commenti:

  1. che confuso mischione polemico! probabilmente nasce da un fraintendimento della petizione (link in fondo).

    sostanzialmente quello che critica la petizione è l'uso dei social e dei videogiochi (sul telefono), per via dei meccanismi di dipendenza dalla dopamina che generano, ma (illogicamente!) finisce con il criticare il telefono, al punto da vietarne l'utilizzo in classe.

    Cioè: siccome reputo che dare il martello in testa a qualcuno possa essere dannoso, non vieto il fatto di darlo in testa a qualcuno, ma vieto la possibilità di acquistare martelli.

    In tutto ciò, poi, questo non significa tornare alle lavagne e ai gessetti. Per inciso: anche per i più grandi, prova a insegnare con lavagna e gesso materie che richiedono l'uso del computer (excel, Python, R ...) e poi ne riparliamo.

    La tecnologia è uno strumento come tutti gli altri, è ragionevole legiferare per un uso diverso e più consapevole, ma non è questo il caso, nè la verve polemica che questo post cerca di alimentare.

    Link:
    https://www.change.org/p/stop-smartphone-e-social-sotto-i-16-e-14-anni-ogni-tecnologia-ha-il-suo-giusto-tempo?fbclid=IwY2xjawFOM21leHRuA2FlbQIxMAABHTnPst0iAfCnxhR_dd7L4CsQie1XfyGfa3Pzvvq46Om9yLO3c9LpGePr8Q_aem_egmpI0btGEIDjonyzt1kTg

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    1. L'obiezione è la medesima che pongo io all'ufficio armi della locale questura quando, ogni cinque anni, per detenere in casa mia lo schioppo del mi' nonno pretende da me una dettagliata domanda in carta bollata, corredata da un paio di costosi certificati medici in cui si afferma (in modo un tantino spericolato) che io non sono un mentecatto. Eppure il mi' nonno partigiano a suo tempo me lo spiegò che gli schioppi hanno fatto anche cose buone.

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    2. Cresciuto con il Fortan IV e le schede perforate ed arrivato a pochi mesi dai 70, continuo a sbattere tutti i giorni in gente amorevolmente coltivata nel brodo della scuola digitale che non sa come utilizzare un foglio di Excel, o che disegna in CAD come la va la va e alla fine mette le quote forzate.
      Però se si tratta di fare un video con lo smartphone e postarlo da qualsiasi parte... lì mostrano tutta la loro padronanza dei mezzi e la cultura ricevuta.

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    3. Non si tratta di imparare materie tecniche, ma dell'uso della tecnologia per ogni fine.

      All'ITIS andavamo in laboratorio di chimica a fare gli "esperimenti", ma prima si facevano ore in classe a capire nella teoria il perchè di certe reazioni, e si facevano con lavagna e gesso.

      Nel caso dell'informatica, chiarimente è necessario l'uso del computer perchè è l'oggetto in studio. Ma qui si sta chiedendo di usare lo smartphone per imparare a leggere e scrivere, fine per cui è completamente dannoso.

      Non ha senso nemmeno la retorica dell'educazione all'uso dello smartphone: quella è una specifica tematica che, tra l'altro, si può fare anche senza. Capire le implicazioni sociali o giuridiche di uno strumento non richiede di averlo tra le mani.

      Nemmeno la retorica della "freschezza cognitiva" ha senso: diamine mio padre di 80anni ha imparato ad usarlo e, oltretutto, più diventano bravi ad usarlo più facilmente riusciranno a eludere eventuali controlli.

      L'unnico scopo di usare gli smartphone a scuola è quello di abituare i bambini ad usarli per renderli consumatori e utenti nel futuro e quanto prima possibile. È solo una strategia di marketing.

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  2. Mi scusi, Comico: l’impressione netta e che lei non sappia di cosa si parla, e che non si renda conto dei gravissimi danni a livello cognitivo che derivano da un abuso di tecnologia e social network in età evolutiva, quando il cervello è ancora in formazione. La petizione, tra l’altro, non critica “i telefoni”, come lei scrive, ma gli smartphone prima dei 14 anni. Vietarne l’uso in classe, poi, è sacrosanto anche dopo i 14 anni, perché fonte inesauribile di distrazioni.

    Lavagne d’ardesia e gesso, poi, sono senz’altro la scelta migliore per chi voglia fare una didattica incisiva, dove l’insegnante costruisce la lezione insieme agli studenti, in modo sincrono e rispettando i loro tempi, anche tenendo conto delle loro domande ed osservazioni. Ci sono ovviamente delle eccezioni, come quella da lei citata sull’uso di applicativi o linguaggi di programmazione (e potrei aggiungere i DBMS per la creazione e gestione di database), ma l’eccezione non può diventare la regola, essendo provato che l’apprendimento mediato da uno schermo funziona poco e male. Di fatto, le Lavagne Interattive Multimediali e altri consimili gadget sono giustamente poco utilizzati, a scuola, perché non migliorano l’apprendimento dei ragazzi: e molti sospettano fortemente che, anzi, lo ostacolino.

    Non capisco poi perché parla di “verve polemica”: la questione della nocività della digitalizzazione forsennata della didattica è molto seria, e in questo blog se n’è discusso anche <a href="https://goofynomics.blogspot.com/2024/06/la-fabbrica-degli-idioti.html”>qui</a>, dove potrà trovare anche qualche riferimento bibliografico minimo, se l’argomento le interessa.

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    1. Ciao max, a giudicare dalla risposta temo che tu non abbia letto bene il mio commento, né tantomeno la petizione..

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  3. Il mio personale dibattito sul tema digitale e scuola si chiuse nel 2017 o 2018 con la lettura di Demenza Digitale, libro del 2013 di Manfred Spitzer, psichiatra tedesco, studioso di neuroscienze, che è stato uno dei primi a verificare l'impatto devastante dei dispositivi digitali sull'apprendimento. Nel libro ricostruiva e denunciava anche le pressioni della lobby dell'industria elettronica sul ministero dell'istruzione tedesco perché adottasse le misure compendiate da La Buona Scuola.
    Una delle poche azioni buone che ho fatto è stato parlarne ad un collega con due figli piccoli e prestargli il libro. Ne rimase colpito. Il libro, mai più tornato indietro. Ma va bene così.

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  4. Le vie della didattica sono infinite.
    Cinque lustri fa circa frequentavo un vituperato liceo scientifico di provincia. Vituperato per l’assenza del greco tanto caro al nostro Vate, ma in compenso frequentavo una classe sperimentale con un’ora di informatica (materia all’epoca ancora abbastanza arcana). L’insegnante di matematica che ci accolse teneramente al secondo anno, detentrice di questa ora, riteneva che rientrasse nelle sue facoltà trasformare l’ora in più di informatica del programma scolastico in un’ora in più di matematica. Quindi addio informatica. In compenso, con l’ora in più a disposizione, la nostra cara Prof non spiegava quasi niente, al massimo qualcosa ogni tanto in modo sbrigativo. Le ore servivano essenzialmente a torturare il malcapitato di turno: dal registro pronunciava un nome, condanna definitiva per quella povera anima, sollievo per tutti gli altri. A quell’uno toccava stare per l’intera ora alla lavagna, alle prese con un problema preso a caso dal libro di testo, come il famoso cioccolatino. Quei 55 minuti trascorrevano tra lunghi periodi di sconforto e brevi attimi di speranza e si concludevano nel riserbo più totale. Il voto finale di questo travaglio era segreto. Siccome lo sfruttamento del malcapitato era completo, non restava certo il tempo per assegnare compiti o pagine da studiare: l’argomento lo sapete, il capitolo del libro lo trovate, fate un po’ quello che vi pare. Questa vita era intervallata da tre compiti scritti a quadrimestre, che erano come le porte dell’inferno di Dante, bisognava lasciare in partenza ogni speranza. Nell’epoca dei quiz a risposta multipla oggi sorrido: un paio di problemi, non si pretende che li risolviate entrambi, cominciate a sceglierne uno e vedete un po’ dove arrivate. E in molti casi si arrivava a scrivere nome e cognome, impostare i dati e lasciare sul foglio protocollo misere tracce dei vani tentativi di soluzione. Lo scritto però andava riconsegnato con un numero, che raramente e misteriosamente era sotto il 4, ma quasi mai sopra il 6, mediana della classe tra il 5- quando andava male e il 5+ quando andava bene (va detto che all’epoca, fino all’introduzione dei crediti formativi, il voto massimo per quasi tutti i docenti era 8, numero di tondeggiante perfezione, di più equivaleva ad una simbolica cessione della cattedra). Passano gli anni col 6 in extremis a fine anno, ma pian piano qualcosa nella mente cresce. Lentamente, molto lentamente, come le foglie di una timida piantina, ma arriviamo all’ultimo anno che le cose vanno decisamente meglio. All’inizio eravamo quasi completamente inerti, ma maturando piano piano siamo quasi tutti arrivati a capire il metodo.
    Passata la seconda prova di maturità senza particolari emozioni, tocca all’università, la ancora più vituperata ingegneria, al prestigioso Politecnico di Milano. Ad analisi 1, lo sconcerto: ma stiamo scherzando o facciamo sul serio? L’insegnante spiegava tutto in maniera anche piuttosto pedante e gli esami, dico, ne vogliamo parlare?? Esercizi a salire di difficoltà, visti e rivisti nelle ore di esercitazioni, gradini da scalare come quelli del pianerottolo di casa. Ti guardi intorno con un sorriso, ma stranamente vedi annaspare gente uscita col massimo dei voti da altri licei disseminati lungo il lungo stivale. E lì capisci chi ha fatto il tuo bene e lo ha fatto senza che tu nemmeno lo potessi intendere. Vedi anche come chi annaspa comunque resta a galla e arriva lo stesso all’obiettivo del pezzo di carta, per cui sai quante innumerevoli gradazioni di svariate tipologie di intelligenza si possano nascondere dietro.
    PS
    Da indiscrezioni venimmo a sapere che Lei, la megera di matematica, agli scrutini era quella che, se poteva, cercava di salvare l’alunno in bilico. Quei voti segreti delle prove alla lavagna contribuivano a far pendere la bilancia dalla parte della salvezza, sempre che vi fosse qualcosa di buono, vuoi magari solo l’autenticità della sofferenza.

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    1. Avevo un professore simile. Passava le lezioni a dettare il suo sapere, poi quando c'era l'interrogazione andava in ordine alfabetico (quindi sapevi più o meno quando toccava a te). Il voto massimo era 8 ed era una utopia. Durante le lezioni e le interrogazioni ti lasciava uscire quanto volevi, l'importante non disturbassi in classe. Alla fine se sapevi bene, altrimenti 4.

      Alla maturità ci consigliò di prendere un "manuale" che essendo "manuale" era autorizzato, all'interno c'erano casi di esami passati con le soluzioni.

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  5. Conoscevo un altro comico che ebbe un gigantesco successo sparando minkiate simili...

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    1. Ciao splendide! Capisco che se si parla di tecnologia, chi si firma con una lingua morta possa avere delle perplessità. mi piace risponderti con un post del tuo vate:

      https://goofynomics.blogspot.com/2021/07/la-psicologia-dei-buoni.html

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  6. Però, così sembra un infierire sul cadavere. Certo, mantenere tutta una serie di posizioni oramai fuori tempo stimola il sospetto che cadavere si voglia rimanere finché non passi la nottata; la nottata la farebbero passare gli altri e poi tornerebbero i soli buoni, giusti e onesti a regolarsi l'incrocio. Però c'è da dire che qui e là rimangono remoti epigoni, del bel tempo antico, più propositivi o se si vuole meno ingessati. E, oramai che nelle aule le lavagne sono definitivamente schermi enormi e sugano energia elettrica per un minimo 6 ore al giorno, cosicché poi è naturale che di notte si debba girare per le città in penombra, perché se no viene il riscaldamento globalle, credo che sarebbe anche interessante sapere cosa pensano i valenti collaboratori riguardo le idee degli intelligenti studiosi. Ma s'ha altro da fare, di solito, e, dunque, si dovrebbe essere solo più comprensivi verso coloro che si trovano a dover tener dietro alla sorte di milioni di cittadini realmente affidati o, dall'altro lato, con apparente sollecitudine presi a cuore, così dove mai si potrebbe trovar ancora tempo per le spicce curiosità di singoli sfaccendati? Perciò, come gl'intelligenti studiosi, curvi sui loro tomi, poca pazienza riservano all'ingrato e recalcitrante basso mondo, così i valenti collaboratori, che col basso mondo si trovano a dover contendere, non amano tener dietro alle insidiose elucubrazioni dei primi.
    E al singolo non resta, quindi, che chinar la fronte e rassegnarsi, affacciato alle finestre dei grandi schermi, finché resteranno aperte, o attendere sul fiume.

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  7. Quando andare a scuola comincerà ad essere un luogo elitario ( che in parte già lo è) , basta poi non lamentarsi di come "diventeranno grandi" i bambini di oggi ...

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  8. Poi per carità, in salotto ho piu dispositivi elettronici di un ufficio amministrativo, viceversa non giudico da chi preferisce carta a penna da un notepad con trascrizione vocale . Come per le vetture mentre li il problema sarebbe la neutralità tecnologica , qui sarebbe una neutralità educativa 😅.

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  9. Comunque una piccola critica bisogna anche scriverla che a mio avviso si potrebbe legiferare in futuro anche breve.
    Visto che l'onorevole lo sa , per essere di ruolo oltre alla laurea 🎓 ci vogliono 60 crediti.
    Con la misera paga che prendono , non mi stupisce che mancano insegnanti 😅

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  10. Per chi non fosse informato oppure non avesse capito ecco la fonte https://www.centrouniversitario.it/abilitazione-insegnamento-scuola-secondaria-60-cfu/#:~:text=La%20Riforma%20Bianchi%20%C3%A8%20stata,24%20CFU%20%C3%A8%20stata%20approvata.

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  11. I linguaggi di programmazione li ho studiati sui libri e i professori hanno usato lavagna e gessetto nelle loro lezioni; funziona; idem per la matematica; perché cancellare ciò che dà risultato all'apprendimento delle basi logiche di qualsiasi materia? Perché cancellare un metodo di studio
    intuitivo, pratico, poco costoso, che lascia tempo alla riflessione, che ti obbliga a scrivere e quindi a ragionare su quello che vai scrivendo perché in fondo scrivere è anche verificare il livello di comprensione di quello che vai studiando.

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  12. Egregio Onorevole,

    allargando un poco la questione del digitale, relativamente ad infanzia e adolescenza, mi permetto di segnalare questo recente libro:
    https://www.rizzolilibri.it/libri/la-generazione-ansiosa/

    Segnalo anche il seguente report governativo US, che evidenzia le problematiche dei social nei giovani e suggerisce quali azioni intraprendere:
    https://www.hhs.gov/surgeongeneral/priorities/youth-mental-health/social-media/index.html

    Tra le varie proposte del report, vi è anche:
    "Support the development, implementation, and evaluation of digital and media literacy curricula in schools and within academic standards."
    Visto che i giovani devono (con)vivere con il mondo digitale ed i social, è bene che la scuola li formi adeguatamente per utilizzare consapevolmente questi strumenti.
    Ho utilizzato volutamente la parola strumenti perché tali sono e devono restare. Come la cassetta degli attrezzi di un meccanico o i bisturi di un chirurgo.

    Un saluto,
    Fabio

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