domenica 22 luglio 2012

Caro Emiliano ti scrivo...


(Qui c’è da studiare, ma anche, purtroppo, da ridere. Ai neofiti: cliccate ovunque e leggete bene. Sono stanco di commenti disinformati.)


Il primo è stato Massimo, come sempre icastico (da buon etilista):

Il 17/07/2012 18:44, Massimo ha scritto:
Non so se hai visto Brancaccio. Sta arrivando a riva a grandi bracciate ma sottolinea un punto che forse merita la tua attenta attenzione pro domo nostra "La caduta della quota salari negli anni successivi all’uscita dallo Sme è indicativo, in questo senso. Affermare che tale andamento sia stato dovuto all’accordo sul costo del lavoro, senza alcun nesso tra questo e lo sganciamento dal sistema dei cambi fissi, mi fare francamente azzardato".

L’immagine di Brancaccio che si salva con ampio gesto atletico dal naufragio del Fogno della FiniFtra è talmente plastica che perdono a Massimo la lieve imprecisione (della quale non ha colpa, e che discuterò qua sotto). Come non riandare ai classici?

Suave, mari magno turbantibus aequora ventis
e terra magnum alterius spectare laborem;
non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,
sed quibus ipse malis careas quia cernere suavest.

In altre parole, niente di personale...

Hanno fatto seguito altre segnalazioni, meno poetiche ma più o meno sulla stessa linea, con diverse sfumature:

Pragmatico
Il 17/07/2012 21:21, Marco ha scritto:
Prof, non so se sono OT, ma vorrei segnalarle l'ultimo articolo di Brancaccio, che mi sembra prendere (finalmente) una posizione definitiva, omnicomprensiva, e inequivocabile (sembra un riassunto in poche righe di tutta la Gofynomics).

Lucido
Il 18/07/2012 13:18, salvatore ha scritto:
salve Prof., segnalo all'attenzione sua e degli utenti di goofy questo scritto di Brancaccio che con stile lucido ma sobrio mette in guardia i dirigenti della Sinistra sulla pericolosità della loro politica di difesa ad oltranza dell'euro." pur di restare nell’eurozona, dovremo in futuro adattarci a qualsiasi possibile divario tra tassi d’interesse e tassi di crescita del Pil nominale.." rispetto agli uberalles, naturalmente. Come dire dovremo condannarci all'auto-affondamento, come nazione s'intende.

Analitico
Il 19/07/2012 10:47, Saverio ha scritto:
Gentile professore, vorrei segnalarle un articolo di E. Brancaccio che, pur essendo un po' OT, mi pare ponga questioni molto imporanti... Terzo punto, per me meno convincente: per evitare ulteriori acquisti a buon mercato degli asset nazionali dopo l'uscita dall'euro occorrerebbe limitare anziché favorire le acquisizioni estere.

Naïf
Il 19/07/2012 14:48, Lorenzo ha scritto:
Salve, ho letto questo articolo di Emiliano Brancaccio e l'ho trovato molto pericoloso. Lui dice che all'uscita dalla zona euro dobbiamo affiancare una politica neo-protezionista, sia sulle merci che sui capitali. L'ho sentito dire giorni fa che se vendiamo all'estero le banche nazionali dopo lo sganciamento diventeremo una specie di "Messico", un protettorato, e quindi propone di mettere vincoli alle acquisizioni estere. Secondo me lui così va dritto verso una spirale protezionista che porterà a cose terribili...

Arguto
Il 19/07/2012 15:51, Stefano ha scritto:
Sembra che anche Brancaccio abbia deciso di saltare il fosso.

Perplesso
Il 19/07/2012 20:14, Quarantotto ha scritto:
E' come se fosse rassegnato ormai...ma con chi ce l'ha?

Pignolo
Il 20/07/2012 04:44, Silvia ha scritto:
A proposito, è certo solo una coincidenza, però mi pare che Brancaccio un passo avanti lo abbia fatto. Cosa ne pensa? Non vedo tutti questi intellettuali di sinistra ansiosi di uscire dall'euro (se con il termine sinistra si intende il PD) però il suo punto di vista mi pare abbastanza esplicito (a voler essere pignoli anche un po' in ritardo).

E forse ce ne sono stati altri che non trovo. Ma allora volete parlarne? E parliamone, ma non fra noi: parliamone con il diretto interessato.

Caro Emiliano ti scrivo...

Caro Emiliano,
ho letto con interesse il tuo intervento su Gli intellettuali “di sinistra” e la crisi della zona euro. Poi lo ho riletto contando le “i”. Ce ne sono 888 (me lo dice Word): manca però qualche puntino. Se me lo consenti, lo metto io (libero tu di toglierlo, se ti sembra sia messo male).

Due (o tre) premesse

Faccio due premesse, anzi tre. Credo a te interessi solo la prima, le altre sono cose che sai e che affermo solo per collocare il nostro scambio, che è uno scambio fra professionisti, nella giusta prospettiva scientifica, a beneficio dei profani.

Premessa prima

La prima premessa è che non ti conosco personalmente. Da quando ho iniziato la mia attività divulgativa, che necessariamente implica un risvolto politico, ho capito una cosa fondamentale: in politica le persone bisogna guardarle negli occhi. Sarà per evitare questo compito non sempre piacevole che ho preferito, fin da piccolo, dedicarmi alla ricerca. Ma ora c’è urgenza, non ci si può sottrarre alle proprie responsabilità. E allora bisogna guardare la gente negli occhi. Ripeto: con te non è stato possibile, e può essere quindi che quanto segue sia, come dire, sfuocato. Ma servirà comunque a capire se varrà la pena (in futuro) di guardarsi negli occhi.

Premessa seconda

La seconda è che conosco e apprezzo la tua attività scientifica nel campo che oggi interessa tutti. Ho sempre ampiamente riconosciuto il tuo merito secondo me più rilevante in questo settore, vale a dire quello di essere stato probabilmente il primo in Italia (e comunque fra i primi) a portare l’attenzione sul vero problema: gli squilibri esterni di bilancia dei pagamenti dell’Eurozona (EZ), cioè il prorompere nell’EZ di flussi internazionali di capitali che, se pure andavano “nella direzione giusta” secondo l’omodossia (vale a dire, dai ricchi ai poveri, vedi il par. 2.3 di Crisi finanziaria e governo dell’economia), erano chiaramente insostenibili (per i poveri, che si stavano indebitando). Lo hai fatto (lo ricordo ai latecomers) nel tuo articolo su “Deficitcommerciale, crisi di bilancio e politica deflazionista”, pubblicato nel 2008, dove fai tante considerazioni interessanti e citi tanta letteratura, a me nota per altre vie.
Sì, perché il mio percorso di ricerca internazionale era cominciato, sedici anni fa (pare ieri), proprio dallo studio dei movimenti internazionali di capitali e in particolare del paradosso di Feldstein-Horioka. Vi ricordate l’amico (si fa per dire) Martin Feldstein, quello che ha detto le parole più lucide sull’euro? (Ve le ricordo: “A critical feature of the EU in general and EMU in particular is that there is no legitimate way for a member to withdraw. This is a marriage made in heaven that must last forever. But if countries discover that the shift to a single currency is hurting their economies and that the new political arrangements also are not liking, some of them will want to leave. The majority may not look kindly on secession, either out of economic self-interest or a more general concern about the stability of the entire union. The American experience with the secession of the South may contain some lessons about the danger of a treaty or constitution that has no exits” Foreign Affairs, 76(6), 1997, p. 72).
 L’amico Martin aveva scritto, nel 1979, uno degli articoli più citati degli ultimi trent’anni (lo citi anche tu): Domestic savings and international capital flows, il cui messaggio era: “Strano! Stiamo liberalizzando i movimenti di capitali, ma pare proprio che la maggior parte dei paesi si comportino in modo autarchico: finanziano i propri investimenti coi propri risparmi, quando forse potrebbero star meglio ricorrendo ai mercati finanziari internazionali...”. Il “paradosso” di Feldstein-Horioka (perché c’è così poca mobilità dei capitali in un mondo che sta liberalizzando i movimenti di capitale?) aveva attratto tanta attenzione, e molti si erano dedicati a confutarlo. Il lavoro di Feldstein aveva una serie di problemi metodologici... non voglio annoiarvi... ma insomma, quando nel 1995 l’amico Stefano Manzocchi mi propose di verificarlo per i paesi in via di sviluppo, scrivemmo un lavoro, pubblicato prima come working paper e poi nel 1996 su rivista, che, insieme a tanti altri, mostrava che in effetti nei paesi in via di sviluppo i capitali si muovevano.
All’epoca, nota bene, non ci interessava vedere in quale direzione: il nostro “eppur si muove” quindi era, se vuoi, abbastanza naïf. Buoni ultimi nel dibattito intervennero Blanchard e Giavazzi (2002), per notare come in effetti anche nel caso dell’EZ il paradosso era smentito: i capitali si muovevano, affluivano verso i paesi periferici (qui la direzione era chiara), e questo processo era fisiologico perché si conformava alle leggi dell’omodossia: il capitale va dove è più scarso, perché lì è più produttivo. Ciò rappresentava la fine del “paradosso” di Feldstein-Horioka.
Ma rappresentava anche, come tu giustamente notavi, l’inizio di un bel casino, perché questi afflussi di capitali (che è il modo elegante in cui gli economisti chiamano i debiti: ce lo vedi uno che ha appena contratto un mutuo capestro con qualche banca per acquistarsi la prima casa dire con uno smagliante sorriso “oggi ho registrato un importante afflusso di capitali”!), questi afflussi di capitali, tu dicevi, sarebbero risultati insostenibili. Cosa che si è puntualmente verificata. Col senno di poi credo mancasse nella tua analisi del 2008 quello che mancava nel mio lavoro del 1995, cioè una visione organica del perché le economie periferiche sono soggette, sempre e comunque, ad afflussi di capitali destabilizzanti (e del ruolo che in questo meccanismo giocano gli agganci nominali). Questa visione organica l’ho raggiunta da poco, grazie allo studio dei lavori di Roberto Frenkel (su Cambridge Journal of Economics, o al convegno di Pescara), e l’ho esposta ad esempio nel saggio su Micromega o nell’intervista a byoblu: è il film già visto, la famosa storia d’amore fra Centro e Periferia, che poi si rivela in realtà essere una storia di sesso (contro natura).
Non sono poi del tutto d’accordo con l’idea che tu esprimi serialmente, quella secondo cui la scarsa produttività dipenderebbe dalle piccole dimensioni delle imprese italiane. La mia esperienza di ricerca in questo settore mi porta a conclusioni quasi diametralmente opposte (un po’ più in accordo con quelle raggiunte da GustavoPiga, e, se posso, sommessamente, un po’ più in accordo coi fatti stilizzati). Ma di questo non c’è tempo per parlare oggi. Ma rimane il fatto che tu quale fosse il problema l’hai detto, e l’hai detto prendendo di petto “the bocconians”, con un gesto di indubbio coraggio. Onore al merito. E mi va tanto più di sottolinearlo, in quanto nel mio primo intervento divulgativo sulla crisi, pubblicato sul Centro (cartaceo) e sullo Sbilifesto (l’organo della sinistra perbene e decotta, il megafono di quelli che tu chiami “i difensori ‘senza se e senza ma’ della zona euro), avevo esposto una tesi simile (il problema sono gli sbilanci esteri), in modo indipendente e senza poterti citare, per il semplice motivo che purtroppo il tuo lavoro aveva avuto solo diffusione nazionale, e che io per necessità, più che per vocazione, opero in ambito internazionale. Questo ci chiedono i mammasantissima del controintuitivo, compresi quelli ai quali tu ti rivolgevi nel tuo lavoro. E questo faccio, anche perché, paradossalmente, mi è più facile pubblicare all’estero che in Italia. Così, sono naturalmente portato a ignorare la produzione italiana, e questo talora si rivela una perdita di tempo. Anche in economia, come in tanti altri campi, non siamo peggio degli altri.

Premessa terza

La terza premessa, forse la più importante (anche perché risponde alla domanda dell’amico Quarantotto: con chi ce l’hai?), è che sono assolutamente certo del fatto che tu non banalizzi, a tua volta, il mio pensiero collocandomi nella tua “seconda categoria”, quella dei “fautori di un’uscita dall’euro in condizioni di libera circolazione dei capitali e delle merci”. Sei sufficientemente onesto dal punto di vista intellettuale per evitare di falsificare il pensiero altrui (così spero di essere io, ma se sbaglio mi correggerete), e sufficientemente acuto dal punto di vista politico per capire che facendolo ti metteresti in una posizione scomoda. Diciamo che hai preferito non citarmi, come del resto preferisce fare (finché le sarà possibile) la desinenza in “in”.
Ricordo che una consistente parte del mio percorso di ricerca, in particolare sui modelli di crescita post-keynesiani, si pone in un filone che esprime una netta critica verso il liberoscambismo. Ma se non bastasse questa attività di ricerca, ci sarebbe l’opera di divulgazione che sto svolgendo, e nella quale ho sempre evidenziato con grande risalto il fatto che l’uscita dall’euro deve necessariamente essere accompagnata da controlli sui movimenti di capitali (esempio: qui).
Questo è del resto pacificamente ammesso ovunque per cui la domanda di Quarantotto, a ben vedere, rimane: con chi ce l’hai quando parli della seconda categoria? Esiste veramente qualcuno che pensa di poter uscire dall’euro senza controllare i movimenti di capitali? Sai che non me ne ero accorto... Accipicchia! La nostra professione è messa peggio di come credevo. Oppure stai cercando di accreditarti come unico fautore di una proposta realistica di uscita? Ma se le cose stanno così, allora ti do un aiutino: secondo me ti manca ancora un pezzetto (che nel mio pensiero però c’è, e te lo regalo). Vedi, il problema non è solo congiunturale, come tu sembri ritenere (in fondo pare che tu dica “facciamo un corralito, altrimenti i capitali scappano”... e forse, anche in questo caso, arrivi tardi!).
No, no, no: il problema è strutturale, come ho più volte affermato e motivato in questo blog. Nel mondo di domani, quando le acque si saranno calmate, occorre che i movimenti di capitali siano comunque soggetti a restrizioni, perché essi hanno mostrato di essere la forza destabilizzante del sistema economico mondiale, per i motivi che ho argomentato in Crisi finanziaria e governo dell’economia.  E il mercato unico europeo in questo c’entra poco (ma questo è uno dei puntini sulle “ì”, te ne parlo dopo). Stranamente, il Fmi (com’è noto) ormai la pensa come me (perché così la pensano i Brics, che si sono rotti le scatole di subire senza colpo ferire gli tsunami finanziari che regolarmente vengono provocati dall’asimmetria usacentrica del sistema monetario internazionale).
Del resto, e qui chiudo, il dato è semplice, e si può riassumere con un noto proverbio: col culo degli altri son tutti finocchi, ovvero: col mercato degli altri son tutti liberisti. Basta vedere come Smith descrive il meccanismo della mano invisibile. Aspetta, lo traduco qui per i non senzienti, quelli che vogliono fare la rivoluzione senza parlare la lingua degli padroni. Parlando dell’individuo, Smith dice:

“Nel preferire il sostegno dell’industria nazionale rispetto a quella estera, egli ha in mente la propria sicurezza; e nell’indirizzare questa industria in modo tale che il suo prodotto abbia il massimo valore, egli ha in mente solo il proprio guadagno personale; e in questo, come in tanti altri casi, una mano invisibile lo guida a promuovere un risultato che non rientrava nelle sue intenzioni [N.d.t.: astenersi complottisti, evidentemente!]. Ma il fatto che la sua azione non sia intenzionale non è sempre un male per la società. Nel perseguire i propri interessi egli spesso promuove l’interesse della società in modo più efficace che se realmente si proponesse di promuoverlo. Non ho mai riscontrato grandi benefici fatti da chi ostentava di commerciare nell’interesse pubblico. Questa ostentazione, in effetti, non è molto diffusa fra i mercanti, e bastano pochissime parole per dissuaderli da essa”.

(è una chicca, vero... Dite la verità, che non la conoscevate? Ma i miei studenti sì, anche se non sanno apprezzarla).
Ora è più chiaro? Smith considera assolutamente naturale che gli agenti economici promuovano politiche protezionistiche (incidentalmente, Smith insiste sul fatto che non tutte le ciambelle riescono col buco: l’agire individuale spesso, cioè non sempre, arreca benessere collettivo. E leggiamoli, i classici!). Andatelo a dire allo scialbo presidente della società Adamo Smitte! O all’economista Oscar Giannino! (titolare, credo, della Lord Brummel chair in Common Sense Economics alla Conventional Wisdom University di Chattanooga). Vedrete: loro non lo sanno (ma noi non sappiamo chi sono loro, quindi pari e patta). E perché Smith era a favore del protezionismo? Ma è semplice: perché quando lui scriveva l’Inghilterra doveva ancora affermarsi compiutamente come potenza egemone. Quando poi Ricardo (che aveva 4 anni quando queste parole furono pubblicate), quarantacinque anni dopo fa il suo bell’elogio del libero scambio (lui sì che lo fa) le cose erano un po’ cambiate: l’Inghilterra ormai era in cima all’albero dello sviluppo, ne stava cogliendo i frutti (grazie anche a un sapiente protezionismo) e quindi poteva “dare un calcio alla scala”, come dice l’amico Tony Thirlwall, per lasciare gli altri di sotto a “magnasse li torzoli”...
Ecco: non dimentichiamoci mai che il liberismo è questo: è la politica dei due pesi e due misure, affermata da chi ha risolto i propri problemi creando problemi agli altri, e vuole mettersi al sicuro da ritorsioni. Ti ricorda la Germania? A me sì, forse perché per lunga esperienza di modellizzazione del commercio internazionale colgo immediatamente il banale fatto che una svalutazione reale competitiva è isomorfa all’imposizione di un dazio protettivo. Ma a te pare di no, almeno a giudicare da quanto ti sei arrampicato sugli specchi nell’ultimo anno per difendere l’euro. Diciamocelo...

I puntini

Ricapitolando: hai scritto cose eccellenti e sicuramente non ce l’hai con me (mentre io sì, forse un po’ ce l’ho con te, non son riuscito a nasconderlo: qui bene amat...). Ma cosa c’è, secondo me, che non va nel tuo intervento? Poche cose, pochi puntini, dei quali però occorre che discutiamo.
Vado spiccio: a me pare che la tua analisi della crisi della sinistra italiana sia sommaria e ingenerosa, pur restando relativamente timida (ma questa non è una novità). Mi spiego.

Timidezza

Parto dalla fine, dalla timidezza (che poi non sarà timidezza, ma giusto desiderio di mantenere aperte delle strade di mediazione: strade che però, perdonami, sono chiuse perché in fondo ad esse ci sono solo dei cadaveri politici... o altro materiale maleodorante...).
Come forse non ricorderai, un anno fa ho scritto sul Manifesto un articolo nel quale ritengo di aver posto il problema della sinistra italiana (e non solo) nel modo più generale, chiaro ed esplicito possibile (sono aperto a smentite). L’articolo si concludeva in questo modo: “Così, dopo vent’anni di Realpolitik, ad annaspare dove non si tocca si ritrovano i politici di sinistra, stretti fra la necessità di ossequiare la finanza, e quella di giustificare al loro elettorato una scelta fascista non tanto per le sue conseguenze di classe, quanto per il paternalismo con il quale è stata imposta”. Ecco. Parliamo del vero problema. Il problema è che l’euro è fascista. Cosa intendo? Una cosa molto semplice: l’euro non rappresenta solo una precisa scelta politica a danno delle classi subalterne, scelta evidenziata dal fatto che, come ci ha sbattuto in faccia il giornale dei padroni dopo, dentro l’euro “non ci sono alternative: o si svaluta la moneta (ma nell'euro non si può più) o si svaluta il salario” (Vittorio Da Rold - Il Sole 24 Ore. Dice: perché non il profitto? Eh, sai, no, il profitto non si può, perché altrimenti i capitali scappano).
Vedi, una scelta fatta a danno delle classi subalterne potrebbe essere anche semplicemente una scelta reazionaria. Ma nel caso dell’euro siamo al fascismo, e perché? Perché c’è un dettaglio: quello che la voce del padrone ci ha detto dopo, i migliori economisti post-keynesiani e non ce lo avevano detto prima, ognuno all’interno della propria visione del mondo, e da tribune autorevoli e ampiamente diffuse come il Financial Times: Tony Thirlwall nel 1991, Wynne Godley nel 1992, Paul De Grauwe nel 1998, e se proprio volete, financo, persino, addirittura Alain Parguez nel 1999, con un articolo che mi è piaciuto per certe cose (lo dico a Pablo72), ma che personalmente reputo meno illuminante, seppure spesso più incisivo, di altri (e fornisco, come vedete, ampia scelta).
E allora? E allora è chiaro quello che ora tutti ci dicono, ma che prima tutti hanno negato: del fatto che l’euro avrebbe avuto dei costi i suoi autori erano ben consapevoli, ma, come oggi ci confessano, hanno deliberatamente imposto questi costi alle popolazioni europee per convincerle, sotto lo choc della crisi, ad accettare alterazioni profonde in senso autoritario ed oligarchico delle rispettive costituzioni economiche e politiche. Questo è quello che chiamo fascismo. Il fatto che stanno riscrivendo la nostra costituzione a nostro danno e senza dircelo, distogliendo o reprimendo qualsiasi forma di dissenso. Mi sbaglio?
E l’impudenza, la violenza di questo procedimento stanno aumentando esponenzialmente in questi giorni, mentre le oligarchie vedono sgretolarsi la certezza della propria impunità. Tu, sicuramente, i giornali li leggi, anche in filigrana, no? E allora avrai visto, ad esempio, De Bortoli (buon ultimo) veicolare l’idea che lo spread dipende dall’incertezza politica: insomma, italiani cari, che non vi venga in mente di votare qualcuno di sgradito ai mercati, perché sarebbe una catastrofe! E ai mercati chi è gradito si sa: il loro garzone di bottega, mandato a riscuotere i sospesi, quello che qui su goofynomics chiamiamo affettuosamente l’hidalgo de la Sierra.
Questa è la “democrazia” dell’euro. Per la sua natura intrinsecamente classista, oligarchica e paternalistica l’euro è fascista. Punto.

L’austerità non è né di destra né di sinistra

E attenzione: inutile girarci intorno con titoletti a effetto, tipo “l’austerità è di destra”. Qui, lo ammetto, un po’ parla l’invidia, perché il titolo del tuo libro è efficace (ancora una volta: onore al merito), e io proprio in questi giorni sono impegnato in un corpo a corpo con un editore per trovarne uno altrettanto valido. Ma l’invidia spiega solo una parte di quello che voglio dirti. Vedi, l’austerità, secondo me, non è né di destra né di sinistra. Mi spiego. Ricordi quando sui banchi di scuola studiavamo il modello IS/LM. Bene. L’austerità è dove metti la IS, quanto la collochi “a sinistra” (mi perdonino i non addetti ai lavori, ma ribadisco il concetto che i veri tecnici sono su Goofynomics, non a palazzo Chigi). Ora, anche un governo di “sinistra” (qualsiasi cosa ciò voglia dire) può, in determinate circostanze, decidere di spostare la IS un po’ a sinistra. Il vero problema non è dove metti la IS. Il problema è come ce la metti, cioè come decidi dove metterla: lo fai decidere a un governo espressione di un parlamento democraticamente eletto, o lo fai decidere a un comitato di oligarchi espressione di quel potere finanziario che ci ha messo nelle condizioni nelle quali siamo? Ormai è chiaro che se non rifiuti recisamente l’euro, abbracci la seconda possibilità e sei per la dittatura dello spread. Non si scappa, svicolare è inutile. In inferno nulla est redemptio. Non esiste un euro democratico, perché non può esistere. Questo è chiaro a tutti adesso, ed era chiaro a molti prima.
L’ademocraticità dell’euro, come il mio articolo chiaramente indicava, non risiede solo nelle sue conseguenze (quelle di lasciare il campo aperto alle incursioni delle destre populiste – in Francia Le Pen, in Italia, ovviamente, Berlusconi). Essa risiede soprattutto nel suo vizio genetico, nel fatto di aver imposto a colpi di disinformazione e di paternalismo una scelta politica che faceva gli interessi di pochi a danno di quelli di molti, propugnandola per scelta tecnica (contro il parere della parte migliore della professione), e appellandosi a nobili quanto vuoti ideali. Ogni dittatura ha forti richiami valoriali, ci mancherebbe. E nella dittatura dell’euro il richiamo valoriale è l’Europa, proposta da persone che confondono Pachelbel con Packard Bell e Proust con Prost. Ha senz’altro ragione Ida Magli http://goofynomics.blogspot.fr/2012/05/ida-magli-28-minuti.html: il vuoto culturale di certi padri della patria spiega una parte consistente di quello che sta succedendo. E il resto lo spiegano, come sempre, gli interessi di chi paga.
Ma allora perché mai, da quando ho affiancato alla mia attività di ricerca internazionale la mia attività di divulgazione nazionale, ti ho sempre e solo visto difendere l’euro?

Ingenerosità

Diciamocelo. Inutile sparare oggi a palle incatenate sui difensori dell’euro. Tu ne hai fatto parte fino a pochi giorni or sono, e verosimilmente ne fai ancora parte, a giudicare dagli argomenti che usi e con i quali provi a terrorizzare (o, se vogliamo vederlo con occhio benefico, a far “riflettere”) anche i più distratti fra i miei lettori. Quindi, come dire, sei sicuro di poter assumere una posizione di terzietà verso quella sinistra italiana della quale, in fondo, perdonami e correggimi se sbaglio, hai anche tu cantato la rancida litania: “meno male che l’euro c’è”?
Eh sì, perché le cose stanno così, e i miei lettori meno distratti, come avrai visto dai loro commenti, se ne sono accorti. Non preoccuparti: loro sono la parte migliore della sinistra, e quindi, siccome la natura è matrigna, sono minoritari. Però... però... sai, se li conoscessi forse un po’ li staresti a sentire, perché per quanto minoritari siano, molti son piazzati bene, meglio di me e di te...
La tua difesa dell’euro ha seguito le strade consuete: “un altro euro è possibile”, e “fuori dall’euro sarebbe la catastrofe”. Sono le strade che percorrono ancora, in patetico, irrimediabile ritardo, tante persone dalla limitata capacità di comprensione, dalle quali tu hai il merito di distinguerti oggi.
Ma queste strade sono vicoli ciechi.

Un altro euro (non) è possibile
“Un altro euro è possibile” è un vicolo cieco per un fatto banale: se si fosse voluto un altro euro, lo si sarebbe fatto fin dall’inizio. Se l’euro è quello che è, non è solo perché non c’era una volontà politica di farne un altro, ma perché c’era una evidente (e pacificamente ammessa, vedi sopra) volontà politica di fare questo euro, per arrivare dove siamo arrivati: alla dittatura del mercato.
Entriamo nei dettagli. Degli “altri euro” basati su “più Europa” ho parlato diffusamente nel blog, e anche su Micromega. Il tuo “altro euro” si basa, invece, sulla proposta di standard retributivo europeo, pubblicata nel 2011 e ripresa, o espressa in modo indipendente, da altri autori, come l’amico di G.Z., Hein (apro e chiudo una parentesi: che un tedesco voglia salvare l'euro non è strano... e ora Gennaro mi mazzola!).
Questa proposta è chiaramente inattuabile, per il semplice motivo che a chi ha imposto l’euro (il core) non interessa attuarla (come non gli interessano gli Eurobond, come non gli interessano la bceugualeallafed, e altri mantra che si riducano a forme di socializzazione delle perdite).
Forse non è chiaro: vale sempre la solita relazione: S-I=X-M. Ovviamente, banalmente, contabilmente il surplus commerciale tedesco è correlato a una repressione della spesa interna. Tu dici che “limitarsi ad affermare che i paesi periferici spendono “troppo” mentre la Germania spende “troppo poco” è una prassi diffusa che però rasenta la tautologia” e io sono pienamente d’accordo con te, sfondi una finestra aperta: ne ho le virgolette piene dei feticisti della ruota alla Wray, di quelli che trasformano in un oggetto mistico di venerazione le identità di contabilità nazionale (il che li porta, fra l’altro, a profferire spesso delle lievi imprecisioni, ma di questo parlerò con lui, e non è una promessa). Questi feticisti della ruota sono molesti quanto e forse più dei feticisti del motore, i funamboli del contointruitivo. Ma credo che tu sia d’accordo con me che usciamo dalla tautologia se io ti dico che evidentemente il successo commerciale tedesco è causato dalla politica di deflazione salariale (salari reali diminuiti di più del 6% in pochi anni) indotta dalla riforma Hartz, che ha ovviamente represso i consumi interni (non essendo americani, i tedeschi non hanno speso i soldi che non avevano) nel momento stesso in cui, evidentemente, determinava un miglioramento della competitività di prezzo dei prodotti tedeschi.
Il saldo commerciale tedesco non è migliorato solo per un effetto prezzo (prezzi meno alti uguale più esportazioni), ma anche per un effetto reddito (sì, proprio quell’effetto che, stranamente, tutti i “keynesiani” italiani mi pare dimentichino: eppure nei libri di testo se ne parla: meno salari uguale meno consumi uguale meno importazioni). Sarebbe bastato che i salari reali tedeschi rimanessero stazionari, come quelli italiani, per trovarci oggi una situazione ben diversa. Ma perché non sono rimasti stazionari e invece sono scesi? Ma è semplice: perché i tedeschi ci volevano fottere. E ci sono riusciti, finanziando, fra l’altro, le loro riforme strutturali con  un massiccio ricorso alla spesa pubblica, per il sostegno sia delle imprese (Quarantotto, che sa, su questo insiste molto, e giustamente) che dei redditi dei lavoratori, come ho illustrato qui. Il loro dumping salariale è stato reso possibile dalla violazione del Patto di stabilità, insomma. Chiaro, no?
Ora ci dicono che loro sono virtuosi e che dobbiamo fare come loro. Cioè violare il Patto di stabilità, chiederà Pierino? No, Pierino, noi (noi) dobbiamo essere virtuosi....
Ma se il loro scopo non fosse stato quello di fotterci, perché, di fare le riforme, non ce l’hanno proposto mentre loro si accingevano a farle? Se lo scopo di queste riforme è vincere insieme la guerra santa contro la Cina (una delle due ossessioni degli ortotteri, l’altra essendo la castacoruzzzzzzionebrutto), perché, chiedo, perché i virtuosi alamanni non hanno voluto che le decidessimo insieme? Questo nessuno se lo chiede, poerché la risposta a questa domanda che nessuno si pone (i Giannino, i Cruciani, gli Alesina, i Polito, i Gramellini) è tanto semplice quanto sgradita agli occhi degli errand boys e dei loro Castle hacks: perché chi picchia per primo picchia due volte (soprattutto se  l’avversario è bendato), e loro volevano fotterci. Bene: a queste persone che evidentemente volevano fotterci, ora tu vai a chiedere di aderire a uno standard retributivo? Suvvia... siamo seri!
Del resto, non so se noti il paradosso.
Il paradosso consiste nel fatto che noi dovremmo costringere i custodi europei dell’ortodossia e del libero scambio a fare quello che naturalmente accadrebbe (rivalutare in termini reali) se essi lasciassero liberamente agire le forze di mercato, che invece reprimono. Perché col culo degli altri son tutti (libero)scambisti. Chiaro, no? Qui ovviamente non ci può essere buona fede. E allora, anche senza voler considerare il fatto che ormai è troppo tardi per aspettarsi un riequilibrio in tempi decenti da una misura simile, come spiega De Grauwe, rimane il dato politico che i tedeschi di una roba simile non vogliono saperne mezza. Inutile rifugiarsi in corner, come fai tu nel tuo lavoro, augurandoti “che il contributo dei giuristi possa consentire in seguito di approfondire gli aspetti più specificamente normativi del problema”. Eh sì, ci sarebbe da auspicarlo, in effetti. Solo che il problema non è tecnico, è politico. Ci vai tu dalla Volkswagen a dirgli “adesso basta precariato, strutturate tutti e pagateli di più”? Daje a ride...
Quindi un’altra Europa, dentro l’euro, non è possibile. In inferno (mi ripeto) nulla est redemptio.

Fuori dell’euro (non) sarebbe la catastrofe
Tu non lo dici così, sei meglio, molto meglio di così, molto meglio di quei patetici incompetenti che tu classifichi fra i difensori dell’euro “senza se (o forse senza sé) e senza ma”. Però, dai, ammettilo, qualcosa del genere lo dici, con varie sfumature e da tempo. Chissà se hai cambiato idea. Vediamo le nuances della tua tavolozza.
Sfumatura numero uno: se uscissimo svaluteremmo e questo darebbe luogo a una svendita di aziende italiane, poiché di fatto ci troveremmo a fare uno sconto ai capitalisti esteri. Ohibò! A me pare proprio che i conti non tornino. Intanto, come ho ampiamente argomentato (grazie al contributo del prof. Santarelli) in questo post, lo sconto lo abbiamo già fatto restando dentro questo euro e mettendoci quindi in condizione di subire un attacco speculativo che ha sbriciolato le quotazioni delle nostre imprese, molte delle quali sono andate o stanno andando in mani estere, con tutto quel che ne consegue (trasferimento di brand e tecnologie all’estero, perdite di posti di lavoro in Italia, ecc. ecc.). E il problema non riguarda, ovviamente, solo le imprese quotate, ma il fatto che la redditività di tutte le imprese italiane è messa a rischio dalle vicende legate alla crisi finanziaria, il che le rende facilmente aggredibili. Ti faccio poi grazia di quel piccolo problema aritmetico per cui il 20% del 20% in realtà è il 4%. Ma, soprattutto, questa visione fosca è incompatibile con la tua (e mia) giusta osservazione che occorrerebbe, evidentemente, ripristinare prima dell’uscita dei controlli sui movimenti di capitali. Altro che eliminare l’art. 18 per favorirli! Gli italiani, fino a prima dell’euro, risparmiavano abbastanza per poter finanziare le proprie imprese senza ricorrere a capitali esteri. L’euro ha ridotto i redditi delle famiglie, fatto esplodere il loro indebitamento, e aumentato la necessità di ricorrere ai capitali esteri, come ho spiegato qui. Nel mondo dopo l’euro l’Italia non avrà tutto questo bisogno di capitali esteri, come non ne aveva nel mondo prima dell’euro. Perché le persone che moralisticamente si scagliano contro il debito (pubblico e non solo) dalle colonne dei prestigiosi Goebbels nazionali, poi però vedono nell’afflusso di capitali (cioè nel fatto che si contraggano debiti con l’estero) un fatto positivo, una soluzione ai nostri problemi? Se, come credono loro, il mondo è dominato dalla razionalità, la risposta è una sola: perché sono prezzolati dai creditori esteri. Devo dirglielo solo io, o mi dai una mano anche tu?
Quindi il problema “se usciamo svendiamo le aziende” non esiste: esiste invece il problema “ se restiamo svendiamo le aziende”, come in questo blog mille volte abbiamo documentato e come ormai ognuno vede.

Sfumatura numero due: la svalutazione che danneggia la vedova, l’orfano e il proletario. Oh Signore! Oh Signore mio! Ma come si fa? Allora: io di questo ho parlato diffusamente in questo post, ma veramente credo che repetita juvant, se perfino Massimo ci casca, e pure Sergio...
Credo che per ragionare in termini corretti su questo argomento sia utile guardarsi gli indici del salario reale e della produttività media del lavoro dal 1970 ai giorni nostri, riportati nella Fig. 7 di quel post, che qui riproduco per comodità.

Andiamo al punto: certo, sì, nel 1992 in effetti una flessione dei salari reali c’è stata, e, fra l’altro, non può essere dovuta a una accelerazione dell’inflazione, visto che essa, come è ampiamente noto a chiunque non sia un terrorista di regime, fra 1992 e 1993 diminuì (cioè scese, calò, si ridusse, non so: troviamo altre parole, se volete, ma il concetto è questo). Per essere esatti, nel quattro anni dal 1992 al 1996 i salari reali scesero del 4% (a spanna, dell’1% in media all’anno), e certo non sarà stata una passeggiata, considerando che nel frattempo l’inflazione calava.
(Apro e chiudo una parentesi: io nel 1992 c’ero. Non mi sono sentito più povero. C’ero anche nel 2001. E mi sono subito sentito più povero. E voi?).

Ma... siamo sicuri che il vero problema degli ultimi quaranta anni sia stato quello?

Cosa osserviamo se guardiamo la figura senza lente d’ingrandimento, ma prendendo un po’ di distanza? C’è un unico, evidente, macroscopico cambiamento di struttura nell’andamento dei salari reali, e coincide con l’ingresso nella zona del marco allargata (1979, entrata nello SME), quando la crescita dei salari reali si arresta. E c’è un unico, evidente, macroscopico cambiamento di struttura nell’andamento della produttività, e coincide con il rientro nella banda ristretta dello SME (24 novembre del 1996) con una parità sostanzialmente vicina a quello che poi sarebbe stato il cambio “irrevocabile” (quanto irrevocabile lo scopriremo presto). Nel 1996 la crescita della produttività si arresta, e i motivi li abbiamo discussi qui.
E allora, Emiliano, scusa, gli etilisti romani mi aspettano all’osteria e io quindi sono già in modalità romanesca: ma de che cazzo stamo a parla’? Fammi capire: tu nel naufragio del Titanic ti preoccupi del fatto che il golf si possa restringere con l’acqua salmastra? (perdona la provocazione, sono una bestia e non riesco a nasconderlo: io, comunque, su suggerimento della mia consulente d’immagine rockapasso, ho tutti golfetti abbastanza ampi, a prova di naufragio...). Perché sì, guardando bene, con la lente d’ingrandimento, in effetti, certo, dopo il 1992 il salario reale un po’ scende, va da sé, a guardar bene, per carità... Ma noi non siamo dei filatelici! Stacchiamoci dalla lente d’ingrandimento, non guardiamo la dentellatura, guardiamo il trend. Noi siamo delle persone che devono indicare a questo paese dei percorsi sostenibili nel medio-lungo periodo (dopo aver salvato le terga nel breve, va da sé).. E allora, perdonami, forse il trend, nella figura che ti ho prodotto, è più eloquente del ciclo: quello che ha massacrato i salariati italiani non è stato uscire nel 1992 dallo SME: è stato entrarci nel 1979 (e la Cina nel 1979 contava per meno del 2% del Pil mondiale: nun ce provate co' mme...).
Inutile girarci intorno, anche qui: noi dobbiamo rifiutare un modello di sviluppo che ha prima ucciso la crescita dei salari reali, e poi, dopo, a valle, anche quella della produttività, in nome di una scelta distributiva chiaramente a sostegno delle rendite finanziarie (divorzio Tesoro/Banca d’Italia) propagandata con richiami ingannevoli a una presunta modernità e a un presunto afflato europeista. Se hai altri dati, se ritieni che questi siano inappropriati, parliamone: è per questo che ti scrivo. Magari altri dati mi daranno torto. Strano però che siano proprio i dati del megafono del Washington consensus a darmi ragione, no? Di questo, di questo, non di altro, stiamo parlando.

Le merlettaie

Tu dividi gli intellettuali di sinistra in tre, ponendoti nella terza categoria (e ponendo me non si sa dove, perché come la discussione che ho svolto dovrebbe dimostrare, io non rientro in nessuna delle tre). Facciamo le cose semplici: dividiamoli in due. Da una parte ci sono le merlettaie, quelle che ricamano merletti sui costi dell’uscita, e che sul loro tombolo, con l’uncinetto, architettano una diversa Europa che nessuno vuole: né i padroni del Centro, né gli schiavi (perché questo ormai siamo) della periferia. E dall’altra ci sto io. Delirio di onnipotenza? No: disperazione. Io sono disperato. Aprite gli occhi. Se anche i costi economici ci fossero, come tu sostieni (e non ci sono, o non così salati, come io argomento), qui bisogna capire di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando della nostra libertà e della nostra Costituzione: di cose per le quali i nostri nonni (o i nostri padri, per i più anziani) non hanno esitato a mettere in gioco non le proprie fottute tredicesime, ma le proprie vite. Senza contare che, come è ormai evidente, le tredicesime  e anche le vite (come tu, te ne do atto, vedi bene) sono più a rischio dentro l’euro che non fuori, perché l’errand boy sta lavorando a pieno regime to collect the bill, e siccome ha fretta, tira la corda senza preoccuparsi troppo della sua tenuta.
Allora, che volemo fa’?
Io me ne vado all’osteria a incontrare gli etilisti romani. Stasera l’economia gira con noi. Tu regolati: puoi ignorarmi, mandarmi al diavolo, argomentare... quello che credi. Chi sono io per darti un consiglio?
Nessuno, lo so.
Lo stesso vale, credo, per i miei lettori (ma non ne sono sicuro, non li conosco tutti, sono fra i 6000 e i 10000 al giorno...).
Tu hai certamente una strategia politica, stai tessendo il tuo merletto. Speriamo non si strappi sulle barricate. Perché, te lo dico con la mia consueta arroganza (della quale mi scuso) ma anche col cuore in mano: tu hai, come e più di tanti altri, la capacità di capire quello che sta per succedere, e sono sicuro che vedi bene a quale futuro di violenza ci condanna l’attuale sistema. E allora, forse, tu che sei così visibile, prendi anche tu una posizione chiara, veramente chiara. Qui non è in gioco il nostro futuro economico: qui è in gioco la nostra libertà. Certo, lo so, lo capisco, è difficile esprimersi, e non per pavidità, come potrebbe pensare qualche mentecatto. Il problema è un altro: il problema è quello di tentare fino all’ultimo di trovare una mediazione politica. Capisco che per te, che vieni da un certo percorso, che hai una certa storia, una certa visibilità, sei inserito in un certo tessuto, è più difficile. Capisco anche che è facile per me fare il castigamatti che dice verità a raffica (posso giustificarmi dimostrando di aver cominciato quindici anni or sono) e che se ne fotte di mediare ma punta solo a sfogare la sua cieca rabbia, il suo ottuso livore contro le merde che hanno distrutto il paese che ama. Però, vedi, se io, certo, dovrei capire che ormai ho assunto un ruolo tale che mi impone di cercare e di proporre una mediazione politica, d’altra parte una cosa penso di averla capita: il PD è morto, si è suicidato, annaspa nella piscina con l’acqua alta e le gambe ingessate da Fiscal compact. E i suoi servi di scena, i sellini (non quelli delle biciclette) non stanno molto meglio. Per non parlare di ortotteri e  valoriali, invischiati nel messaggio castacoruzzionespesapubblicabrutto, che è l'ovvio veicolo demagogico di una rivincita neoliberista da condurre a colpi di riduzione del peso dello Stato nell'economia (in nome di ottimi motivi, s'intende, per carità: chi non vorrebbe chiudere un ospedale, pur di ridurre il giro di mazzette? Tanto pensiamo tutti di non averne mai bisogno, dell'ospedale, giusto? Mentre della mazzetta magari sì... Del resto, c'è chi per far dispetto alla moglie all'ospedale ci finisce...).

La conclusione, allora, qual è? Be’, penso che la conclusione sia che forse, invece di dire mezze verità per sperare di resuscitare questi zombie, vale la pena di dire tutta la verità e provare in qualche modo a creare qualcosa di nuovo. Magari non ci si riesce (come non si riesce a rianimare gli zombie), ma almeno si salva l'onore. Concetto ottocentesco, me ne rendo conto. La Rangeri rabbrividirà. Vedi alla voce.

Il 16 novembre Goofynomics compirà un anno, faremo una bella festa e tu sei cordialmente invitato (sempre che nel frattempo tu non decida di mandarmi al diavolo, o, magari – te lo auguro – non sia al governo).





Scusa Silviuccia: posso aver fallato, ma la colpa è tua: sono molto geloso delle mie groupies! Come dico sempre alla sventurata (rispose) rockapasso, il comandamento più importante è il primo (non a caso è posto in cima alla lista): non habebis bloggers alienos coram me. Sul resto (omicidi, furti, per non parlare degli adulteri), come è noto, si può passare sopra facilmente (basta pentirsi). Ma sul politeismo no: per quello non c’è il confessionale, c’è il rogo! Ti piace il mio approccio fideista? Che dici, mi sto donaldizzando troppo?
Ma dai, scherzo, lo sai... A me starnazzare non piace... Spero di non averlo fatto troppo... E comunque io starnazzo con bibliografia e grafici!
Possiamo certo pensare a un nuovo politeismo, a un nuovo Pantheon chiamato "unità della sinistra": io prenoto il posto di Marte (non sto a spiegare perché), e a Emiliano che posto diamo? Forse, date le sue propensioni alla mediazione politica (che è una virtù, lo ribadisco), quello di Mercurio: dalle molte risorse, gentilmente astuto, predone, guida di mandrie, apportatore di sogni... come il grande “Findacato paneuropeo”. Sì: direi che ci siamo... Giove, evidentemente, sarà Gennaro, che ha la barba... E Apollo?

97 commenti:

  1. Caspiterina,
    complimenti professore, sintesi perfetta e quando ce vò ce vò (spero bene per i vò).

    Titolo del libro?
    Euro, se lo conosci lo eviti.
    Grazie. Anche grazzzie

    RispondiElimina
  2. Dica la verità prof.: lei, come me, è un "List"iano! Friederich List già 150 anni fa parlava di "protezionismo" all'inglese!

    RispondiElimina
  3. Spero che Brancaccio prenda il necessario coraggio e instauri un dialogo costruttivo con il prof. Bagnai. Penso sarebbero una coppia imbattibile. Purtroppo non nutro molte speranze. Brancaccio è più vicino a un Gustavo Piga che a un Sergio Cesaratto e noi Goofy sappiamo quali siano le differenze.
    Ma come si dice sperar non costa nulla, tranne dover poi elaborare il lutto della delusione.

    Grazie prof. con lei non esistono problemi di ambiguità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Professore, la lettera è assolutamente perfetta.
      Un tantino rude nella sua sincerità, ma assolutamente pura e sanguigna come lei.
      Il professor Brancaccio ha di sicuro l'intelligenza per apprezzarla, mi auguro che sia l'inizio di una fruttuosa e stimolante collaborazione.

      ----------------------------------

      Pippo, sono assolutamente d'accordo con te, sarebbe davvero una coppia imbattibile!
      Però sono più ottimista di te.

      Secondo me, il prof. Brancaccio ama un partito e non riesce a lasciarlo anche se sa che ha tradito i suoi valori. I distacchi sono dolorosi, ma penso che prevarranno la sua grande umanità, il suo senso etico, il coraggio (che ha già dimostrato di avere) oltre naturalmente alla ragione economica.

      ps
      Professore, non avrò altro Goofy all'infuori di lei, ma se tutto va come spero, un santino in giro lo posso tenere?

      Elimina
    2. Naturalmente: sto contattando una piccola impresa cinese per il merchandising della nostra prima convention. Faremo anche i santini. Sarà bello sapere che violando i diritti umani (mi raccomando, questo va sempre aggiunto quando si parla di Cina... altrimenti la tessera numero uno del partito luogocomunista te la tolgono) potremo avere delle maschere di Pippo a 2 lire l'una...

      Elimina
    3. Ho detto SE (tutto va come spero).
      In caso contrario nessun santino, solo carta igienica. La stampante in ogni caso l'abbiamo già, niente cinesi.
      Essere bravo e usare le proprie capacità per coprire le malefatte di partito diventerà un'aggravante. Al contrario non dimenticherò mai il nome e i meriti di chi per primo ha avuto il coraggio di mettere le sue capacità al servizio della verità e della gente.

      Ho già scritto che Brancaccio appare "timido" e in ritardo (come chi è restio a bruciarsi certe strade, aggiungo); questa sua lettera è un capolavoro; lo mette all'angolo, sta solo a lui decidere se uscirne a testa alta o no.

      Ma di Cavaliere Nero ce ne sarà sempre uno solo.

      Elimina
    4. Bella lettera, complimenti vivissimi a te ora mi aspetto una bella risposta di Brancaccio, ricca di "francamente" "ebbene" "lapalissiano" e "ottimistico".

      Peraltro, occhio Alberto che trattandosi di Cina, per due lire le maschere potrebbero essere quelle di Pippo74.

      ---

      PS: Pippo74, è una battuta stupidotta sul luogo comune Cina=Napoli, non mi fraintendere.

      PS2: Wynne Godley non Winne. dai spazio all'umorismo goffo di Scacciavillani in questa maniera. non per altro!

      Elimina
    5. Oggesù! Si vede che non ho riletto, eh? Mi consola solo il fatto che c'è una tonnellata di altri errori di battitura che non avete visto. Mo' provo a toglierli...

      Elimina
    6. @Alberto Cimaglia

      Dopo qualche hanno fa impressione rileggere questo post spettacolare.

      A parte i complimenti c'è bisogno di manutenzione: alcuni link non funzionano più.

      Quello che trovo ancora online in altri indirizzi (o archiviato) lo metto nei commenti qui di seguito...

      Elimina
    7. Link all'articolo di Alberto Bagnai su Sbilanciamoci:

      http://sbilanciamoci.info/anche-l-europa-ha-i-suoi-stati-subprime-3854/

      Archiviato qui: http://archive.is/aDB4r

      Elimina
    8. Articolo di Alberto Bagnai su Il manifesto, di "un anno fa" rispetto alla data del presente post.

      http://albertobagnai.it/2011/08/23/luscita-dalleuro-prossima-ventura/

      Elimina
  4. penso che nessuno arrivi a comprendere che una unione monetaria debba implicare dei trasferimenti "risarcitori" a chi rivaluta!
    e che prima implichi un riassetto normativo (codici penali, civilistici, amministrativi, fiscali e relative procedure comuni), sociale (1 lingua in comune) e contributivo non indifferente..
    servono 40-50 anni!
    e cmq sia, tra Modica e Ispica ci sono 15' di strada e una differenza di 15 anni luce... ma come cavolo si può pensare ad una UE? secondo me le canne abbandonano a certi livelli

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Secondo me invece deficitano, ti assicuro che deficitano!!! Sono altri i tipi di droga che abbondano a certi livelli, fidati!

      Elimina
  5. Tutte le carte sul tavolo.. come scienza vuole.. e politica aborrisce.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma noi siamo scienza. I politici sono fantascienza (ma non nel senso che son rettiliani! Nel senso che hanno perso credibilità, e hanno guadagnato il fascino dell'orrore e la vertigine dell'ignoto...).

      Elimina
  6. Caro professore,

    ottima risposta alla doppia provocazione: di Marco che scrive non si sa perché che il post di Brancaccio "sembra un riassunto in poche righe di tutta la Go[o]fynomics" e di Brancaccio che scrive degli "intellettuali "di sinistra"" ma evidentemente si riferisce al giro della sua parrocchietta.

    In un commento a un post precendente ha scritto che questo blog è unico, e io sono d'accordissimo.

    "Il saldo commerciale tedesco non è migliorato solo per un effetto prezzo (prezzi meno alti uguale più importazioni), ma anche per un effetto reddito (sì, proprio quell’effetto che, stranamente, tutti i “keynesiani” italiani mi pare dimentichino: eppure nei libri di testo se ne parla: meno salari uguale meno consumi uguale meno importazioni)."

    Sapir ricorda che questo risultato è stato ottenuto anche riducendo le imposte sulle imprese e aumentando l'IVA: "la debolezza della domanda interna si spiega con un trasferimento sulle imposte indirette di buona parte degli oneri pagati dalle imprese" (Bisogna uscire dall'euro?, p.44). Meno consumi meno importazioni ma anche più profitti più investimenti o prezzi inferiori a parità di profitti (o più profitti più prestiti ai PIIGS. O anche solo più profitti :).

    E Piga cosa propone? "concertazione con sindacati e imprese immediata per scambiare un aumento di IVA con riduzione immediata del costo del lavoro".

    Tra "keynesiani" di questo tipo e "omodossi" del tipo di quelli della voce.info, per non parlare degli spaghettiliberisti, tutti visibilmente impegnati nella grande corsa al ruolo di mosche cocchiere, l'unica cosa sensata da fare è studiare la goofynomics.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La goofynomics non esiste. Studiamo l'economia, ci son tanti bei libri con le figure (e anche un libro con i puntini...).

      Elimina
    2. Prof. sto leggendo: "Storia dell'Economia" di J.K. Galbright dice che è consigliabile?
      E sotto suo consiglio ho anche comprato "Il grande crollo". Da noi si dice: "due piccioni con una fava".

      Saluti

      Elimina
    3. Un libro con i puntini, libri con le figure (più spesso senza figure) e anche tanti ma tanti articoli :)

      A proposito... il suo lavoro del 1995 con Manzocchi su Ideas non c'è (To our knowledge, this item is not available for download) e la pubblicazione del 1996 non è accessibile per gli outsider.

      Elimina
    4. Giorgio D.M.: Google is your friend...

      Alberto BAGNAI & Stefano MANZOCCHI, 1995.
      "Un'indagine empirica sulla mobilita' dei capitali nei paesi in via di sviluppo,"
      Working Papers
      58, Universita' Politecnica delle Marche (I), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali.

      Elimina
    5. A Giorgio vogliamo bene, ma rimane pur sempre un ingegnere. Il problema con IDEAS credo sia dovuto al fatto che l'Università e il Dipartimento che ha pubblicato il wp hanno cambiato nome nel frattempo, il che ha "interrotto" il link nel database ideas.

      Elimina
    6. Ahahaha... è che sto impazzendo con gli articoli, non solo del blog... alcuni li trovo su google altri su ideas altri solo su jstor... oggi dovevo andare in biblioteca per scaricarne un po' ma i bocconians sono già in vacanza... o forse sono chiusi per lutto! :) Grazie!

      Elimina
  7. A proposito di Piga, son capitato per caso su RaiNews verso le 19, e ho seguito il suo intervento. Alla fine però ha chiosato che non bisogna comunque uscire dall'Euro, strumento di pace. I PIIGS dovrebbero presentarsi ad un prossimo vertice e minacciare i paesi dell' "Euronord" di uscire, questi ultimi così si darebbero finalmente una mossa a dare un aiuto concreto ai PIIGS salvando l'Euro.Semplifico molto, scusate,i, se qualcun altro lo ha seguito sará in grado di correggermi e di integrare meglio quanto Piga ha detto.
    Dal basso della mia ignoranza, ma dall'alto dei miei continui studi di Goofynomics, mi son fatto una grassa risata e sono andato a cucinare la pasta al pesto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi sembra una reazione sana. Un saluto dalla trattoria!

      Elimina
  8. Tra me e te, puoi anche non pubblicare, io non c'ero cascato, se ci credi. e infatti sollecitavo la tua attenta attenzione perché smontassi pro domo nostra l'affermazione. Mission accomplished, SuperPippo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Visto che hai la mia email privata ti pubblico, così ora sanno nome e cognome dei miei informatori... Ti credo, secondo me non ci crede nemmeno lui...

      Elimina
  9. Apollo non lo so ma io ho visto Pollon da piccolo quindi Eros lo fa Brunetta! Attenti a voi potrebbe pungervi stataliimproduttivichedevonopassareperitornelli.

    Grazie per la citazione sulla mano morta di Smith molto istruttiva...
    recentemente ho "scoperto" (credo) che keynes voleva che i singoli stati producessero tutto il possibile all'interno per esportare le eccedenze e rendere il sistema più equilibrato una sorta di sistema glocalizzato? ho capito bene? Quindi cosa era protezionista? no-global? secondo le anime belle fascista?

    Comunque grandissimo post professo' buona cena anzi, vista l'ora buon ammazzacaffè.

    Giuseppe

    RispondiElimina
    Risposte
    1. http://ebookbrowse.com/john-maynard-keynes-autarchia-economica-pdf-d243740553

      Elimina
    2. La citazione sulla mano morta ci istruisce del fatto che gli economisti veri non sono dei coglioni. Prendete in considerazione tutte le possibili simmetrie.

      Elimina
  10. Caro prof,

    sto leggendo da un po' (almeno un mese e mezzo) e oggi mi azzardo a farle un complimento; so di essere ancora molto neofita di questo interessante blog e continuerò per sua e mia fortuna a strami zitto visto che in economia devo solo che imparare; e così facendo si impara, e arrivo al però; ci son troppe, tante parole, anche se alla fine quando si entra nel sistema è molto (dirò un eresia) divertente il suo modo di interloquire. Le idee sono chiare e sono confermate puntualmente, ma caspita quanto digitate!
    Se continuate così mi sa che rimarrete un'élite e non riuscirete a farvi largo nelle ottuse menti di chi non ha strumenti per capire ma che dovrebbe eleggervi a suo paladino. Bisognerebbe trovare una soluzione a questo problema. Forse bisognerebbe un po' semplificare per essere più penetranti e dare rudimenti a chi pensa che Cristian De Sica sia un grande attore e Vittorio? Ah si era il padre, ma non ha mai fatto i film di Natale! :-) La veda come un'osservazione molto costruttiva. "UN BIGNAMI DEL BAGNAI" per i pigri elettori di sinistra che devono essere eruditi. E ora mi taccio e la continuo a leggere. Grazie per le belle letture intelligenti che ci da in pasto e che confermano quanto ormai, si spera, sia sempre più un sentire comune.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il successo di questo blog è dovuto al fatto che ho deciso di non parlare a tutti. Oltre ai necessari filtri antistronzi, ho aggiunto un filtro sui contenuti. Stranamente questa cosa ha funzionato: tutti si chiedono come ho fatto ad avere così tanti contatti in così poco tempo. Evidentemente sta funzionando anche con te. E sta funzionando perché me ne fotto dei consigli altrui. Soprattutto quando, come in questo caso, sono sbagliati (ma, per simmetria, me ne fotto anche quando sono giusti). Quindì... come dire... fatti una domanda e datti una risposta.

      La risposta è che forse anche tu, come molti "amici del popolo" della FiniFtra, vedi il popolo più scemo di quanto non sia. La gente ha bisogno di essere informata. Per gli slogan c'è Donald o Rai3: anche dopo la separazione loro fanno lo stesso gioco. Io ne faccio un altro, e chi non ci sta può accomodarsi.

      Un'altra risposta è la solita: Du gleichst dem Geist den Du begreifst, nicht mir. Controprova: ovviamente se ti dicessi che non ho mai visto un film di Natale non ci crederesti. E se gli altri li vanno a vedere il problema è loro. Io non devo farmi votare da nessuno, tanto, come vedi, non è nemmeno necessario per fare il primo ministro (la costituzione non lo richiede), e comunque il ministro non voglio farlo!

      Se crediamo a un mondo nel quale non si mangia la merda, dobbiamo cominciare col dare l'esempio.

      Elimina
    2. Non credo serva un vademecum ma solo consapevolezza.
      Eventualmente qualche strumento...

      http://youtu.be/gkrnK0igAP0

      (a proposito di Vittorio)

      Elimina
  11. Questo è di gran lunga il miglior post che abbia letto in questo blog. Nulla da aggiungere sul contenuto, cose dette e stradette. A ogni modo sono più che certo della stupidaggine dei "tecnocrati" e del fatto che non esista una regia comune: ognuno sta semplicemente cercando di salvare il salvabile dalla sua parte, e la creatura esploderà prima di quanto possiamo immaginare.

    E io sarò la' a ridere.

    RispondiElimina
  12. Grande intervento prof spero che Brancaccio raccolga, le rivoluzioni vengono meglio dall'interno (che qui di "compagni che sbagliano" ce n'è "a mazzi"). Poi letto così mi sembra quasi complottista (la cito: "...i tedeschi ci volevano fottere. E ci sono riusciti..."). Certo magari non era fatta direttamente contro di noi... ma contro tutti! La "blitzkrieg" economica in ogni caso è perfettamente riuscita.
    Io comunque mi sono fatto delle idee sulla strategia in corso: premesso che l'uscita dall'euro è inevitabile, resistere per un po' spero manderà a gambe all'aria qualche speculatore che si è fatto male i conti; poi mi perdoni, sa che io sulla corruzzzzione non è che sia proprio neutro (sul debito pubblico di più) ma fosse per me qualcuno che magna "a sbafo" lo lascerei a secco, tanto per far vedere che qualcosa è cambiato (la crisi mica deve esserci solo per noi, eccheccazzo).
    Poi ho il sospetto che quando la germania sarà col nuovo marco, dopo l'afflusso ci sarà una certa fuga di capitali esteri... e tanti saluti alla plusvalenza del cambio, e ai finanziamenti a tasso zero.
    Adesso una domanda "tecnica": prof è sicuro che in germania non ci sia stato alcun controllo di capitali? Mi riferisco ai prestiti ai privati: se è vero che i salari reali sono scesi, come mai i tedeschi non si sono indebitati come noi? Non è che anche qui i salari siano mai saliti, anzi. Eppure i tedeschi non si sono indebitati: maggior "buonsenso" dei tedeschi? Politiche restrittive ai prestiti? Oppure è bastato non "pubblicizzare" l'entrata nell'euro come è stato fatto da noi?
    Secondo me anche questo è stato fatto apposta: i soldi o stavano di là o venivano in qua. Guarda caso sono venuti di qua... va bene il differenziale di rendimento (adesso la solita domanda cretina) ma possibile che qui, in spagna, in grecia, nessuno ha pensato alle conseguenze di questo enorme afflusso di denaro? Nessuno ha potuto metterci un freno? Non era possibile? C'erano i "vincoli europei"? O erano tutti ubriachi tipo "quanto siamo bravi a crescere (a debito)?" Immagino che anche questo farebbe parte del controllo alla circolazione dei capitali a cui pensa. La ringrazio della pazienza...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, è proprio strano che un paese le cui industrie finanziarie e non stavano facendo bei profitti a spese dei PIGS non abbia visto crescere il proprio indebitamento privato...

      Amico, non ci sono solo le famiglie...

      Oooops...

      Eh già!

      Elimina
    2. Ooooops... :-(
      Non si finisce mai di imparare...

      Elimina
  13. Risposte
    1. Anche la lunghezza è una componente del filtro. Se non vuoi faticare c'è la tv che ti informa...

      Elimina
    2. Lo dicevo che sei divertente Prof! :-) informare divertendo su una materia su cui ci sarebbe da piangere, ecco il successo!

      Elimina
    3. Ah perfetto, se è una scelta ovviamente non discuto. Io sono ancora uno studente, ma se dovessi pensare come un economista eterodosso, vista anche la fase storica, direi che ora più che di selezione c'è bisogno di diffusione, per dare una bella botta a un mainstream che traballa sempre di più e resta in piedi più per mancanza di un sostituto (o per lo meno non lo si vede). Per questo, più riusciamo a fare girare i nostri punti di vista, meglio sarà per tutti.

      Elimina
  14. a me quando starnazzi piace proprio!!! il tuo giramento di coglioni mi è arrivato tutto!!! con tanta stima...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, pensavo fosse epididimite, ma era solo torsione del funicolo. Ora va tutto bene, grazie, presenterò...

      Elimina
  15. “l’europeismo e l’antieuropeismo vanno misurati e valutati soltanto con riguardo all’Europa così come essa è configurata nei Trattati europei e che non ha alcun senso, sotto il profilo giuridico, politico e più in generale pratico, dirsi europeisti ma contrari ai Trattati europei. L’Europa da giudicare – rispetto alla quale si è favorevoli o sfavorevoli – è l’Europa esistente: quella configurata e progettata dai Trattati europei. Chi è per un Europa diversa da quella configurata e progettata dai Trattati è antieuropeista, anche se non possiede l’intelligenza per capirlo o il coraggio per affermarlo”.
    http://www.appelloalpopolo.it/?p=6971

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Normalmente sono d'accordo con Stefano, ma questo modo di porre la questione lessicalmente non mi convince: mi sembra quello di uno che conosce i trattati ma non l'Europa. Essere antieuropeista, oggi, secondo me, significa identificare l'Europa con la merda che le banche ci hanno consegnato (Trattato sull'Unione, ecc.). Sembra (ma non è) esattamente il contrario di quello che dice Stefano.

      Elimina
  16. Bene, bravo, bis (ma anche chapeau)

    Bis anche per il raduno etilista romano

    E propongo la mozione "santo subito prima" (che dopo so' boni tutti) per atti emeriti eccezionali (vedi fiorenzo aka ecodellarete)

    Gilberto

    P.S.: "L’euro ha ridotto i redditi delle famiglie, fatto esplodere il loro indebitamento, e aumentato la necessità di ricorrere ai capitali esteri, come ho spiegato qui".

    Manca il link ipertestuale sul "qui" finale

    P.P.S @ quarantotto

    Mandami tutti i link che reputi validi e interessanti (tuoi o di altri)

    RispondiElimina
  17. Risposte
    1. Ma se permetti toccava a me. E poi non credo che abbiamo detto le stesse cose...

      Elimina
  18. C'è un passaggio che non capisco: "Il saldo commerciale tedesco non è migliorato solo per un effetto prezzo (prezzi meno alti uguale più importazioni)". Non dovrebbe essere "più esportazioni"? Certo, se si guarda la faccenda da un paese PIIGS allora va bene: "prezzi meno alti là, più importazioni qui" - o lì: http://www.youtube.com/watch?v=7Hz3IEQ1dVM
    Ps.: Pare che il buon Smith la metafora della "invisible hand" l'abbia mutuata da Shakespeare, nulla di più d'una suggestione, dunque (che tuttavia ha funzionato nei secoli). Ma se si fa un passo in avanti, diciamo un secolo scarso...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma certo, hai ovviamente ragione te e capisci anche com'è andata: nel costruire la frase ho scritto la prima metà pensando alla seconda, ed ecco il lapsus. Mentre stavo rileggendo suona la babysitter... cazzo, sono le otto! E via di corsa dagli etilisti. Mancando le solite quattro riletture (con le debite risate) chiaramente sono mancate tre o quattro mani di vernice (e questo è un bene) e son rimasti gli errori (e questo è un male).
      Ma questa è una utile metalezione: nessuno, nemmeno Goofy, può arrischiarsi senza danno a fare lezioncine oggi come oggi... I tempi sono difficili, se non altro perché il tempo è poco...

      Elimina
  19. PS: è vero prof, manca il link. Io quel post me lo ricordo, ma "repetita iuvant"! E poi una battuta: se tutti gli "etilisti" fossero così...

    RispondiElimina
  20. Mi devo alzare fra quattro ore, ma non ce l'ho fatta a non leggerlo.
    Non ne sono pentito.
    Grazie ancora, prof.
    Etilisti, è stato un piacere.
    Buonanotte
    Pietro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Piacere mio. Comunque, gli etilisti si dividono in due: quelli che bevono, e quelli astemi. A Debbboraaaaaa!

      Elimina
    2. A Pietro, mal comune mezzo gaudio... A prof, fondiamo il partito?

      Elimina
  21. Albe' certo che in qualità di restio e ritroso "all'azione" nun sei molto "verosimile".
    E quando deciderai di passare all'azione che mi combinerai?

    Nel tuo caso, poi, si vede in modo eclatante come l'aspetto dionisiaco migliora quello apollineo, da che mondo è mondo (...vult decipi) http://books.google.it/books?id=HW4b2ZIC3xkC&pg=PA149&lpg=PA149&dq=mundus+decipi+vult&source=bl&ots=eYppP3igWQ&sig=g_6-wxurzk0X9tl1NL1aYQp-Ly0&hl=it&sa=X&ei=6J4MUKn9LIOYhQe97tz7CQ&sqi=2&ved=0CE0Q6AEwAA#v=onepage&q=mundus%20decipi%20vult&f=false...

    Lo "smascheramento" dell'inganno è "azione" nobile in sè. Ma poi mundus e\o vulgus vult decipi. Ergo, c'hai ragione ma, siccome agisci come un vero "guerriero", "occorre cercare di svelare il mistero che ci circonda senza sperare di riuscirci mai" ("Imprimatur secretum, veritas mysteriumst unicum"...Aunque se desvele el secreto, la verdad sigue siendo un misterio").
    Sei un grande...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A parla' so bboni tutti... Be', diciamo QUASI tutti...

      Elimina
    2. Certo, certo, in fondo pure "l'epigrafe" da me citata, che in effetti consta di parole (soltanto), "dicheno" sia stata incisa sul marmo dall'Arcangelo Gabriele...
      Ora, come forse si sa, il vero Arcangelo sterminatore, capo delle 70 legioni, è Michele, personaggio inquietante.
      Gabriele è invece il messaggero per l'umanità, El habla salvificamente...

      Elimina
  22. @fabiuccio:
    affermare che manchi una regia comune è pericoloso!
    questi ti rispondono "e allora che sia piùEuropa".
    Stiamo attenti a non esporre il fianco

    RispondiElimina
  23. "dovrei capire che ormai ho assunto un ruolo tale che mi impone di cercare e di proporre una mediazione politica (e me lo dice Quarantotto, e me lo dice Sergio, e me lo ripete Gennaro, e me lo dico anch’io..."
    Alberto, non ti ho mai dato consigli del genere, e non te ne darei.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, il passo è ambiguo e l'ho emendato, perché quello che certi colleghi mi dicono (fra i quali tu), avendo secondo me piena legittimità e ragione per dirmelo, è una cosa un po' diversa: non dovrei fare tanto il cazzaro (capisci che non era una parola sufficientemente letteraria da poter essere usata nel post). E avete ragione, a parte un dettaglio: je vais avoir la cinquantaine, e quindi ormai, per questa vita, è andata così (nel bene e nel male).
      Detto questo, aggiungo che ti ammiro per il tuo sforzo di tenere le fila del dibattito. Uno sforzo che è al di là delle mie forze, ma che ritengo proficuo e al quale quindi cerco di partecipare costruttivamente. Non credo all'unità della sinistra, ma all'unità delle diversità della sinistra ci credo, e spero di poter dare un contributo.

      Elimina
  24. "Il parlar chiaro è fatto per gli amici."
    Povero Brancaccio!
    Ma le ha già risposto?

    RispondiElimina
  25. Alberto, questa volta devo farti veramente i più sentiti complimenti.
    Se continui così dovrò chiudere vocidallestero perché le voci dall'Italia saranno così chiare e tonanti che non ci sarà più alcun bisogno di tradurre Krugman, Martin Wolf e company...;)
    Spero fiduciosamente che Brancaccio raccolga il guanto dalla parte giusta.
    grazie grazie grazie
    Carmen

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Diciamo che c'è gente ancor meno utile da tradurre...
      Grazie a te per le lusinghiere parole.

      Elimina
    2. Ancor meno utile, sì... certo è che da quando ho incontrato goofynomics mi trovo sempre più in difficoltà a trovare gli articoli giusti.
      D'altra parte, meglio così, non è certo un brutto segno...

      Elimina
  26. Post spettacolare, niente è mai stato come Goofy quindi esserci è un infinito privilegio!
    (grazie)
    Guardando l'attualità pare una discesa verticale, milano in caduta libera i spread a 520 (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/07/23/Crisi-spread-Btp-Bund-510-punti_7223342.html)... Ci ridaranno indietro i 3 anni di pensione che ci hanno messo sul groppone in un batter d'occhio, le tasse e quant'altro, quando sarà chiaro che questi "sacrifici" non ci salveranno?! (citando un suo bellissimo post: http://goofynomics.blogspot.it/2011/11/i-salvataggi-che-non-ci-salveranno.html)

    RispondiElimina
  27. Segnalo questo articolo:
    http://www.corriere.it/economia/12_luglio_21/piccola-azienda-di-donne-batte-lobby-tedesche-dario-di-vico_34d43842-d334-11e1-acdf-447716ba2f20.shtml

    potrebbe essere una forma di protezionismo mascherato?

    RispondiElimina
  28. Gentile Professore, apprezzo come sempre anche la rudezza toscana, e credo che lo farà anche Brancaccio, che, essendo napoletano, dovrebbe avere altrettanta vis comico-polemica.
    Aggiungerei solo due considerazioni/osservazioni: la prima è che, per rispondere alla domanda di Quarantotto, non credo ce l'avesse con Lei ma con alcuni "faciloni" che girano su Internet anche stroppiando alcune Sue tesi con eccessive semplificazioni.
    La seconda: Brancaccio ritengo faccia riferimento a un lavoro di Franzini e Raitano - che avevo letto a suo tempo ma che non riesco a trovare! - in cui sembrava che proprio dopo il 1992 ci fosse stato un brusco scalino nella crescita della diseguaglianza nella distribuzione dei redditi in Italia. Se ne avesse bisogno mi metto alla ricerca e Le faccio avere il link

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Seriamente: credo che la bipartizione degli intellettuali (più nicchia per la propria statuina) sia stata qualcosa di difficile da accettare non solo per me. Quanto al lavoro di Maurizio, se me lo mandi me lo leggo, non lo conosco, ma conosco altri studi pubblicati su riviste internazionali, che ho citato, che legano questo tipo di fenomeni (disuguaglianza) all'abolizione della scala mobile, che infatti altri paesi meno schiavi non hanno abolito. E leggendo quest'ultimo paper vedrai che le loro banche centrali (meno schiave) ci dicono che la dinamica dell'inflazione è influenzata molto più dai costi delle materie prime che non dall'indicizzazione salariale, cosa che io fermamente credo valesse anche nell'Italia degli anni '70 e '80. Ma abbiamo dovuto fare una scelta ideologica per ovvi motivi. E la sinistra dietro, a far di sì con la testa, come un cagnolino di pezza nel cruscotto di un'utilitaria. Chiaro perché sono incazzato?

      Elimina
    2. La mia domanda era semplicemente frutto di "malignità", essendo un "falso" buono (laddove Alberto è un falso cattivo...o anche un falso magro :-) ).
      I "faciloni che girano su internet anche storpiando alcune Sue tesi" è una definizione che difficilmente si attaglia a ciò che può avere presente un economista serio (absit iniuria verbis) come Brancaccio. E poi, se ci pensa, sarebbe stato comunque un parlare a nuora perchè suocera intenda.

      Di fatto, la polemica è sulla flessione dei salari reali: e infatti anche lei la pone immediatamente così.
      Ebbene, trattasi dell'"estremo" espediente del terrorismo di una certa sinistra, quella stessa che inneggiava al referendum sulla scala mobile e alla soluzione finale di Amato sull'indennità integrativa speciale dei pubblici indipendenti; roba che prescinde dall'euro che, anzi, si pone come continuazione della stessa politica con altri (e più pesanti) mezzi.
      Certa sinistra che ancora oggi ritiene che la colpa possa essere dei "rapporti di forza" creati ex nihilo dai capitalistie, come se le leggi votate da proto-nunc-post-piddini non c'entrassero nulla e nemmeno la falsificazione ossessiva e ipocrita dei danni al popolo derivanti dall'inflazione (e te credo, se gi demonizzi la scala mobile e il debito pubblico!).

      E infatti, Amato e Prodi rimangono tra le icone "alte" preferite dai piddini, specie ogni volta che bisogna pensare a chi nominare presidente della repubblica...

      Elimina
    3. Mi intrometto per segnalare che la commissione europ. per bocca di Olli Rehn, critica ancora l'indicizzazione dei salari Belga, in quanto danneggerebbe la competivita' e i posti di lavoro!!

      http://www.lesoir.be/actualite/economie/2012-07-10/la-commission-europeenne-critique-a-nouveau-l-indexation-des-salaires-925961.php

      Elimina
    4. Fallo ragliare, Rehn, che il mondo sta per crollare addosso anche a lui (come Farage gli ha più volte amichevolmente fatto notare). I belgi non sono così scemi come i francesi credono siano. E non sono l'unico esempio...

      Elimina
  29. Leggerla sta diventando una dipendenza. Da questo post ho capito che sta per regalarci un libro dove sintetizza goofynomics. Ed onestamente non vedo l'ora di leggerlo e di consigliarlo a tutti quelli che conosco. Il tempo stringe prof l'onore va salvato impugnare l'asta con la bandiera come il principe Bolkonski un dovere civico. Goofy per me ha fatto tanto in qualche modo devo onorare. Grazie.

    RispondiElimina
  30. Ho letto che la Lady ferrosa si era messa contro all'adozione dell'euro per la sua Inghilterra...Potrebbe invogliare all'elogio dell'onore nazionalista...ma un goofy rimbalza nel cervello,protezionisti a casa propria e liberisti col culo degli altri?E' perche (parafrasando un giullare non piu a ruolo)...se son tutti protezionisti...a chi rubano?Ps...Una speranza in brancaccio,uno dei pochi in Tv che val la pena di sentire,spero che si arrendi all'evidenza che l'unica PIU EUROPA che vogliono ora,e' a Stato mercenario,non sociale.

    RispondiElimina
  31. Mi permetto, caro prof., di taggarle questo brano trovato da me su internet tratto dal pensiero di List, su come lui considerava la scuola liberista e gli Smithiani in particolare. E' un brano di una attualità sconcertante: “La scuola [liberista] ha adottato come sua espressione favorita il detto <>, un’espressione che suona gradita ai predoni, ai truffatori e ai ladri non meno che ai mercanti. Questa perversione, di abbandonare gli interessi dell’industria e dell’agricoltura alle esigenze del commercio, senza alcun limite, è la conseguenza naturale di questa teoria, che tiene conto puramente dei valori presenti, e non delle capacità di produrli, e considera il mondo come nient’altro che come una indivisibile repubblica di mercanti. La scuola non comprende che il mercante può conseguire il suo scopo (ossia il guadagno di valori di scambio) a spese dell’agricoltura e del fabbricante, a spese delle capacità produttive della nazione e della sua stessa indipendenza”. Che poi, come lei ha giustamente ricordato, Smith sapeva molto bene (fors'anche meglio dello stesso List) che il protezionismo è fondamentale per la prosperità della nazione. Ma si sa per gli inglesi l'Africa comincia da Calais!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'espressione che manca, di cui sono rimaste le sole parentesi angolari (<>), è la seguente: «laissez faire, laissez passer».

      Tenete presente che i commenti permettono l'uso del linguaggio di marcatura HTML ed alcuni caratteri, come le parentesi angolari, vengono riservati dal linguaggio stesso. Se li si vuole comunque usare nei commenti vanno opportunamente codificati. Altrimenti rischiate che il testo non sia leggibile o che compaiano caratteri strani.

      Ad esempio le parentesi angolari vanno scritte come &lt; &gt; oppure coi codici numerici &#60; &#62; (punti e virgola inclusi).

      Già che ci siamo ricordiamo come si inseriscono i link:

      <a href="indirizzo">testo su cui fare click</a>.

      Per esempio se vogliamo creare un link a questo articolo dobbiamo scrivere (l'indirizzo è quello che compare in alto a questa finestra, in apposito riquadro):

      <a href="http://goofynomics.blogspot.it/2012/07/caro-emiliano-ti-scrivo.html">questo articolo</a>

      ed apparirà come questo articolo.

      Elimina
    2. Invece delle parentesi angolari si possono usare, senza problemi di sorta, i seguenti due caratteri: « e ». E' molto facile ottenerli: provate a digitare ALT 174 ALT 175 (ovvero premete il tasto ALT e digitate sul tastierino numerico della keyboard i numeri 174 (per «) e 175 (per »).

      Elimina
  32. scusa Alberto, nel post di "chiarimento" con Brancaccio affermi che siamo entrati nella banda ristretta dello SME nel '96... ma non era l'86? o forse ti riferisci alla fase di preparazione per l'entrata nell'euro?
    Solo per sapere se mi sono perso qualche passaggio storico che quindi andrei subito ad approfondire... grazie!!!

    RispondiElimina
  33. il prof. si riferisce a quando ci siamo rientrati dopo averla abbandonata nel '92 dopo la famosa svalutazzzzione con conseguente arrivo delle cavallette.

    RispondiElimina
  34. okkei, quindi in preparazione di entrata nell'euro... grazie Marco!!

    RispondiElimina
  35. http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/07/23/crisi-feltri-monti-unica-barriera-anti-spread-bastera/202189/ è un DELIRIO!!

    RispondiElimina
  36. "Aspetta, lo traduco qui per i non senzienti, quelli che vogliono fare la rivoluzione senza parlare la lingua degli padroni". Profe, visto che la trovo "in buono", mi permetta una domanda: Quindi il nostro Hidalgo, che di barbarish se ne intende, sta facendo la rivoluzzzione?
    ... d'accordo, non si arrabbi, lo so pure io che il barbarish sta alla comunicazione internazionale come il dollaro sta al commercio internazionale

    RispondiElimina
  37. Caro prof. Bagnai per il titolo del suo libro non saprei; il sottotitolo potrebbe però essere questo:

    «Mai nel campo dell'economia, così pochi fecero così tanto danno a così tanti»

    RispondiElimina
  38. Complimenti, Professore, per il post molto intenso cui spero seguirà una risposta. Le chiedo solo un chiarimento su quanto segue.

    Lei scrive: “se l’euro è quello che è, non è solo perché non c’era una volontà politica di farne un altro ma perché c’era una evidente (e pacificamente ammessa, vedi sopra) volontà politica di fare questo euro”

    Non mi sembra che B. esprima una particolare posizione o sia in disaccordo sulle cause e i motivi che hanno spinto i vari attori a costruire questo euro. E’ sulle possibili evoluzioni della situazione che mi sembra che B. dica qualcosa di più articolato rispetto a quanto traspare dal Suo post. In particolare, scrive B. che “la sopravvivenza o meno della moneta unica dipende in larga misura dai calcoli delle autorità tedesche sui costi e sui benefici di un’eventuale dissoluzione dell’attuale unione monetaria” (“L’austerità è di destra”, p. 93). Insomma, B. non concorda con Lei che la Germania finirà per segare il ramo su cui sta seduta, ma ritiene che farà così solo se valuterà ciò essere l’opzione più conveniente.

    Mi sembra che l’impostazione di B. sia perfettamente in linea con l’ipotesi che la Germania si comporti come un attore (non cooperativo, ma comunque) razionale. Certo, è un’ipotesi che è stata altre volte sconfessata drammaticamente dalla storia e che contrasta con la prima legge di C.M. Cipolla sulla stupidità umana. Tuttavia, essendo essa cruciale, mi sembrerebbe ragionevole prenderla in esame, tanto più che, mi sembra, essa non è stata sconfessata fino ad ora. Infatti, ammettiamo che la Germania voglia fermarsi un minuto prima dell’implosione finale dell’euro: in questo caso, dal suo punto di vista avrebbe fatto bene a tirare la corda fino ad ora, dato che così facendo ci ha guadagnato.

    Peraltro, se l’ipotesi di B. fosse vera, non si vede perché non si potrebbe politicamente cercare di forzare la mano affinché vengano messe in atto le condizioni che impediscano alla Germania di dare l’ultima segata al ramo (questo è forse ciò che B.).

    In questo quadro, la mia personale preoccupazione è che l’esito più probabile sarebbe che la Germania si fermi un attimo prima del ciglio del burrone solo per accordarci il minimo sufficiente per tenerci a galla e preservare i suoi mercati di sbocco, impedendoci però di riprenderci veramente. Un esito questo, che B. sulla scorta di Krugman chiama “mezzogiornificazione” e che discute nel suo libro, proponendo (di minacciare) l’uscita dall’euro come piano di riserva qualora ciò si verificasse.

    Peraltro, Professore, mi sembrerebbe che l’esito della mezzogiornificazione potrebbe convenire più ai tedeschi (e meno a noi) rispetto all’esito opposto (la disgregazione dell’area euro), quantomeno perché in questo secondo caso noi ci risolleveremmo a danno dei tedeschi, mentre per loro il colpo sarebbe durissimo. L’esito della mezzogiornificazione mi sembra inoltre reso molto probabile dalla classe dirigente cieca o collaborazionista che ci troviamo, che – per molte e diverse ragioni - farà di tutto per tenere insieme i cocci dell’EZ.

    Vorrei capire, insomma, Professore, se Lei considera l’esito della mezzogiornificazione del tutto improbabile e, se sì, perché.

    Grazie mille,

    Michele

    PS: ha visto le recenti simulazioni di Merrill Lynch secondo cui l’Italia sarebbe la principale beneficiaria dell’uscita dall’euro e la Germania la principale perdente? http://www.latribune.fr/getFile.php?ID=5314959

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sempre vedendo Lorax: "da che parte cade un albero? Cade dalla parte dove pende. Attento a dove pendi..."

      Elimina
  39. E noi fummo la patria di Piero di Giovanni Olivi e Sant'Antonino da Firenze.
    "D'altra parte, non nutrivano per gli eventi pubblici neanche quell'interesse minimo per capire che cosa stava succedendo. L'incapacità di comprendere salvaguardava la loro integrità mentale. Ingoiavano tutto, senza batter ciglio, e ciò che ingoiavano non le faceva soffrire perché non lasciava traccia alcuna, allo stesso modo in cui un chicco di grano passa indigerito attraverso il corpo di un uccello."

    RispondiElimina
  40. Scusa se mi permetto di scherzare...ma il tuo nick te lo ha suggerito Bossi?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Salve Gianni, non ho capito ne se si riferiva al mio nick -ma per smania di protagonismo ho risposto lo stesso!- nè capisco il riferimento tra esso e Bossi, mi sfugge proprio, il che mi fa pensare o che ho ignorato la politica italiana un po' troppo, o forse, appunto, che il suo scherzo non si riferiva affatto a me. Non se ne abbia a male!

      Elimina
    2. Scusa, ma effettivamente non era granchè come battuta che voleva rifarsi al modo di parlare di Bossi dopo l'accidente, il tuo nick name, prima di essere modificato, si prestava....

      Elimina
    3. Eh eh, cattivone, uno scherzo un po' maligno, ora capisco. Inconsciamente il dubbio mi ha costretto a riflettere sul mio nickname, ho notato che le virgolette non erano ben accette, e le ho tolte. Quindi alla fine, lo scherzo ha colto nel segno. Grazie!

      Elimina
  41. Salve prof!

    gliel'avran già detto, ma Brancaccio ha risposto! :)

    http://www.emilianobrancaccio.it/2012/07/24/un-timido-guerrafondaio/

    RispondiElimina
  42. Al: ho smesso di ridere dopo due ore...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si vede che tu il romanesco lo mastichi. Povera Gretchen...

      Elimina
  43. La lettura della risposta di Brancaccio al suo post porta a concludere un neofita amatore come me che le divergenze siano di ordine secondario all'interno di un quadro di analisi comune: differenze di tipo paradigmatico - aspetto che Brancaccio sottolinea a più riprese, con un un po' di sforzo, mi pare - e, se posso azzardare, di tipo "caratteriale". D'altronde siamo tutti sotto lo stesso cielo, e ormai solo chi non è in malafede può negare che sia blu. La ricostruzione dei fatti è ormai consolidata, la sentivo condividere ieri sera da Giacché su LA7. Anche l'e-book "sponsorizzato" da MicroMega dice in fondo che oramai esiste una vulgata in larga misura condivisa sulle ragioni della crisi che viviamo. Ma sfinisce di tristezza constatare invece che ancora nessuna voce politica si alzi chiara. Pochi sanno, e molti di quei pochi tacciono per opportunità nelle occasioni pubbliche, come lei ha più volte ricordato. Che rimane? Alla fine, godersi lo spettacolo di Roma che brucia... vaticinare quale forma prende l'intreccio confuso degli interessi particolari nella sintesi della Storia, scommettendoci sopra un birra con gli amici del bar, o chi può, grandi capitali. Non ci rimane che attendere il crollo alla finestra dell'Hotel Abisso? Temo che il soggiorno sia troppo caro per un eterno precario come me... P.s. mi rendo conto rileggendo che il testo può sembrare una provocazione donaldiana. In realtà è solo il sussulto di chi non vuole arrendersi all'evidenza. Mi conti per il prossimo raduno etilista, non sono romano ma torno spesso a Roma per motivi sentimentali. La buona cucina storna i cattivi pensieri.

    RispondiElimina
  44. Mi ero ripromesso di lasciare un commento e ringraziamento a questo post, che era stato oggetto delle mie letture campionarie, quando ci fossi arrivato attraverso la lettura sistematica, dagli inizi del blog, che ho cominciato un anno fa. La seguo con una certa assiduità da autunno 2018, comunque da inizio 2019. Ne sono seguite molte letture, adesione ad Associazioni e migliori scelte di vita, ispirate anche a tutto questo. In effetti, il suo pensiero mi era stato rappresentato, con qualche anno di anticipo, da parte di mio padre, ma ho dovuto attendere che la durezza del vivere mi guardasse di striscio, per iniziare ad approfondire maggiormente. Ancora alle europee 2019, infatti, votavo 5S e avevo pregiudizi verso la Lega. Soltanto dopo la crisi di governo del Conte I ho cominciato a realizzare meglio. Mi aiutò molto un suo intervento a Radio Padania in quei giorni, posto che stavo già facendo un percorso e avevo quindi sviluppato qualche strumento di comprensione in più. Confido di continuare in questi studi e scoprire, più in dettaglio, come è proseguita questa sua opera (e, tra l'altro, se Emiliano Brancaccio abbia poi accettato il suo gentile invito. Dagli spoiler, ne dubito)

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.