venerdì 20 dicembre 2024

Perché il fatto non sussiste

…spiace per chi ci sperava, e fa invece piacere poter confermare la fiducia nelle istituzioni, o almeno (per evitare la reificazione!) nel senso dell’opportunità di chi le popola.


(…mentre vi scrivo, aspettando di esprimere il voto finale sulla “manovra”, i fatti di Magdeburgo sono ancora riportati dalla stampa con la formula “un uomo”. Vedrete che sarà l’ennesima conferma che il capo forse non ha sempre ragione, ma non ha quasi mai torto…)

giovedì 19 dicembre 2024

L’esegesi di Draghi, parte prima

Ed è finalmente apparso il testo di LVI, sul quale credo che dovremo soffermarci a più riprese.

Oggi è stata una giornata molto lunga, perché alla Camera, a differenza di quanto accade al Senato, per non so quale motivo che approfondirò nel mio testo di antropologia parlamentare comparata, non è possibile scegliere la fascia oraria in cui si preferisce intervenire, né tantomeno saperla prima di aver varcato la soglia dell’AVLA. Quando ieri la capogruppo in commissione bilancio Silvana Comaroli mi ha chiesto se volessi intervenire in discussione generale ho  accettato immediatamente, non per presenzialismo ma per liberare le colleghe e i colleghi della commissione, che si erano tanto spesi nelle notti precedenti, da un impegno ulteriore. Ciò comportava essere lì alle 8:00, Ma questo non è un problema, perché, come sapete, io mi sveglio presto. Per qualche disguido organizzativo però, il governo non era presente in aula e senza governo (cioè senza un sottosegretario - di solito - o un ministro - nelle occasioni particolari) i lavori parlamentari non possono svolgersi. Mettici l’attesa del sottosegretario, mettici le giuste rimostranze dell’opposizione sull’ordine dei lavori (sull’ordine dei lavori può intervenire un rappresentante per gruppo, e quindi: misto, PD, 5 Stelle, Italia Viva, e un altro), Mettici lo svolgimento della relazione, che la relatrice di maggioranza ha semplicemente depositato per tagliare corto, io, che alle 7:55 avevo appreso che avrei parlato intorno alle 9:30, mi sono ritrovato a parlare alle 10:57. Poi c’è stato un giro di auguri di Natale, poi c’è stato un giro di disbrigo di corrispondenza, poi c’è stato un giro di sindaci del territorio (a uno il vento ha scoperchiato una chiesa, e non è una cosa bella; ad altri l’ANAS riprenderà in carico una provinciale che li collega e che la provincia, grazie alla riforma Delrio, non riesce a tenere in ordine, e questa invece è una cosa positiva, non tanto la centralizzazione, quanto il fatto che di una strada che una volta era statale e poi è stata declassata a provinciale, torni ad occuparsi lo Stato che ha un po’ più di risorse della provincia), poi sono passate a visitarmi delle persone, poi mi hanno telefonato altre persone, insomma: la sintesi è che ho dimenticato il pc in ufficio e quindi vi sto scrivendo dal telefonino per cui la faccio molto corta, nel mio perenne scrupolo di essere severo, sì, ma giusto.

L’agenzia che ho citato nel post precedente, infatti, riportava il pensiero del nostro omettendo una parte potenzialmente rilevante, che vorrei utilizzare a suo discarico. Il virgolettato giornalistico (perifrasi per: menzogna) era, lo ricorderete: “tutti i governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna, ma almeno fino alla fine della pandemia, hanno preferito non utilizzare questo spazio“. 

Messa così suona veramente assurda, perché, come abbiamo imparato, al punto di intestargli una associazione scientifica che qualcosa ha prodotto, la situazione europea è caratterizzata da asimmetrie rilevanti, per cui suona strano di per sé che tutti i governi possano trovarsi nella stessa posizione. Il testo, in realtà, comincia un rigo sopra. Il virgolettato è tradotto bene, insomma, ma ne manca il primo pezzo, che provo a tradurvi io: “e squilibri commerciali globali molto grandi producevano una pressione al ribasso sui tassi di interesse reali che faceva sì che tutti i governi, ecc.”.

Ora, se dovessi dirvi, io così, a mente, il nesso fra squilibri commerciali (di quale segno?) e pressione al ribasso sui tassi di interesse non riesco a spiegarmelo. Se ci rifacciamo al modello che abbiamo spesso considerato, quello del ciclo di Frenkel, il paese importatore è tale anche perché in esso l’inflazione è più alta, il che determina:

1. uno svantaggio di prezzo dei suoi beni rispetto a quelli dei concorrenti (un apprezzamento del cambio reale);

2. Un tasso di interesse nominale più alto, che ha il duplice scopo di cercare di raffreddare l’inflazione da un lato, e dall’altro di attirare i capitali esteri necessari per finanziare il saldo negativo della bilancia dei pagamenti.

Possiamo immaginare che un discorso uguale e contrario valga per il paese esportatore, che intanto riesce ad esserlo in quanto controlla i prezzi, controllando i salari (e questo pezzo del ragionamento Draghi non riesce più a nasconderlo e lo svolge molto bene), il che gli consente di tenere bassi i tassi di interesse e quindi, in ipotesi, di creare spazio fiscale, cioè, spazio di manovra per la politica di bilancio (posto che questo spazio non si crea solo con bassi tassi di interesse, ma anche con alti tassi di crescita).

Insomma: nella versione abbreviata il discorso di Draghi non gira ed ha anzi il sapore acre di una atroce beffa a chi ha subito un danno superiore a quello di un conflitto mondiale. Nella versione estesa, però, non è che giri molto meglio. A mio sommesso avviso, ma può darsi che mi sbagli, girerebbe meglio se fosse scritto così: “surplus molto grandi di bilancia dei pagamenti producevano in alcuni Stati una pressione al ribasso sui tassi di interesse reale, che creava uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda, ma almeno fino alla pandemia in Europa gli Stati in surplus hanno fatto la scelta deliberata di non utilizzare questo spazio”.

Così il discorso fila, e diventa quello a noi ben noto del partigiano Joe, ma anche di quello che, all’inizio del Blog, chiamavamo affettuosamente l’hidalgo de la Sierra, e che il senatore Garavaglia all’epoca chiamava il “ragioniere Monti”. Un discorso meno beffardo (perché accusare l’Italia di non aver speso da parte di chi gli aveva proibito di spendere sarebbe oggettivamente un’atroce beffa), ma non meno fallace sotto almeno due ordini di considerazioni.

Intanto, la storia che abbiamo sentito più volte, anche dall’Hidalgo, secondo cui la Germania avrebbe dovuto, dovrebbe, dovrà, spendere di più per sostenere la crescita europea, è abbastanza futile sotto il profilo politico, rientrando in quella categoria di fallacie logiche che in questo blog abbiamo definito pinball theorem (il teorema del flipper: se mio nonno avesse cinque palle sarebbe un flipper). L’Hidalgo, se ricordate, la enuncia nel famoso video sulla distruzione della domanda interna. Dice, l’Hidalgo: “Abbiamo distrutto domanda interna per ristabilire la competitività e quindi ci dovrà essere un rilancio della domanda europea”. Ora, esistono 200 casi di poliorchia attestati in letteratura, ma non si va oltre le quattro palle. Mi affretto ad aggiungere che non è solo per questo, e non è neanche principalmente per questo, che un nonno non è un flipper. Di converso, sappiamo che esistono molti tedeschi generosi: lo sono, ad esempio, quelli che generosamente finanziano le navi delle ONG al nobile scopo di destabilizzare politicamente il nostro paese. Tuttavia, desumere da questo che la Germania possa avere una fiscal stance generosa sarebbe da ingenui, per restare in argomento. Di ingenui ne conosciamo almeno due: uno è il partigiano Joe, e l’altro è l’Hidalgo. Se ci dovessimo aggiungere anche Draghi, sarebbe poliorchia. Una posizione fiscale austera serve al capitalismo tedesco a regolare i conti coi propri lavoratori, e quindi difficilmente la prenderà indipendentemente dal fatto che al governo ci siano socialisti, democristiani, verdi, gialli, neri, rossi o blu. Semplicemente, i loro rapporti sociali di produzione funzionano in quel modo lì, da secoli, e chi tentasse di contrastare una tendenza simile manderebbe il sistema in una contraddizione tale da restare stritolato (e fra un po’ avrete conferma di quello che vi sto dicendo).

Supponiamo, però, che il ragionamento di Draghi sia effettivamente questo, che lui abbia voluto fare quello che in realtà non ha fatto, cioè rimproverare alla Germania quello che praticamente tutti gli altri le hanno rimproverato, cioè di essere la causa della crisi europea, il tumore del nostro sistema economico e politico. Se fosse così, il suo pensiero odierno non andrebbe in contraddizione con la sua lettera del 2011, perché andrebbe letto nel senso che l’Italia, essendo un paese in deficit estero, spazio fiscale non ne aveva, e quindi non doveva usarne. Ma questo aprirebbe a due altre considerazioni. Intanto, si chiarirebbe una volta per tutte che la misura dello spazio fiscale non è il deficit pubblico ma quello estero: posso spendere, e quindi spingere sulla crescita, finché non vado in deficit di bilancia dei pagamenti. Significherebbe cioè dare ragione a chi proponeva, nei lontani anni 10 di questo secolo, un external compact come cardine della politica di bilancio degli Stati membri. Cioè, a me. Qualcosa (compresi gli sguardi a 0 K) mi dice che non fosse questa la principale motivazione dello scritto del presidente Draghi. 

Di converso, però, sappiamo che il ragionamento secondo cui chi è in deficit deve tirare i remi in barca, vale solo in determinate circostanze. Siccome, con buona pace degli economisti della troika, il moltiplicatore keynesiano esiste, l’idea di tirare i remi in barca quando si è in deficit estero funziona solo finché il rapporto debito/Pil è inferiore a uno. Se il rapporto debito/Pil è una frazione impropria, invece, questa idea è sbagliata, come io vi dissi nel 2012 in un post che vale sempre la pena di rileggere e far leggere, e che ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale una autorevole conferma (di cui 11 anni dopo non ci facciamo un cazzo di niente): i riferimenti estesi li trovate in questo post sugli spingitori di austerità.

Insomma, tiriamo le somme che domani è un’altra giornata lunga: o non capisco io, e ci può stare, perché la bibliometria non è una scienza esatta, oppure il discorso che Draghi conduce è spiacevolmente reticente e ambiguo. Lo spazio fiscale ce l’avevano tutti gli Stati (ma allora perché hai fatto quel cazziatone a noi?) o solo quelli in surplus? E se l’interpretazione è quest’ultima, siamo sicuri che gli Stati in deficit non avessero spazio per fare politiche espansive, visto che impedirgli di farle ha portato il loro debito a crescere, nel nostro caso dal 120% al 135% del Pil?

Insomma, come la metti la metti, in questo discorso c’è sempre qualcosa che non torna, e solo due cose sono assolutamente nitide ed evidenti: la prima è che tutte queste seghe mentali argomentazioni sono solo un gigantesco spot pubblicitario per la CMU. La seconda è che da quest’ultima dovremmo stare ben distanti in base al principio timeo Danaos et dona ferentes. Niente di personale, naturalmente, ma se chi ci dice di mettere nella cassa comune i nostri risparmi è la stessa persona che ci dice che seguendo i suoi consigli abbiamo determinato una massiccia fuga di capitale all’estero, se chi ci chiede di mobilitare la nostra liquidità oziosa è la stessa persona che quando ci diceva di tirare i remi in barca, sbagliava, che ne fosse consapevole o meno, allora forse è meglio che i nostri risparmi ce li teniamo per noi e la nostra liquidità la mobilitiamo se ci va e quando ci va e agli scopi che decidiamo noi.

E, ancora una volta, se sbaglio certamente mi correggerete. Ma, come vi dicevo, su questa seconda parte dovremmo intrattenerci un po’ più.

Per questa sera è tutto, ci vediamo domattina a Coffee Break.


domenica 15 dicembre 2024

Dr. Draghi and Mr. Mariou, per gli amici: uva.

In una delle tante chat di coordinamento che ho messo su nella scorsa legislatura un giorno apparve questo emoji: 🍇. Uva! "Perché?", chiedemmo al geniale amico che ne aveva fatto un uso apparentemente decontestualizzato. E lui rispose con la nota frase di Cossiga. L'emoji era un acronimo. Da allora al posto dello scontato  🐲 lui per noi è 🍇.

Ora, io pensavo, perché sono di animo buono: affarista sì. In fondo, anche se suona un po' spregiativo, è però fattuale. Il nostro ha lavorato per anni in banche d'affari, quindi un affarista, oggettivamente, lo è stato. Viviamo in un'economia monetaria e finanziaria, non siamo necessariamente nostalgici dei soviet, quel lavoro (il banchiere d'affari, in sintesi l'affarista) qualcuno deve pur farlo, non si vede perché inveire come Cossiga.

E poi, pensavo, l'economia la sa, e ultimamente ce l'ha anche dimostrato, a La Hulpe, e anche oggi, quando è riuscito a stupirci con una dichiarazione che sarebbe per noi banale, se non provenisse da una fonte così autorevole (il mezzo è il messaggio):


E certo, voi frasi simili ("una bassa crescita dei salari come strumento per aumentare la competitività esterna, aggravando la debolezza del ciclo reddito consumo") le conoscevate bene, ma finora le avevate incontrate solo in questo blog o in un libro scomodo, Il tramonto dell'euro, ad esempio a pag. 230:

ma anche qui, proprio all'inizio, a pag. 11:


Ah, che il libro fosse scomodo non l'ho detto io: l'ha detto l'ex presidente di JP Morgan Italia qui, in pubblico, specificando che due istituzioni erano intervenute per scongiurare che gli si conferisse un premio letterario particolarmente prestigioso. 

Ma insomma, essere confortati nella nostra analisi (che poi nostra non era: era di Mundell) dal prestigio di cotanto studioso sarebbe comunque una soddisfazione, no?

Peccato che questa soddisfazione sia velata da un filo di amarezza. Non di acredine, né di acrimonia, né di acribia: ne sono immune, come ben sapete. No, solo di amarezza, perché ho finalmente capito che cosa intendesse il Presidente Cossiga per viltà.

Vedete: è vero che "tutti i Governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna" (notate bene: tutti)! E certo, noi lo sapevamo bene: ciò dipendeva dal fatto che il debito pubblico con la crisi c'entrava ben poco, come vi avevo spiegato all'inizio del blog!

Ma è vile dire che essi "hanno scelto deliberatamente di non usare questo spazio", perché almeno uno, il nostro, questo spazio non l'ha utilizzato non per sua scelta deliberata, ma perché ha ricevuto una letterina, questa:

(il testo integrale lo trovate ancora qui), e in quella lettera no, non c'era scritto "usa pure il tuo spazio fiscale". C'era scritto: "ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie", "fabbisogno netto all'1% nel 2012", riforma delle pensioni, blocco del turnover, riduzione degli stipendi pubblici, clausole di riduzione automatica del deficit, ecc.

Insomma: tutta la galleria degli orrori dell'austerità, quella che ha causato questo disastro:


questo eccidio economico di cui il PD è stato volenteroso esecutore e spietato carnefice (qui il dettaglio delle misure prese dal PD in attuazione della lettera). E quella lettera non l'aveva scritta Barbablù, Dracula, o qualche grigio Eichman di Bruxelles: no, l'aveva scritta lui, 🍇. E in questo consiste la viltà: che dopo aver fatto il possibile per ignorare il grido di allarme che veniva non solo, ma soprattutto da qui, e verosimilmente per tentare anzi di silenziarlo, ora lui se ne esca così, attribuendo ai governi che teneva per la gola la responsabilità politica di quello che era stato lui a chiedere di fare.

Con qualcuno, in effetti sono comunque stato ingiusto.

Ma non con 🍇.

Con Cossiga.

Da dove sei, scusami, Presidente: avevi ragione da vendere, e io facevo male a diffidare del tuo senno. 


(...mai vista una faccia di bronzo simile!...)

Ca' Sagredo: die Ewige Wiederkunft des Gleichen

 ...e non mi riferisco al fatto che dopo quattro secoli un politico fiorentino (questa volta vivo) si aggirava per le stanze della nobile dimora sul Canal Grande ragionando dei massimi sistemi del mondo (che nel frattempo sono diventati più di due, per via di una serie di anomalie succintamente descritte qui).

Mi riferisco invece all'ansia, che qui all'inizio abbiamo tutti provato e condiviso, dei portatori di una verità tecnica in contrasto con la narrazione unica e accettata di dare alla propria visione del mondo uno sbocco politico rivoluzionario (in senso proprio, non epistemologico). La verità tecnica può essere un qualsiasi banale dato misurabile, come ad esempio il fatto che la crisi del 2010 non potesse essere da debito pubblico ma evidentemente fosse da debito estero (lo dicevano le dimensioni relative di questi due tipi di debito e la loro dinamica), o il fatto che l'inoculo di una certa sostanza non si arresti nel deltoide ma circoli per il corpo umano. Le conseguenze di simili, banali, misurabili dati di realtà tendono ad essere naturalmente "disturbanti", potenzialmente "devastanti" per un insieme di assetti istituzionali costituiti (dalle Banche centrali agli Ordini professionali ai Governi alle multinazionali), il che spiega ovviamente la resistenza che si incontra nel portarli all'attenzione del pubblico e del cosiddetto decisore cosiddetto politico.

La fortuna di ContiamoCi è che Dario Giacomini è una persona tenace, posata e intelligente, che ha avuto l'opportunità, tramite Elisabetta, di confrontarsi con me e Claudio e avere un rapido primer sulle cose da non fare per assicurare al proprio progetto un minimo di sopravvivenza. In qualche modo siamo riusciti a trasmettergli un po' della nostra esperienza. Il Dibattito (cioè questo blog) non è stato del tutto inutile: sta aiutando i suoi nipotini, i dibattitini, a non sbattere il capino a qualsiasi spigolo e a non sbucciarsi le ginocchia ad ogni inciampo. Noi moriremo, loro cresceranno, e se ci sarà travaso di conoscenza cresceranno più sani e più forti. Certo, molte previsioni del Dibattito, come quella che non si può costruire una coscienza di classe sulla base di una minaccia esistenziale individuale e diretta, si stanno rivelando drammaticamente corrette (l'ho appena condivisa col Prof. Frajese, mi interesserebbe sapere che ne pensa e mi sembra abbastanza smaliziato da essere giunto autonomamente a certe conclusioni, esattamente come Giacomini). Gli studenti contro il greenpass si addormentarono leoni e non si sono più svegliati (e se si svegliassero farebbero rima, probabilmente obnubilati dall'odio estetico verso Salveeneeh...), in generale l'adesione ai movimenti che si proponevano di difendere la libertà è rapidamente decelerata al riapparire di una parvenza di libertà, ma anche qui si vede l'intelligenza di ContiamoCi, che ha spostato il piano del conflitto là dove esso è situato, nei rapporti fra capitale e lavoro, costituendo un sindacato. Ci sono forme di vita associativa intelligente su questo pianeta...

Riporto quindi qui a caldo qualche considerazione politica sulle osservazioni politiche fatte a margine del dibattito, da alcuni astanti e da alcuni relatori.

Intanto, era da parecchio tempo che non sentivo più a tavola la parola "proporzionale".

Son dovuto tornare indietro di anni, ai tempi dei dibattiti cor Nutella o cor Melanzana (ve li ricordate? Ogni tanto riaggallano...), ai tempi in cui anche noi, o meglio voi, pur avendo io rifiutato in radice la prospettiva "famoerpartitista", vi ponevate, nella vostra lecita ansia per la salute del Paese, lo stesso problema che oggi si pongono altri, nella loro lecita ansia per la salute delle persone: portare in Parlamento qualcuno che sapesse la (nostra) verità e potesse dirla in quella sede! Il ragionamento era: con un sistema proporzionale puro (e un migliaio di parlamentari), se anche fossimo l'un per cento della popolazione ci sarebbe possibile portare in Parlamento un drappello di eroi (magari due deputati e un senatore), mentre col sistema attuale il consenso viene drenato dalle coalizioni, negli uninominali non c'è speranza, e nella quota proporzionale i candidati vengono messi in ordine di priorità dalle segreterie dei grandi partiti (per cui il portatore di una battaglia ideale può solo aspirare ad essere un riempilista).

Questa nostalgia del proporzionale mi appariva sbalorditiva, incongruente, alla luce della consapevolezza, diffusa nel mio partito, che il sacrificio fatto sostenendo Draghi fosse servito, fra l'altro, proprio ad evitare che il PD ursuleggiasse o nazzareneggiasse imponendo... una legge elettorale proporzionale! Eh sì, perché nel pacchetto, insieme allo jus soli, alla legge Zan, alla revisione del catasto, c'era anche questa roba qua, vista dal centrosinistra come uno strumento per garantire la propria sopravvivenza, impedendo al centrodestra di difendere le proprie posizioni nei collegi uninominali. La formula del "centrodestra di governo" impediva a FI di cedere alle sinistre sirene del PD: lo strappo sarebbe stato troppo visibile per i loro stessi elettori. Capite bene, tuttavia, che, dopo essere passati da un trauma simile, vedere persone tendenzialmente di destra e affezionate alla propria libertà considerare come liberatoria una prospettiva che per il centrodestra sarebbe stata suicida (e per scongiurare la quale ci eravamo letteralmente dissanguati) era piuttosto shoccante!

Ma ancor più devastante era il riandare con la memoria ai giorni ormai lontani in cui questa prospettiva era la nostra, o meglio la vostra, perché il mio radicale dissenso dal famoerpartitismo mi rendeva piuttosto freddo rispetto ai dibattiti su tecnicismi che avrebbero potuto agevolarne il percorso.

Può essere di qualche utilità ricapitolare i ragionamenti che mi portavano a ritenere un simile percorso pericoloso ex ante e mi portano a ritenerlo futile ex post (togliendo quindi qualsiasi appeal alle riflessioni sulla legge elettorale, anche al netto della inesorabile legge bronzea della riforma elettorale: 

Qualsiasi legge elettorale si risolve in una catastrofe per chiunque la proponga nel tentativo di avvantaggiarsi sull'avversario

...gli esempi portateli voi!).

Ex ante ero terrorizzato dal fatto che il nostro movimento culturale venisse infiltrato da persone il cui scopo fosse screditarlo o appropriarsi delle risorse che il consenso portava con sé, estromettendo chi questo consenso lo aveva, involontariamente, costruito. Non era un'ipotesi così assurda: qualcuno si ricorderà la storia di Badiale sprangato fuori dal suo blog, ad esempio, e molti ricorderanno personaggi un po' ambigui e oggettivamente pericolosi come quel simpatico operatore informativo che qui ribattezzammo Donald. Ero anche sconcertato dalla diffusa inettitudine dei più sfegatati sostenitori del famoerpartitismo, e non lo nascondevo (non a caso i due protagonisti di quel post sono diventati cheerleaders della squadra delle amanti tradite!). Il colpo di grazia alla dimensione famoerpartitista lo dette una cena organizzata in Emilia, il cui scopo era quello di esaminarne l'agibilità con dei volenterosi, resi  autorevoli da esperienze parlamentari relativamente fresche. Alla mia semplice domanda: "Va bene, allora supponiamo di andare avanti: quante firme bisogna raccogliere e come si fa?" nessuno seppe rispondere. RIP famoerpartito! Esporsi con una simile armata Brancaleone era ovviamente pericoloso, molto pericoloso, senza contare che, ancora una volta, avrei dovuto fare tutto io, sottraendo altro tempo non tanto alla famiglia (cui non ne dedicavo già più, ma al Dibattito e al lavoro). Tra l'altro, quanto potenti fossero i miei nemici voi forse non lo sapevate, ma io lo sapevo (e oggi viene raccontato anche in pubblico): non gli sarebbe parso vero di far fare un bel bagno di ridicolo a uno che li umiliava intellettualmente in qualsiasi confronto!

Quel tipo di obiezione è superata dai fatti: ex post, più che la pericolosità del percorso, mi demotiva la futilità dell'obiettivo, sotto due profili:

1) va bene, porti alla Camera un deputato, e poi?

2) ma soprattutto, come scegli l'eroe da portare al fronte?

Svolgiamo brevemente il punto (1): sull'effettivo impatto delle battaglie di pura testimonianza credo di non avere più nulla da spiegarvi. Il bottone rosso in faccia al MES l'ho schiacciato io, non Paragone, come pure il suggerimento di usare il milleproroghe come veicolo per l'abrogazione delle multe l'ho dato io, non la Cunial! Questo per il semplice fatto che loro non c'erano, e io invece sì, e il mio esserci non era frutto del caso, ma del non aver voluto fare una battaglia di pura testimonianza narcisistica (al costo di prendermi, quando necessario, le mie badilate di tiepido e fumante letame in faccia, e di deludere l'inconsolabile Silvia). Nulla contro queste tre persone sul piano umano, s'intende, ma la testimonianza non basta. Avere uno "speakers' corner" nel fritto Gruppo misto è meno rilevante che averlo ad Hyde Park, in tutta sincerità: tempi contingentati, esclusione dalle riunioni di maggioranza, difficoltà a seguire i lavori di Commissione, impossibilità di avere un qualsiasi tipo di incarico (e conseguentemente di avere staff)... Sapete bene che io non sono un alfiere del gigantismo come elemento catalizzatore della produttività (per uno strano caso del destino, proprio in questo momento un simile alfiere si siede di fronte a me), ma è indubbio che nell'ecosistema della politica le microimprese non trovano spazio. Qui i casi sono due: o sei totalmente sprovveduto, o sai positivamente che il voto che chiedi non servirà a nulla. In entrambi i casi, con che faccia vai dall'elettore a chiederlo? Abbiamo anche la controprova: la storia dimostra che se si creano le condizioni di agibilità politica il Rosatellum molto più del proporzionale consente di coinvolgere in Parlamento portatori di battaglie ideali. Oggi ne avete uno in Senato (Claudio) e uno alla Camera (io). Ovviamente questo coinvolgimento presuppone certe doti sia nel coinvolto che nel coinvolgente! Non è facile realizzare questa doppia coincidenza di interessi e di visione. Ma è sempre molto più facile che trovare l'unicorno politico che dai banchi del Gruppo misto, dicendo rigorosamente "la veritah" e lavorando alacremente, riesca a polarizzare il consenso attorno alla sua singola battaglia ideale, in un mondo in cui centinaia di persone si aggirano animate da un perenne moto browniano sospinto verso obiettivi estemporanei da sollecitazioni individuali randomiche (l'emendamento tale, l'ordine del giorno talaltro, la direttiva X, il regolamento Y, Confquesto, Assoquello, ecc.).

Chiaro, no?

Come pure l'idea, ancillare rispetto a questa, di "partire dal basso" prendendo "anche solo un consigliere in un Comune", per poi "crescere sul territorio" e infine espugnare la Bastiglia. Alla precisa domanda: "ma avere un vostro tesserato come sindaco che vantaggi vi sta dando in termini operativi o politici?" non c'è stata risposta e non ci poteva essere risposta, come io sapevo, perché anche questa è stata una declinazione del Dibattito (ricorderete la storia di Gianluca, un amico di Goofynomics che ha voluto tentare questa avventura, e sta insistendo con ammirevole pervicacia, nel quadro di quelle esperienze che qui abbiamo affettuosamente chiamato zerovirgoliste: ho grande affetto e rispetto per lui, ma la sua esperienza ci deve essere di insegnamento).

Svolgiamo ora il punto (2): posto comunque che anche una battaglia di testimonianza abbia una sua utilità e una sua dignità (in realtà l'unica utilità che ha - per le forze conservatrici - è quella di screditare chi come me cerca di orientare in una certa direzione l'azione delle forze potenzialmente rivoluzionarie), chi mandi a combatterla? Come lo scegli? Indipendentemente dalla legge elettorale, ci saranno sempre posizioni in cui ce la si gioca e posizioni in cui si è pressoché certi di andare a battere una musata. Ed è proprio qui, in questa fase genetica, che generalmente i movimenti zerovirgolisti esplodono (mi sembra di aver intravisto dinamiche simili in qualcosa cui partecipò il nostro amico Marco Basilisco): è infatti strano come persone così strenuamente disposte a combattere una battaglia di testimonianza dai banchi del Gruppo misto siano così risolutamente restie a combatterla nella trincea del territorio! Detto in altre parole, è strano come un idealista per cui l'importante è partecipare alla prova dei fatti si riveli come un opportunista che corre solo per vincere!

Questo per quanto riguarda le start-up: discorso che ora, in termini politici (ma anche di gestione del dibattito) non ci riguarda più.

Il dibattito sul proporzionale però deve essere condotto, se non altro per sottolineare come esso sia comunque mal posto, anche qualora si astragga dalla prospettiva opportunistica di chi non vuole rinunciare al privilegio dei propri rotten borough (che era, non ho difficoltà a confessarlo, la nostra).

In termini apparentemente più alti, il tema viene di solito declinato secondo uno dei tanti frutti dell'albero avvelenato del grillismo: la dialettica fra "bobolo" buono e "bolidiga" cattiva. La politica, si dice, sarebbe migliore se potesse drenare dal popolo, che è buono, le sue migliori energie. Ci vogliono, si sostiene, politici veramente rappresentativi, non professionisti della politica (il primo grillino fu Berlusconi, in questo senso), ma rappresentanti della "società civile" (una delle tante espressioni vuote di senso, come "scienza umana" e "bene comune"), per moralizzare (o arricchire di competenze) la classe politica. Insomma: il vincolo di rappresentanza visto come un concorso per titoli ed esami, ma anche il lavoro parlamentare visto come un perenne "Sò Dieco, ti scpieco!" dove il "competente" e "civile" e "non professionista della politica" di turno chiama a sé l'avversario o (meglio mi sento!) l'alleato, gli spiega come va il mondo, e quello si compiega, il mondo in cui il miglior ingegnere di Milano, l'ingegner Fanfulletti, eletto nelle liste del "Partito della verità vera", convince con la sua competenza il miglior biologo di Teramo, il Prof. Di Giovanguidalberto, eletto nelle liste del "Partito dell'onestà competente" a votare l'emendamento 34.056, perché è in materia di ingegneria e il competente è lui, il Fanfulletti, per cui "stammi a sentire, bisogna fare così"...

Ma dove esiste questo mondo fiabesco? Dove esiste questa caricatura della (totalitaria, come da ieri sapete) Repubblica dei filosofi? L'avete visto voi?

Io, vi confesso, no...

E allora vado dritto al punto, che il viaggio volge al termine: non ha senso parlare di legge proporzionale se prima non si fa un ragionamento serio sul finanziamento pubblico dei partiti, perché i partiti, in quanto possano funzionare come tali (cioè avere una rete territoriale, con sedi e luoghi di dibattito), sono l'unico corpo intermedio che può garantire che le persone coinvolte nelle liste abbiano, oltre alle loro competenze professionali specifiche (che contano il giusto, perché per quanto possano essere dei bravi tecnici di qualsiasi materia, la competenza legislativa dei tecnici ministeriali è comunque superiore), anche quella meta-competenza che è l'arte regia, l'arte politica, come la chiama Platone nel Politico (dandole invero un significato un po' diverso, ma insomma ci siamo capiti). Altrimenti, meglio che scelgano i segretari, credetemi.

Non è un caso se prima di sferrare un attacco alla nostra economia si è sferrato un attacco alla "partitocrazia": demonizzare (per demolire) i partiti era uno snodo strategico sulla strada dell'indebolimento dei Parlamenti, unico contrappeso solido all'azione del Governo e della Presidenza della Repubblica.

Credo che questo percorso sia retrospettivamente leggibile per molti, e tutti quelli che sono in grado di leggerlo capiscono anche bene quanto sia difficile invertirlo. Dobbiamo però sapere che la strada per il nostro riscatto passa da lì: finanziamento pubblico, immunità parlamentare, separazione delle carriere, e altre due o tre riforme che restituiscano dignità e incisività ai vostri rappresentanti.

Altrimenti sarete rappresentati male (o, in caso di zerovirgolismo, per niente).

Ma l'avrete voluto voi.

(...al termine della giornata il Prof. Prodi mi si avvicina e fa: "Ma come fa ad avere questa preparazione fisica?" E io: "Semplice: vado a correre tutti i giorni. Sa, con la vita che facciamo è indispensabile mantenere l'efficienza...". E lui: "No, mi riferivo alla preparazione in fisica. Si vede che lei è appassionato di storia della scienza...". E io: "Sono un uomo del Rinascimento, contemporaneo di questo edificio. Come dice Flaiano: oggi il cretino è specializzato. Io mi rifiuto di specializzarmi per illudermi di non essere un cretino."...)

(...a cena ho chiesto: "Ma secondo voi quante auto blu ha la Camera?" Grillismo ovunque. Poi ho preso Google Maps e ho fatto vedere - perché si vede - dal satellite quanto è grande il parcheggio delle nostre auto blu, chiedendo in francese: "E secondo voi qui quaranta macchine come cazzo c'entrano?" Così non si poteva non capire, anche se non sono poi così convinto di aver dissipato ogni dubbio. Il dogma dei privilegi della casta prevale sul dato fisico dell'impenetrabilità dei corpi. Ma allora, gentili amici, dove vogliamo andare?...)

sabato 14 dicembre 2024

Epistemologia for dummies: paradigmi e rivoluzioni nel pensiero di Kuhn


(...qua sopra. Partendo dalle conclusioni, in questa scombiccherata epistocrazia che si prova a costruire, non posso non darvi, come vi diedi al tempo di Monti, degli strumenti per unire i puntini. Quando ti trovi di fronte un coglione qualsiasi che parla di scienza senza avere la benché minima competenza nel discorso sulla scienza, cioè molto, troppo spesso, forse saperne qualcosa in più può aiutare, non a controbattere - quello mai, coi coglioni non serve - ma a valutare gli argomenti che vengono portati, per minimizzare la probabilità dei due possibili errori: quello di considerare validi argomenti fallaci, o quello di rifiutare in radice argomenti potenzialmente corretti. Dal discorso di oggi si possono distillare molti succhi e ognuno trarrà il suo, ma quello che a me sembrava particolarmente importante trasmettere, e che forse non sono riuscito a trasmettere, alla fine è questo: che le persone che voi meritatamente odiate, perché si sono ammantate con autoritarietà di un'autorevolezza che certamente non possedevano, non erano delle eccezioni [negative], non erano particolarmente malvagie: la scienza normale funziona così: poveri Cristi che devono giustificare la propria esistenza a se stessi e alla propria comunità di riferimento, manovali di un progetto di cui non è né necessario né opportuno che conoscano né che critichino le fondamenta, una critica che non gli viene comunque chiesta dalla comunità autoreferenziale cui appartengono, e alla fine la storia dimostra che è giusto che sia così, perché solo questa autoreferenzialità conferisce alla comunità scientifica la massa critica necessaria per concentrare lo sforzo di ricerca su un determinato paradigma, e perché solo sullo sfondo del paradigma emerge l'anomalia, e perché solo la resistenza all'anomalia consente di affinare un nuovo paradigma.

Vedrete sulla pandemia che bei cambiamenti di paradigma che ci aspettano. Belli per alcuni, naturalmente, e meno belli per altri: strano come una immunizzazione vista dal basso sembri un effetto collaterale, si potrebbe dire parafrasando la declaratoria di questo blog. Del resto, quello che a me, da economista, è sempre sembrato fallace nel discorso pandemico è stato il vero negazionismo, quello sugli effetti collaterali, perché non ci sono free lunch, e quindi neanche la terapia unica moderna e accettata poteva esserlo.

E poi, voi che avete in tasca la verità [cha cha cha], come fino a prima di conoscermi avevate sempre a portata di mano l'onestà [cha cha cha], è anche giusto che sappiate che la verità non è il motore di nulla: non lo è della storia, e non lo è della ricerca! Galilei fondava la superiorità del proprio modello cosmologico su un fenomeno [le maree] di cui dava un'interpretazione falsa, mentre attaccava chi, con un'intuizione geniale, ne dava ante litteram l'interpretazione corretta [Keplero]. Euclide passava sopra alle cose che non quadravano col suo modello di ottica, quello di raggio visuale che si muove dall'occhio lungo una traiettoria rettilinea, ma lo faceva anche il grande Newton, perché il suo paradigma era quello corpuscolare, che derivava in qualche modo dalla sua dinamica, ma che non poteva spiegare pienamente un fenomeno che è [anche] ondulatorio, e tutto questo Newton lo sapeva benissimo perché già al suo tempo c'erano stati autori che ben prima di Fresnel avevano avanzato questa ipotesi, ma Newton semplicemente e scientemente non voleva dargli ragione! Eppure Galilei e Newton hanno cambiato il panorama della scienza moderna! Ma se perfino loro erano disonesti intellettualmente, perché non volete concedere un minimo di disonestà intellettuale a persone comunque infinitamente più piccine di loro? Perché vi hanno inseguito con l'aghetto? Anche i calabroni lo fanno, e le conseguenze immediate possono essere molto più dolorose e in qualche caso letali. Ognuno segue la propria inclinazione: la segue la Natura, e la segue il discorso sulla Natura, dove quelle che a noi sembrano aberrazioni [il ricorso al principio di autorità] sono fisiologiche, dove quello che a noi sembra che non porti da nessuna parte [il perseverare nell'errore] è in realtà l'unico vero motore di un progresso non rettilineo [come quello degli ebeti progressisti] ma proprio per questo tanto più duraturo!

E poi ci sarebbe da aprire il discorso su Platone: ma è meglio richiuderlo subito! L'attualità delle sue riflessioni è sconcertante, ma quando lo leggevo negli anni '80 oggettivamente mi mancavano gli strumenti per capirlo. Se non avessi cambiato facoltà e non fossi diventato un professore di economia non avrei mai potuto capire il Politico come mi sembra di capirlo ora, e le vicende degli ultimi quattro anni hanno senz'altro aiutato. Dategli un'occhiata anche voi...

Ho sforato dicendo circa i due terzi di quello che avrei avuto da dire: il resto, magari, scaturirà dalle reazioni ai vostri commenti. E comunque ricordate: nel progresso scientifico non è la certezza a nascere dal dubbio, ma il dubbio a nascere dalla certezza. La materia prima è la certezza. So che voi pensavate che fosse il contrario, ma purtroppo è così! Quindi non disprezzate troppo gli imbecilli armati di certezze: anche se non lo sanno, sono comunque utili idioti di una battaglia che l'umanità sta combattendo nel proprio interesse. Sembra paradossale, ma oggi vi ho dimostrato che è vero e perché non può non essere vero...)


giovedì 12 dicembre 2024

Il tramonto dell'euro, dodici anni dopo


 

(...come promesso nell'odierna diretta. Date un'occhiata, ne vale la pena. Aspetto i vostri commenti...)


lunedì 9 dicembre 2024

Tre paesi, tre bilance

 (...un po' come tre pesi, tre misure...)

Riprendo il discorso di ieri e entro un po' in dettaglio. 

Intanto, parliamo di "bilancia" dei pagamenti perché in inglese il saldo di un conto (la differenza fra poste attive e passive) si chiama balance. La "bilancia" sarebbe quindi il saldo fra i pagamenti ricevuti e quelli effettuati dagli operatori residenti da e verso gli operatori non residenti. Già chiamarlo saldo aiuterebbe, i barbarismi non sono solo un danno estetico, ma pace: questo ormai ce l'abbiamo e ce lo teniamo.

I pagamenti possono riguardare:

1) merci (grano, ferro, ecc.);

2) servizi (turismo, trasporto, ecc.);

3) redditi primari (cioè derivanti direttamente da lavoro, attività finanziarie e risorse naturali, quindi: retribuzioni, interessi o dividendi, rendite, ecc.)

4) redditi secondari (cioè derivanti dalla redistribuzione del reddito, e quindi: imposte, contributi sociali, rimesse degli emigrati, ecc.)

Il database Eurostat riporta tutto in grande dettaglio, ma intanto vi faccio vedere il quadro macro, così vi fate subito un'idea. In ordine alfabetico:




Segue spiegazione.

La linea blu è il saldo complessivo delle partite correnti ed è la somma algebrica delle tre barri verticali che sono rispettivamente il saldo "beni e servizi" (GS), i redditi primari (PI) e i redditi secondari.

Partiamo dalla linea blu, che ci racconta la storia che sappiamo. In Francia il saldo estero peggiora progressivamente, passando in territorio negativo nel 2007, in Germania è sempre positivo, in Italia c'è stato un reversal: prima era negativo e stava scendendo, poi è salito fino al 2019, poi è sceso con la crisi e ora sta risalendo.

Ci sono altre cose abbastanza intuitive: un Paese che, come la Germania, è in surplus strutturale, e quindi esporta capitali, ha ovviamente un saldo dei redditi primari positivo (gli interessi e dividendi sui capitali esportati, cioè prestati, investiti, all'estero superano quelli pagati all'estero sui capitali investiti in Germania). La Germania ha "importato" molta mano d'opera, ed è quindi normale che siano negativi i redditi secondari (escono dal Paese le rimesse degli immigrati turchi, siriani, ecc.).

Questo, se ci fate caso, succede anche in Italia. Dopo il reversal del 2012 il Paese va in forte surplus, accumula crediti e decumula debiti esteri, e quindi dopo un po' appare un saldo positivo dei redditi primari (attorno al 2016).

Quello che è veramente anomalo è lo sbalorditivo livello del saldo redditi primari (positivo) e secondari (negativo) della Francia, che rendono le dinamiche commerciali in senso stretto piuttosto irrilevanti.

Il dettaglio del saldo dei redditi primari è questo:


Le componenti sono tutte positive, tranne il reddito da investimenti (II) nel solo anno 2002. Le altre componenti, cioè le remunerazioni (CE) e gli altri redditi primari (OP, trascurabili) sono sempre positivi. La componente più importante è di gran lunga l'investment income (II), che possiamo dettagliare ulteriormente, nella speranza di capire come mai un Paese con un debito estero netto sempre più imponente ha redditi netti da capitale positivi e sempre più imponenti.

La risposta è piuttosto intuitiva, anche per chi non la sapesse già:


I redditi da investimenti (II, investment income) sono tirati giù dagli investimenti di portafoglio (principalmente interessi pagati su titoli di debito, barre grigie), ma sono tirati su dagli investimenti diretti (principalmente dividendi percepiti su aziende detenute all'estero, barre arancioni), mentre gli altri investimenti (OI, barre gialle) non manifestano una tendenza ben precisa.

Insomma: quello che spiega perché un Paese con problemi strutturali di competitività, con un saldo beni e servizi persistentemente negativo, che paga un bel po' di interessi all'estero, ha comunque dei redditi da investimento positivi, è lo shopping di buone aziende che ha fatto all'estero (e, asimmetricamente, l'aver impedito che dall'estero si acquisissero le sue aziende). Pensate alla nostra filiera del lusso, ma anche (e soprattutto) alla grande distribuzione, ai servizi finanziari, ecc. Quella barra arancione positiva che va sempre più su siete voi a mandarla su, ogni giorno, impercettibilmente, involontariamente, con pressoché qualsiasi gesto della vostra vita quotidiana: dal prelevare contante (in una certa banca anziché in un'altra), all'andare a fare la spesa (in un certo supermercato anziché in un altro), al pagare l'assicurazione della macchina, ecc.

Chiaro, no?

Questo è quello che si capisce dai flussi di reddito, magari domani lo vediamo anche nella composizione degli stock di attività e passività, col database Eurostat o con un altro database.

Quindi, per tornare al discorso di ieri: la situazione della Francia è delicata, certo, ma altrettanto certamente non come quella della Grecia nel 2010, e non è assolutamente una questione di rapporto fra interessi sul debito pubblico e Pil (che in Francia è minore rispetto alla Grecia di quattordici anni fa), come vi direbbe un SDHIC: è molto più una questione di composizione del portafoglio di investimenti del Paese (che, a giudicare dai rendimenti netti che offre, in Francia è molto migliore che in Italia e in Germania).

Questo i mercati lo sanno, e quindi per ora stanno a guardare...

domenica 8 dicembre 2024

Current account reversals

Avrei molte cose da dirvi, su vari argomenti. Siamo in un momento particolarmente lurido, quello che Claudio aveva magistralmente descritto dodici anni or sono:


(purtroppo la fonte originale, cioè il suo intervento a "L'Ultima Parola", non sono in grado di fornirvela), e i cambi di paradigma (per dirla con un termine che vi diventerà familiare fra una settimana), o, se vogliamo, i voltafaccia, sono all'ordine del giorno. Potrei parlarvi del Giavazzo bifronte (e in effetti dal 25 aprile scorso ho in bozza un post così intitolato...), potrei parlarvi di come le istituzioni europee confessano senza rendersene conto il proprio fallimento, potrei parlarvi di tante cose, ma oggi questo può farlo anche un operatore informativo!

I voltafaccia del Giavazzo, dopo quello del sette settembre 2015 (chi se lo ricorda?), non credo ci stupiscano! Le ammissioni delle istituzioni europee, dopo quella di Draghi a La Hulpe, sono solo una banale rifinitura di questioni di dettaglio. Non credo valga la pena di perdere il sonno appiccicati a un PC né per descriverle né per farsele descrivere.

Vale invece certamente la pena guardare avanti, e oggi vorrei farlo nel modo che di solito è più produttivo, cioè guardando indietro. Il nuovo Piller & Gumpel (qualcuno si ricorda i vecchi?) sul panorama social è un tal Robin J. Brooks, che, se avete bisogno di tirarvi su il morale, trovate qui. Si tratta di un SDHIC (single-digit h-index colleague) con 10 documenti citati su Scopus:


Non saprei dirvi se in Italia potrebbe avere un'abilitazione da ordinario, ma è un fatto che su Twitter può dire oggi quello che Oscar Giannino diceva da noi una dozzina di anni fa. Il suo paradigma non ha risentito del voltafaccia del Giavazzo bifronte (il voltafaccia del 2015, intendo): la colpa è del debbitopubblico, ecc. Sono inciampato per caso nel tweet di un tal Daniel Kral, che invece non mi sembra uno stupido, in cui questi, forse senza saperlo, ribaltava la tesi di Brooks, secondo cui la BCE starebbe aiutando l'Italia, e l'ho commentato al volo così:


auspicando che queste menti elette, questi economisti di professione (più antica del mondo) si confrontassero e ne venissero a una su un punto non banale: la BCE fa politica (con altri mezzi) o no?

Mi sono poi messo a seguire un po' il Kral, che come l'Heimberger è uno che fornisce dati interessanti, anche se per noi non particolarmente sorprendenti, e ho trovato in particolare un'osservazione che mi sembra condivisibile e che quindi vi sottopongo:


Per un'associazione di idee non particolarmente originale, questa osservazione mi ha riportato a una mia vecchia ricerca, fatta col Prof. Manzocchi della Luiss (che all'epoca non era della Luiss ma era già professore associato), quella sui Current account reversals in developing countries, cioè sull'inversione di tendenza del saldo delle partite correnti nei paesi in via di sviluppo. Si trattava insomma di una generalizzazione del fenomeno che più o meno negli stessi anni Guillermo Calvo definiva un sudden stop (la sua definizione poi ha prevalso in letteratura). Generalizzazione perché Calvo si soffermava solo sui casi in cui in arresto improvviso (sudden stop) dei finanziamenti esteri si rifletteva in un brusco miglioramento del deficit delle partite correnti, cioè nel passaggio da un rilevante deficit estero (importazione di capitali) a un deficit estero meno rilevante (minore importazione di capitali) o addirittura a un surplus (esportazione di capitali, cioè rimborso di debiti esteri).

Questo fenomeno noi lo chiamavamo positive reversal: un cambio di segno delle partite correnti dal meno al più.

Nel nostro paper (che qui trovate in preprint) consideravamo però anche il caso opposto: quello in cui un Paese passa da una situazione di esportazione di capitali (e quindi di surplus delle partite correnti) a una situazione di importazione di capitali (cioè di deficit delle partite correnti): insomma, quello che molti anni dopo qui avremmo imparato a riconoscere come l'innesco di un ciclo di Frenkel e avremmo descritto nel Romanzo di centro e di periferia e che all'epoca chiamavamo negative reversal, cioè un cambio di segno delle partite correnti dal più al meno.

Il nostro articolo aveva quindi un ambito più ampio, il che fu probabilmente una delle cause del suo successo relativamente scarso (75 citazioni su Google Scholar e 11 su Scopus, dove il mio paper più citato è questo, con 37 citazioni: ma ne parleremo un altro giorno). In effetti, noi ci soffermavamo anche su una cosa che forse si preferiva non investigare, ovvero in che modo i Paesi in via di sviluppo si mettono su un percorso che poi li condurrà a una crisi finanziaria.

Tornando ad oggi, nel frattempo i bravi economisti nell'ordine ci hanno spiegato due cose:

1) che i Paesi che si indebitano in una valuta che non controllano sono de facto Paesi in via di sviluppo (questo ce lo ha spiegato De Grauwe qui):

2) che la crisi europea non è stata una crisi di sostenibilità del debito pubblico ma di sostenibilità del debito estero, cioè un sudden stop (e questo ce lo ha spiegato il Giavazzo bifronte nel suo primo spettacolare voltafaccia qui):


Quindi, se i Paesi europei erano strutturalmente affini a quelli in via di sviluppo (De Grauwe dixit), e se la loro crisi era una crisi da sudden stop (Giavazzo dixit), la mia ricerca (con Manzocchi) sui sudden stop nei Paesi in via di sviluppo si applicava perfettamente al caso nostro!

Due osservazioni:

1) gli operatori informativi, porelli, non possono saperlo, perché non sono del mestiere, anche quando sono bravi, ma non è certo in questo fine settimana che il Giavazzo bifronte ha ammesso che alla fine il debito pubblico non c'entra un gran che con le nostre crisi e quindi (implicitamente) se ne potrebbe anche fare un po' di più! Si può tranquillamente risalire al 2015 per una simile ammissione, come vi ho documentato.

2) io in realtà me ne ero accorto molto prima del 2015: sul fatto che questa fosse una crisi da debito estero e non da debito pubblico ci aprii questo blog il 16 novembre del 2011, cosa che vi ho ripetuto usque ad nauseam, ma, cosa che forse sapete di meno, ci ero anche intervenuto su un blog ben più paludato, quello dei Bocconi boys, parlando, il 26 luglio di quello stesso anno difficile, de Lo spettro del 1992.

Il mio punto era molto simile a quello che il buon Kral ci ripropone tredici anni dopo: quello che preoccupava era l'indebitamento estero, soprattutto per la parte dovuta ai crescenti pagamenti di interessi sul debito estero! Kral in realtà si sofferma sui pagamenti di interessi sul debito pubblico (vabbè, anche lui, poverino, come Brooks, vive nel paradigma precedente al voltafaccia del Giavazzo), ma il punto è che, indipendentemente da chi lo detenga, il problema del debito è pagarci gli interessi, è il suo "servizio", che ovviamente dipende dalla sua entità ma non solo. Dipende, ad esempio, anche dal peccato originale, cioè dal fatto che tu debba o meno procurarti all'estero la valuta per pagarci sopra gli interessi, cioè, in sintesi, dal fatto che tu sia o meno un Paese del terzo mondo, o un Paese dell'Unione Europea (che finanziariamente sono la stessa cosa).

Perché mai mi interessavo a questa astrusa variabile? Perché dodici anni prima, nel nostro articolo del 1999 (coevo der Palla), le stime che avevamo fatto portavano a questi risultati:


Ve li commento in breve, come all'epoca non avrei saputo fare, perché questi fenomeni erano per me un oggetto astratto e distante di studio, non un elemento presente e concreto nel quotidiano. La tabella forse conviene leggerla da destra a sinistra, cioè dai fattori che determinano un peggioramento dei conti correnti (colonna 2) a quello che succede quando si è costretti a farli migliorare (colonna 1).

Nella fase di peggioramento del saldo estero, ovviamente aumenta il debito estero (il coefficiente del debito estero è quindi negativo a -0.11 e significativo),

(...la faccio stretta per i non statistici: per capire se il coefficiente è statisticamente significativo bisogna guardare il numero fra parentesi tonde riportato sotto di esso: è un test di significatività statistica noto come t di Student e a spanne se è maggiore di due il coefficiente è statisticamente rilevante...)

peggiora il deficit pubblico (il coefficiente del deficit pubblico è positivo, cioè i due deficit si muovono insieme, ed è pari a 0.56, il che significa che ogni punto di peggioramento del deficit pubblico porta a un peggioramento di 0.56 punti del deficit delle partite correnti), ma naturalmente si cresce molto, e quindi il tasso di crescita dell'economia ha un coefficiente molto significativo e negativo, pari a -0.54, a significare che ogni punto di crescita in più fa diminuire il saldo estero di 0.54 punti percentuali di Pil.

Nella fase di miglioramento, cioè di sudden stop, descritta nella colonna 1, le cose cambiano abbastanza. Il deficit estero resta associato a quello pubblico, nel senso che una stretta di un punto del deficit pubblico (un suo "miglioramento") determina un miglioramento di 0.44 punti del deficit estero, ma il debito estero perde di significatività (e quindi il sudden stop non è necessariamente associato a un suo abbattimento, almeno non in rapporto al Pil, il che si può anche capire perché la stretta fiscale fa diminuire anche il denominatore, cioè il Pil), e il tasso di crescita dell'economia perde qualsiasi rilevanza: spingere in recessione l'economia non sembra essere di grande aiuto, ma noi lo abbiamo comunque fatto, "pe nun fasse mancà ggnente", come dicono a Roma...

Va bene, ora devo dormire: la giornata è stata lunga e nevosa: ne parliamo domani, e magari andiamo un po' a fondo agli argomenti di Kral: come erano messe la Grecia nel 2010 e l'Italia nel 2011? E com'è messa oggi la Francia? Penso anch'io che per certi versi sia messa meglio degli altri due Paesi citati, ma eventualmente perché (e quindi per quanto manterrà questo vantaggio), e quali variabili occorre monitorare? 

Ecco, questo mi sembra un esercizio più utile della Schadenfreude, o del rimarcare che un certo ingegnere, per sopravvivere a se stesso, è costretto a dire nel 2024 quello che noi dicevamo nel 2011.

Parce sepultis.


(...e a questo proposito devo anche una risposta al dottor Cartabellotta, ma preferisco prepararmi meglio il discorso di Venezia: gli risponderò dal treno...)

mercoledì 4 dicembre 2024

Marine et Emmanuel

Solo per lasciare traccia del fatto che oggi, con una mossa non inattesa, Marine Le Pen ha lasciato a piedi Barnier. La maggioranza del governo francese si reggeva sui suoi voti, su quelli di Marine, e non ci voleva molto a capire come sarebbe finita. A beneficio degli aritmeticamente disagiati, sottolineo come a noi fosse impossibile giocare un simile scherzo al Migliore.

Mazzalai sostiene, non senza fondamento, che la scelta del tempo sia dettata anche dalla necessità per Marine di tornare al voto, in particolare quello presidenziale, prima che l’attacco giudiziario cui è stata sottoposta, arrivi a segno, determinandone l’ineleggibilità.

Il ragionamento ha una sua tenuta, e, purtroppo, anche in questo campo siamo stati precursori. Non so quanto si parlino i due, ma l’esempio di Salvini ha assunto rilevanza internazionale, ed è quindi un monito per tutti i politici europei.

Ma c’è anche un’altra dimensione sotto la quale siamo stati anticipatori, come lo è stato del resto questo blog, e in modo non indipendente dalle ragioni per cui lo è stato questoblog: esattamente come qui abbiamo imparato che nel lungo periodo le politiche di destra favoriscono solo la destra, abbiamo anche imparato che nel breve periodo sostenere la sinistra indebolisce inesorabilmente la destra! Insomma: nel 2011 era facile prevedere che la sinistra, sostenendo Monti, avrebbe consegnato il paese alla destra, e infatti, per dirla come gli scienziati, lo predissimo (😇). Ma nel 2021 era altrettanto facile prevedere che, sostenendo Draghi, avremmo perso supporto. E infatti lo perdemmo (per dirla come le persone normali).

Anche questo è un esempio che deve essere stato ben presente a Marine. Non so molto di diritto costituzionale francese, non so quanto potrà reggere Macron nel suo fortino, so solo che errori di breve periodo possono rallentare, ma non fermare, né invertire, il percorso verso un esito che è inevitabile politicamente perché è inevitabile macroeconomicamente.

Prendiamoci il buono dell’unità europea!

In cosa consiste, chiederete voi? Ma, semplicemente nel fatto che non occorre che voi continuiate a sostenere chi vi ha indicato un percorso di libertà. Se non lo fate voi qui, lo farà qualcun altro da un’altra parte. Del resto, qui come lì, chi ha visto la via di uscita l’ha vista perché qualcuno gliel’ha indicata. 


(…chissà se qualcuno di voi era lì? Io, evidentemente, c’ero, e ne resta traccia. Se il mondo cambierà, potremo dimostrare che un pochino sarà stato anche merito nostro…)



domenica 1 dicembre 2024

Quota e aliquota

(...dedicato ai parico' dell'81° AUC...)

Consideriamo un sistema di pura flat tax: una singola aliquota al 23%. Questa proposta non è quella della Lega, ma questo qui non ci interessa particolarmente. Ci interessa solo fissare alcuni concetti teorici. In un sistema simile, chi guadagna 0 paga 0 (e fino a qui ci siamo), chi guadagna 1000 paga 230, cioè la sua imposta aumenta di 230 (cioè del 23% del suo aumento di reddito), chi guadagna 2000 paga 460, cioè la sua imposta aumenta da 230 a 460 (cioè di 230, cioè del 23% del suo aumento di reddito, pari a 1000, da 1000 a 2000), ecc.

Il rapporto fra imposta pagata e reddito (cioè l'aliquota effettiva media) è sempre del 23%, quello fra incremento dell'imposta pagata e incremento del reddito (cioè l'aliquota marginale effettiva) è sempre del 23%.

Se dovessimo mettere queste informazioni in una tabella le vedreste così:


(e giù così verso il reddito di Bill Gates e oltre) e se dovessimo rappresentarle graficamente, concentrandoci sulle aliquote effettive, ovviamente le vedreste così:


(ne vedete una sola perché le due coincidono).

Ovviamente questo sistema non funziona perché "non è progressivooooooh11!1!1!", e in effetti non lo è: è un'imposta proporzionale pura, come quelle che vigono sui redditi da capitale (12,5% sugli interessi dei titoli di Stato, 26% sulle plusvalenza da vendita di titoli o sull'incasso di dividendi azionari), sui redditi da impresa (24% sui redditi delle società), ecc. (solo per ricordare en passant che ai redditi dei ricchy la progressività non si applica comunque...). In quanto tale, si può argomentare che essa non sia conforme al dettato costituzionale.

Immaginiamo allora di adottare un sistema a due aliquote: il primo scaglione, cui si applica l'aliquota al 23%, arriva a 28.999,99, mentre allo scaglione da 29.000,00 in su applichiamo un'aliquota più elevata, del 38%. Qui c'è la prima cosa che il piddino non capisce: la progressività funziona per scaglioni. Quindi, non funziona che se sei "ricco" (inteso come uno che guadagna magari 29.001,00 euro) ti viene tolto il 38% del reddito! Fino a 28.999,99 ti viene sempre tolto il 23%. Questo significa, ovviamente, che qui, a partire da un certo punto, l'aliquota marginale e quella media divergono.

Lo si può vedere con una tabella:


ma probabilmente è più espressivo vederlo con un grafico:


(...per i più - giustamente - sofisticati: sto discretizzando a incrementi di 1000 euro la scala dei redditi, e questa è ovviamente una forzatura didattica che però non altera il senso del messaggio. La distribuzione dei redditi è comunque discreta, perché sotto al centesimo di euro non si può andare...)

Allora, dunque...

Sì, ora un po' di progressività c'è: i ricchy pagano progressivamente più imposta, ma la progressione è molto lenta. Il rapporto fra imposte e reddito infatti è dato dall'aliquota media, la linea arancione, non (come talora si crede) dalla linea azzurra, che descrive solo il rapporto fra gli incrementi di imposta e reddito. Quindi, insomma, i ricchy così piangono troppo poco, ovvero, in termini aulici: non c'è abbastanza progressività.

Bene!

Allora aumentiamo il numero delle aliquote!

Potremmo pensare a un sistema a tre scaglioni, dove da 56.000,00 euro in su si applica un'aliquota del 43%. "Oh!", pensa l'odiatore sociale, finalmente appagato, "Questo significa che il mio vicino, che ha una RAL di 56.001,00 euro, finalmente pagherà 24.080,43 euro di IRPEF!"

No, naturalmente non è così, perché il 43% lo pagherà solo sull'ultimo euro, ma questo al nostro amabile interlocutore ideale rinunciamo a farlo capire. Da qui in avanti abbandoniamo queste figure al loro destino (infelice, perché ci sarà sempre qualcuno che ha qualcosa più di te...) e proseguiamo con la solita tabella:


ma soprattutto, o forse soprattuttamente (dato il tema...) con il solito grafico:


...e insomma: sì, i ricchy piangono un po' di più, ma in fondo mica poi così tanto! Il sistema diventa progressivo solo da un certo punto in poi, a chi guadagna (poniamo) 1000 euro al mese (12000 l'anno) ne rimangono in tasca solo 770 (il 23% in meno), mentre l'odiato vicino che guadagna 56.000,00 euro paga "solo" 17.130 euro di imposta, cioè il 30.6%.

Presto!

Urge aumentare il numero delle aliquote!

Quando nell'autunno del 2021 mi sedetti al tavolo del MEF con i colleghi responsabili economia dei partiti (Misiani, Guerra, ecc.) per ragionare insieme con il ministro Franco su come ridurre da cinque a quattro le aliquote, la situazione era questa:


cioè quella descritta in questo utile articolo dell'IPSOA:

e, se ci fate caso, aumentando il numero delle aliquote, o innalzandole, la situazione non è che cambiasse poi in modo così drastico, soprattutto per i meno abbienti, che restavano comunque soggetti a un regime proporzionale almeno fino ai 15.000 euro.

Ma la situazione non era esattamente questa, e perché?

Perché, come vi ho sempre detto, e come cercavo di far capire ai miei gentili interlocutori televisivi, in Italia la progressività non è assicurata dal sistema delle aliquote, ma da quello delle detrazioni!

Che cosa significa? Significa che all'imposta che i "poveri" dovrebbero pagare in teoria, in pratica si sottrae un certo ammontare, e quindi solo i "ricchi" pagano l'imposta che deriverebbe dall'applicazione delle aliquote formali.

Esempio: decidiamo che a chi guadagna fino a 24.000,00 euro si detraggono dall'imposta 1.880 euro. Ovviamente, con questo sistema uno che guadagna 7.000,00 euro all'anno, e quindi paga 1.610,00 euro d'imposta perché soggiace all'aliquota del 23%, dovrebbe pagare un'imposta di 1.610,00-1.880,00 = -270.00 euro, cioè sarebbe soggetto a un'aliquota media negativa di -270/7000 = 3,86%. Però non funziona così: se guadagni "troppo poco", cioè se la tua imposta lorda è inferiore alla detrazione, lo Stato semplicemente ti esenta dall'imposta, così non paghi tu, ma non paga nemmeno lui! Ricordo che al tempo del reddito di cittadinanza si parlò di sistemi a imposta negativa: qui vedete come potrebbero venire fuori. Ma analizziamo con le solite tabelle e grafici questo sistema (detrazione di 1.880,00 euro dall'imposta per lo scaglione fino a 24.000,00 euro).

La tabella si presenta così (non ve la metto tutta per ovvi motivi di impaginazione):


e forse già vedete che c'è un problema e ne intuite il motivo, ma se vi metto le aliquote in forma grafica non potrete non vederlo:


OMG! 

Houston, abbiamo un serio problema con l'aliquota marginale! Siccome al raggiungimento dei 25.000,00 la detrazione cessa, nel passaggio fra i 24.000,00 e i 25.000,00 l'incremento dell'imposta effettivamente pagata (quella al netto della detrazione) è la somma dell'imposta che paghi in più perché hai guadagnato di più (270 euro, perché in quello scaglione l'aliquota è al 27%), più l'imposta che paghi in più perché non sei più soggetto a detrazione (cioè 1880 euro, ovvero l'importo della detrazione). Insomma: sui 1.000,00 euro in più che guadagni passando da 24.000,00 a 25.000,00 di reddito, paghi 1.880,00+270,00 = 2.150,00 euro di imposta in più: un'aliquota marginale del 215%.

Risultato: mentre il tuo reddito lordo aumenta da 24.000 a 25.000, il tuo reddito netto diminuisce da 20.000 a 18.850 (lavori di più per guadagnare di meno): un bel disincentivo, no?

Ma guardiamo anche il bicchiere mezzo pieno, che si vede di meno. Per vederlo bene, riportiamo al 50% il massimo della scala verticale del grafico: questo significa che non vedremo l'orrendo picco al 215% (resterà fuori dal grafico) ma potremo confrontare meglio quello che succede all'aliquota media rispetto a quanto accade nel sistema senza detrazioni:


Qualcosa di positivo in effetti c'è! Ora i povery non pagano per nulla imposta, poi c'è una progressività che, a dire il vero, è più accentuata nel segmento povery che nel segmento ricchy, ma è pur sempre meglio di nulla.

Siccome il blip nell'aliquota marginale dipende, come abbiamo visto, dal fatto che la detrazione termina in modo abrupto (lo so, non si può dire, ma a me piace così!), per salvare capra e cavoli potremmo pensare di farla sfumare, di applicare quello che viene definito un décalage. In effetti, la situazione che trovammo quando ci sedemmo al tavolo delle cinque aliquote era quella che vedete descritta qui:


(...apro e chiudo una parentesi per evidenziare come chi nel dibattito accusava il sistema di Armando Siri di essere troppo complesso forse non si era studiato come funzionava il sistema vigente...)

e prevedeva un décalage spalmato fino ai redditi da 55.000,00 euro, cioè una roba di questo tipo:


che forse è più comprensibile nella rappresentazione grafica, dalla quale salta fuori una impercettibile anomalia:


La vedete? Oltre i 55.000,00 l'aliquota marginale diminuisce. "Ma come diminuisce!? Ma se sono più ricchy!?" Sì, sono più ricchi, ma il problema è che oltre i 55.000 cessa l'effetto del décalage: negli scaglioni precedenti l'aliquota marginale è superiore perché a mano a mano che il reddito aumenta dall'imposta ti viene tolto un po' di meno, e quindi ha, spalmato su tutti i redditi dall'inizio a 55.000, quel picco abnorme che si vedeva nel grafico precedente. Se ci perdete un po' di tempo, lo capirete anche voi, come lo capii anch'io all'epoca.

Ma... attenzione! La storia mica finisce qui!

Perché, come sapete, le detrazioni erano due: c'era anche il bonus Renzi. Ora, questo bonus è stato camaleontico almeno quanto il suo escogitatore, ma all'epoca la forma che prendeva era quella di una detrazione che da un massimo teorico di 100 euro al mese (1200 all'anno) scendeva con un décalage piuttosto rapido, arrestandosi dopo i 39.000,00 euro:


Se avete seguito fin qui, avrete capito che (non) è strano come una rapida diminuzione di una detrazione all'aumentare del reddito somigli a un consistente aumento dell'aliquota marginale! E infatti con il bonus Renzi l'aliquota marginale mostrava una discreta gobba:


che, per avviarmi a concludere, si potrebbe sintetizzare così: a noi ci stanno mettendo in croce perché gli ha detto micuggino che sta al quinto piano di San Macuto (l'UPB) che noi abbiamo portato l'aliquota marginale al 50%, ma loro l'avevano portata oltre il 60%! E non è tutto: forse ve lo siete dimenticato, forse non lo avete mai saputo, ma se questa era la situazione che avevo trovato io nel 2021, la situazione determinata dal bonus nella versione originaria era ben peggiore, determinando un'aliquota marginale che raggiungeva l'80% (a causa di un décalage ancora più repentino del bonus).

Chiaro il concetto?

Spero di sì: io più chiaro di così non so essere.

Oggi, all'inaugurazione della piscina di Castel di Sangro, ho incontrato il segretario regionale del PD e je so ditte: "Scusa: ma noi facciamo talmente tante scemenze, che chi ve lo fa fare di attaccarci proprio su quella che avete fatto peggio di noi? Guarda che l'UPB, dando un quadro parziale della faccenda, vi manda in giro a dire una storia, quella dell'aliquota marginale al 50%, che da domani non attaccherà più, perché spiegherò ai miei che voi avete fatto peggio!"

Ecco: ogni promessa è debito (dopo di che, soprattutto sul territorio, siamo tutti amici, soprattutto fra avversari, quindi nelle mie parole non c'era alcuna acredine ma solo una genuina sollecitudine).

E con questo abbiamo esaurito l'argomento aliquote: spero che abbiate fissato in mente i seguenti punti:

1) la progressività di un sistema fiscale dipende molto più dalle detrazioni che dalle aliquote;

2) le imposte che si pagano sono misurate dall'aliquota media;

3) una aliquota marginale alta ha un effetto disincentivante, ma solo nel caso in cui superi il 100% determina un calo di reddito netto.

Aggiungo che questo discorso è puramente ipotetico, perché ci sono decinaia e decinaia di situazioni: le spese mediche, le spese per le ristrutturazioni edilizio, i figli a carico (un tempo), che determinano una pletora di ulteriori detrazioni, per cui sapere quale sia effettivamente la propria aliquota marginale non è (solo) impossibile: alla fine diventa anche inutile, perché quante imposte pagherai dipende da eventi che spesso sono fuori dal tuo controllo (come tipicamente lo sono le spese mediche, quelle spese che tutti preferiremmo non fare)...

Ma insomma, così si allargherebbe il discorso.

Mi basta però avervi fatto capire quanto sia disonesta la semplificazione da talk show, quella secondo cui il problema dell'ingiustizia sociale si risolverebbe esclusivamente agendo sulle aliquote degli scaglioni più alti. Gli esempio che avete visto qui mostrano che a meno di misure esteticamente improponibili (aliquote al 110% oltre certi redditi, per capirci...) l'effetto sull'aliquota media non è poi così determinante, e per quanto riguarda il gettito complessivo torno a ricordarvi che i miliardari non pagano l'IRPEF, e non perché la evadano (hanno sufficienti soldi per pagarla senza accorgersene) ma perché i loro redditi veri sono soggetti a forme sostitutive flat (che si tratti di interessi, di dividendi o di capital gain).

E buona notte!

(...si, vabbè, aliquota abbiamo capito perché. Ma perché quota? Perché ieri, come vi avevo detto, dopo Sky TG, sono corso su, perché sapevo che oggi sarebbe stato così:


e me ne sono andato un po' in giro, prima di fare i miei tre incontri, a pestare la neve prima degli altri, ma non di tutti gli altri:


Mi avevano detto che era in giro da quelle parti, e in effetti qualcosa si vedeva, ma era già stata quasi riempita dalla neve. Non ci andrei di notte, e non senza il mio amico, che questa volta si era svegliato tardi...
)

(...correzione di bozze a vostro carico, domani voglio camminare ed è già fin troppo tardi...)