(...non si butta via niente!...)
La premessa di questo post è che presto l'euro tornerà di moda.
Non starà a noi parlarne, né sotto il profilo intellettuale (lo abbiamo già fatto con argomenti che ormai sono mainstream) né sotto quello politico (il Paese ora sta relativamente bene: se aveva senso denunciare certi meccanismi prima che venissero applicati, per evitare tanto inutile dolore, ha molto meno senso denunciarli dopo, causando ulteriore stress ai superstiti: ci pensino ora i tedeschi di AfD, noi abbiamo bisogno di meno spread e in generale di meno rotture di coglioni...). In tutta evidenza, non sono solo io a pensare che l'argomento tornerà di moda, e infatti nella cloaca nera è tutto un pullulare di troll, ma anche di brave persone la cui buona fede è ahimè molto superiore alla loro intelligenza, che in ogni caso la buttano sulla "liretta" in un evidente tentativo di rianimare uno spin che solo apparentemente ha fatto il suo tempo, ma che invece è e resta di drammatica attualità. L'idea che col passare del tempo si sarebbe imposta, per motivi demografici, la generazione degli "euronativi", i quali non avrebbero avuto incentivi a riflettere sulle opportunità offerte da un mondo che non avevano conosciuto, in sé era e resta corretta, ma stenta a realizzarsi compiutamente. Quelli che hanno conosciuto un modo normale restano comunque la maggioranza (è la piramide demografica, bellezza!), quelli che hanno conosciuto solo il mondo della svalutazione interna se ne vanno per lo più all'estero, chi resta qui si informa e, se ha i mezzi intellettuali per capire, capisce. Quindi questo new normal fatica a imporsi come tale: vecchi e giovani lo percepiscono per quello che è, per uno stato di eccezione invocato da un sovrano privo di legittimazione, tant'è che non sarei stupito se fra un annetto o due, magari nel corso della prossima crisi finanziaria, il Giavazzo bifronte venisse a spiegarci che il taglio dei salari (svalutazione interna) dipende proprio dall'aver inibito i normali meccanismi del mercato valutario (cioè la cosiddetta svalutazione esterna)!
Comunque, nel frattempo può essere utile studiarsi i troll e il loro argomentare: per noi è un po' un tuffo nel passato, sono scemenze che abbiamo confutato mille volte, ma se, come dice Claudio, dobbiamo ricominciare a spiegare tutto, perché con l'ingresso in politica abbiamo ampliato la nostra platea a migliaia di persone che si sono aggiunte ai nostri follower senza essere parte di questa comunità (e pertanto mancano de #lebbasi), se è così, allora ben vengano i troll! Ci sono cose così cretine che a me , e verosimilmente anche a voi, non passerebbe nemmeno per l'anticamera del cervello di discuterle, ma che possono fare breccia in menti, come dire, più... fresche! Prevenire è meglio che curare, e quindi interveniamo...
Due giorni fa Claudio ha avuto la cortesia di rilanciare il mio post precedente, attirando immediatamente un troll:
Il giorno dopo me ne sono accorto e ho espresso una breve considerazione:
che ha dato la stura a uno scemenzaio di proporzioni ragguardevoli! Non voglio esaurirlo tutto in un singolo post, non ho tempo per farlo e non ne vale la pena, ma due o tre cosette voglio condividerle con voi perché credo siano utili.
Vi risparmierei, ma siccome erano tanti occorre spenderci un po' di tempo, una particolare categoria di analfabeti funzionali, questi:
Non ci sarebbe nulla da replicare a dei fenomeni simili, se non quello che ha replicato Gatta Skogatt con grande compostezza:
In effetti, il mio era uno sberleffo alla stupidaggine di un fesso che si lamentava di quanto fossero onerosi i mutui in un mondo che lui descriveva come di tassi reali negativi (cioè in un mondo in cui la banca ti paga affinché tu ti indebiti: peraltro, questo è stato il mondo dell'eurone fino a pochi anni fa)! Questa valutazione ovviamente prescindeva dalla veridicità di una simile rappresentazione: era solo una verifica della sua coerenza interna, coerenza che ovviamente non poteva esserci! Chi si mette dal lato sbagliato della storia è condannato a vivere nella menzogna. Di fatto, in un mondo di tassi reali negativi sarebbe eventualmente il creditore a doversi lamentare, certo non il debitore! Quindi il buon Gianni letteralmente non capiva che cosa stesse dicendo, e parlava solo per diffondere (come deve fare un troll) una narrazione allusiva e tendenziosa: "con la liretta si stava peggio!" (anche se per farlo esponeva un argomento che astrattamente avrebbe favorito la tesi opposta: se le cose fossero state come le descriveva lui, i debitori sarebbero stati molto meglio)!
Apro e chiudo una parentesi sul povero Painintheass, che, come potrete facilmente constatare scorrendo il suo profilo, ha altri interessi: ci sta che non sia del tutto lucido, la falegnameria è un hobby defatigante...
Tuttavia, esaurito il divertimento per la scemenza di chi parla senza sapere che cosa dice, forse vale anche la pena di fare un vero fact checking di simili idiozie.
C'è mai stato un anno in cui i mutui prima casa erano al 15% e l'inflazione al 18%?
E, più in generale, con la lira l'inflazione è sempre stata in doppia cifra (come i drindrini ripetono)?
Diamo un'occhiata ai dati, partendo, appunto, da quelli sull'inflazione.
Nei 39 anni dal 1960 al 1999 l'inflazione in Italia è stata a due cifre solo per i dodici anni dal 1973 al 1984:
(fonte) quindi per meno di un terzo della sua storia. E qui qualcuno dirà: "D'accordo, la liretta non viaggiava sempre sulla doppia cifra di inflazione, anzi: è stata più spesso a singola che a doppia cifra, ma comunque con l'eurone in doppia cifra non ci siamo mai arrivati, nonostante la tremenda catastrofe determinata da pandemia e guerra!"
Eh, no, le cose non stanno esattamente così, perché le guerre, e i conseguenti shock di offerta, ci sono sempre stati, ma quelli che la liretta ha subito sono stati molto più seri di quelli che ha subito l'eurone. Per verificarlo vi invito a consultare la pagina sui mercati delle merci nel sito della World Bank e, se vi interessa, a scaricarvi il "pink sheet", il foglio Excel con gli indici annuali dei prezzi delle materie prime. Se calcoliamo il tasso di variazione dell’indice iENERGY, che sintetizza l’andamento dei prezzi delle fonti di energia, e lo rappresentiamo insieme al tasso di inflazione italiano otteniamo questo grafico:
dove l'inflazione italiana è rappresentata sull'asse di sinistra e quella dei costi internazionali dell'energia sull'asse di destra (che ovviamente ha una scala molto più estesa). Tenuto conto delle proporzioni, si vede immediatamente che lo shock petrolifero del 1973, quando il prezzo del petrolio quadruplicò, ha comportato un aumento dell'indice iENERGY (indice dei prezzi delle materie prime energetiche) del 230%, pari quasi al triplo dell'ultimo shock da offerta, quello del 2021, quando i prezzi delle materie prime energetiche sono aumentati dell'81%. Fateci caso: con aumenti superiori al 200% dei prezzi delle fonti di energia abbiamo avuto un'inflazione attorno al 20%, e con aumenti dell'80% dei prezzi delle fonti di energia abbiamo avuto un'inflazione attorno all'8%.
Cambiato qualcosa?
Non direi!
Con l'eurone, come con la liretta, circa un decimo degli shock di offerta (misurati dalla variazione dell'indice delle materie prime energetiche) si trasferisce sul tasso di inflazione interno. Si conferma quindi una scemenza quella della monetona fortona che fa da scudo contro l'incremento del prezzo delle materie prime: ma che fosse una scemenza che lo siamo detti mille volte, e il motivo è semplice: come vedete nel grafico, gli aumenti dei prezzi delle materie prime possono essere facilmente anche a tre cifre (superiori al 100%), e sarebbe da idioti pensare che roba simile possa essere compensata rivalutando la propria moneta. Molto semplicemente, se il prezzo del petrolio, o del gas, o in generale dell'energia raddoppia, quella di raddoppiare il cambio della propria moneta rivalutandola del 100% non è una strategia praticabile, perché comporterebbe far pagare il doppio tutti i nostri beni a tutti i nostri clienti internazionali, semplicemente per mantenere costante il prezzo dell'energia in valuta nazionale! Vorrebbe dire uccidere il Paese, e una roba simile può venire in mente solo a un perfetto drindrino! La strategia razionale è quella di comprimere leggermente i margini e di trasferire parte degli incrementi dei costi sui consumatori finali, ovviamente. Ma la cosa relativamente sorprendente, che nemmeno io mi aspettavo, è che il pass-through dai prezzi dell'energia ai prezzi al consumo nazionali in caso di shock di offerta è rimasto più o meno lo stesso, nonostante che nel frattempo siano cambiate tante cose: l'efficienza delle tecnologie, il mix energetico, le istituzioni monetarie, e il mercato del lavoro.
Questo ovviamente non esaurisce il discorso.
Il grafico mostra anche che per tutti gli anni '70 l'inflazione in Italia è stata piuttosto persistente, restando a due cifre anche fra 1975 e 1978, quando l'incremento del prezzo dell'energia era sceso a una cifra. Si può ragionare su quanto questa persistenza sia dovuta alla presenza di istituzioni che tutelavano il potere di acquisto dei salari, come l'indicizzazione salariale (la cosiddetta "scala mobile"), istituzioni che, si dice, avrebbero innescato una "spirale prezzi-salari".
Il fatto è che gli anni dell'inflazione a due cifre sono stati, come qui ben sapete, anni di crescita del salario reale:
il che naturalmente rende surreale l'affermazione di Gianni, il nostro troll, secondo cui una famiglia il cui salario cresceva più dell'inflazione si sarebbe trovata in difficoltà a pagare un mutuo il cui tasso era inferiore all'inflazione! Ma questo fatto, cioè la coesistenza di salari reali crescenti con la persistenza del processo inflattivo, corrobora di per sé l'affermazione che la tutela del potere d'acquisto delle famiglie mediante meccanismi di indicizzazione rendesse persistente l'inflazione? Forse bisogna prestare attenzione alle unità di misura. In effetti, il rientro dallo shock del 2021 è stato rapido, ma non esclusivamente né necessariamente perché non c'era più la scala mobile! Semplicemente, nel 2023 i costi delle materie energetiche sono diminuiti del 30% (per l'esattezza: -29.9%) e quindi nel 2024 abbiamo avuto un'inflazione attorno a 1.3%. Questo però succedeva anche con la liretta! Nel 1983 ci fu un "controshock" del -10% (meno deciso di quello del 2023), seguito nel 1984 da un altro controshock del -4%, e nel 1985 l'inflazione tornò a una cifra. Insomma: oggi come ieri il rientro dall’inflazione appare guidato da shock di offerta favorevoli (diminuzioni più o meno drastiche del costo dell’energia).
Quindi, alla fine, il mondo non è poi cambiato così radicalmente, se non per una cosa: le istituzioni monetarie e le riforme del mercato del lavoro che non ci hanno reso meno vulnerabili agli shock esterni (come vi ho documentato) sono però servite a fermare la crescita dei salari (come vedete nell'ultimo grafico e come oggi Draghi lamenta, poverino...). È un’applicazione del noto principio “se non serve a nulla [a far diminuire l’inflazione o la sua persistenza] serve a qualcos’altro [a redistribuire reddito a vantaggio del capitale finanziario]”.
Resta da factceccare un'altra affermazione del nostro simpatico troll: quella che con l'inflazione al 18% i tassi di interesse fossero al 15%. Si fa subito, perché tassi di inflazione al 18% si sono avuti solo nel 1981 (17.96%). Basta controllare sulle International Financial Statistics com'erano messi i tassi in quell'anno lì:
(quindi un punto sopra, e non tre punti sotto l'inflazione), ma io ricordo una storia un po' diversa, che ancora per un po' trovate sul sito della Banca d'Italia:
con tassi sui prestiti attorno al 25% (quindi sette punti sopra l'inflazione), e tassi sui depositi al di sotto (o molto lievemente al disopra) del tasso di inflazione.
Il motivo è molto semplice: nel 1981 c'era già stato il Volcker shock, la stretta di politica monetaria statunitense che aveva fatto cambiare segno ai tassi di interesse reale in tutto il mondo, nel quadro di una generale strategia di abbandono della cosiddetta “repressione finanziaria” (cioè della regolamentazione del mercato internazionale dei capitali). L'abbiamo vista ad esempio nel working paper di Reinhardt e Sbrancia più volte citato:
Quindi il mondo di Gianni è un mondo in cui lui sarebbe stato molto bene, se solo fosse esistito! (mi riferisco sia al mondo che a Gianni).
Bene: ora passo a occuparmi di altro, altrimenti questa notte non riesco a pubblicare. Come vedete, i troll non sono così inutili come sembrano. Ma... lasciateli a me!
(...il discorso di fine anno quest'anno lo posterò ad anno nuovo, subito dopo la mezzanotte, se ci riesco. I discorsi che parlano del futuro vanno fatti all'inizio, non alla fine...)