martedì 29 aprile 2014

Zingales e 'a rivoluzzione diggitale

Santo Twitter mi comunica questa notizia che non ho modo di verificare (oltre a non averne né tempo né voglia). Prendiamola per buona, scusandoci con Zingales laddove non lo sia. Intanto, guardate il lato positivo. Uno dei più rappresentativi economisti italiani conferma non una mia tesi (sarebbe già un ottimo risultato), ma addirittura un dato di fatto (e questo ha dell'incredibile), ovvero che il declino italiano parte a metà anni '90 come abbiamo detto diverse volte, ad esempio qui, qui e qui (eh già: son due anni che ne parliamo). Preciso che questa è tutto tranne che una mia scoperta: è un fatto statistico che altri economisti onesti hanno ammesso e cercato di interpretare: uno per tutti, Francesco Daveri. Poi, certo, ci sono i commentatori improvvisati o i colleghi poco a loro agio coi fatti stilizzati o con la teoria della crescita, ma questa è un'altra dolorosa storia, lasciamola stare per oggi.

Ora, immagino che l'argomento sia: mancato aggancio alla rivoluzione digitale, ergo calo di produttività, ergo declino. Una catena causale convincente. Si dà il caso che oggi (ma anche 20 anni or sono) le tecnologie digitali attraversano tutti i settori produttivi, e, forse, all'inizio erano comparativamente più importanti nel settore dei servizi (pensate, banalmente, a cosa ha significato passare dalla macchina da scrivere al Pc). Questa però è solo una mia ipotesi non informata. Gradirei l'avviso di un esperto del settore, ma diciamo che, fino a prova del contrario, mi sembra onesto ritenere che un "ritardo" digitale dovrebbe aver avuto un impatto uguale su tutti i settori, o eventualmente un po' superiore in quello dei servizi, no?

Bene.

Condivido con voi tre grafici che avevo preparato per il convegno organizzato dall'IDV a Napoli, dove ho avuto il piacere di conoscere il dr. Bortolussi della CGIA di Mestre, impegnato, come me, in una generosa battaglia contro quelli che "la piccola e media impresa è una metastasi".

Il primo grafico lo conoscete, è quello solito sulla produttività media del lavoro nell'intera economia, dove ho aggiunto per confronto altri paesi europei:



(di cosa succede in Italia ne abbiamo parlato ad abundantiam). Poi, per curiosità, nel database Productivity and ULC by main economic activity (ISIC Rev.4) che trovate qui sono andato a vedermi le produttività del lavoro settoriali, prima quella del manifatturiero:



e poi quella dei servizi destinabili alla vendita:



Lettore, chennepenzi?

Aspetta, ti do un aiutino: il manifatturiero è tipicamente un settore aperto alla concorrenza internazionale, dove vengono (o venivano) prodotti beni tradable, commerciabili. Esempio: un elettrodomestico. I servizi invece sono tipicamente un settore non tradable, di beni non commerciabili. Non puoi esportare un viaggio in treno da Roma a Torino (a meno che chi compra il biglietto non sia un non residente, nel qual caso vai a ricadere nel turismo attivo), non puoi esportare un taglio di capelli (ok, sempre salvo il caso del turista),non puoi esportare la consulenza di un architetto per ristrutturare casa a Roma, o quella di un avvocato per fare causa a un giornalista incauto, o quella del tuo consulente finanziario che gestisce i tuoi soldi (almeno, la regola è questa: quanto di voi hanno il promotore a Londra? Tutti zitti? Fuuuuurbi...).

Sintesi: la produttività si appiattisce nel settore esposto alla concorrenza internazionale, mentre continua a correre in quello chiuso. Ma 'a rivoluzzione diggitale ha riguardato sia i robot nelle aziende del manifatturiero che i Pc in tutte le prestazioni del terziario, per dire. E anche dal grafico settoriale si vede (anzi, lo si vede meglio che in quello aggregato), che fino alla fissazione del cambio la produttività del manifatturiero ha corso allo stesso ritmo di quella di Germania e Francia.

Ma non sarà allora che il problema è stato veramente quello di agganciarsi all'ECU/EUR dopo aver rivalutato del 15%, entrando nella tonnara schiacciati da una valuta che distruggeva la nostra competitività, e che in quanto tale poneva le imprese in eccesso di offerta (essendo calata la domanda estera), per cui non stimolava innovazione e produttività?

Ma... Chissà...

Questa è una cosa che dicevano alcuni polverosi keynesiani negli anni '70. Ma Zingy, che è moderno e autorevole, dice che è stata la rivoluzzione diggitale (quindi che è stato un problema di offerta).

Io ovviamente credo a Zingy.

E voi?

74 commenti:

  1. Zingales imbarazzato e imbarazzante a "(Can)otto e mezzo". Non crede neanche lui a certe singolari teorie, e forse si vergogna un po' nel sostenerle. Tuttavia, si rianima immediatamente grazie alla nomina nel Cda Eni.

    RispondiElimina
  2. Forse se dovessi chiedere indicazioni stradali, e a vari “in” e “ini” nemmeno quello.

    RispondiElimina
  3. Analisi controfattuale

    Che siano, invece, i bagnini romagnoli, che non danno più tutte quelle quintalate di nerchia alle tedesche, come un tempo? Anche quella era produttività: quelle, tornavano a casa soddisfatte e non rompevano tanto ai loro crucchi compari. Ora, invece, costoro, pur di scansare l'ira delle erinni conviventi, si buttano sul lavoro. E lavora, lavora, lavora, si tromba ancora meno.
    E queste, alla fine, sono ancora più incazzate e i poveretti devono passare sempre più tempo a produrre, produrre, produrre, e così ad inifinitum.

    Non c'è verso a competere con simili ochemorte

    Firmato M. .....in

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Diceva un bagnino romagnolo amico mio: "Donna ridente, mutanda calante".
      Oggi, sulla costa romagnola c'è poco da stare allegri. Mi sa che i bagnini si sono incupiti, le tedesche non ridono, le mutande non calano, e si verifica il crollo di produttività da te acutamente individuato.

      Elimina
    2. Faccio osservare che il prof. Santarelli PhD è il massimo esperto mondiale del settore (emeritus ai Bagni Luigi 46), quindi gli chiederò un'indagine approfondita del tema.

      Elimina
    3. Mi viene il sospetto di non avere compreso bene il senso della locuzione "rivoluzione digitale".
      Pensavo che fossero quelle cose che si fanno in caso di aviopenia cronica e inveterata (le quali trovano il proprio corrispettivo in una certa χειρουργεια nei maschi che, in caso di abuso, comporta un calo marcato del visus)

      Ma forse non sono così moderno come Zingy: anch'io sto in provincia

      Elimina
  4. Non so nulla del settore dei servizi, ma posso dirti che nel settore manifatturiero la rivoluzione digitale c'è stata eccome.
    Basti pensare che il "controllo numerico", che sarà noto agli ingegneri, è nato qui. Magari qualcuno conosce Intermac e può confermare.

    E di esempi ce ne sarebbero molti: dalle innovazioni nel campo automotive di Magneti Marelli, e qui qualche altro ingegnere potrà confermare che il sistema di controllo del Fiat Fire è un caso di studio ormai, per l'innovazione che portò in ambito di elettronica su veicolo; alla moto che ha con l'elettronica più spinta mai prodotta (Ducati multistrada 2011: 4 sistemi di controllo on-board); alla spinta che ha dato Comau nel settore Robotico, saldatura, manipolazione e verniciatura.

    Quindi, come dire, non so come funziona nel mondo dei servizi, ma nel settore industriale non si può associare la rivoluzione digitale ai PC, che comunque fino a qualche tempo fa avevamo (leggi Olivetti).

    Ecco il mio chennepenzo.

    Un abbraccio, Alberto!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Appunto, qui come al solito si controlla la storia per controllare il futuro! Sempre a spalare merda sul nostro paese, ma la rivoluzzione diggitale l'abbiamo incominciata noi ...poi perché non è andata avanti? a pensar male si fa peccato e ultimamente sto peccando tantissimo!

      Elimina
  5. Ma sta' rivoluzione digitale quanto poteva valere negli anni - per modo di dire - "buoni".?......Un punto percentuale di PIL, due punti di PIL......la banda larga- sacrosanta "infrastruttura" realmente necessaria potrebbe valerne tanti ? Prendiamo atto che con l'euro - anzichè finanziare la rivoluzione digitale o qualunque altra innovazione produttiva - le banche hanno "spinto" le mezze bolle immobiliari che pagheremo care tutti noi offrendo mutui trentennali a capestro variabile......

    RispondiElimina
  6. COL CAZZO!
    Se mi passi il francesismo

    RispondiElimina
  7. Ma si, oggi è il digitale, domani sarà perchè noi italiani siamo mediamente più bassi dei popoli del nord, dopodomani, si tornerà alla ciiiinnnnnaaaa. Non ne posso più di questa gente, vedo la tv (spero sempre di vedere quancosa di "nuovo") e mi sale un moto di rabbia, che neanche mia moglie riesce a capire (ci ho provato mille volte a fargli leggere Il Tramonto e questo blog). Sono stanco ed affranto, spero solo che finisca presto....

    RispondiElimina
  8. Ma Zingales chi?
    Quello che "il Giappone fara' la fine della Grecia nel giro di tre anni"?

    Dite quello che vi pare, per me e' un sommo pallone gonfiato.
    E il fatto che "prestigiose riviste internazionali" lo abbiano inserito tra i 100 uomini italiani piu' influenti del mondo (uno degli unici due italiani, l' altro era Draghi) la dice lunga sul in che mani stiamo messi, in Italia, come nel resto dell' occidente.

    Sara' anche preparato, esperto, espertissimo, ma a me sembra mica poi tanto diverso da quello con la desinenza in "in" e in "ino"....
    Ha la stessa identica mente deturpata dalla sua delirante ideologia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se dai un'occhiata a quello che ha scritto Zingales, si può dire che sa il fatto suo.
      Il problema, secondo me e non solo, è la dimensione umana delle persone.
      Uno puo sapere quello che ti pare, essere un Einstein, ma nella vita di tutti i giorni sei indistinguibile dagli altri.
      Zingales ha fatto la sua scelta tempo fa, e noi qui lo sappiamo, punto.

      Elimina
    2. fa parte del gruppo di quelli che sanno ma non possono parlare (i soliti embedded); Prof. che ne penza se alle desinenze 'in', 'ini', 'ina', 'azzo', 'oni', aggiungiamo 'es'? lo so, ne resterebbero pochi. vabbè come non detto.

      Elimina
  9. zingy con quella cartola può dire quel che vuole (chiedere a Guerani significato)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mah, a me più che uno con una gran cartola pare uno sburon (sborone).

      Insomma, traducendo per il più vasto pubblico di questo blog, temo tu scambi il carisma per la boria.

      Elimina
  10. OT
    un giro per i vari blog, da mesi, mi convinco sempre più che la verità è contagiosa.
    Leggo sempre più persone che cominciano a capire come stanno le cose.
    Su, animo. Forza e coraggio ( come diceva Mike Bongiorno ).

    RispondiElimina
  11. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  12. Anche Bini Smaghi, nel suo ultimo libro sulle 33 false verità sull'Europa, tira fuori una storia simile, parlando del grado di informatizzazione più basso dei paesi con la crescita inferiore. Dato che da quando ho fatto l'errore del 60% (cifra che da allora porto ricamata col filo scarlatto sul corpetto dell'abito) ho perso ogni fiducia in me stessa, perlomeno quando interagisco con questo blog, copio dal libro di Bini Smaghi, al punto 4 dei 33 analizzati (non posso citare la pagina perché per quanto facente parte di una popolazione arretrata ho la versione digitale): "Le cause della bassa crescita economica dell'Italia risalgono alla metà degli anni '90, e si sono progressivamente aggravate fino alla crisi globale scoppiata nel 2008. Il potenziale di crescita dell'economia italiana è calato dall'1,5% all'inizio degli anni 2000 allo 0,8 nel periodo 2004-2008, meno della metà della media dell'euro.
    <...>
    il potenziale di crescita dei vari paesi europei è strettamente legato alla struttura delle rispettive economie. Per illustrare questo aspetto, il grafico (fig.4.1) mette in relazione la crescita economica dei paesi dell'euro nel periodo 2008-2012 con il grado di sviluppo informatico della popolazione, misurato con l'accesso alla rete. Il grafico mostra come i paesi del Sud Europa (in basso a sinistra), l'Italia, la Spagna e il Portogallo, che hanno un grado di informatizzazione più basso, sono anche quelli che hanno registrato una crescita più ridotta nel periodo recente. Una politica di sviluppo dell'infrastruttura informatica, e di sensibilizzazione dei cittadini alla tecnologia, contribuirebbe ad aumentare sensibilmente la crescita e l'occupazione. In questi ed altri settori i paesi membri hanno mantenuto pieni poteri. L'euro non ha dunque tolto la sovranità agli Stati negli aspetti importanti che riguardano la crescita economica. Il problema è che tale sovranità non sempre è stata usata bene (segue grafico, che non so come riprodurre)".
    Non so, a parte che mi è sembrato un discorso straordinariamente semplicistico e che salti molto frettolosamente alla conclusione, a parte che usare come indicatore la percentuale di famiglie che hanno accesso alla rete mi sembra francamente debole (non bisognerebbe piuttosto analizzare quanto è avanzato da questo punto di vista il sistema produttivo?), soprattutto mi sembra che siano confuse disinvoltamente cause ed effetti; insomma, mi ha fatto l'impressione di essere davanti a un cavallo, morto di fame perché il suo proprietario non riusciva più a nutrirlo, e sentirmi fare un discorso così: "Vedi quel cavallo morto, come è tormentato dalle mosche? Le mosche, tipicamente, affliggono molto di più i cavalli morti. E il proprietario sarebbe perfettamente libero di tenere alla larga le mosche. Vedi che se il cavallo è morto è colpa del proprietario..."
    In ogni caso, mi ha fatto molto piacere leggere il post di stasera.

    RispondiElimina
  13. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  14. L'industria Italiana non ha mancato l'appuntamento con la rivoluzione digitale. Ha potuto sfruttare tale opportunità più o meno nella misura in cui l'hanno sfruttata le altre industrie europee, almeno fino al 1996. Le aziende Italiane investivano in IT. Ad esempio in regioni come le Marche era prassi comune per le PMI avere sistemi gestionali di classe media IBM AS/400, magazzini automatici e sistemi di progettazione/produzione assistita. Poi occorre far capire agli esperti di "rivoluzioni digitali" che l'IT in azienda non è solo banda larga, internet ed e-commerce. Salvo che non vendiate contenuti multimediali o servizi IT puri su internet, avere 1 Gbits di banda in luogo di 1 Mbits non comporta un incremento della produttività di 1000 volte e nemmeno di 2 per un semplice fatto: i beni materiali non possono essere digitalizzati ed inviati via TCP/IP così come trasmettere dalla sede centrale la programmazione della produzione settimanale ad uno stabilimento in un decimo di secondo o in un minuto primo non ne migliora di un millesimo la produttività e la competitività. La "banda larga" per la PMI o per la grande azienda che produce beni materiali non è detto che debba essere "larghissima", basta che sia sufficiente. E sufficiente è un valore sorprendentemente basso. Poi sono arrivati quelli dell'Euro e della "rivoluzione digitale".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Parole sante!

      Molte persone nel settore non capiscono (o non vogliono capire) che il mercato ormai è saturo: le soluzione a molti problemi pratici sono già stata ottenute con le tecnologie di ieri e aggiornarsi a quelle di oggi, in quesi settori dove il sistema informativo è cruciale, comporta più un grosso rischio che una opportunità. L'aggiornamento verrà fatto solo quando non più rimandabile e dopo una attenta valutazione dei rischi e dei costi/benefici.

      Un paio di esempi per capire di cosa stiamo parlando.

      1) Qualche dato sul linguaggio di programmazione COBOL, ideato nel 1959 e considerato un dinosauro nel settore, tratto da Is there still a market for Cobol skills/developers?:

      «Secondo un sondaggio del 2009 commissionato da Micro Focus e condotto da Harris Interactive:

      • il 70-75% dei sistemi di business e transazioni in tutto il mondo è programmato in COBOL. ...
      • Il 90% delle transazioni finanziarie globali vengono elaborate da programmi scritti in COBOL. ...
      • In questo linguaggio sono scritti programmi che supportano oltre 30 miliardi di transazioni al giorno. ...
      • L'americano medio interagisce ancora con un programma COBOL 13 volte al giorno. ...
      • Ci sono 1,5-2 milioni di sviluppatori, a livello globale, che lavorano con codice scritto in COBOL. ...
      • Ci sono circa 200 miliardi di linee di codice COBOL in uso. ...
      • Circa 5 miliardi di righe di nuovo codice COBOL sono aggiunti ai sistemi in produzione ogni anno. ...
      • Gli investimenti effettuati nei sistemi COBOL negli ultimi 50 anni si stima che abbiano un valore di circa 2.000 miliardi di dollari.
      »

      2) Why U.S. Nuclear Missile Silos Rely on Decades-Old Technology;
      60 Minutes shocked to find 8-inch floppies drive nuclear deterrent:

      «Al di là dei dischetti, la maggior parte dei sistemi del centro di controllo di lancio (LCC - Launch Control Center) nel Wyoming dello US Air Force che Stahl ha visitato risale agli anni '960 e '970, offrendo alle forze missilistiche dell'Aeronautica Militare un ulteriore livello di sicurezza informatica, ha dichiarato il comandante delle forze ICBM, il maggiore generale Jack Weinstein, a 60 Minutes.

      "Qualche anno fa abbiamo fatto una analisi completa di tutta la nostra rete", ha detto Weinstein. "Gli ingegneri cibernetici hanno trovato che il sistema è estremamente sicuro nel modo in cui è sviluppato."

      Tuttavia, non tutto il vecchio hardware dei centri di controllo di lancio Minuteman è un vantaggio. I sistemi telefonici analogici, per esempio, spesso rendono difficile per gli addetti ai missili comunicare tra loro o con la base.
      »

      P.S.: lo sviluppo della banda larghissima ho il fondato sospetto che sia trainato più dai consumatori che vogliono scaricare grossi video che dai settori produttivi.

      Elimina
    2. Il Cobol è un linguaggio nato per fare bene una cosa e continua a farlo bene, non ha senso cambiarlo... Zingales secondo me non dico che si arrampica un po' sugli specchi, in realtà non può fare un voltafaccia netto e totale, perderebbe credibilità anche con chi gli avrà "ordinato" di cominciare a dire la verità.
      Come al solito il prof già ha scritto tutto e Zingales ministro dell'economia se le cose non andranno davvero totalmente fuori controllo è probabile ritrovarcelo, deve mediare e non può neanche dare tutte le colpe ad un sistema ormai marcio che lo investirà con incarichi molto importanti. Parlare di rivoluzione digitale quando su alcuni settori di punta siamo fra i numeri uno, come ad esempio nei sistemi UNIX compatibili (Linux/android/Debian) e robotica (si veda a Pisa cosa fanno) non significa essere indietro.
      Certo, toccherebbe chiedersi perché un'azienda italiana negli ultimi anni avrebbe dovuto investire quando non ha soldi in cassa, difficilmente trova finanziamenti a buon mercato, è fruttuoso delocalizzare e quando tutti i politici fanno a gara per renderli più produttivi abbassando il costo del lavoro mediante decurtazione dei salari? Perché, o meglio chi è quel cappone che rinuncerebbe a questo rischiando di tasca propria?!

      Elimina
    3. Il persistere dell'utilizzo del COBOL non ha nulla a che vedere con le sue qualità (è ancora con noi nonostante i difetti, in parte corretti aggiornando il linguaggio). Famoso in proposito il commento di Edsger W. Dijkstra, Turing Award del 1972 (una specie di premio Nobel dell'informatica), «The use of COBOL cripples the mind; its teaching should, therefore, be regarded as a criminal offense.»

      La sua ideazione si basava su idee, riguardo l'attività intellettuale della programmazione, che si sono dimostrate infondate. Per esempio, uno degli obbiettivi era quello di facilitare la programmazione anche a chi non avesse una formazione tecnico-scientifica. A questo scopo si pensava che le difficoltà nella programmazione fossero esclusivamente legate alla notazione in cui venivano espressi i programmi e che notazioni succinte, derivate da quelle matematiche, rendessero la programmazione particolarmente ostica.

      Difatti in COBOL esiste l'equivalente in inglese di qualcosa del tipo:

      MOLTIPLICA a PER b OTTENENDO c

      anziché un succinto:

      c = a * b


      Invece la motivazione assolutamente predominante per la persistenza del COBOL è che:

      1) come abbiamo visto, a differenza di altri linguaggi che sono caduti in disuso e se n'è dimenticata persino la loro esistenza, per motivi "politici" più che per le sue qualità, in COBOL è stata scritta una massa imponente di software, critico per le organizzazione che lo utilizzano;
      2) la riscrittura manuale in altro linguaggio di programmazione di un preesistente software complesso è un'attività costosa, rischiosa e con una storia costellata di fallimenti (per motivi che sarebbe troppo lungo analizzare qui).

      Un certo successo lo hanno avuto alcuni progetti di riscrittura automatica (cioè che fa uso di altri programmi), ma è comunque un'attività per specialisti.

      Elimina
  15. "Penzo anchio" che sia un problema di offerta (se questo è quello che offre Zingales)

    RispondiElimina
  16. chiedo scusa in anticipo la posizione "complottista" ma, quando ieri sera Zingales stava correndo il rischio di dover ammettere che Pittella è un co...one e Salvini aveva ragione e la Gruber gli ha tolto la parola e ha estratto dal cesto delle "stronzate sempre pronte" la domanda a Salvini su Berlusconi razzista, mi è sembrato di cogliere un sorriso di sollievo e di complicità in Zingales, veramente illuminante: sarei pronto a scommettere che erano perfettamente d'accordo !

    e pensare che, fino a ieri, ero proprio convinto che la Gruber, così saccente e supponente, non avesse ancora capito . . . . .

    RispondiElimina
  17. Credo che il Prof. Zingales abbia trascurato nelle sue osservazioni alcuni punti.
    Secondo alcune statistiche in Italia negli ultimi cinquant’anni il livello di scolarizzazione dovrebbe essere cresciuto di pari passo con il PIL, con una tendenza positiva sino al 2000, dove per la scolarizzazione è cominciata la fase decrescente , mentre il PIL prima si è arrestato per poi regredire negli anni a seguire. Quindi la platea dei giovani ha visto come inutile l'investimento di uno studio universitario a fronte delle scarne prospettive lavorative future, confidando piuttosto più sicuro un salario "inflazionato", considerate le rigidità della valuta unica. E ciò credo che abbia provocato un disinteresse per l'evoluzione scientifica e tecnologica nel nostro paese, dato questo da affiancare comunque al requisito dell'età anagrafica media del popolo italiano, che secondo un rapporto sull'invecchiamento della popolazione mondiale realizzato negli Stati Uniti, all'Italia spetta il primato per la più alta percentuale di popolazione anziana (18,1%), popolazione che quindi per definizione è da ritenersi lontana dalla tecnologia.

    Ergo credo che il problema della digitalizzazione sia invero un problema per l'Italia, ma derivante piuttosto dalla crisi indotta dalle dinamiche valutarie, che da una deficenza delle politiche commerciali e governative.

    RispondiElimina
  18. Con l'esperienza diretta di chi lavora in quel mercato ma senza dati precisi alla mano, direi che tra i maggiori investitori in ICT, al di fuori degli operatori stessi di telecomunicazioni (che sempre al comparto servizi appartengono), ci sono gli operatori di servizi finanziari, i gestori di servizi energetici, la pubblica amministrazione. Tutti servizi destinati alla vendita. Industria e manifatturiero sono più staccati e, sempre per esperienza, considerano in generale l'ICT meno determinante per i risultati. Sono d'accordo sul fatto che il ritardo digitale (in genere chi ne parla si riferisce all'ICT e soprattutto all'infrastruttura di rete e non all'automazione industriale) vada a influire più sui servizi che sulla produzione di beni. Per me i due grafici e il ragionamento del post sono molto convincenti.
    Almeno nel settore ICT che conosco e che vorrei tanto continuasse a nutrirmi, stiamo morendo per scarsità di domanda, non certo di offerta. Ci si dice l'un l'altro che bisogna essere innovativi per competere e non ci si rende conto che non è la soluzione geniale che manca, ce ne sono anche troppe, ma problemi da risolvere a sufficienza per i quali i clienti siano disposti a pagare. Stessa storia ovunque, manca il mercato non la produttività, se si ricominciasse a vendere la produttività balzerebbe alle stelle. Capita anche sempre più spesso di lavorare senza margini di guadagno, nella speranza che le attività riprendano e di sopravvivere più a lungo della concorrenza, dunque producendo senza essere abbastanza produttivi in senso economico, ovvero tentando di limitare i salari nell'unico tipo di innovazione realmente praticabile.
    Con tanti saluti a Zingales e alla necessità di essere più produttivi.

    RispondiElimina
  19. Prof, un attimo solo poi commento "in topic".

    Siccome mi ricordo Napoli, mi ricordo il dottor Bortolussi ecc. mi chiedo: ma come azzo è possibile che si diffonda un'idea come "la piccola e media impresa è una metastasi"? (e similari stramberie)
    Ci sto rimuginando sopra da allora...questi stanno peggio del "finiamo come l'Argentina"...

    [e la veemenza di Bortolussi si capisce tutta]

    RispondiElimina
  20. chennepenzo?
    abbiamo un nuovo ZINGY STARDUST!
    (il prof non me ne voglia per questa vena rockkettara..

    RispondiElimina
  21. Profe non so, io oggi ho solo una gran voglia di vomitare (si non è una delle mie giornate migliori...). A furia di sentire questi commenti prima mi incazzavo, oggi ho la nausea. Ma sitamo andando verso l'estate, mi farà bene alla linea?

    RispondiElimina
  22. Purtroppo stavolta non riesco a leggere i grafici. Mi sembra che la produttivita' della produzione dei servizi si plafoni nel 2000, e che al max rimbalzi ma non cresca. Di converso, pur con derivata piu bassa di Germania e Francia, il manifatturiero sembra crescere fino al 2006, per poi iniziare a rimbalzare anch'esso. Forse si intendeva evidenziare il rapporto con F e D, piuttosto che i valori assoluti italiani. In aggiunta, dai grafici suesposti sembrerebbe esistere quell'asse Parigi-Berlino, ovvero che almeno riguardo a tali aspetti la Francia non sia stata penalizzata dalla moneta comune, anzi. Almeno fino al 2012. Sara' perche' in Francia non sono stati penalizzati i consumi interni, immagino.

    RispondiElimina
  23. Con il termine rivoluzione digitale non si intende semplicemente l'adozione di tecnologie informatiche, ma la conversione al/produzione in formato digitale di una vasta quantità di informazioni, precedentemente disponibili prevalentemente o esclusivamente in formato analogico, e la facilità di accesso, recupero e trasformazione di questa massa di informazioni.

    Dovrebbe essere noto che le tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni hanno avuto una diversa velocità di adozione nelle varie economie avanzate, ma sono disponibili ovunque sino almeno dagli anni '60 (se si escludono i paesi sotto embargo).

    Se parliamo dell'Italia della metà anni '90 i giochi ormai erano fatti: recupero e trasformazione dell'informazione con accesso locale e/o all'interno di una stessa organizzazione erano la norma (la grande impresa poteva permettersi di costruire/affittare reti di telecomunicazioni private e quindi accedere da remoto alle informazioni delle sue filiali).

    Nella grande e media impresa queste tecnologie erano già presenti da tempo in settori chiave (contabilità, logistica, produzione, ...); nella piccola impresa si stava completando questo processo di "ammodernamento", già avviato durante gli anni '80, grazie all'avvento del personal computer, delle rete locali, dell'ISDN e del software "pacchettizzato", disponibili a prezzi accessibili.

    L'unico settore in cui abbiamo avuto effettivamente un ritardo è stata la telematica (telecomunicazioni+informatica) "pubblica", quindi l'accesso da remoto che travalichi i confini di una organizzazione. Credo più per una politica di prezzi idiota che per mancanza di investimenti da parte del monopolista delle telecomunicazioni (se non ricordo male, l'aver aggiornato la rete negli anni '80, anziché negli anni '70 come fecero i francesi, ci dotò di una rete moderna, completamente digitale).

    Ciò però non ha impedito che l'accesso alle informazioni digitalizzate si diffondesse: per quegli attori per cui il costo dell'accesso on-line all'informazione era troppo elevato, era sempre possibile accedere a vaste quantità di dati off-line (enciclopedie, dizionari, banche dati), grazie alla diffusione del compact disc.

    Dopodiché Zingales parte dall'assunto che questa sia sempre cosa buona e giusta, che tutto fili sempre liscio e che queste tecnologie abbiano un ritorno dell'investimento (ROI) sicuro e rilevante. La questione è complessa, ma non è un aspetto che mi appassiona particolarmente e quindi non ho fatto molte ricerche in proposito.

    Vi riferisco un solo dato, niente affatto fuori dall'ordinario per il settore: la U.S. Federal Aviation Administration spese 2.6 miliardi di dollari nel tentativo di aggiornare il suo sistema di controllo del traffico aereo, finendo con l'annullare il progetto nel 1994.

    ... e vi riporto una citazione: «I decisori e le organizzazioni a) cercano l'informazione ma non la usano, b) chiedono di averne di più ma la ignorano, c) prima prendono decisioni e solo dopo cercano informazioni al riguardo, d) raccolgono ed elaborano una gran quantità di informazioni che ha poco o nulla a che fare con le decsioni. La generalità dei fenomeni di questo tipo ci fa pensare che forse non sono i decisori che sono inadeguati, ma le nostre concezioni del ruolo dell'informazione nelle organizzazioni (March 1991, 112).»

    March J.G. (1991), How decisions happen in organizations, in «Human-Compuer Interaction», 6, pp. 95-117. Citato da Mantovani G. (1993), Comunicazione mediata dal computer, processi di gruppo e cooperazione, in «SISTEMI INTELLIGENTI», 5, 1, pp. 59-84.

    RispondiElimina
  24. Pennzo che valga sempre il principio di Sherlock Holmes, che dice "una volta escluso l'impossibile, quello che resta, per quanto strano, dev'essere la verità".
    Naturalmente (questo non lo hanno ancora capito tutti) si può leggere in due sensi; dal punto di vista della comunicazione PUDE la cosa IMPOSSIBILE è che l'euro sia stato nocivo. Dunque è esclusa a priori e va rifiutata con assoluta certezza.
    Non mancherebbero i motivi alternativi: il governo Prodi? La visita di Castro in Vaticano? Tutti nel '96, ma si combinano male con l'atteggiamento livoroso - colpevolizzante: è che noi (miserabili!) abbiamo - o non abbiamo - fatto questo e quell'altro... honte et diffame!
    Così, per questo giro, la rivoluzione digitale va abbastanza bene. Immagino solerti ricercatori intenti a reperire altre coincidenze opportune.
    Se lavoreranno bene potremo guardarli con compiacimento e fierezza: li paghiamo noi e lo vuole l'Europa.

    RispondiElimina
  25. Tu che chiedi chennepenzi a noi? Ma ti rendi conto di cosa rischi? Rischi di diventare il nostro psicologo.
    Io direi che da quando c'e' internet la produttività nel manifatturiero è calata. In manovia, tra un carrello e l'altro, stanno tutti co sto cazzo di cellulare sulle mani a chattare.

    RispondiElimina
  26. io penso che (come lei e Sapir) si esce, si svaluta, si aumenta la domanda interna via investimenti.. quindi si sistema sia il lato della domanda sia quello dell'offerta.
    questo tipo di ragionamenti è intrinsecamente fascista perché in sottofondo, tra le righe leggo:
    "non sei innovativo? giusto che muoia e faccia l'elemosina!"
    che si fottessero...

    PS: ma se non guadagni più, che cacchio di innovazione fai?

    RispondiElimina
  27. Più di 40 anni nell'IT e non mi ricordo di una rivoluzione digitale a metà degli anni '90.
    Forse intende lo sviluppo di internet o della telefonia mobile? Che certo cominciano a svilupparsi nei '90. Ma dove sta la discontinuità? Quale treno perso?

    Io so solo una cosa: a partire da quegli anni ho vissuto il paradosso di un settore in espansione che parlava sempre più di tagli del personale. Credo che il settore IT, in Italia, abbia iniziato prima di altri a risentire della concorrenza estera.

    Se proprio si vuole parlare di rivoluzione nel settore, me ne ricordo una. Fu quella che si verificò negli USA alla fine degli anni '80, quando il PC sostituì i mainframe, e centinaia di migliaia di tecnici obsoleti si trovarono improvvisamente senza lavoro. In Europa il fenomeno fu molto meno traumatico; ma, mò ce vò, erano altri tempi.

    RispondiElimina
  28. Le contraddizioni insanabili dell’euro

    LE FALLE Non serve una preparazione scientifica per capire che la moneta unica non può reggere se fondata su debiti, paternalismo e blocco del mercato valutario

    di Alberto Bagnai

    Impazzano sui social media sciami di dilettanti che si appassionano ai tecnicismi sulla sostenibilità o meno dell’euro. Un economista trova poco interesse in questo dibattito, per il semplice motivo che per la scienza economica l’euro è nato morto. Del resto anche oggi, se pure a posteriori, gli economisti più in vista sul mercato locale, come Luigi Zingales, confermano che esso andrà smantellato. Per capire quanto sia fallimentare il progetto eurista non occorre alcuna preparazione scientifica particolare: un minimo di logica basta a farne risaltare le insanabili contraddizioni. L’idea che paesi diversi potessero permettersi una stessa moneta si basava sull’assunto che la moneta unica, facilitando la circolazione dei capitali, avrebbe convogliato le risorse finanziarie nelle regioni dell’Eurozona dove esse fossero più utili, con due benefici: per i paesi più arretrati, quello di finanziare a buon mercato il proprio sviluppo, e per il sistema nel complesso quello di non incorrere più in crisi finanziarie come quella del 1992, visto che i mercati avrebbero finanziato solo chi se lo meritava (così diceva Emerson in One market, one money). Ci vuole molta fiducia nel mercato finanziario per pensare che esso possa da solo, e senza un’autorità di controllo sovranazionale, risolvere tutti i problemi! Il mercato finanziario ha fallito, come ha certificato il vicepresidente della Bce (Atene, 23 maggio 2013), ma al di là del fallimento, questo approccio presentava una contraddizione che nessuno ha notato: se è vero che i mercati finanziari sono infallibili (come pensavano gli eurocrati), perché mai il progetto europeo dovrebbe basarsi sull’abolizione di uno di essi, quello valutario? Se si crede nel mercato, perché non credere che esso sappia prezzare in modo corretto le valute nazionali, dando agli investitori esteri segnali preziosi per allocare le proprie risorse?

    Continua…

    RispondiElimina
  29. …continua

    L’irresistibile tentazione del debito
    Qualcuno se la cava dicendo: “Se un Paese è messo in difficoltà da una valuta troppo forte, viene incentivato a fare le riforme necessarie”. L’integrazione finanziaria sarebbe quindi un mezzo per conseguire il fine della disciplina finanziaria. Ma anche questa è una fesseria: perché mai gli operatori dovrebbero ricorrere di meno al debito, se i capitali circolano meglio, e quindi indebitarsi è più facile? È il contrario: facilitando il finanziamento degli squilibri, la moneta unica allenta il vincolo di bilancio dei governi e consente di rinviare le riforme. Lo attesta Fernandez-Villaverde dell’Università della Pennsylvania sul prestigioso Journal of Economic Perspectives: è stata la “credibilità” dell’euro a consentire alla Grecia di indebitarsi oltre ogni logica economica.
    Intervengono allora gli esperti di politica, e il discorso si fa ancor più interessante. Consiglio la lettura del saggio di Roberto Castaldi La moneta unica e l’unione politica (scaricabile da Internet). Conferma come il disegno definito criminale da Zingales (guidare il processo di integrazione economica a colpi di crisi), fosse stato lucidamente teorizzato da padri nobili quali Altiero Spinelli e soprattutto Mario Albertini. Per quest’ultimo, ricorda Castaldi “le crisi costituivano opportunità per lo sviluppo di una ‘iniziativa’ federalista”, poiché aprivano “una finestra di opportunità” per la cessione di sovranità nazionale, nella piena consapevolezza “che un’unione monetaria non possa sopravvivere nel lungo periodo senza l'unione politica” e quindi “che la creazione della moneta unica potesse generare una contraddizione tra una moneta europea in assenza di un governo europeo tale da aprire la strada ad un processo costituente europeo”. Nulla di nuovo: Mario Monti ce lo ricordava tre anni fa al convegno “Finanza: comportamenti, regole, istituzioni” organizzato dalla Luiss.
    Ma anche questo ragionamento è contraddittorio. Se lo scopo è quello di costruire una “compiuta democrazia europea”, perché invece di interpellare i cittadini li si mette in una tonnara monetaria, affinché spaventati vadano nella direzione giusta? Possiamo chiamare democratico questo modus operandi ? E quale obiettivo può mai essere così nobile da essere perseguito accettando coscientemente il rischio che ci siano vittime? Perché la crisi economica, ormai è chiaro, fa comunque delle vittime. Stupisce la serenità con la quale Albertini, Castaldi, Monti, accettano l’eventualità di questi “danni collaterali”. È il cinismo degli ottimati, per i quali la vita altrui ha poca rilevanza, perché si sanno protetti per censo da quella “durezza del vivere” alla quale il compianto Tommaso Padoa-Schioppa auspicava che gli europei fossero riavvicinati, onde riaversi dalla mollezza alla quale lo stato sociale li aveva avvezzi.
    Affidarsi al mercato inibendo quello più importante per valutare un sistema paese (il mercato valutario), incentivare la disciplina finanziaria adottando regole che favoriscono l’indebitamento (l’integrazione finanziaria), perseguire la democrazia col paternalismo (la scelta di convogliare il gregge col bastone della crisi verso l’obiettivo deciso dai pastori): queste sono le insanabili contraddizioni dell’euro, e su queste sarebbe opportuno riflettere, lasciando il folclore del “faremo la spesa con la carriola” ai commentatori prezzolati, già pronti a virare di bordo con disinvoltura, come fecero nel 1992, passando dal terrorismo al “la svalutazione ci ha fatto bene!” nel breve volgere di pochi mesi.
    I nomi, se interessano, sono su Internet (e sono gli stessi di oggi).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Davide, non avevo avuto modo di leggerlo.

      Elimina
  30. Negli anni 90 nel manufacturing eravamo DAVANTI ai ns. principali competitors internazionali ( lo dico avendolo vissuto direttamente....) ed anche adesso non siamo secondi a qualcuno. Ma com'è che la francia ha una produttività maggiore della germania ed è quasi con il cul per terra? Avevo inteso che con una produttività alta saremmo vissuti nell'eden...

    RispondiElimina
  31. La rivoluzione digitale l'abbiamo mancata negli anni Settanta, quando la Olivetti mise a punto il primo PC al mondo, e poi, via avv. Agnelli, fu data alla tessera numero 1 del PD, ing. De Benedetti, che facendola a pezzi ci guadagnò un pacco di soldi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se vogliamo essere precisi, la rivoluzione digitale l'hanno mancata tutti tranne gli Stati Uniti :-)

      Elimina
  32. Che poi è quello che ha detto da Barisoni lunedì scorso, senza pero' dare spiegazioni (http://www.radio24.ilsole24ore.com/player.php?channel=2&date=2014-04-28 al minuto 40:25)
    Cito:
    "Di fatti io nel libro spiego molto chiaramente come la causa del nostro impoverimento non sono dovute assolutamente all'euro.
    Oggi, in questo momento di crisi l'euro ha peggiorato la crisi, pero' la crisi italiana comincia nel '95. Noi abbiamo smesso di crescere in termini di produttivita' dal '95. Questo e' il nostro vero problema."

    RispondiElimina
  33. Banda larga (e chiappe strette)

    Pure io gli credo! Zynga® adduce gli stessi argomenti del prof per spiegare la productiveness decline dell'italian system, ma collinguagggiogggiovane che ti fai capire da tutti, no? Du' palle i grafici che ti viene la cecagna, basta che dici "banda larga" e ti si spalanca un mondo...

    Era un messaggio subliminale per invitare i gggiovani a votare M5S e QUINDI uscire dall'euro, ma tutto sto vecchiume di popolo analogico cosa può capire di ICT? Niente, penserà che sia un disturbo geriatrico, il gregge.

    Zynga® voleva solo dire che se in quei fantastici anni '90 ("in cui la Storia finì nel WC™") avessimo avuto internet in ogni casa, Grillo invece di spaccare computer avrebbe già conosciuto Casaleggio e aperto il suo blog. Allora da quelle pagine tutti avremmo potuto sapere quanto l'autorevole Alberto Alesina andava dicendo, quando metteva in guardia il popolo italiano dai rischi per la pace e la democrazia che l'adesione a un'area valutaria non ottimale portatrice di insostenibili squilibri macroeconomici e disoccupazione di massa avrebbe comportato. Si sarebbe tenuta una democratica consultazione on-line che avrebbe reso evidente alla tecnologica e tecnocratica sinistra Dc la volontà del popolo. "Per l'Italia sarebbe meglio farne parte o piuttosto starne fuori?" E cosa avrebbe digitato la maggioranza degli italiani secondo voi? Starne fuori, avrebbe digitato. E QUINDI fuori saremmo stati.

    Digito ergo sum: la democrazia diretta è una rivoluzione, cazzo!

    PS_No seriamente. Se l'anno scorso l'occupazione è stata distrutta come non si vedeva da ottant'anni è proprio perché l'Italia ha mancato la rivoluzione digitale che aumenta la produttività ma distrugge l'occupazione. Logico, no?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma questi con la logica non hanno nulla a che spartire. Se Kurt Gödel potesse vederli, certamente li prenderebbe a ceffoni e gli toglierebbe anche il saluto.
      Ironicamente, colmare il gap di banda larga porterebbe questo sistema a crollare molto più velocemente in quanto è proprio grazie alla possibilità di informarsi senza essere oggetto di filtri e veline che consente di fare scelte autenticamente logiche, ragione per la quale a mio modo di vedere hanno negli anni in Italia rallentato la diffusione di internet ad hoc.
      E' la stessa questione della net neutrality: adesso le corporation americane non vogliono che la quantità di banda disponibile sia garantita a tutti gli utenti della rete come avviene attualmente, distinguendo tra consumers e broadcasters, per cui tu utente privato devi limitare la tua banda per consentire a me azienda di distribuire i miei contenuti meglio, perchè io sono azienda e tu sei consumatore.
      E' infatti accaduto 'casualmente' che i broadcasters privati, che non hanno controlli dall'alto, abbiano iniziato a fare informazione senza filtri e abbiano cominciato ad attrarre utenza dal circo privato del mainstream: la gente non è stupida e se gli si da la possibilità di comprendere, poi fa scelte razionali ossia che gli convengono.
      Per inciso potrebbe anche passare una norma del genere, tanto chi non guarda più la televisione già da decenni come gli under 50 e 40 continuerà a non guardarla anche su internet e ad informarsi correttamente di conseguenza.

      Se ci si pensa bene, uno che ha una connessione in fibra a 100 mega simmetrici può mettere uno studio di registrazione privata a casa e fare un talk show in alta risoluzione senza costi aggiuntivi magari dal salotto, proponendolo in diretta mondiale.
      E i teatrini dei Santori, degli insetti gialli pagati con tasse pubbliche, delle commentatrici di origine nordeuropea ex parlamentari europee, che fine farebbero? la stessa fine che stanno facendo, naturalmente.
      Per cui, ancora una volta i Zingales - qualsiasi economista di regime supply side e manistreamizzato collegabile all'euroluogocomunismo - dicono verità parziali, ammettendo e ci vuole davvero poco che l'uscita dalle unioni monetarie non comporta le sette piaghe d'egitto ma collegando elementi discutibili come la digitalizzazione.
      Il controllo numerico , come già correttamente scritto, è nato qui, perfino avvocati e commercialisti oggi non possono fare il loro lavoro senza usare un computer.
      Per cui, caro Zingales, l'infrastrutturazione digitale abbatte più velocemente il fissocambismo monetario e non è causa della sua crisi come tu sostieni.
      Di più: la stessa essenza del medium rete impedisce di mentire. Tutti possono dire tutto, ma poi quello che dici rimane e si può confrontare velocemente con i dati di fatto e trarne le conclusioni.

      Elimina
  34. Il becero lettorechennepenza non ci capacità del perché 'a Francia non risenta del cambio fisso.......anzi.

    RispondiElimina
  35. ma, riusciremo mai a uscire e "riveder le stelle"?

    RispondiElimina
  36. Vorrei condividere una canzone con voi:

    Zingy Stardust
    "Making love with his ego Zingy sucked up into his mind".

    RispondiElimina
  37. Zingy e' un cerchiobottista perche' ....a cariera e' a cariera......non ze po' rischia' a cariera a ci-cago, amo', nun scherza'.

    A proposito ma anche quello della CGIA non scherza eh? Anche lui non mi sembra convintissimo che ci convenga uscire dal trappolone, o sbaglio?

    RispondiElimina
  38. A proposito, niente a che vedere con Z. ma che ne dite di questo? Germania in deflazione....

    https://it.finance.yahoo.com/notizie/germania-in-deflazione-fed-alle-080000821.html

    Nun po' esse.......

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Po' esse, po' esse... Nonostante la tedeschia stia traendo enormi vantaggi dalla situazione, le elite alamanne stanno continuando a perculare i lavoratori i cui redditi reali sono ancora in diminuzione e le conseguenze sui consumi interni sono evidenti. Come si vede qui l'andamento delle vendite al dettaglio nella crande cermania non è che sia proprio quello che ci si aspetterebbe da un paese che a detta di tutti è il primo della classe.
      Uscire dall'€uro non è un atto di egoismo per poter svalutare la liretta debole ma un atto di altruismo per permettere teteschi di rivalutare e godere dei benefici del marcone forte. In fondo sono tanti anni che stanno facendo tanti sacrifici per essere i più bravi è giusto che ora possano godere appieno dei vantaggi di un marco a 1.80 contro dollaro.

      Elimina
  39. Zingales o no Zingales, io penso al mio futuro e sono spaventato. Euro si, euro no, poco cambia per la mia generazione di trentenne. Tante volte mi chiedo se non sia il caso di tornare a zappare la terra, imparare a farlo, e tornare a vivere come 150 anni fa.
    Mettiamo che usciamo dall'euro fra due/tre anni, oppure che esce la Francia e noi saremmo costretti a seguire, o come volete voi. Ammesso ci facciano uscire fra 2 anni, ma quanto ci vorrà per recuperare la distruzione? I danni fatti sono irrecuoerabili, non penso solo al pil, pensate ai contratti di lavoro distrutti. Posso campare lavorando 3-6 mesi alla volta. Ma come progetto il mio futuro?
    La mia generazione deve reinventarsi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Voglio sparare una cavolata. Se nel 95 samo riusciti a fare questo http://archiviostorico.corriere.it/1996/febbraio/14/Bilancia_commerciale_1995_senza_precedenti_co_0_9602145403.shtml
      per recuperare 20 anni di disastri ci basterebbero 6-7 anni.
      Ho 45 anni e la mia di generazione non è molto distante dalla tua, in quegli anni guadagnavo 1.200.000 lire oggi da partita iva monomandatario riesco a racimmolare 700 - 800 euro netti al mese e io mi sono già reinventato una professione (dopo 20 anni di informatica, faccio il facchino). Ma meglio reinventarsi, tirarsi su le maniche e risollevare questo paese, anche e sopratutto per il futuro dei nostri figlio. piuttosto che morire giorno per giorno perchè CE LO CHIEDE L'EUROPA (o puittosto i suoi poilitici corrotti e truffaldini).
      Cordialmente

      Elimina
  40. L'analisi di Zingales sta qui.

    A questo proposito mi pare valga la pena sottolineare un discorso già fatto (dal Professore): il problema non sta nell'analisi “tecnico-scientifica”, quanto piuttosto (se mi passate la distinzione) nella lettura “ideologico-politica”. Esempio:

    «Avere la flessibilità di usare il cambio solo in alcuni momenti, è un grande vantaggio; è un grande vantaggio che noi abbiamo dato via, ma abbiamo dato via a ragione perché l’abbiamo usato male, e non avevamo la credibilità di usarlo solo bene».

    La frase è emblematica. Siamo inferiori e l’euro ce lo meritiamo, anche se è la cosa sbagliata. Quella che viene espressa qui, insomma, non è una divergenza tecnica: è un pensiero politico; è l'apologia del vincolo esterno, o “sindrome del potestà straniero” (facciamoci governare dagli altri perché noi non siamo in grado).

    Mi viene da dire che con questi economisti possono questionare anche i non economisti: perché si parla di tutto tranne che della scienza economica. Anche a proposito della questione agenda digitale, se vi andate a leggere il link, noterete che il discorso non cambia molto: per quel poco che me ne capisco, siamo più nel campo delle opinioni a ruota libera che in quello delle teorie scientifiche.

    RispondiElimina
  41. Zingales si arrampica sugli specchi. Non sanno più cosa inventarsi pur di non ammettere che il problema del nostro sistema produttivo è l'euro. La risposta l'hanno data Alberto Lattuada e Gabriele del Giovane, persone che evidentemente conoscono il livello di innovazione della nostra industria  per aver vissuto dall'interno la realtà delle fabbriche italiane. I miei avevano una piccola industria metalmeccanica e posso confermare l'alto  grado di automazione nella produzione a partire dalle macchine utensili a controllo numerico  con software di simulazione, creazione di modelli CAD, sistema CAM e software di gestione utensili. La nostra meccanica di precisione ha sempre registrato un saldo attivo delle esportazioni perchè è sempre stata innovativa. Ciò nonostante, come tu fai notare,  il settore in sofferenza non è quello dei servizi ma quello manifatturiero. Sono le piccole e medie industria manifatturiere che chiudono ad un ritmo impressionante, e che si tirano dietro anche la distribuzione commerciale.

    RispondiElimina
  42. ... altre meravigliose perle: http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/ma-cosa-succede-se-torniamo-alla-lira-zingales-banche-chiuse-assalto-ai-bancomat-il-76288.htm

    RispondiElimina
  43. visto ieri Bini Smaghi su il Fatto TV, mentre prendeva qualche scoppola dalla Donato insieme all'"ottimo" giornalista con il sorrisetto e la faccia da schiaffi Stefano Feltri...
    Che imbarazzo.
    Ancora con le storie di "code agli sportelli", "svalutazione dei salari", gli "attacchi dei mercati alla liretta"...
    La parte più divertente è quando a detto "eh, ma allora se svalutiamo tutti, che svalutiamo a fare???"
    Ma come cavolo si fa a definire certa gente "economisti"???

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nel momento in cui bini smaghi ha affermato che i mini job tedeschi sono stati creati per chi "vuole" un lavoro partime, ho fermato il video ed ho chiuso la pagina...daje a ride.

      Elimina
  44. Ho ritrovato questo documento: Osservatorio Italia Digitale 2.0 . E' un po' datato (2009), ma copre il periodo nel quale la rivoluzione digitale avrebbe dovuto fare la differenza e è pubblicato per sostenerne l'importanza.

    Paragrafo 1.2, sull'iportanza degli investimenti ICT sulla produttività, cioè il punto che ci interessa.

    Si dice: "Il segmento dei settori manifatturieri non ha registrato particolari benefici dalla rivoluzione ICT (periodo '90-2008). L'ondata innovativa legata alle nuove generazioni di macchinari aveva investito questi settori soprattutto negli anni settanta e ottanta".

    La figura 1.7, investimenti in ICT in percentuale del PIL tra gli anni '80 e il 2005, mi sembra notevole: l'Italia si è comportata come Francia e Germania, solo i paesi anglosassoni si sono distinti. Non abbiamo perso la rivoluzione digitale, almeno per quel che riguarda l'investimento ICT.

    La discussione dell'impatto dell'innovazione digitale sulla produttività del lavoro, nel paragrafo 1.2.3, è un po' complessa perché io sia stato in grado di coglierne tutte le sfumature in una lettura incompleta e veloce, ma mi sembra di aver capito che l'influenza è parziale, legata a fattori esterni e di difficile interpretazione e, almeno per l'Italia, in calo dalla seconda metà degli anni '90. Dunque, non può essere la causa del crollo di produttività.

    Se parliamo invece di rivoluzione digitale per quel che riguarda le comunicazioni e la banda larga, ovvero le infrastrutture nazionali più che l'investimento delle aziende, qui l'Italia è certo in ritardo. Tuttavia, nel paragrafo 5.7, l'effetto delle tecnologie di comunicazione (banda larga) sulla produttività del lavoro è, ancora una volta, stimato ben superiore e addirittura doppio per il settore servizi rispetto al settore industria, considerazione ribadita dai dati della tabella 5.2 nel confronto manufatturiero-servizi.



    RispondiElimina
  45. Sa chennepenZo? che l'altra sera alla 7 hanno chiamato Zingales solo per preparare una trappola mediatica a Salvini. Sapendo che Zingales era su posizioni più moderate (o rinneganti) rispetto a quel gruppo di economisti che finiscono in "in", Salvini avrà pensato di stare in "campo neutro". Dopotutto, Zingales aveva fatto pesanti dichiarazioni contro il mainstream eurista. In realtà, ha fatto un notevole passo indietro rispetto alle dichiarazioni precedenti.
    A quell'ora e in quella trasmissione normalmente pro PUDE non si poteva certo dire che il problema è l'€ e quindi: la colpa è della scarsa digitalizzazione dell'economia. D'altronde, dopo l'effetto che ha prodotto quella Sua splendida intervista, mica potevano dire che il declino italiano è causato dal cambiamento climatico....
    Mi dispiace però per Zingales, perché rispetto ad altri "soggetti" mi sembrava meno appiattito e un po' più serio.... Se fossi Alberto Bagnai sarei anche un po' allarmato (o incazzato) perché se continua così la categoria degli economisti (tutta) non ne uscirà bene. Glielo dice un ex aspirante tale (fortunatamente o sfortunatamente rinunciai al Ph D in economia). È un po' come quando si parla dei politici.... qualcuno arriverà a dire: son tutti uguali..... per non parlare delle barzellette; i carabinieri son passati di moda.... è l'ora degli economisti ;-)

    RispondiElimina
  46. Chennepenzo? Direi che chi vede nell'euro "solo" una moneta e va a cercare altrove le ragioni del nostro attuale declino non fa che gettare fumo negli occhi (per motivi che ignoro) rifiutando d'ammettere ciò che in realtà sa, ossia che l'euro, a differenza della lira, è divenuto lo strumento con cui il capitalismo attuale dei paesi core "gioca" facendo leva su di esso per imporsi nella lotta con gli altri paesi capitalistici e conseguire la supremazia. E in questa trasformazione epocale della moneta in strumento privilegiato delle politiche economiche, compressione salariale, disoccupazione, impoverimento sociale, perdita di sovranità e di democrazia, sono i vari corollari.

    RispondiElimina
  47. Caro Alberto

    di informatica qualcosa ne so, e mi sono occupato - da informatico - delle sue conseguenze sulla produttività e crescita un po' di anni fa, quando tentavo di convincere la politica italiana dell'importanza di investire nel settore (vedi QUI e QUI).

    L'intensità di uso delle tecnologie informatiche è molto diversa nei diversi settori, per cui il "ritardo digitale" può avere una diversa influenza. Ma certamente il tuo orecchio musicale è nel giusto ritenendo che il suo impatto nel settore dei servizi è superiore. Ti segnalo questo articolo di Francesco Quatraro con un'analisi degli effetti dell'uso delle tecnologie informatiche sulla crescita di produttività in Italia.

    Quindi ritengo corretta la tua conclusione che la "rivoluzzione diggitale" sia scarsamente rilevante come motivazione del rallentamento della produttività italiana. Tra l'altro mentre le tue argomentazioni sono, come al solito, basate su dati riportati in modo che chiunque voglia fare le pulci alle tue affermazioni ha tutti gli strumenti a disposizione, quelle di Zingales "La mia interpretazione è che il problema della crescita in Italia sia un problema principalmente dovuto alle difficoltà dell'Italia di adattare i vantaggi della rivoluzione tecnologica - quella che si chiama Information and Communication Technology. E questo secondo me è il vero nostro problema, non l'euro.", esposte nell'audizione di gennaio 2014 alla commissione Finanze della Camera dei Deputati sono una "nuvola praticamente confusa".

    Leggerti è sempre piacevole ed istruttivo.

    Ciao, Enrico

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La butto lì, non è una provocazione ma una vera curiosità: ma quale sarà la percentuale di investimenti ICT improduttiva?
      In altre parole, per esperienza diretta ma senza informazioni statistiche, direi che una parte non indifferente delle soluzioni ICT in uso sono presto obsolete, mal impiegate o addirittura mai utilizzate. Gli investimenti relativi avrebbero potuto essere impiegati in modo più produttivo. Il fenomeno, secondo me, è più evidente nelle grandi aziende che nelle piccole, più restie a investire su aspettative poco misurabili, e può in parte spiegare perché un tessuto di aziende di dimensioni modeste, a parità di valore di produzione, abbia investito meno in ICT, senza che la scelta sia stata necessariamente un errore. A ulteriore supporto alla mia sensazione, in tempi bui, i budget per ICT delle grandi aziende sono stati immediatamente rivisti al ribasso senza grandi problemi operativi.
      E' abbastanza normale aspettarsi una correlazione positiva tra investimenti ICT e produttività, ma non mi sembra così ovvio derivarne un nesso causale totalmente diretto e non, magari, almeno in parte inverso, né che la quota di investimento ICT produttivo sia altissima per definizione.
      Pareri e fonti sono graditissimi.

      Elimina
  48. Il mio amico Riccardo Puglisi ha scritto una mini-fiction sul venerdì disastroso in cui l'italia uscirà dall'euro. Invece l'euro si disgregherà un lunedì - un lunedì speciale. Anche grazie a Zingales. Ecco come:
    http://perlegittimadifesa.blogspot.it/

    RispondiElimina
  49. Mio padre ha chiuso nel 2009 a fine anno, pur di non licenziare nessuno dei 18 dipendenti si è bruciato i risparmi di 50 anni di lavoro, ma ha solo ritardato la fine (avendo lui sempre pagato tutto il dovuto, non si è arricchito a dismisura).

    A me è toccato solamente di dovermi cercare un impiego altrove dopo 15 anni nell'azienda di famiglia, con un figlio appena nato e fortunatamente le mie competenze me lo hanno permesso, sebbene oggi guadagni qualcosa meno del mio stipendio di 8 anni fa.

    Abbiamo sempre fatto alta tecnologia, azienda aperta dal nonno nel 1946 sempre in crescita fino al 1991, dove è successo il primo vuoto "inspiegabile". Allora c'erano 40 dipendenti che nel 1989 mi dicevano "facciamo 12 ore al giorno e non riusciamo a consegnare tutto in tempo" (le straordinarie le facevano ben volentieri!).
    Altro rallentamento nel 1995, poi ancora nel 2003-2004 e infine il disastroso 2009.

    La seconda attività di famiglia è commerciale, il fatturato è bassino, un negozietto per capirci, ma dal 2001 a oggi è calato del 60% in valore assoluto e non indicizzato, in pratica resta aperto e guadagna molto molto poco e per fortuna non guardiamo mese su mese, ma anno su anno, altrimenti dopo gennaio 2014 avremmo avuto qualche problemino psicologico.

    Ironia della sorte, ho moglie tedesca da una decina di anni, ma non me la prendo certo con lei. Anzi, il suocero, alle porte della pensione, mi ha detto una cosa che posso riassumere con: la Germania sta andando a fare in c... tra dieci anni è morta, i ragazzi oggi non guadagnano abbastanza (lui 25€ lordi all'ora, un "giovane" con solo 10 anni di esperienza guadagna 12€ lordi all'ora, azienda da 900 dipendenti, mica bruscolini).

    Quando ho iniziato a parlare delle Hartz IV, gli è partito un "Verdammt!!!" seguito da altre cose non adatte a un pubblico sensibile ed ha iniziato a lamentarsi di chi veniva chiamato a fare lavori temporanei che non imparava nulla e serviva a poco e impoveriva l'azienda e vari altri commenti che ho perso causa sforamento del suo sfogo nel dialetto aggressivo.

    Beh, io dal 2009 al 2012 ho avuto qualche problemino di comprensione, poi ho iniziato a studiare un pochino, ma non capivo bene, d'altra parte io ho competenze ingegnieristiche, non economiche, ma ho anche curiosità, quella che mi ha portato qui, poi a leggere il libro e infine a dormire poco per guardare qualche video, qualche conferenza e qualche intervista.

    Mi son detto: " a questo Dott. Bagnai un bel grazie bisogna proprio dirlo, quantomeno parla con i dati e non con le parole", io da buon ingegnere non so che farmene delle chiacchere.

    E poi... poi mi capita di sentire Z, si quello lì, sulla radio dell'importatore seriale S, intervistato da Bar... ok mi fermo qui. Ho spento la radio e sono andato a fare altro.
    Lei professore ci incita alla calma, al discorso pulito e privo di imprecazioni, all'analisi delle cose dette da queste persone. Ecco, se permette io preferisco non ascoltarle, perchè poi mi incazzo e come ha scritto un autore di romanzi che mi piace molto: "Three are the things that a wise man fears: The sea in a storm, a night with no moon and the anger of a gentle man".

    Bene, mi scusi per lo spreco di cyberspazio virtuale sul suo blog. La ringrazio per il suo lavoro e spero che il mondo diventi un po' meglio giorno dopo giorno per tutti noi.

    RispondiElimina
  50. Comunque credo che Zingales abbia fatto un gran bene al movimento anti€.
    Lo si vede a 8 1/2 e improvvisamente Salvini non sembra… più leghista. Riesce persino a far dire al politico del Pd che loro non sono per l'€ a tutti i costi.
    Poi va a agorà e la scena si ripete con Borghi, qui dice che le sue di Claudio sono posizioni estreme ma in nessun modo dice che siano sbagliate.
    ANZI in modo implicito afferma che le sue analisi sono giuste! (non è poco, non tanto per lui, che c'ha una professionalità ecc, ma per il messaggio nei canali pude)

    Il ragionamento che si fa per la lega (chissenefrega se lo fanno per i voti basta che lo facciano.) può esser applicato a zingales (chissenefrega se lo fa per il poi basta che lo faccia). Certo ad un economista possono non andar giù un po' di cose che ha detto, ma.. la maggioranza della popolazione non è economista.
    Dettaglio non trascurabile tutti gli pseudo economisti spaghetti liberisti ora sono più possibilisti sull'uscita perché l'ha detto uno che c'ha credibilità. E' un cuneo.

    E anche volendo di più non avrebbe potuto fare (e meglio: di più non ci potremmo aspettare) perchè come giustamente dici un dopo ci sarà e probabilmente non vuole fare la fine di alesina? (che fine farà alesina??)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. non ha tutti i tovti Bovghi, lo dice in manieva estvema ecceteva
      https://www.youtube.com/watch?v=ziADv_sPu6k

      Elimina
  51. Premesso che non ho mai creduto alla narrazione prevalente della crisi, dal debito pubblico in giù, viene però da chiedersi, in cosa le due economie sarebbero sostanzialmente diverse da permettere all'una di rafforzare la moneta e all'altra di doverla indebolire? (anche se non credo alla cattiva moralità della svalutazione). Macelleria sociale attuata prima di noi? Annessioni non pagate troppo care? Finanza molto più speculativa? Grandi industrie vs. piccole? Cos'altro? Non per celebrale la superiorità ariana di cui son stata veramente nauseata fin dall'inizio della bufala, ma se il motivo sono le economie diverse, c'è da spiegare diverse in cosa. Grazie per l'eventuale risposta.

    Paola A.

    RispondiElimina
  52. Sì, Zingales ci crede proprio, a Servizio Pubblico insiste: la produttività dal 1995 non cresce perchè abbiamo perso il treno dell'innovazione digitale e abbiamo perso, anzi voluto perdere, questo treno perchè agli italiani piace troppo far circolare denaro in nero! Beato lui...

    RispondiElimina
  53. Oooohhhh bravo Zingy: "è una indecenza che la BCE abbia salvato le banche tedesche e francesi, che avevano prestato alla Grecia"

    RispondiElimina
  54. Io credo che qui nessuno ritenga che la decadenza italiana derivi SOLO ED ESCLUSIVAMENTE dall'entrata nell'euro. Ci saranno anche altri motivi secondari, magari a che 'sta rivoluZZZZZZione diGGGGGitale, anche se la vedo più una cosa sul lato dell'offerta quando il problema, come sappiamo, è più sul lato della domanda. Ma se Zingy vuole sottintendere che noi italiani siamo all'età della pietra in quanto "sottosviluppati" rispetto ad altri popoli, oppure vuole togliere le responsabilità all'euro, beh è ovvio che non può passare!

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.