mercoledì 9 aprile 2014

Dal castello

Ci siamo appartati per preparare in pace la presentazione del 12. Qui si sente solo il soffio del vento. Domani, cioè oggi, mi leggerete sul Fatto Quotidiano, e domani, cioè dopodomani, ascolterete, forse senza nemmeno saperlo, il Gloria di Vivaldi (frase sibillina, mi rendo conto, ma l'attesa non sarà lunga).

In trincea restano Annalisa, Julia, Paolo e Vanna, e io qui, invece di leggere un bel libro, mi occuperò di una cosa della quale non me ne è mai fregato niente: il prezzo della benza...

Beati voi!





44 commenti:

  1. Siamo in due a lavorare nel silenzio.
    Buona notte Prof. Questa per me è l'ora in cui la mia produttività si impenna.

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  2. Il prezzo della benza quando facevo rifornimento nel '99 era a 1800 Lire al litro, adesso viaggia a 1,80.. il prezzo della benza con l'Euro è praticamente raddoppiato; il mio stipendio invece nello stesso periodo è passato da 2.050.000 a.... nulla.. disoccupato!
    Non sarò colto come Prodi, ma da ignorante a me questo basta per capire che l'Euro è stata una colossale sola!

    Lei Prof ha veramente una passione ed una determinazione non comune!
    In bocca al lupo!

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  3. Don't worry prof, qui c'è chi si sacrifica anche per lei a colpi di cibo a volontà ed alcol a fiumi (un'altra sera così e sono fottuto, giuro...se faccio le analisi, mi trovano tracce di sangue nell'alcol)

    Si scherza. (forse)

    Ci si vede fra pochi giorni!

    Kissing eachother hands!

    Un abbraccio.

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  4. Beati noi, ok. Ma in questo caso beato anche lei: lavorare in un castello col soffio del vento come unico rumore di fondo... mannaggia che invidia! Dovendo per forza di cose farle due piaceri per il convegno del 12 cercherò di inserire Asimmetrie nell'elenco delle offerte pasquali. Anzi, mi porto avanti: buona Pasqua!!!

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  5. Il Fmi difende l’euro perché gli dà lavoro

    DOPO BRETTON WOODS

    Il Fondo fu creato nel dopoguerra per riparare agli squilibri del sistema dei cambi fissi: ora ha trovato da fare nell’Eurozona e se lo tiene stretto

    di Alberto Bagnai

    Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) entra con sempre maggior insistenza nel panorama dell’informazione. Da quell’istituzione tecnica, remota, che si occupava di salvare dalle crisi finanziarie paesi più o meno esotici, il Fmi è diventato un organo che con cadenza pressoché quotidiana esercita una funzione di indirizzo politico non solo dei governi nazionali che si sono rivolti a lui (come quello greco), o che non gli si sono rivolti (come il nostro), ma anche di istituzioni sovranazionali indipendenti (è di questi giorni la notizia del dissenso fra Bce e Fmi su come andrebbe gestita la politica monetaria in Europa).
    Ma cos’è il Fmi, quando e come nasce? Ricordarlo è utile per far capire l’evoluzione, o meglio l’involuzione, del pensiero economico nell’ultimo mezzo secolo. Quando nel 1944 gli stati riuniti a Bretton Woods decisero di adottare un sistema di cambi fissi basato sul dollaro, due nozioni erano ancora patrimonio comune: primo, che i cambi fissi avrebbero creato squilibri di bilancia dei pagamenti; secondo, che un sistema di pagamenti internazionali non può convivere a lungo con simili squilibri.
    Con cambi perfettamente flessibili il problema, in teoria, non si pone. Supponiamo che l’Italia debba fare molti pagamenti in marchi, perché importa molto dalla Germania. Il libero mercato farà salire il prezzo del marco, e lo squilibrio (esportazione per la Germania, importazione per l’Italia) verrà sanato dal fatto che i beni tedeschi diventano meno convenienti. Coi cambi fissi invece il problema esiste e va gestito. Se non lo si fa, l’importatore netto alla lunga deve indebitarsi, e cosa succede poi lo stiamo vedendo.

    La lezione dimenticata di Bretton Woods

    A Bretton Woods questo dato era chiaro, e per gestire gli squilibri vennero prese tre misure. Primo, i cambi erano aggiustabili: in caso di squilibri fondamentali un paese poteva negoziare un riallineamento; secondo, veniva creato il Fmi, per erogare credito a breve termine ai Paesi in difficoltà temporanea coi pagamenti esteri; terzo, se un paese manteneva una posizione di surplus troppo a lungo, la sua valuta poteva essere dichiarata scarsa (perché tutti gli altri ne avevano bisogno per comprare i suoi beni). Questa dichiarazione autorizzava i suoi partner commerciali a prendere misure restrittive (dazi, contingenti) nei suoi riguardi. Puro e semplice buon senso.
    Pensate invece all’euro. Il cambio non è aggiustabile: un euro tedesco varrà, finché dura, quanto un euro greco. Inoltre, non esiste alcun organismo europeo deputato a rifinanziare gli squilibri temporanei di bilancia dei pagamenti dei paesi membri. Anzi: le nostre istituzioni hanno negato che simili squilibri si potessero mai verificare. Lo studio One market, one money della Commissione Europea lo dichiarava nel 1991: la bilancia dei pagamenti non sarà più un problema in Europa, i mercati finanzieranno sempre chi se lo merita. Com’è andata s’è visto: in mancanza di buon senso, e di istituzioni europee, alcuni paesi europei si son già dovuti consegnare al Fmi, certificando così il proprio ingresso nel terzo mondo finanziario, quello dove i governi si indebitano in una valuta che non controllano.
    E qui dovrebbe sorgere una domanda: ma perché mai un’istituzione nata negli Stati Uniti per garantire un sistema basato sul dollaro è così impegnata a preservare l’euro? Non s’era detto che gli americani son tanto invidiosi del benessere che l’euro ci procura?

    continua...

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    1. forse un po' OT ma in questi giorni rileggendo il Tramonto, leggendo "Non vale una lira" mi sono tornate in mente alcune frasi di un saggio di Zygmunt Bauman che sono andato a rivedere.

      Il saggio è "Modernità e olocausto" - Il Mulino

      1 "minuziosa divisione funzionale del lavoro"
      2 "sostituzione della responsabilità morale con quella tecnica"
      3 "disumanizzazione degli oggetti dell'attività burocratica"

      i tre passaggi burocratici secondo Bauman senza i quali lo sterminio degli ebrei non sarebbe stato possibile.

      A me vengono i brividi!

      Caro professore grazie, grazie, grazie per l'opera di svelamento della verità che stai portando avanti.

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    2. Mah..., permettetemi una battuta alla luce della per quanto limitata esperienza storica cui il breve arco della mia vita mi ha purtroppo obbligato :) : una delle verita' possibili, ma inconcepibili e improfferibili, e' che le classi dirigenti Comuniste che prima, schiacciando coi loro governi distruttivi i paesi brics, ci salvaguardavano dalla Ciiiiiiiina & co, ora si sono spostate qua e da qualche decennio governano noi, di fatto, invertendo la situazione. Non ne hanno quasi mai azzeccata una, capendo le cose solo con i ben noti e proverbiali trent'anni di ritardo, e cioe' facendo sempre le cose sbagliate al momento sbagliato... Pure l'adesione all'Euro hanno toppato. Vedo comunque che cominciate ad accorgervene, seppure in modo ancora confuso. ;) L'imperativo che saggezza consiglia e' di lasciarli chiaccherare fin che vogliono, ma tenendoli SEMPRE il piu' lontano possibile dalle stanze dei bottoni.

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    3. "Da quell’istituzione tecnica, remota, che si occupava di salvare dalle crisi finanziarie paesi più o meno esotici, il Fmi è diventato...". A questo proposito, direi che il Fmi si occupava di salvare dalle crisi finanziarie quei paesi "esotici" secondo ricette "imperiali" ben precise, ossia imponendo loro diktat economici, i cosiddetti ajustes structurales, che producevano (e producono) macelleria sociale e una vera e propria dipendenza di quei paesi dall'ordine politico-economico mondiale. Sul processo di "fondomonetarizzazione" dell'America Latina, iniziato negli anni '50, ha scritto un economista di quelle parti:
      "Il Fmi e la Banca mondiale sono divenuti strumenti importanti per il funzionamento dell'attuale divisione internazionale del lavoro e per la transnazionalizzazione delle sue relazioni, in particolare per stimolare i flussi di capitali finanziari indispensabili per mantenere e sviluppare il commercio internazionale.
      In questo modo, il Fmi e la Banca mondiale, nell'affermare le basi e la struttura della divisione internazionale del lavoro, hanno legittimato i fondamenti dell'intercambio diseguale e il controllo del commercio e il suo finanziamento da parte delle imprese transnazionali" (Alberto Acosta, La deuda eterna, Ecuador 1990, p. 234).

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    4. @Lorenzo Domizioli

      Hannah Arendt fu linciata moralmente per aver descritto, nel suo "La Banalità del Male", il nazista Eichmann come un semplice e tranquillo ragioniere dello sterminio, meticoloso, efficiente, pacato: un soggetto a metà tra lo studioso e il burocrate, ma inconsapevolmente prono ai condizionamenti ricevuti dalla società. Apriti cielo! Dire che il Male sia banale equivale a identificarlo potenzialmente in qualsiasi gesto quotidiano personale, che sia privo di consapevolezza e coscienza. Poi, invece, si faranno scorrere fiumi d'inchiostro per cercar di capire come e perché un caporale austriaco, che scrive il "Mein Kampf", riesca a soggiogare almeno un'intera nazione, prima di poter ricorrere alla forza bruta. Banalità per banalità (ma senza, ovviamente, equiparare la seguente ad Eichmann!): è notizia odierna che il sindaco di Roma, Ignazio Marino, abbia deciso di sostituire, negli atti comunali, il termine "nomadi", con "Rom, Sinti e Camminanti", sostenendo che sarà decisivo per sconfiggere le discriminazioni. Speriamo almeno che la delibera non valga a dover correggere le copertine dei dischi di chi cantava "Dio è morto"...

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    5. @roberto_b

      Grazie per questa precisazione assolutamente inutile che mi ha costretto a moderare un commento in più alle 1:18 di una giornata pesante. Ci vediamo a Parigi!

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  6. …continua


    Che rimpianti per il rublo

    La risposta è in quanto vi ho riportato. Il Fmi nasce per ovviare agli squilibri provocati dal cambio fisso. Per questo, da quando Richard Nixon nel 1971 ha fatto saltare il sistema di Bretton Woods, il Fmi ha difeso, ovunque nel mondo, i sistemi che, imponendo la rigidità del cambio, creano quegli squilibri senza i quali sarebbe disoccupato. Oggi difende la moneta unica europea come ieri, nel 1992, difendeva la moneta unica sovietica, opponendosi allo smantellamento dell’area del rublo. Pensate che paradosso: i russi volevano andare verso le valute nazionali per procedere verso il mercato, ma a noi hanno detto che avremmo favorito il mercato abolendole. Naturalmente anche allora operava la cosiddetta “condizionalità”: o fate come vi diciamo noi, o non vi finanziamo; e anche allora le ricette proposte erano contraddittorie: in Europa si è imposta un’austerità che contraddice la crescita, alla Russia si imponeva una bassa inflazione contraddetta dal fatto che le singole repubbliche mantenevano i propri poteri di emissione della moneta unica (il rublo).
    Sabato 12 aprile una protagonista di questa vicenda, Brigitte Granville, che da consulente del premier Gaidar si oppose al Fmi e gestì lo smantellamento dell’area del rublo, sarà a Roma per il convegno “Un’Europa senza euro” ( www.asimmetrie.org  ). Un’occasione per sentir parlare di moneta unica, e degli scenari che essa apre, un’economista che in vita sua si è occupata di questo e non di altro (come la maggioranza degli opinionisti nostrani), opponendosi alla dittatura del pensiero unico in nome della libertà.

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  7. In bocca al lupo e complimenti a tutti per il vostro lavoro!

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  8. Stranamente non si accenna alle carriole...
    http://www.corriere.it/economia/14_aprile_09/uscire-dall-euro-tentazione-pericolosa-5c295598-bfab-11e3-a6b2-109f6a781e55.shtml

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  9. Professore, sono una assidua lettrice del blog e sto leggendo il suo libro, per questo sostenitrice dell'uscita dalla moneta unica, ma stamattina guardando il corriere online
    ho letto l'articolo 'Uscire dall'euro, una tentazione pericolosa' firmato da Bini Smaghi ecc. Padoa Schioppa ecc. tipo manifesto come il suo, veramente una campagna aggressiva, spero nel 12 aprile. Ringrazio e un caro saluto Wanda

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  10. Ma noi non ci facciamo mancar niente:

    Domande e risposte sull’Europa
    A cura del PD Bruxelles (http://pdbruxelles.eu/wordpress/ilkitperleeuropee/)
    Cosa fa l’Europa per noi? Come sta lavorando per uscire dalla crisi e per rafforzare i nostri diritti?
    Brevi domande/risposte su alcuni dei temi più importanti dell’azione europea.

    Costi e opportunità in Europa
    E' vero che l'Italia conferisce molti soldi al bilancio europeo e riceve molto poco indietro?
    No. L'Italia è un "contribuente netto" del bilancio europeo ma è anche il secondo paese all'interno dell'Unione (siamo dietro solo alla Polonia) per quantità di risorse ricevute in stanziamenti, fondi e investimenti per la politica di coesione.

    Il bilancio europeo è un appesantimento ulteriore per le finanze statali e per l'economia nazionale? Faremmo meglio a tenere questi soldi per noi?
    No, il bilancio europeo prevede, per il 90% delle sue risorse, investimenti da ridistribuire agli Stati membri per finanziare quelle opere che da soli non potrebbero nemmeno immaginare. Non possiamo prescindere dagli investimenti per far ripartire la crescita: il bilancio europeo è l'unico strumento, al momento, che possa prevedere un piano di investimenti ingenti e di incentivi all'economia e ai territori. Gli Stati membri destinerebbero davvero la stessa parte di risorse in investimenti o la userebbero per risolvere problemi di piccolo cabotaggio ma magari utili per campagne elettorali?

    I fondi europei sono veramente degli strumenti utili alla crescita?
    Si! Sono strumenti indispensabili per lo sviluppo. Per fare esempi concreti, in soli 5 anni grazie ai fondi europei destinati ai progetti di formazione, i giovani quindicenni della regione Campania hanno accresciuto in modo sensibile, rispetto ai propri coetanei di 5 anni prima, le competenze e i risultati scolastici (dati ricavati dai rapporti del Ministero per l'Istruzione). Altro esempio: grazie al buon utilizzo dei fondi europei, la metropolitana di Napoli è oggi una delle metropolitane all'avanguardia in Europa. Ci sarebbe da chiedersi, hanno portato più risultati i soldi dell'Europa degli ultimi anni o decenni di Cassa del Mezzogiorno?

    I fondi europei sono strumenti burocratici difficili da utilizzare e per questo li spendiamo poco?
    In alcune regioni e realtà territoriali andrebbero programmate una razionalizzazione e una gestione migliore nell'impiego di queste risorse, resta però il fatto che l'utilizzo dei fondi strutturali avviene in assoluta trasparenza. Dei fondi comunitari abbiamo piena tracciabilità, certamente lo stesso non avviene per l'impiego delle risorse nazionali e regionali, e non è certo una questione da poco.

    Cosa fa l'Europa per ridurre gli sprechi?
    L'Europa la propria spending review ha già iniziato a farla (quasi 6 miliardi di euro risparmiati nei prossimi 6 anni per l'amministrazione e altri tagli e riduzioni di inefficienze decisi negli ultimi due anni), ma deve continuare, ad esempio eliminando la spesa inutile per la doppia sede del Parlamento Europeo di Strasburgo (che però può avvenire solo con l'accordo della Francia). Sul tema degli sprechi, l''Europa è anche uno stimolo per il nostro Paese a fare passi avanti nella lotta alla corruzione: il totale dei costi diretti della corruzione in Italia ammonta a circa 60 miliardi di euro ogni anno, pari al 4% del PIL italiano. Su questo, l’Italia deve diventare più europea e le sarà richiesto di introdurre nei prossimi mesi misure più stringenti, anche in ambito regionale e locale.

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  11. Segue

    Cittadinanza
    L'Europa è una realtà lontana, chiusa nella sua torre d'avorio e i cittadini non hanno possibilità di influenzarne le politiche?

    Non è vero! Ogni cittadino europeo può scrivere alla Commissione europea, che è obbligata a rispondere entro quindici giorni, basta mandare una mail al commissario responsabile o utilizzare il sistema Europa Direct. I cittadini europei possono presentare una petizione al Parlamento Europeo e, da pochi mesi, proporre leggi europee di iniziativa popolare (iniziative di cittadinanza). Il modo più diretto di influenzare la politica europea resta ovviamente quello di andare a votare alle elezioni del 25 maggio: sulla base dei risultati, infatti, verrà indicato il Presidente della Commissione Europea che guiderà l'esecutivo comunitario per i prossimi cinque anni. E soprattutto, il Parlamento Europeo è ormai coinvolto a pieno titolo nella procedura legislativa, ogni singolo voto può quindi fare la differenza nell'adozione di direttive e regolamenti che avranno un impatto decisivo sulla nostra vita quotidiana, oltre che nelle decisioni fondamentali sull'utilizzo dei fondi comunitari.

    Sono un cittadino europeo, cosa significa in pratica?

    Essere un cittadino europeo apre a ciascuno di noi l'accesso a diritti fondamentali di cui spesso non ci rendiamo conto, primo tra tutti il diritto a circolare liberamente in Europa senza frontiere e stabilirci in un altro paese. La cittadinanza europea ci dà diritto all'elettorato attivo e passivo, non solo per le elezioni europee, ma anche per le elezioni amministrative nel caso in cui ci trasferissimo a vivere in un altro Paese. Inoltre abbiamo diritto alla rappresentanza consolare quando viaggiamo all'estero, a proporre petizioni al Parlamento europeo e a chiedere l'intervento del mediatore europeo. A questi diritti fondamentali si aggiungono importanti diritti sociali in tema di accesso alla sanità, al mercato del lavoro, o alla pensione qualora ci trasferissimo a vivere in un altro paese, o ci trovassimo in difficoltà mentre siamo in viaggio in Europa. Questi diritti, inimmaginabili per i nostri genitori, sono oggi parte della nostra quotidianità.

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  12. segue

    Economia

    Come far ripartire subito l'economia? L'Europa è davvero così impotente?
    La crescita europea è stata inferiore negli ultimi anni rispetto ad altre aree del mondo anche perché la Banca Centrale Europea (BCE), a differenza delle altre banche centrali, non è una banca prestatrice di ultima istanza ed ha come unico obiettivo quello di tenere i prezzi bassi. Eppure anche senza cambiare i Trattati Europei la BCE può fare di più. Può ad esempio immettere miliardi di euro nell’economia reale comprando azioni e titoli di Stato in borsa (gli esperti lo chiamano “allentamento quantitativo”). Ma la BCE è prudente: aspetta prima il sostegno politico dell’Europa. Se il nuovo Parlamento si schierasse con forza a favore di queste misure, questo consentirebbe alla BCE di lanciare una grande operazione di immissione di denaro fresco per investimenti e crescita.

    Dopo sei anni di crisi economica dobbiamo ancora avere fiducia nell'euro?

    L'ingresso dell'Italia nell'euro ha portato stabilità e più vantaggi per le famiglie, abbassando i rendimenti sui titoli di Stato e riducendo i costi nelle transazioni internazionali. Fin dai primi anni della sua nascita l'euro si è imposto come una delle principali monete mondiali, arrivando persino ad insidiare il primato del dollaro. Tuttavia l'euro doveva essere solo il primo passo verso un'integrazione maggiore degli Stati europei in senso federale. Gli economisti della Commissione europea al tempo della creazione dell'euro avevano messo in guardia sui rischi di una moneta unica non supportata da un bilancio federale e da una Banca Centrale attiva per ridurre gli squilibri economici. La crisi ha fatto emergere con forza questi elementi di debolezza. Oggi è compito della politica completare le istituzioni e i meccanismo che faranno funzionare meglio l'euro e l'economia europea: questa è la posta in palio con il voto del 25 maggio.


    Perché l'Europa ci chiede di rispettare vincoli di bilancio sempre più stringenti, come il Fiscal Compact, mentre i cittadini chiedono lavoro e prospettive per il futuro?

    Bisogna innanzitutto chiarire che l'Unione Europea non ci chiede nulla che non sia stato concordato in precedenza tra gli Stati Membri, come il Fiscal Compact firmato anche dal governo italiano. I vincoli di bilancio, quando si fa parte di un sistema economico integrato come quello europeo, sono importanti poiché garantiscono una forma di coordinamento e, per un Paese come l'Italia, sono un'assicurazione sul futuro, riducendo il peso del debito pubblico sulla nostra economia. Tuttavia questi vincoli, se astratti dal contesto dell'economia reale e se utilizzati come unico strumento di politica economica sono inadeguati a far fronte ai momenti di crisi. Accanto alle regole sul debito dobbiamo introdurre indicatori sociali di qualità della spesa (priorità a occupazione e investimenti), per adattare le risposte della politica economica europea alle esigenze della società. Gli indicatori di sviluppo e coesione sociale devono avere lo stesso peso di quelli sul deficit pubblico!

    In Italia i cittadini hanno sempre più l'impressione che sia la sola Germania a dettare le regole della politica economica in Europa, è davvero così?

    Lo scoppio della crisi finanziaria ha scoperchiato un panorama economico di profondi squilibri tra i Paesi europei. La risposta dell'Europa è stata scoordinata, ovvero "ognun per sé", senza strumenti comuni di solidarietà e riequilibrio. La Germania, il principale Paese creditore, si è trovata a giocare un ruolo di forza relativa rispetto ai Paesi debitori ed ha potuto avvantaggiarsi della debolezza e timidezza degli altri governi.
    Proprio nel momento in cui vi sarebbe stato maggiore bisogno di un intervento "federale" e coordinato per tamponare gli effetti della crisi, infatti, i governi e la Commissione continuavano a rifiutare di attuare le politiche necessarie a sostenere l'economia nei momenti di difficoltà.

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  13. segue

    Le questioni economiche europee sono complesse e distanti dalla vita dei cittadini, come possiamo rendere tutto più semplice e diretto?

    Spesso continuiamo a ragionare come se il governo nazionale avesse a disposizione tutti gli strumenti di politica economica. In realtà non è più così. Avendo messo in comune la politica monetaria e quindi anche la politica dei tassi di cambio e avendo sottoscritto accordi sui vincoli di bilancio, i principali "attrezzi" della macroeconomia sono ora gestiti a livello comunitario e non più nazionale. Per questo motivo, l'Unione europea dovrebbe essere vissuta come una vera e propria arena politica, dove portare precise rivendicazioni e condurre specifiche battaglie. Votare per il Parlamento europeo non è un optional ma un passaggio cruciale: dalla crisi ne usciremo solo se sarà l'Europa tutta a farlo, attraverso l'adozione di un più forte coordinamento, maggiore solidarietà, nuovi strumenti per gli investimenti.

    Lavoro

    E’ vero che le riforme del lavoro, come quella della Ministra Fornero, ce le ha ordinate la Commissione Europea?
    No, la Commissione Europea non ha le competenze per “ordinare” ad un Paese di fare una riforma. La sovranità sulle politiche del lavoro e del welfare rimane agli Stati nazionali. La Commissione Europea può però fare pressioni politiche, “raccomandando” delle linee di azione sulla base delle migliori pratiche esistenti in Europa. In questi anni la Commissione non ha chiesto all’Italia di liberalizzare brutalmente il mercato del lavoro. Le ha raccomandato di eliminare la discriminazione tra il lavoro tipico e quello atipico, di tappare i buchi degli ammortizzatori sociali, di mettere insieme dei servizi funzionanti per l’impiego, di combattere le discriminazioni contro le donne nel lavoro. Nel 2010, il Parlamento Europeo ha anche mandato un ammonimento ufficiale all’Italia (una risoluzione) per spingerla a creare uno schema di reddito minimo, unico Paese in Europa ad esserne privo.

    Com’è possibile evitare che Paesi come la Croazia o la Romania facciano concorrenza all’Italia puntando sui loro salari bassissimi?
    L’Europa non può intervenire direttamente per alzare i salari nei Paesi dell’Est. Ricordiamoci che questi Paesi hanno salari bassissimi perché hanno economie poco sviluppate e con ancora alti livelli di povertà. L’Europa può promuovere degli standard minimi comuni al di sotto dei quali nessun lavoratore possa essere impiegato. Già lo fa (parzialmente) con regole comuni su lavoro atipico, orario di lavoro, regole per lavoratori distaccati all’estero, diritto al mantenimento dei diritti previdenziali in tutta Europa. La sfida è alzare questi standard, proporre nuove regole comuni a livello europeo, perché anche gli standard sociali più bassi si alzino ai nostri livelli, così come i nostri livelli di protezione si devono alzare a quelli della Svezia o della Danimarca.

    Cosa ha fatto l’Europa per combattere la disoccupazione dei giovani in Italia?
    La Garanzia Giovani è al momento il programma più incisivo. Con questo strumento, sebbene le dotazioni finanziarie siano ancora da migliorare, l’Unione Europea ha fatto impegnare gli Stati a mettere in piedi servizi capaci di offrire ai giovani tra i 16 e i 29 anni una concreta opportunità di lavoro, formazione professionale, istruzione o stage entro 4 mesi. Grazie ai Fondi Europei, l’Italia riceverà €1.5 miliardi nei prossimi due anni per finanziare questi servizi, rivolti esclusivamente ai giovani. La Garanzia Giovani è una goccia nel mare, è vero. Da sola non basterà a risolvere i problemi di quasi 5 milioni di giovani italiani senza lavoro. Ma è uno stimolo potente a fornire quei servizi di assistenza e di reinserimento ai disoccupati che l’Italia non ha mai avuto. Ci sono tantissimi altri programmi concreti che sono poco conosciuti per disinformazione e perché hanno un budget risicato. Uno è molto noto ed è l’Erasmus. Esistono anche un Erasmus per Giovani Imprenditori, il Servizio Civile Europeo e altri strumenti di micro-finanziamento.

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  14. segue (ultimo)

    Quali iniziative potrebbe prendere l’Unione Europea per migliorare la protezione dei lavoratori?
    Da tempo si discute di istituire un sussidio di disoccupazione europeo. L’Unione Europea finanzierebbe un primo sussidio per chi perde il lavoro della durata di alcuni mesi, a cui gli Stati potrebbero aggiungere ulteriore protezione. In questo modo, gli Stati con una situazione economica migliore offrirebbero solidarietà concreta ai lavoratori degli Stati che stanno peggio. Si parla anche di istituire un salario minimo europeo. L’Unione non ha però alcuna competenza per agire sui salari che sono responsabilità delle parti sociali e dei governi nazionali. La proposta più concreta è quella che l’Unione fissi una regola comune affinché il salario minimo nei singoli Stati non possa scendere al disotto di una determinata soglia nazionale, ad esempio che nessun lavoratore possa prendere meno del 60% del salario medio del proprio Paese. Infine, esiste già un diritto del lavoro europeo con delle regole uguali per tutti i lavoratori in qualsiasi Paese. Ad esempio, i lavoratori con i principali contratti atipici (a tempo determinato, parziale, gli interinali) devono avere pari trattamento con i lavoratori a tempo indeterminato e a tempo pieno; i licenziamenti collettivi non possono avvenire senza la consultazione dei sindacati e senza un piano sociale; l’orario di lavoro non può superare 40 ore settimanali. Nel futuro dobbiamo però estendere le tutele europee in altri ambiti, per esempio fare delle regole comuni sui licenziamenti individuali, regolare il falso lavoro autonomo, non permettere gli stage non pagati.

    Immigrazione


    L'Europa è stata troppo aperta con gli immigrati, dobbiamo proteggere i nostri posti di lavoro ed evitare che i nostri sistemi di sicurezza sociale siano abusati.

    In primo luogo è importante differenziare tra comunitari ed extracomunitari. I primi sono portatori di diritti direttamente per l'appartenenza alla comune cittadinanza europea, mentre i secondi li acquisiscono sulla base dello status di cui godono (rifugiati, migranti di lungo periodo...). In ogni caso dobbiamo essere consapevoli che sono proprio gli immigrati che negli ultimi anni hanno contribuito in maniera fondamentale alla tenuta economica, sono loro spesso ad aprire le nuove aziende e ad aiutarci a combattere il calo demografico in atto in Europa che rende insostenibile il nostro sistema di welfare e pensionistico.

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  15. l'ho letta oggi sul Fatto, attendo di capire Vivaldi e nel frattempo auguro buon lavoro a lei e ai suoi collaboratori (se permette un ringraziamento particolare a Vanna per la sua tempesitività e cortesia).

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  16. Non ho resistito, ho inviato una mail al SEP di non-adesione al loro documento comparso sul Corriere (dei piccoli economisti).
    E mò vediamo...

    Oggetto: NON aderisco alle vostre stronzate!

    Testo:
    Il vostro articolo è un perfetto compendio di puttanate.
    E ovviamente NON vi autorizzo a includere questa mail e il mio nome tra le adesioni, sempre che ci sia qualcuno disposto a credere al vostro terrorismo d'accatto.
    Siete persone minuscole eppur dannose.

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  17. Davide, mandaci il seguito! Grazie al Professore; qualche giorno fa gli avevo chiesto di ...Bretton Woods. Ci vediamo il 12 cosi' lo interrogo :-)

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  18. Alle dame del castello piace fare solo quello....

    (Occuparsi del prezzo della benzina! Cosa credevate?!)

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  19. Leggere un bel libro è un ottimo modo per impiegare il proprio tempo. Invece di leggere un bel libro, ho sprecato tempo facendo zapping tra l'informazione on line. Va bene, forse ho usato a sproposito il termine "informazione" .
    Comunque sia, segnalo due notevoli perle:
    1 - l'editoriale di Bastasin sul Sole (se qualcuno riesce a capire il senso della supercazzola, potrebbe farmi la cortesia di spiegare?)
    2 - "uscire dall'euro, una tentazione pericolosa" a firma dei soliti noti. Editoriale eurodelirante nel quale si legge che "prima dell'unione monetaria, le periodiche svalutazioni del cambio avevano portato l'inflazione in Italia oltre il 20%".
    Ma i soliti noti stanno parlando di quello che è successo su questo pianeta oppure si riferiscono ai fatti accaduti in un universo parallelo?
    Perché corre voce che il balzo del tasso di inflazione nel corso degli anni Settanta sia stato causato dal fatto che i Paesi dell'OPEC chiusero i rubinetti nel 1973. Almeno per quello che riguarda il nostro pianeta.

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  20. Salve a tutti,

    apro la pagina online del corriere e trovo questo:

    http://www.corriere.it/economia/14_aprile_09/uscire-dall-euro-tentazione-pericolosa-5c295598-bfab-11e3-a6b2-109f6a781e55.shtml

    Non ho alcun dubbio che sia la conseguenza all'articolo sul Fatto del prof. Bagnai (in risposta a Boeri sulla repubblica del Lunedì). Intanto prof. se lei legge questo post le esprimo la mia vicinanza nella lotta per questa causa. Una domanda a tutti: tra le firme una sola mi stupisce: Jean-Paul Fitoussi. Sono fuori dal mondo? O stupisce anche qualche altro lettore?

    Saluti

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    1. Beh ma è nel consiglio di sorveglianza di ISP che possiamo aspettarci?

      Elimina
    2. Cercasi poltrona disperatamente

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  21. Mentre il professore, con il pretesto di pressanti carichi di lavoro, si dà al bel tempo in luoghi ameni, vorrei qui ricordare che si avvicinano le europee e l'Ue si affaccia proterva nella campagna elettorale. “Agire, reagire e decidere”, è lo slogan che caratterizza un allarmante video che la dice lunga sul livello di manipolazione delle coscienze e della percezione dell'esistente che impera a Bruxelles.

    Non so se abbiano visto il video, ma domenica scorsa gli ungheresi hanno deciso di stare fuori dall'Ue, e pur senza particolare entusiasmo, dal momento che ha votato solo il 62%, hanno riconfermato Viktor Orbán con il 46% dei voti (pari ai due terzi dei seggi). L'Alleanza democratica, un calderone simile all'attuale Pd, non è andata oltre il 25% dei voti, e c'è mancato poco che non fosse superata dall'estrema destra xenofoba e antisemita del partito Jobbik, che si è piazzato terzo, salendo dal 16,7% del 2010 al 21,4%. Va notato che qualora se ne presentasse l'occasione gli aderenti a Jobbik sono già pronti ad intervenire con tanto di divise, bandiere e tutto l'armamentario che generalmente prelude ad un periodo storico oscuro. Qui, ad esempio, li si possono osservare nell'esercizio delle loro funzioni, mentre marciano compatti in funzione anti-rom.
    Si verifica quindi un fenomeno curioso: più l'Ue cerca di fare proseliti e di apparire attraente, più le destre più becere e reazionarie avanzano ovunque in Europa. E sì che a Bruxelles spendono fior di milioni di euro per propagandare la propria immagine.
    Inutile aggiungere che di tale fenomeno al Pd non non si curano; sono strenuamente impegnati a combattere la “spesa pubblica improduttiva” e a celebrare le virtù di Renzi che, però, ne è del tutto sprovvisto. Quando in tv appare Renzi tolgo l'audio. Osservandone le espressioni che mutano con estrema velocità sul suo volto non particolarmente perspicace si comprende che con lui non andremo da nessuna parte.

    Negli ultimi due anni abbiamo avuto ben 3 governi. Uno peggio dell'altro. Non occorre la sfera di cristallo per immaginare che Renzi farà la fine dei due che lo hanno preceduto: celebrati come statisti indispensabili per la rinascita dell'Italia fino al momento in cui sono stati estromessi in quattro e quatr'otto dagli stessi che ne tessevano le lodi e che oggi fanno finta di non conoscerli.
    Senza contare che Renzi è di gran lunga più incapace dei suoi predecessori. Per colmare il gap tra l'effettiva percezione del fenomeno Renzi tra la popolazione e la propaganda che lo sostiene, Pagnoncelli si ostina a produrre sondaggi che vedono il gradimento del rignanese d'assalto attorno al 64%; gradimento che secondo Pagnoncelli arriva addirittura al 78% tra gli anziani.
    Lo stesso Pagnoncelli gratificava Monti di un gradimento al 62%.
    Poi Monti si presentò all'elettorato, non superò l'8% e oggi fanno tutti finta di non conoscerlo.

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  22. OT...
    Un mio caro amico, fra gli autori di Spinoza.it, nè ha scritta una veramente StraDAR! O forse tragiDAR.
    La casa di Antonio Gramsci, diventa un hotel di lusso. Sapreste riassumere meglio la storia del partito?

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    1. Posso raccontarti di meglio a livello europeo, caro Dino, per capire in tempo dove saremmo finiti. Mia moglie è (era) belga. Fine anni '70, comincia a insegnare ai corsi serali di promozione sociale per lavoratori. Ambiente non semplice, persone adulte, già lavoratori, che facevano i corsi essenzialmente per i vantaggi economici che ne derivavano. Ma insomma sempre di classe lavoratrice parliamo. Molto giovane, quella signorina fa l'apello e, per creare un clima più amichevole, si sofferma sul nome dello studente Marx. "Lei ha un nome importante" fa così per rompere il ghiaccio. Risposta: "madame, je m'appelle Marx, pas Mercx!". Diciamo che in parte lo capisco: Eddy è stato davvero un grandissimo

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    2. @Celso
      E' un aneddoto meraviglioso

      (e comunque fa il paio col commento dell'abbronzato al colosseo)

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    3. Il personale dell'Hotel Gramsci, tutto rigorosamente PD...

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  23. Intanto in bocca al lupo per il 12. Spero proprio che il convegno di a la giusta visibilità ad un impegno che sicuramente la merita.
    Anche se qui non c'entra niente, colgo l'occasione per esortare te ed i compagni di lettura di questo blog meritorio ad una riflessione sui toni; non è, sia chiaro, un problema di linguaggio. Grillo ha dimostrato che per carpire l’attenzione un vaffa fa miracoli.
    Mi riferisco invece ai toni da crociata che talvolta assume l’esposizione ( e relativi commenti).
    Sulla ormai famosa vicenda della disoccupazione “come nel 77”, ad esempio, che poteva benissimo essere dovuta ad un refuso o ad ignoranza del giornalista, si è scatenata una tempesta per quella che in fondo rimane una sciocchezza.
    E invece giù: capre! Giornalisti prezzolati! Informazione di regime! Ma vogliamo veramente sostenere che a Via Solferino (ah già… non stanno più lì) si riuniscono la mattina dicendo in CdR “diamogli questa notizia errata, così li terrorizziamo”? Mi sembra assai più verosimile che il giornalista sia uno che fa male il suo lavoro, ma da qui al complotto ce ne corre.
    Noto lo stesso spirito in tanti altri interventi. “I tedeschi hanno fatto questo per strozzare il resto dell’Europa”; “ i tedeschi hanno fatto quest’altro perché a loro conviene”, ecc. ecc.
    Ma “i Tedeschi” chi sono? Tutti direi di no, visto che sono qualche decina di milioni di persone. Allora sono i loro politici? Ma siamo proprio sicuri che si mettano periodicamente a tavolino programmando le azioni più proficue per l’assassinio economico di un continente? Sono gli imprenditori tedeschi? I quali avrebbero una simile consapevolezza scientifica in termini di economia monetaria da muoversi all’arrembaggio come un sol uomo compiendo ciò che favorisce il loro sistema produttivo a danno di quelli altrui?
    Non scherziamo. Chi sono (soprattutto certi ) politici ed imprenditori ce lo abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. E non credo che i loro siano tanto diversi dai nostri
    Ora, secondo me certe volte è più utile riportare le cose alla loro dimensione effettiva. Condivido in molti punti la tua analisi, ma sono convinto che continuare a gridare al complotto sia la maniera migliore di dequalificarla. Personalmente ritengo che non esista il Grande Vecchio, e che l’economia sia influenzata da tali e tanti fattori che pensare che essa sia sotto il dominio di un gruppo di pochi eletti sia una favoletta tanto falsa quanto dannosa.
    Inoltre, penso che l’analisi che fai di quel che è successo spieghi, appunto, quel che è successo, ma non dimostri necessariamente che qualcuno si è deliberatamente mosso in un certo modo per farlo succedere. Certo, qualche “Tedesco” particolarmente illuminato si sarà posto il problema se gli convenisse una moneta forte o una debole, e si sarà adoperato di conseguenza, ma pensare che si sia prefigurato uno scenario a vent’anni mi sembra azzardato; anche perché, visto che cominciano a soffrire pure loro, dovremmo concluderne che si sarebbe comunque fatto male i conti.
    Dove voglio arrivare? Al fatto che le conseguenze “necessarie” della pur pregevolissima analisi monetaria non sono poi così necessarie. L’uscita dall’euro sarebbe un bene? Sono quasi certo che tu abbia ragione, e lo hai dimostrato in maniera molto convincente. Usciremo dall’euro? Non sono così convinto. La Grecia è alla fame ed alla rivolta di piazza, quanto avrebbe da guadagnare, soltanto in termini di flussi turistici, un paese che potesse da un momento all’altro dimezzare i prezzi? Eppure ancora la tengono dentro…..
    Credo che l’uscita dall’euro ci sarà solo se e quando ci sarà una volontà politica in questo senso, ossia se qualcuno convincerà i politici (ed in più paesi, non in uno solo) che è un’azione vantaggiosa.
    Diversamente sarebbe meglio cominciare a pensare ad un piano B che tenga conto del fatto che questa moneta, purtroppo, ce la dovremo tenere.

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    1. Caro Fratini, tu leggi da poco questo blog, credo, e non hai avuto abbastanza umiltà da fare un sano lurking, o da leggere le istruzioni per l'uso, o anche semplicemente da leggere bene un singolo post da me scritto. Altrimenti ti vergogneresti, come dovresti fare, di farmi questa lezioncina da maestrina con la matitina blu. Da nessuna parte io ho detto quello che tu mi attribuisci per interposta persona, e se non sei un troll, o un completo imbecille, prima leggiti Anchluss di Vladimiro Guacché, poi torna a allietare il nostro blog con il tuo parere, che accoglieremo sempre volentieri, nella sua stolida supponenza, perché, come dice Maometto, la diversità delle opinioni umane è un segno della misericordia divina. E se non lo ha detto lui, lo dico io, perché mi servono almeno due righe onde tu possa leggere quello che scrivo fra di esse.

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    2. Premetto che:
      - non sono un troll, mi firmo non a caso con nome e cognome;
      - il blog lo seguo da gennaio e mi sto leggendo tutto il pregresso (sono a fine 2012; certi interventi richiedono un po’ di concentrazione ).
      Però hai proprio frainteso il senso del mio intervento. Lungi da me l’idea di darti qualsivoglia lezione (il blog è tuo e giustamente ci scrivi quello che ti pare), l’intento era, al contrario, di segnalare che un modo tanto caustico di affrontare la questione euro (dando del cretino o dell’incompetente a buona parte del resto del mondo con una certa facilità, strada lungo la quale i tuoi lettori ti seguono volentieri) rischia di danneggiare un lavoro di analisi che, ti ripeto, continuo a ritenere meritorio. Non era quindi una lezioncina moraleggiante, solo un suggerimento; libero, com’è ovvio, di non tenerne alcun conto.
      Se per lezione intendevi invece il fatto che ti avrei attribuito affermazioni sulla volontà della Germania, devo invece aver capito male quello che hai scritto ad esempio il 27/2/2012 sulle deliberate aggressioni (verso la fine del post). Colpa mia, evidentemente.
      Ti saluto con stima immutata.

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    3. @andrea

      Riprendi una intervista di Vincenzo Visco al FQ (2012/05/13), penso che tu possa trovare tutte le risposte: sai lui era lì a lavorare alacremente, per farci precipitare in questa trappola mortale.

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  24. Un ripassino ogni tanto male non fa.
    http://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/1845-alberto-bagnai-crisi-finanziaria-e-governo-delleconomia.html

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  25. Bellissima la puntata del blog di ieri, e l'articolo su Fatto di oggi, per non parlare del fulmineo tweet di risposta a Zucconi... ma soprattutto, prof, continuo ad ascoltare e riascoltare quel brano meraviglioso di Pablo Bruna (che non avevo mai sentito neanche nominare) e forse è la cosa di gran lunga più meravigliosa di tutte. Quando il flauto entra e poi dopo quando verso la fine dialoga col cembalo... è veramente una delle cose più belle che abbia mai ascoltato. Non saprei dire altro che grazie, è veramente un privilegio poter condividere cose così belle.

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  26. Non so perché in queste settimane mi interesso a Pompei (anzi lo so ma è OT) e uno dei graffiti mi ha colpito più di tutti:
    Hic sumus felices
    Mi piacerebbe tanto che l'Italia tornasse in quello stato di tumultuosa ed ingenua felicità, cosi' lontana dalle tribolazioni odierne. La cosa che fa più tristezza è che tutto questo era evitabile e avremmo le potenzialità per primeggiare nel mondo.

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  27. E' la terza volta che provo ad inserire un commento. A pagina 11 del Fatto mi ha sorpreso l'articolo sul FC. Ho avuto l'impressione che non avevano come riempire la pagina....

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  28. va bene vi assicuro che non è uno scherzo: Salvini con una felpa con scritta ROMA oggi ha inaugurato una (anzi "la") sede romana della Lega Nord

    http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/04/09/lega-salvini-inaugura-sede-a-roma-tra-romanisti-e-pariolini/273852/

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  29. scusate, dimenticavo la cosa più importante: Salvini e i simpatizzanti avrebbero raccolto firme contro l'euro ...

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  30. Nei grandi appuntamenti si va in ritiro lontano da tutto e da tutti per recuperare energie pronti a giocare fino in fondo un ruolo che ormai è da leader (conquistato, meritato e riconosciuto) e soprattutto una battaglia perchè (non scordiamocelo) siamo in guerra senza ormai esclusione di colpi. Una volta si diceva ma dove sono gli intellettuali? Oggi bisogna dire:popolo a questo punto tocca a te, alibi non ce ne sono più.
    P.s. Sbaglio o quello squarcio dal castello assomiglia tanto ad un posticino di nome Spoltore ?

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