mercoledì 28 novembre 2012

Quando c'è la salute c'è tutto...

(Non vi sarà sfuggito, vero? L'hidalgo de la Sierra, proprio lui, il valvassino poco a suo agio con l'aritmetica e con la dinamica del debito, ha avanzato ieri l'idea che il servizio sanitario nazionale potrebbe non essere sostenibile, e che, caso strano, potrebbero occorrere capitali privati, e in particolare, indovinate un po'... investimenti esteri, da generare attraverso investimenti in ricerca. Un discorso sconclusionato del quale si capiva benissimo dove volesse andare a parare, tant'è che perfino la 'zdora, nel solito macabro giochino delle parti, si è adontata: "Io sul tema di tenere un sistema universalistico nella sanità non mollo"... Ecco, brava, non mollare... Soprattutto, che la manica rimboccata non cali, non sia mai! La tua immagine di leader pragmatico ne riceverebbe un colpo immedicabile. E del resto, fra un po' ti toccherà far la spesa con la carriola, utensile che, notoriamente, mal si sposa coi gemelli da polso...
 
Segue naturalmente smentita di Balduzzi: "Abbiamo scherzato". 

Due considerazioni.

La prima è che, come ho cercato di far capire a "L'Ultima Parola" - ma forse sono stato poco efficace - questo tipo di gaffes, come quelle della Fornero, non sono manifestazione di spocchia o ingenuità comunicative, oh no no no, tutt'altro, tutt'altrissimo! Sono invece ben precise, scientifiche, strategie comunicative mirate. Si comincia a far entrare nella testa della gente l'idea che si vuole far attecchire, col principio della vaccinazione. C'è la prima dose, che magari fa venire una piccola reazione allergica - la 'zdora si adonta - poi ce ne sarà una seconda, una terza, magari aiutate da un piccolo innalzamento dello spread... E la pillola va giù... ma a pagamento!

La seconda è che questo è l'ennesimo quod erat demonstrandum. Il valvassino vuole vendere il nostro paese pezzo per pezzo. E la sanità privatizzata offre ghiotte opportunità per i capitali esteri. Lui dice che sarebbero attirati, questi capitali, dalle nostre politiche di ricerca e di sviluppo - sottinteso: se faremo i bravi, se faremo le politiche giuste, saremo premiati... dalla vendita delle nostre aziende! Andate a dire a un imprenditore che se fa un brevetto deve vendere la sua azienda! Geniale, nemmeno il pezzo di Totò davanti alla fontana di Trevi raggiunge questa comicità. Il problema è un altro. Il problema è che all'estero la nostra sanità pubblica interessa perché molta ricerca, noi, l'abbiamo già fatta, e il nostro sistema non è così disastrato e insostenibile come il Governo vuole far credere. Anzi. Ci sono note eccellenze mondiali, strutture che funzionano, e che possono, se privatizzate, fare bei profitti, da rimpatriare all'estero aggravando la voce "redditi netti" delle partite correnti.

Siccome qualcuno che non ci crede in giro si trova, qualcuno che pensa che la nostra sanità sia da tagliare, da amputare in toto, per consentirvi una valutazione spassionata ed informata riposto qui un utilissimo lavoro di Stefania Gabriele. La ringrazio per avermi dato questa opportunità. Alcuni di voi lo conosceranno, perché è stato pubblicato in Oltre l'austerità. Ho pensato che un ripasso non fosse inutile. Enjoy irresponsibly!)





Politiche recessive e servizi universali: il caso della sanità
Stefania Gabriele
Le politiche di austerità, imposte per adeguarsi ai vincoli europei e per corteggiare la fiducia dei mercati, vengono presentate spesso come misure di “riordino”, di riduzione degli sprechi, di razionalizzazione. Non vi sarebbe dunque alcun dubbio sulla loro utilità e condivisibilità, eccettuate le reazioni contrarie delle categorie di volta in volta colpite, le quali peraltro non farebbero che difendere interessi particolari. La retorica della “spending review” è proprio questa: il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri del 5/7/2012 afferma che “La riduzione della spesa non incide in alcun modo sulla quantità di servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni a favore dei cittadini ma mira a migliorarne la qualità e l’efficienza”[1]. Difficile capire come possa migliorare la qualità se le risorse risparmiate non sono reinvestite nello stesso settore. Forse si confida molto nella capacità di ottimizzare la regolamentazione attraverso provvedimenti adottati in fretta e in emergenza.
Impostazioni di questo tipo vanno analizzate con attenzione, perché nel proporle spesso si mescolano intenzioni diverse: la denuncia di inefficienze e corruzione, ma anche l’obiettivo di ridimensionare il perimetro dell’intervento pubblico, il preconcetto sulla maggiore efficienza - e supposta migliore qualità - dei servizi privati, a volte gli interessi di chi gestisce questi ultimi.
In ogni caso il rischio che si corre è che vengano eliminati alcuni servizi pubblici essenziali o che ne venga messa in discussione l’universalità; quando le fasce medio-alte sono estromesse dal servizio pubblico, poi, diventa difficile finanziarlo e mantenerne la qualità.
Un approfondimento sugli effetti delle recenti manovre nel settore della sanità – a partire da alcune caratteristiche basilari del SSN (Servizio Sanitario Nazionale) - può essere utile a comprendere le possibili conseguenze concrete delle politiche in atto.

1.      La spesa per la sanità
In Italia, è quasi un luogo comune che SSN sia sinonimo di deficit, sforamenti, sprechi. E’ vero che il sistema sanitario pubblico ha avuto problemi di controllo della spesa fin dalla sua istituzione (L.83/1978), con sistematici sfondamenti (in media del 10% tra il 1980 e il 1992), le cui cause sono state individuate essenzialmente nella discrasia tra responsabilità del finanziamento (centrale) e della spesa (regioni), in un sistema universalistico e comprensivo basato sui diritti (garantiti dalla Costituzione), caratterizzato da un  forte dislivello territoriale[2]. Paradossalmente tuttavia, mentre sul palcoscenico del SSN si sono visti rappresentati gli infiniti atti del “dramma” del deficit sanitario, con accuse reciproche e alleanze variabili tra personaggi e interpreti (i livelli di governo, le regioni, gli erogatori delle prestazioni, i pazienti, i sindacati), le risorse pubbliche complessive allocate alla sanità non sono mai state elevate. La figura 1 mostra come la spesa, sia pubblica (7,4%) sia totale (9,5%), sia inferiore in Italia rispetto alla Germania, alla Francia, ma anche al Regno Unito. Si osservi che gli Stati Uniti, che hanno un sistema privato, allocano il 17,4% del proprio PIL ai servizi sanitari, e che oltreoceano la stessa componente pubblica della spesa è superiore a quella italiana, malgrado i 47 milioni di americani privi di qualunque copertura sanitaria[3]. Da tempo si è evidenziato peraltro come i sistemi sanitari privati siano più costosi di quelli pubblici[4].



Anche in termini pro-capite il nostro Paese presenta esborsi contenuti (Figura 2). Soffermandosi sulle uscite pubbliche correnti, osserviamo che la Germania spende un terzo più di noi, gli Stati Uniti il 57% in più. Possiamo inoltre ricordare che la Grecia – sulla cui attuale, sconfortante situazione sanitaria torneremo più oltre -, nel 2007 (ultimo dato disponibile), spendeva il 22% meno dell’Italia, il 41% meno della Germania.
Gli allarmi sull’andamento della spesa sanitaria appaiono tanto meno condivisibili alla luce degli sviluppi degli ultimi anni, di cui conviene ripercorrere rapidamente le tappe.



2.      La governance del SSN nel XXI secolo
Negli  anni 2000 (a partire dal decreto-legge n. 347/2001, attuativo dell’Accordo Stato Regioni dell’8 agosto 2001) la governance del SSN si è svolta attraverso un impegnativo processo di negoziazione tra il governo centrale e le regioni, in uno sforzo di individuare le responsabilità reciproche, di migliorare il controllo sulla spesa e la disponibilità e coerenza delle informazioni sui flussi finanziari e sui livelli di assistenza erogati. La normativa che ne è scaturita, volta a regolare il SSN, il monitoraggio dei progressi nella gestione dei servizi regionali e i rapporti tra regioni e governo centrale, è molto complessa e dettagliata. Per menzionare solo i passaggi più importanti, si ricorda che con l’Intesa del 23 marzo 2005 le regioni deficitarie sono state obbligate a definire un piano di rientro e ad applicare una serie di misure, contrattate col governo, per rimettere in equilibrio i conti. Negli anni successivi circa metà delle regioni è stata sottoposta a piano di rientro. E’ stata poi introdotta la possibilità di commissariamento in caso di mancata predisposizione e attuazione del piano (viene nominato Commissario ad acta[5] il Presidente della regione,  eventualmente affiancato da uno o più sub-commissari). All’obbligo del piano di rientro si sono inoltre aggiunti altri meccanismi sanzionatori/correttivi: aumenti automatici dell’addizionale IRPEF e dell’aliquota IRAP, blocco del turn over del personale, divieto di effettuare spese non obbligatorie per un biennio, e in alcuni casi sospensione dei trasferimenti erariali non a carattere obbligatorio e decadenza dei direttori generali. Oggi poi, se il piano di rientro non è attuato, può intervenire il Consiglio dei ministri con poteri sostitutivi e scatta un ulteriore aumento delle aliquote[6].
Nel tempo tutto questo processo[7], che nasceva come attuazione del decentramento/federalismo in un settore particolarmente delicato[8], si è trasformato in un meccanismo di controllo sempre più stretto del governo centrale sulle regioni – in particolare quelle deficitarie – per monitorarne i progressi dal punto di vista finanziario e, da ultimo, anche da quello dell’effettiva garanzia dei LEA (livelli essenziali di assistenza)[9]. Anche l’operazione di introduzione del federalismo fiscale può essere letta in questa chiave[10]. Si è parlato molto di costi standard per il finanziamento delle spese degli enti territoriali, ma il decreto attuativo della legge delega 42/2009 (sul federalismo fiscale) ha in realtà sostanzialmente confermato il meccanismo in atto di fissazione e ripartizione delle risorse. La determinazione di queste ultime rappresenta una decisione politica assunta in base al quadro macroeconomico complessivo, ai vincoli di finanza pubblica e agli obblighi europei, sia pure d’intesa con le regioni.  La coerenza con il fabbisogno che discende dai LEA si traduce essenzialmente nell’assicurare un finanziamento pro-capite ponderato[11] uniforme a tutte le regioni.
Intanto si va avanti con i piani di rientro. Questi contengono una serie di misure che in passato erano state già adottate, in larga misura, dalle regioni con i conti in ordine. Vale la pena di ricordare alcuni di questi provvedimenti, per evidenziarne la rilevanza: definizione dei requisiti minimi delle strutture pubbliche e private che erogano servizi sanitari, accreditamento dei soggetti per divenire erogatori del SSN, stipula di contratti con i fornitori (con budget o tetti di spesa), riorganizzazione della rete ospedaliera con chiusura dei piccoli ospedali e riduzione dei posti letto, in particolare per acuti, ristrutturazione dell’assistenza territoriale, revisione e centralizzazione delle procedure per l’acquisto di beni e servizi, interventi sulla gestione del personale, interventi sulla spesa farmaceutica[12], accorpamenti di ASL, miglioramento della trasparenza delle scritture contabili, controlli sull’appropriatezza delle terapie, piani socio-sanitari, riorganizzazione delle reti di erogazione e cura. Si tratta dunque di interventi di ampia portata, alcuni sicuramente “draconiani” (si pensi a quelli sul personale, che pure in alcuni casi contrastano una gestione troppo negligente del passato) e controversi (come la soppressione dei piccoli ospedali),  altri rivolti a contenere le pretese degli erogatori privati e a migliorare il rapporto costo-efficacia, alcuni anche mirati a riqualificare il servizio, spostando le prestazioni dall’ospedale al territorio, dal trattamento dell’acuzie al socio-sanitario, riorganizzando la gestione.
Dal punto di vista del controllo della spesa tutto il processo descritto ha assicurato significativi  risultati: il disavanzo, pari al 5,1% del finanziamento nel periodo 2001-2005 (lo 0,31% del Pil), è calato fino al 3% nel biennio 2008-9 e all’1,6% nel 2011 (Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2011). Il Lazio ha ridotto disavanzo del 47% nel 2011 rispetto al 2007, la Campania del 71%, la Sicilia dell’83%, la Puglia del 62%.
Lo scorso anno la spesa sanitaria (pari a 112.889 milioni, sostanzialmente costante in valore assoluto rispetto al 2010 al netto di cambiamenti nel metodo di contabilizzazione di alcune voci) è calata di un decimo di punto di PIL (al 7,1%). Il disavanzo nel 2011 si è fermato a 1,8 miliardi di euro (contro 2,2 nel 2010); le perdite (riscontrate in Liguria, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) sono state pari a 1,9 miliardi di euro.
La Corte dei Conti, nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, ha fatto notare che il risultato è stato migliore delle attese per oltre 2,9 miliardi rispetto al pre-consuntivo indicato nella Relazione al Parlamento del dicembre scorso. Inoltre, il miglioramento ha riguardato per lo più le regioni tradizionalmente più in difficoltà: per quelle con piano di rientro il disavanzo si è ridotto quasi del 37% (a 1,2 miliardi), e solo la Calabria si è mossa nella direzione opposta, mentre per le altre si è avuto un peggioramento del 2,5%.
Di fronte a questi risultati, appare condivisibile quanto affermato dalla Corte dei Conti nel rapporto sopra citato: “E’ indubitabile, tuttavia, che quella sperimentata in questi anni dal settore sanitario rappresenti l’esperienza più avanzata e più completa di quello che dovrebbe essere un processo di revisione della spesa”. Eppure a quanto pare tutto questo non basta. Prima di esaminare le manovre che si sono abbattute su un sistema già sotto pressione, vale la pena di soffermarsi un poco sugli aspetti relativi alla qualità del SSN.

3.      La qualità del SSN
Riprendendo alcuni indicatori riportati in un fiero intervento a difesa del SSN (Mapelli, 2012), ricordiamo che in Italia la speranza di vita è pari a 81,8 anni (la più alta nel mondo dopo il Giappone e la Svizzera), il tasso di mortalità standardizzato si ferma a 483,3 per 10mila abitanti, ed è uno dei più bassi (4° posto nel mondo). E’ vero che su queste evidenze il sistema sanitario incide in misura minore, in quanto contano molti altri fattori ambientali e sociali, le abitudini alimentari e i comportamenti. Tuttavia va aggiunto che la speranza di vita in assenza di disabilità in Italia arriva a 74 anni (3° posto nel mondo), che gli anni di vita persi per morte prematura o svalutati per la disabilità sono pari a 8.985 per 100mila abitanti (2° posto) e che la mortalità attribuibile al sistema sanitario è di 65 decessi evitabili per 100mila abitanti (3° posto; la Germania si colloca al 16°, il Regno Unito al 19°; gli Stati Uniti al 24°). Gli ultimi indicatori offrono evidentemente alcuni indizi interessanti sulla qualità del SSN, anche se non bisogna sopravvalutarne il significato, dal momento che i dati utilizzati per calcolarli possono non essere del tutto affidabili e comunque è necessaria molta prudenza nell’interpretazione, soprattutto se si intende valutare le performances relative dei diversi sistemi di cure. Tuttavia le rilevazioni oggettive mostrano un quadro migliore di quello che spesso emerge dalle indagini sulla soddisfazione, di solito bassa, ma più alta tra chi ha fatto uso dei servizi ospedalieri (soprattutto per servizi medici e infermieristici, con l’88% degli intervistati molto o abbastanza soddisfatti, contro il 68% per il vitto e il 78% per i servizi igienici). In ogni caso l’85% degli italiani dichiara di non volere un sistema sanitario diverso dal SSN.
Quando il Rapporto dell’OMS del 2000 classificò il SSN al secondo posto nel mondo, il National Health Service del Regno Unito al 18°, e il  sistema degli Stati Uniti al 37°, ampio fu lo scetticismo da parte degli anglosassoni, ma anche degli osservatori italiani. Eppure non c’è stato, nel nostro Paese, lo stesso scetticismo sui risultati del PISA, l’indagine OCSE sulle competenze degli studenti quindicenni (che colloca l’Italia al 22° posto per la lettura, al 25° per la matematica e al 26° per le scienze), risultati che andrebbero considerati invece con molta prudenza. Di PISA si è fatto invece largo uso per riproporre il tormentone sull’ «emergenza educativa» e la necessità della «riforma» della scuola, tradottasi poi soprattutto in tagli di risorse e di insegnanti e riduzione del tempo scuola.
Con tutto questo non si intende sottovalutare i problemi del SSN, un sistema che da sempre è «a macchie di leopardo», con enormi differenze a livello territoriale nelle strutture, nei servizi forniti, nelle capacità amministrative (ma anche con ampi divari qualitativi nell’ambito della stessa regione e, a volte, dello stesso ospedale). Per farsi un’idea basta guardare alcuni indicatori prodotti nell’ambito del monitoraggio dei LEA ( Ministero della salute, 2011): il tasso di ospedalizzazione oscilla tra il 149/1000 in Toscana e il 224/1000 in Campania; i parti cesarei rappresentano circa il 30% del totale al nord, ma arrivano al 62% in Campania; il trattamento tempestivo della frattura femore viene garantito in più della metà dei casi nelle Marche e in Toscana, in poco più del 20% nel Lazio, in Campania e in Sicilia; i test di screening delle patologie oncologiche interessano il 15% della  popolazione in Toscana, appena l’1% in Liguria, Sicilia e Sardegna; la quota di ultrasettantacinquenni che ottiene l’assistenza domiciliare integrata è pari al 14% in Emilia Romagna, all’1,3% in Calabria.
Inoltre, i casi di sprechi e inappropriatezza sono diffusi, non sempre gli enti gestori appaiono in grado di resistere alle pressioni degli erogatori, se non della criminalità organizzata (e questo non solo nel Mezzogiorno, stando a quanto sta emergendo da recenti indagini della magistratura, compresa l’antimafia), la contabilità manca a volte di trasparenza: la Corte dei Conti riporta la presenza di «frequenti episodi di corruzione a danno della collettività denunciati nel settore», «malaffare» e osserva che in Calabria, ad esempio, a fronte di 1,5 miliardi di debito pregresso attestato sono emersi più di 0,7 miliardi di insussistenze, voci da approfondire e «non riconciliate» e in Campania sono presenti nel debito partite da regolarizzare.
In questa complessa situazione si innestano i tagli della spesa pubblica sanitaria decisi per sottostare ai vincoli europei.

4.      Le manovre di rientro
Con la manovra del luglio 2011 (decreto 98/2011) sono stati pianificati 2,5 e 5,45 miliardi di risparmi rispettivamente per il 2013 e il 2014, da realizzare attraverso misure da definire in accordo con le regioni. In assenza di accordo sono previsti aumenti della compartecipazione alla spesa e tagli automatici in relazione alla farmaceutica (che si sovrappongono a quelli del decreto 78/201, pari a 600 milioni[13]) e agli acquisti di beni e servizi, di dispositivi medici e di prestazioni (con l’introduzione di un prezzo di riferimento). Inoltre, il decreto ha prorogato precedenti misure di contenimento della spesa per il personale; queste si addizionano al blocco dei contratti collettivi nazionali per il 2010/2012, che ha garantito 1,1 miliardi di risparmi su base annua (decreto 78/2010). Ancora, è stato introdotto il ticket di 10 euro per ricetta su visite ed esami specialistici (800 milioni a regime).
Il decreto legge 95/2012 del 6 luglio scorso tocca il SSN con riduzioni di spesa per quasi 1 miliardo di euro nel 2012 e circa 2 miliardi annui dal 2013[14]. I risparmi dovrebbero essere realizzati in buona misura rivedendo al ribasso la spesa e i contratti per acquisto di beni e servizi, dispositivi medici, prestazioni acquisite dai privati accreditati e rivedendo lo sconto a carico delle farmacie; si interviene ancora sui tetti di spesa e sulle procedure di acquisto, mentre saranno determinate centralmente le tariffe massime per le strutture accreditate. Inoltre viene ridefinito lo standard di posti letto (per il 40% a carico delle strutture pubbliche) e sono prorogate fino al 2015 le misure di contenimento della spesa per il personale. I più colpiti dall’ultima manovra sembrerebbero essere i fornitori delle prestazioni, che subiranno revisioni dei contratti (sono ammessi addirittura recessi in deroga al codice civile nel caso di prezzi superiori del 20% a quello individuato come riferimento) e un ridimensionamento del fatturato, mentre la filiera del farmaco dovrà assicurare ulteriori sconti e cambieranno i meccanismi di rimborso degli sforamenti. Tuttavia, il testo del decreto richiede per il 2012 una riduzione del 5% degli importi e delle connesse prestazioni previsti nei contratti di fornitura di beni e servizi, nonché degli importi e dei volumi delle prestazioni specialistiche e ospedaliere acquistate da privati accreditati. Appare molto probabile che la ricontrattazione e i tagli debbano sacrificare anche le quantità, e dunque i servizi forniti. La reazione, molto negativa, delle regioni di fronte a questa manovra è motivata peraltro anche dal fatto che le misure sembrano esplicarsi in molti casi, di fatto, in tagli lineari, che applicano le stesse regole a tutti i tipi di contratto e a tutte le regioni, come se non fosse in atto da tempo un processo faticoso e non uniforme di progressivo aumento dell’efficienza. Per questo probabilmente è stato disposto che le misure possano essere riviste, a parità di effetti sul bilancio, attraverso la stipula del nuovo Patto per la salute 2013-15 entro il 31 luglio 2012. Tuttavia il tempo è poco e i risparmi da realizzare non irrilevanti: complessivamente, tutte le manovre ridurranno la spesa a regime in base annua di circa 10 miliardi.
E’ possibile che tutti questi interventi si traducano veramente in riduzioni di sprechi e aumento dell’efficienza, senza mettere in discussione l’accesso fisico ed economico dei cittadini alle cure?

5.      Gli effetti delle manovre.
In ogni caso ci vorrà del tempo perché tutte le manovre adottate o programmate esplichino i loro effetti. Questi peraltro si sovrapporranno a quelli dovuti alla crisi economica. Seguendo France,  Gabriele e Neri (2012), proviamo a ipotizzare quanto serie potranno essere le conseguenze dei tagli e della recessione.
In primo luogo si osserva che, stando alla letteratura disponibile, tra livello del PIL e stato di salute della popolazione nei diversi paesi esiste sicuramente una relazione diretta (la cosiddetta curva di Preston), ma i rapporti di causalità sono incerti, e potrebbero essere altri fattori a spingere entrambe le variabili, ad esempio la qualità delle istituzioni; inoltre la relazione per i paesi sviluppati è debole, forse perché dopo la transizione demografica ed epidemiologica dalle malattie infettive e contagiose a quelle cronico-degenerative non sono programmi, come le vaccinazioni, di ampia portata e di basso costo a migliorare la salute, ma gli investimenti, spesso costosi, per migliorare la qualità di vita delle persone anziane. Comunque, la relazione tra variazione del reddito e dello stato di salute nel tempo è incerta, e anche se c’è condivisione sui risultati degli studi individuali che verificano come la mortalità sia maggiore tra i disoccupati e individuano lo status socio-economico come una delle determinanti dello stato di salute, la questione degli effetti aggregati durante le recessioni è molto più controversa - anche se probabilmente alcuni gruppi di popolazione (soprattutto le fasce più disagiate) sono più esposti.
Guardando ad alcune esperienze concrete, emerge infatti che le cose non sono andate sempre allo stesso modo (Unicef – ICDC, 1994). Ad esempio, tra i paesi in transizione dal socialismo reale all’economia di mercato si sono avuti fenomeni diversi: in alcuni (come Russia, Estonia, Lituania) si è verificato addirittura un cambiamento delle tendenze demografiche, con un aumento del tasso di mortalità, una riduzione della fertilità e della contrazione di matrimoni, mentre in altri i problemi sono stati molto meno drammatici (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) e duraturi (Golinowsaka et al., 2006). Anche il caso degli Stati Uniti durante la Grande Depressione  (Unicef-ICDC, 1994) è stato meno grave di quanto ci si potrebbe aspettare: il tasso di mortalità ha continuato sostanzialmente a migliorare - tranne che per gli uomini nella fascia 55-64 anni, tra cui si sono verificati omicidi, suicidi, ulcere, distruzione delle famiglie e crollo dell’autostima -, anche se poi è aumentato nel periodo immediatamente successivo (1933-36). Mentre in quest’ultimo caso avrebbero influito positivamente le condizioni epidemiologiche e tecnologiche, con la diffusione di alcuni antibiotici e di altre innovazioni (e secondo alcuni anche il proibizionismo), per un paese come la Russia nella fase della transizione, oltre all’incremento della disoccupazione e della povertà, all’aumento dell’alcolismo e al degrado dei servizi sanitari, sarebbe stato esiziale l’aumento dello stress psicologico, legato a sua volta anche agli stravolgimenti istituzionali che si sono verificati.
Le notizie che giungono dalla Grecia non sono rassicuranti (si veda France e Gabriele, 2012): per ricordare solo qualche dato, si stanno verificando forti tagli ai bilanci degli ospedali (40%), proprio mentre aumentano i ricoveri nel settore pubblico e diminuiscono nel privato; aumenta l’uso, da parte dei greci, delle street clinics gestite dalle NGOs, precedentemente utilizzate essenzialmente dagli immigrati (dal 3-4% prima della crisi al 30% in seguito); aumentano drasticamente i suicidi; si riscontrano  diffusi problemi di denutrizione tra i bambini e condizioni di vita malsane, ritorno del lavoro minorile.
Quanto all’Italia, le condizioni epidemiologiche (con il rapido invecchiamento) ed il livello della tecnologia non fanno sperare che i tagli di spesa possano essere ampiamente compensati da una più mirata allocazione delle risorse verso interventi ad ampia efficacia e poco costosi, come è successo durante la grande depressione negli Stati Uniti. Tuttavia, un aumento dell’appropriatezza e una riduzione degli sprechi sono possibili, come si è cercato di dimostrare sopra. La questione è se il processo di miglioramento del rapporto costo-efficacia dei servizi – già in corso da tempo, come si è visto - possa essere accelerato tanto quanto richiesto. Non si può non condividere lo sforzo di accrescere l’appropriatezza dei trattamenti, di ridurre la fascia di oscillazione dei prezzi di acquisto dei beni intermedi e delle prestazioni. Tuttavia, è difficile evitare l’impressione che interventi ulteriori rispetto ai percorsi di riequilibrio finanziario e garanzia dei livelli essenziali possano avere l’effetto del passaggio di un elefante in un negozio di cristalli. Le manovre preoccupano infatti sia per l’entità complessiva dei risparmi richiesti, sia per il rischio che l’emergenza porti ad agire in maniera grossolana, rispetto al lavoro di fino compiuto fino ad oggi nel settore. E comunque resta il fatto che le economie di spesa sarebbero desiderabili se le risorse recuperate fossero riallocate al settore, o fossero dirette ad ampliare quei servizi socio-sanitari di cui in Italia vi è grande carenza (Caruso e Dirindin, 2012); porle a riduzione del disavanzo, invece, oltre a impedire una vera riqualificazione delle prestazioni, produce effetti recessivi, colpendo i consumi pubblici (domanda da parte del SSN) ed eventualmente privati (attraverso gli aumenti delle compartecipazioni).
Vi sono poi gli aumenti delle compartecipazioni, che possono provocare problemi di equità e di accesso[15]. In particolare, il cosiddetto “superticket” sulla specialistica appare molto discutibile sia perché le quote a carico dei cittadini per questo comparto erano già piuttosto elevate[16] (e non tutti i soggetti economicamente deboli hanno diritto all’esenzione), sia perché la sua introduzione favorisce la fuoriuscita verso il privato, che in molti casi diventa più conveniente (Dirindin, 2011).
Secondo l’indagine EU-SILC (Eurostat, 2012) i bisogni insoddisfatti di visite mediche per barriere di accesso sono aumentati del 13% nel 2009 rispetto al 2007, per ridimensionarsi un poco nel 2010 (-5%), quando si è avuta una breve ripresa, mentre quelli motivati dal costo eccessivo hanno toccato l’8,9% nel 2008 nel primo quintile di reddito (il 20% di famiglie più povere), per calare poi al 7,2%.
Per quanto riguarda l’accesso fisico, va ricordato inoltre che il monitoraggio dei LEA mostra un peggioramento nel 2009/2010, con sei regioni che risultano inadempienti nel 2010 (Molise, Lazio, Sicilia, Calabria, Campania, Puglia), contro tre nel 2008 (si veda Corte dei Conti). Si osservi che le sei regioni inadempienti con riguardo ai LEA sono tutte in piano di rientro, e nel 2011 hanno presentato tutte un disavanzo. In parte i tagli richiesti dai piani, insieme alle manovre decise dal governo centrale, potrebbero aver contribuito a rendere più difficile la garanzia dei livelli di assistenza, considerando anche che alcune regioni hanno minore facilità ad integrare il finanziamento centrale con fondi propri, perché sperimentano peggiori condizioni economiche. Tuttavia è anche vero che spesso le carenze gestionali provocano difficoltà sia dal lato del controllo dei costi, sia da quello dell’erogazione delle prestazioni.
L’impatto della recessione e dei tagli al servizio pubblico diventa devastante, come mostrano gli esempi sopra riportati, quando si verifica un forte aumento dello stress sociale; quest’ultimo, a sua volta, aumenta significativamente quando viene messo in discussione nel suo complesso lo stato sociale e, ancor più, se si dubita anche della tenuta del sistema istituzionale.
In Italia, in particolare, il SSN ha svolto in passato un ruolo di “collante” dell’unità nazionale (France, 2001), per il suo carattere di servizio essenziale da difendere ad ogni costo, e questa è tra l’altro una delle ragioni per cui sino ad ora è stato difficile operare forti tagli alla sanità. Pertanto se si percepisse una messa in discussione generale del SSN l’inquietudine e l’insoddisfazione sociale potrebbero accrescersi. L’aumento del rischio sociale è evidente in Grecia, ma sta emergendo prepotentemente anche in Italia, a seguito della maggiore incertezza, dovuta a sua volta all’aumento della disoccupazione, all’accresciuto numero di fallimenti di imprese, all’introduzione di maggiore flessibilità del lavoro, ai tagli alla previdenza e all’assistenza, e in definitiva all’aumento della probabilità di attraversare periodi di vita durante i quali non viene percepito un reddito. Un segnale preoccupante, anche se ancora non precisamente quantificabile, è l’intensità dei suicidi riportati dalle cronache, dovuti a problemi di disoccupazione, fallimento, indebitamento.
Da ultimo, si è visto che le condizioni sanitarie della popolazione in altri Paesi hanno risentito gravemente di terremoti politico-istituzionali. Da questo punto di vista, in primo luogo va osservato che il continuo rafforzamento delle politiche di rientro dal debito e dei vincoli europei rende sempre più difficili i rapporti intergovernativi, con possibile interruzione del processo negoziale e deresponsabilizzazione degli enti decentrati di spesa, continuamente posti di fronte a tagli non sempre coerenti e premiali rispetto agli sforzi già attuati.
Ma soprattutto si deve considerare che sempre più le politiche europee[17] contribuiscono a mettere in discussione il “diritto al bilancio”[18], espressione dell’indipendenza di un paese, conquista essenziale di ogni regime democratico. A meno che tale diritto non venga ripristinato a livello federale in un’Europa davvero politicamente unita, non si può scontare che questa operazione sarà senza conseguenze. Si tratta infatti di scardinare alcuni aspetti fondamentali del nostro sistema, conquistati da molto tempo[19]. Tutto questo mette in serio pericolo la tenuta complessiva delle istituzioni[20], rischiando di precipitare il nostro Paese in una situazione di “smarrimento” sociale, politico e istituzionale.

Bibliografia
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Golinowska S., Sowa A., Topòr-Madry R. (2006), “Health Status and Health Care Systems in Central & Eastern European Contries”, ENEPRI Research Report n. 31, available at http://www.enepri.org .
Nitti F. S. (1907), Scienza delle Finanze, Napoli, L. Pierro.
Pivetti M. (2011), Le strategie dell’integrazione europea e il loro impatto sull’Italia, in Paggi L. (a cura di), Un’altra Italia in un’altra Europa, Roma, Carocci editore.
Unicef-ICDC (1994), “Crisis in mortality, health and nutrition”, Economies in Transition Studies, Regional Monitoring Report, n. 2, August, Unicef-ICDC (International Child Development Center),  Florence.
Von Hagen J. e I. Harden (1994), “National Budget Processes and Fiscal Performance”, European
Economy Reports and Studies, n. 3.


[1] Anche se nel corso dell’Audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento Piero Giarda sulle iniziative in materia di spending review sono state elencate quattro categorie di intervento, via via più drastiche: l’eliminazione degli sprechi, le innovazioni di natura organizzativa, gli interventi «marginali» sui confini del settore pubblico, le misure che attaccano i confini del settore pubblico in modo radicale. Il decreto legge recentemente approvato è titolato “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”. Forse il peggio deve ancora venire.
[2]Si veda France e Taroni (2005) per maggiori approfondimenti.
[3] Questo spiega in parte le ragioni della riforma del sistema sanitario degli Sati Uniti (su tale riforma si veda Granaglia, 2009).
[4]Si veda ad esempio Commissione europea (1993), Donzelli, 1996.
[5] Il Commissario ad acta ha poteri diversi dal presidente della regione e non risponde davanti alla giunta e al consiglio regionale.
[6] D’altro canto, per aiutare le regioni in difficoltà è stata introdotta la possibilità di usare le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate per coprire debito sanitario, nonché di ottenere anticipi e di coprire il disavanzo con risorse di bilancio regionali, mentre sono impedite per il 2012  le azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie e ospedaliere.
[7] Passato per un gran numero di patti e accordi tra governo e regioni, fino all’ultimo del 3 dicembre 2009.
[8] Delicato perché la tutela della salute è un diritto essenziale, garantito dalla Costituzione, e perché la spesa sanitaria rappresenta più del 70% della spesa delle regioni, dunque la questione investe pesantemente il nodo dei rapporti intergovernativi.
[9] La riforma costituzionale ha attribuito una competenza legislativa concorrente a stato e regioni in materia sanitaria. Allo stato spetta la determinazione dei principi fondamentali e dei LEA da garantire in tutto il paese, attraverso un meccanismo di equalizzazione delle risorse. I LEA in campo sanitario sono stati definiti nel 2001 in termini di un elenco di prestazioni (si veda France, Taroni, Donatini, 2005 per maggiori dettagli).
[10] L’enfasi sui costi delle tre migliori regioni (per qualità, appropriatezza ed efficienza), indicate come regioni “di riferimento”, resta un esercizio retorico, dal momento che nelle formule di riparto questo elemento non gioca in definitiva alcun ruolo. Si veda ad esempio Pisauro, 2010.
[11] In effetti, già da tempo per la sanità era stato superato, almeno formalmente, il criterio della spesa storica in favore di un finanziamento pro-capite ponderato (principalmente con i fattori demografici).
[12] Una gestione più attenta degli acquisti di farmaci, la distribuzione diretta da parte delle ASL o delle farmacie convenzionate attraverso appositi accordi, la regolamentazione della distribuzione, l’aumento delle compartecipazioni (secondo Federfarma, queste ultime sono aumentate di circa il 40% nel 2011, tanto da coprire il 10,7% della spesa, il 14% in alcune regioni).
[13] Il decreto legge 78/2010 ha disposto misure concernenti la  revisione dei tetti di spesa, la riduzione delle quote di spettanza della distribuzione, il prezzo massimo di rimborso per i farmaci equivalenti, le verifiche sull’appropriatezza, lo spostamento dalla farmaceutica ospedaliera a quella territoriale. Il decreto 98/2011 prevede revisione dei tetti e copertura degli sforamenti dei massimali a carico delle imprese.
[14] Il decreto legge 201/2011, emanato nel dicembre scorso, aveva accresciuto l’addizionale IRPEF (da 0,9 a 1,23) per non anticipare al 2012 i tagli alla sanità previsti per il 2013. Il sopraggiungere del decreto 95/2012 dà l’idea dell’affanno con cui le manovre si susseguono e si sovrappongono.
[15] Prima della crisi, nel 2007, risultava (Ceis, 2010) che  l’1,4% delle famiglie si era impoverito a causa delle spese sanitarie out of pocket e che il 4,2% delle famiglie avrebbe dovuto affrontare spese “catastrofiche” (superiore al 40% della propria capacity to pay)[15]. L’VIII Rapporto Ceis del giugno scorso (sintesi del rapporto) valuta che con un aumento del “ticket” di 2 miliardi vi sarebbe un incremento di  42.000 famiglie impoverite.
[16] Il ticket sulla specialistica era pari al costo della prestazione fino ad un massimale di 36,15 euro per ogni ricetta (che può indicare fino a otto esami). Sono esenti bambini fino a 6 anni e anziani oltre 65 con reddito familiare inferiore a 36,150 euro, disoccupati, pensionati sociali e pensionati al minimo e  loro familiari a carico con basso reddito (8.260 euro, aumentato in base al numero dei familiari), gli invalidi civili, di guerra, per lavoro e per servizio, malati cronici o affetti da malattie rare.
[17]Si pensi alle ipotesi avanzate per un political compact.
[18]Il diritto al bilancio originò in Francia e in Inghilterra per rispondere alla richiesta di responsabilizzazione di fronte a chi pagava le tasse (Nitti, 1907), e poi si è affermato negli stati con governo costituzionale, coll’estensione del suffragio alle classi popolari, come controllo del Parlamento e potere di iniziativa anche in materia di spesa. Dunque il bilancio si è confermato come strumento di controllo democratico sulle politiche di spesa e sul loro finanziamento (Von Hagen e Harden, 1994).
[19] E’ noto che una delle ragioni che portarono alla Guerra di Indipendenza americana fu la difesa del  principio “No taxation without representation”.
[20] Sui rapporti tra integrazione europea e unità nazionale e tra coesione sociale e territoriale, sovranità nazionale e forza politico-contrattuale del lavoro dipendente si veda Pivetti (2011).





70 commenti:

  1. Immagina Alberto la privatizzazione dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Bambini malati da tutta europa per profitti da capogiro. Il solo pensiero mi da il voltastomaco. L'ira dei giusti colpirà un giorno e quel giorno verrà presto... Basta ricordarci di tutto.

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  2. Immagina Alberto la privatizzazione dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Bambini malati da tutta europa per profitti da capogiro. Il solo pensiero mi da il voltastomaco. L'ira dei giusti colpirà un giorno e quel giorno verrà presto... Basta ricordarci di tutto.

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  3. L'avete letto il pezzullo del semiserio in proposito? Se il Repubblichino è accusato di essere telepatico non voglio neanche immaginare quale sarà l'accusa per Alberto!

    Vabbé, dai, ci provo: paragnosta passatista che non sei altro!

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  4. Ma a quanti QED dovremo ancora assistere?
    Le arrampicate sugli specchi non si contano più, vedere per es. Della Vedova stamattina a Omnibus col povero Borghi ( che stomaco de fero!)

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  5. Mi apettavo questo post, non l'ho sollecitato perchè mi preme non creare anzia:)
    E' dai ieri che dedico un rosario di epiteti irripetibili a questo individuo, se fosse per me l'elicottero sarebbe già in volo, non sopporto quel sorrisetto da dottor Mengele, ne l'autompiacimento di chi crede di averla data a bere ai più...Non credo che debba passarla liscia, io vorrei che tutti si svegliassero da quest'anestesia cerebrale e
    cominciassero a sentire il dolore che questo signore sta provocando, certe cose non devono ne possano essere essere perdonate.
    'cci sua

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    1. Però è sobrio, anche il sorisetto è sobrio, anche come ce lo mette...vabbè ci siamo capiti, è sobrio, anche l'anima de li mortacci sua so sobri, e mi fermo...

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    2. Sandraaaaa: mammamia li giacobbini!!
      BBoni che c'aresteno... :)
      Il governo tecnico ti sta trasformando vedo, ascolta una raccolta delle dichiarazioni della ministra piangente e sarai pronta a darti alla macchia insieme a CorrettoreDiBozzi, due cuori e una glock, per far rivivere in versione moderna le gesta di Carmine Crocco e Filomena Pennacchio.

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  6. Scusa Alberto, non c'entra niente, se vuoi cancellalo.

    Guardavo Borghi a Omnibus, lo scrivo qui per chi passa: lo scoperto di Tesoreria a cui si riferisce quella lì (del Sole24Ore suppongo), non esiste. Lo scoperto è stato abolito nel 1993 da Piero Barucci, Ministro del Tesoro all'epoca.

    Seconda cosa: la BCE può intervenire nel mercato secondario quanto vuole, semplicemente non lo fa per tradizione (perché il sistema europeo è un po' differente dagli altri) e per una precisa scelta politica. ne parlerò. Ma non è vero, come dice quella schifezza del Sole24Ore che per Statuto non può intervenire, è una balla, una puttanata. E io non ho la più pallida idea di che cazzo di Statuto abbiano letto questi che lo ripetono continuamente.

    Giusto perché si sappia.

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    1. Avrà fatto riferimento a questo Statuto, roba vecchia rispetto ai recenti "accordi" del Consiglio Europeo, ma la filosofia di fondo rimane. Fa così strano che siano proprio quelli che le regole le hanno sempre violate ad imporre il rispetto di quelle non scritte?

      Comunque è come dici tu, contrattazione politica via Bce. E siccome vige l'Europa del più forte, la nostra "libera stampa" ha già deciso da che parte stare (e non poteva essere altrimenti).

      PS_Ma quanta tv guardate?

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    2. Questo è una parte dello statuto BCE redatto all' epoca riguardo le operazioni con enti pubblici.
      Non so dire attualmente come lo hanno modificato o se lo hanno modificato


      21.1. Conformemente all'articolo 101 del trattato, è vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di
      facilitazione creditizia da parte della BCE o da parte delle banche centrali nazionali, a istituzioni o agli organi della Comunità,
      alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di settore pubblico o ad imprese
      pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche
      centrali nazionali.
      21.2.
      La BCE e le banche centrali nazionali possono operare come agenti finanziari per gli organismi di cui all'articolo 21.1.
      21.3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell'offerta
      di riserve da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla BCE lo stesso trattamento degli
      enti creditizi privati.

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    3. Caro Istwine volevo un tuo parere in merito a questo articolo "http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/leccezione-tedesca-nel-collocamento-dei-titoli-di-stato/#.ULcDXJJPnDl".
      Praticamente si afferma che la Germania opera al di fuori delle regole comuni dell’eurozona trattenendo parte dei titoli emessi sul primario con lo scopo di venderli successivamente sul mercato secondario, dove grazie all'intervento della BUBA può ottenere tassi più vantaggiosi.Mi scuso con Alberto per aver deviato dal tema del post ma sarebbe interessante capire perchè ciò avviene e perchè gli altri paesi non seguano la medesima linea.

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    4. Sì, io mi riferivo al fatto che nel mercato secondario può comprare quanto vuole, stando ai Trattati. Che poi ovviamente ci fossero dei limiti politici è evidente.

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    5. E che dire dell'ipocrisia della Turco (che ben rappresenta quella di tutto il PD) che prima votano il FC e poi fanno finta di indignarsi e di difendere la Sanità?
      Oltre a dichiarare stima per Monti dice "abbiamo sottoscritto un patto (il Fiscal Compact) ora si tratta di valutarne l'attuabilità" per ritrattarlo.
      Ma ve lo immaginate un ingegnere che prima fa costruire un ponte e poi valuta se può stare su?
      Signora Turco, il suo tempo è finito. Se il suo partito ha in dotazione degli elicotteri, usateli e sparite per sempre. Se no, per voi c'è sempre la discarica.

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  7. Caro Prof. Bagnai
    sono un suo lettore da parecchio tempo. Non ho mai preso tastiera e mouse per intervenire in qualche dibattito, non tanto per il fatto di essere scevro dalle logiche economiche, ma piuttosto perchè tra i suoi interventi e quelli dei suoi preziosissimi lettori, dei quali tanti studenti, ho sempre avuto risposte ai miei dubbi e lacune che inevitabilmente, chi non è economista di professione, e ancor peggio " l'economia gliel'hanno disegnata così" , giocoforza si trascina.

    Oggi però, prima ancora di vedere questo suo post, volevo scriverle per chiederle un suo parere su un concatenarsi di fatti che, se è corretto quello che la mia malanima mi sta suggerendo, mi stanno sconcertanto non poco.
    Visto che magicamente (o la forza dell'intento) ha pubblicato or ora un post che verte in parte su quanto mi stavo domandando, approfitto dell'occasione.

    In sostanza:
    Ogni giorno "mancano" soldi per qualcosa: sanità, scuola, servizi, pensioni.
    Al di la che la tecnica da venditore marocchino di Monti dello sparare molto in alto per ottenere poi esattamente quello che si vuole (strategia tra l'altro offensiva: Prof Monti crede davvero di avere a che fare con degli imbecilli che di nulla si accorgono ?) , quello chemi chiedo è se DAVVERO manchino questi soldi.

    Manovre da 40 miliardi anno, fisco che si sta inghiottendo il 70% dei ricavi di impresa, recupero dell'evasione attorno ai 10 miliardi all'anno (il 50% dovuto a strozzinaggi e metodi usurai). Ergo , si stanno prendendo tutto.
    Nel frattembo il debito cresce.

    Ma a lei sembra vero che non ci sono risorse, oppure come penso io (e viene facile pensarlo, visto che non ci è concesso controllare) semplicemente mentono per i loro biechi piani di distruzione programmata? E se non mentono, tutti questi soldi, doce stanno andando ?

    Mi illumini se può.

    La ringrazio molto sia per l'opera di divulgazione che sta portando avanti, che per avermi fatto scorpire un mondo di studenti che non sono per nulla come vengono dipinti dai produttori di carta da pacchi quotidiana.
    Spero che questi possano essere un domani i propulsori di un vero cambiamento.

    Un saluto

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    1. Caro Edmondo,
      non ho capito di che mondo di studenti parli... su questo blog di studenti ce ne sono pochi.
      Mi fa piacere che il professor Bagnai (lo chiamo professore perché è professore, ma purtroppo non sono studente da un pezzo e non ho mai avuto la fortuna di frequentare i suoi corsi) e i nostri commenti ti abbiano chiarito molti dubbi, ma ora ne fai venire uno a me: sei sicuro di avere letto QUESTO blog (e da PARECCHIO tempo!!!)?

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    2. Ode a Silvia.

      A CAVAJERA NERA! :)

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  8. Già, il che fa il paio con questo mantra del giorno prima:

    "Si può pensare al futuro del Paese, perché il Paese esiste, è sulla mappa dell'Europa, sta contribuendo alla soluzione di crisi finanziarie altrui senza essere oggetto di preoccupazione (e non facciamola preoccupare troppo la nostra Kanzlerin, che è sotto elezioni..., ndr)"

    DIBATTITO POLITICO NON SIA PIU' SU ASSE DESTRA-SINISTRA

    "Si vuole o no mantenere un solido ancoraggio europeo cercando di orientare l'Europa con la voce in capitolo di grande paese europeo? Si vuole o no superare le resistenze corporative a destra, a sinistra e al centro che ostacolano le riforme strutturali? (ma anche no, ndr)"

    "Non si potrà fare di più in futuro se verrà meno la spinta dell'emergenza, che è sgradevole ma spinge ad agire (c'è un giudice a Berlino che abbia sentito queste parole? Niente?,ndr), e se non si cambierà la cultura economica e politica del Paese",

    Ma no, questi sospetti fanno male all'anima (morta), son solo errori di comunicazioni di un governo poco avvezzo alla comunicazione politica... In Romania stava cadendo l'autocrate preferito di Merkel per aver avviato una "riforma strutturale" che prevedeva la sostanziale privatizzazione della sanità pubblica (poi è arrivata l'UE a puntellarlo, al solito). Noi avanti così con le primarie, in tv ci sono nuovi giochi di società, armi di distrazione di massa pronti all'uso. Réclam!

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    1. PS_Sulla Romania, sull'UE, su noi. Ma voi direte: che ci frega della Romania?

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/06/dimissioni-calmare-tensione-sociale-premier-romeno-dimette-diretta/ (più mio commento a margine)

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  9. Questo post mi fa godere, se non ci fosse goofynomics darei testate al muro ogni sera.
    Un esempio rapido di eccellenza.
    E ora mi rituffo nella lettura della mia copia preferita del Tramonto, edizione de luxe numerata a mano in carta pregiata di fabriano con grafici a colori e messaggio subliminale visibile in controluce alla pag. 77 (A chi la gricia?A noi! TFA). L'ho pagata in lire ovviamente, una carriola.

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    1. chiedo scusa, per chi interessa il link corretto è questo:

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/19/roma-al-forlanini-nessuna-lista-dattesa-al-reparto-di-chirurgia-toracica/419431/

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  10. Direi che ha fatto bene, Profe, a riportare qui il saggio di Stefania Gabriele, che nell'e-book mi era sfuggito (certo, tra i nuovi blog che gemmano e i "vecchi" che fioriscono in continuazione, oramai devo fare i conti con un carico di lettura piuttosto impegnativo, mi auguro di non finirci schiacciato sotto). E direi anche che all'"Ultima parola" s'era capita (almeno per chi aveva orecchie da intendere) la sua obiezione all'interpretazione mainstream che definisce gaffes quelle che in realtà gaffes caratteriali non sono, bensì precise strategie comunicative. I "nostri" valvassini fanno come i pescatori che, prima di lanciare l'amo assassino, si mettono a brumeggiare.

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  11. A proposito di dichiarazioni disinteressate e casuali:

    “Chi supera una certa soglia di reddito dovrebbe uscire dalla copertura del servizio sanitario nazionale e rivolgersi alle assicurazioni private. Si formerebbe una categoria a parte, che stimolerebbe il mercato delle assicurazioni”.
    Umberto Veronesi, Corriere della Sera, 10 marzo 2012

    “Dobbiamo ripensare più profondamente alla struttura del nostro Stato sociale. Per esempio, non è possibile fornire servizi sanitari gratuiti a tutti senza distinzione di reddito. Che senso ha tassare metà del reddito delle fasce più alte per poi restituire loro servizi gratuiti? Meglio che li paghino e contemporaneamente che le loro aliquote vengano ridotte. Aliquote alte scoraggiano il lavoro e l’investimento. Invece, se anziché essere tassato con un’aliquota del 50% dovessi pagare un premio assicurativo a una compagnia privata, lavorerei di più per non rischiare di mancare le rate”.
    Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, Corriere della Sera, 23 settembre 2012


    “Paolo Cattabiani, presidente di Legacoop Emilia Romagna, ha anticipato all’Unità e al Corriere della Sera che le cooperative stanno studiando un piano per entrare nel settore sanitario. Cattabiani parla di “secondo welfare”, soluzioni capaci di surrogare l’intervento pubblico vista la crisi dello Stato sociale. La mutua offrirebbe una serie di prodotti sanitari specialistici.”
    Coop e Unipol si muovono sul mercato. Sanità e assicurazioni settori strategici, AffariItaliani.it, 7 agosto 2012.

    “In questo senso non è escluso che si arrivi a chiedere un contributo responsabile a chi può pagare, in rapporto al reddito. E che si possa pensare che certe categorie di lavoratori possano fare un’assicurazione privata finalizzata a garantirsi specialistica e diagnostica. Servizi che ormai si trovano nel privato allo stesso prezzo del pubblico con i suoi ticket. I tempi cambiano, e in un quadro di crisi come quello attuale tutto gratis non può più essere”.
    Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, Il Tirreno, 1 Ottobre 2012.


    “Continueremo a razionalizzare le spese ma bisogna andare oltre e con i sindacati già ne discutiamo: vanno create assicurazioni mutualistiche per diagnostica e specialistica, ormai la rete del privato sociale offre prestazioni a prezzi concorrenziali con il servizio sanitario nazionale per chi non è esentato dal ticket. Mentre ospedali e medicina del territorio devono rimanere pubblici, questo è un principio irrinunciabile”.
    Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, La Repubblica, 24 Novembre 2012.

    A proposito di benefici derivanti dalle privatizzazioni: http://www.saluteinternazionale.info/2009/04/privatizzazioni-di-massa-e-mortalita/

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    1. Enrico Rossi , che prima di essere presidente della regione è stato assessore regionale alla sanità, si era scelto come successore alla sanità la signora Scaramuccia. Ora, se chiami un assessore che viene da McKinsey il senso della scelta politica è chiaro, anche se viene sbandierata una svolta nel segno della trasparenza e della razionalizzazione (e' vero che c'erano alcuni casi mastodontici di peculato, e la reazione è stata quella standard: chiamiamo il tecnico - non impareranno mai).
      Se si aggiunge che tra i più stretti consiglieri del medesimo presidente c'e' gente di una nota scuola di specializzazione universitaria attualmente presieduta dal famigerato dottor sottile che in TV pontifica lezioni sulla crisi, et voila: quadratura del cerchio. Non è complotto: è la piddinità al cubo fattasi sistema, che rivendicherà fino alla fine (forse) la moneta unica come grande conquista.

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    2. Ho il permesso di trovare un tantino allucinante il ragionamento di Ale&Gia?
      Tradotto in franchese, a me suona così:
      "Visto che possiedo un alto reddito, e visto che il mio ricorso alla sanità sarà, se dio vuole, sporadico, chi me lo fa fare di compartecipare al mantenimento di un sistema in cui chi ha di più permette a chi ha meno di avere il mio stesso livello di assistenza? Capirei se usufruissi annualmente in sanità quel che annualmente verso allo Stato (no taxation without representation, oh yeah!).
      I soldi risparmiati in tasse li metto per un terzo in azioni della compagnia di assicurazione sanitaria, per un terzo in una polizza sanitaria che posso detrarre dalle imposte, per un terzo in titoli di stato italiano che rendono un sacco..."

      Una bella operazione a costo zero...anzi!

      Franco

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  12. Guardate che roba !! lEGGETE i 25 punti di programma del movimento ALBA. Riescono in una impresa colossale : non accennano minimamente a rompere con l euro e a sciogliere questa unione monetaria. Sembra che costoro oltre a depistare totalmente la gente sugli squilibri strutturali che l euro ( essendo prigioniero di un cambio rigido )ha generato e continuerà ad alimentare, buttino la palla in avanti per permettere alla spoliazione di ricchezze e di democrazia di andare avanti sotto gli occhi dei loro stessi simpatizzanti. Si firmano ALBA ( guarda caso il contrario di Tramonto ) ma si vede lontano un miglio che sono una costola piddina che vuole intercettare il malcontento per chiuderlo dentro un recinto e renderlo innocuo. La firma è inequivocabile : non è l euro la causa del disastro, non è una unione monetaria inosostenibile andata in frantumi al primo shock esterno, tra Paesi forti e Paesi deboli l origine della crisi. Secondo questi traditori, "una altra Europa è possibile,un'Europa politica e democratica fondata sulla partecipazione dei cittadini". Mi viene il vomito.http://www.soggettopoliticonuovo.it/contributi-essenziali-di-programma-alba-soggetto-politico-nuovo/

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    1. Scusate l'OT, ma ultimamente quando leggo ALBA mi vengono i brividi: basta una leggera spruzzata di doratura, e iniziano gli incubi. Una rapida ricerca su google, ed eccoli concretizzarsi in un sito, di cui vi risparmio il link per evitare anche il minimo collegamento a questo blog. Ma il problema è serio, e va in qualche modo affrontato. L'accozzaglia di copia-incolla che rappresenta, al momento, il programma di questa organizzazione di chiara impronta neonazista, non sembra particolarmente arguta. Preoccupa, invece, la rapida diffusione nei nostri territori (probabilmente grazie a una mano di vernice dorata su precedenti facciate, o faccette?, nere).
      Sappiamo che poche cellule cancerose possono attecchire in tessuti sani e moltiplicarsi velocemente, specie quando l'organismo ha il sistema immunitario indebolito da continui attacchi esterni. Ne seguono devastazioni, purtroppo ben note, che richiedono decenni a rimarginarsi.
      Questo intervento è OT, lo so. Ma nell'accozzaglia citata sopra, oltre alle solite demenzialità complottiste tipo signoraggio, banca d'Italia privata, ecc... mancano solo le scie chimiche!, c'è un riferimento all'uscita dall'euro. Fortunatamente corretto da una serie di passaggi, tipo il passaggio alla lira senza svalutazione (dei veri geni, ça va sans dire) che lo riposiziona nel mucchio di cui sopra.
      Ma resta un dubbio atroce: basterà il sarcasmo a seppellirli sotto un mare di risate? O stiamo correndo un rischio molto più grave di quanto appaia ad una prima superficiale lettura? L'esperienza della Grecia non conforta. Ignorarli o combatterli (democraticamente, almeno per ora)?

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    2. guarda che ALBA ( ALLEANZA LAVORO BENI COMUNI AMBIENTE, parola d ordine "Cambiare si può" ) ) non ha nulla a che fare con l estrema destra. E'un movimento chiaramente di sinistra che ha altrettanto chiaramente il compito di disnformare e depistare la gente, in modo tale da cavalcare il dissenso e anestetizzarlo. Fanno in modo insomma che una buona parte di persone rimanga inconsapevole e all oscuro delle cause che hanno portato alla distruzione della economia. Nel programma vengono totalmente celati gli squilibri che la rigidità della moneta unica ha cagionato ( il cambio fisso che ha annullato sia la facoltà di svalutare, che il rischio del cambio ). Cosi come non vi è nessun accenno alla insostenibilità di unioni monetarie tra Paesi forti e Paesi deboli. Loro ficcano nella mente della gente che il problema consiste nelle politiche e non nella moneta. Loro forgiano il pensiero in modo che la gente sia condotta a pensare che basterà cambiare le politiche per far cessare la crisi e la macelleria sociale ad essa annessa. Per questo li trovo rivoltanti, perchè evidentemente sono funzionali al PD in quanto lavorano affinchè nulla cambi e la devastazione continui.

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    3. Era chiarissimo, ma ti ringrazio lo stesso per la precisazione. La mia risposta, in effetti, era due volte "OT", sia rispetto al tema iniziale del post nel blog, che rispetto al tuo post: è nata solo da una crescente preoccupazione che mi assale ogniqualvolta leggo il termine ALBA.

      Spero che finiscano, entrambi, sulla spiaggia di Ostia ad aspettare... l'alba.

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  13. Il boccone e' troppo ghiotto. Abbiamo una sanita' poco costosa, efficace, universale, che fornisce cure di ottimo livello a tutti (compreso l'ultimo immigrato senza permesso di soggiorno - provate a dirlo ad un tedesco...).

    La ricerca, seppur certamente non finanziata a sufficienza - fa il suo egregio dovere - siamo l'ottava "potenza" scientifica al mondo in quanto a studi pubblicati. E la clinica, beh, che dire. Dopo un anno da insider nel National Health Service inglese, dove se non hai i soldi gia' ottenere una vista da uno specialista ospedaliero e' un mezzo miracolo - ma il vero problema e' quando poi varchi la soglia dell'ospedale (chiedere conferma agli amici espatriati, tutti vi diranno che scappano in Italia quanto prima in caso di necessita' di ricorrere alle cure, esattamente come gli inglesi scappano in Francia, se non hanno l'assicurazione).

    Allora ci si chiede: ma dove sta il problema?

    E' che costa troppo poco. Come si evince dai vari grafici pubblicati, la spesa sanitaria totale italiana e' ben al di sotto della media OCSE. E possiamo scommetterci che ai tecnici di certo non dispiacera' aiutare le compagnie assicurative a rimpolpare i propri bilanci spingendo una buona fetta di popolazione verso le polizze sanitarie. Con annessa proliferazione dei costi amministrativi, delle prestazioni inappropriate, esami inutili, indicazioni chirurgiche "tirate", farmaci costosi, e parcelle dei medici (tanto poi le assicurazioni alzano i premi, e il giochino e' fatto).

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  14. Gentilissimo Prof. Alberto,
    lavoro presso una struttura accreditata in lombardia e trovandomi a commentare le insulse parole dell'hidalgo, vorrei porre l'accento sulla situazione che credo faccia da apripista a quanto si stia paventando. Da vent'anni (cioè dall'insediamento del governatorissimo) in lombardia si è assistito al progressivo passaggio di ciò che di buono c'è in sanità pubblica verso la sanità privata, pardon accreditata. Naturalmente va da sè che l'accreditamento fatto verso strutture di eccellenza, dimostra che il privato sa lavorare molto meglio del pubblico, tranne i rari casi della clinica Santa Rita e del famigerato San Raffaele.
    Ciò detto, i trasferimenti economici ci sono finchè pantalone paga... se un domani pantalone non pagasse più, la sanità sarebbe già in mano ai privati, quindi prima si stacca l'assegno e poi si potrà entrare in ospedale o casa di cura.
    Se si aggiunge poi il fatto che in lombardia o si fa parte di cl (o cdo che è il braccio operativo) o altrimenti si è fuori, il quadro è bello completo.
    Difficile trovare alternative... anche perchè a furia di "pittosto che" ci stanno smantellando anche la terra da sotto i piedi.

    P.S. il suo libro lo sto già divorando, spero di poterLa incontrare di persona per ringraziarLa di avermi aperto la mente.

    Scusi lo sfogo e un caro saluto a tutti!

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  15. Le aspettative di vita in Italia sono tra le più alte in Europa: ecco finalmente un indicatore su cui l'eurozona può convergere - basta appena, in media, qualche mese di vita in meno, uno neanche se ne accorge. Sarà interessante a consuntivo calcolare quanti anni di vite umane saranno stati sacrificati da questi sociopatici.

    Però cosa c'entra col fatto che la sanità italiana fa gola all'estero? Agli imprenditori italiani no? E comunque, cambia qualcosa per le aspettative di vita?

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  16. Ma i soldi dove vanno?

    Monti vuole tagliare tutto perchè secondo lui non possiamo permettercelo. l'Italia frana e allaga e spesso è un segno evidente di poca manutenzione, agli insegnati per far funzionare la scuola gli viene richiesto di lavorare due ore alla settimana gratis, e cosi via.....

    Ma secondo Bortolussi della Ciga di Mestre i soldi ci sono tutti e ci sono sempre stati perchè chi paga le tasse paga anche per quello che evade, certo non è giusto,ma questo sempre secondo Bortolussi è un'altro problema nel senso che non si può affermare che "i soldi non ci sono", anche perchè l'eventuale recupero sul versante dell'evasione fiscale deve servire per ridurre la pressione fiscale. Inoltre in 5 anni Equitalia ha recuperato 50 miliardi di euro che dovevano essere utilizzati per ridurre la pressione fiscale ma NISBA NEMMENO UN EURO DI RIDUZIONE.

    Insomma che cosa ci fanno con i nostri soldi?

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    1. 50 miliardi.... Esattamente la rata annua del fiscal compact! Aggiungici pure il fondo salvastati (salvabanche) e siamo a cavallo.

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    2. @Marco Bessi, ti ho inviato una mail sull'account gmail.
      Sono anch'io all'Hotel Ambra

      @Chicco DM
      ho scritto pure a te

      mia mail
      monscolombo@gmail.com


      Chiedo scusa al Prof se lo utilizzo come tramite ma non vedo altre strade e spero che questo mio commento non sia di ispirazione all'ormai famosa "morale". Adoro i cazziatoni del Cavajere nero...quando le vittime sono gli altri, ovviamente.

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  17. Basta rispolverare le 10 mitiche regole di Chomsky, che si adattano purtroppo perfettamente alla situazione:

    Manipolazione mediatica

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  18. lo scrivo da un anno che spendiamo poco e siamo un'eccellenza.. a noi per problemi trentennali manca la Ricerca super top ma pazienza.
    Grazie per l'articolo.. ho letto solo la I parte e mi sono commosso

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  19. Se all'Idalgo e agli altri Bruxelles' boys fosse stato a cuore risparmiare senza perdere in qualità della prestazione sanitaria avrebbero fatto due cose semplici semplici:
    - imporre ai mutualisti di prescrivere il principio attivo invece del nome commerciale dei farmaci, (con le Asl tenute a comprare al miglior prezzo)
    - liberare i medici dall'ansia di ritrovarsi davanti ad un giudice senza aver commesso errori eclatanti e, oltretutto, con a proprio carico l'onere della prova. Tale "ansia" viene a costare un bel po' alla collettività: infatti è all'origine dell'imperversare della cosidetta "medicina difensiva" in cui a malincuore si rifugia gran parte dei medici.

    Ricordate il periodo in cui veniva annunciato in TV qualsiasi incidente ferroviario? Se non sbaglio dopo la creazione di trenitalia spa i media smisero di interessarsi all'argomento.
    Da qualche anno è in grande voga il tormentone della "malasanità" anche se i numeri dicono che il nostro SSN è di qualità e pure economico; del resto in numeri così grandi non è difficile pescare qualche errore da sbattere in prima pagina.
    Direi che chi spera di guadagnare dalla privatizzazione della sanità sta preparando il terreno da tempo ed ora il Gran Ciambellano sta saggiando la capacità di reazione.

    Dal "fronte interno" posso confermare che "la macchina sanitaria" funziona con difficoltà sempre maggiori e sembra diretta pian piano (neanche troppo piano) verso l'inceppamento. Per ora andiamo avanti con materiali sempre più scadenti e ridotti, a forza di straordinari gratuiti e così via. Ma la demolizione continua e un brutto giorno i garzoni delle multinazionali ci diranno: visto come fa schifo la sanità in Italia? Pubblico è brutto e privato e bello: privatizziamo! e il partito unico dell'euro pronuncerà il proprio si!
    Poi potrebbe toccare all'istruzione, non trovate?

    Interessante quel passo del libro in cui Bagnai spiega come il decentramento, spesso promosso dalla UE, del potere di spesa abbia spesso peggiorato la gestione dei servizi pubblici e allo stesso tempo li abbia messi in mano a politici spesso voraci. Nonostante tutto questo post dimostra che la situazione è in miglioramento quasi in tutte le regioni.

    Mi scuso con il "nostro" Alberto per questo intervento prolisso, ma sono gonfio di rabbia perchè quando lui ed io eravamo ragazzi si poteva accedere ad un'istruzione di qualità anche se si proveniva da famiglie povere
    e perchè a un certo tipo di medicina ci ho creduto.
    Ora cosa devo dire ai miei figli? Studiate bene l'inglese!

    Valter

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  20. il mio amico dal Brasile mi girò i dati lo scorso anno e mi spiegò che la Germania ha un sistema misto (pubblico+assicurativo).
    e mi spiegò perché quello assicurativo costa di più: in pratica i medici sono portati a far compiere tanti esami inutili perché vengono rimborsati ad esami..
    come dice il mio amico brasiliano, altro esempio di SUPERIORITA' del SETTORE PRIVATO (non vi dico in cosa).

    ancora una volta siamo di fronte al problemi di questi folli e di tante persone che ritengono lo stato un'entità da punire:
    loro che fanno?
    supponiamo che abbassano il costo sanitario del 5% e quindi ti diranno: gran risparmio!
    ma sappiamo che il settore privato per le sue inefficienze (figlio di visione miopi, bramosie per il profitto) costerà di più.
    allora le tasse non diminuiranno ma i costi per le famiglie sì!

    e la domanda sarebbe: chi si può assicurare?
    ora, non so se sia vero, ma sempre il mio amico mi diceva che servono quasi 1k $ al mese per assicurarsi negli USA.
    Vero? beh, come arrivano a quel 17%? non penso abbia torto del tutto!

    ultimo passo del puzzle: in Sicilia nelle cliniche si viene pagati male, con ritardo e gli straordinari sono spesso gratuiti (altro che ferie).
    un altro modo per germanizzarci

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  21. Da manuale.

    O meglio: Dal manuale del perfetto neoliberale.

    http://www.tel.org.ar/lectura/privarg.html (Las privatizaciones en Argentina)

    Pensare che basterebbe prendere coscienza delle esperienze previe per evitare il continuo sfacelo in cui state sprofondando.

    "Desde los años 90s, la salud en la Argentina deja de ser considerada una función social del Estado para ser transformada en un bien de mercado."

    "Dagli anni '90 la sanitá in Argentina non é piú considerata funzione sociale dello Stato ma passa ad essere trasformata in un bene di mercato".

    http://www.bvsde.paho.org/bvsacd/cd67/AnaLiaMachado.pdf

    E' GIA' ACCADUTO ALTROVE E ADESSO LO FANNO A VOI. Noi siamo nella fase delle restatizzazioni. Ve lo potreste risparmiare, questo percorso.

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  22. Ieri sera
    sono andato ad una assemblea pubblica nel mio comune,
    Rubiera in provincia di Reggio Emilia,
    in cui si parlava di PSG,il piano strutturale comunale
    per i prossimi anni.
    A parte questo,all'ascita
    mi sono soffermato a parlare con amici e persone simpatizzanti
    il M5S.
    Non l'avessi mai fatto,un fiorire di luoghicomunismi,
    a partire da "ma sai quanto quadagnano in Germania" "noi siamo peggio dei tedeschi" e a finire con "castacorruzionebrutta"e tantissima"spesapubblicaimproduttiva".

    Ciliegina sulla torta,ma al governo abbiamo gente che non sà un cazzo.
    Potrei essere anche d'accordo,
    ma a continuare su questa strada
    non si è ne peggio,ma neanche meglio di loro.
    Ma quanta strada c'è ancora da fare ??
    tanta,tanta,tanta,
    a mio parere.

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    1. Certo c'è tanta strada da fare. Però non commettiamo l'errore di pensare che chi non vede cose a noi ovvie sia in malafede. Qualcuno lo è, e purtroppo spesso occupa posizioni di potere. Molti no, e stanno ponendosi domande e cercando soluzioni. Questi interlocutori sono terreno fertile su cui lavorare: sono vittime della disinformazione e dei luoghi comuni, ma ricettivi se gli si parla con competenza e buon senso.

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    2. Chiedo scusa a Carlo ed a Marco Cattaneo ma appena ho trovato questo: http://www.youtube.com/watch?v=T0JOCWlh9F8&feature=g-logo, non ho potuto fare a meno di ripensare ai due posts letti nel primo pomeriggio. Certo della vostra comprensione, sottopongo al vostro giudizio questa, che a mio avviso è la prova provata del fallimento del SSN (che va quindi reso efficiente e quindi privatizzato) e al contempo, confermo che barcollo ma non mollo!

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  23. Caro Professore, questa volta non sono pienamente d'accordo con lei.
    A mio modestissimo parere il governo non ha alcuna intenzione di vendere la sanità (che difficilmente troverebbe un compratore visto l'elevata sindacalizzazione -leggi diritti- del personale dipendente) ma lo vuole unicamente rendere estremamente oneroso con una duplice finalità:
    La prima, immediata, è di renderlo produttivo così da avere più denari a disposizione per soddisfare i mercati (ossia poter continuare a pagare interessi elevati senza rischi per i creditori)
    La seconda favorire il mercato privato, sia dal punto di vista assicurativo (se la sanità pubblica diviene costosa comunque mi conviene assicurarmi), sia dal punto di vista sanitario (io imorenditore con pochi scrupoli posso entrare in concorrenza con la sanità pubblica offrendo prezzi lievemente inferiori e guadagnando magari sul precariato dei miei collaboratori)
    Vendere la sanità significherebbe privarsi di uno straordinario strumento per 'modificare gli italiani' (cit.), costringendoli a pagare due volte ciò che continueranno comunque a pagare anche con la fiscalità generale

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  24. MIo padre mi ha sempre proposto come un mantra da seguire, per ogni comunità che voglia definirsi civile questa semplice regola: ammmesso e non concesso che il mercato sia il sistema più efficiente di allocazione delle risorse e sia anche il motore del progresso attraverso la competizione economica, ci sono tre settori dove è moralmente ripugnante, ma anche economicamente perdente sottoporli alle logiche del profitto e questi sono:
    1) Sanità
    2) Istruzione
    3) Ordine pubblico/difesa
    In una società che si definisce cristiana (non c'è bisogno che sia socialista, comunista o che dir si voglia) è semplicemente aberrante permettere che qualcuno possa fare profitti su chi è vittima di una malattia, su il diritto all'istruzione di tutti i bambini che nascono uguali (secondo la religione, ma anche secondo quella organizzazione creata dagli umani che risponde al nome dell'ONU, che a sua volta si rifà ai principi della rivoluzione francese) e sul bisogno di sicurezza che è uno dei proncipi fondamentali per le svolgersi delle normali attività di una comunità.
    Ammetto una mia grossa lacuna, ovvero che è quella di non conoscere tutti gli articoli della nostra costituzione, e quindi non so se chi propone una gestione privata nei tre suddetti settori va contro la costituzione, quello che per me è certo è chi propone i servizi privati (inevitabilmente basati sul profitto immediato e quindi privi di una qualsiasi forma di prevenzione, di inclusività e di universalità nella erogazione dei servizi) dicendo che questo farebbe l'interesse della comunità è uno spregevole mentitore che sa benissimo di mentire. Abbiamo l'ulteriore conferma che Monti è uno di questi. Mi sovviene un'altra amarissima considerazione: il principio dell'intervento pubblico nei tre suddetti settori, intesi come bene inalienabile di tutti si è affermato in Italia, ma anche nel resto dell'Europa, solo dopo la più grande catastrofe che ii mondo ricordi, ovvero la seconda guerra mondiale, con i 22 milioni morti per la Russia, 6 milioni di ebrei sterminati, 5 o 5 milioni di morti tedeschi, 2 italiani e così via. Ora piano piano L'unione Europea e la sua oligarchia finanziaria ci stanno sfilando una ad una le conquiste acquisite nel trentennio 1945-1975. Come la radio fra le due guerre mondilai aveva convinto gli italiani della bontà del fascismo e dell'uomo solo al comando, facendo sì che solo la catastrofe della seconda guerra mondiale portasse ad un incredibile risveglio delle coscienze, ma anche in tutti i campi della vita economica e sociale, dal 1980 in avanti la televisione ha contribuito a farci credere della bontà del nuovo capitalismo monetarista-finanziario. Morale, non è che alla fine il risveglio delle coscienze sui diritti che ci stanno sfilando uno per uno, avverrà solo dopo una catastrofe paragonabile per povertà individuale a quella vissuta durante la seconda guerra mondiale, quando riusciva a mangiare solo chi possedeva un piccolo terreno e degli animali da cortile? A vedere la riluttanza ad ascoltarmi da parte dei miei migliori amici (tutti laureati e diplomati, che si suppone quindi dovrebbero avere una certa apertura mentale) quando parlo di euro e dei disastri che sta facendo, penso che sarà proprio così, anche se l'estrema povertà in cui si sono già ridotti Grecia e Portogallo (che meriterebbe più attenzione da parte di tutti) mi dà da pensare, nel senso che, oltre alla povertà, dovremo arrivare alla morte per fame di migliaia di persone?

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    1. Pienamente d'accordo! Oltre ai settori da te/lei elecati, io aggiungerei anche le comunicazioni, i trasporti e l'energia. Non si può permettere che settori tanto strategici siano in mano a privati che hanno solo il profitto come interesse, certamente i manager di queste aziende dovrebbero essere chiamati a rendere conto di eventuali inefficienze se ingiustificate. E poi mi faccio sempre due domande. La prima è: ma fino a 30 anni fa si stava così male in Italia? La seconda è: se un privato riesce a fornire il servizio guadagnandoci non sarà colpa di che amminI/Estra se la PA non ha gli stessi risultati?

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    2. Mah, io non vedo proprio come completamente negativa l'azione privata sui servizi "strategici".

      Perchè allora ti direi che la cosa principale da fare e nazionalizzare completamente il settore bancario prima ancora che il resto.

      Ipotizzo invece una compartecipazione privata all'erogazione del servizi sotto uno stretto controllo statale.
      Chiaro che poi subentra il problema della supervisione ma penso che giuridicamente si possa strutturare qualcosa di valido in questo senso ( così lancio anche un assist a Quarantotto per il suo nuovo blog ).

      Roberto

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    3. Il settore bancario lo avevo dato per scontato. Però mi faccio e ti faccio sempre la stessa domanda perchè se devo supervisionare qualcuno che fa profitti su una cosa strategica ed importante non posso farmela direttamente da me?

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    4. Non capisco cosa intendi, Roberto. L'erogazione dei servizi e' gia in buona parte in mani private. In Lombardia, siamo al 40%, e devo dire che il sistema (pur reggendosi in piedi grazie ai pazienti provenienti da altre regioni) funziona piuttosto bene - a parte le famose distorsioni emerse negli ultimi mesi.

      Il nodo centrale sarebbe IMHO l'eventuale "privatizzazione" proprio a livello di controllo sull'erogazione dei servizi, che passerebbe dallo Stato (in parte) alle compagnie assicurative (straniere), che poi naturalmente - Goofy docet - provvederebbero a rimpatriare i profitti andando ulteriormente a peggiorare il CA attraverso la conquista di spazi (polizze sanitarie) nel nostro Paese ancora in gran parte "vergini". E con un mercato potenzialmente enorme (almeno 1 punto di PIL nel breve termine, se ben "accompagnato" dalle politiche di austerita' espansiva).

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  25. A me sembra più orientato alla "finanzializzazione" della sanità che non alla "privatizzazione" della stessa.
    Insomma, dare la possbilità di lucrare sulle fonti di finanziamento dell'assistenza sanitaria senza caricarsi sul groppone i costi della sua gestione.
    Va da sé che questo si porta appresso tutta una serie di conseguenze possibili, tipo l'identificazione contrattuale delle ripologie di prestazioni somministrabili, la suddivisione per livelli di assistenza, l'introduzione del principio di "convenienza" rispetto a quello di "efficacia" delle terapie e della diagnostica, etc etc...

    Sarà che sono un malpensante...

    Franco

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    1. Scusami, mma faccio fatica a capire, dal punto di vista concettuale e pratico, la differenza fra finanzializzazione e privatizzazione della sanità. Visto che dare la possibilità di lucrare sulle fonti di finanziamento della sanità vuol dire passare al regime delle assicurazioni private, non è forse il regime vigente negli USA, che viene da tutti definito privato? Anche se la gestione degli ospedali fosse pubblica, ma tu ci puoi accedere solo se hai una assicurazione privata, il sistema è fondamentalmente privato, con tutte le sue aberranti conseguenze. Ti faccio un piccolo esempio: io sono affetto da uveite recidivante nell'occhio destro, una malattia genetica, quindi congenita, che porta ogni tanto il mio sistema immunitatio ad attaccare l'occhio destro come se fosse un corpo estraneo. Per stabilizzare la malattia, dal 1997 al 2003 ho preso medicine anti-rigetto che costavano mezzo milione al mese prima e 250 euro dopo: chi pensi chi mi avrebbe assicurato contro tale patologia? Per non parlare poi di altre malattie genetiche. Prova a pensare di quanto sia moralmente aberrante proprio nella nostra epoca, pèensare ad un sistema di assicurazioni private, quando magari qualcuna di queste pretenderà l'analisi del tuo genoma e scoprirù ch emagari potrai avere qualche malattia genetica che quindi si rifiuteranno di coprire. Io credo che il privato non debba entrare in alcun modo nella gestione dei tre settori detti prima. Al giorno d'oggi direi che è anche auspicabile un intervento diretto nel settore bancario: lo stato sta mettendo 3 miliardi di euro per salvare l'MPS e si guarda bene dal pretendere almeno una quota strategica per controllarne la gestione? Non pone nemmeno obiettivi di gestione e tetti ai manager di quell'istituto? Per me NON esite, e Roubini si riferiva sicuramente ad episodi come questi quando ha previsto che il 2013 potrebbe essere l'anno dei banchieri linciati per strada (vedi libro del prof).


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    2. La trovo una distinzione utile per un paio di ragioni.

      Innanzitutto la parola "privatizzazione" ha assunto una connotazione falsamente positiva nell'immaginario delle persone, nelle quali stimola l'idea che si tratti di una cosa sempre desiderabile perché gli hanno detto e ripetuto in continuazine che "privato è meglio". Quindi, giocarsi questa carta quando se ne è abusato a destra e a manca per decenni, significa portarsi a casa aggratis una bella fetta di consensi.
      Meglio una parola oscura che obblighi a uno sforzo intellettivo (per l'intellettualmente pigro si può contare sull'effetto deterrente - e qui viene fuori il mio oscuro lato paternalistico).

      In secondo luogo penso sia importante porre costantemente l'accento sui meccanismi finanziari che stanno dietro le cose. Ho scoperto che l'economia è un po' come la dinamica dei fluidi:
      - le cose non vanno mai come te le aspetti;
      - le ragioni dietro a un fenomeno spesso sono il contrario di quel che credevi;
      - cambiare la scala di un fenomeno non significa vederlo comportarsi in maniera proporzionalmente simile.

      Terzo, trascurare la dimensione finanziaria - e parlo di decine di miliardi di euro allo stato brado gestite da poche entità private caratterizzate da una probabile indole speculativa - potrebbe cambiare la faccia non solo della sanità in sé, ma di molti altri aspetti dell'economia di un paese.

      Come detto da altri qui, l'offerta di servizi sanitari in Italia è già fornita in buona parte dai privati ed il sistema regge discretamente bene, quindi terrei separati con cura i due aspetti - prestazione/finanziamento - per essere certo di non fare confusione e per evitare che si creino indesiderate infiltrazioni e contaminazioni dell'uno all'interno dell'altra.

      Tutto qui.

      Franco

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  26. Se a qualcuno fosse sfuggito, la scure sulla sanità e' al lavoro da un anno. Spending review e legge sul principio attivo in ricetta stanno già logorando il sistema oltre la soglia della sostenibilità. L'affollarsi delle dichiarazioni a favore di assicurazione sanitaria integrativa mi ricorda molto il can can che ci fu per le pensioni integrative (di ciccia per gli operatori ce n'e' tanta). Ma, visto che bene o male mi ritrovo nel ramo, vorrei dire due parole riguardo gli IDE per la ricerca. Negli "ingloriosi" anni pre EU pre EMEA pre etc esistevano per i farmaci autorizzazioni all'immissione in commercio molto, come dire plastiche (lo sono tutt'ora, in qualche modo, se pensate alla storia di RU486) - non tirate fuori Poggiolini, come se la corruzione col nuovo sistema fosse sparita. Si faceva qui quel che fanno i cinesi da qualche anno: "Vuoi vendere il tuo prodotto sul nostro patrio suolo? Installati qua, altrimenti ciccia". L'"installati qua" ha fatto sì che nascessero e crescessero in Italia centri ricerche e impianti produttivi di Glaxo, Boheringer Ingelheim, BMS, Eli Lilly, Smithkline And Beecham etc etc etc. Insomma strutture che producevano (l'imperfetto non e' casuale perche' nei fatti non esistono più) tecnologia e occupazione qualificata.
    Quella profilata da Monti è la riedizione 2.0 di quella politica, con fini ed effetti opposti. Dando per scontate le pratiche dell'ultimo decennio cioe' "spremili e chiudili", chiede IDE non in cambio di licenze, ma in cambio di gestione finanziaria di pezzi del sistema dei servizi (molto più lucrosa in un contesto in cui il taglio della spesa farmaceutica è dogma e quindi il mercato dei prodotti si restringe e perde di valore).
    Questa idea che poi chi si aggiudica un pezzo di servizio continua a finanziare la ricerca è balorda come poche. Mai sentito parlare di assicurazioni sanitarie USA che lo abbiano mai fatto (e per quale motivo dovrebbero farsene carico? La ricerca è un COSTO). Su quanto sia facile scaricare gente dopo averla spremuta (brevetti) vedere IRBM, Nerviano Medical Sciences, Vicuron, Cell Therapeutics Italia...
    Sarebbe ora di mettere i diritti del cittadino davanti a quelli degli investitori. Gli argentini sembra continuino a riuscirci, bene o male:

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-29/argentina-corte-appello-rinvia-093014.shtml?uuid=AbrmNS7G

    "I fondi speculativi Usa avevano ricorso al tribunale di New York per ottenere appunto il rimborso al valore nominale dei bond in default, da loro acquisito a 20/25 centesimi per dollaro."

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    1. Mi sembra che tu abbia perfettamente centrato il nocciolo del problema. Sulla procedura di autorizzazione al commercio, guarda allo scandaloso caso "Avastin vs Lucentis" in cui il primo e' stato vergognosamente vietato per uso oftalmico, con una tempestivita' agghiacciante, proprio dopo che due importantissimi studi clinici ne hanno dimostrato la pari efficacia rispetto al secondo (50 volte piu' costoso). Una maggiorazione di spesa di 250 milioni di euro all'anno.

      Una nazione seria avrebbe preso di petto l'azienda in questione, e in caso si fosse dimostrata non collaborante l'avrebbe cacciata a calci.

      Pero' la fetta piu' grossa potenzialmente sarebbe quella del mercato assicurativo. Ancora non ho visto gruppi stranieri comprare ospedali qui da noi (succede invece il contrario, a testimoniare la nostra capacita' di "produrre" salute). Ma il mercato potenziale collegato alle polizze sanitarie qui da noi sarebbe enorme, stimabile in almeno 1.5-2 punti di PIL nel breve termine.

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  27. Strategia comunicativa:
    lo scagnozzo cattivo dello strozzino le spara grosse con i suoi complici
    i falsi amici ma scagnozzi finti buoni e veri cretini fanno finta di incazzarsi
    lo scagnozzo cattivo nel frattempo abbassa le pretese
    lo strozzato si sente salvo fino alla prossima sparata minacciosa
    il problema è che lo strozzato non lo vede cattivo lo scagnozzo, lo vede solo severo perchè lui si è comportato un po' da monello in passato e in più sono anni che gli dicono che lui è un incapace e che sarebbe meglio delegare qualcun'altro per amministrare le sue cose.

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  28. Ciao Alberto

    Sono nuovo del Blog.
    Apprezzo tantissimo il tuo nuovo bel libro.
    Devi venire in Sardegna a presentarlo?

    Complimenti anche per questo post sulla Sanità.
    Essendo un "economista" che lavora nella programmazione e controllo di una ASL ho gradito tantissimo.

    Recentemente Rampini, da corrispondente RAI di New York, ha dichiarato che ha dovuto fare una assicurazione sanitaria "minimale" negli USA, alla modica cifra di 1000 dollari al mese, pidocchi compresi... mentre per avere assistenze serie occorre sborsare almeno 6000 dollari al mese.

    Forse quel 51% di italiani che ieri ha dichiarato (sondaggio SKY) di essere favorevole a misure integrative per il finanziamento del SSN, pensa sempre che all'estero sia meglio...

    Viaggiassero!

    Massimiliano Oppo

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  29. “questo tipo di gaffes, come quelle della Fornero, non sono manifestazione di spocchia o ingenuità comunicative [...] Sono invece ben precise, scientifiche, strategie comunicative mirate”.

    Proprio così. Come ha fatto notare Ivan Il Mazzo (29 novembre 2012 00:59), “basta rispolverare le 10 mitiche regole di Chomsky”.

    L'altro ieri avevo inviato due commenti al Messaggero per sottolineare che l'Italia è nella media europea per spesa sanitaria, e per smentire un paio di lettori che ripetevano il mantra dell'Italia spendacciona, senza sapere di cosa stessero parlando. Ma al Messaggero non li hanno pubblicati.
    Nel primo commento mi ero appoggiato a questo articolo del CdS, e nel secondo ad un articolo apparso qui. In entrambi gli articoli si citava il rapporto Ocse pubblicato martedì scorso.
    Avevo già notato in precedenza che al Messaggero i dettagli troppo circostanziati che smentiscono la vulgata ufficiale non piacciono. Transeat.
    Comunque va anche detto che oltre il 90% dei lettori del Messaggero non solo non crede in Monti, ma nemmeno lo sopporta.

    Qui di seguito riporto una sintesi dei due commenti inviati:

    Nel capitolo dedicato all'Italia dell'Economic Outlook dell'Ocse si legge che “nonostante le riforme in Italia siano ben avviate” l'attività economica in Italia ''dovrebbe continuare a contrarsi nel breve tempo'' come conseguenza della stretta di bilancio, dell'indebolimento del clima di fiducia e della stretta creditizia. Ciò non impedisce all'Ocse di chiedere all'Italia altri due anni di “inasprimento fiscale”, nonostante al contempo si registri una contrazione dei consumi, del potere d'acquisto, la crescita della disoccupazione, ecc.
    Prontamente Monti si è messo sull'attenti e ha avvertito che il sistema sanitario è a rischio, e occorre trovare “nuove forme di finanziamento per sostenerlo”. Si apre quindi una nuova stagione della sanità italiana che può essere così riassunta: d'ora in poi è meglio non ammalarsi, l'Ue non ce lo permette.

    Da alcuni giorni in Egitto enormi masse protestano contro l'autoritarismo del governo. Occupano piazza Tahrir giorno e notte. Mai vista tanta gente in piazza dopo la caduta di Mubarak, dicono i tg. I continui scontri con la polizia hanno causato tre morti e numerosi feriti.

    Tra pochi mesi molto probabilmente il partito unico dell'euro (il Trio ABC) porterà all'elezione di un governo determinato a seguire la linea Monti, che avrà l'unico scopo di compiacere la Ue, anche a costo di distruggere l'Italia, e darà avvio allo smantellamento dei servizi pubblici. Ogni obiezione sarà respinta con un semplice “ce lo chiede l'Ue”. I servizi saranno tagliati automaticamente senza che il Parlamento possa intervenire, perché Fiscal compact, Mes ecc., scavalcano l'autorità dei parlamenti nazionali. Sarà la Commissione europea a decidere quanto, come e dove spendere il denaro dei contribuenti italiani.
    A quel punto anche i piddini capiranno ciò che per altri è evidente da quando Monti ci è stato imposto dall'asse Merkel-BuBa-Bce, ossia di essere stati raggirati e che Monti altro non è che la continuazione “sobria” del berlusconismo, senza i suoi eccessi e le sue bizzarrie.

    Giunti a quel punto quanto tempo occorrerà per finire come in Grecia, Spagna, Portogallo, o magari Egitto?

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    1. Ma cosa pretendevi! Sei andato a predicare il digiuno nella tana del lupo!

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    2. @ g.b. (29 novembre 2012 14:35)

      In generale pubblicano quasi tutto; su Monti ho inviato parecchi commenti, tutti critici, e sono passati quasi tutti. Bisogna evitare però riferimenti troppo diretti su certi argomenti. Di solito modifico leggermente il commento, aggirando quello che può essere d'ostacolo (un link sgradito o un virgolettato troppo lungo) e lo invio di nuovo, e il più delle volte lo pubblicano.
      L'altro giorno però non ha funzionato: evidentemente l'addetto al filtro in redazione non tollerava che si evidenziasse che le dichiarazioni di Monti non rispecchiano la realtà.

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  30. INEBRIANTE !!!...come l'orgasmo di una pizia.

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  31. @Roberto Mora.. stretto controllo statale?
    se uno viene pagato 3k (un medico) a prescindere se fa 5 o 10 farà quello che serve.
    un privato che è pagato a numero di visite, controlli, esami ha incentivo a fare visite, controlli ed esami.

    lo Stato ha l'incentivo del servizio a pareggio o quasi mentre il privato di fare profitti.
    a sua volta le assicurazioni hanno l'incentivo a fare profitti..
    COSA DOVREBBE CONTROLLARE LO STATO?
    ma come, gli USA non erano il paese dell'onestà (eh, caro Travaglio!) e come mai 45 ml da loro non hanno assistenza e il costo è quasi il doppio che da noi?

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  32. I servizi essenziali (principalmente sanità, ma anche scuola e sicurezza) e quelli di pubblica utilità non ancora completamente privatizzati (trasporti, acqua, energia) sono gli unici che garantiscono, una volta privatizzati, ricavi sicuri e con margine a piacere in una situazione di crisi permanente come quella che ci si prospetta...

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  33. non ho parole:http://www.eugeniobenetazzo.com/convenienza-euro.htm. io non capisco la sua posizione, certe volte parla male dell' euro e certe volte è a favore. io non lo capisco

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  34. "E' giusto, via sto SSN. Avete voluto fare la bella vita, eh? Tutti con la camicia aperta a fare i fighetti, con scollature indecenti e poi col raffreddore andavate a chiedere i soldi allo Stato per le medicine. Bella vita! L'aumento del debito pubblico è colpa vostra e dei vostri costumi che in aspirine, sciroppi e brega fanno spendere MILLEMILAMILIARDI al meseemezzo.

    Privatizzare, privatizzare, privatizzare per il bene dell'Italia, perché appena dici "privatizzo" sei credibile e dall'estero ti fanno una doccia di capitali (che è la doccia che profuma di più, si sa) e rilanciamo anche la produzione di sciarpe, guanti e maglioni. Lo capite che questo è già qualcosa... MA ANCORA NON BASTA!"

    Adesso è ancora "no, l'SSN non si tocca" tra poco, probabilmente vedremo un editoriale come quello qua sopra... Tristezza

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  35. Mario Draghi:Di più. Alcuni paesi dell'Eurozona "hanno vissuto in un mondo di favola, sottostimando gli squilibri" come "il deficit e il debito che in alcuni Paesi sono stati ritenuti sostenibili per anni per poi rivelarsi insostenibili".
    http://www.repubblica.it/economia/2012/11/30/news/draghi_crisi_europa-47749150/?ref=HREC1-2

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  36. OT o forse no..........
    Non possiamo andare avanti servendoci solo della svalutazione.La svalutazione non serve.
    Lo stesso tipo di incoerenza logica che si riscontra in bocca a certi poracci del tipo.
    In Italia il welfare sono le framiglie.Non possiamo sostenere il welfare perchè abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità.Alla domanda me se le famiglie Sono il welfare vuol dire che hanno risparmiato ergo....A questa osservazione il piddino si dematerializza.
    Al sud siete vagabondi e inoltre gli imprenditori non pagano gli straordinari(corre voce che cominci a succedere anche al nord,prove tecniche di deflazione salariale?).Domanda:come si fa ad essere vagabondi facendo lo straordinario gratis?Risposta:vedi sopra

    NEL MONDO DEI PIDDINI.
    Vedi caro amico qui siamo alla stazione Tiburtina,poco distante c'è via del Castro Laurenziano,dove il professor Acocella sono anni che spiega che il mercato può fallire,che la moneta non crea inflazione,che l'offerta non crea la domanda.Ovvera il ""neo"librismo" è una puttanata!
    Risposta:allora perchè non si schiera e non scende in politica e udite udite NON PARLA AL POPOLO?
    IO:resisto ai conati di vomito e penso alla I° legge della termodinamica.

    PS è comunque bello vedere la faccia da pesce lesso der piddino de turno quando gli spieghi che gravità e democrazia hanno na cosa in comune,diminuiscono con la distanza.

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  37. Attualità di questi giorni, l'Ilva privatizzata per 800 milioni. Ricavi dal 1995 3,5 miliardi(quasi il 340%) che sono spariti. Lo Stato si è tenuto tutti i debiti pregressi. Lo Stato si farà carico della bonifica(ancora c'è qualcuno che spera lo faccia l'ingegnere). Lo Stato si accollerà eventuali costi umani. Io sono un umile ed ignorante bottegaro ma non sarebbe da prendere a calci nel culo, di punta, chi si è tanto speso per regalarla, chi non è stato in grado di gestirla in passato e chi non ha vigilato negli ultimi 17 anni sui danni prodotti? Ancora c'è qualcuno che insiste con queste privatizzazioni?

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  38. Segnalo il video con Claudio Borghi su youtube che parla della questione:

    http://www.youtube.com/watch?v=37SnFKc9IVo#t=24m47s

    mi sono permesso di farlo partire da quando parla Borghi - prima parlano del nulla i soliti politici che hanno votato il Fiscal Compact.

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  39. @Franco F
    regge bene.. bisogna vedere!
    perché si è distrutto parte della sanità pubblica per far apparire buone le cliniche!
    beh, certo che funzionano!

    ma se guardassimo al privato basta vedere gli esempi mirabili negli USA dove rimani basito dall'altissimo livello.. sì, per 15 persone che possono permettersi una polizza assicurativa elevata!

    il punto è proprio questo.

    per quanto riguarda invece la sua analisi sui fluidi che non provo a confutare (per un semplice motivo che ne ignoro i risvolti) dico la mia:
    non è vero che tante cose non sono prevedibili!
    questa crisi rispecchia (fotocopia) quella del 29.
    se tutti adottano un regime di cambi rigidi, tutti fanno deprezzamento salariale e nessuno si avvantaggia ma in tutti i posti l'economia crolla!
    o sei bravo (si fa per dire) a farlo prima o altrimenti la cosa non funziona.

    E poi il ciclo di Frenkel ci spiega che queste crisi so' tutte uguali.. cosa bisogna saper prevedere?
    forse per Frenkel sarà una grande scoperta (da Nobel) ma per quei bontemponi della GS (quelli che prevedono che in Italia il PIL nel 2013 crescerà) direi che sono cose arcinote (infatti le impongono insieme agli altri grandi istituti).

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  40. Altro che uscire dal tunnel, ce lo stanno arredando.

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  41. @valsandra

    Amico mio, tutto potevo pensare tranne che a una simile reazione pervasa di sacro furore ad un commento, tutto sommato, neanche così importante.
    Comunque, seguo questo blog da qualche mese, ho letto il libro del professore e sono daccordissimo con le sue tesi.

    C'è un solo problema: ho studiato poco in vita mia ed evidentemente non ho acquisito la capacità di farmi capire. Di questo faccio ammenda.

    Però, su un paio di cose mi sento in dovere di ribattere.
    Per me e per quelli come me il ciclo di Frenkel è risultato semplice da comprendere, una volta che me lo si è spiegato.
    Appunto: dopo che me lo si è spiegato.
    Da qui la battuta - perché questo era - sulla dinamica dei fluidi. Un indovinello: la pallina da ping pong è liscia, mentre quella da golf è gibbosa, sa dirmi perché? (aiutino: non è una questione estetica)

    Ora, messi da parte gli scherzi, io spero che questo luogo permetta anche di elaborare soluzioni che consentano di evitare che, come accaduto in passato nella chiarissima trattazione del professore, a fronte di titolate e competenti voci accademiche che si pronunciavano in tal senso, si sia riusciti a rendere invisibile la realtà celata dietro l'adozione di un cambio rigido, prima, di una moneta comune, poi.
    Da qui, l'invito a non utilizzare il termine "privatizzazione", perché con questa parola, che ormai nell'accezione comune - e ribadisco: comune - del termine è spesso sinonimo di maggiore efficienza.
    Io so che non è così, lei sa che non è così, la Corte dei Conti ci dice che non è così, ma il concetto continua ad essere cavalcato dalla politica e dall'informazione. Con successo. Almeno da quel che sento nelle parole delle persone che incrocio in treno, al lavoro, in famiglia.

    A conclusione, mi interessava porre l'accento proprio sulle storture derivanti da un eventuale passaggio da una sanità finanziata con denaro pubblico, ad una "finanziata" dal capitale privato, ad esempio inducendo le persone ad accettare come conveniente (perché più efficiente(?))un sistema assicurativo privato.
    Hai voglia di spiegare che un finanziamento "a consuntivo", che giunge a fine cura, non è in grado di fornire alcun effetto redistributivo nel momento in cui si limita a coprire i costi crudi della prestazione. E questo credo sia nella filosofia del liberismo ad oltranza: pagare solo per il servizio ricevuto, non certo per il servizio fornito ad altri.
    Io sono del parere che una simile soluzione non farebbe altro che aggravare il bilancio dello Stato a tutto vantaggio della finanza, che si troverebbe nelle mani, da un giorno all'altro e senza fatica, alcune decine di miliardi di euro coi quale fare i giochetti che già conosciamo. Sempre a nostre spese, nemmeno a dirlo.
    E, per citare l'articolo ricordato in questo post, è proprio questa schizofrenia del finanziamento pubblico/privato che gradirei fosse evitata perché mi pare il ritratto sputato della situazione statunitense dove, a fronte di una presenza massiccia di assicurazioni sanitarie private, lo Stato riesce a spendere proporzionalmente al PIL molto più che in Italia - e probabilmente in buona parte con sistemi esterni alla fiscalità, cosa che a noi è preclusa - senza raggiungere gli stessi nostri risultati quantitativi e qualitativi.

    Tutto qui.
    Un saluto

    Franco

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