domenica 23 agosto 2015

Scusa, Tommaso...








Gentile collega,

qui su questo blog, dove, mi affretto a sottolinearlo, siamo tutte persone pacifiche, a cominciare dal titolare, siamo abbastanza abituati alle acrobazie intellettuali degli economisti mainstream. La loro ricerca del paradosso, del controintuitivo (come dicono), ha le motivazioni che Keynes lucidamente metteva in evidenza in quel libro che voi tanto disprezzate, perché privo di formule: il desiderio (lecito) di acquisire prestigio intellettuale.

Ora, però, sinceramente, che si chiedano con tono ultimativo delle scuse a un collega che si è provocato per un'intera serata (ho fatto solo una selezione, ma il resto è nei miei archivi), dandogli del trasheconomist, della macchietta, e stigmatizzandone la disonestà intellettuale, è qualcosa che sinceramente non avevo ancora visto.

Spero bene, prima di andare avanti, che lei non si nasconda dietro un dito.

Le sue parole si rivolgevano evidentemente a me, per il semplice motivo che, in questo disastrato e provinciale paese, a differenza di quanto accade nel resto del mondo, l'unico economista accademico che si arrischi ad offrire un messaggio un minimo coerente con la migliore letteratura scientifica sono purtroppo io (come le ricordava sopra Mattia Vittori). Mi rendo conto che questo a lei (ma soprattutto ad altri) possa dispiacere, e mi scuso con lei se il mio lettore l'ha importunata ricordandoglielo, come pure mi scuso per averla indirettamente costretta a confrontarsi con dei fatti che non quadrano con le sue teorie. Ma rimane il fatto che mentre io mi stavo facendo i fatti miei, lei passava la serata ad insultarmi. Insultare me, e, attenzione, anche Savona, Grilli, Imbriani, Cannata e il comitato del Premio Canova di Letteratura Economica e Finanziaria (per restare nell'ambito circoscritto della professione). Nessuno di loro era d'accordo con il libro che lei definisce trash, e me l'hanno anche detto chiaro e tondo conferendomi il premio. Ma nonostante questo hanno deciso di leggerlo e ne hanno riconosciuto il valore.

Nessuno li ha costretti a farlo se non la loro onestà intellettuale e il loro stile. Avrebbero tranquillamente potuto premiare i testi degli altri concorrenti (colleghi che tutti conosciamo).

Questione di stile, appunto.

Come dice? Minacce di morte? Suvvia, Monacelli! Non ho né il fisico, né soprattutto il morale, per permettermi di minacciare alcunché di morte. Peraltro, tutto questo blog, e tutta la mia opera divulgativa, che sono a disposizione di chiunque, sono esplicitamente volti a favorire una risoluzione pacifica dei conflitti. Chiunque mi conosce sa che sono persona pacifica, questo blog è pieno di interventi nei quali ho sedato gli animi di persone esasperate dalla crisi (quella crisi della quale lei riesce a parlare in modo tanto asettico), lei (o chi per lei) potete anche darmi del violento: vi risponderanno con un sorriso incredulo.

Mettiamola così: o ci comportiamo civilmente, oppure, se, a cortissimo di argomenti, insultiamo a freddo e senza alcun motivo un collega che se ne sta a casa a lavorare, accettiamo anche che quello reagisca. Se vogliamo essere goliardi (e a me va benissimo) accettiamolo spirito goliardico. Se alziamo la palla, non possiamo lamentarci se poi qualcuno la schiaccia. Se vogliamo essere, mi spingo fino a qui, verbalmente accesi, violenti, come lei è stato, possiamo tranquillamente esserlo, ma dobbiamo accettare la risposta.

Che in questo caso è effettivamente stata una minaccia. Questa:


ovvero quella di riservarle l'attenzione che avevo rivolto a un altro suo collega, del quale (esattamente come nel suo caso) avevo sempre riconosciuto i meriti scientifici, e che, esattamente come lei, mi aveva insultato a freddo (con la solita tecnica molto virile del lanciare il sasso e nascondere la mano).

Non ne era uscito benissimo. Il mio post sul Fatto Quotidiano era stato una pietra tombale sulla sua ingiustificata boria. Che poi era il senso, che tutti quelli che hanno voluto capire hanno capito, del tweet che in questo momento sta facendo tanto scalpore:


Per carità, non discuto sul fatto che la metafora possa essere ritenuta urtante: essere sepolti dal ridicolo, nella società dell'immagine, è in effetti una fine tremenda. Invece sentirsi dare della macchietta, dell'economista trash, e del disonesto, è una cosa piacevole, suppongo, e mi scuso con lei per essermelo fatto dare. Ma spero sia ben chiaro a lei (come è chiaro a tutti), che nessuno vuole la sua pelle, perché questo è e resta un progetto culturale non violento. Qui siamo tutti non violenti, e chi manifesta ardori movimentisti (quelli che io chiamo i "norimberghisti") è sempre stato messo regolarmente alla porta, fin dall'inizio di questa lunga avventura.

Peraltro, lei mi ha anche sollevato dall'incarico di ironizzare su di lei. Non riuscirei mai a batterla, non solo come produzione scientifica, ma anche, e soprattutto, come autoironia (volontaria?):



L'idea che se una svalutazione non produce inflazione, cioè non fa crescere i prezzi interni (quelli che voi chiamate prezzi domestici), non renda competitivi, è qualcosa di spettacolarmente dadaista. È chiaro che c'è qualcosa che non va: evidentemente il mezzo deve averle preso la mano: lei non può aver detto che un paese, allo scopo di vendere di più, deve praticare prezzi più alti!

Ora, veniamo al dunque.

Se la metafora che ho usato l'ha preoccupata, io la rassicuro. Qui nessuno le vuole far niente. Anzi: dopo l'ultimo tweet che ho citato, le garantisco che le vogliamo tutti un bene dell'anima. Lei ha portato il buon umore nelle nostre TL, e in tempi cupi come questi non c'è nulla di più prezioso.

Se i miei toni la hanno urtata, se li ha trovati spiacevoli, allora è senz'altro mio dovere scusarmi, ci mancherebbe altro. Aggiungo subito che la sollevo da un reciproco incarico: lei non ci crederà, ma non riesce ad offendermi.

Registro però con dispiacere che se all'inizio della serata, mentre lei alzava i toni, mi insultava come trash economist, poi, nell'esigere le mie scuse, mi definiva economista. Quindi, forse, rispondere a tono ai suoi insulti a qualcosa è servito: a costringerla ad ammettere la dignità del mio lavoro, cioè a riconoscere che anche io, se pure su un livello di produzione scientifica inferiore al suo, sono un economista.

Mi spiace che sia stato necessario tanto, ma non è la prima volta che mi accade e non credo sarà l'ultima.

D'altra parte, le segnalo che se nella professione restasse solo chi scrive su JET, lei avrebbe molti più compiti da correggere. Non possiamo essere tutti Michelangelo o Monacelli. C'è bisogno anche del Vasari e di Bagnai. Ed è possibile convivere civilmente, soprattutto quando chi, come me, sa di essere inferiore sotto il profilo della produzione scientifica, convive senza troppi traumi con questa consapevolezza e la ammette senza difficoltà.

A titolo di esempio, io ho avuto diverbi ferocissimi con Alberto Bisin, per il quale provo molta stima e molta amicizia, credo in parte ricambiata (non le nascondo che le sto scrivendo anche perché Alberto ha avuto parole di grande stima nei suoi confronti). Quando è sembrato, ad Alberto, che i toni fossero diventati troppo accesi, lui mi ha scritto, io gli ho risposto, e da allora siamo in relazione epistolare, ci scambiamo idee, e cerchiamo di apprezzare ognuno le ragioni dell'altro. Alberto, come me, è un caldo, uno che si infiamma, ma è anche uno che non si nasconde. E me ne ha dette di tutti i colori, senza che io pensassi mai ad altro che non a rispondergli a tono, perché capivo che lo faceva con spontaneità, che non c'era un disegno dietro alle sue provocazioni.

Tenga presente che se lei è un economista migliore di me, Alberto, oggettivamente, ancora di più, e io so benissimo che nel ritenermi degno di intrattenere una corrispondenza con lui mi onora, e non ritengo affatto che questo ci ponga scientificamente sullo stesso piano. Ma un conto è riconoscere che Alberto scrive su JET o su Econometrica, dove io non penso di mandare mai un paper (sono un economista applicato, come credo lei faccia presto a verificare), e un conto però è prendersi a parolacce o disconoscere i fatti per motivi di bassa cucina politica.

Ecco, vede, perché qui c'è un punto.

Se i miei diverbi con Alberto, o, per altri versi, quelli indirettamente causati da qualche scemo che mi segue sui social con Francesco Daveri, si sono potuti comporre civilmente, è perché né Alberto né Francesco hanno ambizioni politiche, come non ne ho io. Ho la sensazione che questo nostro alterco, invece, sia oggi strumentalizzato da "responsabili" "economici" di "partiti" che hanno tanto interesse a mettere in una luce negativa il lavoro che qui si sta facendo.

Secondo me è meglio evitare questa trappola.

Se però lei non ritiene di doverlo fare, come dire: io le ho parlato con sincerità (e chi vuole vederlo lo vede), mi sono scusato per i toni, e ora dormo tranquillo. Lei, se vuole, può denunciarmi in sede penale e civile (ho fiducia nella giustizia), può segnalarmi alla polizia postale (come sta facendo), può scrivere al mio rettore.

La prima ipotesi porterebbe a una querela, dopo di che il giudice valuterebbe le sue provocazioni e le mie scuse e prenderebbe le sue decisioni.

La seconda ipotesi ha l'effetto immediato di distogliere dei bravi agenti, che tutto il giorno sono sul fronte per combattere contro la pedopornografia e le frodi finanziarie, dal loro lavoro, per costringerli ad occuparsi di due accademici che hanno entrambi usato toni poco consoni.

La terza ipotesi... bè, per commentarla le dico solo chi è l'ultima persona che ha avuto questa idea (tanto per farle capire quante ne ho passate da quando ho aperto questo blog)! Sono assolutamente certo che lei è su un altro livello. In ogni caso, come ho fiducia nella magistratura e nella polizia, ho anche fiducia negli organi di autogoverno dell'università.

Quanto alla sua ipotesi che la svalutazione nominale comporti una pari riduzione dei salari reali, ecco, anche quella, secondo me, sarebbe meglio lasciarla ai politicanti (sopra ce n'è un esempio: degnissima persona il dr. Galli, l'ho conosciuto personalmente alla premiazione del mio primo libro, però secondo me in macroeconomia ha le idee un po' confuse...).

Se vogliamo parlarne seriamente, magari torniamo back to basics, e dopo aver dato un'occhiata ai fatti, ricominciamo da qui.

A dire il vero, lei non mi sembra molto interessato a un vero dialogo scientifico, verosimilmente perché mi ritiene troppo trash. Mi sembra in ogni caso che lei si diverta a provocare (finché gli altri non reagiscono), ma che poi, in fondo, alle sue idee sia molto affezionato (e io non le contesto assolutamente questa propensione). In ogni caso, io, a questo convegno, presenterò, guarda caso, proprio uno studio econometrico sull'impatto della svalutazione sulla distribuzione del reddito. Lei, Galli, e qualche altro economista interessato alla politica mi accusate di essere un affamatore del popolo, un incosciente che vuole defraudare della giusta mercede gli operai, via svalutazione. A me i dati dicono una cosa diversa. E allora, visto che lo scorso anno mi sono offerto, per un altro paper, il lusso sfrenato di avere come discussant Francesco Lippi, le chiedo: vuole venire a farmi da discussant? Le prometto di mandarle il paper almeno una settimana prima (più tutte le spese e tutta la simpatia mia personale e dei miei lettori). A volte conoscersi di persona smussa gli angoli. Altre volte no, ma solo se c'è la politica di mezzo, e questo non credo sia il nostro caso.

In ogni caso, né Francesco Lippi, né Michele Boldrin credo abbiano avuto da ridire su come sono stati accolti. Hanno avuto da ridire sul mio lavoro, ed è giusto che sia così: sono dinamiche accademiche, noi cresciamo esponendoci al giudizio altrui.

Ma non lo hanno liquidato come trash, né mi hanno dato della macchietta o del disonesto.

Peraltro, lo spirito di apertura del dialogo che si è svolto in quella sede ha colpito talmente tanto i presenti, che Andrea Pancani (un giornalista che lei conoscerà) si è complimentato con tutti noi, e da allora invita spesso Francesco, persona efficace, preparata, di idee completamente diverse dalle mie. Sono lietissimo di aver contribuito a portare nei media una offerta "proeuro" di qualità.

Il dibattito ha bisogno di questo.

Ora pubblico il post, poi glielo mando per email, e poi lei faccia come crede.

Con immutata stima.

Alberto Bagnai

18 commenti:

  1. Sogno o son desto ?
    Il Prof. che non asfalta l'autore di un attacco scomposto come quello appena subito ?
    La polizia postale ? E per cosa ?

    Mi sa che il Prof. abbia iniziato a leggere Dale Carnegie.

    Grandissimo Prof. avanti tuttaaaaaaaaaaaaaa !!!!!

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  2. sono convinto che la "povertà" di certi personaggi vada semplicemente ignorata....

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  3. Ultimamente cerco anche io di non rispondere a queste provocazioni, ma l'altra sera non ce l'ho proprio fatta a non discuterci.
    Poi tra ilarità su di lei e trasheconomics mi sono talmente innervosito che non sono quasi più riuscito a dormire.
    Lei invece ha dato una gran risposta come sempre.
    Mi auguro vivamente che accetti il suo invito, ma se c'è politica in mezzo, dubito che abbia interesse a venire.
    Che peccato

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  4. Più #pirreviù di questo blog, cosa c'è?
    Comunque la risposta mi è piaciuta. Non sopporto chi tira la pietra e poi nasconde la mano. È innanzitutto infantile e gia questo basterebbe, ma anche da vigliacchi.
    Ognuno ha i "seguaci" (ci chiamano così oltre a #noeuro ) che si merita.
    Che poi non siamo noi ad essere "no-euro" ma loro pervicacemente "pro-euro", è questa è un'enorme differenza.
    Lei ha fatto quello che poteva.

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  5. Penso che alcuni economisti definiscano trasheconomics qualsiasi tentativo di spiegare la macroecononia alla gente cosiddetta comune. Ho sempre il sospetto che questo atteggiamento nasconda una profonda insicurezza e timore di non essere sufficientemente padroni della propria materia. Detto questo mi scoccia essere definito "gente comune in buona fede", che poi sottintende "ignoranti che non possono capire". Ora, il tramonto dell'euro è tappezzato di analisi di dati e riferimenti bibliografici, talvolta ad autori (Meade, Krugman..) su cui non c'è niente da aggiungere. Per cui delle due cose l'una: o persone come il prof. Monacelli hanno un interesse politico a mascherare la realtà oppure (temo) hanno altri articoli, di altri autori e forse (ma solo forse..) anche altri dati che dicono altro. In tal caso, dal mio punto di vista,la scienza economica ne esce a pezzi..

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    1. No, basta con "altri dati e altri autori che dicono altro". E dove sono questi dati che dicono altro. Li ho cercati. Solo permeismo.

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  6. Certo che sostenere pubblicamente che la svalutazione, nel caso non produca inflazione, non generi comunque un recupero di competitività è difficile da digerire. Non mi è chiaro per nulla, direi che è illogico, mi piacerebbe molto che qualcuno dei "mainstreamers" me lo spiegasse.
    E la spiegazione deve essere ben correata di citazioni e analisi, non basta dire "lo dico io perchè sono io..." alla Marchese del Grillo. Ho il vizio di voler capire.

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  7. Ha ragione Alberto: è un fatto politico. Con un retroterra dalle prospettive molto inquietanti a mio avviso. I tempi sono duri, molto duri, stiamo arrivando alla ciccia: cessioni, svendite, nomine, tagli e chi più ne ha più ne metta. In questo infelice paese resistono piccoli scampoli di libertà: il più vistoso è questo blog, che per l'abilità del suo ideatore riesce ad avere una certa risonanza anche fuori da questi confini. È questo che non sopportano. Come vi spiegate altrimenti non il dissenso, ma diciamo così qualche sgarbo ineducato di qualche (ex) amico? Persistente per di più. E perché mai un professore associato alla Bocconi deve apoditticamente definire tash , macchietta e disonesto un collega di Pescara? Perché lui sta a Milano e Bagnai sull'Adriatico? Esiste ciò che si chiama dibattito scientifico: basta dimostrare, dati alla mano, che Bagnai sbaglia e travisa i dati. Io, personalmente, sono molto sensibile a questo: se mi si dimostra che qualcuno sostiene cose insostenibili, ne prendo subito atto. Non importa insultare, in questo infelice mestiere l'insulto maggiore è essere smentiti senza possibilità di replica. Ma c'è un aspetto ancora più inquietante in tutta questa questione e confesso di pensarci da tempo: ho come l'impressione che in tanti comincino a non sopportare più l'eccessiva libertà che offrono i social, in questo caso Twitter. Altrimenti che senso ha avvertire la polizia postale? Per quale reato? In realtà sono gli unici spazii, in cui le persone si muovono liberamente. Non mi sfugge, naturalmente, che i social possano essere una fogna a cielo aperto; è popolata di nazisti, razzisti, antisemiti, islamofobi, omofobi: insomma c'è di tutto. Ecco in una situazione del genere è opera meritoria segnalare il Bagnai alla polizia postale? Oppure dobbiamo semplicemente smetterla di dire che non siamo d'accordo con quanto stanno facendo? Ricordo che, esemplarmente, solo su Twitter è stata manifestata indignazione per le nomine dei direttori dei Musei, obbligando giornali e TV a qualche replica (su questo ha ragioni da vendere una frequentatrice di Twitter @Chilisummer). Ecco forse è questo che dà noia? Vogliamo cominciare a intimidire i frequentatori dei social con qualche punizione in modo, che si diano una regolata per il futuro? Siamo a questo?

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    1. Tu e io abbiamo piena fiducia nelle istituzioni. Peraltro, molte di esse soffrono di una certa impostazione unilaterale della politica economica e chi lavora al loro interno comincia a porsi delle domande, soprattutto se ha giurato fedeltà allo stato.

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    2. Twitter è una fogna. Ma:

      "La fogna è la coscienza della città. Tutto vi converge, tutto vi si mette a confronto; è buio in quel livido luogo, ma non vi sono più segreti. Ogni cosa ha la sua forma vera, o almeno definitiva, poiché il mucchio di spazzature ha in suo favore di non esser bugiardo. Là s’è rifugiata l’ingenuità. Vi si trova la maschera di Basilio, ma se ne vedono il cartone e le cordicelle, l’interno come l’esterno, mentre un fango onesto le dà risalto; e il finto naso di Scapino le fa compagnia. Tutte le lordure della civiltà, una volta fuori uso, cadono in questa fossa di verità alla quale mette capo l’immenso sdrucciolìo sociale, e, pur inghiottite, si mettono in mostra. Quella confusione è una confessione. Non più falsa apparenza là, non più truccatura possibile; il sudiciume si toglie la camicia, assolutamente nudo e distoglie dalle illusioni e dai miraggi; non v’è se non quello che v’è, che fa la sinistra figura di ciò che finisce. Realtà e scomparsa. Là, un fondo di bottiglia confessa l’ubriachezza, e un manico di paniere racconta il servidorame; là, un torso di mela che ha avuto qualche opinione letteraria ridiventa un torso di mela; l’effige del soldone si ricopre apertamente di verderame, lo sputo di Caifa incontra il vomito di Falstaff, il luigi d’oro che esce dalla bisca urta il chiodo dal quale pende la corda del suicida, e un feto livido vien travolto, avviluppato in una gonnella inorpellata che il precedente martedì grasso ballava all’Opera, mentre un tòcco che ha giudicato gli uomini s’infanga vicino ad un putridume che fu la sottana d’una sgualdrina. Non è più fraternità, ma familiarità. Tutto ciò che s’imbellettava si macchia; l’ultimo velo è strappato. Una chiavica è un cinico che dice tutto.

      Questa sincerità dell’immondizia ci piace e riposa l’animo. Quando si è passato il tempo a subire sulla terra lo spettacolo delle grandi arie che si danno la ragion di stato, il giuramento, la saggezza politica, la giustizia umana, le probità professionali, le austerità occasionali e le toghe incorruttibili, solleva entrare in una fogna e vedere il fango che è dello stesso parere."

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    3. Scusate la franchezza, ma sono cose già viste.

      Visto che lei, Bagnai, vive in Abruzzo, le sarà forse capitato di intercettare la storiella di un’offesa padrona di casa che metteva in fuga il suo malcapitato ospite lanciandogli della frutta; ne segue un detto che andrebbe gustato in dialetto, ma che riporto in traduzione: “questi sono fichi, ma ora che arrivano le mele cotogne…”, con ovvio riferimento al comune uso di sistemare la frutta a piramide partendo dalla più dura e finendo con la più morbida.

      Questa è la situazione. E anche io ho molta fiducia, nel fatto che questo Paese continuerà a muoversi nel solco delle sue tradizioni. Il che aggiunge un fattore di prevedibilità di cui tener conto.

      Ora parliamoci chiaro: se siamo in democrazia, il demos dovrà pur svolgere qualche ruolo, a parte mettere crocette su un foglio come a battaglia navale. E arrivano momenti nei quali è importante che il demos si presenti come “corpo” civile, nella consapevolezza che è l’unico modo democratico di difendere un interesse comune.
      Bene: io sono uno del demos, credo che questo Blog sia un mezzo di espressione civile, pacifico e che rientri pienamente nei diritti costituzionali di associazione e libero pensiero che caratterizzano la Repubblica Italiana. Quindi qualsiasi uscita sopra le righe del suo autore, soprattutto nel particolare caso in cui coinvolga la sua platea di frequentatori, non può che essere letta in chiave di acceso scontro dialettico entro i limiti del democratico confronto di idee sui temi affrontati.
      Sono pronto a dirlo davanti a un giudice e fornirò via mail al professore, che non ho mai conosciuto di persona, i miei contatti per compiere questo mio DOVERE civile qualora fosse necessario.
      E, in questo caso, mi auguro di dover fare una lunga fila.
      Buona giornata a tutti.

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  8. Oh, magari sono io che sono naïf, per carità, ma mi sembra che il discorso di Monacelli sia completamente sballato. Prima dice che la svalutazione riduce i salari reali. Poi gli si dimostra che non è vero, anzi semmai la riduzione dei salari reali esiste e procede "malgrado" (o proprio per) il cambio fisso. Poi per recuperare cambia tesi: è vero che la svalutazione non abbatte i salari reali, infatti SENZA questo abbattimento non è possibile recuperare competitività. Ma lo storico della bilancia commerciale italiana dice l'esatto opposto. Infine la sparata sull'inflazione mi sembra persino autocontraddittoria. In generale poi, la prospettiva "austeriana" che condisce tutti i post, per la quale se non riduci i salari non recuperi competitività è abbastanza limitata: del resto se non lo fosse perché ce la menano con la svalutazione competitiva, la guerra delle valute, il giappone, etc...?

    O Bagnai ci racconta storie inventando di sana pianta i dati a supporto, o c'è qualcosa che non capisco, perché NON È POSSIBILE che un tizio come me, con una formazione scientifica ma in un campo completamente diverso dall'economia possa trovare i post di un PROFESSORE DI ECONOMIA così marchianamente inesatti.

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  9. @Jack29
    sulla riduzione dei salari reali..
    MA SA CHE ANCHE SU QUESTA COSA NON MERITA RISPOSTA?
    chi vive questa crisi da che le opzioni sono due:
    a) si svaluta e nel giro di 2 annetti comprarsi uno smartphone ti costerebbe un po' di più
    b) essere licenziati e vedersi dimezzato lo stipendio (ammesso si trovi lavoro.. perché dovete sapere che qui in Sicilia non si trova nemmeno a pagare! nemmeno come pulisci cessi? chiaro? no, non vi è chiara la cosa)

    peccato che nel caso a), dopo 2 annetti con un'economia in crescita gli stipendi incomincerebbero a crescere.
    dopo i fire sales abbiamo anche i fire wages

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    1. Beh ma i pomodori al mercato li paghi meno Dell'anno scorso, non ti senti tutelato e protetto dalla iniqua inflazione?

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  10. Caro Professor Bagnai, glielo ha già spiegato molto bene Foa: "Quando faccio mie una di queste "cornici"(i frame) tutto ciò che vi finisce all'interno mi rasserena e rafforza la mia visione del mondo, mentre ciò che vi sta fuori viene percepito da me come destabilizzante e deve essere ignorato o quanto meno sminuito".

    Questi Economisti che lei definisce oggettivamente superiori, magari lo sono(anzi lo sarebbero) davvero..il problema è che quando si relazionano al tema dell'Euro sono anch'essi, in buona parte, vittime di uno dei Frame più forti che conosciamo (insieme a tanti altri che, mi duole ammetterlo, sono partoriti, nella maggior parte dei casi, dalla mentalità "di sinistra" all'italiana). E allora succede che, parlando dell'Euro, vedono solo quello che finisce all'interno del loro riquadretto, non usando la razionalità e la coscienza critica che usano su tutti gli altri argomenti economici liberi da frame, finendo per portare avanti argomentazioni spesso superficiali o contraddittorie, e finendo per essere smentiti nei dati anche da economisti TEORICAMENTE inferiori, come lei si definisce. Ho visto il suo confronto con Boldrin ad esempio. Uno che dice "ma L'euro ha svalutato ultimamente, perché non siamo stati meglio?" dimostra di aver letto poco o niente dei suoi lavori. Capire che il problema dell'Euro sta soprattutto nella perdita della fluttuazione (naturale e fisiologica) del cambio fra i Paesi interni alla Zona Euro (vedi Italia e Germania) e non tanto fra quelli interni e quelli esterni (vedi Italia e Cina) è una cosa che posso fare anche io che sono laureato in Storia e non in economia. Questo dimostra che questi economisti, quando si parla di Euro, spesso non hanno la mente libera, almeno non libera di uscire dal quel riquadro, dal quel RECINTO, non libera di vedere una tabella o dei dati che stanno al di fuori del loro Frame (che, lo ammetto, è stato anche mio in passato).

    Quindi, ancora una volta, questi economisti saranno anche molto titolati ed accademicamente più considerati di lei, ma tutta la formazione scientifica e professionale del mondo non possono venire fuori in un argomento, come l'Euro, sul quale abbiamo accolto un frame, almeno non dal momento che lo contraddicono.

    Questo Paese ha un disperato bisogno di pensatori LIBERI, secondo me è la cosa che più ci manca.Lei lo è senz'altro, poi, sia chiaro, uno può anche essere in disaccordo, ma rimane il fatto che lo è senz'altro.

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  11. Al di là delle provocazioni (delle quali peraltro non ho ancora compreso il significato, possibile fosse solo quello di negare dignità al collega citato e tirato in ballo? Oppure la divulgazione sui social sta acquisendo una certa importanza ed occorre presenziare ed influenzare il dibattito? L' una non esclude l' altra). Quanto al "cappottino", difficile pensare di intervenire su twitter con toni sprezzanti nei confronti del prof. Bagnai senza aspettarsi una risposta all' altezza della provocazione (che fosse una metafora è evidente) e ancor più difficile pensare che il prof. Monacelli non abbia acceso le polveri con l' unico obiettivo di distorcere il significato della probabile piccata risposta di Alberto al solo fine di cercare di screditarlo. Ma forse non devo pensare male.
    Nel frattempo il tema cruciale sul quale s' interrogano milioni di italiani, l' effettivo rapporto tra una svalutazione e la dinamica dei salari reali, viene mortificato in una rissa accademica incomprensibile agli occhi di chi vorrebbe solo un po' di chiarezza. Screditare l' interlocutore, insinuare che non abbia credibilità scientifica, farlo passare per un megalomane esagitato che minaccia di morte i colleghi, se non è una strategia però è un modo personale di sottrarsi al confronto. Prof. Monacelli, con rispetto, l' attività di divulgazione sui social è uno strumento utile di confronto e scambio di informazioni. Questo blog si caratterizza come uno strumento di altissimo livello didattico e di analisi politica ed economica di un certo spessore. Lei ha dimostrato, più che altro, di essere all' altezza di un dibattito da talk show, cioè evitare di entrare nel merito, evitare il confronto e buttarla in caciara. Sappiamo invece che il suo livello è ben altro. Perchè, invece di insultarci affermando che qui si fa "trasheconomics", non ci spiega per esempio alcuni risultati delle sue ricerche, che possano aiutare gli italiani a comprendere gli effetti di alcune importanti decisioni di politica economica che in un futuro non lontano l' Italia si troverà a gestire? Perchè non posta qui (visto che apprezza di essere pubblicato in questo luogo e ne siamo onorati del resto) una sua analisi se ritiene che in questo post ,ad esempio, vi siano delle inesattezze? Sarebbe un ottimo contributo, ciò che ci si aspetterebbe da un insegnante e un ricercatore in una materia dalla quale, in questo frangente storico, dipende la vita di milioni di persone. La mancanza di dialogo costituisce una grave ipoteca sul futuro.

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  12. Per gli smemorati riporto a grandi linee le fasi della lotta nonviolenta teorizzata e praticata da M.K.Gandhi:
    1) Prima ti ignorano,
    2) poi ti deridono,
    3) poi ti combattono.
    4) Poi vinci.

    Siamo decisamente alla fase 3. Forza e coraggio.

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  13. "Anzi: dopo l'ultimo tweet che ho citato, le garantisco che le vogliamo tutti un bene dell'anima. Lei ha portato il buon umore nelle nostre TL, e in tempi cupi come questi non c'è nulla di più prezioso."
    AHAHAHAHAHAHAHAH!
    Bè "capo", se basta insultarti un po' dandoti del trash, per avere un'intervista a un tuo intervento in sede scientifica e accademica, ti insulto subito!! ah ah ah ecco, sembra un complimento, "cave sicofantem Marium et dona ferentem"! Paura eh!? Bé, comunque Monacelli... sei un grande... un grande economista! il numero 10000000000000000000000000.....

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