Questo.
(...dedicato alle donne che mi capiscono o fanno finta: Rockapasso - la sventurata rispose, Obli, Nat, in ordine di importanza rigorosamente decrescente... per motivi che facilmente immaginate - inclusi quelli etnici!)
(...mi scuso per eventuali omissioni: eventualmente, fate finta un po' meglio...)
(...viceversa, mi viene da dedicare un discorZetto più articolato alla simpatica Sandra, che poc'anzi allietò codesto blog del suo secondo commento. Il terzo è qui:
Sandra Zecchini ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Bergauf":
Ma figuriamoci! Si sceglie sempre cosa fotografare. Perché quell'albero e non un cane che dorme? Comunque ho capito, non era intenzionale...
Postato da Sandra Zecchini in Goofynomics alle 8 agosto 2015 15:10
(...dedicato alle donne che mi capiscono o fanno finta: Rockapasso - la sventurata rispose, Obli, Nat, in ordine di importanza rigorosamente decrescente... per motivi che facilmente immaginate - inclusi quelli etnici!)
(...mi scuso per eventuali omissioni: eventualmente, fate finta un po' meglio...)
(...viceversa, mi viene da dedicare un discorZetto più articolato alla simpatica Sandra, che poc'anzi allietò codesto blog del suo secondo commento. Il terzo è qui:
Sandra Zecchini ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Bergauf":
Ma figuriamoci! Si sceglie sempre cosa fotografare. Perché quell'albero e non un cane che dorme? Comunque ho capito, non era intenzionale...
Postato da Sandra Zecchini in Goofynomics alle 8 agosto 2015 15:10
Parola chiave: intenzionale.
Dunque, mettiamo ordine. Un cane che dorme non l'ho fotografato perché non c'era, e chiunque frequenti questo blog secundum ordinem avrà già apprezzato il Palla David Friedrich di questo post, che è un capo spalla: chi non lo ha letto verrà terminato (per i diversamente europei, l'archetipo è questo, ed è un Wanderer, come quello, appunto del Winterreise). Peraltro, la vita di Franz, che era un tipino un po' imprudente, è cronologicamente inclusa in quella di Caspar: Franz nacque 23 anni dopo di Caspar, ma morì 12 anni prima (mi raccomando, ragazzi, fate attenzione!). Dato che vivevano negli stessi anni, non è poi strano che ci fosse qualche affinità nei temi trattati. Ad esempio, l'andare.
Apro e chiudo una parentesi. Voi siete qui perché questo blog ha una dimensione letteraria. Sì, certo, naturalmente ho avuto il relativo coraggio di dire cose che altri per tanti motivi non osavano dirvi, l'ho detto con la chiarezza di chi per anni ha insegnato cose sempre più difficili a persone sempre più semplici, e non amo passare inosservato. Ma non è questo che vi ha trattenuto qui. Qui vi ha trattenuto l'arte, non l'economia. Quella l'avreste trovata anche nella sciatta prosa dei grami opinionisti proeuro. E allora perché non vi siete fermati lì? Perché il discorso suonava falso. E perché suonava falso? In buona parte perché era brutto. Vanno capiti gli opinionisti proeuro. Son persone grette, meschine, che hanno dedicato la propria vita alle cose cosiddette "utili", cioè a quelle immediatamente monetizzabili, meglio: monetizzabili a corto raggio, sia temporale, che visuale. Sono insomma persone miopi, prive di slancio ideale non per loro colpa: povertà non è vergogna, s'intende. Tuttavia, la grettezza, l'egoismo, la miopia degli opinionisti proeuro vengono punite in modo crudele: con la bruttezza. Quando non dalle loro persone, comunque sempre dalle loro pagine esala un tedio insopportabile. Se poi vogliono fare gli spiritosi, ecco, lì si coglie immediatamente quanto l'umorismo sia un genere letterario impervio, quanto richieda l'assidua e diuturna frequentazione di quei libri senza figure che loro non considerano, perché li ritengono inutili.
Insomma, stringo: voi siete qui perché io non sono un economista (come capì molto bene antonino), ma un artista. Magari un mediocre, o addirittura pessimo, artista: questo lo dirà il tempo e io non sarò lì ad ascoltare il verdetto. Però pur sempre artista. Dell'economia, lo sapete, me ne batto, e se ve ne parlo è perché, a differenza di certi colleghi, ritengo mio dovere civile farlo in questo momento. A questa professione non sento di appartenere, eppure incombe a me il compito improbo di difenderne la credibilità, mostrando come, se oggi la sua feccia difende l'euro, la sua crema abbia sempre espresso un reciso parere negativo. Peraltro, essere dalla parte della ragione, anche se non sempre sembra tale, è in realtà un insigne privilegio, soprattutto se il tuo scopo non è far carriera, ma fare un discorso coerente. I pezzenti intellettuali che si schierano dalla parte del torto son costretti, porelli, ad aggiungere epicicli su epicicli al loro penoso sistema tolemaico, creando un mostro nel quale restano regolarmente incartati con due fiocchetti, come le caramelle Rossana - per chi se le ricorda. L'urlo, la violenza, sono la loro unica scappatoia, perché la logica li condanna.
Dunque, mettiamo ordine. Un cane che dorme non l'ho fotografato perché non c'era, e chiunque frequenti questo blog secundum ordinem avrà già apprezzato il Palla David Friedrich di questo post, che è un capo spalla: chi non lo ha letto verrà terminato (per i diversamente europei, l'archetipo è questo, ed è un Wanderer, come quello, appunto del Winterreise). Peraltro, la vita di Franz, che era un tipino un po' imprudente, è cronologicamente inclusa in quella di Caspar: Franz nacque 23 anni dopo di Caspar, ma morì 12 anni prima (mi raccomando, ragazzi, fate attenzione!). Dato che vivevano negli stessi anni, non è poi strano che ci fosse qualche affinità nei temi trattati. Ad esempio, l'andare.
Apro e chiudo una parentesi. Voi siete qui perché questo blog ha una dimensione letteraria. Sì, certo, naturalmente ho avuto il relativo coraggio di dire cose che altri per tanti motivi non osavano dirvi, l'ho detto con la chiarezza di chi per anni ha insegnato cose sempre più difficili a persone sempre più semplici, e non amo passare inosservato. Ma non è questo che vi ha trattenuto qui. Qui vi ha trattenuto l'arte, non l'economia. Quella l'avreste trovata anche nella sciatta prosa dei grami opinionisti proeuro. E allora perché non vi siete fermati lì? Perché il discorso suonava falso. E perché suonava falso? In buona parte perché era brutto. Vanno capiti gli opinionisti proeuro. Son persone grette, meschine, che hanno dedicato la propria vita alle cose cosiddette "utili", cioè a quelle immediatamente monetizzabili, meglio: monetizzabili a corto raggio, sia temporale, che visuale. Sono insomma persone miopi, prive di slancio ideale non per loro colpa: povertà non è vergogna, s'intende. Tuttavia, la grettezza, l'egoismo, la miopia degli opinionisti proeuro vengono punite in modo crudele: con la bruttezza. Quando non dalle loro persone, comunque sempre dalle loro pagine esala un tedio insopportabile. Se poi vogliono fare gli spiritosi, ecco, lì si coglie immediatamente quanto l'umorismo sia un genere letterario impervio, quanto richieda l'assidua e diuturna frequentazione di quei libri senza figure che loro non considerano, perché li ritengono inutili.
Insomma, stringo: voi siete qui perché io non sono un economista (come capì molto bene antonino), ma un artista. Magari un mediocre, o addirittura pessimo, artista: questo lo dirà il tempo e io non sarò lì ad ascoltare il verdetto. Però pur sempre artista. Dell'economia, lo sapete, me ne batto, e se ve ne parlo è perché, a differenza di certi colleghi, ritengo mio dovere civile farlo in questo momento. A questa professione non sento di appartenere, eppure incombe a me il compito improbo di difenderne la credibilità, mostrando come, se oggi la sua feccia difende l'euro, la sua crema abbia sempre espresso un reciso parere negativo. Peraltro, essere dalla parte della ragione, anche se non sempre sembra tale, è in realtà un insigne privilegio, soprattutto se il tuo scopo non è far carriera, ma fare un discorso coerente. I pezzenti intellettuali che si schierano dalla parte del torto son costretti, porelli, ad aggiungere epicicli su epicicli al loro penoso sistema tolemaico, creando un mostro nel quale restano regolarmente incartati con due fiocchetti, come le caramelle Rossana - per chi se le ricorda. L'urlo, la violenza, sono la loro unica scappatoia, perché la logica li condanna.
Capirete quindi che, da artista, l'osservazione di Sandra sull'intenzionalità del gesto artistico - una foto umilmente lo è, anche quando chi la scatta non è diversamente snello e non passa ore su Photoshop - incide su una riflessione che mi accompagna da quando ho cominciato la mia carriera.
Quanto è "costruita" l'arte? Quanto è "spontanea"? Quanto incidono le regole? Quanto la libertà? Quanto il caso?
Chi vuole fare l'artista questo problema in qualche modo deve porselo. Quanto costruisco i miei libri? Quali regole adopero nella mia prosa? Se non se lo pone lui, glielo pongono i suoi maestri. A me, per esempio, lo poneva con insistenza il mio maestro di contrappunto storico prima, e di analisi musicale poi, un compositore romano. Negli esercizi di contrappunto la domanda era sempre: "Cosa vuoi dire?", o "Perché hai fatto così?". Il principio era quello di Cicerone: rem tene, verba sequentur. Magari, però, in economia la res è più facile da intuire che in musica. Qual è la "materia prima" musicale? Ora dovrei entrare un po' nel tecnico, e un giorno prometto che lo farò e ci divertiremo, ma insomma, per restare sull'immediatamente comprensibile, quello che il mio maestro voleva farmi capire è che un pezzo, anche piccolo, deve avere una sua struttura, deve essere costruito, deve avere, direbbe Sandra, un'intenzione. Ad esempio, una melodia ha naturaliter un punto culminante - la nota più alta, l'acuto - e il dove si trova quel punto non è cosa banale, non può essere lasciata al caso, e nelle composizioni dei grandi - come mi mostrava quando invece facevamo analisi - evidentemente non veniva lasciato al caso (insieme a tanti altri dati strutturali sui quali non mi soffermo - per ora...). Una delle sue espressioni favorite era: "Perché se non capiamo questo poi ci sbigottiamo a ogni pagina come le signorine di buona famiglia che si intrattengono al pianoforte...".
E qui si apriva un'altra riflessione: quanta parte ha la dimensione razionale nel godimento estetico? Capire cosa sta succedendo, controllare la situazione, in qualche modo, aumenta o diminuisce il piacere? Per un sadico - che è una persona gentile con un masochista, lo ricordo sempre - non ci dovrebbero essere dubbi. D'altra parte, se per farsi piacere Beethoven bisognasse essere compositori, del buon Ludovico Van si sarebbe persa la memoria...
Per tornare alla categoria usata da Sandra, quella dell'intenzionalità, chi ha provato seriamente, professionalmente, analiticamente, a delimitarne la sfera, sa quanto questo lavoro sia, se pure utilissimo per acquisire la consapevolezza dei propri mezzi espressivi, in definitiva frustrante. Quanto ci sia di "intenzionale" nel lavoro di un artista non lo sapremo mai, e se lo sapessimo potremmo tranquillamente affidare il compito creativo a una macchina, cosa che è possibile solo in alcuni casi - che, forse, non rientrano esattamente nel dominio dell'alta espressione artistica - ma anche qui sarà giudice il tempo.
Forse, come al solito, un disegnino aiuterà, e possiamo usare Schubert per farlo.
Un'analisi molto accurata la trovate qui. Senza entrare così tanto in dettaglio (magari fatelo voi) vi faccio solo vedere qualche intenzione (?) di Schubert.
Per ragionarci sopra, dobbiamo partire da una domanda: che storia racconta Schubert (cioè, per la precisione, Mueller) nel Winterreise? Quella di un viandante che intraprende un viaggio senza meta, sospinto da un amore infelice. "Il dato", come avrebbe detto il mio maestro, è che il Wegweiser è il 20° lied del ciclo: siamo verso la fine, il viandante è stanco e si interroga sul perché del suo andare evitando i sentieri battuti, del suo andare in cerca di una pace che non trova, perché non può trovarla, e non potrà trovarla se non percorrendo quel sentiero dal quale nessuno è tornato.
Cioè con la morte.
Siamo all'allegria, come vedete, e del resto, come apprendo scrivendovi questo bel discorZetto, il Winterreise sta a Schubert come il Requiem a Mozart e lo Stabat Mater a Pergolesi (e se semo capiti...).
I più esperti capiranno che qui è di prammatica la scelta di una tonalità minore, e questo è il primo gesto ovviamente "intenzionale" di Schubert. Chi non sa la differenza fra minore e maggiore è capitato nel posto giusto, perché se vi ascoltate il video qua sopra, a 0:54 la stessa melodia viene ripresentata in maggiore: più serena, meno triste. Anche se Wikimm ovviamente non è d'accordo, non tutte le tonalità minori sono uguali: da Mattheson in giù i musicisti si sono interrogati sul loro valore estetico. In certi casi la scelta era dettata da motivi pratici: ad esempio, le trombe barocche essendo per lo più tagliate in re, ecco che re maggiore veniva naturaliter considerata una tonalità marziale, che certo non significa triste, ma non significa nemmeno esattamente allegro. La scelta di re maggiore era una scelta intenzionale, dettata da una certa estetica della tonalità, o era una non scelta, dettata dalla tecnologia dello strumento? Non c'era un cane da fotografare, e non c'erano nemmeno trombe a pistoni...
E Franzli? Avrà scelto sol minore per caso, perché gli serviva una tonalità "triste", o magari ha scelto proprio sol minore perché pensava anche lui, come Beethoven, che sol minore fosse una tonalità nera (come la morte, appunto)?
È intenzionale la sua scelta? La tonalità, certo, si sceglie. Ma come? E perché?
Passiamo a un altro elemento, il ritmo.
Che fa questo signore? Vaga, cammina, marcia... Ecco, appunto: marcia. E la marcia è in due: sinist-dest, sinist-dest, arsi e tesi (non la tesi di Bagnai, quella della metrica). E infatti il pezzo è in due quarti. Il ritmo si sceglie, e qui, mi ci gioco una palla (come il medico di "Caro diario"), l'intenzione c'è. Franzli ha scelto il 2/4 perché è il tempo delle marce.
Passiamo a un altro elemento, la melodia.
Avete mai provato a far vibrare un elastico? Più lo tendete, e più il suono diventa acuto: vale con qualsiasi corda, da quelle della chitarra a quelle del cembalo. Succede anche nel flauto. Soffiando poco, si ottiene una data nota. Aumentando l'energia, soffiando di più, si ottiene una nota più acuta, si passa all'ottava superiore (il primo armonico: godete, ingengngnieri!). La morale qual è? Che ogni intervallo musicale, cioè ogni salto, in particolare verso una nota più acuta, richiede energia, tanta più energia quanto più ampio è il salto (verso l'alto).
Ora, vi ho detto che il nostro viandante è stanco. E qual è l'intervallo che richiede meno energia, l'intervallo zero? È l'unisono, cioè il ripetere la stessa nota, senza "tirare l'elastico", senza "iperinsufflare". Ripetere. E infatti, se ci fate caso, il modulo melodico che Franzli usa nell'introduzione è la ripetizione per cinque volte della stessa nota: si-si-si-si-siiiii, la-la-la-la-laaaa. Sfibrato, fiacco. Il gioco è più raffinato di così, perché il pezzo inizia con uno slancio, una anacrusi (per voi che amate i post tecnici): le due semicrome, sol-la. Ma dopo questo slancio iniziale, dopo averci fatto credere che sarebbe successo qualcosa, la melodia si spegne in una risacca di cinque note identiche, l'ultima più lunga. E anche questo un valore ce l'ha, perché anche se l'unisono è l'intervallo meno "energetico", il ripetere una nota domanda più energia del non farlo, quindi l'allentamento del ritmo (cioè delle ripetizioni) è un cedimento.
Intenzionale?
Apro e chiudo una parentesi per ricordare ai tecnici che negli esercizi di contrappunto non sono molto gradite le ribattute. Però un loro valore espressivo ce l'hanno. Ma non apriamo anche questo capitolo (rules vs. discretion).
Ce ne sarebbero di cose da dire, di elementi da evidenziare, dove una "intenzione" salta fuori, di scelte verosimilmente non casuali, o forse casuali, chissà... Ma io ho fatto 1200 metri di dislivello "a secco", venendo da un mese di inattività, e quindi non posso guidarvi in tutte (e poi c'è l'ottimo Brian Daper che vi ho linkato sopra). Voglio condividere con voi solo una cosa, il finale del pezzo, ai 2:59. Sono poche battute, che mi riempivano di una sbigottita ammirazione - da signorina di buona famiglia - quando, 36 anni fa, cominciai ad addentrarmi nel Winterreise. Ci sarebbe anche da dire come ci arrivai al Winterreise, perché è pertinente. A quel tempo, oltre a non avere assolutamente nozione né di cosa fosse un economista né del fatto che sarei diventato un economista relativamente celebre, ero anche un barocchista integralista. La musica si fermava al 1750, mal perdonavo a Haendel e Telemann di essere sopravvissuti a Bach, e il pianoforte mi faceva profondamente ribrezzo. Poi andai a vedere il Don Giovanni di Losey. Quel film, in qualche modo, forse anche per circostanze accessorie, mi fece sfondare quota 1750. Tornando a casa, mia madre mise su il Winterreise. È cominciato così il mio viaggio nel Viaggio.
Ma insomma, andiamo alla fine del pezzo, dove il viandante afferma di dover percorrere una strada che nessuno ha ancora percorso a ritroso (ci sarebbe quella eccezione, nella dominante di sol minore - causa trombe - ma lasciamo perdere).
A 2:59 il pianoforte comincia a ribattere un sol. Per gli ingengngnieri della musica: sì, è un pedale di tonica. Poi entra la voce, che riprende il modulo ritmico dell'inizio ta-ta ta ta ta ta taaaa, ma cantandolo sulla stessa nota: un sol, anche lei. La melodia diventa statica, radddoppia il pedale, ma qualcosa si muove. A 3:04 entrano due note del pianoforte: un fa (in alto) e un si naturale (in basso). Mantenendo il sol in mezzo, la parte superiore e quella inferiore del pianoforte si vengono incontro: a ogni battuta la nota superiore slitta verso il basso di un semitono, e quella inferiore, a specchio, slitta verso l'alto di un semitono. Movimento per moto contrario - e anche qui i tecnici sanno cos'è, sanno perché, sanno chi è. Ora, quando ero una signorina di buona famiglia, non riuscivo proprio a capacitarmi del perché Schubert avesse scelto questa soluzione, e del come riuscisse a far quadrare i conti. C'è evidentemente un'intenzione razionale in questo disegno, simbolica. Dopo l'unisono, il semitono è l'intervallo più piccolo, quello che richiede meno energia. E il ritmo armonico - cioè il cambio di accordo - è molto rallentato: l'armonia cambia a ogni slittamento di semitono, cioè a ogni battuta, cioè ogni quattro sol ribattuti dal pianoforte e dal cantante. Ma perché?
Ci sono un paio di "intenzioni" retoriche che ora vedo, o credo di vedere.
Una ve la dice anche Brian: questo moto contrario del piano inizia dall'intervallo si-fa naturale, che per tutta una serie di motivi è il più instabile in musica, quello che genera maggior tensione - e come tale ultradeprecato nel contrappunto osservato: il tritono, diabolus in musica. Ma sarebbe lungo spiegarvi il perché e il per come - anche se prima di morire lo farò (vabbè, lo faccio per gli happy few: è chiaro che la tensione risiede nell'ambiguità: puoi risolvere "stringendo" l'intervallo o "allargandolo", ci siamo?). La "strada dalla quale nessuno è tornato" inquieta, genera tensione: da qui la scelta (intenzionale?) del tritono, che poi si chiude e conduce verso la quiete della tonica.
Ce n'è anche un'altra di intenzione retorica, che da signorina di buona famiglia non vedevo, ma che ora, dopo tanti esami di retorica musicale, mi è assolutamente evidente, e della quale vi ho già parlato. Il disegno superiore del pianoforte (fa-mi-mib-re-reb-do) è il nostro amico passus duriusculus, la figura del dolore. Guardate, di questo materiale, che uso fa Giovannino:
e guardate quante scelte intenzionali: ad esempio, ci avete fatto caso che la seconda volta le voci entrano "in croce" (il video lo evidenzia). Un simbolo. Intenzionale? Ah, per inciso: la pertinenza del raccontino di cui sopra - la scoperta di Mozart dopo Schubert - risiede nel fatto che come Schubert accompagna verso la morte il suo viandante col passus duriusculus, così Mozart ci accompagna la morte del Commendatore, e Bach quella di Cristo.
Comunque, capire questa intenzione retorica mi ha risolto un problema: perché la discesa si ferma al do? Perché non prosegue: si, sib, la, lab, ecc.? Ci si ferma per caso?
Questa scelta ha una spiegazione retorica: il passus duriusculus è una quarta discendente (cromatica). Quindi se parte dal fa, finisce sul do: fa-mi-re-do. E anche il fatto che sia una quarta non è casuale. La scala di quarta discendente è una delle scale più antiche, corrisponde al tetracordo greco, che è composto da quatto note per non per caso, ma per motivi organologici: la lira greca aveva in origine quattro corde (e per i greci, al contrario che per noi, le scale erano discendenti). Quanta scelta aveva Schubert due millenni dopo?
Noi (io, voi), noi europei, lo abbiamo nel sangue, l'Europa è questo, anche quando non ne sappiamo niente perché siamo beati.
Ma non allarghiamo oltremodo il discorso, che vorrei concludere con una domanda:
"Cara Sandra, come fai a essere sicura di cosa sia intenzionale o meno in una scelta estetica?"
State contenti, umana gente, al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;
e disiar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch'etternalmente è dato lor per lutto:
io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri";
Fra i quali mi trovo anch'io, come ho cercato di farvi capire...)
(...non vedo l'ora che venga domani per capire se ho ancora il ginocchio destro...)
(Ah, per inciso: die Literatur ist überhaupt kein Beruf, sondern ein Fluch...)
Quanto è "costruita" l'arte? Quanto è "spontanea"? Quanto incidono le regole? Quanto la libertà? Quanto il caso?
Chi vuole fare l'artista questo problema in qualche modo deve porselo. Quanto costruisco i miei libri? Quali regole adopero nella mia prosa? Se non se lo pone lui, glielo pongono i suoi maestri. A me, per esempio, lo poneva con insistenza il mio maestro di contrappunto storico prima, e di analisi musicale poi, un compositore romano. Negli esercizi di contrappunto la domanda era sempre: "Cosa vuoi dire?", o "Perché hai fatto così?". Il principio era quello di Cicerone: rem tene, verba sequentur. Magari, però, in economia la res è più facile da intuire che in musica. Qual è la "materia prima" musicale? Ora dovrei entrare un po' nel tecnico, e un giorno prometto che lo farò e ci divertiremo, ma insomma, per restare sull'immediatamente comprensibile, quello che il mio maestro voleva farmi capire è che un pezzo, anche piccolo, deve avere una sua struttura, deve essere costruito, deve avere, direbbe Sandra, un'intenzione. Ad esempio, una melodia ha naturaliter un punto culminante - la nota più alta, l'acuto - e il dove si trova quel punto non è cosa banale, non può essere lasciata al caso, e nelle composizioni dei grandi - come mi mostrava quando invece facevamo analisi - evidentemente non veniva lasciato al caso (insieme a tanti altri dati strutturali sui quali non mi soffermo - per ora...). Una delle sue espressioni favorite era: "Perché se non capiamo questo poi ci sbigottiamo a ogni pagina come le signorine di buona famiglia che si intrattengono al pianoforte...".
E qui si apriva un'altra riflessione: quanta parte ha la dimensione razionale nel godimento estetico? Capire cosa sta succedendo, controllare la situazione, in qualche modo, aumenta o diminuisce il piacere? Per un sadico - che è una persona gentile con un masochista, lo ricordo sempre - non ci dovrebbero essere dubbi. D'altra parte, se per farsi piacere Beethoven bisognasse essere compositori, del buon Ludovico Van si sarebbe persa la memoria...
Per tornare alla categoria usata da Sandra, quella dell'intenzionalità, chi ha provato seriamente, professionalmente, analiticamente, a delimitarne la sfera, sa quanto questo lavoro sia, se pure utilissimo per acquisire la consapevolezza dei propri mezzi espressivi, in definitiva frustrante. Quanto ci sia di "intenzionale" nel lavoro di un artista non lo sapremo mai, e se lo sapessimo potremmo tranquillamente affidare il compito creativo a una macchina, cosa che è possibile solo in alcuni casi - che, forse, non rientrano esattamente nel dominio dell'alta espressione artistica - ma anche qui sarà giudice il tempo.
Forse, come al solito, un disegnino aiuterà, e possiamo usare Schubert per farlo.
Un'analisi molto accurata la trovate qui. Senza entrare così tanto in dettaglio (magari fatelo voi) vi faccio solo vedere qualche intenzione (?) di Schubert.
Per ragionarci sopra, dobbiamo partire da una domanda: che storia racconta Schubert (cioè, per la precisione, Mueller) nel Winterreise? Quella di un viandante che intraprende un viaggio senza meta, sospinto da un amore infelice. "Il dato", come avrebbe detto il mio maestro, è che il Wegweiser è il 20° lied del ciclo: siamo verso la fine, il viandante è stanco e si interroga sul perché del suo andare evitando i sentieri battuti, del suo andare in cerca di una pace che non trova, perché non può trovarla, e non potrà trovarla se non percorrendo quel sentiero dal quale nessuno è tornato.
Cioè con la morte.
Siamo all'allegria, come vedete, e del resto, come apprendo scrivendovi questo bel discorZetto, il Winterreise sta a Schubert come il Requiem a Mozart e lo Stabat Mater a Pergolesi (e se semo capiti...).
I più esperti capiranno che qui è di prammatica la scelta di una tonalità minore, e questo è il primo gesto ovviamente "intenzionale" di Schubert. Chi non sa la differenza fra minore e maggiore è capitato nel posto giusto, perché se vi ascoltate il video qua sopra, a 0:54 la stessa melodia viene ripresentata in maggiore: più serena, meno triste. Anche se Wikimm ovviamente non è d'accordo, non tutte le tonalità minori sono uguali: da Mattheson in giù i musicisti si sono interrogati sul loro valore estetico. In certi casi la scelta era dettata da motivi pratici: ad esempio, le trombe barocche essendo per lo più tagliate in re, ecco che re maggiore veniva naturaliter considerata una tonalità marziale, che certo non significa triste, ma non significa nemmeno esattamente allegro. La scelta di re maggiore era una scelta intenzionale, dettata da una certa estetica della tonalità, o era una non scelta, dettata dalla tecnologia dello strumento? Non c'era un cane da fotografare, e non c'erano nemmeno trombe a pistoni...
E Franzli? Avrà scelto sol minore per caso, perché gli serviva una tonalità "triste", o magari ha scelto proprio sol minore perché pensava anche lui, come Beethoven, che sol minore fosse una tonalità nera (come la morte, appunto)?
È intenzionale la sua scelta? La tonalità, certo, si sceglie. Ma come? E perché?
Passiamo a un altro elemento, il ritmo.
Che fa questo signore? Vaga, cammina, marcia... Ecco, appunto: marcia. E la marcia è in due: sinist-dest, sinist-dest, arsi e tesi (non la tesi di Bagnai, quella della metrica). E infatti il pezzo è in due quarti. Il ritmo si sceglie, e qui, mi ci gioco una palla (come il medico di "Caro diario"), l'intenzione c'è. Franzli ha scelto il 2/4 perché è il tempo delle marce.
Passiamo a un altro elemento, la melodia.
Avete mai provato a far vibrare un elastico? Più lo tendete, e più il suono diventa acuto: vale con qualsiasi corda, da quelle della chitarra a quelle del cembalo. Succede anche nel flauto. Soffiando poco, si ottiene una data nota. Aumentando l'energia, soffiando di più, si ottiene una nota più acuta, si passa all'ottava superiore (il primo armonico: godete, ingengngnieri!). La morale qual è? Che ogni intervallo musicale, cioè ogni salto, in particolare verso una nota più acuta, richiede energia, tanta più energia quanto più ampio è il salto (verso l'alto).
Ora, vi ho detto che il nostro viandante è stanco. E qual è l'intervallo che richiede meno energia, l'intervallo zero? È l'unisono, cioè il ripetere la stessa nota, senza "tirare l'elastico", senza "iperinsufflare". Ripetere. E infatti, se ci fate caso, il modulo melodico che Franzli usa nell'introduzione è la ripetizione per cinque volte della stessa nota: si-si-si-si-siiiii, la-la-la-la-laaaa. Sfibrato, fiacco. Il gioco è più raffinato di così, perché il pezzo inizia con uno slancio, una anacrusi (per voi che amate i post tecnici): le due semicrome, sol-la. Ma dopo questo slancio iniziale, dopo averci fatto credere che sarebbe successo qualcosa, la melodia si spegne in una risacca di cinque note identiche, l'ultima più lunga. E anche questo un valore ce l'ha, perché anche se l'unisono è l'intervallo meno "energetico", il ripetere una nota domanda più energia del non farlo, quindi l'allentamento del ritmo (cioè delle ripetizioni) è un cedimento.
Intenzionale?
Apro e chiudo una parentesi per ricordare ai tecnici che negli esercizi di contrappunto non sono molto gradite le ribattute. Però un loro valore espressivo ce l'hanno. Ma non apriamo anche questo capitolo (rules vs. discretion).
Ce ne sarebbero di cose da dire, di elementi da evidenziare, dove una "intenzione" salta fuori, di scelte verosimilmente non casuali, o forse casuali, chissà... Ma io ho fatto 1200 metri di dislivello "a secco", venendo da un mese di inattività, e quindi non posso guidarvi in tutte (e poi c'è l'ottimo Brian Daper che vi ho linkato sopra). Voglio condividere con voi solo una cosa, il finale del pezzo, ai 2:59. Sono poche battute, che mi riempivano di una sbigottita ammirazione - da signorina di buona famiglia - quando, 36 anni fa, cominciai ad addentrarmi nel Winterreise. Ci sarebbe anche da dire come ci arrivai al Winterreise, perché è pertinente. A quel tempo, oltre a non avere assolutamente nozione né di cosa fosse un economista né del fatto che sarei diventato un economista relativamente celebre, ero anche un barocchista integralista. La musica si fermava al 1750, mal perdonavo a Haendel e Telemann di essere sopravvissuti a Bach, e il pianoforte mi faceva profondamente ribrezzo. Poi andai a vedere il Don Giovanni di Losey. Quel film, in qualche modo, forse anche per circostanze accessorie, mi fece sfondare quota 1750. Tornando a casa, mia madre mise su il Winterreise. È cominciato così il mio viaggio nel Viaggio.
Ma insomma, andiamo alla fine del pezzo, dove il viandante afferma di dover percorrere una strada che nessuno ha ancora percorso a ritroso (ci sarebbe quella eccezione, nella dominante di sol minore - causa trombe - ma lasciamo perdere).
A 2:59 il pianoforte comincia a ribattere un sol. Per gli ingengngnieri della musica: sì, è un pedale di tonica. Poi entra la voce, che riprende il modulo ritmico dell'inizio ta-ta ta ta ta ta taaaa, ma cantandolo sulla stessa nota: un sol, anche lei. La melodia diventa statica, radddoppia il pedale, ma qualcosa si muove. A 3:04 entrano due note del pianoforte: un fa (in alto) e un si naturale (in basso). Mantenendo il sol in mezzo, la parte superiore e quella inferiore del pianoforte si vengono incontro: a ogni battuta la nota superiore slitta verso il basso di un semitono, e quella inferiore, a specchio, slitta verso l'alto di un semitono. Movimento per moto contrario - e anche qui i tecnici sanno cos'è, sanno perché, sanno chi è. Ora, quando ero una signorina di buona famiglia, non riuscivo proprio a capacitarmi del perché Schubert avesse scelto questa soluzione, e del come riuscisse a far quadrare i conti. C'è evidentemente un'intenzione razionale in questo disegno, simbolica. Dopo l'unisono, il semitono è l'intervallo più piccolo, quello che richiede meno energia. E il ritmo armonico - cioè il cambio di accordo - è molto rallentato: l'armonia cambia a ogni slittamento di semitono, cioè a ogni battuta, cioè ogni quattro sol ribattuti dal pianoforte e dal cantante. Ma perché?
Ci sono un paio di "intenzioni" retoriche che ora vedo, o credo di vedere.
Una ve la dice anche Brian: questo moto contrario del piano inizia dall'intervallo si-fa naturale, che per tutta una serie di motivi è il più instabile in musica, quello che genera maggior tensione - e come tale ultradeprecato nel contrappunto osservato: il tritono, diabolus in musica. Ma sarebbe lungo spiegarvi il perché e il per come - anche se prima di morire lo farò (vabbè, lo faccio per gli happy few: è chiaro che la tensione risiede nell'ambiguità: puoi risolvere "stringendo" l'intervallo o "allargandolo", ci siamo?). La "strada dalla quale nessuno è tornato" inquieta, genera tensione: da qui la scelta (intenzionale?) del tritono, che poi si chiude e conduce verso la quiete della tonica.
Ce n'è anche un'altra di intenzione retorica, che da signorina di buona famiglia non vedevo, ma che ora, dopo tanti esami di retorica musicale, mi è assolutamente evidente, e della quale vi ho già parlato. Il disegno superiore del pianoforte (fa-mi-mib-re-reb-do) è il nostro amico passus duriusculus, la figura del dolore. Guardate, di questo materiale, che uso fa Giovannino:
e guardate quante scelte intenzionali: ad esempio, ci avete fatto caso che la seconda volta le voci entrano "in croce" (il video lo evidenzia). Un simbolo. Intenzionale? Ah, per inciso: la pertinenza del raccontino di cui sopra - la scoperta di Mozart dopo Schubert - risiede nel fatto che come Schubert accompagna verso la morte il suo viandante col passus duriusculus, così Mozart ci accompagna la morte del Commendatore, e Bach quella di Cristo.
Comunque, capire questa intenzione retorica mi ha risolto un problema: perché la discesa si ferma al do? Perché non prosegue: si, sib, la, lab, ecc.? Ci si ferma per caso?
Questa scelta ha una spiegazione retorica: il passus duriusculus è una quarta discendente (cromatica). Quindi se parte dal fa, finisce sul do: fa-mi-re-do. E anche il fatto che sia una quarta non è casuale. La scala di quarta discendente è una delle scale più antiche, corrisponde al tetracordo greco, che è composto da quatto note per non per caso, ma per motivi organologici: la lira greca aveva in origine quattro corde (e per i greci, al contrario che per noi, le scale erano discendenti). Quanta scelta aveva Schubert due millenni dopo?
Noi (io, voi), noi europei, lo abbiamo nel sangue, l'Europa è questo, anche quando non ne sappiamo niente perché siamo beati.
Ma non allarghiamo oltremodo il discorso, che vorrei concludere con una domanda:
"Cara Sandra, come fai a essere sicura di cosa sia intenzionale o meno in una scelta estetica?"
State contenti, umana gente, al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;
e disiar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch'etternalmente è dato lor per lutto:
io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri";
Fra i quali mi trovo anch'io, come ho cercato di farvi capire...)
(...non vedo l'ora che venga domani per capire se ho ancora il ginocchio destro...)
(Ah, per inciso: die Literatur ist überhaupt kein Beruf, sondern ein Fluch...)
Per analogia, queste parole mi fanno riflettere sull'architettura - che conosco meglio. Ogni passaggio della costruzione è 'intenzione' - a volte tecnica, a volte estetica; quando si fondono entrambe, armoniosamente, è la felicità! Anche qui c'è una tradizione antica (il tetracordo, o i Cinque Ordini). Cito: "L'architettura è uno dei modi per conoscere il mondo". Come la musica, immagino.
RispondiEliminaC'è un'animazione che mi ha affascinato non appena l'ho vista: la ricostruzione del progetto di San Pietro del Bramante. A volte, il Bramante si scontra con i vincoli dello stato di fatto, altre, fa riferimento alla tradizione (il Pantheon). Ogni passaggio, ogni scelta, è una 'intenzione'.
RispondiEliminaDovremmo scambiarci i vocabolari. Nel mio "intenzionale" non significa "determinato da circostanze esterne", come "astio" non significa "sdegno" (ma Daniele lo perdono perché ingengngniere)...
Elimina"Quanto ci sia di "intenzionale" nel lavoro di un artista non lo sapremo mai"
EliminaLeggendo questo post tecnico, riflettevo appunto su altre tecniche progettuali (perché di questo si parla, qui, se non erro clamorosamente: di 'progetto'). L'animazione che ho citato mostra la successione degli schizzi di Bramante, riflette il suo pensiero artistico, le sue 'intenzioni' in senso ampio, non solo intese come reazioni alle circostanze esterne. Ho trovato estremamente interessante esaminare i dettagli tecnici nella costruzione di un brano musicale. Costruzione, progetto, appunto. Intenzionale nel senso di razionale, mi pare, nel vocabolario di questo post. In questo senso, ci sono alcuni passaggi della progettazione di Bramante che sono razionali, altri che non lo sono, sono puro godimento di Forma...
Un esempio di anacrusi nella Die Zauberflöte: all'inizio di Dies Bildnis ist bezaubernd schön (pezzo che ho cantato da giovine)
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=uVb12RXmM0M
Arte e musica, cose a me sconosciute, ragioniere e studente di economia a guardare a 2 metri di distanza e ad ascoltare (una volta) il "fogno". Ora grazie a lei e ad il progetto europeo più funzionante degli ultimi decenni (erasmus), nella culla dei fratelli Grimm, sto riuscendo ad apprezzare cose che fino a poco tempo fa quasi disprezzavo e ritenevo superflue.. Un infinito grazie
RispondiEliminaLIBERO ARBITRIO
RispondiEliminaSon proprio epicicli che ruotano attorno ad un solare gli ascolti di di un magico Pergolesi [una chicca del 1979 con Abbado, Ricciarelli, Valentini nel duomo di Cremona, quello della mostarda e del torrone oggi olandesi] .
Basta un poco di conoscenza della caduta libera.
Grazie, come sempre.
Professore carissimo, la sua citazione da Caro diario (l'unica, ahimè, alla mia portata, nella sfilza che, pure a notte fonda, lei ha avuto la bontà di proporci. Decisamente non sono di buona famiglia - e di buona volontà - quanto lei!...) me ne ha suggerita un'altra, sempre da Moretti (quando ancora era Moretti!): m'ha fatto ripensare a quel "grande teologo" ('... Non sono un teologo!') che avrebbe cambiato la vita di Simone il cattolico (superfluo precisare il titolo della pellicola, con uno come lei!...), ed alla (sua?) teoria secondo cui, se non ricordo male, ci sono quattro tipi di silenzio: metterli tutti insieme è difficilissimo, quasi impossibile. E su questo, per l'appunto, mi taccio. Buone vette!
RispondiEliminaAlessandro
Azz era meglio un post tecnico!
RispondiEliminaParlando di scelte intenzionali, credo che lo siano quelle del suddetto diversamente snello e del ragazzo di Prato. Hanno scelto di reinventarsi proeuro (o solo contro Bagnai?) e così (casualmente?) hanno iniziato a scrivere sul sole24ore. D'altronde come hai detto in passato, se ti avessero pagato molto bene forse avresti parlato bene anche tu dell'euro.
Anche io amo la fotografia (nei limiti delle mie capacità) e devo dire che diverse volte le foto più belle che ho fatto non erano intenzionali.
Questo È un post tecnico. I due che citavi vi hanno fatto il favore di farvi capire perché me li son scrollati di dosso. È palese che il loro unico obiettivo era avere visibilità a qualsiasi costo per consolidare la propria autostima. Obiettivo lecito ma non compatibile con la nostra battaglia ideale. Mi scuso con i non pochi di voi che lo avevano capito molto prima di me. Sono ingenuo.
EliminaParlando di Arte pittorica e per speculare analogia con Caspar David F. volevo segnalare l' altra componente del romanticismo pittorico paesaggistico di estrazione germanica, ma che dopo aver iniziato con i paesaggi apini, venne a dipingere in Italia, scegliendo lo scenario paesaggistico di Olevano per i suoi quadri di paesaggio ideale di natura neoclassica; Joseph Anton Koch (Elbigenalp, 27 luglio 1768 – Roma, 12 gennaio 1839)
RispondiElimina«Car l’instinct dicte le devoir et l’intelligence fournit les prétextes pour l’éluder. Seulement les excuses ne figurent pas dans l’art, les intentions n’y sont pas comptées, à tout moment l’artiste doit écouter son instinct, ce qui fait que l’art est ce qu’il y a de plus réel, la plus austère école de la vie, et le vrai Jugement dernier. »
RispondiEliminaLe Temps Retrouvé
Grazie. Non lo ricordavo.
Elimina(...non vedo l'ora che venga domani per capire se ho ancora il ginocchio destro...)
RispondiEliminaDa un ginocchio che ha fatto la cosa giusta ci si può aspettare Winterreise in tempi relativamente brevi. :)
ps ben venga la preterintenzionalita' dell'economia se scrive così di musica.
Ho ancora il ginocchio.
EliminaGrazie Alberto. Mentre leggevo ed ascoltavo, per qualche motivo mi è tornata in mente la Diana Ross di Upside down:
RispondiElimina...
Instinctively you give to me
The love that I need...
https://www.youtube.com/watch?v=RrsGnz5QfLg
forse è perché è stano come una discesa vista dal basso somigli a una salita che non riesco bene a capire se queste cose tu le faccia intenzionalmente o ti vengano d'istinto :o))))
ciao! carlo (quello del flauto)
Non solo sono fra i diversamente europei, ma anche di quelli che hanno poche lacune nella propria ignoranza. Non sono nemmeno un artista, ma avendo avuto sempre sotto gli occhi le opere dei nostri avi (quelli che hanno trasformato le pietre in torri maschie e piazze femmine)mi sono fatto l'idea che nella vera opera d'arte c'è sempre un "guizzo" in più anche rispetto alla eventuale intenzionalita dell'artista. Un nonsocche' di Divino.
RispondiEliminaGrazie per quello che fate.
Una nota di colore: sulle attuali tastierone elettroniche forti del Nord il Winterreise suona in FAm! :-) (rigorosamente a 440 Hertz)
RispondiEliminaPer professione cerco sempre di concentrarmi su quello che un artista (figurativo, nel mio caso) fa per SCELTA. Sono convinta che le opere d'arte più riuscite siano quelle dove le scelte sono più chiare: qualcosa si prende, si impugna con decisione, il resto lo si abbandona, per quanto collaudato e rassicurante sia. In questo io vedo l'INTENZIONE.
RispondiEliminaQuando so che la scelta é consapevole, e non qialche cosa di istintivo, automatico o altro? Quando è DOCUMENTATA. Caravaggio la detto chiaramente cosa intendeva fare e non fare. Di Brunelleschi non abbiamo dichiarazioni personali, ma avbiamo altre testimonianze in merito. E anche se non ci fossero, chi potrebbe dubitare che la sua intenzione fosse creare un linguaggio architettonico nuovo rinunciando al gotico? Certo, parlo di artisti molto innovativi, ma anche altri hanno comunque fatto la loro scelta, magari di operare una mediazione tra le scelte indotte dalla cultura figurativa corrente e le proprie, come Ghiberti.
Fuori da questa intenzione ci sono le scelte che altri fanno al posto tuo: i committenti, i maestri, il mercato, i limiti imposti dai materiali e dalle tecniche ...Altro non saprei dire.
Non pensavo però di dover ringraziare il prof. Bagnai anche per le sue esegesi musicali
#zecchinilafafacile
Elimina...ma non ha preso da me!
Eliminaecco, ho appena scoperto quel tostissimo blog e lo trovo già morto da 5 anni... e ironia della sorte (o c'era l'intenzione?) quel post é l'ultimo.
RispondiEliminaIo Suono la chitarra da autodidatta.
RispondiEliminaIl miei generi preferiti sono blues, Classic rock e canzoni classiche napoletane.
Per i primi due credo di poter dire che la loro intenzionalità è molto vaga nella maggior parte dei casi. Si, si sceglie la chiave (major or minor) e poi la chord progression, ma i licks e le melodie che ne vengono fuori se studiati sfociano sempre in un certo modal playing che se uno pensa che lo hanno fatto apposta sarebbe davvero da geni!
La musica è come un linguaggio, i più grandi chitarristi non sanno neanche leggere uno spartito, ma perché Sono stati esposti in quantità e qualità enormi di musica, per loro l'intenzionalità viene naturale...
Just my two cents on the subject
Meraviglioso post tecnico:si capisce tutto a volo senza doverci tornare sopra!
RispondiEliminaStabilire cosa ci sia di intenzionale in una scelta estetica comporta due precondizioni impossibili:dovremo chiederlo all'artista,ed anche fidarci della sua risposta.L'analisi,musicale nello specifico,ci soccorre a sufficienza,e ci lascia anche lo spazio per le nostre opinioni personali.
Un'intenzionalità totale presupporrebbe comunque una macchinazione,una truffa come quella di chi,senza sapere il perché del re maggiore,desidera comunque il re maggiored'altri.
(Mi scuso per quest'ultima che so non essere al livello del blog,ma magari mi riesce di impallinare un raro piddino di passaggio).
Eco : Bagnai = Postmoderno : Neoilluminismo
RispondiEliminaMi piacciono i post tecnici.
RispondiEliminaDa corista del mercoledì sera riuscire a vedere quello che ho creduto di intuire in qualche momento è stata una rivelazione imprevista.
Anche per questo, grazie.
P.s. --
Mi torna in mente dopo questo post il mito dell'invenzione della lira.
RispondiEliminaHermes, dio del commercio, del furto e della comunicazione (insomma dell'economia) appena nato era già propenso alle malefatte. La sua prima impresa fu rubare il bestiame (il peculio, etimogicamente) degli dei, custodito da Apollo dio del Sole della medicina e della poesia.
Lo fece con scaltrezza, confondendo le orme dei bovi in modo da essere certo di farla franca, e con rispetto, sacrificando due begli esemplari a Zeus. Dai loro tendini e dal guscio di una tartaruga inventò la Lira, e subito si mise a suonarla traendone dolcissime note.
Apollo però poté trovarlo grazie alla divinazione; voleva punirlo, ma rapito della musica si contentò di farsi pagare il peculio con la nuova lira, guadagnandone in arte e in magnanimità.
il vero artista e' sempre CRIPTICO
RispondiEliminaSi però:
RispondiElimina" [...] Io veggio ben che già mai non si sazia
nostro intelletto, se ’l ver non lo illustra
di fuor dal qual nessun vero si spazia. 126
Posasi in esso, come fera in lustra,
tosto che giunto l’ ha; e giugner puollo:
se non, ciascun disio sarebbe frustra. 129
Nasce per quello, a guisa di rampollo,
a piè del vero il dubbio; ed è natura
ch’al sommo pinge noi di collo in collo. [...] " 132
Che poi è il Canto IV del Paradiso, quello in cui spunta fuori San Lorenzo e il suo "volere intero" ( non me lo ricordavo minimamente. E' divertente perchè con la scusa dei suoi post io rileggo Dante e mi chiedo come mai non abbia avuto il coraggio di fare Lettere alla fine). Che incredibile fatalità. Non ricordo dove l'ho letto, ma Borges diceva che chiamiamo caso la nostra incapacità di spiegarci la concatenazione degli eventi. Quindi con l'intenzionalità (?) c'azzecca.
Comunque è verissimo. Questo blog ha una dimensione letteraria. Direi quasi esclusivamente. Per quello che me piace; Virgilio, poi,lo gestisce bene. Un wegweiser serve. E comunque dal Limbo c'è anche chi è uscito, quindi fossi in Lei non mi preoccuperei troppo.
PS La colpa del mio sproloquio è dovuta alle caramelle Rossana; sono le mie Madeleines.....
PS2 "Er giurista nerd" è sensibile a questi post nun resiste... si lo so sono come le tre streghe del Macbeth ho il nasone e, soprattutto, occhi ovunque: Fair is foul, and foul is fair.... Dite a Huon de Bordeaux che non ci sono rimasto male...
"La natura è un'arpa eolia, uno strumento musicale i cui suoni sono a loro volta tasti di corde piú alte in noi.
RispondiEliminaLa nostra anima deve essere aria perché sa la musica e vi trova piacere. Il suono è sostanza aerea, anima aerea, il moto propagatorio dell'aria è un'impressione dell'aria mediante il suono. Nell'orecchio il suono rinasce.
Ogni strumento è un sistema di suoni originali accordato in grande stile. Strumenti in minore e strumenti in maggiore; ciascuno ha la sua propria vocale fondamentale. La voce umana è, per cosí dire, il principio e l'ideale della musica strumentale.
Chi risuona veramente, il corpo o l'aria? Non è forse il fluido elastico la vocale e il corpo la consonante? L'aria il sole e i corpi i pianeti? quella la prima voce, questi la seconda?
Ogni metodo è ritmo: se si toglie il ritmo del mondo, si toglie anche il mondo. Ogni uomo ha il suo ritmo individuale.
La musica degli antichi sarà forse stata piú ritmica mentre la nostra è piú melodica?
I lamenti della nostra musica religiosa sono adeguati soltanto alla religione della penitenza, all'Antico Testamento, nel quale, a rigore, ci troviamo ancora. Il Nuovo Testamento è per noi ancora un libro con sette suggelli.
La musica da ballo e le canzoni non sono la vera musica. Sono soltanto sottospecie. Sonate, sinfonie, fughe, variazioni: ecco la vera musica.
La vita dell'uomo colto dovrebbe alternarsi fra musica e non musica, come fra sonno e veglia."
Friedrich von Hardenberg Novalis
(Grazie per la musica).
RispondiEliminaCantare con intenzione
(Alessandra/Cassandra Lupa ululante da Firenze. Quando lo abbiamo cantato, svariate intenzioni sono state necessarie e sguardi. Gregorio Allegri, "Misere mei, Deus" qui nell'edizione dei Tallis Scholars. Qui domani, Lunedì 10 agosto, secondo l'app. che telefona a casa per conto del Sindaco, tempo da tregenda con trombe d'aria: pietà.)
Prof. mi permette di entrare in punta di piedi e di esprimere un piccolo pensiero....?
RispondiEliminaSono una donna ma non la capisco e non farò finta di farlo. Non la capisco quando parla di musica, mi perdo quando parla di economia in termini tecnici, non riesco a seguirla con tutti i suoi riferimenti letterari....eppure sono qui, sempre, ogni giorno, contribuisco (nel mio piccolo, e me ne rammarico!) ad a/simmetrie e con il 5×1000, aspetto con ansia il goofy compleanno, quando le distanze lo permettono la seguo nelle sue trasferte (nonostante mi "nasconda" tra la gente, e anche di questo mi rammarico!); e tutto questo perchè qui c'è del BELLO, nel senso più puro e più completo; nella sua onestà intellettuale ancor prima che nella sua arte.
Ringraziarla è diventato quasi banale e allora ho voluto dirle solo questo: la bellezza abbaglia come la verità e forse le due cose coincidono...
Il problema con te non è che non mi capisci ma che sei in punizione perché alla presentazione del libro di Polimeno non mi hai nemmeno salutato! Che tte penzi che mme lo dimentico? Uno rancoroso come me? Stai fresca!
EliminaCaspita! Punita dar Cavajerenero! Qui la faccenda si fa seria...
EliminaMa lo sai che er cavajerenero ha un Quore grosso Qosì... Dai che quando vengo a S. Maria Goretti busso a tutte le porte finché non ti stano...
EliminaMusicalmente parlando, è vero, la masturbazione porta sempre a qualcosa di buono e tutti i maschietti e parte delle femminucce lo sanno.
RispondiEliminaTra i più grandi masturbatori abbiamo Mozart, Coltrane, Paganini, Zappa, i Weather Report, tutte le suonate virtuose di pianoforte...tutte le suonate virtuose in genere dato che nella masturbazione l'immaginazione occupa tutto, se poi c'è anche la tecnica le vette del piacere toccano picchi impensabili.
Resta da chiedersi come mai i Ramones abbiano avuto tanto successo (io preferisco i RATM, tutto un'altro spazio/tempo).
Qualcuno ha detto: la classica e il jazz sono tempo, il rock (hard) è spazio (con tutte le dovute sfumature, certo).
p.s. Mozart mi fa cagare (posso dirlo?).
Lo sapevo : fa del bene anche agli stitici!
Elimina@sandro ceccato
Elimina"Cacare", si dice "cacare"
@Celso, ti adoro.
EliminaCi vuol la Crusca (anche l'orecchio vuole la sua parte).
(Alessandra/Cassandra Lupa ululante da Firenze. @sandro ceccato e mi piace pure Mozart)
@obli
EliminaIl rimando al Dizionario è, oserei dire, sublime. In realtà di fronte a tanta enormità, che pure rispettiamo, ahimé, in quanto cultori della libertà di pensiero, non mi è venuta in mente altro che una spiritosaggine: citare un Nanni Moretti d'annata. (Questi ormai sono i miei pensieri, Alessandra, anche se mi deve essere balenato un qualche ricordo catulliano).
In effetti cacare suona meglio. Quello che non comprendo è l'enormità.
EliminaFino a chè si scherza anche io mi diverto con i miti, ma parlando seriamente ho smesso di avere miti intoccabili, neanche Dio mi sembra un mito intoccabile, figuriamoci Mozart.
Anche io mi masturbo con lo strumento, anzi due :-), e non sono stitico.
@sandro ceccato
EliminaMozart non è un mito, è un musicista fondamentale nella storia della musica occidentale.
Tutto interessante, ma purtroppo le premesse sono errate: il fotografo NON è un'artista (mentre lo è manifestamente il musicista).
RispondiEliminaL'artista crea, un fotografo NO.
Immaginate che io faccia una foto della pietà di Michelangelo, e poi vada il Corea, dove supponiamo nessuno l'abbia mai vista, a mostrare la mia foto.
La foto piace.
Ma chi è l'artista, io o Michelangelo?
Dov'è la creatività del fotografo?
Il fotografo ammira la bellezza, d'accordo, ma non la crea.
Nelle foto degli ambienti naturali l'artista (Dio) è piuttosto più altolocato rispetto al fotografo e se vi piace pensare d'essere dei grandi geni artistici soltanto perchè sapete ammirare la bellezza beh, sappiate che peccate di Ubris, che è una delle figlie di Satana e, figlia di tanto padre, la bellezza non solo non la crea, la offusca.
Non sò nel percorso dei flautisti e dei clavicembalisti, ma a me vedere analisi di pezzi che si possono così tanto "parlare" ne ho il voltastomaco...ho subito una vera e propria pulizia etcnico-culturale: è mai possibile che in dieci anni di corso di pianoforte non si DEBBA accompagnare un cantante nelle arie d'opera? Non si debbano leggere una overture, un concertato? E nei dieci anni di composizione non si DEBBANO comporre arie d'opera, arie da camera, oratori, CONCERTI e STUDI (patrimoni della nostra cultura)? E la chiudiamo quì. Mi pare ovvio che dopo dieci decenni di negazione della propria cultura musicale non si riesca ad insegnare altro e non mi stupisce che la insegnino anche negli altri corsi di musica. Scommetto che non si è mai chiesto perchè nessuno le ha mai portato una bella analisi delle arie per basso di Rossini, delle opere di Puccini, Verdi Bellini, degli studi di Paganini o dei concerti barocchi di uno qualsiasi dei maestri nostrani? E che dire di quelli che, stregati dalle contemporanee produzioni, hanno fatto degli autentici capolavori? Qualcuno le ha mai portsto ad esempio un brano di Chopin? Ovviamente in questa scelta c'è anche quella tendenza tronfia all'autoincensamento: nei capolavori tedeschi c'è tantissimo da spiegare perchè hanno una costruzione e una retorica molto celebrale (vedere la linea Gluck-Beethoven-Brahms etc...) e quindi molto di cui farsi fregio. Tantissimi prodotti della nostra tradizione sono imbarazzanti nella loro semplicità ed efficacia: colpiscono il bersaglio grosso con pochissimo impiego di forze. Scusi lo sfogo, sono sicuro di essere prevenuto e che in realtà i suoi insegnanti le avranno analizzato anche Rossini...però nel dubbio, per i non addetti....
RispondiEliminaSai che a parte qualche sprazzo di diversa italianità ortografica nel tuo commento non sono riuscito a cogliere altro? Dimmi la verità, sei un cantante? Dai, confessa... Per il resto (il bersaglio grosso, il grande pennello) c'è De La Motte. Ma sono sicuro che tu, da addetto, non l'hai mai aperto. Mi sbaglio?
EliminaZanolini "Contrappunto strumentale all'epoca di Bach" e "Contrappunto vocale del cinquecento", Rosen "le sonate di Beethoven" e, ci mancherebbe, ho studiato sul Dubois il contrappunto, dove ovviamente si fà doppio coro su un repertorio inesistente...Il de la Motte ...tutto è lecito. Ma, come si dice, non bisogna stare quì a misurarsi la biblioteca. E purtroppo non sono cantante ma ho studiato da pianista e compositore; e da pianista e compositore tutte le cose elencate sopra devo dire che, dal punto di vista sia artistico che professionale, mi sono mancate. Sicuramente lei è più fortunato e ha affrontato un repertorio più europeo e meno limitato dal punto di vista geografico. Purtroppo quei pupponi di repertori, compreso "l'italianissimo" Clementi, me li sono sorbiti davvero...
EliminaPerò torniamo ai fondamentali. Intanto su qui e qua l'accento non va, altrimenti fa bene il ministero a tagliarci i fondi. Poi so benissimo della povertà culturale dei programmi ordinamentali (tutti incentrati sulla tecnica strumentale e sulla letteratura specifica). Il rimedio però è stato peggiore del male. Io sono stato fortunato anche perché ho interrotto gli studi, e li ho ripresi in un'età nella quale sapevo e potevo scegliere (poi, come sempre, il caso ha aiutato. Trovarsi come insegnante di estetica e retorica Cecilia Campa, come insegnante di musica d'insieme Eduardo Hubert, ecc. (mi scusino i tanti omessi) è indubbiamente una bella fortuna, che come sai non è dato totalmente esogeno.
EliminaDopo di che, continuo a non capire cosa volessi dire.
Dobbiamo alla formazione musicale del professore almeno due elementi: la sua assoluta onestà intellettuale e la sua (impareggiabile) capacità di spiegarci i fenomeni dell'economia partendo da dati di fatto empirici. L'onesta' intellettuale scaturisce da quella indispensabile onestà che vige tra musicisti che suonano insieme, nessuno può far finta di sapere o saper fare più di ciò che realmente sa o sa fare. Per quello che riguarda il partire dall'esperienza non c'è nulla in musica, nella sua parte teorica, che non scaturisca da una analisi e sistematizzazione di prassi preesistenti alla teoria stessa. A tutti i livelli e in tutte le epoche.
RispondiEliminaBellissimo post, prof. Grazie. E grazie della dedica, naturalmente.
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