domenica 2 marzo 2025

Cinquant'anni di squilibri europei e globali

(...preparando il convegno del 5 marzo. Aiutatemi a capire se è comprensibile: dopo sette anni finalmente, mangiando ogni giorno con santa pazienza il cucchiaino di quella cosa che non è cioccolata, abbiamo l'opportunità di spiegare alla politica alcune cose che qui sono patrimonio comune. Sento la responsabilità di non perdere l'occasione, perché il momento è veramente cruciale...)

La governance europea ha esportato nel resto del mondo gli squilibri causati dalla moneta unica. La risposta ritorsiva minacciata dagli Stati Uniti è una diretta conseguenza di queste dinamiche perverse. Senza riconoscerle, capire come rispondere sarà complesso. Vediamo se i dati possono aiutarci...


Il grafico rappresenta il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti: esportazioni meno importazioni, valori sopra la linea indicano un surplus, sotto la linea indicano un deficit.

Ho deciso di rappresentare distintamente la Germania dagli "Altri Europei" (costruiti come somma algebrica dei PIGS e della Francia, trascurando Paesi più piccoli), perché la storia degli ultimi cinquant'anni è sostanzialmente quella della lotta della Germania per la supremazia commerciale. Il saldo complessivo dell'Eurozona, rappresentato in grigio, fino al 1997 è approssimato dalla somma algebrica fra Germania e Altri Europei: l'approssimazione è buona, come vedremo sotto, e comunque non altera il senso del discorso.

Dal 1975 al 2003 gli scambi fra Paesi europei si sono svolti in un contesto di sostanziale equilibrio.  Il punto è semplice: se quando la Germania esportava un po' di più (come dal 1986 al 1991, periodo dello SME credibile), gli altri Paesi importavano un po' di più, uno sbilancio compensava l'altro dentro l'Eurozona senza creare squilibri globali (nota bene: dico "l'Eurozona" per semplicità, mentre correttamente dovrei dire: l'area che sarebbe poi divenuta l'Eurozona. Ma questo so che voi lo capite).

Idem, quando gli altri esportavano un po' di più, come dal 1992 al 2002, la Germania importava un po' di più, i due sbilanci si "nettavano" dentro l'Eurozona, e non si riversavano sui mercati globali.

In effetti, in quel periodo i Paesi cui gli Stati Uniti imputavano di essere causa degli squilibri globali erano altri:


Negli anni '80 soprattutto il Giappone (vedete che la linea gialla sale quando la blu scende e viceversa), poi anche la Cina.

Dentro l'Eurozona le cose cambiano in modo vistoso dal 2004:


Nel breve volgere di quattro anni il surplus tedesco "schizza" (come direbbe un operatore informativo) a circa 200 miliardi. Simmetricamente, però, il saldo degli altri crolla a circa -200 miliardi, e quindi il risultato netto sul saldo dell'Eurozona è sostanzialmente nullo (200-200=0), a parte un picco di deficit nel 2008 in corrispondenza della crisi globale (che aveva colpito gli altri prima di noi europei, motivo per cui noi continuavamo a importare quando loro avevano già smesso di farlo, mandandoci appunto in deficit).

Che cosa stava succedendo?

A parte lo shock del 2008, quello che vediamo dal 2004 al 2011 è un mondo in cui i tedeschi vendono (surplus di bilancia dei pagamenti) e gli altri europei comprano (deficit di bilancia dei pagamenti). L'Eurozona continua così a essere mercato di sbocco a se stessa (il Sud lo è per il Nord), il mercato unico quindi ancora funziona, ma in modo sempre più asimmetrico, con squilibri formidabili, mai visti prima. Che cosa li abbia resi possibili lo vedremo dopo (suggerimento: la deflazione salariale).

Prima però vediamo come evolveva lo scenario globale:

Nel 2008, quando scrivevo The role of China in global external imbalances, tutti erano preoccupati, appunto, dalla Cina, cioè dalla linea rossa in surplus nel grafico (che all'epoca era in crescita verticale). L'Eurozona sembrava inoffensiva: nessuno sembrava notare, e a dire il vero non lo notavo nemmeno io, il potenziale destabilizzante di una situazione in cui il Paese ricco incassava duecento miliardi di dollari l'anno dai Paesi poveri (che ovviamente a questo scopo dovevano indebitarsi). Una cosa però mi era chiara, questa:


Per contribuire a riassorbire gli squilibri esterni globali, piuttosto che schiacciarsi sulle posizioni americane (ricorda qualcosa?), che all'epoca pretendevano una drastica rivalutazione del renminbi, l'Unione Europea avrebbe dovuto spingere sulla crescita, non lasciando soli gli Stati Uniti nel ruolo inevitabile, ma scomodo, di compratore di ultima istanza. Nota bene: questa raccomandazione vale ancora oggi ed è quella con cui chiuderei il mio intervento, naturalmente con la raccomandazione di non finanziare questa crescita con "strumenti comuni", ma semplicemente di favorirla sospendendo le assurde regole di bilancio (cosa inevitabile perché ora serve agli altri).

Arriva la crisi, ed è lì che la "programmatica profondità", come direbbe Savinio, ovvero l'ottusità, tedesca, dà il meglio di sé. Nell'ansia di rientrare dai crediti offerti al Sud per comprare i suoi beni, la Germania impone ai Paesi del Sud politiche di austerità. Risultato: al Sud crollano i redditi, quindi crollano le importazioni, quindi i Paesi del Sud si trovano in surplus, quindi il surplus tedesco non è più compensato all'interno dell'Eurozona dal deficit degli altri. Insomma, invece di essere la somma del surplus del Nord e del deficit del Sud, il surplus dell'Eurozona diventa la somma di due surplus, entrambi rivolti ai mercati esteri, e quindi il surplus dell'Eurozona si impenna!


Si passa cioè dal simpatico mondo Germania + Altri Europei = 200 + (-200) = 0 (saldo dell'Eurozona sostanzialmente nullo), al mondo Germania + Altri Europei = 300 + 100 = 400 (saldo dell'Eurozona gigantesco e quindi fonte di risentimento Usa, come il saldo giapponese negli anni '80 o quello cinese negli anni '10). Come abbiano fatto i tedeschi a convincere per un po' il resto del mondo a comprare i beni che il Sud Europa non poteva più comprare lo sapete: svalutando l'euro:


(ne abbiamo parlato qui).

A questo punto il quadro globale si altera un po':


Dal 2013 in poi il surplus dell'Eurozona domina quello cinese, e se per un po' la spinta della Cina sulla domanda interna riesce a tenere sotto controllo il surplus (la linea rossa scende), dopo lo shock del COVID la Cina torna in forte surplus, forzando gli Stati Uniti sotto i 1000 miliardi di deficit. Una soglia psicologica non da poco, tale da destare l'attenzione, ma guardando il grafico si vede bene che lo squilibrio più rilevante, il surplus più importante, è il nostro, causato, fra l'altro, da una svalutazione competitiva della nostra valuta, ed è destinato a restare tale almeno fino al 2029 nelle proiezioni del Fmi.

Capito quindi perché si parla di dazi?

Perché distruggendo il proprio mercato di sbocco interno (i Paesi del Sud) con le politiche di austerità la governance europea ha esportato nel resto del mondo i propri squilibri commerciali (l'immenso surplus tedesco).

E capito quindi perché in un'ottica bilaterale i dazi a noi preoccupano poco?

Perché anche se siamo un'economia in moderato surplus, a chiunque non sia completamente digiuno dei fatti o completamente stupido non sfugge che il problema è causato dalla Germania.

Ma facciamo un passo indietro.

Visto che i tedeschi da sempre hanno questa fissa di crescere coi soldi degli altri, come mai riescono a realizzarla solo nel 2004, e come fanno a riuscirci così rapidamente?

In altre parole, come hanno fatto i tedeschi a diventare improvvisamente così tanto competitivi da moltiplicare per sette il loro surplus in quattro anni?

Beh, questo lo sapete perché lo ha detto Draghi a la Hulpe:


e anche perché qui ne abbiamo già parlato:


e no, le cose non sono andate come le racconta l'animale mitologico!

Allineando i dati, e costruendo un indice dei salari degli "Altri" con Italia e Spagna (la Francia va avanti per i fatti suoi, la sua grandeur questo le impone, un gran finale, una Waterloo, una Verdun...), vediamo che il gioco si è svolto in due tempi:


e:



dove il motore della storia è, ovviamente, il salario, che determina il costo dei beni sui mercati esteri.

Quindi il racconto del nostro amico Uva è scorretto sotto plurimi profili:

  1. non "we pursued", ma "Germany pursued", gli altri sono stati costretti a seguirla;
  2. non "after the sovereign debt crisis", ma "before the sovereign debt crisis": la deflazione salariale è stata causa della crisi, non risposta alla crisi;
  3. non "combined with a procyclical fiscal policy", ma "followed by a procyclical fiscal policy imposed to peripheral countries": l'austerità è stato lo strumento con cui il Sud ha inseguito il Nord sulla strada della deflazione.

Eh già!

Perché i dati mostrano bene quello che del resto voi già sapete, cioè:

  1. che la politica aggressiva di deflazione salariale (svalutazione interna) competitiva fu iniziata dalla Germania con le riforme Hartz, per mettere in opera le quali violò le regole del Patto di stabilità;
  2. che questo comportamento, forzando il deficit dei Paesi del Sud come abbiamo visto, causò il loro massiccio ricorso all'indebitamento estero dei Paesi del Sud (e quindi di fatto la crisi debitoria, che non fu da debito pubblico, come Giavazzi ammise già nel 2015 e Draghi ancora fa finta di non sapere nel 2025: noi ci aprimmo il blog);
  3. che l'austerità arrivo solo dopo, nel 2012 (con qualche timida avvisaglia da noi fin dal 2011: Berlusconi fu cacciato perché non se la sentiva di fare il lavoro sporco, come vi avevo anticipato all'epoca), e serviva sostanzialmente a costringere i lavoratori del Sud a tagliarsi i salari, facendo collassare il Pil e quindi alzare il tasso di disoccupazione.

Sorgono due domande: perché la Germania non l'aveva fatto prima? E quali effetti collaterali ha avuto la sua politica beggar-thy-neighbour?

La risposta alla prima domanda (perché la Germania non ha fatto prima politiche salariali aggressive) è semplice e la sapete: se avesse praticato una simile politica di deflazione salariale in regime di cambi flessibili o aggiustabili (quindi prima del 1999), il vantaggio competitivo (e quindi il surplus) conseguente alla svalutazione del salario sarebbe stato azzerato da una rivalutazione del marco, cioè da quello che era stata la regola negli anni del dopoguerra, come vi ho mostrato qui:


L'euro non è stato fatto, voi lo sapete, per impedire alla lira di svalutare, ma per impedire alla Germania di rivalutare, tant'è che quando invece la Germania ha avuto bisogno di svalutare ha tranquillamente lasciato scivolare l'euro, come abbiamo visto qui. fdrcrfdeee [questo lo lascio perché l'ha scritto Otto].

Insomma, il valoroso alleato alemanno, prima di picchiarci, aveva bisogno che noi ci legassimo le mani dietro la schiena. So che è un po' urticante come metafora, ma lo è perché è calzante, non perché sia originale:


(neanche l'esito è originale: si sta ripetendo proprio in questi giorni...). Si potrebbe obiettare che i cambi erano de facto fissati dal 1997 e che in quel periodo la Germania non se la passava benissimo, quindi avrebbe avuto un incentivo ad aggredire, ma... si dimentica che per fare i tagli salariali occorre il macellaretto dal grembiule rosso! Nel 1997 c'era Kohl! Le riforme Hartz (con i minijob e tutte le cose che conoscete) furono messi in opera da Schröder, dopo la sua riconferma nel 2002, con una traballante maggioranza rosso-verde, ma naturalmente un progetto così meticoloso di smantellamento dei diritti e dei salari non si fa in un giorno. L'elaborazione avvenne durante il primo governo Schröder, che riportava a sinistra l'asse della politica tedesca dopo vent'anni di governi del cavolo (Kohl).

Più preoccupanti sono le conseguenze di questa race to the bottom. La corsa al ribasso sui salari ha avuto due effetti catastrofici ed epocali, uno legato allo strumento utilizzato per realizzarla (l'austerità), uno legato direttamente agli effetti della deflazione salariale.

L'austerità ha causato un arresto della crescita italiana di dimensioni epocali. Una cosa simile, come ben sapete, non si era mai vista:


Stiamo parlando di una distruzione di reddito di dimensioni epocali, che non ha pari per intensità, ma soprattutto per durata, nemmeno nella più sanguinosa e distruttiva (per noi) delle due guerre mondiali, e se zoomiamo sull'ultimo pezzo del grafico possiamo farci un'idea, se pure approssimativa, di quanto reddito sia stato perso, confrontando il risultato storico col controfattuale costruito estrapolando la tendenza dal 1950 al 2007:


Ci siamo fumati 7000 miliardi così...

Ma non è tutto qui, i danni sono stati profondi e strutturali. La deflazione salariale ha causato una errata allocazione del fattore lavoro, come vi ho spiegato all'ultimo #goofy:


Le forze in gioco sono almeno tre: l'effetto Ricardo, ovvero lo spostamento verso tecniche a più alta intensità di lavoro, meno produttive ma più convenienti se il lavoro costa troppo poco; l'effetto precarietà, che scoraggia l'investimento in competenze (cioè, in soldoni, se sai che ti cacciano chi te lo fa fare di imparar bene il mestiere?); e il salario di efficienza, cioè il fatto che l'impegno del lavoratore è proporzionato alla remunerazione che riceve. Questi effetti, a partire dal 2004, susseguono e si combinano agli effetti di cattiva allocazione del capitale che la moneta unica ha determinato, anch'essi secondo plurimi canali:


e il risultato è quello che molti non vogliono vedere:


e che qui vi propongo coi dati dell'OCSE: dopo quasi trent'anni di recupero della produttività europea nei confronti di quella statunitense, dall'ingresso nell'unione monetaria le due produttività si divaricano nuovamente, e la stagione della deflazione salariale segna una marcata accelerazione del fenomeno.

Riassumendo: la pervicace volontà della potenza egemone (la Germania) di alimentare la propria crescita con la domanda dei Paesi circonvicini (esportazioni) anziché con investimenti e consumi, cioè un modello di crescita export-led anziché wage-led, ha condotto alla crisi debitoria, ha interrotto la crescita, ha compromesso la produttività.

Ciononostante, pur avendo subito un enorme danno, noi usciamo da questa crisi dopo un tempo infinito ma in condizioni che ora sono migliori di quelle di chi in questa crisi ci ha cacciato, perché alla fine, se nel mondo non esiste giustizia, in economia esiste l'equilibrio. Un'economia industriale come quella tedesca non può andare avanti per decenni sottoinvestendo in infrastrutture, ad esempio, e poi, naturalmente, vale sempre l'adagio che chi esporta beni importa problemi.

L'arrogante surplus tedesco non poteva passare inosservato a chi si era già inalberato per il surplus giapponese e per quello cinese.

Ma queste cose le sapete.

Ora vi lascio, magari domani, o nei commenti, facciamo qualche considerazione pro futuro, anche se le conclusioni da trarre mi sembrano piuttosto ovvie: se è chiaro dove abbiamo sbagliato, sarà chiaro che cosa dobbiamo fare per risollevarci.

Il contrario.

(...buona notte! Tutta questa roba in 15 minuti non riesco a dirla, quindi aiutatemi voi a immaginare che cosa possa essere più "impressionante" per dei colleghi...)

(...vi avevo promesso di dimostrarvi che la somma algebrica del saldo "Germania" e del saldo "Altri europei" approssimava bene il saldo complessivo dell'Eurozona verso il resto del mondo. Ecco il grafico:


e come vedete l'andamento è assolutamente allineato
...)

TikTok

Mi sono messo su TikTok. Chi lo desidera mi trova qui. Penserete che sia per parlare ai ggiovani, e pensereste male. A me la retorica delle generazioni future dà un immenso fastidio, superato solo da quello cagionato, appunto, dalle generazioni future. Credo che lo scandalo USAID, una volta fatta chiarezza, ci consentirà di riabilitare e vedere nella giusta prospettiva un governante che ha immeritatamente goduto di pessima stampa.

Il fatto è che c'è una cosa che non sapete: oggi TikTok è il social dei vecchi!

Me ne sono accorto parlando con un militante abruzzese al tempo del grande scandalo suscitato dal nuovo codice della strada (a proposito, se ne parla più? Mi pare di no. Vedete che quando gli altri strepitano basta tenere botta?). Mi chiedeva argomenti, e io glieli davo. A un certo punto, visto che lui si profondeva in ringraziamenti, je sò ditte: "Scusa, però: queste cose sono nei social di Matteo, li ha postati su Twitter e su Facebook, e poi Claudio Borghi su Twitter ha fatto una spiegazione accuratissima di cosa cambia e cosa non cambia, e ha spiegato che queste sono fake news, e per finire l'ufficio stampa ha fatto delle infografiche che vi ho anche distribuito in chat regionale. Ora: non dico star dietro a tutte le chat, non dico seguire i parlamentari più rilevanti, non dico seguire il parlamentare del tuo collegio, ma almeno Matteo!..."

Risposta: "C'hai ragione onoré, ma io su Twitter non ci sto perché non riesco a seguirlo, su Facebook non ci sta più nessuno, e a me queste notizie false me le aveva dette mio suocero perché le aveva viste su TikTok!..."

Replica: "Fai bene a non stare su Twitter, e ti prometto di mettermi su TikTok!"

Promessa mantenuta!

(...per parlare ai suoceri, in attesa di pubblicare "Contro i giovani", progetto editoriale al quale mi dedicherò dopo la ristampa del Tramonto e il quindicennale di Goofynomics...)

sabato 1 marzo 2025

Ancora sull'Italietta

Andrà sempre più ossessivamente di moda il refrain secondo cui noi saremmo troppo piccoli e quindi dove vogliamo andare nel mondo globale con la nostra Italietta, visto che oggi c'è la Cina (ecc.). Questi argomenti da bar si intensificheranno pari passu col panico delle cosiddette élite europee, cui il mondo sta decisamente crollando addosso, come notavo oggi sul Tempo:


Poverini...

Vi ricordate di quando nel 2011 dicevo, con sincera preoccupazione, che le politiche di destra nel lungo periodo avvantaggiano solo la destra? Ecco, stranamente è andata come era inevitabile che andasse:


Oggi Philipp Heimberger (un bravo ragazzo: che dite, lo invitiamo al #goofy14?) ci segnala questo grafico di The Economist, in cui io vi ho evidenziato l'anno in cui avevo previsto che la destra sarebbe cresciuta (appunto il 2011). Direi che questo non è "sevedevismo": è politica economica! Una prece per gli spregevoli, tronfi, boriosi coglioni che per sette anni ho cercato di salvare da se stessi...

Ma torniamo a noi: essi ancora vivono, e vanno in giro a dire scemenze con la stessa lungimiranza con cui quattordici anni or sono non ascoltavano parole intelligenti! Dobbiamo quindi attrezzarci, o meglio: riattrezzarci, per affrontare un tema che per i maschietti è sempre delicato, quello delle dimensioni.

Partirei da qualche statistica.

L'Italia ce l'ha piccolo, il Paese?

No, direi di no. La popolazione media di uno stato mondiale è 40,7 milioni di abitanti (dati 2023), noi con i nostri 59 milioni siamo al 25° posto su 193 Stati:


La distribuzione, come vedete è molto asimmetrica (skewed), per cui forse più della media, che approssimativamente corrisponde alla popolazione del Canada (40 milioni) è utile far riferimento alla mediana, cioè al valore che cade a metà dell'elenco: 8,8 milioni, corrispondente alla Svizzera (il 97° Paese in ordine di popolazione decrescente). Quindi... non siamo particolarmente piccoli!

Del resto, non c'è nulla che dica che per essere prosperi si debba essere grandi. Se mettiamo in relazione la dimensione demografica col reddito pro capite espresso in dollari a parità dei poteri d'acquisto viene fuori questa roba qui:


dove non emerge una significativa relazione positiva fra dimensioni e benessere (ne emerge una non significativa e negativa, ma appunto: la significatività statistica manca...). Non è difficile individuare nel grafico India, Cina e Stati Uniti. Togliendo questi tre giganti (nell'ipotesi che la presenza di outlier offuschi una eventuale relazione) le cose non cambiano un gran che:


ma anche togliendo i 15 paesi con oltre 100 milioni di abitanti e i 37 con meno di un milione una relazione non emerge:


e anche prendendo i Paesi con meno di 100 ma più di 10 milioni di abitanti, cioè quelli dimensionalmente più omogenei al nostro, le cose non cambiano un gran che:


La relazione in questo campione particolare è in effetti positiva, ma resta non significativa.

Insomma, così non si va da nessuna parte!

Ora, siccome a noi viene detto che se non facciamo lo statone europeone non andremo da nessuna parte, può essere interessante vedere se in giro per il mondo ci sono contesti geografici in cui si ragiona in questo modo. Può anche darsi (perché in fondo i veri razzisti sono i piddini...) che si possa argomentare che noi europei siamo una razza eletta, e che quindi solo a noi possono venire idee così geniali, ma...

Ad esempio: perché mai non si parla di fare gli USLA (United States of Latin America)?

Per loro non c'è la Cina?

Dove vogliono andare tutte sole la Colombietta coi suoi 52 milioni di abitanti o l'Argentinuccia coi suoi 46 milioni? Tra l'altro, sono Paesi in cui si parla la stessa lingua. Potrebbero fondersi col Peruino (33,7), il Venezueluccio (26,5), il Ciletto (20), l'Ecuadorino (17,8), la Bolivietta (12,1) e il Paraguaiuccio (7,6), e tutti insieme farebbero gli USLA con ben 216,7 milioni di abitanti (più dei 211,7 del Brasilione, che però ho tenuto fuori perché lì parlano in modo strano)...

Non vi pare strano che a nessuno sia mai venuto in mente? Non c'è nessun novello Bolivar che dica loro che gli ULSA sono il loro destino? Quindi o sono stupidi loro o siamo incoscienti noi, no?

Ma ve la metto anche in un modo diverso.

Sapete chi sono i due Stati mondiali con popolazione simile alla nostra?


Per servirvi: subito sopra a noi c'è il Sudafrica, e subito sotto il Myanmar. Quindi, quello che ci viene descritto come una potenza emergente, componente dei BRICS, uno che quindi si porrebbe su un piede di parità con almeno tre giganti demografici, in realtà ha solo tre milioni di abitanti più di noi e non mi pare voglia fare uno Statone Unitone (gli USSA, United States of Southern Africa), così come del resto non mi pare ci stiano pensando in Myanmar, dove potrebbero pensare agli USSEA (United States of South-East Asia), dalla Birmania al Vietnam, perché in effetti lì non solo c'è la Cina (a Est), ma c'è anche l'India (a Ovest), e quindi se lo Statone Unicone serve a difendersi, vedrai che lì bisogno ce ne sarebbe.

E allora perché a loro non viene in mente? 

Lo capite che non riflettere su questo significa essere o spregevolmente stupidi o spregevolmente razzisti? Poi magari una spiegazione semplice del perché il modello di Statone Unicone debba essere il nostro destino, mentre non possa esserlo in altri contesti geografici o dimensionali, esiste, e quello stupido sono io.

Per cortesia, se qualcuno ce l'ha, può venire qui a darcela?

Siamo grati in anticipo per la disponibilità...

(...mi è piombato in casa il prof. Santarelli, i refusi sono vostri...)

Due (o tre) appuntamenti

Scusate, vi ho trascurato per qualche giorno (quasi una settimana), ma volevo vedere come andava a finire la storia del DDOS o scraping o quel che  l'era che vi ho segnalato qui. Con l'occasione, vi dico anche perché penso che l'ipotesi di Dreams (un picco di accessi legato alla release di Grok 3) sia la più plausibile. Per questo:


cioè perché l'altro picco anomalo di visualizzazioni si è verificato il 14 agosto 2024, e, come sapete, quel giorno è stata rilasciata la beta di Grok 2. Bene, anzi, benissimo!

Comunque, segnalo due eventi a beneficio di chi si trovasse a Roma.

Il 5 marzo ci sarà il primo convegno annuale del Dipartimento di Economia, organizzato dal vostro affezionatissimo su richiesta di Matteo:


Ceci n'est pas un #goofy!, ovviamente, ma qualcosa che potrebbe somigliargli. Io dirò delle cose che a voi sembreranno scontate e ad altri sembreranno incomprensibili, ma speriamo di destare qualche curiosità. La sala è praticamente piena, restano forse sette posti, ma se avete desiderio di vedere dal vivo il gotha del partito conosco uno che può raccomandarvi...

Meno consueto per voi, quindi forse più interessante (e bipartisan) quest'altro evento, a distanza di una settimana:


Se amate la montagna e siete a Roma ve lo consiglio assolutamente. Vi ho dato un'anteprima nel post precedente, l'autore è un personaggio assolutamente fuori dall'ordinario, ascoltarlo è estremamente istruttivo (vi racconterò poi perché mi è venuto in mente di invitare Fabrizio Barca)...

Ma c'è anche un appuntamento nelle Marche!

Come sapete, si avvicina il congresso e in effetti sono un esponente del partito (suggerisco di rileggere un qualsiasi post precedente al 2018 per rendersi conto di quanto questo esito fosse inatteso), quindi parteciperò al congresso e prima ancora agli eventi precongressuali. Mi hanno chiesto quindi di intervenire qui per dieci minuti (una dichiarazione di voto):


e sono molto onorato di farlo, anche se non so bene da che parte prenderla, ma forse un'idea ce l'avrei: la svalutazione interna è svalutazione dell'uomo, la sfida del valore deve partire dalla constatazione di questo fallimento...

(...e con questo il calendario degli eventi pubblici è esaurito, per il momento: chi pensa di passare lo segnali alla mia segreteria, per i due eventi romani, e a me nei commenti per quello in Ancona...)

lunedì 24 febbraio 2025

Uscita

Precipito nel vuoto assoluto. Non tocco la roccia: qui è tutto strapiombante.

Davanti a me scorre velocissima la parete poc’anzi salita. Sento ancora quell’odore del calcare in frantumi, un odore acre che mi darà in seguito sempre fastidio. Da allora lo assocerò sempre al sangue e alla morte.

Immediatamente, mentre precipito ancora, mi rendo conto che è finita.

Se non succede qualcosa, subito, adesso, è finita.

Intanto, mentre cado, avviene una cosa che ancora oggi mi lascia allibito, un fatto molto semplice e agghiacciante al tempo stesso: "esco" dal mio corpo.

Qualcosa, l’anima o qualcos’altro che la sostituisce, insomma "io", il vero "io", esce dal mio corpo.

Divento improvvisamente uno spettatore, interessato, ma comunque spettatore. E penso. Velocemente, molto velocemente.

In quelle poche frazioni di secondo, vedo, come in un film, la mia (ancora) breve vita scorrermi davanti rapidamente, eppure nei minimi dettagli.

Gli attimi del volo, nel volo, si dilatano, diventano ore, mesi, anni. Una vita.

La mia mente, ora lucidissima, viaggia ad una velocità impensabile, una dimensione diversa con altri ritmi, con altri tempi.

E’ netta la sensazione di essere fuori dal mio corpo: lo guardo che cade, abbandonato al suo destino di morte, un insignificante insieme di carne ed ossa.

Lo vedo distintamente che scende a tutta velocità come qualcosa di vecchio, una sorta di rottame. Lo guardo, va giù sempre più giù. Ma "io" non provo paura. Sono sereno, solo dispiaciuto. Ricordo quegli strani pensieri soprattutto uno: non mi piaceva l’idea di concludere, così, a vent’anni, la mia vita, di abbandonare, di non essere più presente. Ma non ero sconvolto o spaventato. Provavo una sensazione di tranquillità. Stava accadendo qualcosa che non temevo perché "io" non c’ero, non c'ero più.

Avvertivo, però, che quella era la morte, che con tutta probabilità stavo morendo e che, se non succedeva qualcosa SUBITO, sarei morto davvero.

Eppure avevo un’idea della morte che coincideva con il dolore, la tragedia e il terrore, ma mi sbagliavo. Forse lo è per chi guarda, per chi ci vuole bene, per chi è ancora vivo, forse lo sono i momenti precedenti.

Ma soprattutto, non pensavo alla morte. Era qualcosa che non mi riguardava.

Era un problema di altri, non mio. Ora invece, la cosa mi riguardava.

E maledettamente! Fino al collo…

Improvviso il colpo! Secco, pulito.

Uno strattone violento che mi fa spremere dall’imbracatura, come un limone.

E’ come un violento schiaffone che mi sveglia, che mi riporta nella dimensione reale. E solo adesso, lentamente...e con prudenza rientro nel mio corpo.

Ed è subito un altro mondo, più lento, più farraginoso, più doloroso, più "vecchio".


(…si può uscire in tanti modi e da tante cose. Questa è un’uscita particolarmente impegnativa, e se ne volete conoscere il protagonista - io ve lo consiglierei! - potrete raggiungerci qui:


Ricordatevi di scrivere alla mia segreteria…)



Come distruggere il mercato unico

Non c'è nulla da fare: pe' malati c'è la china, per gli euroni non c'è medicina!

Ma benedetti figliuoli! L'ha detto Draghi che " We pursued a deliberate strategy of trying to lower wage costs relative to each other – and combined this together with a procyclical fiscal policy - the net effect was only to weaken our own domestic demand and undermine our social model"! (qui) Insomma: ci ha spiegato che l'Unione Europea, come unico strumento di reazione al calo della domanda internazionale, ha adottato il taglio della domanda interna. Come può essergli venuta un'idea così bislacca? Saranno mica matti!?

Ma no!

Si tratta di una semplice e diretta conseguenza dell'adozione di un regime di cambio fisso: quando uno shock esterno colpisce (quando cala la domanda internazionale dei tuoi beni), se sei legato a un Paese forte e quindi meno colpito dallo shock, non potendo far flettere il cambio (che non flette perché è tenuto su dal Paese forte) devi far flettere i salari, cioè, in definitiva, il Pil, visto che:


secondo l'infografica veramente ottima di Borsa Italiana.

E quindi?

E quindi, come mi sforzo di ripetere inascoltato, se quando arriva una recessione internazionale la nostra reazione è quella di togliere soldi dalle tasche dei clienti del mercato (interno) unico, la conseguenza sarà che proprio in recessione l'importanza del mercato unico scemerà.

E siccome il pensiero critico non è pensiero magico, come il pensiero di quelli che "l'euro è come la Roma, non si discute: si ama!" (tipo Marattin), ovviamente i dati si conformano ad esso:


Quale che sia la fonte utilizzata (le Directions Of Trade Statistics, DOTS, o l'Eurostat), che cosa vediamo in occasione della sberla del 2008? Che il contributo del mercato interno alle nostre esportazioni, cioè la quota di esportazioni avviate verso l'UE, si contrae in fase di recessione. Vediamo cioè che quando c'è meno domanda mondiale dei nostri prodotti, in proporzione c'è ancora meno domanda europea: la spiegazione è l'austerità (procyclical fiscal policies), cioè la moneta unica.

Che ne dite, vi sembra che questi dati siano coerenti col mio ragionamento, o con i ragli di quelli che "ci vuole più Leuropa?"

Non so, fate voi...

Comunque, qui si riesce a fare un ragionamento fact based e data driven. Per gli sciamani ci sono i parterre televisivi. Chi ha dati da portare è sempre bene accetto, chi ha cazzate lievi imprecisioni da dire un po' meno, ma siccome non siamo dem(enti), qui anche questi ultimi, i lievemente imprecisi, hanno un minimo costituzionale di libertà di espressione.

Alla prossima!

(...Eurostat non fornisce dati prima del 2008, mentre DOTS non fornisce l'aggregato EU27, per cui me lo sono costruito al volo prendendo i 12 stati più rilevanti - escluso il Regno Unito, per non truccare le carte - il che spiega lo scarto fra la serie Eurostat e la DOTS, che è più "bassa" perché, appunto, considera solo 12 e non 27 Stati membri. La dinamica però è esattamente la stessa, quindi il punto l'abbiamo portato a casa. Resta la domanda inevasa: a che ci serve un mercato unico se a causa della moneta unica dobbiamo gestirlo così, cioè impoverirlo quando più ci servirebbe che fosse ricco? Non lo so, chiedetelo al signor Do Something...)

domenica 23 febbraio 2025

La locomotiva tedesca

 


Accendo la TV.

Pretenziosi e tronfi coglioni senza arte e con troppa parte, visibilmente smarriti, parlano di "riavviare il motore della crescita europea", sostengono che "la Germania deve ridiventare il motore della crescita europea", e via delirando.

Ma quale motore?

Ma li avete mai visti i dati?

Nei 29 anni dal 1996 al 2024 la Germania è cresciuta più dell'Unione Europea solo in nove anni, quasi tutti concentrati attorno alla crisi del 2010, in cui la Germania parassitariamente profittò delle misure intraprese per sostenere gli Stati in crisi (ricordate ad esempio i tassi negativi sul suo debito, che veniva massicciamente acquistato dalla Bce?), di cui peraltro aveva compresso il potenziale imponendo loro l'austerità. In condizioni normali la Germania ha sempre arrancato dietro la media europea: li vedete i dati? Siamo d'accordo che per argomentare che un Paese "tira" gli altri bisogna che questo Paese cresca più degli altri? Qui è evidente che la Germania in condizioni normali è trainata, non traina. Un Paese incapace di crescere senza truccare le carte, senza una qualche forma di dumping (energetico, valutario, salariale), come fa a essere un modello o un fattore di sviluppo?

Spengo la TV.

(...locomotiva d'Europa = coglione...)

PISL, PISV, PISC, PISA: l'euro e l'integrazione economica delle Regioni italiane

 (...riprendo e approfondisco, anche per pensare ad altro, il filo di un discorso che avevamo lasciato qui...)

Il PISL del titolo è uno dei tanti mitologemi del nostro più insidioso nemico: iComunicatori! Si tratta, come ricorderete, del Piccolo Imprenditore Spaventato Lombardo.

Spaventato da chi?

Ma da Borghi, ça va sans dire, dal perfido Borghi che fa crescere lo spread, s'intende! Fuor di metafora, l'imprenditore di cui favoleggiano iComunicatori è quello che vedrebbe nell'integrazione monetaria l'opportunità di accedere con minore difficoltà alle catene del valore tedesche, con beneficio della propria azienda (mi riferisco alla Germania per l'ovvio motivo che è la prima economia manifatturiera europea: va da sé che lo stesso argomento potrebbe applicarsi all'Estonia, ma capite bene che la rilevanza non sarebbe la medesima...).

L'argomento sarebbe quindi che noi siamo ormai terzisti della Germania, non abbiamo più le nostre "fabbriche prodotto" (come si direbbe in ambito bancario), cioè, per confinarci all'ambito automobilistico, la Fiat e via discorrendo, che ormai producono altrove (ma il ragionamento si applicherebbe ad altri prodotti e altri marchi), però siamo forti nell'indotto, perché i prodotti di chi ancora riesce a farne (la Germania) necessitano dei pezzi che solo noi sappiamo fare, un po' come questo prodotto tedesco:


necessitava di questi semilavorati italiani (rectius, veneziani, perché non è la stessa cosa, ma di questo parliamo un'altra volta):

motivo per cui sarebbe indispensabile che prodotti e semilavorati venissero entrambi quotati in euro, un po' come è auspicabile che la chiave di violino indichi sempre il sol, anche quando il concerto è per clavicembali.

Naturalmente, se così fosse, all'entrata in vigore dell'euro dovremmo riscontrare nei dati quello che il mito ci tramanda, cioè un incremento dei flussi commerciali fra Lombardia e Germania (un incremento dell'interscambio misurato come somma di importazioni ed esportazioni ed espresso in rapporto al Pil, analogo insomma al concetto di openness che si usa in economia internazionale - qui una definizione e alcune critiche di questo concetto), ma nulla di tutto questo si emerge dai dati, come abbiamo visto qui:

Grandi balzi in avanti (cioè verso l'alto) fra il periodo antecedente (1991-98) e quello susseguente (1999-2023) all'adozione dell'euro non ce ne sono, e del resto sarebbe strano il contrario. Cerchiamo di capirci: se il motore dell'integrazione commerciale fra Lombardia e Germania fosse principalmente o esclusivamente l'integrazione nelle catene del valore tedesche, perché mai dovremmo aspettarci che l'ingresso in un sistema monetario che rende meno convenienti perché quotati in valuta forte i semilavorati italiani dovrebbe far aumentare i volumi di questo fruttuoso interscambio? I tedeschi sono "programmaticamente profondi", come diceva Savinio per non dargli direttamente degli stupidi, ma non lo sono fino al punto di acquistare di più una cosa che costa di più, visto che hanno potuto constatare come sia più facile vendere una cosa quando costa di meno! Prova ne sia il fatto che fra il 1992 (anno della drammatica svalutazione della liretta) e il 1995 (anno della rivalutazione) l'interscambio aumenta! L'argomento, se mai, andrebbe rovesciato: si potrebbe con maggiore plausibilità argomentare che proprio perché il motore dell'interscambio commerciale della Lombardia è la sua integrazione nelle catene del valore tedesche, l'ingresso nell'euro non l'ha aiutata, visto che ha reso più cari i suoi prodotti per gli acquirenti tedeschi! Questo ragionamento è coerente coi dati osservati e lascia aperto solo un gigantesco punto di domanda: ma allora il PISL, di preciso, chi è? 

Lasciamo un momento nell'ombra questo mitologema e approfondiamo l'analisi estendendola ad altre Regioni. Lo spirito della nostra ricerca è sempre il medesimo: l'ingresso nell'euro determina un aumento dell'integrazione commerciale? Favorisce le nostre esportazioni nette o le deprime? Ci manda in surplus o in deficit con i nostri principali partner commerciali? Rende le nostre Regioni più "aperte" (in un contesto europeo) o più chiuse?

Prendiamo il Veneto, altra regione a potente vocazione manifatturiera. Il grafico dell'apertura verso la Germania è questo:


e più o meno ci racconta le stesse storie di quello della Lombardia: l'interscambio con la Germania conta fra il 10% e il 12% del Pil regionale (oggettivamente, tanta roba!) e non si vedono drastici cambiamenti - se non forse in peggio - dall'entrata nell'euro. Ma qui potrebbe arrivare il piddino col ditino puntato a dire: "Eh, no! Qui si vede chiaramente un trend positivo dal 2013 in poi! Se non l'euro, almeno l'austerità quindi ha fatto bene al Veneto, ne ha aumentato l'interscambio...".

Un attimo: forse conviene, come abbiamo fatto per la Lombardia, guardare i flussi netti e lordi. Le esportazioni nette eccole qui:


e quello che è successo è abbastanza chiaro: l'ingresso nella moneta unica ha depresso la bilancia dei pagamenti del Veneto, con l'aggravante che, a differenza della Lombardia, il Veneto partiva da una posizione di surplus! Per facilitarvi il confronto vi metto insieme i saldi commerciali delle due Regioni:


così vedete bene analogie e differenze. Fra le analogie c'è la derapata dall'ingresso nell'euro e la "ripresa" nella stagione dell'austerità. Fra le differenze c'è che la Lombardia è sempre in deficit, riduce il suo deficit già dalla crisi dei subprime, e a differenza del Veneto, che tiene botta, lo vede peggiorare nel periodo 2020-2023.

Quindi possiamo immaginare che andamento abbiano i flussi lordi del Veneto! Questo:


Il balzo verso l'alto delle esportazioni nette fra 2011 e 2012 è un tuffo verso il basso delle importazioni, dovuto alla recessione, e l'aumento dell'interscambio dal 2013 al 2019 è principalmente dovuto a un aumento delle importazioni dovuto alla valutona fortona (l'euro), che ovviamente si traduce in una diminuzione delle esportazioni nette. Solo dal 2020 la situazione cambia, con un aumento sia dell'export che dell'import, ma siamo sufficientemente distanti dal 1999 per poter dire che in questo fenomeno non vediamo gli effetti benefici della moneta unica!

Sarà forse per questo che quando ci spostiamo in Veneto incontriamo tanti PISV spaventati non da Borghi, ma dall'euro, e che in Veneto abbiamo un seguito più agguerrito e tenace che in tante altre Regioni italiane? Forse. Certo, molto c'entra anche l'anelito all'indipendenza che caratterizza quel popolo. Ma mi piace pensare che i fondamentali macroeconomici non siano solo un tema accademico...

E se ci spostassimo in una regione totalmente diversa? Esisterà il PISC (Piccolo Imprenditore Spaventato Campano)? Che effetti avrà avuto l'euro sull'economia della sua Regione?

Se ragioniamo in termini di interscambio, il grafico è qui:


Ho mantenuto la scala verticale: si vede così molto bene che naturalmente la Campania è molto meno integrata con la Germania delle Regioni del Nord, ma il pattern è lo stesso: con l'ingresso nella moneta unica e fino a tutta la crisi l'interscambio tende piuttosto a deprimersi. I flussi lordi sono questi:


e anche qui la storia è più o meno la stessa, se pure su una scala ridotta rispetto ai flussi delle Regioni del Nord.

Chiudo con una Regione a me e a voi cara:


Il piccolo Abruzzo è molto più integrato nell'economia tedesca della grande Campania (sembrerà strano a chi se lo immagina come una Regione di orsi e arrosticini, ma come credo di avervi spiegato a suo tempo c'è molto di più). Fatte salva questa differenza di scala, il pattern dell'interscambio complessivo è tutto sommato analogo a quello delle altre Regioni italiane: dall'ingresso nell'euro diminuisce e dall'adozione dell'austerità aumenta leggermente. Quindi anche in Abruzzo, come in Lombardia, Veneto, Campania, l'aumento dell'interscambio è associato a un peggioramento del saldo commerciale perché è dovuto a un incremento delle importazioni lorde?

Il saldo commerciale (aka esportazioni nette) è questo:


e quindi no, le cose non stanno così, perché in Abruzzo le esportazioni nette verso la Germania aumentano in modo relativamente costante. I flussi lordi sono qui:


e si vede bene come per tutto il periodo le esportazioni abruzzesi verso la Germania siano superiori alle, e crescano più rapidamente delle, importazioni abruzzesi dalla Germania.

Insomma, #ilmiocollegioèdifferente, nel senso che se ci atteniamo a questi dati aggregati pare che siamo più o meno gli unici che possono sopportare euro e Germania!

Ovviamente questi grafici pongono più domande di quante risposte offrano, e altrettanto ovviamente bisognerà entrare in ulteriore dettaglio per capire se la classe imprenditoriale tutta sia realmente attaccata all'UE come pretendono i suoi rappresentanti (quelli del prosecco tiepido) e credono i miei colleghi (quelli che preferiscono il lompo alla porchetta), e eventualmente quanto lo sia per freddo calcolo economico (come dovrebbe essere in un mondo normale) o perché imbesuita dalla propaganda finanziata dall'UE, come appare più probabile. Il dettaglio settoriale, ad esempio, potrebbe esserci di aiuto nel distinguere vinti e vincitori:

e quindi ci torneremo sopra.

Certo è che il dato "mesoeconomico" non ci lascia vedere molti più vantaggi dall'ingresso nella moneta unica di quanti ce ne lasciava vedere il dato macroeconomico (cioè, in sintesi, zero). Bisognerà che ora che si può nuovamente parlare si torni a parlare anche di questo...



(...sì, avete anche capito uno dei motivi per cui cinesi e tedeschi si stanno simpatici: hanno una cosa in comune...)

sabato 22 febbraio 2025

In memoriam

Mario Occhiuto è vicepresidente della commissione enti gestori. È anche tante altre cose, come ognuno di noi, ma io in quella veste l’ho conosciuto e apprezzato, avendone già sentito parlare bene prima da amici comuni. Collega preparato, garbato, presente. Questo però c’entra poco. La tragedia che lo ha colpito lascerebbe sgomenti a chiunque capitasse, perché è impossibile non vivere come una profonda insanabile ingiustizia, come un fatto contrario all’ordine naturale delle cose, che un figlio muoia prima di un genitore. Eppure accade. Non è detto che l’innaturale sia impossibile, come del resto non è detto che il possibile sia naturale. Forse avrei dovuto fare una nota stampa, ma ho preferito condividere qui con voi, perché questa cosa non riesco a togliermela dalla mente, e non mi andava di farla entrare nel circo degli operatori informativi. Mi sarebbe sembrato di degradarla, che è poi lo stesso motivo per il quale non sto cercando ulteriori notizie. È già sufficientemente doloroso e assurdo sapere che è accaduto. Sapere perché, se c’è un perché, nulla toglierebbe né al dolore né all’assurdità.


Allacciate il cinto erniario…

La risposta alla domanda: “Ma quelli che da quattordici anni ci attaccano per le nostre idee sono prezzolati?” è: “Sì!”:


Mi raccomando il cinto erniario: lo sforzo di stupirvi potrebbe causarvi un trauma…

Chi fosse interessato a questo testo al tempo stesso utile e superfluo lo trova qui.

venerdì 21 febbraio 2025

C’è un informatico in sala?

In questi minuti registro nel blog un picco di traffico anomalo:


L’ultimo post non sta poi attirando così tanto traffico: è solo una glossa su un tema relativamente laterale. Guardando le statistiche dei contatti per minuto vedo questo:


I contatti riguardano per lo più vecchi post, non dei più letti. O qualche sito molto frequentato li ha messi in evidenza in qualche modo, oppure… oppure non ho idea! È successa una cosa simile nello scorso mese di agosto, con un picco di 50.000 visualizzazioni al giorno. Non sono riuscito a spiegarmi il perché! Il massimo mensile di visualizzazioni l’abbiamo avuto a luglio 2015 (non è difficile capire perché…), con 808.772 visualizzazioni, pari a 26.089 al giorno. In questo periodo siamo attorno alle 10.000 visualizzazioni quotidiane, in crescita, ma… qualcosa non mi torna!

Voi che sapete tutto, che idea vi siete fatti?


Addendum delle 5:09

Il fenomeno continua e la situazione ora è questa:

Il dato positivo è che rivedo post che mi dimenticavo di aver scritto, e molti sono divertenti! Mah… anzi: mha!