martedì 4 febbraio 2025

Commissione Morte (civile)

Sono in Commissione dalle 10:45 (orario di convocazione), abbiamo iniziato dopo le 11, raffica di interventi sull’ordine dei lavoro da parte dell’opposizione, per contestare le decisioni prese in ufficio di presidenza, abbiamo passato più tempo a discutere l’ordine dei lavori che a fare domande all’ex commissario Arcuri, io di domande ne ho fatte solo due e secondo me a una l’audito non ha risposto:


poi ulteriori interventi campati in aria, a questo punto visibilmente ostruzionistici, tant’è che alla fine sono intervento anch’io per ricordare l’ovvio.

In Commissione saremmo in quattro, ma per un motivo o per l’altro organizzare dei turni non è agevole: Claudio è soggetto all’aleatorietà del COPASIR, Massimiliano è capogruppo al Senato e segretario regionale della Lombardia, ecc.

Chiedo la parola sull’ordine dei lavori: e se decidessimo di affidarci alla giustizia divina?

Comunque: ora sono qui, perinde ac cadaver

lunedì 3 febbraio 2025

Un altro regalo alla destra: il PD, il populismo, e l’art. 68






Questo blog è stato aperto il 16 novembre del 2011, data del giuramento di Monti, per rivendicare la necessità che decisioni intrinsecamente politiche, come quelle riguardanti la distribuzione del reddito, non venissero devolute a governi tecnici, tanto più quando questi erano scarsamente a loro agio con la tecnica cui dichiaravano di ispirarsi, il che rendeva chiaramente leggibile, per chi avesse avuto un minimo di strumenti e di volontà di farlo, come questa tecnica altro non fosse che la continuazione della politica, con altri mezzi e al di fuori del meccanismo di pesi e contrappesi che caratterizza le moderne democrazie, almeno in teoria…

Nel corso di questi lunghi anni abbiamo investigato i meccanismi eversivi che consentivano di obliterare la volontà politica democraticamente espressa dal voto popolare. Questo ci ha portato ad approfondire la teoria del “vincolo esterno”, cioè, in sintesi, della devoluzione di decisioni cruciali a organismi posti “al riparo del processo elettorale” (espressione cara, appunto, a Monti, che apertamente rivendicava l’opportunità di evitare che gli elettori potessero occuparsi dei propri interessi!) in nome di una governance sovranazionale basata su regole. Insomma, il famigerato “ce lo chiede l’Europa!”, cui intitolai il mio primo video di un certo successo, tirato giù a suo tempo dai fascisti di YouTube (ma di questo parliamo dopo).

Ci è sempre stato evidente il legame organico fra le due forme di antipolitica: quella sanculotta e quella in grisaglia. L’antipolitica del “se sò magnati tutto” andava e va a braccetto con l’antipolitica del “rigore“ e delle “regole”. A ben vedere la prima ad altro non serviva che a creare consenso popolare per la seconda, o anche semplicemente a renderla plausibile, accettabile, da parte dell’opinione pubblica. Il successo strategico più decisivo da parte dei grandi poteri economici è stato indubbiamente quello di convincere gli elettori che il gioco politico fosse un gioco competitivo fra loro e gli eletti, un gioco il cui scopo fosse appunto quello di sconfiggere gli eletti, di ridurli all’impotenza, come se esistesse un quantum incomprimibile di potere che poteva essere esercitato o dagli eletti o dagli elettori, e che, se tolto agli eletti, sarebbe magicamente tornato in mano agli elettori, magari in virtù del mitologico voto online con cui ognuno avrebbe potuto, dal proprio divano, approvare o respingere, poniamo, gli emendamenti alla legge di bilancio!

Se siete qui è perché siete abbastanza evoluti da capire che è molto difficile essere più incisivi depotenziando chi porta la vostra voce nelle sedi istituzionali. Chi non l’ha capito subito, l’ha capito, magari al contrario, nel Rincoglionitico, quell’era geologica in cui abbiamo visto cose che noi umani non potevamo credere. Se siete qui non vi siete stupiti quando gli utili idioti del PD, cioè gli ortotteri, sono confluiti nel PD, come vi avevo anticipato tanti anni fa. Se siete qui, ci siete anche perché avete intuito il ruolo delle magistrature nel preservare e nell’imporre un certo indirizzo politico, ma soprattutto, preliminarmente, nel creare e alimentare quel clima antipolitico che, comprimendo il legislativo e l’esecutivo, lasciava corso all’azione incontrastata e incontrastabile del potere giudiziario (che non si manifesta solo nella magistratura ordinaria, ma anche in quella amministrativa e in quella contabile).

Come ho avuto più volte modo di evidenziare, in Italia non c’è un problema di separazione fra i poteri: c’è un gigantesco problema di squilibrio fra i poteri, causato dalla reazione emotiva delle classi politiche allo shock di Mani pulite. In fondo a questo squilibrio, costruito e giustificato seminando discredito sul potere legislativo, non c’è un mondo migliore: c’è solo un mondo in cui l’ordine giudiziario sarà screditato, esattamente come in fondo allo scientismo con cui è stata impostata la gestione della pandemia non ci ritroviamo con un mondo più sano, ma con un mondo in cui la professione scientifica è stata screditata. Per carità! Napoleone diceva di non interrompere mai un nemico mentre sta facendo un errore ed è sufficientemente evidente in questi giorni che l’ansia di fare politica sta indebolendo politicamente la magistratura. Io però continuo a essere un sentimentale, o, se volete, un istituzionale, e preferirei evitare questo gioco al massacro, che è decisamente un gioco a somma negativa.

Tanto per collegarci al tema del post precedente: in una fase in cui le conseguenze negative dell’immigrazionismo emergono con risalto quotidiano, episodi come quello dei magistrati che annullano il trasferimento di clandestini rinviando alla CGUE espongono la magistratura ad essere considerata una passiva cinghia di trasmissione del vincolo esterno. Più in generale, la riforma della giustizia che tutti auspicano, per un verso o per un altro, perché nessuno è disposto a dire che non sia necessaria, che tutto vada bene così, e che comunque i nostri elettori ci chiedono, in tutta evidenza non potrà essere mai portata a termine finché il potere legislativo sarà sotto ricattto del potere giudiziario. “Io separo le carriere!” “E io ti metto sotto inchiesta, così ti impari anche a togliermi il volo di Stato!”… Non so se sia andata proprio così, ma basta il fatto che sembri così per far sorgere il dubbio che qualcosa non stia funzionando come dovrebbe.

Insomma, per farla breve: ripristinare un minimo di equilibrio fra poteri, a mio avviso, farebbe molto comodo alla magistratura, anche se priverebbe i suoi attuali azionisti politici di un’importante leva per imporre il proprio indirizzo. 

E visto che qui non siamo “artigiani del copia incolla”, ma cerchiamo di proporre una visione anticipatrice (e comunque originale), vi dirò come penso che andrà a finire questa storia: esattamente come quella dei tribunali della verità di cui vi parlai nel lontano 2017, pronosticando che sarebbero stati un regalo alle destre di tutta Europa. Le sinistre (aggettivo) non capirono, e oggi che la situazione, come era facile prevedere, si è ribaltata, piagnucolano sull’egemonia delle tecnodestre (?), quando invece avrebbero potuto fare proprio un discorso di difesa della libertà di espressione (a me l’antifascismo è stato insegnato così: come reazione alla pretesa del fascismo di imporre un discorso unico), costruendo a difesa di questa libertà dei presidi di cui ora potrebbero giovarsi, o almeno non smantellando quelli che c’erano, con un gesto di hybris per me incomprensibile!

Prevedo quindi che oggi le sinistre (aggettivo) per difendere lo stupro della Costituzione del 1948 calceranno la palla in tribuna con appelli demagogici al sentimento popolare (?), come quello che vi ho riportato qua sopra, ma siccome il mondo va a destra, e siccome una magistratura visibilmente schierata a sinistra aiuta, non ostacola, questo processo inevitabile dopo anni di globalizzazione e austerità, ancora una volta, alla fine, lasciando qualche vittima sul terreno, ci troveremo paradossalmente a beneficiare noi di uno squilibrio che avremmo preferito non ci fosse. Bisogna essere molto ottimisti o molto stupidi per desiderare un mondo più ingiusto, più squilibrato, in un periodo in cui si è destinati a perdere terreno.

La lotta contro i tribunali della verità l’abbiamo persa, e abbiamo lasciato sul terreno persone come Claudio Messora, che si sono comunque rialzate e hanno continuato a combattere (ma il video cui tenevo più di tutti gli altri non c’è più), fino a quando Trump non ha suonato la fine della ricreazione… Perderemo anche la battaglia per un sano equilibrio fra i poteri, ma, alla fine, dello squilibrio beneficeremo prima indirettamente (come crescita del consenso) e poi direttamente (come azionisti di maggioranza) noi. Questo ci permetterà di arrivare nel posto giusto percorrendo la strada sbagliata, ma, come si sa, una rivoluzione non è un pranzo di gala, e non è neanche un seminario accademico.

Intanto, sono lieto di aver consentito alla fondazione Einaudi di trovare una sala stampa in cui esporre la sua proposta:


Spero che apprezziate il fatto che quando si tratta di temi importanti invece di fare il rituale display di purezza e durezza à la Rizzo, Trombetta, ecc., lascio da parte quello che so e mi concentro su quello che voglio, e che, se un po’ vi conosco, io che vi ho raccolto qui e qui ho contribuito a darvi un’identità, volete anche voi: un po’ più democrazia, la possibilità di incidere un po’ di più sul vostro destino.

Vediamo come andrà.

Io, come al solito, ho fatto del mio meglio per togliervi la sorpresa, ma, come sempre, spero di restare sorpreso a mia volta.


domenica 2 febbraio 2025

La sinistra e le conseguenze (im)prevedibili dell'integrazione monetaria

La singolare parabola che ha portato la sinistra dal propugnare il contrasto all'emigrazione regolare (sì, avete letto bene: regolare) all'esaltare ebefrenicamente il "migrante" come "avanguardia del nostro stile di vita" può sembrare analoga alla parabola che ha portato la medesima sinistra da una posizione di scetticismo nei riguardi dell'integrazione monetaria, vista come progetto di "deflazione antioperaia", alla totale e incondizionata adesione alla moneta unica (momento più alto e irreversibile dell'integrazione monetaria), presentata come "pilastro più forte e innovativo dell'Europa".

Può sembrare analoga, ma non lo è.

Non è (semplicemente) analoga, perché è la stessa identica traiettoria, vista da due angolazioni diverse, ma guidata dalla stessa forza incomprimibile: l'istinto di conservazione, l'ansia di sopravvivere al crollo del proprio blocco geopolitico di riferimento al costo, che nei fatti si è dimostrato sostenibile (they live), del tradimento del proprio blocco elettorale di riferimento: voi.

Ma partiamo dal principio.

La sinistra non immigrazionista

Sì, c'è stata una sinistra contraria all'immigrazione regolare. Sono note, e ve le proposi qui, le parole di Marchais, che vale comunque la pena di riascoltare insieme:


"Il faut stopper l'immigration officielle et clandestine. Il est inadmissible de laisser entrer des nouveaux travailleurs immigrés en France, alors que notre Pays compte près de deux millions de chômeurs français et immigrés" (applausi).

Qui siamo europei, non europeisti, quindi non abbiamo bisogno di traduzione, vero?

Sono pressoché certo che, nonostante il tentativo di occultarle e negazionarle, esistano esternazioni simili anche di esponenti del PCI, in aggiunta a quelle del più illustre esponente del PCF, anche perché il concetto espresso è piuttosto ovvio, e a sinistra, specificamente nella sinistra comunista, aveva una lunga storia (biglietto omaggio per il #goofy14 a chi me le rintraccia). Del resto, perché pensate che fosse stata creata la Prima internazionale? Se lo chiedete a Wikimm... non avrete la risposta, ma basta andare un po' in giro (e noi, che siamo europei, non europeisti, possiamo farlo) per trovarla:


Eh già!

La Prima internazionale si era posto il problema del coordinamento internazionale dei sindacati, che in re ipsa prevedeva lo scoraggiamento dell'importazione di crumiri da altri Paesi. L'immigrazione di lavoratori esteri veniva cioè correttamente inquadrata e gestita per quello che era ed è: un modo per indebolire i proletari nella loro lotta contro la borghesia, una lotta che, come aveva detto Carletto, "è in un primo tempo lotta nazionale" (forse vi ricorderete di quando lo spiegai ai comunisti di Zombia). Se quando un proletariato nazionale indice uno sciopero il padrone si rivolge ai lavoratori di un altro Paese, lo sciopero risulta meno efficace, direi. Il motivo per cui i proletari di tutto il mondo dovevano unirsi, come aveva detto er sor Carletto nel 1848, non era quello di organizzare congiuntamente l'accoglienza a barconi di ultimi, ma quello di evitare che i penultimi si beccassero fra loro come i polli di Renzo (se pure attraverso i confini nazionali).

Incidentalmente, ogni volta che un sepolcro imbiancato, o un ignorante, tenta un azzardato paragone fra i morti di Marcinelle e quelli delle troppe tragedie marittime dei giorni nostri, bisognerebbe opporgli il dato oggettivo:

Nel 1954 il tasso di disoccupazione in Belgio era all'1.2%, e quindi il lavoro c'era. Quando la gentile collega passata alla storia per la particolare torsione data al termine "risorse" (stra)parlava di avanguardie del nostro futuro stile di vita:


il tasso di disoccupazione, da noi, era al 13.7%.

Si capisce la differenza fra andare a lavorare dove il lavoro c'è e andare a lavorare dove il lavoro non c'è?  Che senso aveva fare l'elogio della globalizzazione se questa, in tutta evidenza, conduceva i fattori produttivi dove non potevano essere impiegati? Un senso naturalmente c'era...

La sinistra non deflazionista

Sì, c'è stata una sinistra contraria all'integrazione monetaria. Sono note, e ve le proposi ne Il tramonto dell'euro, le parole di Napolitano in dichiarazione di voto contraria a quella larva di euro che fu lo SME, il Sistema Monetario Europeo, un sistema di cambi fissi ma aggiustabili di cui tante volte abbiamo parlato:


L'asimmetria del sistema era chiara e nitida, i pericoli per l'Italia erano ben delineati, e tutto era stato messo a verbale qui. Del resto, se Napolitano non sapeva l'economia, Spaventa la sapeva bene, e Barca (quello vero) ne sapeva abbastanza da intuire le conseguenze della moneta "forte": deflazione e recessione antioperaia! Preoccupazioni fondate nella teoria economica, e tralasciate quando i fatti le hanno confermate.

Perché?

Per sopravvivere.

Per non restare schiacciati sotto le macerie del muro per antonomasia, quello di Berlino.

Per costruirsi una nuova sponda esterna al Paese su cui far leva per governare “al riparo del processo elettorale”.

Per ottenere tutto questo bisognava piegare il capo all’euro, bisognava reinventarsi la lotta di classe, cioè la difesa del salario reale, non come difesa del salario nominale, ma in termini di difesa dall’inflazione: i rentiers ringraziavano (e tolleravano, anzi: blandivano e sostenevano una sinistra simile!), ma naturalmente, come dice John Maynard, chi vuole il fine (la deflazione) vuole, nel senso che non può non volere, i mezzi per realizzarlo (e il relativo costo politico).

E con quali mezzi si realizza la deflazione?

Essenzialmente tre:

1) tagli agli investimenti pubblici,

2) tagli allo stato sociale,

3) creazione di un vasto esercito industriale di riserva (aka: disoccupati).

È quest’ultimo a essere in diretta connessione logica con il livello dei prezzi, via “curva di Phillips”, ma i primi due (i tagli) servono indirettamente a crearlo, l’esercito di disoccupati, e a renderlo vulnerabile.

Quando poi questo meccanismo non agisce abbastanza in fretta, i disoccupati basta importarli. E anche in questo la sinistra si è data il suo bel da fare: l’immigrazionismo è la faccia umanitaria dell’arcigno austerismo. Sono due modi per ottenere la stessa cosa: una pressione al ribasso sulla remunerazione dei salariati. Va da sé che per definizione entrambi hanno conseguenze negative sui salariati (per forza: servono a ridurre il loro tenore di vita per metterli in concorrenza diretta con “lu cinese”!), ma l’immigrazionismo ha in più una conseguenza negativa diretta e immediata sulla vita dei ceti che la sinistra tradizionalmente si era proposta di tutelare. Eh già! Perché l’immigrazionismo, il fetish degli ultimi in danno dei penultimi, che, come ricorderete, fu il motore primo della mia scelta conservatrice, pone una minaccia esistenziale diretta sulla vita biologica dei penultimi e soprattutto delle penultime (le statistiche parlano chiaro). Stupisce anche come i piddini non si rendano conto che i loro tentativi di edulcorare la pillola negando la realtà (in ossequio alla famosa Carta igienica di Roma) siano controproducenti, siano il vero motore della repulsione prima e dell’odio poi, perché la gente non ne può più di sentir parlare di Uomolandia e del Coetanistan. Quando diventa evidente che ti si vuole raccontare una cosa per un’altra, ci sta che tu diventi sospettoso e suscettibile.

Accettare una drastica riduzione dei propri diritti sociali, magari in cambio di una spruzzatina di diritti cosmetici (i c.d. diritti “civili”, che per la sinistra sono iDiritti™️ per antonomasia), è un esercizio impegnativo ma non impossibile. Accettare una violenza fisica diretta, magari di natura sessuale, magari su un tuo parente stretto, è un ben diverso cimento, ed è a questa prova che la sinistra sta chiamando i suoi elettori, e purtroppo anche noi (che non ce la meriteremmo).

Quali siano le divisioni (in senso militare) della sinistra è sufficientemente chiaro. La sinistra ha con sé l’Armata Non Moderabile (risparmiamoci qui le sciocchezze sulle maggioranze silenziose), che però un errore l’ha fatto: è uscita allo scoperto… E quando le istituzioni cui noi affidiamo la nostra sicurezza si schierano in modo così palese contro di essa, la rottura del patto sociale è dichiarata, nel male e nel bene, il bene essendo (forse) lo stimolo alla ricerca di un nuovo equilibrio. E sì, per smontare questo bel castello di menzogne e privilegi dovete partire da un’operazione concettualmente semplice e intuitiva, che non a caso tanto hanno fatto per rendervi odiosa: rafforzare i vostri rappresentanti, cioè contare di più. Chi vi ha dato come obiettivo virtuoso il contare di meno voleva solo fottervi, voleva solo sopravvivere a una condanna inequivocabile della storia, e non c’era sacrificio vostro che non fosse disposto a sopportare per farlo, incluso quello della vita vostra o dei vostri cari!

Ma ora le carte sono sul tavolo, e tutti potete leggerle. E quindi fate (voi) una cosa di sinistra: pretendete sicurezza per il vostro lavoro e per i vostri cari, restituendo a voi stessi una rappresentanza efficace e non ricattabile da chi, dall’alto dei propri privilegi, può abbandonarsi al vagheggiamento estetico di ultimi sempre più ultimi (da Uomolandia al Coetanistan…). Chissà se così lo capiranno, lo capirete? Era veramente necessario arrivare a tanto? Avrei sperato di no, ma mi sbagliavo. Le due cifre del PD restano una intollerabile e incomprensibile anomalia nel quadro europeo, soprattutto alla luce della consapevolezza storica che qui abbiamo dell’entità del tradimento perpetrato.

Forse quello spiacevole effetto collaterale della deflazione consistente nel non poter più girare serenamente per strada indurrà alla riflessione qualche piddino. Nella peggiore delle ipotesi, possiamo pensare che ce lo tolga di torno. Perché non può toccare sempre a noi: non è statisticamente possibile e, soprattutto, non ce lo meritiamo!

sabato 1 febbraio 2025

Sedes sapientiæ

 


Qualcuno sa, o immagina, dove sia e dove porti questa sobria scalinata?


(…eh, sì! Porta lì…)

giovedì 30 gennaio 2025

Sull’utilità dell’OMS


(…continenza nei commenti, perché sappiamo che questo è un argomento che non viene capito da chi non vuole capirlo…)



mercoledì 29 gennaio 2025

Lu grin s’ha mort…

 (…e chi vuole seguirlo non lo faccia a nome nostro…)





Cause di morte, parte seconda

Buongiorno, fenomeni cui non la si fa perché sono trader/developer/influencer/[minchiata a piacere]er!

Come state? Tutto bene? Nonno Alberto vi fa vedere quello che cercava:


Questo!

Ovviamente dalla rete domestica (in italiano, non in italese) ci sono riuscito subito (quindi ho fatto bene a non stropicciare l'ISTAT su questo tema: loro i dati li danno!), mentre dalla rete istituzionale no, ma sarà stata sfortuna (cui io da statistico non credo).

Volevo questi dati per verificare la storiella secondo cui nei morti da COVID-19 sarebbero confluiti anche i morti da influenza. Non pare che sia andata proprio così: i morti da influenza sono rimasti nella media, e i morti da COVID-19 (sulla cui rilevazione ieri in Commissione abbiamo appreso tante cose:

in un'audizione iniziata con un'ora di ritardo a causa del terremoto politico che sapete - a futura memoria: l'iscrizione del premier nel registro degli indagati) si sono semplicemente aggiunti, non sostituiti, nemmeno in parte, all'annuale death toll. Chissà da dove venivano e come erano fatti i tanti grafici così convincenti che Farfallina4582 postava su Twitter a mo' di buccia di banana per far scivolare i tanti volenteroni...

E vabbè, abbiamo capito che per lavorare bene bisogna svegliarsi presto e pagarsi la rete. Nulla di diverso da quanto mi succedeva quando ero ricercatore universitario!

E ora, visto che ieri eravate tanto bravi, oggi, per esercizio, provate a fare anche voi questa tabella. Poi vi interrogo, ma ora vado in aula a parlare di Piano Draghi ed economia circolare...

A dopo!

(...p.s.: ultima chiamata per eventuali italici d'Abruzzo che volessero partecipare alla nostra convention privata del 15 febbraio: scrivete a bagnai_a@camera.it. Lo ripeto perché ho capito che chi crede di seguirmi e in ogni caso mi aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaama di un ammmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmore totalizzante e paralizzante, tale da togliergli la voce quando mi incontra, che nemmeno in Saffo o in Catullo, però non mi segue sui social - il che mi porta a dubitare del fondamento e della consistenza di questo ammmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmore dal quale quindi, fatalmente, tendo a essere più infastidito di quanto non sia grato. Voi non dovete amarmi: dovete leggermi. Io non devo esservi simpatico: io devo indicarvi una strada faticosa. Noi non siamo qui per farci i complimenti [diciamo così] a vicenda: siamo qui per combattere. Quindi nervi saldi e alzare il culo dal divano. Il resto è grillismo, cioè è del demonio...)

martedì 28 gennaio 2025

Cause di morte

Come sapete, nel mio nuovo ruolo istituzionale mi tornano utili le nozioni apprese nei corsi di Matematica finanziaria II, Demografia, e Tecnica attuariale delle assicurazioni sociali (messa lì per chiudere un piano di studi, ovviamente senza immaginare che un giorno mi sarei proprio dovuto occupare di controllare le "assicurazioni sociali": ma non ditelo troppo in giro, è meglio che non sappiano che so di cosa parlo...).

Per una serie di noti (e tristi) motivi il tema delle statistiche sulla mortalità (in termini quantitativi e qualitativi: quanti morti, e di che) è stato all'onore delle cronache negli ultimi cinque anni (ricorderete le famose conferenze stampa). La qualità di quei dati resta comunque un tema aperto, di cui la Commissione Morte dovrà in qualche modo occuparsi.

Peccato che analizzare la situazione non sia per nulla facile. Sto cercando di scaricare dal portale dati dell'ISTAT le serie storiche dei morti suddivisi per causa (in particolare, mi interessano quelli causati dalla pandemia), sul totale del territorio, dal 2015 al 2022 (ultimo anno per cui i dati sono disponibili). Ci ho provato diverse volte, ma va sempre a finire così:


Poco male.

Siccome fra un po' mi troverò qui il Presidente, aderirò al suo cortese invito e lo contatterò per chiedergli come mai questi dati sono così difficili da scaricare. Magari starò sbagliando qualcosa io...

domenica 26 gennaio 2025

Community abruzzese (informazioni di servizio)

(…sono nell’alta Marrucina, in un paese aggrappato alla Majella. Guardo le stelle verso il mare, sento dietro e sopra di me l’energia immensa della montagna, sorta sotto la spinta immane e impercettibile della placca africana contro quella eurasiatica…)

Due rapide informazioni di servizio per i seguaci appartenenti a uno dei dieci popoli d’Abruzzo:


La prima: il 21 febbraio verrà a trovarci in Frentania, ad Ortona, Alberto Gusmeroli. Lo riceveremo alla Sala Eden, alle canoniche 18, per quanto ne so, ma avrete i dettagli in seguito. Se volete conoscete l’uomo che sta difendendovi dalle vostre bollette, l’occasione è favorevole e aperta a tutti.

La seconda: sto organizzando per il 15 o 16 febbraio un raduno privato della community abruzzese (ovvero: di persone che sono qui da un po’, hanno un nickname, e risiedono in Abruzzo). Chi vuole esserci mi scriva a bagnai_a@camera.it. Seguiranno per email i dettagli organizzativi. Saremo in terra vestina o peligna, suppongo, perché baricentrica. Astenersi turisti del dibattito, gente de passaggio, curiosi, ecc. Il numero legale è uno (io), non voglio andare oltre la ventina di persone altrimenti non riusciamo a parlarci, chi primo arriva meglio alloggia…



sabato 25 gennaio 2025

How it started...

(...vi sblocco qualche ricordo, ma sono tutti lì, a vostra disposizione...)

 






(...ieri ad Arona bellissimo evento organizzato da Alberto Gusmeroli [qui le cose che ho detto io, qui:

quelle che hanno detto tutti gli altri [molto interessanti, vale la pena di dedicargli un po' di tempo...]. Ne stiamo organizzando uno a Roma per il 5 marzo, nel pomeriggio, e lì ci saranno più relatori, anche Claudio e Durezza, fra gli altri. Non è un evento a/simmetrie, è un evento Lega, ma organizzo io...)

(...ora sono stanco, non commento e non aggiungo. Ho passato una bellissima giornata in Padania con alcuni di voi, domani devo girarmi le quattro province del mio collegio per gazebo a Silvi, Pescara, Francavilla e Sulmona, quindi vi lascio e dormo. Se vi interessa ricercare questi pregevoli reperti di antiquariato, basta andare nella cloaca e digitare nella finestra della ricerca la stringa:

from:@who since:yyyy-mm-dd until:yyyy-mm-dd

dove yyyy è un anno, mm un mese [due cifre, quindi gennaio è 01], e dd è un giorno [due cifre, quindi il primo è 01]. Chi trova il più divertente vince un biglietto omaggio per il #goofy14...)

venerdì 24 gennaio 2025

Il “bomba”, il piddino, e gli investimenti

Da qualche giorno iRrenzi, che in altre epoche avevo visto più scodinzolante alla nostra porta, in un disperato tentativo di farsi notare ha ripreso i toni rustici che gli sono congeniali:


Qualcuno (io) gli ha fatto notare che ha poco da fare il gradasso: lo stato della rete ferroviaria (e di altre reti: vogliamo parlare della fibra ottica?) è pessimo in conseguenza della geniale idea, sua e dei suoi sodali, di dimezzare l’investimento pubblico lordo (comprensivo cioè del rimpiazzo del capitale obsolescente), portando l’investimento pubblico netto in territorio negativo:

Una roba simile non si era mai vista né in Europa, né nella storia del nostro Paese. I governi piddocentrici hanno letteralmemte devastato lo stock di capitale pubblico del nostro Paese (la sua dotazione infrastrutturale), non procedendo nemmeno al rimpiazzo di quello obsolescente. È una cosa andata avanti per dieci anni, neanche l’average Joe piddino ha il coraggio di dire che dobbiamo (o semplicemente che potremmo) risolverla in due!

Ma siccome il piddino sa di sapere e parla per parlare, la stronzata argomentazione con cui ci delizia è: “Non è merito vostro, ma della pioggia di miliardi (rectius: bhioggia dhi mhiliardhi) del PNRR!” (sottintendendo: è merito nostro che, essendo più “credibbili” di voi, abbiamo negoziato questo patto così vantaggioso con la prodiga Leuropa!).

Peccato che anche questa sia una stronzata argomentazione fallace, e tanto per cambiare ce lo dice l’Europa (quella cui i piddini servilmente obbediscono ma cui difficilmente prestano una reale attenzione)!


Come mostra questo grafico, dal 2019 (trattino nero) al 2024 (barra colorata) gli investimenti pubblici lordi in rapporto al Pil sono aumentati di circa un punto percentuale (da poco più del 2% a circa il 3,5%), ma poco meno di un terzo di questo incremento, cioè una roba attorno allo 0,4%-0,5% del Pil è dovuto al PNRR (la barra gialla), che quindi non può aver spiegato un aumento di oltre l’1% di Pil nell’investimento pubblico netto!

C’è il pensiero magico dei piddini, e poi c’è l’aritmetica.

Tutto qua.

giovedì 23 gennaio 2025

Ooooooooooooms!

 (…stanno impazzendo…)


>ANSA-FOCUS/La Lega come Trump, "l'Italia fuori dall'Oms" Alleati freddi. Opposizione all'attacco, annuncio inquietante (di Paolo Cappelleri) (ANSA) - ROMA, 23 GEN - "L'Italia esca dall'Organizzazione mondiale della sanità". La Lega prova a cavalcare l'onda Trump e rilancia la sua battaglia per "recuperare sovranità" abbandonando quello che considera un "carrozzone controllato da Bill Gates", che ha affrontato il Covid "in modo schizofrenico. "Confidiamo che dagli alleati ci sia condivisione", l'auspicio del senatore Claudio Borghi e del deputato Alberto BAGNAI, che hanno annunciato il deposito a Palazzo Madama del disegno di legge "per abrogare il dlgs del 1947 che ci lega all'Oms". Ma nel resto del centrodestra chi si è pronunciato, FI e Noi moderati, è freddo. Per non dire delle opposizioni: il Pd parla di "annuncio inquietante". Come il nuovo presidente americano, anche la Lega attacca l'organizzazione guidata da Tedros Ghebreyesus in un climax crescente dai tempi della pandemia. Borghi quasi un anno fa pubblicò un post sui social sui "10 motivi per cui l'Oms va fermata", che ha raccolto oltre due milioni di visualizzazioni. Una campagna contro il Trattato pandemico, "una specie di Mes della malattia", lo definiva, sulla cui adesione il governo ha frenato a maggio, e per sostenere che i "100 milioni" con cui contribuisce l'Italia "potrebbero essere meglio allocati". Dopo l'ordine esecutivo sul ritiro dall'Agenzia dell'Onu specializzata per le questioni sanitarie firmato da Donald Trump, il partito di Matteo Salvini conta su un effetto domino. Si guarda a Paesi come Argentina e Olanda. Ma soprattutto la Lega è in pressing sulla maggioranza, con questo disegno di legge che verrà presentato anche alla Camera. "Faremo di tutto perché venga calendarizzato al più presto. Se poi il governo decidesse di seguire per decreto quanto stanno facendo con velocità gli Usa, non sarebbe un problema", ha spiegato Borghi, che intanto ringrazia "l'opera" del collega di FdI Lucio Malan, "che ha sempre condiviso buona parte di queste problematiche, ed è stata strumentale per costruire la posizione non scontata dell'Italia all'ultima assemblea dell'Oms dove non è stato approvato il trattato pandemico". "I leader ne parleranno, mi sembra sia un passo un po' troppo azzardato", ha notato Paolo Barelli di FI commentando la mossa leghista, e anche per Maurizio Lupi (Nm) "emulare Trump non serve: l'Italia può essere protagonista nel migliorare l'Oms". "La Lega - attacca la dem Ilenia Malvasi - vuole riportare l'Italia ad una condizione di arretratezza culturale e sanitaria impressionante. Meloni ne è al corrente?". Mentre un editoriale su Science sostiene che il ritiro degli Usa renderà il "mondo meno sicuro e protetto", le accuse all'Agenzia dell'Onu elencate da Borghi e BAGNAI sono svariate: ha "una governance multilaterale che in alcune circostanze si qualifica come sportello unico del lobbista"; "lo stipendio medio è vicino a 150mila euro esentasse, e i dipendenti hanno immunità totale, e si parla di abusi in Africa, documentati e silenziati"; ha gestito la comunicazione sul Covid "in modo schizofrenico e non compatibile con il coordinamento" delle attività di contrasto. A supporto della tesi, anche le slide di Roy De Vita, primario di chirurgia plastica e ricostruttiva all'Istituto nazionale dei tumori Regina Elena di Roma. La Fondazione Gates, ha affermato, è "al secondo posto dei finanziatori" dell'Oms, e "al quarto la Gavi Alliance, l'alleanza per il vaccino, fondata da Bill Gates: il maggior azionista dell'Oms è un privato. Costa una barca di soldi, è gestita in modo terrificante, non è utile tenerla in piedi". (ANSA). 2025-01-23T19:15:00+01:00 CPP ANSA per CAMERA03 NS055

mercoledì 22 gennaio 2025

Una rondine non fa primavera (i dazi di Trump)

 (…per quanto a noi questo sembri assolutamente anomalo, è successo che per una volta un’agenzia di stampa abbia ripreso le mie parole, senza nessun intervento dei miei uffici, e li abbia riprese in modo corretto. Godi, popolo!…)




La (de)globalizzazione

Scusate, un post rapidissimo, perché fra un po’ sono in onda da Borgonovo, solo per mettere in evidenza un’osservazione forse non molto originale che ho fatto in risposta a Sergio Giraldo in un post precedente. Cresce l’inquietudine per il surplus estero cinese, che comunque solo recentemente è tornato sopra a quello tedesco. A me sembra abbastanza ovvio che se un Paese viene trasformato nella fabbrica del mondo, i beni poi da quel Paese devono in qualche modo uscire! In altre parole, chi ha visto nella globalizzazione l’opportunità di sfruttare una manodopera civilizzata e a basso costo come quella cinese (specifico subito che è un “chi” collettivo, non è un complotto ma lo spirito dei tempi) ha anche voluto regalare alla Cina una posizione di esportatore netto di beni e quindi di capitali. Sotto questo profilo, il ribilanciamento del modello di sviluppo cinese dalla domanda estera a quella interna è più mitologico che logico, perché non puoi pensare che la produzione della fabbrica del mondo sia assorbita dalla domanda di un pezzo, per quanto grande, di mondo. Aggiungo che questo particolare modo di risolvere il conflitto distributivo (delocalizzare dove i lavoratori costano di meno) ha anche posto le basi per regalare a un paese che era eccezionalmente rimasto indietro (eccezionalmente in termini storici, perché, come sapete, negli ultimi due millenni, la Cina ha contato più o meno sempre per circa un terzo del Pil mondiale) l’opportunità di un rapido recupero, regalandole di fatto le nostre tecnologie, nelle quali non ha faticato a  contenderci posizione di leadership. Se è successo ci sarà un perché, probabilmente non poteva andare in modo diverso, ma non dobbiamo stupirci di quella che è una conseguenza logica del modo in cui abbiamo organizzato i nostri rapporti sociali di produzione su scala internazionale. Inutile dire che fra le tante contraddizioni della sinistra c’è quella di aver sostanzialmente avallato questo tipo di processo storico che, fra le varie esternalità negative, ha anche quella di costringere a spostare da una parte all’altra del globo, con tecnologie di trasporto piuttosto inquinanti, una quantità di beni che magari potrebbero essere prodotti in patria, ovviamente se si decidesse di non giocare la corsa al ribasso dei salari. Ma la sinistra, che si è acquistata un salvacondotto vendendo la pelle dei proletari, cioè rinunciando a difenderne il salario (ricordavamo nel post precedente la triste storia degli accordi di luglio), non si è resa conto che, così facendo (cioè avallando la globalizzazione/delocalizzazione in un afflato di cosmopolitismo borghese), poneva le basi per togliere a questi proletari anche il lavoro! L’inquinamento da mezzi di trasporto (e non parlo delle utilitarie diesel Euro 6, ma del grande traffico marittimo) è in effetti uno dei presupposti della delirante rivoluzione green in nome della quale si sta perpetrando la deindustrializzazione dei nostri Paesi. Non stupisce quindi che oggi la sinistra preferisca sorvolare su questa contraddizione fondamentale, dichiarando Musk nemico del popolo ed ergendosi a paladina di pregevoli minoranze arcobaleno (che con Musk sono tutt’altro che in contraddizione)!

La vocazione maggioritaria è solo un ricordo, come lo è la difesa del salario.

RIP.





lunedì 20 gennaio 2025

Voltafaccia (s.m.)

(...proseguiamo con la nostra analisi lessicale...)


"Sta venendo giù tutto! Si riposizionano! Abbiamo vinto!..."


Calma!


Da qualche giorno sto cercando di condividere con voi un paio di concetti, ma tutte le volte che ci provo la diretta salta per la telefonata "a secco" di qualche sconsiderato. Questo weekend mi sono ritagliato un po' di tempo per metterle qui a verbale, sperando che non scoppi qualche altra grana che mi impedisca anche di scrivere.


(...sarebbe ora che mi imparassi a stare zitto: da quando scrivevo queste parole venerdì scorso è successo l'inverosimile, tant'è che mi ritrovo a chiudere questo post oggi! Devo assolutamente ricordarmi del fatto che le mie parole hanno valore performativo: se dico "a meno che non scoppi qualche grana", poi la grana scoppia...)


Forse converrebbe partire dalle conclusioni, ma prendo il rischio, invece, di partire da un episodio storico che ignoravo e che ben esemplifica quanto vorrei condividere.

Tutti qui sappiamo (rectius: crediamo di sapere) che dopo la crisi valutaria del 1992 Mario Monti ammise che svalutare ci aveva fatto bene:

Questo articolo del 13 settembre 1993, che trovate ancora qui, ci era stato segnalato da Alberto, che ogni tanto vedo ancora con piacere affacciarsi, il 25 novembre del 2011 in un commento al secondo post di questo blog, quello in cui spiegavo che Monti avrebbe dato la risposta giusta alla domanda sbagliata.

Veniamo alla cosa che non sapevo.

Un altro lettore, KitKot3 (forse erede di un Kit Kot che è con noi dal 2017), ci ha segnalato tre giorni fa da fonte secondaria (un saggio di Sergio Ricossa), come il 20 giugno 1992 invece Monti fosse fieramente avverso all'ipotesi di svalutazione, e come si fosse espresso in tal senso dalle colonne del Corriere della Sera. KitKot3 non aveva il riferimento diretto, ma io ho la biblioteca del Parlamento e quindi eccoci qua:


Uno dei pochi autentici privilegi della casta è quello di poter alimentare la memoria! La lettura di quel numero del Corriere:


ha suscitato in me emozioni contrastanti. Ero nei miei 30 anni, Tangentopoli era iniziata da 142 giorni, Amato stava facendo le consultazioni, avendo ricevuto due giorni prima da Scalfaro l'incarico di formare il Governo (le Camere erano state sciolte a febbraio da Cossiga, che si sarebbe poi dimesso ad aprile dopo le elezioni politiche), e se ne andava in giro per Roma in motoretta:


come quel matto di "Supergiovane" (cit.), mentre Forlani esibiva ancora per poco il suo smagliante sorriso... 

Où sont-ils les lapins d'antant...

Ma torniamo a noi: se restiamo ai titoli, il voltafaccia è clamoroso!

20 giugno 1992: "Perché oggi non si può svalutare".

13 settembre 1993: "La svalutazione ci ha fatto bene".

Da qui, suppongo, la solita solfa scipita e petulante: "Ma come fa a dire il contrario di quello che ha detto prima? Ma era in buona fede? Ma perché i giornalisti non lo inchiodano alle sue contraddizioni?" e via dicendo...

Decisamente non è in simili circostanze che date il meglio di voi!

Tralasciando la questione che temo ormai irrisolvibile del farvi capire che quando si parla di politica, e non della compravendita di un fondo agricolo, di un'auto usata o di una lavatrice, il concetto di "buona fede" non ha alcuna rilevanza pratica (semplicemente perché ritengo che esplorare la dimensione soggettiva di chi danneggia i nostri interessi non ci aiuti a difenderli: gli voteremmo a favore se sapessimo che era "in buona fede"? Di converso: ci lasceremmo sparare addosso da una persone perché in buona fede pensa che vogliamo aggredirla?), a domande tanto accorate quanto vuote credo che se ne potrebbero opporre due, asciutte: "Ma perché leggete solo i titoli?", anzi: "Ma perché non leggete nemmeno i titoli?"

Partiamo dalla prima domanda: i titoli in effetti non andrebbero proprio letti, perché essi sono il Male assoluto, sono il prodotto della cosiddetta "sintesi giornalistica", una elegante perifrasi con cui si suole indicare la menzogna più abietta e miserabile. Fermarsi ad essi è quindi un errore che si paga nel modo più sanguinoso: facendosi manipolare dai nemici dei nostri interessi!

Monti non ha detto che la svalutazione ci aveva fatto bene

Prendiamo l'articolo del 1993, il cui titolo è un virgolettato: "La svalutazione ci ha fatto bene". Inutile dire che nel testo queste parole non le troverete (provare per credere). Sì, è vero: nell'intervista Monti si addentra in una prolissa palinodia che, con moltissima buona volontà, e (immagino) con una certa irritazione dell'interessato, potrebbe anche riassumersi in quel modo. Ma in effetti Monti non dice da nessuna parte che la svalutazione ci ha fatto bene, anzi: sta bene attento a distanziarsi da chi, dopo il fattaccio, prendeva questa posizione. Testualmente, il Mario minor afferma: "vi è una tendenza in Italia a considerare la svalutazione come uno degli elementi positivi del nuovo panorama, anche da parte di coloro che fino al 13 settembre scorso si erano pronunciati a favore del mantenimento del cambio. Io sono tra questi [intendendo, evidentemente, "coloro che fino al 13 settembre scorso si erano pronunciati a favore del mantenimento del cambio", non certo quelli che "tendono" a considerare la svalutazione un elemento positivo, NdCN] e perciò mi sono chiesto ogni tanto in che cosa fosse giusta e in che sbagliata la posizione [sottinteso: mia e che non rinnego, NdCN] che poi è stata smentita dai fatti".

Insomma, il Mario minor non afferma che il riallineamento ci ha fatto bene ma riferisce che sta cercando di capire perché non ci ha fatto tanto male quanto lui credeva che ci potesse fare. I timori che avrebbe nutrito nel 1992 erano, secondo quanto riferiva nel 1993, che il riallineamento:

  1. avrebbe avuto conseguenze inflazionistiche;
  2. avrebbe interrotto il processo di risanamento della finanza pubblica.

Monti riconosce che questo non è successo, e quindi non riconosce che "la svalutazione ci ha fatto bene", ma, mi ripeto, riconosce che "la svalutazione non ci ha fatto male", e cerca di spiegarsi perché.

Sul primo punto la spiegazione è questa: 

In sintesi, le drammatiche conseguenze inflazionistiche paventate sarebbero state smorzate dalla recessione e dagli accordi di luglio 1992 con cui venne soppressa la scala mobile

Sul secondo punto, la spiegazione invece è questa:

In sintesi, la svalutazione sarebbe stata così catastrofica da impaurire le parti sociali determinando consenso attorno alla manovra restrittiva (da una cinquantina di miliardi...).

Ora, prima ancora di valutare nel merito (scarsissimo) questi argomenti, cosa che mi ripropongo di fare dopo aver analizzato il contenuto dall'articolo precedente, vi faccio notare che già da questo capiamo che il voltafaccia è solo nel titolo: Monti non ha mai detto che la svalutazione ci aveva fatto bene.

Monti ha detto che la svalutazione ci avrebbe potuto fare bene

D'altra parte, se facciamo un passo indietro e torniamo all'articolo del 20 giugno 1992, basta rileggerne bene il titolo: "Perché oggi non si può svalutare". Monti non dice: svalutare ci farebbe male (nel qual caso, se nel 1993 avesse poi detto - ma non l'ha detto - che svalutare ci aveva fatto bene si sarebbe contraddetto)! Monti dice: oggi non possiamo, ma domani ci farà bene!


(...a beneficio di tutti i fuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuurbi che abbiamo incontrato in tanti anni di Dibattito, di quelli che la sanno lunga, di quelli che vengono a spiegarmi che Giorgetti così e che Fedriga colà, e che l'euro non è una buona idea, ecc.: troppi panini dovete mangiare prima di arrivare al livello del Mario minor, figuriamoci di quello maior!...)

Eh già, visto che sorpresa? Mentre non abbiamo evidenza che Monti ci abbia mai detto che la svalutazione ci aveva fatto bene, abbiamo prova provata (scritta) del fatto che Monti ci ha detto che l'inflazione avrebbe potuto farci bene! Esattamente il contrario di quello che pensavate voi, esattamente nell'articolo in cui voi pensavate (fuorviati da Ricossa) che avesse detto il contrario di quello che in effetti ha detto.

Ma anche qui giova entrare nella linea del ragionamento, in particolare per apprezzare la capacità, che molti di voi non hanno, ma il Mario minor sì, di scegliere con estrema cautela il lessico, di celare le proprie intenzioni dietro perifrasi accuratamente ponderate. Eh già! Perché il Mario minor, come il Mario maior, difendono gli interessi di persone intelligenti, che quindi sanno leggere (e leggono) fra le righe: non di analfabeti funzionali sobillati da arruffapopolo da strapazzo, dagli scopiazzatori di Goofynomics, da quelli che pensano che il 2025 sia il 2011, e quindi cercano il like sulla base di modalità di comunicazione tatticamente inappropriate...

Quanta pazienza ci vuole: ma non con Formigli, con voi!

Il ragionamento del Mario minor nel suo articolo del 1992 (tre mesi prima del riallineamento) è piuttosto lineare. Riallineare il cambio nell'estate del 1992 sarebbe stato impossibile perché gli altri Paesi membri non ce lo avrebbero consentito:


(e questa ovviamente è una sciocchezza, tant'è che poi abbiamo riallineato), ma soprattutto (e la ciccia del ragionamento è qui):


Capito? La preoccupazione del Mario minor era che, senza il ricatto di un cambio forte, non ci sarebbe stata una "profonda modifica nei rapporti fra lo Stato e il mercato del lavoro". Frase sibillina: che rapporti ha lo Stato col mercato del lavoro? Lo Stato lo disciplina, lo Stato vi accede (per le assunzioni), che cosa vuol dire Mario minor? Ma lo dice, basta leggerlo! La svalutazione "renderebbe meno cogente la pressione perché quegli interventi, che incontreranno profonde resistenze, siano impostati e realizzati". Insomma: se si fosse riallineato c'era il rischio che saltassero quelli che poi, il mese successivo, sarebbero stati battezzati come accordi di luglio, cioè l'abolizione della scala mobile.

Discussione e conclusioni

Rimetto le cose in ordine, perché magari vi siete persi.

Il 20 giugno del 1992 Monti non dice che la svalutazione ci avrebbe fatto male: dice che ci farà bene se però prima avremo riformato il mercato del lavoro smantellando la scala mobile, cosa che nel caso fosse venuta meno la "pressione" esercitata dal cambio forte si sarebbe rischiato di non fare.

Il 13 settembre del 1993 Monti non dice che la svalutazione ci aveva fatto bene: dice che non ci aveva fatto male come lui credeva perché non aveva impedito le politiche di rigore (e non aveva causato inflazione).

Non c'è alcuna contraddizione: c'è una coerenza assoluta attorno a un'agenda politica (se vogliamo proprio chiamarla così: io parlerei semplicemente di indirizzo politico) orientata a redistribuire il reddito dal lavoro al capitale. E non c'è alcun "complottismo"! Che l'economia funzioni così, cioè che il cambio forte serva a esercitare una pressione su alcune parti sociali (quelle più deboli) è materia da libro di testo! Non ci credete? Ecco qua:



(tratte da La politica economica nell'era della globalizzazione, di Nicola Acocella, che adottavo nei miei corsi): "introdurre un elemento esterno di disciplina al comportamento di alcuni operatori... contrastare politiche salariali ritenute inflazionistiche...".

Tutto chiaro, no?

Ovviamente qualcuno potrebbe dire: "Ma nel pensiero del Mario minor, oltre a non esserci contraddizione - che effettivamente non c'è, perché leggendo il testo degli articoli non ci si trova quello che lettori frettolosi credono di aver letto in un titolo ambiguo e in un altro truffaldino - c'è anche sollecitudine verso il povero lavoratore: il Mario minor vuole salvare da se stesso l'elettore che, non essendo disciplinato, si esporrebbe all'inflazzzzzzzzzzzzzzzione, la più iniqua delle imposte ecc. ecc.".

Ecco.

Questa è la scemenza che va di moda nel Paese dei campanelli, quella secondo cui un riallineamento dello x% si traduce in una variazione dei prezzi interni dello x%. Il Monti del 1993 potrebbe giustificare quello del 1992 dicendo: "Ma io volevo solo evitare che i salari reali venissero falcidiati dall'inflazione! Ed è stata la riforma della scala mobile a evitare che lo fossero! Quindi ho fatto bene a sconsigliare un riallineamento nel 1992, e posso spiegare con le riforme intervenute il fatto che poi nel 1993 a riallineamento effettuato non ci sia stata una fiammata di inflazione!"

Ma noi sappiamo che questo argomento sarebbe specioso: lo sapevamo ex ante e lo sappiamo ex post. Ex ante, le stime del pass-through fra riallineamento e prezzi interni sono piuttosto basse! Lo studio più esaustivo resta ancora quello, che vi ho citato spesso, di Goldfajn e Verlang (2000), da cui traiamo questa tabella:


secondo cui dopo un anno al più un terzo della eventuale svalutazione si traduce in inflazione, e nei casi di crisi valutaria il trasferimento è ancora più lento:


tant'è che gli autori riconoscono che:


Ma anche ex post abbiamo visto che la modifica profonda delle istituzioni del mercato del lavoro non ha minimamente alterato il trasferimento di shock esterni all'inflazione interna! Ricordate questo grafico?


Lo avevamo visto insieme qui, e ci dice sostanzialmente che il trasferimento dei costi delle materie prime sull'inflazione interna è oggi assolutamente proporzionale a quello che era stato negli anni '70. Questo significa, in buona sostanza, che tante riforme del mercato del lavoro non hanno alterato in modo significativo la risposta del sistema.

Ora: si può mandare assolto il Mario minor per il fatto di non aver letto nel 1993 un articolo scientifico uscito nel 2000, come pure per non aver constatato nel 1992 che nel 2023 gli shock esterni avrebbero avuto più o meno lo stesso impatto che nel 1973! Non occorre a questo scopo troppa indulgenza per chi come noi è affezionato ad Aristotele e al calendario! Direi però che è molto, molto grave che nel 2025 ci siano ancora dei cretini che vanno in giro a dire che "una svalutazione produce un beneficio illusorio perché l'inflazione prodotta si mangia i salari reali". Non succede mai, come abbiamo documentato qui, l'unica eccezione essendo il Messico, proprio perché fa eccezione anche nel grafico di Goldfajn e Verlang!

Torno però al punto, che andrà sviluppato ulteriormente:


KitKot3 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La svalutazione è una droga!":

«Monti è sempre stato piuttosto rilevante, e se avesse detto che era opportuno svalutare ...»

Comprendo questa sua argomentazione, però qui non si tratta di un'intervista, bensì di un articolo sul Corriere che riporta la sua firma e titolato: Perché, [sic!]] oggi non si può svalutare.

Fonte: «Corriere della sera» del 20 giugno 1992.

Perché scrivere un articolo in merito se intellettualmente non condivideva la difesa della lira e politicamente una sua dichiarazione contraria avrebbe avuto ripercussioni politiche di cui non voleva assumersi le responsabilità? Non sarebbe stato più opportuno tacere?

Pubblicato da KitKot3 su Goofynomics il giorno 15 gen 2025, 18:56


Chiaro cosa c'è che non va in questo approccio? Chiare le motivazioni del collega Monti? Chiaro il loro fondamento politico, e la loro (in)consistenza economica?

Ecco.

Credo che questo case study possa essere utilizzato per mettere in prospettiva anche alcuni voltafaccia più apparenti che reali cui abbiamo assistito negli ultimi tempi (diciamo dal 2015 in poi). A conclusione, riporto due considerazioni che ho espresso nelle mie ultime dirette.

La prima è questa: ognuno di noi si sente unico (perché lo è), ma da qui a ritenere che la sensazione di vivere tempi unici sia fondata ce ne corre.

La seconda è questa: la vera svolta non sarà quando loro verranno a dirci le nostre verità, ma quando noi saremo lì a dire le loro menzogne.

(...immagino i commenti...)

domenica 19 gennaio 2025

Svalutazione e dazi

Al prossimo piddino che si straccerà le vesti dicendovi che "Oddio! Adesso arriva Trump, mette i dazi e siamo rovinati, l'economia rallenterà, poveri noi, che ne sarà della nostra economia, [ecc. ecc. ecc.]" suggerisco di rispondere con un asciutto: "Magari! Hai mai pensato a quale sarebbe l'alternativa?"

Poi, approfittando del suo sconcerto, spiegate non a lui, ma agli astanti, perché i dazi potrebbero essere un'alternativa preferibile. Ma prima cercate di capirlo voi! Provo a spiegarvelo...

Parto da una constatazione ovvia. Un Paese che si trova in una simile situazione di squilibrio con l'estero:


qualcosa dovrà pur fare: al limite niente, nel qual caso i mercati penseranno a correggere lo squilibrio, riallineando il valore della sua valuta!

Può essere utile ricordare come vennero corrette le due precedenti situazioni di squilibrio. Quella dei primi anni '80, causata dall'apprezzamento del dollaro a sua volta causato dall'innalzamento dei tassi di interesse Usa (Volcker shock), fu curata svalutando il dollaro, cioè facendo apprezzare lo yen (accordi del Plaza). Lo si vede bene mettendo insieme il tasso di cambio reale con il saldo delle partite correnti:


Il secondo squilibrio, quello che culmina attorno al 2006, fu corretto dalla Grande crisi finanziaria (a partire dalla crisi dei subprime nel 2007).

Ora, escludendo (nell'interesse di tutti) uno scenario globale catastrofico, ed escludendo l'applicazione di politiche di austerità da parte del Governo degli Stati Uniti, per correggere lo squilibrio dal lato delle importazioni Usa (distruggendo l'American way of life e un nostro significativo mercato di sbocco), i due elementi che possono contribuire a "chiudere" abbastanza rapidamente il gap fra importazioni ed esportazioni sono un riallineamento del cambio e l'imposizione di dazi.

Il riallineamento è chiaro come dovrebbe operare: dato che gli Usa sono in deficit e l'Eurozona in surplus, il dollaro dovrebbe cedere (simmetricamente: l'euro dovrebbe rafforzarsi). Una svalutazione del dollaro poniamo del 10% (la si potrebbe facilmente avere nell'arco di un anno, è già successo di peggio in passato) per il cittadino statunitense avrebbe effetti indiscriminati: implicherebbe che tutti i prodotti di ogni Paese che adotta l'euro (quindi anche tutti i prodotti italiani) aumenterebbero di prezzo del 10%. Diciamo che per noi non sarebbe il massimo, soprattutto considerando che non siamo i principali responsabili dello squilibrio commerciale verso gli Usa:


I dazi, che tanta preoccupazione suscitano, consentono invece un'applicazione selettiva. Volete un esempio? Eccolo qua:


Nel quadro di una delle più lunghe dispute commerciali fra Stati Uniti ed Europa, quella fra Boeing e Airbus, nel 2019 gli Stati Uniti decisero di imporre un dazio ritorsivo sui vini provenienti da Francia, Spagna, Germania e Regno Unito.

E sui nostri?

Sui nostri no (per ovvi motivi: non davamo fastidio).

Questo, ovviamente è solo un esempio, un aneddoto, il cui plurale non sarebbe "dati". Tuttavia, i dati dicono che durante la temibile epoca dei "dazzzi di Trump" (diciamo dal primo trimestre del 2017 all'ultimo del 2019, perché poi c'è stato l'Armageddon che ricorderete) le nostre esportazioni verso gli Usa sono cresciute del 22%, quelle francesi del 20%, quelle tedesche dell'11%:


 L'atteggiamento di Trump è sempre stato favorevole ad accordi bilaterali:

e continua ad esserlo. Tanto meglio. Il nostro Paese, il nostro Governo, per inciso anche il mio partito non sono posizionati male, non devono, almeno in teoria, temere mosse aggressive. Lo stesso non può dirsi di altri Paesi e di altri Governi (quelli ai quali già la prima volta non andò benissimo).

Mi sembra quindi ovvio che fra un aggiustamento di mercato che comporterebbe una indiscriminata perdita di competitività per tutti i nostri prodotti (perché tanto per cambiare il valore della nostra moneta risulterebbe artificialmente gonfiato in conseguenza delle politiche della Germania) e interventi mirati dell'amministrazione Usa per ridurre gli squilibri bilaterali più fastidiosi e artificiali (determinati dal fatto che la Germania continua a godere di un cambio per lei eccessivamente favorevole) non c'è dubbio su quale sarebbe la soluzione preferibile per noi.

Vedo più difficile che l'amministrazione Trump ci lasci proseguire sulla strada della svalutazione competitiva dell'euretto, che vi ho documentato qui, e alla quale del resto già nel primo mandato Trump aveva in qualche modo messo un freno.

E la morale della favola è che, salvo prova del contrario che saremo lieti di valutare insieme, sia per il passato che per il futuro, vale per i dazi quello che vale per tante altre cose: se gli operatori informativi ce ne parlano tanto è perché, alla fine, non sono poi così rilevanti per noi.


(...il che non esclude, ovviamente, che non siano un bello e meritato stress test per il progetto leuropeo: ma questo ci preoccupa?...)

Caciccato (s.m.)

Poche ore fa Claudio ha sollevato un'onda nella cloaca nera con questo suo tweet che mette in evidenza un aspetto interessante del processo politico visto nella sua concretezza. Se ne sono diramate dopo un po' una serie di ampie discussioni, in una delle quali rinvengo questa risposta che vorrei rapidamente commentare con voi:


Dialetticamente questa risposta è ineccepibile, come testimonia anche il vicolo cieco in cui ha mandato a cacciarsi l'espertone di turno:


(uno dei tanti che volevano tutto e subito, e destabilizzati dall'impazienza hanno preferito risolvere l'incertezza arruolandosi nella folta schiera delle amanti tradite).

Ci sarebbe da ragionare su tanto (ad esempio, sulle "posizioni minoritarie che poi diventano maggioritarie". Esempi? Spiegazioni?), ma qui mi soffermo su un aspetto, quello che ho evidenziato in giallo.

La risposta di Claudio in tanto è efficace dialetticamente in quanto si appoggia a un falso preconcetto dei suoi interlocutori, quello secondo cui il sistema proporzionale (sottinteso: con preferenze espresse) meglio si presterebbe a dare voce "ar bobolo" (giusto e santo per definizione), a quindi a consentire al sullodato "bobolo" di scardinare i meccanismi autoreferenziali de #aaaaabolidiga, garantendo che tutte tuttissime le opinioni, compresa quella di

IO

possano trovare una rappresentanza nelle sedi parlmentari, propagando il seme della dissenting opinion, e creando così il presupposto perché la grama opinione minoritaria attecchisca e nel tempo si trasformi nella robusta sequoia di una opinione maggioritaria.

Insomma: il sistema proporzionale sarebbe più "politico" del sistema maggioritario, più favorevole al radicarsi nelle sedi parlamentari di uno spettro di opinioni più diversificato. Se non ricordo male, anche qui qualcuno aveva fatto questo discorso, una quindicina d'anni fa, ormai: "Se ci fosse un voto proporzionale puro, potremmo fare "er partito di Goofynomics" e così avremmo in Parlamento qualcuno che gliele canterebbe chiare!"

Il famoso "famoerpartitismo" contro cui mi sono sempre, per vostra e mia fortuna, risolutamente schierato.

Ora, e premesso per completezza che:

  1. l'obiezione di Claudio è non solo dialetticamente, ma anche letteralmente corretta (certo: col proporzionale puoi votare chi vuoi, ma anche col maggioritario: diciamo che "votare chi si voleva" va ovviamente inteso nel senso di "esprimere per il candidato di proprio gradimento un voto di preferenza tenendo conto dell'alternanza di genere", e quindi comunque un voto per "chi si vuole" nel contesto dei soggetti inclusi dai partiti nelle liste di un determinato collegio);
  2. incidentalmente, 20.000 voti sarebbero molti in un collegio abruzzese, ma sono niente a livello nazionale, e per accedere al Parlamento nazionale si viene però candidati in collegi di dimensione al massimo regionale, quindi tutto il consenso che vedevate qui o al #goofy in realtà elettoralmente non esisteva - esattamente come di converso certe performance elettorali stellari non riempirebbero la sala del Serena Majestic: unicuique suum;
  3. ormai ne sapete abbastanza di come funzioni in concreto la politica da poter considerare immediatamente come un delirante narcisista chiunque vi proponga uno spiaggiamento di mera testimonianza nel gruppo misto;

il punto su cui volevo attirare la vostra attenzione è un altro.

Se lo si considera nella concretezza di come effettivamente si svolge nel contesto delle regole attuali, il voto "proporzionale", inteso come voto con preferenze, senza listino bloccato, è molto ma molto meno "politico" del voto maggioritario, e questo dovreste averlo capito anche voi. Il motivo è semplice: se servono i voti, si candida (verbo transitivo: si mette in lista) chi porta i voti, non chi porta una verità della quale non frega un cazzo a nessuno per quanto rispettabilissima!

Scusate la franchezza, ma ogni tanto bisogna anche essere espliciti (e parlare quindi in franco o francese che dir si voglia).

Può piacere o non piacere, potete crederci o meno, ma i voti li hanno gli animali da territorio, gli uomini da marciapiede (in Abruzzo: marciappiede, non chiedetemi perché...), non i Buffagni, i Musso, e nemmeno i Bagnai (nonostante abbiano un seguito "social" superiore a quello dei sullodati esponenti del dibattito). Per scrivere il nome di qualcuno bisogna che quello abbia fatto qualcosa per te, qualcosa di concreto, e no: aprirti gli occhi non basta! Non sto parlando di voto di scambio né di altre fattispecie illegali: anche nel contesto della più stretta aderenza alle rigorose normative catare, un conto è essersi esposti su un provvedimento concreto (la realizzazione di un'infrastruttura che ti accorcia i tempi di percorrenza, un bando per il finanziamento della tua attività, o della zona in cui risiedi, ecc.), un conto è proporre una visione alternativa che può magari scaldare i cuori (di una ristretta nicchia), ma mai abbastanza da far impugnare la matita.

Volete la dimostrazione?

Semplice!

Con un listino bloccato su collegio unico nazionale ora avremmo a Bruxelles Marco Zanni: saremmo cioè riusciti a rieleggere il parlamentare che più ha contribuito, nella legislatura precedente, all'affermarsi degli equilibri fra i gruppi che stanno caratterizzando questa legislatura, e che quindi meglio saprebbe interpretarli. Con il voto a preferenza su macro-collegi regionali abbiamo dovuto seguire una strategia completamente diversa, totalmente avulsa dalle logiche che qui vi sembrano determinanti, e quindi in re ipsa inabilitata a tenerne conto e a dar loro rappresentanza. Questo naturalmente non è un giudizio di valore sugli ottimi colleghi che ora ci rappresentano a Bruxelles: è un giudizio di fatto che spiega perché noi non potremo avere mai una figura come questa (e averne, finché dobbiamo giocare questo gioco, ci servirebbe).

Con questo sistema (inesistente) dei partiti, con questo ritaglio (assurdo) dei collegi elettorali, posto che comunque le liste non sorgono per generazione spontanea dalla fermentazione del corpo elettorale, ma vengono decise dai vertici di partito, una lista bloccata paradossalmente veicolerebbe un voto molto più ideologico di quello implicito nel meccanismo delle preferenze! Banalmente: vi ricordate quando secondo i giornali noi saremmo dovuti entrare nel PPE? Indovinate un po' perché invece abbiamo votato (e fatto votare) contro la von der Leyen!? Servono altre spiegazioni?

Si potevano cambiare le regole? Sì, si sarebbe potuto. Lo abbiamo chiesto? Sì, lo abbiamo chiesto. Ci siamo riusciti? Evidentemente no. 

L'inefficienza della legge elettorale per le europee è una delle principali cause della nostra subalternità a Bruxelles, e forse per questo non si riesce a cambiarla. Un altro motivo immagino sia che avere un "megasondaggione" di metà mandato fatto su un campione rappresentativo (l'intero corpo elettorale) evidentemente fa comodo, nonostante che l'esperienza dimostri che questo sondaggione non solo non è poi così significativo (e qui ce ne eravamo accorti), ma può anche essere destabilizzante (come l'esperienza del 2019 ci ricorda).

Questo lo dico a futura memoria.

Il problema non è tanto la legge elettorale, quanto quello che le sta a monte: l'esistenza o meno di un sistema dei partiti in grado di svolgere la propria funzione di corpo intermedio, l'esistenza o meno di una filiera amministrativa dove i partiti possano far crescere i propri rappresentanti (oggi questa filiera è infartuata dalla cosiddetta abolizione delle province).

Ovviamente questo discorso è fatto a beneficio di chi si pone su un livello di comprensione superiore rispetto a chi invece continua a chiedere un discorso di mera testimonianza, di mero, narcisistico, martirio.

Buona domenica!