domenica 7 gennaio 2024

La disoccupazione in teoria e in pratica sette anni dopo

Sette anni fa, prendendo spunto da un tweet di Luigi Pecchioli, commentammo insieme i dati sulla disoccupazione, considerando, oltre alla definizione ufficiale, quella estesa, che comprende i lavoratori sottooccupati (che lavorano meno di quanto vorrebbero: in pratica, i lavoratori in part time involontario), gli scoraggiati (che vorrebbero lavorare ma hanno rinunciato a cercare un posto di lavoro), e anche chi sta cercando lavoro ma non sarebbe immediatamente disposto a lavorare se gli offrissero un posto. Insomma, avevamo analizzato la disoccupazione in teoria e in pratica. In un post successivo vi avevo spiegato che la definizione di disoccupazione più ampia è a grandi linee quella che negli Stati Uniti viene definita U6 (qui trovate una tavola con tutte le definizioni):


e corrisponde al labour market slack, il "lasco" totale fra domanda e offerta di lavoro.

Ieri mi hanno mandato al Tg a commentare la situazione economica, che è in effetti in via di miglioramento. Da domani riprenderò il mio lavoro parlamentare e potrei avere meno tempo da passare con voi. Approfitto di oggi per darvi un quadro più articolato di quanto sta succedendo nel mercato del lavoro, considerando che, sette anni dopo, il database dell'Eurostat riporta anche il labour market slack "spacchettato" nelle sue quattro componenti.

Vado molto rapidamente.

Dal 2009 a oggi il tasso di disoccupazione si è mosso così:


La conseguenza di aver dovuto scaricare sulla domanda interna l'intero peso dell'aggiustamento della bilancia dei pagamenti (cioè di aver dovuto abbattere il Pil per abbattere le importazioni) è stato un balzo verso l'alto della disoccupazione che ci ha portato dall'avere il tasso più basso fra le tre grandi economie dell'Eurozona all'inizio del 2009, ad avere il più alto nel 2013, raggiungendo e superando la Francia. Non siamo ancora ritornati al livello pre-crisi, anche se, dall'estate del 2017, la disoccupazione è scesa di quasi tre punti (dal 10.1% al 7.2%), e dal suo massimo, raggiunto all'inizio del 2014, di 4.2 punti. La tendenza comunque è negativa.

Quanto alla disoccupazione estesa, al labour market slack, a quello che gli americani chiamerebbero U6, la situazione è questa:


Qui partivamo svantaggiati, avendo già prima della crisi il valore più alto fra le tre grandi economie dell'Eurozona (il 18.6%). La brutta notizia è evidente: siamo ancora molto più in alto della Francia (che invece in termini di disoccupazione "convenzionale" abbiamo raggiunto e probabilmente supereremo presto, ovviamente verso il basso). Le notizie relativamente buone sono che siamo in una posizione migliore di prima della crisi (l'ultimo dato è pari al 17.7%) e su una traiettoria di miglioramento relativamente rapido. Dall'estate del 2017, cioè da quando Luigi attirò la nostra attenzione su questa variabile, la diminuzione è stata di 6.8 punti, di cui, come abbiamo visto, 2.9 attribuibili alla disoccupazione convenzionale, e dal massimo, raggiunto alla fine del 2014, di 9.5 punti.

La composizione della disoccupazione "allargata" la vedete qui:


Il grafico è molto decorativo, ma la lettura non è semplicissima. Si intuisce però che gli scoraggiati sono diminuiti significativamente (-3.2 punti percentuali dall'estate 2017). Le altre componenti, la più significativa delle quali è il part-time involontario, hanno mantenuto la stessa incidenza, con variazioni trascurabili.

Quindi visto che le cose sono un po' migliorate siamo scesi nella graduatoria del Paese messo peggio?

No, purtroppo non rimaniamo terzi a nessuno, esattamente come sette anni fa:


Solo che sette anni fa il primo era la Grecia. Ora la Grecia è in quinta posizione, dopo Spagna, Italia, Svezia e Finlandia (pensa un po'?). Ma ci è arrivata come ci ha spiegato Heimberger:


Quindi stiamo meglio noi, nella nostra dignitosa seconda posizione, che loro nella quinta. Mi resta da capire, ma sicuramente un giorno lo capirò, come mai tutti vanno in sollucchero per l'attuale detentrice della medaglia d'oro della disoccupazione: la Spagna. Niente di personale, anzi! Meno male che c'è qualcuno che va peggio di noi! Ma gli operatori informativi lo sanno?

Secondo me no, ma non è questa la più importante fra le cose che ignorano.


(...domani si riparte! Abbiate pazienza se dovrò trascurarvi. Sto cercando di peggiorare il nostro piazzamento e chissà, magari con un po' di fortuna mi riuscirà di vederci scendere dal podio...)

13 commenti:

  1. I numeri non li scrivo per lei perché so che li conosce .
    Perché non pensare di mettere un pò di dazi sui prodotti cinesi ed indiani ? Ha senso che il dentifricio "Colgate white teeth with baking soda" che compro al supermercato sia fatto in Cina ? Forse che non sappiamo produrre un dentifricio ? Nel 2022 abbiamo importato per 57 miliardi ed esportato per 16 , saldo negativo 41 . Imponendo un 40% si ottiene 57x0,4= 22,8 miliardi di gettito di imposta (ovviamente sarebbe meno perché poi calerebbero ) ma almeno per un paio di anni possiamo togliere l'IMU che vale 19 miliardi circa .
    Inoltre dovrebbe essere tassata la componente "cinese" di ogni bene in modo che i nostri "partner europei" non facciano i furbi .
    Es.: moduli di celle solari importate dalla Cina e montate in Polonia con marchio CE , mobili Ikea fatti totalmente in Cina ma impacchettati in Europa , ecc ecc .
    Lo stesso tavolino Ikea "Lak" che costa 7,5 euro in Italia in Repubblica Dominicana costa oltre 20 euro in quanto sconta proprio il 40% di dazio.
    Questa scelta per tutti i prodotti che si possono fare all'interno difende il lavoro e riempie le casse dello stato .
    Le poche aziende che esportano in Cina facendo il grosso della esportazione sono poche grandi aziende che starebbero bene lo stesso.
    Verso USA esportiamo 80 miliardi ed importiamo 25 , con saldo attivo di 55 , ci possiamo permettere di non imporre dazi .
    Questo lo dico per "tutti quelli che.." : "non c'è equità perché Cina è buona e USA cattivi" : il cliente che paga ha sempre ragione , il fornitore che fa il furbo è meglio evitarlo.
    Perché non si fa ? (non è una domanda retorica: veramente non me lo spiego ) .

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    1. Lungi da me darti una risposta: non ne ho minimamente le capacità. Vorrei solo darti un paio di spunti: i dazi sono una risorsa propria UE (noi ne riteniamo un aggio, ma il grosso lo riversiamo al bambino che fa la pipì nella fontana), sì certo, il prezzo al consumatore finale aumenta lo stesso, per carità; le leggi doganali sono regolamenti europei e ci lasciano pochissimo spazio di manovra. Penso non potremo mai fare quel che dici tu finché saremo in questa gabbia.

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    2. Non so se è questo il motivo, ma, vivendo nell'industria italiana da ormai quasi un ventennio, credo che molti componenti non siamo più in grado di produrli. Abbiamo, per motivi che dovrebbero essere noti ai lettori di questo blog, semidistrutto la nostra filiera, e in più le aziende fanno una fatica boia a trovare ingegneri e tecnici.

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    3. Se è come dice TheBeast siamo fottuti. Alessandro, verissimo ma sono scelte che possono essere invertite avendo volontà politica . Ogni filiera ha un ciclo che corrisponde alla media dell'ammortamento sull'investimento fisso rilevante . Negli anni 70 tutte le filiere di produzione della metalmeccanica e della stampa furono distrutte dall'arrivo dei mini computer (DEC PDP-11 e DG Nova 3 che i produttori di macchinari USA applicarono subito ) ma il sistema non crollò in quanto se Mondadori passava da 6500 dipendenti a 3500 c'era Calzedonia che raddoppiava l'indotto ogni anno .
      Qualsiasi filiera si può rifare se gli imprenditori ci credono.
      Non è vero che mancano i tecnici: semplicemente sono andati altrove: il figlio della mia ex segretaria , laureato ingegnere , assunto prima come stagista alla NASA oggi lavora in Intel con uno stipendio sui 12.000 dollari netti al mese .
      Il problema è politico , in entrambi i casi .

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    4. A noi gli ingegnegneri non servono. Basta aumentare le tasse e far controllare tutta l'economia dallo stato, che ha dimostrato di essere efficiente sotto ogni aspetto, e fare tanta spesa pubblica, soprattutto in deficit perché il debito pubblico non è un problema, il problema è quello privato come gli irlandesi che infatti vanno molto male.
      Contestualmente dobbiamo chiudere l'economia mettendo dazi a tutti e ritornare a sviluppare l'industria come i paesi in via di sviluppo, infatti i paesi avanzati hanno tutti molta più industria di noi. Dopodiché dobbiamo anche continuare a resistere sul fronte delle concessioni balneari per non darla vinta a Leuropa che vuole svendere le nostre spiaggie e farle sfruttare da imprenditori avidi dediti solo al profitto, e non ai nostri balneari che da molte generazioni portano avanti le loro piccole imprese.
      Dobbiamo inoltre favorire ancora di più la riduzione della dimensione aziendale tassando di più le grandi aziende per favorire le micro imprese e le partite iva, che sono il nostro petrolio, insieme al turismo.
      Poi fare spesa per mettere soldi nelle tasche dei pensionati così da innescare un circolo virtuoso col moltiplicatore keynesiano, così che vadano al mare in Italia e comprino prodotti italiani.
      Nel frattempo qualche ingegnegnere se ne sarà andato via a prendere più soldi all'estero, ma loro sono ingrati a cui abbiamo pagata l'istruzione, quindi questi irriconoscenti non ci servono.

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    5. Non comprendo se il commento è ironico o sarcastico . In entrambi i casi si può fare una domanda agli archivi statistici (cosa che ho fatto tempo fa e fatto commento qui ) e si scopre che l'Italia anni 1997 e 2017 ha avuto una caduta sul PIL mondiale di circa il 30% , confrontando anno su anno . La repubblica Dominicana è cresciuta di circa il 35% .
      Le realtà dimensionali sono diverse, ovviamente , anche la popolazione .
      Ovviamente in Repubblica Domenicana :
      -ci sono i dazi
      -ci sono ingegneri di molti paesi
      -c'è il peso domenicano .
      Se non riesci a dare almeno 5000 euro netti ad un ingegnere dopo 3 anni puoi partecipare a tutte le iniziative di industrializzazione che vuoi ma chiudi .

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    6. No no, ma io sono d'accordo con te. Secondo me la situazione ottimale sarebbe mettere dazi su tantissime cose e contestualmente creare nuovi posti di lavoro in aziende industriali pubbliche. Non di servizi avanzati o ricerca, perché lì ci sono gli ingegnegneri. Noi dobbiamo fare aziende tipo di produzione di dentifricio o simili per poi vendere nel mercato interno. La domanda si creerebbe dai salari di chi lavora nella altre aziende pubbliche! Poi per esportare il nostro dentifricio, e quindi avere ancora più crescita, avremmo bisogno di svalutare la valuta, perché altrimenti non riusciremmo a competere sul prezzo con i prodotti cinesi di produzioni così standard come il dentifricio. Sarebbe bello tornare alla sovranità monetaria per poter svalutare e fare tanta spesa pubblica... I tassi d'interesse sul debito sarebbero bassi perché ritorneremmo ad avere il controllo sulla banca centrale! Adesso purtroppo siamo in questa gabbia e non possiamo svalutare.
      L'unico appunto che mi sento di farti è che 5.000 euro netti al mese, su dodici mesi, sono circa 110.000 di RAL, quindi visto che in Italia non li prende praticamente nessuno, se fosse vero quello che dici tu le aziende che assumono solo ingegneri in Italia sarebbero tutte chiuse. Purtroppo così non è, perché ci sono ancora tanti ingegnegneri che ci scassano i così detti con la loro ottica offertista da economisti del 1800.

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  2. La ringrazio per il tempo che ha dedication al nostro blog in questo periodo di Sante Feste. Mi e' stato molto utile. Buon Lavoro per il 2024.

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  3. Buongiorno Professore, molto interessante come sempre; qui c'è sempre da imparare a differenza che dai Fuffa GURU duri e puri.
    C'è un aspetto che non mi è del tutto chiaro dell'indicatore U6, pur dopo aver letto le descrizioni indicate in tabella e cioè: include anche forme occupazionali quali mini job utilizzate per esempio dai tedeschi (quelle introdotte con la riforma Hartz che lei ci ha spiegato sul blog) ? Lo chiedo perché dalla mia interpretazione del grafico (dilettantesca o comunque non accademica) sembra che i tedeschi abbiano fatto politiche "espansive" dimezzando il tasso U6. Dove sbaglio? Potrebbe essere che la riduzione dell'aggregato U6 sia in larga parte legato alla domanda estera, cioè occupazione semi-stabile garantita dal surplus della bilancia commerciale e non dalla domanda interna? Lo chiedo per capire meglio, visto che di primo impatto (ripeto da non economista, ma da semplice lettore appassionato di economia e che cerca di capire qualcosa in più) la Germania sembra essere quella che ha maggiormente ridotto il tasso di disoccupazione "allargato". Potenzialmente potrebbe essere un atteggiamento inflazionistico rispetto agli altri paesi dell'Eurozona e non riesco a conciliare questo aspetto con le politiche di moderazione salariale / deflazionistiche che invece hanno condotto in questo ultimo quindicennio o in alcuni periodi dello stesso.
    Grazie in anticipo qualora riuscirà a rispondermi.
    Un caro saluto,
    Giuseppe

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  4. Buongiorno. Mi incuriosisce la marcata variazione di pendenza (verso il basso) tra Q3-2019 e Q2-2020 nell'andamento del tasso di disoccupazione italiano. Nel dato europeo la curva pre-lockdown appare piatta. Che sia il riflesso delle misure sul lavoro del Conte 1? Forse è solo la mia vista in costante deterioramento. In tal caso mi scuso.

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  5. Avendo il tempo, si potrebbe allargare l'analisi aggiungendo l'emigrazione, che in un ragionamento simile sulla Lettonia aveva un peso non indifferente?

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  6. https://www.cambridge.org/core/journals/journal-of-economic-history/article/austerity-and-the-rise-of-the-nazi-party/7FB1BC0E727F47DC790A23D2A4B70961

    Bisogna avere la fede nell'unione europea e nei tedeschi! Faranno "la cosa giusta" come sempre fino alla fine! Elezioni a settembre 2025...

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