martedì 16 gennaio 2024

Austerità e sostenibilità del sistema pensionistico

(...titolo molto didascalico...)

(... [20:17, 16/1/2024] Un amico che voi conoscete ma non indovinereste mai chi è: Bell'intervento da Brambilla.

[22:18, 16/1/2024] Alberto Bagnai: Ma la gente non capisce, non capisce! Sono veramente disperato.

[22:18, 16/1/2024] Alberto Bagnai: Comunque grazie!...)


Ringrazio Itinerari previdenziali, il suo Comitato scientifico e in particolare il suo presidente, il Prof. Alberto Brambilla per avermi invitato a questo interessantissimo momento di approfondimento e confronto.

Lo sforzo profuso da Itinerari previdenziali per presentare un quadro quantitativo oggettivo e veritiero del complesso mondo della previdenza, con un lavoro che definirei di vera e propria mediazione culturale fra dati e politica, è particolarmente meritorio. A fronte di un quadro sfaccettato, e di analisi prospettiche non sempre organiche, il Bilancio redatto da Itinerari Previdenziali rappresenta oggi un prezioso strumento di valutazione. Qui troviamo, in un solo documento, una visione d’insieme che insiste in particolare su fonti e sostenibilità del finanziamento del sistema previdenziale.

Come ogni anno, il quadro che ci consegna il Rapporto è caratterizzato da luci ed ombre. Da ottimista preferisco sempre iniziare dalle notizie cattive. Indubbiamente, il dato più inquietante messo in luce dal Rapporto è riferito all’esplosione della spesa assistenziale. Un dato, vorrei sottolinearlo, che di per sé non rappresenterebbe una assoluta novità, ma che inquieta per due motivi: per la dinamica in rapida accelerazione, e perché è totalmente assente dal dibattito pubblico, tutto incentrato sul tema pensioni.

Si potrebbe quindi sintetizzare questa parte dicendo che se un’emergenza previdenziale esiste, non è però del tutto corretto identificarla con un’emergenza pensionistica, soprattutto quando si imposti, come il Rapporto fa, un confronto corretto con la situazione di altri Paesi europei. 


Arrivano quindi le notizie buone:

  1. riprende, dopo la parentesi della pandemia, il miglioramento del rapporto attivi/pensionati, che è arrivato a quota 1,44 (lo evidenzia la Tabella 6.1 a pag. 111). Non è ancora stato raggiunto il massimo pre-pandemia (1,46), non è stata raggiunta quella che Itinerari previdenziali ha evidenziato come soglia di sicurezza (1,5), ma le prospettive di questo fondamentale indicatore di tenuta del sistema sono in rassicurante crescita;
  2. aumenta il tasso di occupazione e con esso le entrate contributive;
  3. migliora il saldo fra entrate e prestazioni, e il deficit del sistema, che scende di quasi 7 miliardi rispetto ai 30 dello scorso anno.

Sul versante delle Casse privatizzate, quello più attinente alla Commissione che mi onoro di presiedere, si registrano un numero di iscritti sostanzialmente stabile, rispetto all’anno precedente, e situazioni di equilibrio finanziario, con avanzi di gestione in un quadro in cui le Casse hanno complessivamente dimostrato di essere in grado di attuare il “welfare integrato” e hanno manifestato la propensione a svolgere il ruolo di investitori istituzionali ed a contribuire allo sviluppo dell'economia reale del Paese.

Anche queste notizie relativamente buone vanno però contestualizzate alla luce della “grande transizione demografica”. Un tema su cui il rapporto insiste molto, e che viene rappresentato in modo plastico dalla figura 6.1 a p. 122


che illustra il “grande pensionamento” tramite la consistenza delle coorti dei “baby boomers”: l’ondata di questi ultimi non si è ancora esaurita, e il rapporto indica la necessità di cautele per evitare che l’“equilibrio sottile” sui cui il sistema si regge venga compromesso.

La transizione demografica è nella vita di ognuno di noi, di me che a sessantun anni non ho nipoti, essendo stato nipote di un nonno che all’epoca era più giovane di quanto lo sia oggi (ma anche di un nonno morto più giovane di me, quindi non mi lamento). Un destino condiviso, immagino, anche da molti di voi, e espresso nelle statistiche efficacemente riassunte nel rapporto.

Da vecchio macroeconomista, mi permetto di aggiungere un elemento di analisi, che vorrei proporre come indagine specifica alla Commissione Enti Gestori: oltre all’inverno demografico bisogna tenere conto dell’inverno macroeconomico, non solo e non tanto per piangere sul latte versato, quanto per valutare correttamente l’efficacia dei precedenti interventi riformatori, al fine di indirizzare meglio un eventuale “cantiere delle riforme”, per trovare se non la bussola che auspica il professor Brambilla, almeno il suo ago. La metto in un altro modo, rifacendomi all’interessante contributo del prof. Brunetta, che ha articolato la sua audizione alla Commissione Enti Gestori sul tema della perenne necessità di interventi di riforma del sistema previdenziale italiano: ha senso chiedersi se questa reiterata necessità di correzioni dipenda solo dal fatto che le riforme precedenti erano in qualche modo sbagliate, o se magari la necessità di correggere il tiro sia dipesa da altri fatti, imprevisti e imprevedibili dal riformatore.

In altre occasioni ho ricordato che secondo il Fmi il Pil reale, depurato dagli effetti dell’inflazione, nel nostro Paese tornerà al valore anteriore alla crisi finanziaria globale (il valore del 2007) fra due anni, nel 2026. Speriamo di accorciare questi tempi: per anticiparli di un anno, al 2025, occorrerebbe crescere all’1% nei prossimi due anni, per anticiparli di due anni, al 2024, occorrerebbe crescere del 2% l’anno prossimo.


Obiettivi che nel contesto macroeconomico attuale sono estremamente ambiziosi. Per dare un termine di paragone, al volume di Pil del 2007 la Francia e la Germania sono tornate (superandolo) nel 2011. Quattro anni di arresto del sistema contro19.

La situazione non è molto diversa se si analizzano le dinamiche del Pil nominale, cioè del valore della produzione, che per definizione tiene conto anche dell’evoluzione dei prezzi, e che è quello utilizzato per calcolare i rapporti delle varie grandezze finanziarie.


In questo caso il picco anteriore alla crisi è stato raggiunto nel 2008, ma mentre Germania e Francia sono tornate a quel valore già nel 2010, l’Italia lo ha raggiunto solo nel 2015. Sette anni di arresto del Pil nominale contro i due di Francia e Germania. Possiamo leggere anche alla luce di questa disastrosa anomalia lo scalino nel rapporto fra spesa per pensioni e Pil leggibile nella figura 1.4 a p. 20 del precedente rapporto:


uno scalino che dura per tutta la fase di arresto del Pil nominale e si stabilizza quando il Pil nominale debolmente si riprende. 

Sarebbe interessante verificare se gli scenari dei vari riformatori tenevano conto di prospettive così catastrofiche, che rappresentano una assoluta anomalia nella storia del Pil dell’Italia unita (guerre mondiali comprese):


(...n.b.: per carità di patria non ho nemmeno pensato di presentare il grafico in scala logaritmica, ma siccome qui ci sono palati fini, a voi lo faccio vedere:

e chissà se qualcuno lo sa interpretare...).

Questo arresto assolutamente anomalo del Pil ha origini ben precise, rinvenibili nelle politiche di austerità. Per dare qualche ordine di grandezza, secondo l’OCSE nel 2018 gli investimenti pubblici erano 30 miliardi al disotto del loro sentiero tendenziale. Dal 2020 la sospensione delle regole ha consentito di riavvicinarli alla loro tendenza, ma nel 2022 erano ancora di 20 miliardi al di sotto del loro sentiero storico.


Il Rapporto, giustamente, fotografa l’esistente e non si avventura in controfattuali, che però possono essere utili a chi vuole valutare ex post la validità degli interventi di riforma.

Se il Pil nominale fosse rimasto sulla sua tendenza:


(come hanno fatto i Pil dei nostri principali partner europei) nel 2022 sarebbe stato di circa il 20% più alto:


e quindi i rapporti al Pil, ceteris paribus, proporzionalmente più bassi. Andando alla Tabella 6.4 di pagina 116:


questo significa che nel 2022 il rapporto fra spesa pensionistica e Pil, invece del 12.97%, sarebbe stato del 10.36%, e al netto della Gestione Interventi Asstenziali e dell’IRPEF lo stesso rapporto, invece dell’8.6% sarebbe stato del 6.9%.

Ci dobbiamo, insomma, porre seriamente il problema di quanto la sostenibilità della finanza pubblica, in senso lato, e in particolare quella del sistema previdenziale pubblico, sia stata compromessa esattamente da quegli interventi che si proponevano di tutelarla, di quanto l’adeguatezza delle pensioni future sia stata minata da interventi posti in essere in nome delle generazioni future, e che oggi vengono generalmente ritenuti errati.

Le opinioni cambiano, ma le macerie restano!

Lo sottolineo per porre con forza all’attenzione di una platea così qualificata quella che ritengo sia fra le varie emergenze nazionali la più urgente da risolvere. L’attenzione alla demografia e alla natalità è senz’altro commendevole e ben indirizzata, ma una maggiore sostenibilità delle gestioni previdenziali non si consegue solo dando alla Patria figli propri o altrui, ma anche, e forse soprattutto, dandole investimenti, cioè crescita, cioè stabilità dei percorsi di carriera individuali, cioè possibilità concreta di realizzare le proprie aspirazioni alla genitorialità, cioè, attenzione!, minore spesa per interventi assistenziali, e maggior gettito fiscale e contributivo.

Lo dico non per sminuire ma per valorizzare le proposte del Rapporto le cui sagge proposte sarebbero frustrate laddove in un contesto di crisi si attuassero politiche pro-cicliche i cui effetti ho cercato di aiutarvi a quantificare.

(...in realtà poi sono andato a braccio e quindi se volete le esatte parole pronunciate le trovate qui:


e se vi regge il cuore - o un altro organo interno a scelta - potete trovare anche tutto l'evento nella web tv della Camera.

Io, lo confesso, ero già con la testa ai prossimi appuntamenti - all'ambasciata indiana dove ho incontrato inaspettatamente uno di voi, che deve avermi visto piuttosto stanco, e poi a una cena di lavoro, dove sono arrivato ancora più stanco - ma mi fido abbastanza di chi abitualmente legge e non guarda come una mucca ecc.:


e il problema è che soprattutto l'intervento del venerabile - a suo modo - collega Tabacci, per il quale ho simpatia, riscontrava compiaciuti cenni di assenso in un pubblico che credo proprio non abbia capito che cosa gli ho detto. Forse non è facilmente spiegabile, o io non ne sono in grado, o l'orrore di esserci fatti in tempi di pace una cosa che è due volte più grave di quella che ci siamo fatti nell'ultima guerra è tale da comandare all'istinto di sopravvivenza un'immediata rimozione psicanalitica. La fossa che ci siamo scavati, per nulla, nella serie del Pil non la vuole vedere nessuno: gli fai vedere che si sono fumati il 20% del Pil nominale, e ti parlano pure loro di Idraulik e della tabaccaia scalabile, e il pubblico compunto annuisce, forse perché si ritrova in un terreno familiare, nel letame che ogni giorno gli propinano gli operatori informativi, quelli così accaniti nel perseguire
usque ad effusionem alieni sanguinis le fake news, perché il letame puzza, sì, ma ci si abitua, e alla fine il suo tempore è confortevole.

Non capiranno mai, e quindi non ci aiuteranno mai a uscirne.

Non ne usciremo, pertanto, in modo non traumatico, ma anch'io, invecchiando, vedo che comincio a ripetermi, perché questo ve l'ho sempre detto, mentre voi maturando, forse cominciate a capirlo, e a rimuovere a vostra volta questo orrore, e gli orrori naturaliter da esso conseguenti...).

42 commenti:

  1. da ignorante cultore della materia, le chiederei la sua opinione circa l'idea, mediata dalla proposta tedesca del ministro Lindner, di istituire un fondo sovrano che investa in azioni per sostenere il sistema pensionistico, soprattutto alla luce dei gap demografici e macroeconomici, ormai in via di cronicizzazione; e poi, se e in che modo l'unione bancaria, che tutti (al nord) invocano come panacea, potrebbe portare ad una forma di unificazione del sistema previdenziale europeo, pubblico e/o privato

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    1. Si potrebbe avere un riferimento preciso alle dichiarazioni di Lindner?

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    2. https://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/lindner-rente-generationenkapital-ruecklage-aktien-1.5731998

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    3. https://eticaeconomia.it/la-riforma-delle-pensioni-in-germania-una-soluzione-di-mercato/

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  2. il bello è che la stagnazione del PIL, quella si che è di origine antroPDica (leggi celokiedeleuropa) ed inquina la crescita attraverso il fiscal compact/austerità/taglio investimenti e quindi la sostenibilità del sistema previdenziale ma anche di ogni altro sistema pregnante uno Stato moderno, mentre invece la CO2 antrocapitalistica non solo non inquina, ma scagiona 1) gli uomini di buona volontà che contribuiscono alla crescita del PIL, 2) i poveri kristi che non possono permettersi la tesla e girano con la ritmo diesel subendo le allitterate, livorose e ingrate ricusazioni dei figli e persino 3) le mucche che scorreggiano. Tutto questo per colpa del "debito pubblico"! Pazzesco! Un debito finanziato da moneta che un attimo fa non esisteva ed un attimo dopo eccola stampata fumante! (ok, chiedo scusa per lo sfogo...)

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  3. Grazie Professore, contributo di notevole interesse ed espresso come sempre con chiarezza ed efficacia.
    Avevo già ascoltato, ieri, l'intervento pubblicato sul canale youtube L'anticonformista ed ora l'articolo con i grafici e le tabelle
    completa la panoramica.
    Il suo intervento è secondo me molto interessante per due motivi:
    1) Dimostra (e come da lei testimoniato e più riprese, non possiamo dire "semmai ce ne fosse bisogno" perché c'è bisogno) che il tema racchiuso nel grafico della vergogna riguarda tutti noi.
    Riguarda anche chi ha incrementato il proprio reddito in un contesto recessivo, pensando in buona fede di essere al di là del PIL e
    lo si vede e nei rapporti di sostenibilità della finanza pubblica e in quelli relativi al sistema previdenziale.
    2) Quanto asserito sopra è fattuale; porto il mio umile contributo. Adesso che ho una bimba di pochi mesi, il tema del cosa ci sarà dopo di noi o tra 20 / 30 anni, mi interessa più di prima per ovvi motivi egoistici.
    Nell'ultimo anno ho monitorato la prospettiva disegnata sulla pagina INPS con riferimento alla propria posizione pensionistica.
    Sono nato nel 1988, data di pensionamento prevista (e può solo peggiorare) 2058, ergo 70 anni;
    Anni di erogazione attesi per la corresponsione della prestazione pubblica : 10 circa, stante l'aspettativa di vita media del vituperato maschio bianco italiano;
    Tasso di sostituzione dichiarato: poco sopra il 40%;
    Percentuale contributiva 33% (9 + 24);
    Anni di contribuzione 47 (ho iniziato a versare nel 2011).
    Adesso tralasciando un attimo matematica finanziaria, valore del denaro nel tempo, tassazione, progressi di reddito nella vita lavorativa ecc ecc (tutti elementi che peggiorano non migliorano il "saldo negativo personale"), l'INPS ci sta dicendo che: versiamo il 33% per 47 anni e ci da il 40% per 10 anni...questo dopo N riforme, dopo l'austerità ed il FATE PRESTO e questa situazione oggettivamente è quasi impossibile da invertire seriamente. Le macerie, come dice lei, ci sono eccome.
    Nessuno sano di mente, oggi, accetterebbe volontariamente un investimento come quello descritto sopra (perché di questo si tratta, accantono soldi oggi, per averne domani....soprattutto con il contributivo panacea di tutti i mali).
    Questo è un esempio tangibile di come l'austerità abbia riguardato e riguardi tutti noi. Io questa cosa ho faticato molto a capirla, perché in quegli anni ho visto comunque il mio reddito aumentare, essendo all'inizio del mio percorso, ed egoisticamente non ho ragionato abbastanza. Il Blog serve anche a questo.
    Grazie Professore,
    Un caro saluto
    Giuseppe

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  4. vorrei evidenziare una cosa, che forse ne evidenzia un'altra. A giudicare dalla tabella dei pil nominali, l'italia supera nel 2011 il valore del 2008: un risultato molto simile a quello di Francia e Germania (solo un anno di ritardo). il "problema" è che rispetto alla serie storica, quello del 2011 è un'anomalia, perchè già nel 2012 il PIL torna sotto al livello del 2008. #graziemonti.

    ovviamente immagino che Lei se ne era accorto e che non lo abbia sottolineato perchè non funzionale allo scopo del post, ad ogni modo il fatto di esserci arrivato da solo, mi ha scioccato ancora di più.

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    1. Semplicemente perché l'episodio del 2011 è transitorio, come hai sottolineato. Potevo aggiungere l'avverbio "definitivamente", per evitare queste ambiguità.

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  5. Spero di non fare OT, ma ho trovato curiosa una precisazione presente nel solo audio "non si consegue solo dando alla Patria figli propri (natalità) o altrui (immigrazione), cosa su cui il Governo è intervenuto". Sul serio c'è a dx chi crede di risolvere il problema (in questo caso ad es.) previdenziale con l'immigrazione - e le prospettive del decreto flussi mi pare vadano in questa direzione?
    Gli amici danesi del Ministero delle Finanze hanno oramai ammesso candidamente che gli immigrati sono un costo netto per lo Stato (https://fm.dk/udgivelser/2021/oktober/oekonomisk-analyse-indvandreres-nettobidrag-til-de-offentlige-finanser-i-2018/ ) e recentemente si sono aggiunti i dotti di Amsterdam (https://demo-demo.nl/en/download-borderless-welfare-state/).

    (P.s. per chi si chiedesse come mai "così, de'bbotto, importanti istituzioni dicano certe cose suggerisco l'intervento della carissima Majbritt https://youtu.be/al9SmqXw3zE?feature=shared)

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    1. Sul serio c'è chi crede che quando si parla nelle sedi politiche si faccia sempre una lezioncina sulle proprie convinzioni e non si utilizzi invece lo spazio disponibile per mettere in discussione quelle degli altri?

      La vostra plumbea incapacità di attingere a un secondo livello di lettura mi sconforta molto per voi. Per me no, perché nonostante tutto chi era lì capiva a chi mi stavo riferendo.

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    2. Scusi, ma il secondo livello di lettura quale sarebbe?
      Perché nella MIA plumbea incapacità di capire aggiungere "su cui il governo è intervenuto" non sembra mettere in discussione una convinzione altrui, quanto rassicurare chi ha la convinzione che serva dare figli (altrui) alla patria.

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  6. Confesso che ogni volta che vedo questi dati, mi sento molto preoccupato.
    Andiamo per ordine.
    Nessuno ha la sfera di cristallo per vedere il futuro, ma dallo sviluppo delle scienze moderne i dati permettono di calcolare la traiettoria: questi dati in particolare parlano di una traiettoria di declino e dovrebbero dare il senso urgente di pericolo.
    Si è già visto in questo Dibattito che ci fanno pochi figli perché gramuglianamente poveri come quello che sappiamo, ma se circa dodici anni fa si poteva dire "cazzomene ora con l'austerità tornerà tutt'apposto" o "quando arriverà il gen. McFanfarlucchio andrà tutto a posto", ora la traiettoria dovrebbe essere ancora più evidente; perché, senza voler essere stucchevole, il particolare che mi è rimasto impresso di "La peste bianca, l'inverno demografico ed economico" è che in età avanzata specie con legioni (ridotte) di pensionati con la minima, anche l'economia subirà un collasso al ribasso.
    Gli anziani non comprano borse di Gucci e non comprano Lamborghini, si dice ad un certo punto.
    Ma ancora si potrebbe dire che una nazione di poveri ha sempre meno interesse di difendere un fazzoletto di terra di cui non possiedono nulla o quasi, quindi sarà anche un problema di difesa, perché noi saremo sempre di meno, certi altri saranno sempre di più.
    Ora tralasciamo quelli che dovrebbero capire da che parte stare o gli schierati politicamente per cause antropologiche, mi sembra che il comparto dirigenziale che rifiuta il discorso diretto "terra terra" come sopra e ne predilige uno più ampolloso, non veda che siamo nella traiettoria del collasso come nazione.
    O forse anche meglio, viste le uscite recenti di certi esponenti del comparto dirigenziale della nazione, lo comprendono benissimo e lo ritengono un collateral di un conflitto invisibile in corso.

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  7. Guardando il PIL nominale in scala logaritmica (ovviamente con occhio inesperto), mi sembra di notare due cose, la prima è quella che ci hai indicato più volte, cioè che la botta della seconda guerra mondiale è stata si più profonda ma anche più breve della botta "dell'austerità espansiva" che ci ha regalato leuropa 😍; la seconda è che quota 90 (tanto cara e voluta da Mussolini) somigli molto a quota euro (se così possiamo chiamarla).

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    1. Diciamo che subito dopo la "battaglia per la lira" arrivò la crisi del '29 e questo certo non ha aiutato, ma comunque, come non ha detto Einstein, follia è ripetere la stessa azione aspettandosi risultati diversi.

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  8. Prima mi sono visto il video e poi letto il post sul blog. Guardando il video, durante l'esposizione delle cause ed il connesso andamento del PIL ad una platea definita "qualificata", ho avuto un sussulto di speranza (ed ennesimo esempio di come si espone un grafico senza sembrare di avere la verità in tasca). Sussulto che è scemato definitivamente arrivando alle considerazioni finali del post, sussulto generato dal non aver ancora accettato/assimilato a pieno l'inevitabilità di un'uscita traumatica.

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  9. La figura 1.4 riporta i valori al netto GIAS sul PIL al lordo della tassazione.
    Occorrerebbe fare chiarezza perchè questo modo di presentare il dato ci fa male e molto perchè compare nelle statistiche europee ed internazionali mentre sappiamo che in Germania e Francia per esempio le pensioni non subiscono il carico fiscale che c'è da noi e questo è un autentico scandalo che consente ai frugali di attaccarci mentre non attaccano la Francia che ha una spesa pubblica più alta di noi di vari punti e consentì quella vergogna della Fornero.
    Fra l'altro ebbi uno scambio di mail con Cottarelli che nel suo libro ed in vari articoli diceva che spendevamo il 15% del PIL in pensioni ed alla fine dovette ammettere che era al lordo della tassazione (letter che mantengo).
    Chiederei di fare chiarezza almeno qui visto che Landini e soci (cui spetterebbe questo compito a difesa dei lavoratori)se ne fottono!
    Anni fa feci una tabella (Dati trovati con estrema difficoltà) dove si vedeva che la spesa pensionistica era intorno al 10% (netto tasse e gias) in linea con la Germania e la Spagna mentre in Francia era intorno al 13% del PIL.

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  10. Le stagnazioni del PIL precedenti all’ attuale sono state risolte con i due conflitti mondiali.

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    1. Lo so bene, l' ho imparato qua. La mia voleva essere l' interpretazione del perche' lei non ha presentato il grafico in scala logaritmica al convegno ( "per carita' di patria" ). In quanto tale caratteristica non si evince dal grafico in scala lineare. Ossia che quanto avvenuto si sta drammaticamente riproponendo. E speriamo che quanto sta accadendo in Germania non ne sia il nefasto preambolo, sapendo come sono andate le volte precedenti. Perche', dal coricarsi come ogni sera pensando a come pagare le bollette, non ci si trovi l' indomani mattina nella necessita' di capire come schivare i proiettili. In quanto spesso ci si illude che "questa volta e' diverso" ( citando il titolo di un opera da lei segnalata qualche tempo fa). Ovviamente spero di essere smentito dai fatti.

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  11. Grazie dell'articolo! Molto interessante. Ho una quantità di domande sul tema che non so da che parte iniziare! Voglio provare a porne qualcuna, magari qualcuno mi può rispondere. Il tema mi appassiona il giusto, ho 34 anni (da due giorni) e inauguro una nuova sottospecie di luogocomunista con "si ma tanto io non ci vado in pensione", ma qualche domanda me la faccio comunque:
    1) Rientra nella categoria di "fola" (insieme al errdebbitopubblico da ripagare dalle future generazioni) l'affermazione che "i miei contributi pagano la pensione attuale di qualcun'altro?
    2) Quanto sarebbe determinante (auspicabile) per il futuro del sistema pensionistico separare pensioni da assistenza? É pensabile fare un sistema di pensioni che si autosostiene tramite contributi e assistenzialismo meramente a deficit?
    3) Secondo lei (e gli altri amici della Community) sarebbe ponderabile un sistema pensionistico "senza Inps" dove semplicemente lo Stato mi obbligherebbe a versare dei contributi proporzionati al mio reddito in un fondo titoli (tipo BTP) indicizzati all'inflazione che mi garantirebbe una pensione minima (come quantifichiamo una pensione minima dignitosa, per me, da qui a 30 anni? Non saprei...) e mi lasci poi la libertà di fare io ulteriori versamenti in altri titoli, fondi o assicurazioni private?
    Ne ho una valanga di domande, ma mi fermo qui.
    Grazie ancora!

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    1. Punto 1 non fola ma realtà. Punti 2 e 3 onanismo mentale neoliberista, se crescesse o fosse cresciuto il Pil lungo il suo sentiero staremmo parlando di come fare la crema d’aglio.

      Per coloro che appartengono a “le generazioni future”:
      1. Votate e fate votare Lega
      2. Non versate sul Fondo Pensione un centesimo in più di quanto la legge impone
      3. Come suggerito da Alberto49 mettetevi i soldi da parte, direi sotto al mattone e intendo in senso proprio, cioè nascosti, non facendo investimenti immobiliari.

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    1. Oh, che meraviglia! Mi mancava un povero rosicante per chiudere in bellezza la serata! Quello che noi "abbiamo voluto" è scritto qui da alcuni anni, e se non hai avuto il tempo per leggerlo o i neuroni per capirlo è un problema tuo. Del resto, siccome quello della finestra è Overton, non si dovrebbe dire overtoniamente, ma overtonianamente. Ti sopravvaluti, amico caro, come tutti i sicceròi. Vedrai che finirà come sta scritto qui, e quelli come te si andranno a nascondere, così come, nascosti, oggi ragliano di poltrone!

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  13. Mi sono letto la relazione di Brambilla e francamente poteva averla scritta la Fornero...stento a comprendere (al di là dell'esposizione dei numeri) come ci si possa allineare a tale posizione...anche se ovviamente che Brambilla in origine era un leghista (ma adesso?)

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    1. Sono d'accordo. Brambilla non ha indagato sul costo dei "diritti acquisiti" . Lo Stato li ha riconosciuti senza assumersene l'onere e addebitandone il costo a coloro ai quali non ha riconosciuto "diritti acquisiti". Ovvio che se lo Stato non interviene a rifonderr il buco cresto, il sistema ê destinato a sopravvivere riscuotendo contributi silenti che cioé non danno luogo a prestazioni.

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    2. Vedi sopra quanto detto a Paolo Giusti. Va bene l'analfabetismo funzionale, ma qui, amici cari, state esagerando! Secondo voi uno che chiarisce che il problema della sostenibilità del sistema pensionistico lo ha creato l'austerità si "allinea" a Brambilla? Uno che fa osservare che non è stato l'assistenzialismo a creare i poveri, ma è stata l'austerità a creare i poveri e quindi a far esplodere la spesa per assistenza si "allinea" a Brambilla? Ma chi se ne frega poi se Brambilla era o è leghista o meno! Soprattutto, chi se ne frega qui! Il punto non mi pare sia l'appartenenza. Brambilla fa un buon lavoro coi dati, ma riconoscergli questo non significa allinearsi alla sua interpretazione dei dati.

      Mi sono veramente rotto i coglioni di queste interpretazioni diversamente acute e molto prevenute di quanto qui si offre alla riflessione. Forse dovreste fare un piccolo sforzo in più per capire dove siete. Ma solo forse, eh!

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  14. Caro Gigi guardando i dati dell'articolo di Brugnara che ritengo molto orientato verso una analisi a dir poco malevola, non mi sembra che l'ITALIA al netto della TASSAZIONE si trovi ai primi posti basta guardare la Tab. 6.4 dove la spesa netta è intorno all' 8/9% mentre la Francia trovasi al 12,5% la Germania al 9,7 etc etc.
    In Francia l'assistenza viene considerata in altri comparti (ritorno alle famiglie) per es. come in altri paesi e di questo sono certo dato che affrontai questi discorsi anni fa; anzi, dato che non ho molto tempo, mi farebbe piacere se qui potessi andare ad analizzare i dati OCSE e snocciolare le componenti della spesa assistenziale in altri paesi UE .
    Certo, come suggerisci, sarebbe opportuna una armonizzazione dei dati almeno a livello europeo, cosa che non non è mai stata fatta e se ti poni il problema è facile comprenderne i motivi guardando proprio i dati riportati da Brugnara. Che interesse avrebbero ad es. Francia e Germania a modificare le modalità con cui esporre i loro dati. Resta il fatto che come esposto da Alberto in questo articolo, ci siamo suicidati sul PIL e quindi la penalizzazione dei rapporti di spesa sul PIL soffre fortemente anche per questo motivo.

    Però ti ringrazio della tua risposta che mi ha insegnato alla mia età che c'è sempre da imparare, meglio non lamentarsi perchè c'è chi sta peggio, oggi ed ancor di più nel futuro; diciamo che la mia generazione almeno ha potuto contare su lavoro certo e quindi percorsi contributivi che hanno garantito pensioni discrete.
    Ecco concluderei con la considerazione che vale soprattutto per le future generazioni che bisogna essere previdenti e metter da parte, per i momenti bui, sempre in agguato risorse personali che consentano di affrontare problematiche come le mie e quelle di altri.
    Purtroppo Il conflitto generazionale già in atto, esploderà nei prossimi anni in maniera ancor più pesante.

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  15. Quell’8,64% del PIL nel 2022 per spesa pensionistica al netto assistenza e IRPEF di cui alla Tab. 6.4 è ottenuto scorporando parecchia roba dalla spesa ufficiale. Nel Box 2 a pag. 125 arrivano a numeri che sono analoghi (circa 3.000 milioni di differenza su 236.000) scorporando voci come: Integrazioni al minimo; Somma aggiuntiva – Quattordicesima; Rate pensioni dei Coltivatori diretti, Coloni e Mezzadri ante 1989 e maggiorazione sociale; Gestione FF.SS., Spedizionieri doganali, Porti GE e TS, ex Dazieri; Gestione IPOST; Anticipi pensionamenti (precoci, salvaguardie, Opzione donna, lavori usuranti, amianto); Quota parte delle pensioni per riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione FPLD e minatori; Gias dipendenti pubblici.
    È opinabile che queste voci siano effettivamente assistenziali, dove secondo me ci dovrebbe finire dentro esclusivamente roba per invalidi e per pensioni basse dovute ad una vita di salario basso e non di bassi contributi resi possibili da vantaggi previdenziali di diversa natura.
    Quella tabella 6.4 è dunque ottenuta da una riclassificazione operata da Itinerari Previdenziali che non per forza è corretta, e che tra l’altro è abbastanza incoerente con la frase estratta dallo stesso report che ti ho citato nella mia prima risposta, ovvero: “[…] il rapporto tra pensione media al lordo della componente assistenziale (GIAS) che è valore più realistico in quanto considera l’intera pensione effettivamente in pagamento”. Anche da parte di IP servirebbe maggiore "armonizzazione".
    Detto ciò, per quanto riguarda i dati OCSE io per adesso ho trovato questo, dove si vede che per l’invalidità spendiamo poco, e che quindi l’elevata spesa “pensionistico-assistenziale”, se la vogliamo chiamare così, non è tale a causa dei sussidi di invalidità.
    Per chiudere, ribalterei il punto di vista sulle modalità di classificazione di Francia e Germania, ovvero: perché noi classifichiamo le spese in modo tale da martellarci le palle? Non penso che qualcuno ci abbiamo obbligato a scegliere un sistema che ci penalizza. Francia e Germania, così come tutti gli altri paesi, faranno quello che vogliono, e dovrebbe essere compito di Eurostat produrre qualcosa di armonizzato. Visto che oramai sono passati più di 10 anni dalla crisi del 2011 (con l’austerità di Monti, la caduta del PIL, ecc) che ha portato questo grande aumento, almeno apparente, del rapporto pensioni/PIL, mi sembra veramente molto strano che nessuno abbiamo mai fatto notare la cosa.

    PS: dove vivo io, ovvero tra la Brianza e Milano, per vivere da solo senza contare i centesimi e mettere da parte un 200 €/mese, servono almeno 2.300 €/mese netti su 12 mesi per avere casa, cibo, macchina e un paio di vacanze. Cifra a cui la maggior parte delle persone non arriva, soprattutto sotto i 40/45 anni. Sono tutti in giro per ristoranti e vacanze con una qualche forma di integrazione del reddito da parte dei genitori oramai pensionati. Guardando i dati sulle immatricolazioni delle auto nuove in Italia, si vede che la più venduta è la Panda, ovvero l'auto meno costosa di tutte. Col reddito mondiale che cresce e il nostro che rimane al palo, tra qualche anno andando avanti così ci saranno in giro solo auto usate vecchie di 10-20 anni come nei paesi dell'Europa dell'est o in Turchia.

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  16. Mi sono riguardato meglio il report di IP... In tabella 1.a si mostra come la spesa pensionistica nel 2022 sia di 247.588,6 milioni, a cui vanno aggiunti 41.829,9 per la “Quota Gias per le gestioni pensionistiche” (alla fine in una tabella in appendice ce lo dice quant’è sta benedetta quota GIAS che va in pensioni), a cui vanno aggiunti altri 14.976 milioni come descritto nelle note (3) e (4) della stessa tabella. Il totale fa 304.394,5 milioni.
    La cifra sembra essere confermata dalla nota (1) della tabella 6.1, in cui si dice che per le indicizzazioni il governo Meloni ha considerato uno stock pensionistico, comprendente anche della parte assistenziale, di 313 miliardi. Sul Pil siamo a 15,9-16,4%. Ciò significa che bene o male la situazione è come dice l’OCSE a pagina 213: come spesa al lordo delle tasse siamo primi, mentre al netto delle tasse siamo secondi a 12,8% del PIL dopo la Grecia a 13,1% e prima della Francia che sta a 12.

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  17. Ricapitolando, sei arrivato agli stessi dati riassuntivi della Tab. 6.4 di Brambilla. Il problema è che insisti a considerare omogenei con il resto della UE, dati che non sono affatto omogenei, non puoi sommare GIAS e GPT a quelli delle pensioni solo perchè da noi paga tutto un solo ente ovvero INPS.
    Guarda, ripetendo che non ho molto tempo per fare analisi o controlli approfonditi, ti linko questo studio della CISL LOMBARDIA dove alla tabella di pag. 3 del documento potrai trovare valori armonizzati delle varie componenti di spesa e dove potrai osservare che non siamo in pole position.
    Ovviamente, bisognerebbe entrare nel dato di dettaglio della protezione sociale e mi resta sempre un dubbio, ovvero se tali indici di spesa siano al netto della tassazione o meno, ovvero p.es. Francia e Germania erogano pensioni esentasse e quindi siano confrontabili con il ns dato.
    Poi, sai, io sono un po' filoitaliano e mi piace andare a trovare numeri che non ci mettano in difficoltà nei confronti dei ns competitors europei.

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  18. Però mi sembra che il punto centrale sia un altro : al netto dei criteri di classificazione, degli scorpori più o meno validi, dell'armonizzazione sulle modalità di calcolo tra paesi europei....il Padre dei problemi è il denominatore...se avesse seguito il tendenziale, quanto varrebbero quei rapporti? Ergo, la medicina sono ancora tagli alla spesa (pensionistica) per abbattere il numeratore e con esso anche il denominatore nella guerra a chi si contrae di più? O è forse preferibile "stimolare" il denominatore per rientrare nei rapporti di sostenibilità medi europei (ammesso che ora ne siamo fuori?) La riflessione del Professore a me sembra questa, più legata agli effetti dell'austerità che agli zerovirgola di differenza rispetto a Francia e Germania di alcuni rapporti specifici...

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  19. Buongiorno Professore.
    La ringrazio innanzitutto per il suo instancabile lavoro, ma anche soprattutto per il tempo che trova nello scrivere qui. Non deve essere facile trovare quel tempo, non deve essere facile trovare anche la pazienza, qui la leggono in centinaia (o spero migliaia) di persone, ma se la leggessero in milioni sarebbe sicuramente più soddisfacente, arrivando il suo messaggio a più persone possibili. E percepisco dalle sue parole, che di quelle centinaia (o migliaia) non tutti la capiscono.

    E' sempre un piacere leggerla, anche e soprattutto per il fatto che ci sono vari livelli di lettura e si intuiscono alcuni dettagli, non indicati apertamente. E' la seconda volta che leggo nei suoi post che non ne usciremo in modo "non traumatico" e la cosa mi colpisce, se non altro perché lei è dove è, e quindi sa più cose di noi riguardo la politica italiana. Magari è un commento nato da un'intuizione, più che da qualcosa di concreto, ma mi colpisce ugualmente, perché sia i dati economici, ma anche quelli politici, vanno tutti in una direzione, e cioè un piano inclinato.

    Che si debba partire dal dato, e cioè, sintetizzo, che il PIL dell'Italia non è ancora tornato ai tempi pre-2008, è un fatto incontrovertibile. Ma quale può essere lo step successivo?
    Di politica non si parla più come qualche anno fa, percepisco una certa disaffezione, e la si può toccare con mano anche nel costante declino dell'affluenza al voto. E' frustrante.
    Provo a far conoscere Goofynomics, ma c'è chi risponde "Seee...", ridendo, o c'è chi mi ascolta e da qualche lettura, ma dopo qualche riga si stanca e chiude la pagina, tornando su Instagram o TikTok. C'è chi dice che la crisi economica sia più una crisi antropologica e culturale, e forse è vero. E questo mi porta a una domanda: cosa si può fare?
    Non mi fraintenda, il suo blog è perfetto così com'è, infatti la riflessione è su di me (e molti altri come me), non su di Lei. Ma mi interrogo spesso su cosa possa fare uno come me per diffondere consapevolezza. L'economista e il politico li faccio fare a chi li sa fare, a chi li fa per lavoro, quindi più che fare pubblicità al suo blog...
    Ma intuisco anche che il problema è più profondo, il problema è che come fare arrivare un messaggio complesso come questo a chi rifiuta ogni approccio complesso? L'uscita traumatica è inevitabile? Lei ha qualche consiglio?

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    1. Il modo più semplice e diretto con cui noi cittadini possiamo "contribuire" è attraverso il voto ( politiche, europee, regionali ecc ecc)...non votare (sò tutti uguali) o votare un partito di sinistra (piddì e derivati vari) è grossomodo equivalente. Tenere lontano dal potere chi ha contributo fattivamente a quel grafico è un primo passo...Questo è l'insegnamento che io, personalmente, mi sono portato a casa, pur consapevole di non avere alcuna verità assoluta in saccoccia e che quindi occorre studiare e capire (laddove possibile).
      Su un piano meno materiale e più spirituale, ci viene in aiuto Dostoevskij, sul concentrare i propri sforzi sui più vicini a noi...
      Un saluto
      Giuseppe

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    2. Buonasera. Si, certo, la possibilità di votare era sottintesa. Ma serve uno sforzo maggiore secondo me, il problema è come fare.
      Io abito al sud, dove anni di anti- politica hanno lasciato il segno, e continua a dominare una cultura fatta di "i politici guadagnano troppo" oppure "in parlamento sono troppi". Se potessero votare domani per abolire il parlamento, lo farebbero. E temo che alla fine succederà , il parlamento verrà, secondo me, non dico abolito, ma privato dei suoi poteri, la famosa via traumatica che comincio a intravedere, e non so se è la stessa che intravede il professore.
      Qui c'è qualcuno (il professore) che ha capito uno dei principali motivi per il quale qualcosa in Italia non va per il verso giusto e abbiamo il canale del blog, ma il messaggio non riesce ad arrivare a destinazione.Certo che abbiamo il voto, ma il lavoro deve essere fatto pre-elezioni per avere dei risultati.

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  20. Concordo totalmente con Beppe, il problema dei problemi è quello e si riflette su ogni altro parametro oltre che sulle pensioni.
    Non solo, sul bilancio delle pensioni del settore privato (oggi il settore pubblico, INPDAP ed altri sono stati unificati) grava l'altro macigno del cosidetto SALVA ITALIA del 2012 che unificando i due sistemi ha generato un disavanzo di circa 10 MLD (2012 su 2011) per l'INPS e un decremento del patrimonio di 20 MLD di euro e non solo, le entrate contributive non hanno coperto le erogazioni per le nuove posizioni.
    Altro bel regalino di Monti ai pensionati del sistema privato.

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  21. A parte che non sono arrivato agli stessi numeri di Brambilla, il punto è capire da che cosa è composta questa benedetta spesa pensionistica che ammonta al 16,7% del PIL, cosa che IP non fa in modo chiaro.
    Io non ho sommato tutta GIAS e GPT alla componente previdenziale delle pensioni, infatti per GIAS ho parlato di “quota GIAS per le gestioni pensionistiche”, mentre di GPT non ne ho mai parlato. Così come non si può sommare tutto solo perché erogato dall’INPS, non si può neanche considerare solo la componente di spesa pensionistica finanziata con i contributi, ma bisogna per forza di cose includere anche la parte finanziata dalla fiscalità generale, ovvero la quota parte di GIAS, che comprende cose come quattordicesima, prepensionamenti e fondi previdenziali prima separati ed oggi confluiti nell’INPS perché dissestati finanziariamente.
    Voglio dire, la quattordicesima per esempio non la consideri spesa pensionistica solo perché ricade in GIAS? GIAS è un coacervo dove c’è dentro un po’ di tutto, anche spesa pensionistica dura e pura, cosa che dice anche IP tra l’altro.

    Nella tabella che mi hai linkato c’è scritto social protection, che comprende la spesa pensionistica, ma anche altre robe, quindi dimostra che non siamo in pole position nella social protection, non che non lo siamo nella spesa pensionistica. Dentro lì c’è per esempio la disoccupazione e la malattia del lavoro. Si vede qui . Che poi tra l’altro prima dici che la spesa pensionistica fornita dall’Eurostat non è armonizzata e poi mi fai vedere una tabella di Eurostat con i dati di social protection (che include le pensioni) dicendomi che sono armonizzati.

    Come si vede dalla tabella dell’OCSE che ti ho linkato prima Francia e Germania non ergano pensioni esentasse. Alcuni stati erogano esentasse, ma non Francia e Germania.

    Anche io sono filoitaliano (qualsiasi cosa voglia dire visto che sono abbastanza convinto che non esista il bene supremo della madre patria Italia e che ognuno tiri l’acqua al suo mulino), ma il discorso di prendere i dati che ti piacciono a te non penso che porti grandi benefici. Lo Stato ha il DOVERE di fornire dati corretti e trasparenti, su cui poi si può impostare la battaglia politica per decidere la quota di PIL che dovrà andare in pensioni. Se poi politicamente si decide di mettere il 30% del PIL in pensioni va bene (salvo poi non lamentarsi se i "giovani" italiani vanno all'estero a lavorare), ma di certo non bisogna andare a truccare i numeri con giochetti contabili strani per non metterci in difficoltà coi competitors europei.

    Chiuderei con una nota metodologica. Se ISTAT, OCSE, Eurostat, IP e praticamente tutti tranne Landini dicono che la spesa italiana per pensioni è tra il 16 e il 17% del PIL, non si può semplicemente dire che non è vero e che Leuropa ce l’ha con noi. L’onere della prova spetta a chi vuole contestare l’evidenza acquisita. Altrimenti io domani potrei venirmene fuori dicendo che Einstein aveva torto, che la teoria della relatività è falsa e che la mia nuova teoria X è giusta. Qualcuno potrebbe venire a chiedermi qualche evidenza di quello che dico e, come è ben noto, dimostrare l’inesistenza di qualcosa che non esiste è abbastanza complicato.

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    1. Mi dici una cosa? Quel 9% circa sul PIL di pensioni (netto ASSISTENZA) al netto tasse più quel 3% circa di tasse, quanto diventano gli stessi dati per Germania e Francia?

      La tabella della CISL trovata al volo, ripeto sono un po' preso come dicevo nel 1° intervento da un grave problema che mi porta via quasi tutta la pensione in assistenza, era solo un apporto alla discussione che mi sembrava portare un minimo di armonizzazione al discorso.

      Non tornerò più sull'argomento e grazie per le risposte.

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    2. Solo una domanda ancora, secondo te i giovani vanno all'estero a causa dell'eccessivo costo delle pensioni?

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    3. Scusami, riguardavo il documento OCSE che mi hai linkato ma non riesco a capire da dove si vede la tassazione delle pensioni per Germania Francia e Italia, la tab. DI PAG 213 (almeno citavi quella) non mi pare riporti questi valori.
      Vedo in tabella dei valori che non c'entrano nulla con quello di cui stiamo trattando (Tax Braks per Italia 0,1 % GDP; Francia 0,1 e Germania 1,1) e questi dati ti autorizzano a dire che in Francia e Germania le pensioni non sarebbero esentasse? Io ho detto che sono esentasse in base ad uno studio che feci anni orsono, magari oggi non è così ma citami i dati di oggi. Ma forse ti riferivi a qualche altra tabella

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    4. Mi sono lasciato fuorviare dalla tua risposta dove citavi la tabella di pag. 213 del documento OCSE, quindi considera la risposta non congrua.
      La tabella è quella di pag. 211 dove compaiono 2 colonne, l'ultima (Total including non cash in % GDP ovvero anche prestazioni in natura) e la penultima (level in net terms).
      L'Italia trovasi al 16 e al 12,8, la Germania al 10,4 e al 9,8 mentre la Francia 13,9 e al 12.
      Ricapitolando quel 12,8 netto per l'Italia include anche altre prestazioni dato che il netto delle pensioni proprie è intorno al 9% come da tab.6.4 di Brambilla. Quindi c'è una differenza di 3,8 punti percentuali tra i due valori. La differenza tra il valore totale ovvero 16 e il 12,8 fa circa 3,2 in % PIL che è in realtà quasi la stessa che la Tab. 6.4 riporta tra la spesa pensionistica al netto assistenza e lordo IRPEF e la spesa pensionistica al netto assistenza e netto IRPEF (siamo intorno al 3 % PIL circa tra 2015 e 2022), quindi ciò significa che le tasse sulle pensioni proprie gravano su tali prestazioni.
      Per Germania e Francia, iin base a detta tabella OCSE di pag. 211 non si capiscoe assolutamente quale sarebbe la tassazione sulle prestazioni strettamente pensionistiche e ancora, ribadisco, che da noi nel totale erogato da INPS ci sono anche GIAS e prestazioni temporanee, cosa che non è assolutamente detto che avvenga anche per il dato francese e tedesco; fra l'altro la spesa pubblica francese è più alta della ns. di quasi 8 punti % PIL (social protection 23,9 contro 20,8 che ribadisco comprende assistenza sia per loro che per noi e i dati mi sembrano conguenti ) e di 11, 4 % PIL sulla Germania e su questo dato italiano grava fortemente l'austerità che ha provocato la stagnazione del PIL, come dimostrato da Alberto.

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