venerdì 28 aprile 2023

Sull'idraulica della globalizzazione

(...scrivo questo post ascoltando le strabilianti fesserie dei colleghi di opposizione sulle #ingentirisorsedelPNRR: ""Come sò ste risorze?" "Ingenti..."...)

Due giorni fa Michael Pettis, professore di finanza all'università di Pechino, ha riassunto magistralmente in un thread una serie di considerazioni che in plurime occasioni abbiamo svolto qui, dopo esserci permessi (umilmente) di anticiparle nella letteratura cosiddetta "scientifica":


nel lontano 2009.

Il thread di Pettis è qui, riassume le considerazioni svolte nel suo articolo dell'ottobre scorso "Will the Chinese renmimbi replace the US dollar?". Il fulcro dell'argomento, a mio avviso, è in queste considerazioni:


che riprendono in modo più esplicito le mie del 2009, e si riassumono in una: non vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso. Chi pontifica sulla fine del dollaro dovrebbe chiedersi quanto questa fine sia desiderata (e desiderabile) da parte dei (teorici) beneficiari. Chi conta sulla domanda (deficit) Usa per sostenere la propria crescita, cioè chi  affida le sorti della propria economia al proprio surplus estero, non può opporsi alla circolazione dei dollari nell'economia globale, per la contradizion che nol consente. L'iniezione di dollari nel circuito della liquidità globale è infatti la controparte necessaria dell'acquisto da parte degli Usa di beni prodotti dall'economia globale. Il fatto che se ti compro dei beni ti do dei soldi è, cioè dovrebbe essere, un dato acquisito dalla fine della mitologica "economia di baratto" (che come sappiamo non è mai realmente esistita nel modo in cui la raccontano i manuali universitari), e quindi è tanto vero oggi quanto lo era nel 2009 o nel 1009 (incluso il 1009 a.C.).

Queste considerazioni ci riguardano, perché tratteremo il tema della "dedollarizzazione" dell'economia globale nel nostro prossimo convegno annuale (a scanso di dolorosi equivoci vi ricordo le date: 25 e 26 novembre 2023), e perché ribadiscono con eleganza nel contesto globale le considerazioni sulla fase attuale che abbiamo svolto tante volte (le trovate qui).

Chi avesse difficoltà a comprenderne il senso troverà aiuto nei tanti post sui saldi settoriali. Forse uno dei più sistematici, e anche dei più attuali, è quello del 2015 sulla Francia. Poi torneremo sull'argomento, ma intanto scrivo a Pettis per congratularmi con lui.


(...e ora vi lascio: la sinistra va sull'Aventino, e io vado a Siena...)

20 commenti:

  1. Grazie infinite sempre per l'incomparabile lavoro di divulgazione, certo che se "non capiscono la relazione fra i due" la cosa rischia davvero di sfuggire di mano (leggendo Sapelli pare proprio che siamo seduti sul baritollo di povere da sparo nucleare). Comunque era un pezzo che dicevano che il problema era la scarsa propensione al rischio degli italiani, che i nostri risparmi costituivano una massa monetaria, che tutti avevamo voluto la casa, insomma si capiva che volevano le nostre case e toglierci ogni capacità di risparmio, immagino che anche la guerra serva (tra l'altro) a trasferire un po' di spesa pubblica dallo stato sociale all'industria militare. Davvero non so cosa sperare... Buon lavoro sempre!

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  2. Posso rispettosamente dire che questo è uno dei pochi post che non mi ha convinto?
    Perché la dedollarizatione non è un problema economico, ma militare: se Marco Rubio va in giro a dire che se dedollarizzi lui non ti può più sanzionare e tu sai che Marco Rubio ti vuole sanzionare, che fai?
    L'unica obiezione che vedo è "il Giappone è stato sanzionato al Plaza Hotel e non ha dedollarizzato" ma il Giappone mi pare sia leggermente occupato.
    Sempre con immutata stima.

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    1. Scusa, torno più diffusamente sul tuo commento, che sinceramente non ho capito. Qui ci siamo sempre detti che le vere riserve non sono quelle auree ma quelle di plutonio, non ci vuole molto ad arrivarci. Tuttavia, non vorrei che entrassimo in una dinamica "uovo-gallina", ovvero: viene prima la supremazia militare, o quella economica? Mi sembra abbastanza chiaro che la supremazia militare costa, e quindi questo nodo è facile da sciogliere. Il nodo difficile da sciogliere mi sembra essere un altro: l'esercizio del ruolo di potenza egemone implica o meno il dovere di sostenere con la propria domanda le economie vassalle?

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    2. Ci provo io: se l'attuale potenza egemone si sentisse in dovere di sostenere le economie vassalle, non saremmo arrivati al punto del motore diesel che inquina. Né l'amministrazione precedente a quella attuale avrebbe fatto notare alla Germania, con tutte le cautele del caso, di essere troppo dipendente dalla fornitura di gas russo.

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  3. Su Pettis, la visione del futuro dell'economia che mi sembra più rosea è quella del "without large, persistent global imbalances", cioè l'assenza di grandi e persistenti squilibri commerciali come in realtà è accaduto perlomeno negli ultimi dieci anni (e anche più). Cosa che, però, se ho capito ben fin qui, significa che qualcuno dovrà per forza essere meno superricco di quello che è.
    Mi sorge il dubbio quando lo stesso Pettis parla del tentativo tedesco di ovviare alla carenza di domanda interna con surplus estero, ma non era proprio la Germania che ha ricercato una visione mercantilista della sua economia da almeno un secolo? (e anche più, altrimenti la Grande Guerra non ci sarebbe stata.)

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    1. Mancava il "unless forced to do so".

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    2. Appunto: mi sembrava che tu dessi una lettura eccessivamente irenica ad un articolo (e un thread) che invece è relativamente critico e problematico.

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    3. Più che altro è stata una riflessione troppo frettolosa a due dimensioni sul nostro principale problema (a livello europeo), senza considerare l'interconnessione con Cina e il resto del mondo.
      Insomma, "a meno che non siano costretti a farlo" per la Germania, come ci ha ampiamente spiegato nel corso degli anni, è per noi cosa piuttosto nota.
      Una distrazione.
      Però se anche la Cina è costretta a potenziare la sua domanda interna, come un domino potrebbe non essere più garantito l'approvvigionamento di grandi quantità di merci cinesi sui nostri mercati europei. Già la Germania considerava ormai un diritto acquisito il "cheap gas".

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  4. La cosa si vede anche a livello geopolitico. Se gli USA vogliono mantenere l'egemonia mondiale (e penso che non vogliano rinunciarvici facilmente) devono far stare relativamente bene le loro colonie, note col termine di "alleati", comprando i loro prodotti/materie prime.
    Non si tratta del dilemma di Triffin?

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  5. Domanda trabocchetto, se la Cina cercasse di portare equilibrio nel tasso di cambio fra dollaro e yuan ? Si andrebbe a creare una sorta di "gold standard " giusto ? ( mi pare , che tra dollaro e euro da non molto tempo il cambio sia in parità)

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  6. Oltre al colore della "tua" valuta e' cercare di capire che valore andrà ad avere rispetto alle altre , d'altronde se uno yuan valesse un dollaro infine ci guadagnarebbe chi giocherebbe al ribasso dei salari costi di produzione etc...

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  7. InZomma dalla ampia analisi del professore Pettis emergono almeno tre punti cruciali:

    1 L'attuale ruolo globale del dollaro è una mano santa per i difensori dell'austerità;

    2 Anche per un paese come la Cina troppi IDE sono ingestibili;

    3 La soluzione migliore, ma totalmente indigesta al grande capitale internazionale, sarebbe quella di (ri)attivare un sistema di Scala Mobile mondiale per sostenere salari e domanda interna.

    Come dire, Marx e Keynes vivono e lottano con noi, ma al momento hanno avversari decisamente agguerriti ed attrezzati a respingere gli attacchi.
    A questo punto c'è da capire se la Storia si ripeterà come farsa, come tragedia o come necessità (USA?) di riportare un equilibrio nella distribuzione dei redditi nazionali ed internazionali.
    D'altronde Triffin Docet e Bretton Woods non era poi così male.

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    1. Non mi sembra che "il grande capitale" voglia sostenere la "domanda interna", direi anzi in contrario ( vedi "lagendachenoncè"). Mi sembra invece che al' interno di questi progetti "pauperistici" gli attuali "conflitti" servano solo a spartire la " recessione globale", sia dei "ceti" che dei "sistemi economici" (e i "salariati " italiani sono purtroppo primi in entrambe le liste dei perdenti)

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    2. Infatti ho scritto che la soluzione migliore (aumento dei salari) è indigesta al grande capitale

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  8. Avevo intuito che il goofy di quest'anno sarebbe stato (se possibile) ancor più interessante. Farò di tutto per esserci.

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  9. Scusa Alberto, domanda banale, se per ipotesi assurda il dollaro si deprezzasse rapidamente ad esempio del 30% a causa di una guerra diretta con la Cina e Russia che va male, rispetto ad euro e altre monete di paesi esportatori, il suo deficit potrebbe diminuire di molto. Cosa accadrebbe allora sul fronte del renminbi come moneta di riserva?

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  10. Ritengo che chi stia forzando le Nazioni in forte surplus commerciale a ridimensionarsi siano proprio gli USA, ovvero coloro che possiedono il privilegio di emettere la moneta egemone: sono infatti loro che stanno utilizzando la solita politica del bastone e della carota nei confronti di UE, Cina e Giappone con la Russia nel ruolo di capro espiatorio, essendo non direttamente in squilibrio con gli USA ma funzionale al surplus degli altri.
    Il bastone è rappresentato dall'interruzione delle forniture energetiche e dei semilavorati a buon mercato provenienti da Russia e Cina attraverso guerre, disordini ed attentati organizzati nelle aree di transito essendo lo scopo di tale interruzione quello di rendere il sub continente europeo un luogo sempre meno ospitale per le imprese.
    La carota è costituita dagli incentivi erogati alle imprese che vogliono rilocalizzarsi sul suolo USA ai quali si aggiunge il vantaggio di poter attingere direttamente alle fonti energetiche americane risparmiandosi il costo di trattamento e trasporto.
    Questa politica è necessaria agli USA per poter ricostituire in tempi rapidi una base industriale svuotata dalle politiche precedenti di delocalizzazione e finanziarizzazione della loro economia, con l'obiettivo di pareggiare il proprio conto estero in un mondo non più dominato dal dollaro. Hanno fretta ed il modo più rapido per ricostruire le competenze industriali perse è quello di prenderle proprio dai Paesi in surplus, cominciando da quello più controllabile, ovvero la Germania.

    Io credo che non si acconteteranno semplicemente di pareggiare il loro conto estero, ma piuttosto cercheranno di diventare loro la nuova Germania.

    Saluti

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  11. Sul tema Vi sottopongo questo articolo del 1996 (sic!) di Chalmers Johnson, chiedendovi un giudizio. https://jpri.org/wp-content/uploads/2021/09/Working-Paper-22.pdf

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