giovedì 4 agosto 2016

I disallineamenti dell'euro

Donne, è arrivato l'arrotino...

Twitter è sì una fogna (soprattutto da quando è stata bandita la crociata dei poracci, replica della più nota ma sostanzialmente isomorfa crociata dei pezzenti), ma riserva comunque dei momenti esilaranti. Col poco campo che ho a disposizione dove mi trovo, oggi mi è capitato di travedere questo tweet:


Devo dire di essere prevenuto negativamente verso Oxford Economics. Mi dà, così, dall'esterno, l'impressione di essere una versione ripulita e presentabile (in quanto pseudoindipendente) del nostro Centro Studi Confindustria, quello che ha definitivamente scavato la fossa della propria non preclara reputazione scientifica (è un dato di fatto facilmente verificabile che la sua produzione, a differenza di quella di altri think tank, non finisca spesso in fascia A) trasmettendo questo sproloquio dadaista del tutto scisso da qualsiasi appiglio con qualcosa di almeno lontanamente assimilabile a uno studio scientifico:

Devo dire che il commento di Alessandro Camattari, che non conosco, mi sembra più appropriato di quello pur tecnicamente ineccepibile di Massimiliano Tancioni, che conosco, e che ha dedicato, bontà sua, una articolata confutazione a quella che in tutta evidenza è solo una velina politica, solo per concludere che è una velina politica, cioè (testualmente) che "non c'è modo ad oggi di dire quanto sia 'scientifica' questa previsione". Io stimo sinceramente Massimiliano, e mi limito a dire che se l'animale che ho davanti cammina come un cane, ha la coda come un cane, e soprattutto abbaia come un cane, non gli faccio l'analisi del DNA, anche se il mio mestiere, come il suo, è in effetti fare il coroner (di simulazioni...).

In altre parole: ho il terribile sospetto che una confutazione seria ottenga, in fin dei conti, lo scopo paradossale di legittimare scientificamente quella che altro non è che propaganda politica, dandole un'importanza che non merita (e quindi, forse, Camattari ha fatto prima e soprattutto meglio, in termini di opportunità politica). Detto ancora in altre parole, non sono sicuro che sia proprio necessario riconoscere a chiunque dignità di interlocutore.

(...solo una parentesi per indicare un altro centro studi, questo popolato da scienziati validi, che si produce in veline di basso profilo: quello della Bce. Ciò dimostra che la consistenza scientifica di un centro studi non è condizione sufficiente perché questo rispetti un minimo di deontologia professionale. Temo però che sia condizione necessaria. Nel caso della Bce è del tutto evidente il tentativo di sottrarsi preventivamente alle proprie responsabilità, attribuendo a una nostra presunta inferiorità razziale il fallimento delle politiche da lei imposte ai volenterosi carnefici del PD. Lo scopo, sia ben chiaro, non è dare ossigeno a questi quattro mentecatti, ma evitare di dover fare una palinodia uso Fmi, come quella che ha tanto stupito il nostro amico Ambrose, e della quale qui trovate il testo originale...)

Ma torniamo a Oxford Economics. Nella nostra comunità è entrata di striscio perché un altro amico, Andrea Boltho, al #goofy3 propose un loro studio particolarmente apocalittico come pietra di paragone (benchmark) per valutare le simulazioni sull'impatto di un'uscita dall'euro fatte col nostro modello (qui il filmato, per chi se lo fosse dimenticato), argomentando che le nostre simulazioni (nonostante fossero in linea con alcuni decenni di letteratura scientifica), la facevano troppo facile, perché Oxford Economics (chi?) aveva detto che sarebbe stata una catastrofe... Ora, circa un anno fa vi feci notare che a distanza di pochissimi mesi la stessa Oxford Economics aveva ammesso che l'uscita di un paese messo molto peggio di noi non sarebbe necessariamente stata un disastro. Naturalmente voi, miseri mortali, per abbeverarvi a questo quintessenziale distillato di saggezza economica dovreste pagare una cosa come 1500 euro, ma la sintesi potete averla gratis, ed è che nel 2015 (un anno fa) Oxford Economics si ricordava l'economia che aveva dimenticato nel 2014, dicendola verità scientifica sulla fine delle unioni monetarie, ovvero che essa non è necessariamente un disastro, dato acquisito dalla scienza economica almeno fin dallo studio di Rose che trovate qui.

A me queste intermittenze del cervello (inteso come organo nel quale si può presumere alberghi la fredda razionalità economica) lasciano un po' perplesso. Non so voi, ma io sento puzza di velina quando succede una cosa simile. Ribadisco: magari sarà una mia prevenzione. Ma è la stessa puzza che ho sentito leggendo l'articolo di Bloomberg segnalato da Griever.

Il contenuto è facilmente riassumibile: è un dato di fatto che il cambio dell'euro non può essere corretto per tutti i paesi membri, ma ora, siccome Draghi ha indebolito molto la moneta unica, la "taglia unica" dell'euro sta un po' meno stretta a un numero di paesi maggiore di prima. Questo sarebbe il risultato dello studio di un collega, tale Angel Talavera. Non avendolo mai incontrato nei miei studi, sono andato a vedere chi fosse, e ho trovato sul sito di Oxford Economics un cv consultabile solo a pagamento (ma stasera vorrei andare a cena fuori e preferisco risparmiare), su IDEAS il vuoto pneumatico e su Scholar degli interessanti articoli sul metabolismo delle antocianine nei ratti, scritti però da un altro Talavera, che mi ripropongo comunque di leggere quando vi avrò sotterrato tutti (ho molto tempo a disposizione).

Questo per le credenziali scientifiche.

Breve (anzi, brevissimo) discorso sul metodo
Ora voi direte: "tu hai dovuto difenderti strenuamente da persone che ti attaccavano per il tuo CV e non per i tuoi argomenti: non cadere nello stesso errore!" Ecco, consentitemi di dirvelo: questo buonismo piddino mi ha trifolato le gonadi. Chi mi attaccava per il mio CV e non per i miei argomenti faceva un errore perché il mio CV c'era, anche se i pezzenti intellettuali che ricorderete non avevano gli strumenti culturali e scientifici per leggerlo. La qualità dei miei argomenti discendeva poi naturaliter da due condizioni: la qualità del mio CV e la mia onestà intellettuale. Queste condizioni sono purtroppo richieste entrambe. L'onestà da sola non basta (vi risparmio esempi dei danni fatti nel dibattito da volenterosi dilettanti), come non basta, da solo, il CV. Le credenziali scientifiche specifiche, cioè riferite all'oggetto di indagine de cujus, sono quindi una condizione necessaria, se pure non sufficiente. Lo abbiamo visto nel caso del dottor Giannino, come nel caso di tanti altri miei illustri colleghi suoi ammiratori (poi defilatisi), tutti dotati di credenziali scientifiche aspecifiche, cioè riferite ad altri campi del sapere scientifico, e ai quali quindi abbiamo visto fare delle clamorose figure di palta (le ricorderete, io sono per il parce sepultis).

Io mi occupo di economia monetaria internazionale da trent'anni e ho svariati lavori pubblicati sull'argomento. Se uno non ce li ha, può darsi che dica scemenze. Se uno ce li ha ma è a libro paga, può darsi che dica scemenze...

(...e ci sono mille modi di essere a libro paga: essere associato e voler diventare ordinario, essere un ricercatore e volersi far coptare da qualche illustre rete di ricerca con sede a Bruxelles, essere ordinario e avere allievi associati da collocare, desiderare di essere cooptato in qualche consiglio di amministrazione "pesante", desiderare di ottenere una qualche prebenda governativa ad alto rendimento risk free, ecc. Non devo farvi né altri esempi, né nomi: siete uomini di mondo, molti di voi sono nel settore, fra l'altro tutti voi siete più interessati all'argomento di me, quindi ognuno di voi ha più esempi da farsi di quanti potrei fargliene io...)

Ammettendo quindi che le pubblicazioni scientifiche (che il Talavera pare non abbia, o che comunque sono ardue o costose da rinvenire in rete) siano una condizione necessaria (ma non sufficiente), valutiamo lo studio di Oxford Economics (OE) così come ce lo presenta Bloomberg.

Due lievi imprecisioni
Partirei dai due dati più macroscopici che ne evidenziano il dilettantismo (ovviamente, prendendo per buono il resoconto di Bloomberg).

Il primo è che OE si concentra sul disallineamento nominale bilaterale fra i singoli paesi membri e il dollaro USA: si chiede cioè quanto costerebbe oggi un dollaro in termini delle valute nazionali di Austria, Belgio, Francia, ecc., se questi paesi uscissero dall'euro a un cambio di 1:1, per poi fluttuare sul mercato. Detto in altri termini, per usare il linguaggio di Jacques Mazier e dei suoi coautori, OE si chiede quale sarebbe il disallineamento dei tassi di cambio fra gli "euro nazionali" e il dollaro rispetto ai rispettivi ipotetici valori di equilibrio (domanda alla quale essi avevano risposto a suo tempo nella tavola 7 del loro studio: giusto per sottolineare che in ogni caso OE non sta proponendo qualcosa di molto originale).

Il secondo è che ragiona nei termini assolutamente farlocchi del numero di paesi membri cui un ipotetico cambio EUR/USD andrebbe bene (o "meglio"), senza minimamente riflettere sul peso economico di questi paesi membri.

Si tratta, duole dirlo, di due cialtronate siderali.
Sul primo punto, giova osservare che quale sia il livello degli "euro nazionali" rispetto al dollaro conta poco o nulla nel determinare la competitività complessiva di un paese, e questo per il semplice motivo che gli Stati Uniti, pur essendo un partner importante per i paesi europei, lo sono molto, ma molto meno dei paesi dell'Eurozona. Prendete il caso dell'Italia. La market share degli Usa nel commercio italiano è a una cifra, intorno al 5%. Quella verso il centro dell'Eurozona a due cifre, intorno al 40%. Come si fa anche semplicemente a pensare, per non dire a scrivere, che il nostro problema sia diventare più competitivi rispetto agli Usa svalutando il dollaro?

Mi sembra piuttosto strano che nel 2016 si facciano ancora discorsi simili!

Come abbiamo dimostrato con Christian Alexander Mongeau Ospina nel 2014 prima che i dati ci dessero ragione, era assolutamente ovvio che la svalutazione dell'euro rispetto al dollaro non avrebbe dato (a noi) alcun vantaggio competitivo: intanto, avrebbe aggravato la nostra bilancia commerciale verso i paesi OCSE, e poi ci avrebbe fatto spendere nel centro dell'Eurozona i pochi soldi guadagnati verso i paesi terzi, lasciando il nostro saldo estero complessivo sostanzialmente invariato. Il nostro problema, evidentemente, è diventare più competitivi (cioè aggiustare i prezzi) rispetto al centro dell'Eurozona.

Sul secondo punto: i paesi dell'Eurozona non sono tutti uguali. In questo momento la Germania, dopo aver sbriciolato il mercato interno dell'Eurozona (cominciando dal proprio), ha per forza di cose orientato i propri flussi commerciali verso i paesi terzi, dove si trova a competere con gli Stati Uniti. La svalutazione dell'euro rispetto al dollaro, che non risolve i nostri problemi per i problemi esposti sopra, attribuisce tuttavia alla Germania un ingiustificato vantaggio sui mercati terzi (come la Cina), vantaggio che preoccupa Stati Uniti e Cina.

(...leggetevi quel cazzo di articolo...)

Dire "bè, però ora che l'euro è calato rispetto al dollaro in fondo le cose nell'Eurozona vanno meglio per un bel po' di paesi" significa fare un ragionamento completamente idiota, che non tiene conto di un dato essenziale: se per far andare il cambio "meglio" per un po' di paesi in più lo si fa andare "troppo bene" per il paese che già stava "troppo meglio", e che è anche il più rilevante in termini di dimensioni, nei fatti si permette a quest'ultimo di praticare una colossale svalutazione competitiva verso la Cina e ai danni degli Usa che compromette la sostenibilità di tutto il progetto europeo (perché gli altri poi reagiscono, cosa da noi puntualmente prevista).

Lo dico in un altro modo: la Cina (e gli Usa) la lieta novella che Malta, Cipro, o la Grecia, potrebbero non essere più molto disallineate rispetto al dollaro se la appendono fra le tombe etrusche e i quadri del Tintoretto, mentre il fatto che un paese che ha il più grande surplus estero al mondo (la Germania) svaluti del 30% non passa loro inosservato (sarete sorpresi!), e non lo considerano un effetto collaterale trascurabile, da sopportare per la soddisfazione di poter rilanciare il turismo in alcune ridenti località del Mediterraneo.


Bene. Credo che questo chiarisca a tutti e anche ad Andrea, se ci legge, il livello dello studio rilanciato da Bloomberg, prodotto da un centro che si fa pagare palettate di euro per dire sesquipedali imprecisioni (mentre a/simmetrie produce ricerca scientificamente ed eticamente integra, e può e potrà farlo solo nella misura in cui continuerà a poter contare su finanziamenti indipendenti: i vostri).

L'economia è una scienza
Che persone prive di pubblicazioni cerchino di farci appassionare a falsi problemi, magari per esigenze di bottega politica, non credo sia una novità: fin qui abbiamo visto tre esempi, e troppi ce ne sarebbero.

Una esternalità negativa di questo modus operandi è che così facendo si scredita la scienza e la professione economica, che sarebbe invece perfettamente in grado di occuparsi in modo sensato di problemi meno fittizi. Uno di questi problemi è appunto quello del disallineamento della valuta dei singoli paesi membri dell'Eurozona, cioè di quanto l'euro sia lontano da un ipotetico valore di equilibrio per ognuno di essi. Mi riferisco, ovviamente, al disallineamento effettivo reale, non a quello nominale bilaterale rispetto al dollaro, che, come ho spiegato, non ha particolare senso analizzare (per chi si fosse messo in ascolto in questo momento, cos'è il cambio effettivo reale lo abbiamo spiegato qui). Detto in altre parole, più correnti, mi riferisco alla quantificazione del danno che l'adozione dell'euro arreca alla competitività di prezzo complessiva dei paesi membri.

Sarete forse sorpresi dall'apprendere che il disallineamento dell'euro per i singoli paesi membri è ammesso, e studiato in dettaglio, niente meno che dalla stessa Commissione Europea in uno studio, quello di Salto e Turrini (2010), interessante e ben fatto, anche perché offre una rassegna (non completissima, ma utile) degli approcci metodologici più à la page per la determinazione del cambio di equilibrio.

Ve la sintetizzo, estendendola per considerare alcuni approcci che ai colleghi della Bce sfuggono, in alcuni casi perché applicati all'Eurozona posteriormente al loro lavoro. I metodi utilizzati per valutare il disallineamento del cambio effettivo reale cadono in quattro categorie:

1) quelli basati sulla PPP (purchasing power parity), cioè sull'idea che il cambio si aggiusti per riequilibrare scarti fra i livelli dei prezzi nei diversi paesi;

2) quelli basati sul saldo delle partite correnti, cioè sull'indebitamento estero netto del paese, basati sull'idea che il tasso di cambio di equilibrio sia quello che riporta l'indebitamento a zero, o lo stabilizza, o stabilizza il rapporto fra debito estero e PIL (per cui se il saldo delle partite correnti di un paese sta scendendo, o il suo debito estero sta crescendo, significa che il suo tasso di cambio è sopravvalutato);

3) quelli che tengono conto sia dell'equilibrio esterno (pareggio della bilancia dei pagamenti) che di quello interno (piena occupazione), equilibrio riassunto dall'andamento dei fondamentali macroeconomici e analizzato con un modello economico che espliciti la relazione fra fondamentali e tasso di cambio, permettendo così di ricavare un valore di equilibrio per quest'ultimo;

4) quelli che prescindono da un modello economico sottostante e applicano l'approccio del controfattuale sintetico, consistente nell'individuare un gruppo di paesi con caratteristiche simili a quello oggetto di studio, calcolare la media delle sue variabili di interesse, da usare come "benchmark" (il "controllo" o "controfattuale sintetico"), e vedere se a parità di andamento dei fondamentali nel paese studiato e nel "controfattuale sintetico" il cambio del primo è disallineato rispetto alla media dei cambi espressa dal secondo.

Il primo approccio (parità dei poteri d'acquisto) è quello che abbiamo applicato più volte, suscitando la riprovazione dei soliti mentecatti ignoranti i quali, da ignoranti, ignoravano quanto supporto esso abbia non solo nei dati di fatto (cui noi ci riferivamo), ma anche nella letteratura scientifica più avanzata, che, da mentecatti, non erano in condizione di consultare per mancanza di strumenti intellettuali. In particolare, l'articolo di Coakley et al. (2005) conferma la validità dell'approccio che consiste nello stimare il riallineamento potenziale sulla base dei differenziali di inflazione cumulati (e così facendo stronca un bel po' di ditini che ci sono stati puntati addosso). Ricordo anche sempre l'articolo di Lee et al. (2011) il quale ci ricorda che il modello di parità relativa dei poteri d'acquisto (corretto con l'effetto Balassa-Samuelson del quale parlammo qui), indipendentemente dal fatto di essere un modello corretto (cosa che Coakley et al. dimostrano), è in ogni caso quello in cui credono "i mercati", cioè chi fa previsioni a scopo operativo, ed è quindi la più ovvia "ancora" per le aspettative di riallineamento nel caso di una rottura di una unione monetaria.

Il secondo approccio (stabilizzazione del debito estero) è descritto partitamente da Salto e Turrini ma non mi ci soffermo più di tanto, perché ha un limite ovvio, che è poi quello che sfugge ai "bagnailafafacilisti", agli "uscistidasinistra", agli "eurobelloausteritàbruttisti", insomma: a tutte le creature (intellettualmente) deformi che popolano il bestiario medievale del dibattito italiano sull'euro. Il limite è quello di considerare unicamente l'equilibrio esterno, e solo condizioni necessarie. Certo, che il debito estero non diventi un macigno è una condizione necessaria perché le cose non vadano male, ma non è sufficiente, e se per ottenere questo obiettivo (esterno) distruggi un paese (come Monti ha ammesso di aver fatto), perché hai deciso che dell'equilibrio interno (piena occupazione) te ne freghi, diciamo che non hai risolto un gran che (come in effetti noi non abbiamo risolto).

Il terzo approccio (analisi dell'equilibrio interno ed esterno tramite un modello) ha una lunga storia: si va dal FEER (fundamental equilibrium exchange rate) di Williamson (1983), al NATREX (natural real exchange rate) di Stein (1990) (ricordo quando Gandolfo ci lavorava), al BEER (behavioural effective exchange reate) di Clark e McDonald (1998), il cui studio descrive anche la logica del FEER.

Il quarto approccio ha una storia più corta: il riferimento metodologico è Abadie e Gardeazabal (2003).

Ora, come vedete, il problema, nei suoi termini metodologici, è stato ampiamente affrontato, e non esattamente da persone di passaggio o su giornaletti on-line o siti aziendali. Sarebbe molto interessante sapere quale consapevolezza OE abbia di questa letteratura, se la citi, quale approccio usi, perché, ecc., ma le mie aspettative in merito non sono eccessivamente ambiziose.

Ci siamo capiti.


Le risposte della scienza sono coerenti con la realtà
Un dato rilevante è che tutti (dicesi tutti) questi approcci sono stati applicati ai paesi dell'Eurozona, per vedere quale fosse il grado di disallineamento del loro tasso di cambio effettivo reale da un ipotetico equilibrio, e la cosa interessante è che tutti (dicesi tutti) questi approcci, per quanto diversi, dicono sostanzialmente la stessa cosa, come rilevano Salto e Turrini (2010), ovvero che i paesi membri dell'Eurozona hanno un tasso di cambio reale (quella che chiameremmo "competitività") disallineato, in alcuni casi di molto, dal rispettivo valore di equilibrio, e che con l'ingresso nella moneta unica è aumentato il numero di paesi il cui cambio reale è sostanzialmente sopravvalutato (cioè l'euro è diventato "troppo forte" per essi, rispetto al complesso dei loro partner commerciali, inclusi ovviamente quelli intra-eurozona).

Insomma, quello che sappiamo: la moneta comune fra un paese "forte" e uno "debole" avrà un valore medio fra quello delle rispettive valute nazionali, e realizzerà così il sogno di Trilussa: il paese forte si mangerà il pollo, e quello debole sarà il pollo.

Naturalmente, per ovvi motivi politici, Salto e Turrini, lavorando per la Commissione Europea, non possono fornire risultati individuali, cioè dire chi ci sta rimettendo dall'euro (perché ha un cambio reale sopravvalutato, cioè perché l'euro è "troppo pesante" per la sua economia) e chi invece ci sta guadagnando (perché ha un cambio reale sottovalutato, cioè sta praticando una svalutazione competitiva). Essi si limitano a fornire la distribuzione statistica dei disallineamenti calcolata con i vari metodi, e per i paesi dell'Eurozona la vedete riassunta in questo grafico:


(per interpretarlo, se non siete pratici, date un'occhiata qui). Come vedete, procedendo verso destra (cioè verso gli anni più recenti), i disallineamenti manifestano una tendenza crescente (cioè aumenta il numero di paesi dell'Eurozona che diventano meno competitivi perché hanno il cambio reale sopravvalutato), indipendentemente dal metodo di calcolo utilizzato. Noterete che nel periodo 2008-2009 il paese messo peggio ha un cambio reale rivalutato di oltre il 20% secondo l'approccio basato sulla stabilizzazione del debito estero.

Ma di studi ce ne sono molti altri!

Un'analisi dettagliata, basata sul FEER (che Salto e Turrini non considerano), è fatta dal già citato Jacques Mazier, con questi risultati:


Anche qui, si vede l'ovvio: la Germania sottovalutata con punte del 20% nel 2007, l'Italia sopravvalutata di circa il 4% nel 2009, il Portogallo sopravvalutato addirittura al 41% (occhio a come sono definiti i segni).

(...per inciso, in conto "margini della comunità scientifica": conosco Jacques perché ha seguito la tesi di dottorato del mio amico Arsène. Jacques è sempre stato euroscettico, e per questo ostracizzato dalla comunità degli economisti francesi "de sinistra", che però negli ultimi tempi si è scissa su questo tema: ci sono ancora gli imbecilli che "non lo si può dire perché lo dice la Le Pen", i traditori che "però bisogna uscire a sinistra", ma c'è anche tanta brava gente che continua a lavorare, come vi ho raccontato diverse volte...)

Altri amici, Makram el-Shagi e i suoi coautori, hanno applicato l'approccio dei controfattuali sintetici, giungendo a queste conclusioni:

Anche qui, niente sorprendente per chi non sia accecato dall'ideologia: l'Italia è sopravvalutata del 4.52% dall'entrata nell'euro fino alla crisi, mentre la Germania risulta sottovalutata, e dopo la crisi la sua sottovalutazione aumenta (cioè: il paese che già era più forte durante la crisi ha di fatto rafforzato la propria posizione competitiva svalutando in termini reali).

(...sempre dai margini della comunità scientifica: Makram era nel board di INFER, dove ora sono vicepresidente, e Gregor sta organizzando con INFER un seminario sulla fine delle politiche monetarie non convenzionali presso l'Università di Halle, e sono in relazione con lui perché faccio parte del comitato scientifico, il che mi ha costretto a leggere tre interessanti paper dei quali vorrei parlarvi, ma non posso, perché non sono ancora stati pubblicati...)

Questo è lo studio più recente. Ma ce ne sono tanti altri. Ad esempio, applicando il BEER Virginie Coudert et al. (2013) (qui in versione working paper) giungono a questa conclusione:


Il cambio reale dell'Italia sarebbe sopravvalutato del 7% (6.6%), quello della Grecia del 20%.

E così via.

Discussion and robustness check
Come vedete, il fatto che a svariati anni dalla sua introduzione la moneta unica non vada bene per praticamente nessun paese membro è assodato. Del resto, anche se i nostri indecorosi gazzettieri lo hanno spesso negato, gli artefici del progetto, i vari Prodi, Padoa Schioppa, ecc., non lo hanno mai nascosto: l'euro era sbagliato per l'Italia, ma questo "errore" era intenzionale, perché ci avrebbe reso migliori attraverso la distruzione creatrice delle imprese e delle persone non all'altezza della situazione, cioè del cambio sopravvalutato.

Potrete anche notare una cosa: l'entità dei disallineamenti smentisce i sempliciotti catastrofisti. Non si parla di disallineamenti del millemila per cento, ma di disallineamenti sull'ordine delle due cifre.

Va però chiarita una cosa. Tutti questi studi analizzano la questione in termini effettivi, cioè come disallineamento medio di una valuta nazionale rispetto a tutti  i partner del paese. Prendete ad esempio il caso dell'Italia: quando il sogno fascista dei sullodati padri nobili si infrangerà contro i dati (che concordemente lo condannano) ognuno se ne andrà valutariamente per la sua strada (che è condizione necessaria perché si possa pensare di restare politicamente uniti), e allora noi ci riallineeremo al ribasso verso la Germania, ma molto probabilmente la Grecia si riallineerà ancor di più al ribasso verso la stessa Germania, e quindi noi in effetti rivaluteremo verso la Grecia (e probabilmente anche verso Portogallo e Spagna). Quando la Coudert o El-Shagi danno sopravvalutazioni dell'Italia un po' sotto al 10%, non intendono che noi dovremo svalutare del 10% rispetto al nuovo marco: intendono che i vari riallineamenti al ribasso e al rialzo avranno un impatto effettivo (cioè medio) intorno al 10%. L'idea di una "Italietta" che precipiterà in un gorgo senza fondo è completamente imbecille (come i cialtroni criminali che l'hanno riproposta nel corso degli ultimi anni). Purtroppo c'è chi sta peggio di noi, e comunque (in questo OE ha ragione) abbiamo ormai tanto svalutato rispetto al dollaro che è difficile che gli Usa ci lascerebbero cadere molto di più, se noi uscissimo.

Resta il fatto che per dare una valutazione accurata degli effetti di una rottura dell'Eurozona più che i risultati effettivi contano quelli bilaterali: se hai dei debiti governati dal diritto estero (e quindi non ridenominabili) nei confronti della Germania, te ne frega anche poco di sapere che in media svaluterai solo del 10% perché rivaluterai rispetto a Malta! Devi sapere di quanto svaluterai rispetto alla Germania, perché è a lei che devi restituire il tuo debito (rivalutato per effetto delle svalutazione: preciso ancora che mi riferisco ai debiti under foreign law, che in Italia sono meno che altrove, come credo sappiate).

Stranamente (si fa per dire) una valutazione accademica dei potenziali riallineamenti bilaterali manca. I motivi credo siano sostanzialmente di ordine politico: meglio non parlare di ciò di cui non si deve parlare. Per quanto ne so io, un lavoro simile è stato fatto solo da uno studente di master dell'Università di Oslo. Il giovine, prima di essere dato in pasto ai narvali, ha replicato i calcoli di Salto e Turrini e calcolato i disallineamenti bilaterali fra i vari paesi membri e la Germania, e vedete che qui la musica un po' cambia:

Il disallineamento dell'Italia rispetto alla Germania sarebbe arrivato a quasi il 20% nel periodo della crisi, ed è previsto al 12% da qui al 2018 (il doppio di quello che risulta dalle altre analisi), ma a Portogallo e Grecia va peggio di noi, come vedete, e, non sorprendentemente per noi, va peggio nel prossimo futuro anche a Austria, Belgio, Finlandia e Francia: tutti paesi ex virtuosi ma che ora si trovano col cambio sopravvalutato in termini reali perché "non hanno fatto le riforme" (cioè non hanno tagliato i salari rispetto alla Germania).

Che bel quadretto!

Vi fa capire perché in Belgio si troncano di mazzate come in Francia (anche se nella serva Italia nessuno ve ne parla), perché in Austria eleggeranno un nazista, e perché la Finlandia vuole uscire dall'euro (a proposito: al #goofy5 ci sarà l'autore di questo interessante testo).

Naturalmente questi risultati bilaterali sono di un certo interesse, ma non sono immediatamente utilizzabili nel nostro modello, che disaggrega il commercio dell'Italia fra sette gruppi di partner: il centro dell'Eurozona, la periferia dell'Eurozona, gli Stati Uniti, gli altri paesi europei, i BRICS, l'OPEC e il resto del mondo. Le quote di mercato di questi gruppi di paesi sono molto diverse, ed è verosimile che saranno piuttosto diversi anche i riallineamenti. Al convegno INFER di Reus Christian Jensen, che era il discussant del nostro paper sull'uscita dall'Eurozona, ci ha fatto notare che secondo lui le ipotesi di riallineamento che facevamo (prese sostanzialmente dallo studio di Bootle) erano ad hoc e andavano motivate meglio. Lo abbiamo fatto, stimando un BEER col database del nostro modello. Il risultato è che l'Italia ha un disallineamento reale del 10% in termini effettivi. Naturalmente ora voi vorreste anche sapere quale sia il disallineamento rispetto al centro dell'Eurozona, alla periferia, e agli Stati Uniti...

Ma questo non ve lo dico: prima lo pubblichiamo con #pirreviù, e poi ne parliamo. Sapete com'è: sono sotto concorso, e per me, che non sono esattamente il prototipo dello yes men lacchè eurista, la strada è tutta in salita (non invidio i commissari che dovranno valutarmi)...

Conclusioni
Nonostante questo mi ha fatto piacere dedicarvi un po' di tempo, per condividere con voi qualche risultato delle mie ultime ricerche, e ribadire qualche concetto cui tengo particolarmente: il primo è che la scienza economica non è quel coacervo di pregiudizi ideologici e di farneticazioni astrologiche che i nostri media hanno interesse a propinarvi. L'economia si occupa di problemi che interessano anche voi, e lo fa in modo rigoroso e quantitativo, giungendo a risposte che non violentano l'evidenza. Il secondo è che fuori dalla serva Italia tutti sostanzialmente ammettono che l'euro è un esperimento fallito, anche quando tentano di difenderlo, un po' goffamente, come gli arrotini di OE. Il terzo è che a/simmetrie fa scienza ed è spesso in anticipo sugli eventi perché è mainstream. Sono fuori dal mainstream, perché hanno voluto esserlo, i colleghi che per motivi di interesse venale o di carriera hanno difeso un progetto che la scienza economica aveva condannato.

A questo proposito, mi scuso con eventuali nuovi arrivati che talora trovassero i miei toni poco accademici. Ricordo solo che chi ha ucciso la verità, mentendo sui dati di fatto, ha ucciso anche tante imprese e tante persone. Capisco che per chi poco sa e nulla vuole capire questo non sia motivo di indignazione. Per chi, come me, avendo decenni di esperienza di ricerca specifica nel settore, è in grado di comprendere l'assurdità del progetto e l'enormità delle stupidaggini propalate nel dibattito, è estremamente difficile mantenere la calma. Ormai l'euro è un caso psichiatrico. Se guardate la mia tweet line ne avrete conferma. Credo che il momento della verità si avvicini, e in quel momento ci ricorderemo della petulanza e della malafede di chi, ostacolando la diffusione di un messaggio equilibrato, ha creato i presupposti per una risoluzione violenta della crisi. Chi ha fatto (e sta facendo) così, arroccandosi dietro una pretesa "libertà di opinione" che è ormai sistematica libertà di menzogna su dati fattuali e di violazione della deontologia professionale, si è preso una pesantissima responsabilità politica della quale si dovrà evidentemente tenere conto.

Ma ce ne occuperemo a suo tempo, o, meglio ancora, se ne occuperà Lui...


(...et ego retribuam in tempore...)

30 commenti:

  1. Prof,
    come mai Lei ha linkato l'articolo del FQ che riporta il paper della BCE, articolo che è palesemente scorretto e fuorviante?

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    1. Pietrino, renditi utile: daccelo tu il link corretto. I pisciapenne, come sai, sono esentati per diritto divino dal linkare le fonti, e io, che per linkare correttamente le fonti ho speso molto tempo, sinceramente non me la sentivo di perderne dell'altro per cercare sul sito delka Bce l'ennesima cacata basata sulla corruzione percepita. Fallo tu, che dall'alto della tua psicosi vedo che apprezzi...

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    2. Prof,
      Lei non mi segue, non mi dà retta, mi sottovaluta e questo non è bene. Ieri l'avevo avvertita che l'articolo del FQ era scorretto e fuorviante ...

      Comunque il paper originale è leggibile qui

      https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/eb201605_article03.en.pdf

      La traduzione italiana la trovate qui (da pagina 79 in poi)

      http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-eco-bce/2016/bol-eco-5-2016/bollecobce-05-2016.pdf

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    3. Caro, se questa cacata supererà una peer review ti mando 100 euro. Non preoccuparti, so dove abiti.

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    4. Uno studio basato sulla percezione:
      È prassi
      comune valutare la qualità istituzionale soprattutto
      in base alle percezioni, anche se ciò non riflette
      necessariamente la qualità della normativa ma
      piuttosto il funzionamento effettivo dell’economia.(ma che cazzo di ragionamento è!)


      Caro Peter, grazie, mi hai confermato ciò che pensavo! Una cagata autentica!
      Comunque bel lavoro di ricerca; a me non andava di farlo perchè ero sicuro che era un lavoro per gonzi, esattamente come la pappagallata del FattoQ.

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  2. Grazie. Non si può aggiungere altro. Ci vediamo al #goofy5 professore!

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  3. Se qualcuno é interessato a sapere quanto costa tenere un'auto parcheggiata su un marciapiede in Olanda e in Italia a norma di legge, ho qua la risposta:
    Italia: 650 euro all'anno a Roma con assicurazione prima classe
    Olanda: 1300 euro se benzina, 2100 se é diesel all'anno con assicurazione prima classe

    Sono i costi annuali per il possesso di una Ford Focus Station Wagon in questi due paesi.

    http://exiteconomics.blogspot.com/2016/08/how-much-does-it-cost-to-own-car-in.html

    Saranno pure gli stessi euro, ma hanno poteri di spesa nettamente differenti.

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    2. Hai considerato anche l'assenza quasi totale dei contributi pensionistici?

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    3. L'esempio non è calzante perché si riferisce a un bene "non tradable" (il posto macchina). Inoltre, quando i prezzi interni sono più alti (cioè il potere di acquisto è minore) conviene acquistare all'estero (cioè la valuta è sopravvalutata, è più "forte" sui mercati esteri PERCHÉ è più debole su quelli interni). L'apparente contraddizione del tuo ragionamento si spiega col fatto che il tuo esempio è riferito a un non tradable e col fatto che sei austri-ano, e ci aiuta a capire perché abbiamo l'euro: perché ci mancano #lebbasi.

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    1. Dato il livello del suo disagio, ne sono certo.

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    2. Senza offesa per Yanez, confesso che il fenomeno del "seguace nero" quasi mi affascina nella sua profonda incomprensibilità. Lo trovo attestato soprattutto su twitter, dove ci sono utenti che seguono ossessivamente il prof, con molta più attenzione di qualsiasi seguace, ma solo per cercare di smentirlo, confutarlo o comunque sostenere che quello che dice non va bene. Alcuni arrivano a scriverne sui propri blogghetti, collezionando strafalcioni esilaranti (come un tizio che ha definito una celeberrima citazione di Goethe del prof "una frase scritta in un tedesco incomprensibile").
      Ora, per me è abbastanza normale (anche se non necessariamente apprezzato dal proprio coniuge) seguire con entusiasmo anche magari un filo straripante una persona che ci interessa, da cui si ritiene di imparare, alla cui attività ci si è appassionati e che si vuole sostenere.
      Ma veramente non capisco che cosa possa spingere a seguire con tanta costanza una persona che non si stima. Sarebbe come se io ogni giorno seguissi con voluttà spasmodica ogni tweet, che so, di Scacciavillani o di Boldrin, per continuare a interagire con loro, farmi prendere a male parole, e comunque ripetere che però sbagliano, sono incapaci e che io non sono d'accordo con loro. Ma se non li stimo e non sono d'accordo con loro, perché dovrei perderci tempo? La vita è breve, le persone stimabili poche, il tempo scarso... veramente, sono processi mentali che non capisco. Ammetto di leggere anche io qualche volta le timeline di evidenti idioti, ma, primo, evitando accuratamente ogni interazione, secondo lo faccio solo quando mi fanno proprio ridere. Sui social (e ovunque) c'è gente talmente priva di senso del ridicolo che a volte leggerli è meglio di qualsiasi satira.
      Ma il seguace nero, no, non lo capisco proprio.

      Colgo l'occasione per augurare buone vacanze a tutti.

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    3. ...è solo un povero malato di mente. Qui è passata gente più ambigua e pericolosa.

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    4. @nat d'accordo al 100% quei due lì poi, pur volendo, non li si può proprio seguire anche per motivi di salute...almeno a me fan venire l'ulcera

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  5. GRAZIE!
    Da parte mia attendo trepidamente "il momento della verità" (sperandolo incruento) per poter restituire qualche risata di scherno a vecchi colleghi, luminari del loro settore (che non è l'economia monetaria) e quindi autorizzati, in quanto autonominatisi crema intellettuale d'Italia, ad agitare "StatiunitidEuropa" e "Ilprezzodellabenzina" e "OggicelaCina" e via cianciando.

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  6. "...la Cina (e gli Usa) la lieta novella che Malta, Cipro, o la Grecia, potrebbero non essere più molto disallineate rispetto al dollaro se la appendono fra le tombe etrusche e i quadri del Tintoretto, mentre il fatto che un paese che ha il più grande surplus estero al mondo (la Germania) svaluti del 30% non passa loro inosservato (sarete sorpresi!), e non lo considerano un effetto collaterale trascurabile, da sopportare per la soddisfazione di poter rilanciare il turismo in alcune ridenti località del Mediterraneo..."

    Già: fino a quando gli USA riterranno che il gioco valga la (costosa et annosa) candela? (notare i dettagli della produzione, fotografia e attori non protagonisti compresi...)

    Altro che la "Crociata dei Poveri Pirla", scarto di magazzino hollywoodiano per narcolettici (cazzo, sembra il "Nikita" di Besson... dopo la tredicesima replica!).

    (intervallo)

    PS_Finanziare a/simmetrie si conferma come l'unico investimento sensato in Italia. Grazie.

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  7. Svalutazione interna. Al postino: "certo che quelli delle poste private vi fanno una bella concorrenza". Il postino: "Ah ci credo ! Abbattono i costi pagando i portalettere con un fisso di € 300,00 al mese !"

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    1. Qualche mese fa dalla parrucchiera una ragazza che lavora alle poste private (non sapevo che esistessero nella mia cittadina e non le ho mai utilizzate) decantava l'efficienza sia dell'azienda nel suo insieme che dei dipendenti privati rispetto a quelli pubblici scalcinati e scadenti, anche se certi servizi (o forse certe zone? non ricordo bene) non sono ancora coperti.

      Non ho osato chiederle quanto guadagna. Però ha detto che sono molto severi ed esigenti con i dipendenti, per questo funzionano bene. Lei ne andava fiera, era contenta di avere un lavoro (mi pare a tempo determinato) e si impegna a svolgerlo al massimo. Non si rendeva conto di quanto fosse sfruttata, figuriamoci degli effetti nefasti della privatizzazione di certi servizi/settori.

      Naturalmente nel negozio è venuto fuori una raccolta di aneddoti che collettivamente si potrebbe sintetizzare nel "Dagli al pubblico untore!" Io, confesso, ho desistito.

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  8. In USA il Bureau of Economic Analysis ha da poco (2014) iniziato a monitorare il potere di acquisto nei diversi stati americani. Qui un articolo con rimandi anche ai dati originali.

    Ho cercato qualcosa di equivalente per l'UE e questo e' il meglio che ho trovato.

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  9. vado a memoria con Nordvig (sperando di non ricordare male):
    esiste una prima fase della svalutazione e poi con una maggiore inflazione (magari, ad avere la prima e poi la seconda) via aumento spesa pubblica (e stop austerità) bisognerebbe aspettarsene una seconda (insomma, si ritornerebbe forse a quel 20% iniziale anche se nel caso di Nordvig ricordo queste cose vs dollaro)

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  10. Quanto #merode. Chissa' quante ne avete passate a predicare in un mondo de sordi. La mia paypal per asimmetrie da ooggi. Pero' tocca che se impegnamo de piu'

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  11. Questo post esprime con passione la dignità di chi si sforza, tra seppie che imbrattano carte e rottami da salotto vari, di divulgare fatti e concetti che diversamente rimarrebbero inaccessibili.
    Di nuovo grazie.

    Un converso, collega in minore.

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  12. @PaMar Gli imperi prima o poi fanno la fine degli imperi: crollano. E sempre per i medesimi motivi macroeconomici fotocopia. E, nella nostra epoca dei "secoli brevi", chissà che un giorno non remoto, magari da novantenne, vedrò sull' iPhone 47-S al primo start-up config un Texas comparire tra gli stati censiti dal'ONU 😉😉
    PS: Asimmetrie macroeconomiche e anche linguistiche de' casa nostra: intanto sui vostri iPhone c'è ora "napulitano" tra le lingue in Generali->Lingua e Zona. Vai a vedè che... 😉

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  13. ...a milano tanti anni fa di primavera verso le 10 di mattina della domenica...girava una macchina con l'altoparlante che strillava proprio così....donne, è arrivato l'arrotino - e continuava nel silenzio del rione....vi sturiamo la canna fumaria ---

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  14. mi viene in mente il concorso di Fisica Teorica che durante il fascismo doveva assegnare tre posti all´Università di Roma. I posti erano già assegnati, fra cui l´ultimo a Giovannino Gentile figlio del potente ministro dell´epoca.Ma il giovane Majorana a mo di burla, vollepresentare domanda. Ovviamente Majorana sarebbe risultato primo e niente posto per Giovannino. Il Ministro non si perdette d´animo, fece sospendere il concorso e fece assegnare una cattedra per "altissimi meriti scientifici" a Majorana, ma a Napoli. Spero che la sua candidatura susciti lo stesso panico e metta la giusta pressione in chi la dovrà giudicare.

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