lunedì 8 agosto 2016

64 anni di produzione industriale

(...riprendendo una nostra vecchia tradizione, vi fornisco una serie lunga della produzione industriale, di quelle che i media non vi faranno mai vedere, e che senza essere professionisti è difficile andarsi a cercare. Lo abbiamo fatto ad esempio con la disoccupazione, con lo spread, col cambio cinese... Si impara sempre qualcosa...)



(...fonte: dal 1951 al 1990 le International Financial Statistics del FMI, serie 13666...ZF..., estratta dall'edizione dicembre 2010. Dal 1990 in poi il sito ISTAT...)

A quelli che "io pè li grafichi nun ce sò portato..." agevolo la tabella:


sempre utile per farsi un'idea, che, onestamente, senza essere professionisti, non è immediato farsi ictu oculi. Le due diminuzioni più rilevanti dell'indice della produzione industriale si sono avute nel 2009 (-18.7%) e nel 1975 (-9.2%). Non è quindi che le recessioni non ci siano mai state: c'erano anche negli anni '70. Quello che oggi manca però sono le riprese. Se confrontate gli anni '70 con il periodo dall'inizio del secolo, vedete subito che quest'ultimo è un bagno di sangue: praticamente tutti valori negativi, con l'unica eccezione del rimbalzo "tecnico" del 2010 (dopo il crollo del 2009), che, come si constata, sarebbe arduo considerare come un'autentica ripresa.

Se preferite una visione più sintetica, ve la do per decenni, fino all'ultimo dato annuale disponibile:


L'indice della produzione industriale, fatta base 100 il 2010, nel 1955 era a 22 (il che significa che nel 1955 il volume della produzione industriale era poco più di un quinto rispetto al 2010). Nel decennio 1955-1965 l'indice è più che raddoppiato (passando da 22 a 46). Nel decennio successivo è aumentato di un altro 52%. Poi arrivano gli anni '80 (svolta della politica americana, divorzio, ecc.) e l'aumento scende al 25%. Si mantiene al 24% nel decennio fino 1985-1995. Poi si azzera sostanzialmente (solo il 3% nel decennio 1995-2005), e poi collassa (-18% nel decennio 2005-2015).

La storia la sapete: qualcuno c'era, qualcuno no. Credo che commentare sia superfluo.

42 commenti:

  1. Quando renzi dice che la crisi é alle spalle io penso subito a quel povero Cristo di mio suocero che tira avanti da terzista con 7 dipendenti dicendo: 'ma dove cazzo la vede la ripresa'

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  2. Il futuro è sempre più fosco. E non vedo molta reazione da parte degli italiani, molti sono rassegnati, altri emigrano in cerca di fortuna altrove. Siamo un paese sempre più de-industrializzato.

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    1. Il decennio 2005-2015 é sicuramente un decennio perduto per l'Italia.

      Tuttavia, a dispetto di quello che dice l'informazione "mainstream" che mira solo a titoli spazzatura, in Italia l'emigrazione giovanile é bassa rispetto ad altri paesi dell'eurozona. E'vero che l'Europa é in calo demografico, ed é la prima volta che succede da quando ci sono serie dati disponibili, ovvero dal 1961, soprattutto nei paesi dell'Europa meridionale che si stanno spopolando perché non figliano.

      http://www.truenumbers.it/saldo-demografico-saldo-migratorio/

      Tuttavia, dall'Italia la fuga di cervelli sotto fino ai 34 anni é molto bassa, anche piú bassa di quelli spagnoli, tedeschi, svedesi, belgi e persino svizzeri (!).

      http://www.truenumbers.it/la-leggenda-dei-cervelli-che-fuggono/

      Quindi, a dispetto della crisi, i giovani italiani rimangono in Italia. Quelli che se ne vanno, sono una minima percentuale.

      Dico questo giusto per mettere le cose nella giusta prospettiva. Poi, che l'Italia sia su un brutto crinale dal 2015, lo dice pure McKinsey.

      http://www.mckinsey.com/global-themes/employment-and-growth/poorer-than-their-parents-a-new-perspective-on-income-inequality

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    2. E sarà sempre peggio. Soprattutto se prima o dopo arriveremo ad una soluzione finale, ormai inevitabile.

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    3. Perché è basso il livello culturale (o di preparazione), altrimenti l'emigrazione sarebbe più alta.

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    4. Marco, ho amici che sono emigrati anche solo con una preparazione da scuola superiore, non universitaria. Non mi piace dover emigrare, io voglio rimanere nel mio paese. Però fino ad un certo livello.

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    5. Non capisco che dati siano quelli che dice il sig. Marchetti, ma io ho esperienza contraria: in Svizzera gli iscritti all'AIRE sono aumentati moltissimo in pochi anni e sono quasi tutti giovani con livelli elevati di istruzione (laurea o dottorato).

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    6. Ciao Martinet,

      la tua é una osservazione che a mio avviso soffre di un problema: la percezione individuale, quindi di un bias legato all'ambiente in cui vivi.

      A Londra, Nizza, Tolosa ci sono una montagna di pizzettari, commessi, cuochi e camerieri. Francamente ovunque io mi sposti in Europa vedo cuochi e pizzettari e camerieri italiani.

      Io lavoro all'estero in mezzo a soli ingegneri (quasi tutti maschi, purtroppo!). E chiaramente se dovessi stilare una casistica di emigranti italiani parlerei di soli dottorati e laureati e di soli uomini. Tra tutti i miei amici e parenti coetanei, solo io sono andato via. Quindi la mia esperienza individuale mi porterebbe a dire che non c'é quasi per nulla emigrazione di personale qualificato.

      I numeri parlano chiaro: i giovani taliani rimangono in altissima percentuale in Italia, rispetto agli omologhi svizzeri e tedeschi.

      A chi ribatte che molti nemmeno si registrano all'AIRE, e che quindi le statistiche sono poco attendibili, ribatto che nemmeno gli stranieri si registrano presso i propri consolati all'estero.

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    7. Quando ho finito il dottorato in Italia, il mio gruppo di ricerca di allora non aveva soldi per trattenermi e sono partito. Il mio lavoro di allora, da cui si poteva spremere ancora molto, è andato buttato.
      Ho vinto immediatamente un postdoc nella non ridente Nederlandia. Dopo quattro mesi ho deciso che non ci sarei rimasto. Ho comunque portato a termine l'impegno con i diversamente amabili Dutch.
      Nel frattempo ho vinto al primo tentativo una Marie Curie, portandola all'istituzione presso cui avevo fatto il dottorato. Ora, con questa borsa, sono in Nuova Zelanda. Fra non moltissimo, sempre nell'ambito della mia borsa, me ne torno a casa per un anno.

      La trattativa con la controparte italiana per dare stabilità al mio rientro, una volta che il presente contratto sia finito, è andata pressapoco così:
      (io)- "Possiamo parlare del dopo?"
      (loro)- "Che cazzo vuoi? Noi non ci assumiamo nessuna responsabilità. Ma se vuoi continuare a girare attorno come ospite pagante fai pure. Vinci un ERC, porta i milioni, e ne riparliamo".
      - "Ma così il rischio è tutto mio. E se per una volta non vinco al primo colpo?"
      - "Cazzi tuoi".

      ...

      Ho fatto il manico dell'ombrello. Continuerò a vincere (si spera sempre, eh!), ma altrove. Ciaone.

      Sono comunque un fortunato, la vita mi sta dando tanto, non mi lamento. La Nuova Zelanda è molto bella.

      Per rispondere a Simone, dal mio punto di vista, emigrare (piuttosto che rassegnarmi al precariato universitario in Italia) è stata LA reazione. Le nostre élites ci hanno lasciato la possibilità di restare, purchè accettassimo il lavoro come elemosina (quando c'è, o quando siamo così fortunati da procacciarcelo da soli, ma senza reclamarlo), e non disturbassimo il manovratore. Quando in questo blog si parla della dinamica delle élites paternaliste, straccione ed inadeguate, io la proietto in una dimensione a me estremamente prossima, quella del mio pezzo di élite di riferimento. Leggo, capisco tante cose a me vicine, e mi regolo.

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    8. Sig. Marchetti, il mio lavoro consiste (anche) nel monitorare la presenza degli Italiani all'estero: sono in contatto diuturno con la Farnesina. Le assicuro che le mie non sono solo impressioni, ma evidenze: come il fatto che al Cern di Genève sia in pratica un'enclave italiana, almeno alla sua guida. Le faccio una facile profezia: in questi anni la situazione peggiorerà e il flusso di emigrazione degli Italiani raggiungerà vette già conosciute alla fine del XIX secolo - anche di laureati e dottorati. E io sono tra questi (purtroppo?).

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    9. Effettivamente viviamo di elemosine perché ci considerano dei semideficienti… Renzi sul referendum p.v.: “Se passa, i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo per la povertà ”

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    10. Sig. Panda Millenove forse ha ragione anche lei, accettiamo troppo spesso il lavoro come elemosina, anche nel caso mio. Poi se tua moglie non vuole nemmeno spostarsi dalla città di nascita, se poi ci mettiamo i genitori che invecchiano e mica li possiamo lasciare soli, beh.... si rimane e si aspetta. Sbagliando!!!!

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    11. Simone, hai ragione da vendere.

      Io ho spiegato le ragioni che uno si dá per rimanere nel paese dove é nato, smontandole una per una.


      http://exiteconomics.blogspot.nl/2016/06/expat-dilemma-should-i-stay-or-should-i.html

      Chiaramente ognuno puó avere ragioni personali per rimanere, ma se il futuro é a tinte fosche, beh, meglio prendere un foglio di carta e scrivere pro e contro di ogni motivazione che ci si dá per restare.

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    12. Panda,io ovviamente ti auguro di continuare a vincere borse ma ti invito anche a considerare che la risposta che ti hanno dato in Italia è più o meno quella che sentirai in molti altri paesi. Dopo aver visto colleghi lasciare la ricerca dopo 15 anni perché le spalle non te le copre nessuno due domande me le sono fatte su questa carriera..

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    13. Dal 2007 gli iscritti all'AIRE sono aumentati di circa 700mila unita`.
      Qual'e` la fonte dei "true numbers"?

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    14. Simone, non voglio assolutamente dare lezioni (mi scuso se ne ho dato l'impressione!). Io sono partito scapolo. Posso dire che la sorte non poteva avermi messo in condizione migliore per tentare la fortuna. So che ogni situazione è diversa. Personalmente mi terrorizza l'idea di essere a 30 ore di volo quando i miei avranno bisogno di me, e il fatto che quel giorno appaia ancora lontano ha avuto il suo peso nel convincermi a partire.

      Se i miei referenti mi avessero dato qualcosa a casa mia (non faccio finta di fare l'eroe!) l'avrei preso, specialmente in passato. Ma ciò che mi è stato proposto appariva come una fregatura fino dagli antipodi, e a quel punto a me è rimasto il piacere dell'asfaltata al gran barone. Non è detto sia la strategia vincente, e probabilmente non aumenta le mie chances di entrare un giorno nel paludato mondo dell'università italiana, né impedirà ad un altro giovane di offrirsi in futuro anche per meno al mio posto... e così sia.
      Un abbraccio,
      Guglielmo

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    15. Caro Panda, hai fatto la tua scelta, mi sembra di capire che è felice, non ti devi scusare. Sicuramente il futuro è sempre più fosco, e una buona infarinatura almeno dell'inglese e forse di una seconda lingua sarebbero utili per tutti.

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    16. Marco.
      Io ambirei a smettere di dover vincere, come una ordalia che si ripresenta ogni tre anni. Quindi valuterei, in prospettiva, l'abbandonare la ricerca e il dedicarmi alla consulenza, se questo vuole dire stabilità. Purtroppo neanche su questo versante non la vedo molto bene a casa mia.

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    17. Dipende molto dal settore, credo. Nel mio per esempio mi è stato appunto offerto di tornare entrando a far parte di una società di consulenti, e pare che di lavoro c'è ne sia.
      Anche io vivevo le application come un'ordalia e mi sono spostato nell'istituzionale pur continuando nella ricerca come hobby. Per questo ti auguro di continuare a vincere (e più vinci e più sarà facile continuare a vincere).
      Dicevo solo che purtroppo al giorno d'oggi poche istituzioni ti coprono se ti va male. E la precarietà di questa e di altre carriere è una delle piaghe che ci tocca subire.

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  3. La tragedia dietro quel dip del 25% (da 120 a 90) è la perdita difficilmente reversibile di asset industriali: proprietà intellettuale (che è fatta di "carta") e know how (che è fatto di persone, lavoratori esperti e qualificati). Guarda caso le metriche idiote dei vari uffici pubblici che dovrebbero occuparsi di industria e attività produttive non considerano il know how, che invece è cruciale. Questa perdita nel mio settore di riferimento è eclatante. Ovvio che dopo mezzo decennio di tagli da tre miliardi l'anno alla sanità l'industria farmaceutica in Italia non sia messa bene (anche se qualche statistica dice il contrario). E' stata un'apocalisse, e non sto esagerando. Le ripresine hanno provocato minime richieste di personale (neolaureati, meno costosi dei laureati 40-50enni scaricati in mobilità). E questi pochi neolaureati ( il cui livello qualiltatativo si è abbassato a causa di tagli pluridecennali al settore universitario) si sono spesso ritrovati a dover reinventare la ruota, attività non particolarmente produttiva. Dieci anni fa avevo a che fare spesso con project manager dei clienti da cui potevo solo imparare. Oggi sono io che mi ritrovo costretto a spiegare a loro cos'è che devono fare e come devono farlo (e non è un'attività per cui la mia microimpresa viene pagata). Ci sarebbe da far presto, certo, ma a fermare questa distruzione di risorse di cui nessuno parla, rimuovendone le cause strutturali (non solo la moneta unica, ma anche una Comunità Europea che con le sue direttive falcidia interi settori produttivi).

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    1. Pensa al settore tessile, ormai non trovi più in Italia chi sia capace di fare certe lavorazioni. Addirittura anche all'estero non è semplice perché non hanno la nostra tradizione. Quindi potenzialmente avremmo ancora il know how ma sta andando piano piano in pensione

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    2. beh scusate il calo della produzione industriale e delle competenze specifiche ci sta consentendo di passare dall'austerità alla flessibilità così come la crisi bancaria franco tedesca pre bailin consentì allora l'intervento salvifico dello stato che oggi purtroppo post bail nse po' fa eppoi scusa la produzione cala perché egregiamente le regole comunitarie fatte approvare dal nostro buon governo in materia per es. di lattine d'olio, camini,miele , basilico rosmarino salvia fresca tartufi fauna selvatica omeoterma impediscono per il bene comune che vi sia una produzione sotto gli standard etc ... ps scusate il mio sarcasmo del cazzo amaro e maligno ma ormai è l'unico registro che reggo...

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    3. Max non sono propriamente in accordo.
      Io sto nel settore calzaturiero e a metà agosto il boss ha deciso di licenziare tutti e chiudere.
      Vuole lavorare con le agenzie interinali ha detto, anche se costano di più non voglio avere a che fare con i dipendenti.
      Ma una ditta che produce calzature che cosa è senza dipendenti??
      Se mi richiama al lavoro e magari con qualche sotterfugio si frega gli sgravi da lui stesso causati per i licenziamenti con quale passione dovrei lavorare per un imprenditore che mi cagherebbe in testa pur di far soldi??
      Siamo tutta gente di 40-50 anni che opera nella calzatura di extra lusso ossia più di 1000 euro al paio ma a detta loro non si riesce a tirare avanti.
      In pratica il prezzo di un paio di scarpe equivale al mio stipendio.
      Se non puoi pagare gli operai con certi prezzi di vendita chi potrebbe?
      Non sarà che qualcuno si frega il 90% e se può non vorrebbe redistribuire un cazzo?
      Che aspettativa può avere un giovane a venire a imparare un mestiere in cui a oggi puoi essere interinale a vita e navigare da una azienda a un altra senza che qualcuno si prenda la briga di insegnarti qualcosa.
      Perchè perdere tempo con persone che vanno e vengono mese su mese??
      Euro è la causa maggiore ma qua ci sta di mezzo la zucca degli imprenditori, la loro visione di brevissimo periodo ossia speculativa.
      Ossia se posso frego il massimo e di tutti gli altri mi frega un cazzo.
      Ecco, ora mettici che questa ideologia demenziale è al governo e che ti puoi aspettare se non il peggioramento della situazione?

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    4. Non so, sicuramente ci sono imprenditori che amano la propria attivita' mentre altri la usano e basta. Se lasciassero il lordo, quanti dipendenti sarebbero perfettamente ligi? Non e' polemica, un criterio che ho imparato qui e' "ma l'imprenditore medio degli anni '70/'80 era filantropo?" No, ma ora per guadagnare come prima deve ridurre i costi.

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    5. @Lettore Occasionale
      Idem nel mio settore, le telecomunicazioni. La ricerca e sviluppo italiana non esiste piu', ed eravamo fra i migliori, spesso i migliori. Il mio capo e' americano...

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    6. Tafazzi. Certo il mio commento non era esaustivo. Descrivevo solo una delle tante sfaccettature. Una azienda ha contattato mia madre di 65 anni, in pensione, per fare riparazioni che all'estero non erano in grado di fare. Si cerca di vendere macchinari inutilmente, perché all'estero non hanno competenze per farle funzionare e tempo per impararle. Poi ci sono casi come il tuo. Purtroppo ci sono diverse situazioni.

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    7. N.B. Anche nella residua industria chimica e farmaceutica non solo gli operai ma anche i quadri intermedi sono prevalentemente interinali. Qualcuno ha deciso non la decrescita felice ma la fine della ns. industria in tutti i campi. Fate caso al fatto che tutte le grandi e medie aziende quotate in borsa sono già per lo più nelle mani di cinesi,americani,tedeschi e francesi.

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  4. Non particolarmente "in topic", ma esce adesso per cui lo posto adesso.

    Per il secondo anno consecutivo the Economist pubblica "WorldIf" - una raccolta di articoli speculativi ("Cosa succederebbe/sarebbe successo se...") su vari argomenti anche molto diversi ("Se vincesse Trump", "Se crollasse il regime Nord Coreano", "Se i terroristi avessero l'atomica").

    In particolare qua segnalo A Less Dismal Science: If economists reformed themselves ma c'e' anche altra roba interessante, come per esempio "What if Germany had not reunified"...

    (Dal sito worldif.economist.com trovate anche gli altri articoli e l'edizione 2015).

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  5. "All'inizio si spaventarono un po', vedendo le conseguenze della loro azione, perche' non era mai accaduto che vivessero in una dittatura e quindi non la conoscevano.
    Pensarono che la perdita della democrazia sarebbe stata transitoria e che si poteva vivere per un certo tempo senza liberta' imprenditoriale.
    E neppure importo' loro la perdita di prestigio internazionale, che li aveva collocati nella stessa categoria di altre tirannie regionali, perche' l'avevano considerato un prezzo conveniente per la sconfitta del marxismo.
    Quando arrivarono capitali stranieri per fare investimenti bancari nel paese, lo attibuirono, naturalmente, alla stabilita' del nuovo regime, sorvolando sul fatto che per ogni peso che entrava, se ne portavano via due d'interessi.
    Quando di li' a poco cominciarono a chiudersi quasi tutte le industrie nazionali e i commercianti cominciarono a fallire, battuti dall'importazione massiccia di beni di consumo, dissero che le cucine brasiliane, le stoffe di Taiwan e le motociclette giapponesi erano molto migliori di qualunque cosa fosse mai stata fabbricata nel paese.
    Solo quando restituirono le concessioni delle miniere alle compagnie nordamericane, dopo tre anni di nazionalizzazione, qualche voce suggeri' che era come regalare la patria avvolta in un foglio di cellofan."

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  6. La cosa peggiore di questo grafico, che fa stare male, non è tanto la fase di discesa, quanto vedere come il nuovo massimo sia inferiore rispetto al massimo precedente, cosa che con questa ampiezza di sguardo non sembra essere mai successa.

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  7. Se il grafico fosse andato più indietro ancora di qualche anno, avremmo visto anche il "bucone" causato dalla II guerra mondiale, molto più profondo ma di ampiezza inferiore. Mi rincuora il fatto che almeno fino ad ora ci sia la differenza di qualche milione di morti italiani in meno oggi rispetto allora...incrociamo le dita!

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  8. Si potrebbe fare un post anche sull'università: blocco del reclutamento, corsi chiusi, crollo del corpo docente fino al 40% e, per converso, moltiplicarsi di posizioni manageriali, informatiche e tecnico-amministrative pagate a peso d'oro. Si fa lezione con 200 studenti in classe e 1000 esami l'anno per passare da mafiosi, scansafatiche, parassiti etc.

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  9. Intanto su Repubbloca si sono accorti del surplus tedesco... meglio tardi che mai...
    http://www.repubblica.it/economia/2016/08/09/news/borsa_9_agosto-145646759/

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  10. Ho notato su Twitter che l'ultimo post del Prof. e' stato pubblicato su un quotidiano. Potreste dirmi il nome ?

    Kind Regards.

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    1. Ma sei FATTO?
      Non sai quale QUOTIDIANO?
      La soluzione è.....

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    2. Ciao, Virgilio. Grazie per la risposta.

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  11. Credo che bisogna chiedersi anche quali cosa produrre.
    E scegliere quelle che veramente ci permetteranno di viverein modo civile.E allo stesso tempo, redistribuire con giudizio quello che produciamo.
    Visto che l'economia fondata sull'abuso di ogni genere di risorsa sta ormai manifestando i segli della demenza senile.
    Per esempio, trovo abominevole fabbricare ombrelli usa e getta.
    Questo, per scongiurare una decrescita generalizzata e coatta.
    O peggio:
    Arbeit macht frei.

    La mia è solo una infima opinione, sia chiaro.

    Marco Sclarandis

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  12. Mi insinuo con qualche sciocchezzuola.

    1) Si continua, spesso, a ritenere che i "problemi" siano nati nel Pleistocene, insieme allo Smilodon
    (e Giorgio Napolitano).

    E' tutta colpa di chi è venuto prima, di 40 anni di ruberie blablabla.
    Eppure la Res-publicae ha (circa) 60 anni, dei quali 40 (circa) delle antiche geologiche,
    ma circa 20 di "seconda e terza Repubblica" (io aspetto la quarta, perchè lE quarte mi piacciono di più, a buon intenditor...).

    E chi abbiamo avuto in questi 20 anni?
    Dove sono ora, cosa fanno?

    2) Per quanto ne so in Italia non esistono siti tipo questo http://politifact.com, con un Renzometro stile Obamometro.
    O meglio ci sono, ma per lo più misconosciuti.

    Bene, torniamo alle "mutande fiammeggianti" ed a temi un poco più economici.
    Risulta che il debito pubblico USA è (essenzialmente) raddoppiato sotto il diversamente bianco Obama (nota gnoseològica:
    perchè è ritenuto da tutti nero avendo madre bianchissima? E' nero e bianco al 50%,
    praticamente abbronzato, per chi coglie la "dotta" citazione).

    Certo c'è di mezzo il Kong-resso, Obama non è onnipotente blablabla.

    Eppure il diversamente bianco è riuscito a far addirittura crescere il debito pubblico USA più di Bush (impresa non da poco).

    Chiarerrimo Cavajerenero, pensa davvero, ragionevolmente, che l'Italia può essere emendata,
    e il declino fermato? (altra citazione "dotta"), o è tempo perso?

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  13. Quello che trovo più scandaloso di questo andamento è che purtroppo si è lasciato demolire la produzione industriale, ormai ritenuta anacronistica e problematica in Italia, in cambio di niente, o meglio di un rafforzamento dei nostri partner esteri. La situazione ormai diviene sempre più simile al post riunificazione italiana, dove si lasciò languire l'industria del sud per favorire quella del nord sempre con mezzo dell'operazione il cambio rigido imposto dall'unificazione. Quando vedremo il fratello Hans che a malincuore dara parte del proprio reddito a Gaetano capiremo che l'unificazione d'europa sarà completata. Sempre che Hans sia disposto a dare quella parte del proprio reddito ...

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  14. Impressionante l"andamento tra il 92 e il 96 e quello dopo il 2005. Mi chiedo come molti possano ancora voler restare in questa unione. O almeno spingere per preparasi quando avverrà la rottura dell' UE.

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  15. @marco

    Scrivo per scherzare un po'.

    Nelle città ventose come la mia, tutti gli ombrelli specie quelli piccoli, prima o poi rischiano di essere usa e getta per il vento che li rovescia, nel dialetto, "li inversa", rompe le bacchette e talvolta rompe proprio, anche se un luogo senza vento mi sembrerebbe anomalo.

    Rischiano anche quelli di una ben nota fabbrica tedesca...nemmeno quelli sono panzer...di cui qui ci si era liberati (dei panzer e dei loro "occupanti") almeno un giorno prima che in altre città.

    Perdonate le divagazioni che sono antidoto al caldo, oppure, per me, diretta conseguenza...

    Qualche anno fa ho scoperto, e non comprato, ombrelli piccoli forse inglesi con marca latina.
    Comprati neppure quelli, come quelli sopra, causa prezzo.
    E dall'ultima affermazione si può arguire la città, che non è Trieste.

    Cose serie: non sarà che @Vittorio Banti ha voglia di organizzare nuovamente un Goofypullman?

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  16. Certo che, guardando questi dati, mi chiedo: ma come diavolo è possibile che, di fronte a questa immane catastrofe, ci siano ancora politici seriamente convinti che per tirare a campare bastino i soliti, sempiterni, beceri slogan da bassa politica? La risposta è, semplice ed evidente: non capiscono una mazza. Renzi, per dirne uno, non sopravviverà né al referendum né, soprattutto, al problema delle banche, e come lui chiunque altro scalpiti per prenderne il posto (tipo Di Maio, o il nuovo "astro nascente" del centrodestra Parisi). Non sopravviverà nessuno di questi, semplicemente perché nessuno di loro è in grado di capire cosa succede, non hanno la benché minima preparazione politica e culturale per farlo; saranno sommersi da un problema che non possono comprendere, che va al di là delle loro misere conoscenze e degli squallidi consiglieri che si sono scelti. Altro che venduti, siamo guidati da utili idioti. Aridatece er Pentapartito, mi verrebbe da dire.

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