venerdì 26 dicembre 2014

Il costo di Monti (KPD6)



(...sesto capitolo del Keynesianesimo per le dame...)

(...il 2015 sarà un anno lunghissimo. Da più parti, tutte qualificatissime, sento portare avanti un’interpretazione che mi sembra plausibile, che in parte altera il quadro del Tramonto dell’euro, ma che si integra molto bene con le consapevolezze faticosamente raggiunte in questi anni di studio comune. L’euro è un progetto di annessione monetaria, ma non da parte della Germania, che, come al solito nella SStoria, conta meno di quanto creda: da parte degli Stati Uniti. Anche qui, per favore, astenersi complottisti. L’ho sentito io, con le mie orecchie, Mundell raccontarci, a Dublino nel 2007, che un pezzo del processo da lui auspicato verso la moneta unica mondiale avrebbe dovuto essere la fusione di dollaro e euro. Dopo il Risorgimento e l’Unione Europea sappiamo bene quale sia il risultato della “fusione” fra un vaso di ferro e un vaso di coccio: chi ancora non lo sa si legga Anschluss in ginocchio sui ceci. Fra Stati Uniti e “Europa” non devo certo spiegarvi quale sia il vaso di coccio. D’altra parte, questo quadra perfettamente con una cosa che abbiamo mille e una volta affermato (l’ultima volta qui): quello che a economisti del calibro di un Fazi e di un Pittella appare come un momento alto di elaborazione politica europea, in realtà è il momento più basso di sottomissione culturale a paradigmi statunitensi vetusti e fallimentari, alla paccottiglia della scuola di Chicago (con la quale del resto Mundell è consustanziale). Basterebbe l’idolatria per le regole fisse a dimostrarlo. È roba europea? Come no!? Chiaro, vero? Ma non possiamo chiedere di capirlo a un uomo che pure, dovendo il proprio successo all’aver pubblicato una storia di rapporti anali, parte in qualche modo avvantaggiato! D’altra parte, l’annessione ha una sua logica, che nel Tramonto dell’euro e poi ancora meglio in L’Italia può farcela viene spiegata: in un mondo nel quale il dollaro subisce la pressione certo non dell’euro (una moneta senza stato può “premere” solo sui propri cittadini), ma dello yuan, di fronte alla prospettiva di perdere il proprio potere di signoraggio (stampo e compro), gli Stati Uniti devono dotarsi di un’area di sbocco che serva loro per riequilibrare i propri conti esteri. Oggi il dollaro lo vogliono ancora tutti. Quando ci sarà scelta, non sarà più possibile per gli Stati Uniti indebitarsi indefinitamente in dollari. L’Europa servirà quindi agli Stati Uniti esattamente allo stesso scopo al quale il Sud Europa è servito alla Germania: un gigantesco outlet per collocare i propri beni riequilibrando le proprie partite correnti, cioè il proprio indebitamento netto estero. Inutile dire che il tentativo di destabilizzazione della Russia si situa bene in questo quadro, per i noti motivi. Nel Tramonto dell’euro evocavo l’ipotesi di una “alleanza” fra paesi debitori (Usa e un pezzo di Europa) per contrastare Berlino. Questo scenario “post-bellico” aveva e ha una sua razionalità, ma forse è ingenuo: gli Stati Uniti possono anche permettersi di mangiarsi tutto il cucuzzaro, cioè il creditore regionale (Germania) e i debitori regionali (fra cui noi), per trasformarci in un simpatico panel di debitori loro. Lo scenario post-bellico diventerebbe quindi quello di un’Europa finanziata dagli Stati Uniti per acquistare beni di consumo statunitensi (via TTIP). In effetti, è già successo col piano Marshall: cambio fisso, finanziamenti dagli USA, ecc. Ma nel secondo dopoguerra il sangue dei cadaveri esigeva democrazia e stato sociale. Oggi non ci sono ancora stati abbastanza morti perché capitale e lavoro addivengano a un patto meno instabile. Perché, attenzione: la situazione è post-bellica, come ci siamo più volte detti, sotto molti aspetti, ad esempio perché l’ammontare di debiti (pubblici) accumulati è pari a quello raggiunto dopo la Seconda Guerra Mondiale, ecc. Ma c’è un enorme MA! E l’enorme MA è che siccome oggi le economie sono molto più aperte, la destabilizzazione indotta dal cambio fisso è molto più rapida. Questo è il motivo per il quale il mondo sta andando, come spiego nell’Italia può farcela, verso un frazionamento della sovranità politica, e un’adozione generalizzata della flessibilità del cambio: è la risposta razionale alla destabilizzazione indotta dalla globalizzazione. E allora: gli Stati Uniti possono permettersi di fare un boccone dell’Europa: il loro cavallo di Troia sono i simpatici lobbisti di Bruxelles, quella manica di corrotti in conflitto di interessi che chiamiamo “Commissione”. Ma possono permettersi di andare contro la SStoria? Ecco, questo non lo so. Sicuramente oggi qualche consigliere della Casa Bianca pensa che l’uscita dall’euro determinerebbe un frazionamento e una conflittualità politica in Europa difficile da gestire per gli Usa (oltre a rendere evidentemente impossibile la creazione dell’Eurollaro, il che costituirebbe un ostacolo molto molto marginale, direi più che altro simbolico, sulla strada del TTIP). D’altra parte gli statunitensi, a causa del loro particolare percorso storico e culturale, non brillano tutti per acume (nonostante abbiano scelto a loro simbolo l’aquila), ma qualcuno che capisca che è l’euro a creare tensioni e frazionamento economico e politico ci sarà pure, no? La prova è appunto nello studio del Fmi che vi ho citato, il quale esplicitamente dichiara che l’euro ci sta mettendo in difficoltà. Queste difficoltà sono sempre più evidenti: le ha rese manifeste, del resto, lo stesso establishment statunitense, quello cui appartengono sia Mundell che il Fmi che, per ovvi motivi, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Quest’ultimo, come ricorderete, ha fatto qualche cazziatone a Angela verso la fine dell’estate scorsa. Quindi che l’euro sia anche un rischio per loro gli Stati Uniti lo sanno. Allora la domanda è: si disporranno a favorirne uno smantellamento? Pensate che ci sono anche cordate di lobbisti europei che propongono la tesi dello smantellamento dell’euro in quanto la sua permanenza ostacolerebbe il TTIP (e il ragionamento in qualche modo fila)! Oppure lo difenderanno con le unghie e coi denti, pensando di poter poi tenere insieme i cocci, magari con un loro OMT, quello che la Bce non vuole e non può fare (e se lo facesse sarebbe inutile, o al più un regalo alla Germania? Perché regalo alla Germania? Ma perché se i titoli venissero acquistati pro-quota di partecipazione alla Bce, chi riceverebbe più finanziamenti?). Ecco: questo è il tema del 2015. E noi cosa possiamo fare? Capire. “Ma tu fai solo chiacchiere, ma tu sei un professorino!”. Questo raglio accomuna i soggetti più disparati: da quelli per i quali l’imprenditore è un nemico di classe, agli imprenditori che vorrebbero abolire lo Stato sociale. Basta questo per farci capire che sono ragli, e per disporci a capire. Oggi vi spiego una cosa interessante, che è importante comunque capire quale che sia lo svolgimento degli eventi futuri...)

Come ricorderete, aprivo il Tramonto dell’euro citando questo articolo di Gawronski sul fallimento di Monti, quel fallimento che avevo annunciato il giorno stesso dell’insediamento del suo governo, sulla base del presupposto che la diagnosi della crisi che ci veniva proposta era sbagliata: non avevamo a che fare con una crisi di debito pubblico ma di debito privato (e sapete che questa diventò due anni dopo la versione della Bce), e quindi curando l’arto sano avremmo aggravato la situazione, secondo il meccanismo che ho esposto alla Camera.

Ora, vi prego, vi scongiuro: non ve ne uscite con le solite lezzioncine da mentecatti: “Maestra! Ma Monti non ha fallito: lui voleva aiutare i creditori esteri e c’è riuscito...”. E lo volete spiegare a me, che lo ho spiegato a decine di migliaia di italiani? Quando parlo di “fallimento” mi riferisco al fallimento rispetto all’obiettivo dichiarato: quello di risanare le finanze pubbliche. Era ovvio a chiunque avesse un minimo di conoscenza della teoria elementare della sostenibilità del debito (e quindi tanto più a me), che le politiche di austerità sarebbero state controproducenti rispetto a questo obiettivo. Il fatto è che con un moltiplicatore superiore a uno, in recessione ogni taglio al numeratore del rapporto debito/Pil comporta una diminuzione ancora più grande al denominatore, e il rapporto esplode. Ne avevamo già parlato in un post che vi consiglio di rileggere, anche perché contiene una promessa, che oggi mantengo: quella di riparlare dell’argomento coi numeri veri.

Il ragionamento è estremamente semplice: se il tentativo di abbattere il rapporto debito/Pil ha fallito (non poteva non fallire) perché il taglio della spesa pubblica ha provocato un abbattimento più che proporzionale del reddito, quale strategia avrebbe dovuto seguire il governo per assicurare la propria stabilità finanziaria? Ma è semplice! Avrebbe dovuto perseguire la stabilizzazione, anziché l’abbattimento, del rapporto debito/Pil. Questa stabilizzazione avrebbe avuto effetti positivi sulla crescita, anche perché avrebbe richiesto più, e non meno, spesa pubblica, per l’ovvio motivo che un aumento della spesa pubblica avrebbe generato un aumento più che proporzionale del Pil, stabilizzando il rapporto fra debito e Pil.

Quale sia la regola stabilizzante ve l’ho spiegato a suo tempo: semplicemente, fissare il rapporto deficit/Pil a un valore pari al prodotto fra lo stock di debito e il tasso di crescita del Pil nominale. I calcoli, per chi giustamente non se li ricordasse, sono stati svolti qui, con tanto di algebra e di esempi numerici. L’adozione di politiche di questo tipo era stata proposta da economisti come Sergio Cesaratto quale possibile riforma delle regole europee, tanto per dire (sempre per salvare il vitello d’euro, eh! Mi raccomando!), e poi giù giù dalla corte dei miracoli appellista (ovviamente, a danno fatto). Quindi, come dire: non sono certo l’unico a sapere, insieme a voi, quale sia l’aritmetica del debito pubblico, ed è ovvio che anche a via XX settembre la sanno, per cui non ricominciamo con la tiritera “Ma Alberto sei ingenuo Monti non ha fallito ora ti spiego io a cosa serve l’austerità... Bilderberg... Trilateral... Multinazzzionali bbrutte...” ecc. Per tutto questo c’era Donald, e ora che non c’è più (è rimasta solo la sua testa, come forse saprete) possiamo fare un discorso un po’ meno aneddotico e di struttura.

Il modello di a/simmetrie ci permette di fare un discorso più serio, in questi termini: che percorso avrebbe seguito l’economia italiana se Monti avesse adottato la regola fiscale stabilizzante? E se lo avesse fatto, oggi, saremmo più ricchi o più poveri? Nel post precedente abbiamo rassicurato Francesco Lippi circa il fatto che le proprietà del modello in termini di dimensioni del moltiplicatore sono assolutamente standard, sono quelle che la letteratura più avveduta e recente conferma. Possiamo quindi con ragionevole fiducia utilizzare il modello per effettuare questo esperimento.

Oggi andrò per le spicce, servendomi di una funzione molto utile del software di gestione del modello (EViews 8.1), la funzione “Solve control for target”. A cosa serve? Serve a ottenere il valore di una variabile esogena (“control”) che assicura il raggiungimento di un certo obiettivo (“target”) di politica economica. Per i miei studenti, questa funzione di fatto implementa la forma ridotta inversa del modello. Operativamente si procede così: si dice al software quale obiettivo vuoi conseguire, e poi gli si dice quale variabile esogena (strumento) vuoi adoperare per raggiungerlo. Il software è abbastanza limitato, perché ti permette di definire un unico obiettivo e di usare un unico strumento. Strategie più complesse rientrano nella teoria del controllo ottimale, che in modelli non lineari è un po’ pesante da implementare. Noi ci accontenteremo, per il momento, riservando analisi più articolate a studi (scientifici) futuri.

Allora: l’obiettivo l’ho definito così:


Come vedete, nel 2012 e 2013 ho imposto che il rapporto debito/Pil  (variabile GGFLQ del modello) fosse pari al valore dell’anno precedente. Come variabile di controllo, cioè come strumento (esogeno) di politica economica, ho scelto la componente salariale dei consumi collettivi (variabile CGW del modello). Insomma: ho scelto di farmi dare un aumento da Monti, tanto per essere chiari! Vedrete nel modello che in effetti la variabile CGW non è esogena: è endogena (cioè definita dal modello), perché il suo valore è ricavato da un’equazione (l’equazione [6.2] nell’Appendice 4 dell’articolo). Tecnicamente quindi ho agito sulla retribuzione media unitaria dei dipendenti pubblici, la variabile esogena UWG.

Ovviamente, la risposta del modello è uguale e contraria a quella che è stata praticata dal simpatico hidalgo de la Sierra: per stabilizzare il debito lo Stato avrebbe dovuto spendere di più, non di meno! Prima di andare avanti, solo una precisazione: io parlo di Monti perché lui è stato chiamato a fare questa politica. So bene che poi gli sono subentrati il governo Monti bis e il governo Monti ter. Ci sono dinamiche e sfumature politiche che in questo post non affronto, perché dal punto di vista della gestione dell'economia questi tre governi hanno avuto assoluta unità d'intenti (il Monti ter l'ha anche dichiarata).

Vi fornisco i risultati più interessanti della simulazione. Intanto, a quanto sarebbe dovuto andare il rapporto deficit/Pil per mantenere costante il rapporto debito/Pil? La violazione delle sacre regole non avrebbe poi dovuto essere così drammatica


Qui e in seguito Actuals indica i valori storici, Baseline indica il nostro esperimento controfattuale. Sarà più semplice se vi terrete sotto mano la legenda delle variabili (Appendice 1 del modello), ma comunque i nomi ve li spiego io. PSBRQ è il rapporto deficit pubblico/Pil (il Public Sector Borrowing Requirement). Storicamente Monti è riuscito a tenerlo molto vicino al 3% (secondo l'ultima versione del WEO è addirittura sceso lievemente sotto, nel 2012, a circa 2.9). Così facendo però il debito è salito al 132% del Pil. Sarebbe bastato violare la regola di Maastricht facendo politiche lievemente più espansive, arrivando al 3.4% di deficit/Pil nel 2012 e al 3.6% nel 2013.

Voi direte: ma spendendo di più il debito sarebbe dovuto crescere! Eh, no, perché il Pil nominale sarebbe in effetti aumentato anch'esso, rispetto ai valori storici. Ovviamente il modello ci dice di quanto (se abbiamo lavorato come negri - pardon: econometrici di colore - per un anno è perché poi volevamo divertirci):


Allora: grazie all'amico (del giaguaro) Monti siamo riusciti ad avere nel 2012 e 2013 una crescita negativa del Pil nominale (variabile GDP), questo perché nonostante ci fosse una moderata crescita del deflatore del Pil (PGDP) (l'indice medio dei prezzi del prodotto italiano, per capirci, comprendente tutti i tipi di beni: di consumo, di investimento, di esportazione...), pari a 1.58 nel 2012 e 1.44 nel 2013, la crescita del Pil reale (variabile GDPV) è stata pesantemente negativa: -2.37 e -1.85.

Con una politica espansiva avremmo "reflazionato" l'economia raggiungendo nel primo anno il 4.1% di inflazione, che poi sarebbe scesa al 3.54%, e mantenendo la crescita reale allo 0.6%, per poi raggiungere l'1.16% nel 2013. Questo avrebbe mantenuto la crescita nominale al 4.74%.

Il mondo senza Monti (al governo) sarebbe quindi stato un posto decisamente migliore per noi, ma forse peggiore per i creditori esteri. Guardiamo ad esempio l'andamento di tasso di disoccupazione e saldo commerciale:

La disoccupazione sarebbe cresciuta di meno, arrestandosi al 10%, invece di andare all'11% e poi al 12% (e quest'anno al 13%), ma il saldo estero sarebbe lievemente peggiorato, riscendendo a -1.66% e poi a -2.02% del Pil, invece di salire al 2.75% del Pil. Del resto, sappiamo che Monti questo doveva fare: spremerci per rimborsare i suoi mandanti.

E l'inflazzzzione, lo spettro che turba i sonni di Boldrin e Brancaccio, di Squinzi e di Camusso, non avrebbe eroso er salario reale?

(...quanta concordia! E poi dicono che in Italia siamo troppo litigiosi!)

Be', vediamo: sopra abbiamo parlato di un tasso di crescita del deflatore del Pil che sale al 4% e poi scende al 3%, ma i lavoratori non acquistano "er Pil", acquistano beni di consumo, quindi dobbiamo vedere cos'è successo e cosa sarebbe successo alla crescita dei salari nominali e dell'indice dei prezzi al consumo. Con il modello, dopo mesi di sofferenze, lo possiamo calcolare in un batter di click:


Notate che qui consideriamo i salari del solo settore privato, cioè la variabile UWB (unit wage business sector). In pratica non è andata benissimo: con Monti l'inflazione al consumo è stata più del doppio della crescita dei salari nominali (2.7% invece di 1.1%) e quindi i salari reali sono scesi di dell'1.59%, per poi rimbalzare del solo 0.34 nel 2013. Nel "contromondo" che stiamo analizzando l'inflazione al consumo sarebbe cresciuta, ma grazie alla ripresa e alla diminuzione della disoccupazione anche i salari, col risultato di avere nel primo anno una diminuzione dei salari reali sostanzialmente analoga, ma nel secondo un recupero triplo (un punto percentuale di crescita). Tutto questo, notate bene, senza considerare il settore pubblico e senza considerare ulteriori misure correttive di politica economica. Ma noi abbiamo aumentato i salari anche ai dipendenti pubblici, però, che sono stati abbastanza bastonati negli ultimi anni. Se ragioniamo in termini di monte salari complessivo (variabile WAGE del modello, definita dall'eq. [5.2]) la situazione si presenta così:


Con Monti il monte (salari) è stato fermo nel 2012 ed è sceso nel 2013. Nella misura "stabilizzante" proposta il monte salari complessivo sarebbe invece aumentato, più dell'inflazione. Attenzione: notate che una misura articolata unicamente sui salari pubblici non sarebbe realistica né opportuna, perché non proponibile politicamente, perché eccessivamente inflazionistica, ecc. Come vi ho già detto, questi sono solo back-of-the-envelope calculations fatti così, per passare il tempo libero. Ma intanto avete degli ordini di grandezza. Poi vi fornirò dei risultati basati su un altro mix espansivo stabilizzante: aumento degli investimenti pubblici unito ad abbattimento del cuneo fiscale in deficit, meno inflazionistico e meno deleterio per la competitività.

E allora veniamo al Pil. Quanto Pil abbiamo perso con questo giochetto? Quanto reddito pro-capite ci è costato l'amico dei creditori?

Anche questo è immediato da verificare:


Ai prezzi del 2005 (variabile GDPV), limitandoci a stabilizzare il rapporto debito/Pil avremmo avuto 42 miliardi di Pil in più il primo anno, e 84 in più il secondo anno (nella tabella i dati sono in milioni). A prezzi correnti (cioè considerando quello che effettivamente ci sarebbe entrato in tasca) sarebbero stati rispettivamente 87 e 173, per un totale di 260 miliardi nel biennio. Considerato che in Italia siamo circa 60 milioni, e che 2012 e 2013 hanno avuto complessivamente 24 mesi, il conto (in termini di dati a prezzi costanti, cioè di effettivo potere d'acquisto) è presto fatto, ed è questo qui:




Ognuno di noi (Uga compresa) a causa dell'austerità ha avuto una perdita media di 88 euro al mese nel biennio, rispetto a quello che avrebbe potuto intascare se si fosse perseguita una politica di stabilizzazione e non di abbattimento del rapporto debito/Pil (cioè se non si fosse fatta "austerità"). Però Renzi poi nel 2014 ne ha ridati 80, ma solo ad alcuni di noi!

Mi sembra abbastanza chiaro perché poi succedono certe cose.

Il significato di questo studio, però, va inquadrato bene, al di là dei limiti tecnici, perché resta, naturalmente, il solito problema. Avremmo potuto permetterci di fare una politica nel nostro interesse? E la risposta è sempre la solita: dentro l'euro direi proprio di no. L'irrequietezza dei mercati ovviamente si sarebbe prolungata, se il saldo commerciale fosse di nuovo peggiorato. Questo lo dico a beneficio dei potenziali imbecilli (non dubito ce ne siano) che "Bagnai ha cambiato idea". Io non ho idee: ho modelli economici standard. Se cambiano i modelli standard, tranquilli, cambio anch'io (per gli editori di testi universitari sarebbe un affarone, e anche per i vari raglianti dispersi nel web 2.0!). Ma finché i modelli non cambiano, rimane il fatto che il percorso di Monti, per quanto evidentemente dannoso per noi, era anche in qualche modo obbligato: senza sganciamento della valuta nazionale non ci sarebbero infatti stati i margini per far rientrare il saldo estero praticando manovre espansive, come le simulazioni presentate dimostrano.

Questo va sempre tenuto presente. Solo una forte (ed evidentemente impossibile) presa di posizione dell'Europa a favore di regole stabilizzanti (anziché del Fiscal compact), del tipo di quella chiesta da Cesaratto, e una immediata (anziché differita ad arte) presa di posizione della Bce verso operazioni di tipo Omt avrebbe potuto, nel mondo delle favole, salvare la capra (cioè l'euro) e i cavoli. Ma qui si torna sempre al solito snodo: quello politico. Il consenso politico non c'è, perché noi siamo sotto attacco, e siamo privi dell'"arma difensiva del riallineamento del cambio", come la chiamava Meade nel lontano 1957 (chi mi segue da un po' lo sa).

Quindi il mondo alternativo che vi ho presentato è un mondo in qualche modo irrealistico. Più precisamente: la misura del danno che offre è concreta (non facendo austerità saremmo ovviamente stati meglio, e gli 88 euro mensili a cranio mi sembrano una misura abbastanza attendibile del danno che abbiamo patito), ma la prospettiva utilizzata per valutarla è illusoria, perché dentro l'euro ci può essere, data la struttura dell'economia e dati i rapporti politici, solo ed esclusivamente austerità.

Sapere quanto quest'ultima ci costi dovrebbe indurci quindi a chiedere uscire dall'euro, non a invocare la fine di essa in un contesto che non lo permette. Chi vuole l'euro, oltre a non volere la democrazia, vuole la recessione.

Bene: con tutti i limiti che vi ho messo in evidenza (più altri chiariti nel post scriptum metodologico), questo studio fatto con la mano sinistra un'idea dei guasti fatti la dà, e fornisce un risultato assolutamente compatibile con la nostra esperienza e con quanto vediamo in termini di dinamica dei consumi. Ovviamente, raccolta la solita bordata di critiche costruttive, approfondiremo, per superare i limiti cui accennavo. Gawronski mi ha dato la sua disponibilità a entrare in questo argomento che, come sapete, lui ha sempre seguito con particolare attenzione. Non credo che il risultato di uno studio più approfondito possa essere molto diverso da quello che vi ho presentato qui, ma almeno potremo usarlo per allungarci il CV!

E naturalmente, come si dice: buone feste! Godetevi gli 80 euro di Renzi (essendovi ormai chiaro perché non hanno fatto effetto), e per gli altri otto...





Un post scriptum metodologico (scheletri)

Ricordate la regola stabilizzante? Il rapporto deficit/Pil che stabilizza il debito è uguale al prodotto fra tasso di crescita nominale e rapporto debito/Pil. Attenti quindi, perché i conti (apparentemente) non tornano, nemmeno col dato storico. La formula che regola l'accumulazione del debito pubblico è la (6) di questo post, che riporto per vostra comodità:

ed è facile vedere che in pratica le cose non sono andate come dice lei. Ve lo mostra questa tabella, che ci illustra un problema che ci venne illustrato a Pescara da Ugo Panizza, come qualcuno ricorderà, quello degli scheletri (pag. 7 di queste slides... eh, quanto sono inutili i blog e gli economisti...):


La variazione storica del rapporto debito/Pil è il Δd, mentre quella "teorica", ricavata secondo la formula (6) è il  Δd*. Con Monti il debito è cresciuto di 6.19 punti di Pil il primo anno, mentre in teoria, secondo algebra, sarebbe dovuto crescere di 4.03. Una differenza di due punti, spiegata dalla "unexplained part of public debt", la variabile che nel modello abbiamo chiamato SF (da "Stock-Flow reconciliation"), che ogni professionista della sostenibilità del debito (rinuncio a scrivere quella gigantesca parola di due vocali che indica l'unico su piazza) sa essere estremamente importante nel determinare la dinamica effettiva del rapporto debito/Pil. Con Monti questa variabile è passata dallo 0.33% al 2% del Pil (ultima colonna), non saprei dirvi perché (per questo ci vuole uno studio scientifico), ma appunto questo spiega per quale motivo il debito che sarebbe dovuto crescere di 4 punti è cresciuto di 6 punti.

Guardate che sotto non c'è necessariamente un complotto: è una cosa piuttosto fisiologica che le relazioni stock/flusso non tornino esattamente in pratica, il che, ovviamente, limita la portata pratica di formule come la (6), e determina il fatto che a posteriori i conti possano non tornare esattamente. Preciso anche che l'esperimento che stiamo conducendo qui presuppone che al governo fosse nota a priori la dinamica di tutte le variabili macroeconomiche nei due anni successivi (inclusi gli "scheletri"), e quindi la portata scientifica dell'esperimento che sto conducendo è relativamente limitata: per fare un lavoro più accurato bisognerebbe definire anno per anno la politica stabilizzante sulla base delle informazioni possedute dal governo al momento della legge di stabilità, espresse nei documenti ufficiali. Questo è chiaramente un limite dell'analisi che vi sto presentando, ed è ovvio che per fare una cosa fatta veramente bene (considerando le informazioni disponibili all'epoca delle varie manovre e considerando uno spettro più ampio di strumenti di politica economica) non basta la mattina di S. Stefano ma ci vuole un po' più di lavoro. Ora esco che Uga vuole andare in bici. Voi studiate, che quando torno vi interrogo...

53 commenti:

  1. Prof,
    una domanda : che sarebbe successo se nel novembre del 2011 fossimo usciti dall'€ guidati dal Governo Berlusconi IV ?

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    1. Bentornato! Brutto segno: se il PD ti ha rimesso a libro paga vuol dire che Renzy pensa di andare alle elezioni. Ti rispondo subito: il lupo avrebbe dormito con l'agnello e l'italiano medio (te) con Belen. Mica male, no?

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    2. Non ci sarebbe stato il Mes e molte banche tedesche e francesi, non finanziate dal cittadino italiano (contributo forse da aggiungere agli 88 euro mensili) sarebbero fallite. Con loro Merkel e Sarkozy.

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    3. Alberto Bagnai 26 dicembre 2014 15:22

      DORMIRE con Belen… maestro la sua perfidia non conosce limiti...

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    4. Io rispetto in Belen una compagna di lotta, e poi sono già opzionato e molto esaurito, quindi posso dirti con franchezza che mi farei proprio una bella dormita. So che cadrò nella tua stima, ma pace...

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    5. Alberto Bagnai 26 dicembre 2014 21:42

      Non dubitavo della sua stanchezza e della sua capacità di riposare anche in condizioni estreme.

      Ci vuole ben altro per farla cadere nella mia stima per lei (e non mi parli di galli, per favore…).

      Anyway, la Nappi, Belen… il Goofyquattro potrebbe essere VERAMENTE interessante...

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    6. “... che sarebbe successo se nel novembre del 2011 fossimo usciti dall'€ guidati dal Governo Berlusconi IV ?”

      Berlusconi non sarebbe uscito ma avrebbe accettato il vincolo esterno dell'€ con entusiasmo, poi in tv avrebbe raccontato alcuni aneddoti relativi a quando lui da solo aveva convinto gli altri capi europei della necessità di adottare l'€, vi avrebbe aggiunto qualche barzelletta, avrebbe spiegato con dovizia di particolari i vantaggi che tali vincoli ci avrebbero portato pur senza sapere di cosa stava parlando, come sua abitudine, si sarebbe vantato di aver sottoscritto tutti i trattati capestro che l'Ue avesse deciso di sottoporgli, e una volta preso atto dell'inevitabile fallimento delle misure adottate ne avrebbe addossato la colpa ai “comunisti” che “remano contro” il suo governo.
      Senonché, essendo Berlusconi sinonimo planetario di cialtroneria e pressapochismo, ed avendo dato innumerevoli prove della sua totale inaffidabilità e instabilità mentale, gli euro-burocrati hanno deciso di buttarlo fuori prima di installare il “pilota automatico” evocato da Draghi e di avvalersi di figure più affidabili, avvezze ad eseguire ordini senza colpi di testa, bizzarrie e pericolosi personalismi – il che ci dice che Renzi ha i giorni contati.

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    7. Addendum

      Poi è vero, come scrive Bagnai (nota 17 di pag. 78 de L'Italia può farcela, che Berlusconi è stato «messo alla porta semplicemente perché le politiche di macelleria sociale che la Bce ci chiedeva sarebbero state rifiutate dai cittadini se proposte da un governo di destra, mentre sarebbero state accettate se proposte da un governo “tecnico”», ma resta comunque il fatto che se Berlusconi - uno che in oltre 20 anni di carriera politica non ha mai potuto spiegare da dove provenissero le sue improvvise fortune economiche - non fosse il clown che è ed è sempre stato, la Bce si sarebbe avvalsa anche di lui per imporre le sue politiche pauperizzanti e la popolazione non avrebbe avuto altra scelta che subirle, stante un ceto politico completamente asservito alla logica del “mercato” e la totale assenza di una reale opposizione sia tra i partiti che tra i sindacati.
      Va comunque sottolineato che l'attuazione di tali politiche non ha reso più popolari chi le ha poste in essere, ossia Monti e Letta (di centro-destra il primo e apparentemente di sinistra il secondo), che anzi hanno visto svanire in tempi rapidissimi quel consenso creato ad arte dai media ed è ovvio che Renzi è destinato a subire la stessa sorte.
      Dopodiché c'è da sperare che l'euro-manicomio crolli definitivamente perché altrimenti non ci sarà limite al peggio. E già oggi ci siamo portati abbastanza avanti.

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  2. Ma nel "fantastico" mondo della moneta unica degli 88 euro un 40/45% sarebbe andato alle importazioni?

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    1. Sì, naturalmente. Lo vedi dal fatto che il saldo estero (TBQ) si sarebbe deteriorato. La propensione marginale all'importazione di lungo periodo nel modello è in effetti attorno al 40% (considera che la puoi ricavare solo per simulazione, perché il modello ha sette funzioni delle importazioni per da sette diverse aree geografiche, quindi il risultato complessivo è complesso da ottenere in via analitica: si fa prima a "shockare" il modello e vedere come risponde).

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  3. Stanotte è morto mio papà. Ma lui era un uomo buono. Padoa Schioppa & C. NO.
    Saluti a tutti.

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    1. Non lo erano perché l'albero si riconosce dai frutti, ma pensavano di esserlo. Non importa ciò che siamo o pensiamo di essere: moriremo tutti. Condoglianze.

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    2. Anche se non ti conosco, ti abbraccio, Luciano. Nessuno più di un figlio può sapere della bontà di un padre: e se tu sai e ci dici che era un uomo buono siete stati fortunati sia tu, sia lui.
      Come dice Marshall in A ogni uomo un soldo (un bel libro), il bene compensa se stesso: e questo spiega l'apparente ingiustizia del salario degli operai nella vigna. Se c'è una cosa di cui sono convinta da sempre, è questa.
      E mi è sempre sembrato che le persone buone siano anche più serene, forse anche perché vedono più facilmente il bene negli altri. Ti auguro di essere non troppo triste, di poter essere sereno, nonostante questa perdita. Ti riabbraccio.

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    3. Anche da mè, le mie condoglianze.
      Paolo.

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    4. Mio padre morì il 24 dicembre a mezzanotte, quando avevo 15 anni: immaginati se non ti sono vicino.
      Condoglianze.

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    5. Anch'io ti sono vicino con affetto. Ho perso mio padre alcuni anni fa ed un fratello recentemente e so che in questi momenti così difficili anche la vicinanza di uno sconosciuto può essere di conforto, seppur minimo.
      Massimo

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    6. Condoglianze anche da parte mia, ho perso mio papà che avevo 4 anni, ti sono vicino.

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    7. Il tuo pensiero è uguale a quello che continuo a ricordare ancor oggi, nonostante siano passati 14 anni dalla scomparsa di mio padre...era anche lui un uomo buono.
      E credimi oggi è una grande virtù, ne puoi essere solo fiero.
      Condoglianze.

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    8. Odio le feste di Natale da quando avevo 13 anni. Era da poco morto mio padre. Era un uomo buono. Era un operaio che si rompeva la schiena a tagliare legna prima, poi in ceramica fino alla morte, avvelenandosi i polmoni.
      Condoglianze, davvero sentite.

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  4. Grazie Nat. Grazie Prof. Grazie a tutti. In queste circostanze io non so mai cosa dire. Grazie a tutti. Siete unici. Grazie.

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    1. Oggi purtroppo sei la seconda persona a cui la mando e l'altro è un fraterno amico di Lecco ("no euro" DOC) il cui padre è morto stanotte.

      Spero ti sia di conforto.
      Come ho detto a lui: a me è servita molto.

      "Death is Nothing at All
      by Henry Scott Holland

      Death is nothing at all.
      I have only slipped away to the next room.
      I am I and you are you.
      Whatever we were to each other,
      That, we still are.

      Call me by my old familiar name.
      Speak to me in the easy way
      which you always used.
      Put no difference into your tone.
      Wear no forced air of solemnity or sorrow.

      Laugh as we always laughed
      at the little jokes we enjoyed together.
      Play, smile, think of me. Pray for me.
      Let my name be ever the household word
      that it always was.
      Let it be spoken without effect.
      Without the trace of a shadow on it.

      Life means all that it ever meant.
      It is the same that it ever was.
      There is absolute unbroken continuity.
      Why should I be out of mind
      because I am out of sight?

      I am but waiting for you.
      For an interval.
      Somewhere. Very near.
      Just around the corner.

      All is well.

      Nothing is past; nothing is lost. One brief moment and all will be as it was before only better, infinitely happier and forever we will all be one together with Christ."

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    2. @Luciano Fa niente "dire", quello che dovevi dirci ce l'hai detto. Se posso, non riesco a metterti un link con l'iPad, e non so neanche che musica ti piace: ma se ne hai voglia vai su You Tube e cerca "Mit Fried und Freud" di Buxtehude. E arriva al minuto 4.50. È la musica che Buxtehude ha fatto eseguire al funerale di suo padre. E secondo me si capisce perché.

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    3. Trovata. Dopo me l'ascolto in santa pace. Grazie a te.

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    4. Luciano, non morirá finchè vivrá nel tuo cuore.
      Non è retorica, credici...
      Un abbraccio

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  5. Grazie al Prof per questi due post tecnici. Sono sincero, devo ancora digerirli completamente ma sono sulla buona strada, tenendo conto del fatto che è Natale e studiare in vacanza è sempre stato più faticoso.

    E' da un po' che volevo chiedere come mai, anche sul libbro (l'ultimo) si ipotizza una svalutazone della lira sul marco (o meglio sulle valute del nord) del 20%, mentre nel Tramonto dell'euro si spiegava come essa sarebbe stata pari circa al differenziale dei tassi d'inflazione tra l'Italia e i paesi del nord, quindi, nel caso del marco, il 12-13%. C'è qualcosa che mi sfugge, a parte la variabilità dei risultati pratici dovuti all'applicazione della teoria della parità dei poteri d'acquisto?

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    1. Il fatto è che durante la crisi la Germania ha continuato a svalutare in termini reali (cioè a deflazionare la sua economia) andando anche in infrazione del relativo parametro nella procedura per gli squilibri macroeconomici, per cui la distanza non si è particolarmente accorciata. In generale poi preferisco venire incontro ai tremebondi che non riescono proprio a capire che forzare verso il basso la valuta mette in difficoltà un paese esportatore di paese prime come la Russia, non di manufatti come l'Italia. Nel prossimo policy paper simulo una svalutazione del 50% della nuova lira: assolutamente irrealistica, ma almeno Andrea Boltho sta tranquillo! Se si può far contento un amico...

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    2. Mannaggia la golf a 40.000 newlire... vuole scatenare il panico? A Wolfsburg, si intende!

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    3. Effettivamente, se ho capito bene quello che mi sta dicendo, il differenziale d'inflazione da solo non basta per calcolare la svalutazione della nuova lira. Bisogna considerare anche il fatto che la Germania è stata per quasi tutto il periodo considerato in surplus strutturale della bilancia commerciale.

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  6. Nel frattempo studiamo il modello,i cui citati limiti non inficiano il ragionamento di fondo del metodo.....ma una cosa è certa

    USA:TTIP = Germania:euro

    Nuova regola proporzione......USA x Germania
    -------------------------- = ITALIA KAPUTT
    TTIP x euro

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  7. "La disoccupazione sarebbe cresciuta di meno, arrestandosi al 10%, invece di andare all'11% e poi al 12% (e quest'anno al 13%), ma il saldo estero sarebbe lievemente peggiorato, riscendendo a -1.66% e poi a -2.02% del Pil, invece di salire al 2.75% del Pil. Del resto, sappiamo che Monti questo doveva fare: spremerci per rimborsare i suoi mandanti."

    Il saldo estero, TBQ, si riferisce al saldo delle partite correnti ?

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    1. Ottima domanda. No, quello è il trade balance, che, come credo di avervi fatto vedere da qualche parte, è la magna pars delle partite correnti.

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    2. Grazie Prof.
      Continuo a ritenere scandaloso, scusi ma non mi viene in mente un altro termine, che nessuno ancora ci spieghi ufficialmente a cosa è servito il governo Monti. Nessuno oltre lei ovviamente.
      L'unico modo in cui me lo spiego è che, poi, sostanzialmente il governo Monti bis ed il governo Monti ter hanno continuato sulla stessa strada del primo. Ovvero la macelleria sociale.

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  8. "unexplained part of public debt"

    Possono essere, almeno in (gran) parte, i miliardi versati per l'ESM e simili?

    Mi pare che non siano stati conteggiati come deficit, ma come variazione del debito "immacolata".

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  9. Luciano, gli uomini se ne vanno, il bene resta. E ci migliora. Un abbraccio.

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  10. Luciano, tu, noi e l'Italia possiamo e dobbiamo farcela.
    Insieme e nel ricordo anche di tuo padre.
    Un saluto affettuoso.

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  11. Il post tecnico!!! E per Natale ... che meraviglia .. e che fatica. Arranco come una vecchia vaporiera, slitto, sbando ma avanzo.Qui mi sono svegliato dal sonno/sogno e non mi addormento piu'.... grazie a tutti.
    Auguro a tutti un Buon 2015 rubando le alate parole del Sen Rep Ichino Pietro:
    "Non basta, secondo lui, la nuova formulazione che stringe ancora di più la possibilità di reintegro e cioè il fatto che sia «direttamente» dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. L’applicazione pratica la spiega così: «Quando il lavoratore vince la causa per insufficienza di prove, è giusto che sia indennizzato. Ma gli indizi di colpevolezza che in questo caso pur sempre restano ben possono costituire una giustificazione oggettiva del fatto che l’impresa non rinnovi il proprio affidamento in lui» .

    Ne vedremo delle belle.

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    1. Ma "indizi di prova insufficienti" come possono essere al contempo "giustificazione oggettiva"?

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  12. la prima parte dell'articolo trova svariate conferme e anche oggi,via Voci dall'estero,ne abbiamo una ulteriore.Resta da capire l'ambiguità degli USA sull'€uro e cioè se gli sta bene o no.Ossia fin quando gli farà comodo la distruzione del sud Europa.Rimane la variabile Francia e alcune possibilità di eventi "imprevedibili".
    Sui tre governi Monti zittisco la mia propensione al turpiloquio...i dati sono nettamente devastanti (come la disinformazione,roba da alto tradimento dato che siamo in guerra).

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  13. Condoglianze Luciano!
    ------------------------------
    <>

    Ho deciso di farmi del male, una sorta di espiazione dei miei peccati per aver ignorato l'economia per oltre anta anni della mia vita terrena e mi sono messo ad ascoltare i video integrali della collana Capire l'Economia (trailers qui: https://www.youtube.com/playlist?list=PL4XOyY0o-Zcnz38tgGBHZD_A8xXRt6pH4) (comunque evitando di scucire quattrini prima di capire cosa stavo ascoltando e penso che non ne scucirò) nel video 17 dal titolo "L'invenzione dell'Euro" al minuto 48 Mundell riprende lo stesso assurdo discorso.

    Se questo è un premio Nobel ancora in circolazione e libero di parlare, il 2015 sarà un anno lunghissimo ma per nulla piacevole. Buon lavoro!

    P.S. (Out Topic) - qualche mese fa mi aveva già risposto alla mia domanda sul riconoscimento di a/ come attività di promozione sociale e mi disse che non era ancora avvenuta.

    Mi permetto di esortarla a non trascurare questa opzione. Mi corregga se sbaglio, ma la maggior parte dei sostenitori e donatori fino ad oggi sono gente come me, di basso reddito che rinunciano ad un vizio o ad un acquisto per fare una donazione, quando un discreto contributo, molto meno pesante da sopportare, arriverebbe dalla assegnazione del contributo del 5 per mille.
    Il mio allora nuovo commercialista, 25 anni fa mi dimostrò che, anche senza commettere corruzioni, proprio perchè non è vero che i dipendenti pubblici sono tutti fannilloni e corrotti, semplicemente andando negli uffici pubblici e bussando a tutte le porte fino ad arrivare a quella giusta, riuscì a sbloccare una pratica di rimborso che i precedenti commercialisti davano per dispersa.
    E' un vostro e nostro diritto e credo sia il caso di fare un tentativo e insistere.
    Io preparo le dichiarazioni dei redditi per diversi parenti e sarebbero già un centinaio di nEuri in più nelle casse di Asimmetrie.

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    1. Prof. Avrei un'altra domanda un po' strana da farle.

      Avendo a disposizione diciamo gli ultimi e stiracchiati 50 neuri circa, Lei preferirebbe ricevere una donazione ad asimmetrie o che io li "investa" in suoi libri da regalare a due o tre amici che, magari, in futuro possono diventare donatori e, magari, anche estendere la cerchia dei lettori?

      Meglio l'uovo oggi o la gallina domani?

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  14. Che ve ne pare della seguente bozza di recensione, per il mio fornitore di libri ?

    “L’Italia può farcela” è il prosieguo de “Il tramonto dell’euro”. Chissà che non si arrivi in poco tempo anche al terzo elemento di una possibile trilogia, quanto mai avvincente, moderna e realistica.
    L’autore non ha certo bisogno di presentazioni: Alberto Bagnai, infatti, ha un suo blog, goofynomics.blogspot.it, che di fatto rappresenta un laboratorio di intellighenzie, una sorta di brain storming, per quelli che sono poi i suoi marchi di fabbrica: pubblicazioni universitarie di prim’ordine, pubblicazione di libri che diventano best seller e interventi televisivi mirati alla divulgazione economica. Inoltre il Prof. Bagnai organizza convegni scientifici, insegna all’Università ed è un professionista del clavicembalo.
    Insomma, un autore geniale, un fantasista toscano che, ad altissimi livelli scientifici, riesce a descrivere l’andamento attuale della nostra economia e della nostra società, con stilettate velenose e perle straordinarie, in ambito politico e sociale.
    Un libro da leggere, regalare e studiare. Per tutti e per tutte le tasche.

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    1. Un po' lunga per la mia lapide, rischia di costare troppo. Ce la fai a sintetizzarla?

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    2. Così può andare meglio ?

      "L’Italia può farcela” è il prosieguo de “Il tramonto dell’euro”. Chissà che non si arrivi in poco tempo anche al terzo elemento di una possibile trilogia, quanto mai avvincente, moderna e realistica.
      L’autore, Alberto Bagnai, ha un suo blog, goofynomics.blogspot.it, che di fatto rappresenta un laboratorio di cultura, al quale seguono pubblicazioni universitarie di prim’ordine e pubblicazione di libri che diventano best seller.
      Insomma, un autore poliedrico, un economista toscano che, ad altissimi livelli scientifici, riesce a descrivere l’andamento attuale della nostra economia e della nostra società, con stilettate velenose e perle straordinarie, in ambito politico e sociale.

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  15. Sono riuscito ad arrivare in fondo al post con alcune difficolta', e dopo un paio di giorni! Contenporaneamente ho inziato la lettura de " L'Italia puo' farcela ", autoregalatomi a natale, arrivando al prologo al punto in cui il Professore spiega il cosiddetto miracolo spagnolo riguardante la produttivita'media del lavoro, e cosa mi trovo sparato in prima pagina sull'homepage di Repubblica? Ma certo il miracolo prossimo venturo della Spagna nel 2015! Da quando seguo il blog mi sento sempre piu' dentro Matrix..

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  16. “... gli statunitensi, a causa del loro particolare percorso storico e culturale, non brillano tutti per acume (nonostante abbiano scelto a loro simbolo l’aquila), ma qualcuno che capisca che è l’euro a creare tensioni e frazionamento economico e politico ci sarà pure, no?”

    Di americani in grado di capirlo ce ne sono senz'altro, ma di rado fanno parte dello staff della Casa bianca. Ma il problema degli americani è che quando il loro governo prende una cantonata – e ne prende spesso – se la cavano con il classico “giusto o sbagliato, è sempre il mio paese”. È grazie a questa filosofia d'accatto che nei soli primi 14 anni di questo secolo hanno sbriciolato intere nazioni con il solo risultato di far deflagrare conflitti, tensioni e risentimenti di cui non si sentiva alcun bisogno e con cui ci troveremo a fare i conti per le prossime due generazioni. E niente ci assicura che nel frattempo a Washington non prendano ulteriori e rovinosi abbagli.
    All'indomani dell'11 settembre la tv diffondeva immagini di bandiere a stelle e strisce appese ai davanzali, fissate sui parafanghi delle auto e brandite dai cittadini americani che circolavano per le strade delle loro città, in una sorta di rito collettivo di auto suggestione fine a sé stesso, ridicolo e sostanzialmente insufficiente a preservarli dalle disastrose azioni che il loro governo avrebbe intrapreso nelle settimane seguenti.
    Poi c'è un'altra cosa che in America non capiscono, vale a dire che la storia del mondo non è iniziata con lo sbarco dei pellegrini del Mayflower. Da ciò nasce tutta una serie di fraintendimenti, a partire dalla inammissibile tendenza a considerarsi superiori agli altri paesi: “Credo nell'eccezionalità dell’America con ogni fibra del mio corpo – ciò che ci rende eccezionali è la nostra volontà di imporre la regola della legge attraverso le nostre azioni” (Obama, discorso a West Point, maggio 2014), fino all'incapacità odierna di rassegnarsi ad accettare che questo non sarà il “secolo americano”, come auspicavano invece gli amici di George Bush, i cosiddetti “neo-con”, meglio noti a Washington come i “falchi dalle ali di pollo”, e che insistere a voler piegare il mondo ai propri voleri non potrà che avere conseguenze nefaste che poi difficilmente saremo in grado di tenere sotto controllo.
    Quindi continueranno sulla stessa strada sin qui intrapresa fino allo schianto, nella ferma, ma erronea convinzione che le conseguenze le pagheranno solo gli altri.
    Nel frattempo c'è solo da sperare che a quella parte del mondo che non si riconosce nell'occidente non venga in mente domani di usare i nostri stessi metodi per garantirsi l'accesso alle risorse energetiche del pianeta, perché in quel caso non c'è portaerei americana che tenga a preservarci da un futuro tormentoso e degradante.

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  17. Uhm...
    non apprezzo particolarmente questa acredine nei confronti dei complottisti.
    "Massoneria e sette segrete" che è forse la principale opera in materia uscita in italia, lo avete letto?
    IE' stato pubblicato la prima volta nel 1990, il che ci permette di inquadrarlo come opera profetica, non però per divina ispirazione, ma per ricerca documentale.

    E parla, fra l'altro, proprio di questo, dell'Euro come moneta di trasizione verso la moneta unica "planetaria" nel contesto del NWO.
    Sarà vero? Non so per il futuro, per il presente pare tanto di sì.

    L'alternativa al complottismo è credere che l'italia sia un paese libero e democratico, ma questa tesi balzana, ache se la raccontiamo a scuola a bambini, non regge alla prova dei fatti, purtoppo contrasta con la realtà.

    Ricordo anche che, da complottista, avevo già avuto ampio modo di far notare che la Germania (come l'italia) è stata conquistata dagli USA nel '45, più o meno come l'Iraq nel 2003. Credete forse che l'Iraq oggi goda di una piena ed effettiva indipendenza?
    E se la democrazia è, almeno in parte, solo una favola per gli adolescenti, viene da chiedersi come funziona il controllo occulto del paese.
    E qualche risposta salta anche fuori.

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    1. Il fatto che dal '45 rispetto al 2003 siano passati un po' più di anni non significa niente, giusto? Sì, nel '57 la Germania era ancora fortemente sotto influenza americana -scopertona!

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  18. Coerentemente con quanto diceva lei all'inizio, trovo che la visione che ne aveva S. Huntington (di quella che lui chiama "terza fase euroamericana") spieghi più di ogni altro concetto ciò a cui siamo di fronte. La "confederazione Ue-Nafta" di cui parla giustappunto ripropone proprio l'idea della fusione a freddo Europa-Usa a cui parrebbe funzionale il disegno dell'euro. Un'Europa non fatta a spese degli USA avrebbe reso questo disegno impraticabile, e Huntington lo sapeva (non a caso è il guru degli euroamericanisti). Egli prospettava una unione economica, politica e culturale euroamericana come riproposizione del paradigma occidentalista sul mondo all'alba del nuovo secolo (si vd. S. Huntington, Lo scontro delle civilità e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 1997, p. 459).

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