sabato 21 marzo 2020

Venezia

Mentre aspetto la conferenza stampa del Bisconte (un amico, scherzando, dice: "Forse lo hanno sequestrato i militari..."), fra le cui innumerevoli virtù non annoveriamo la puntualità, un avviso del telefonino mi ricorda che oggi sarei dovuto essere a Venezia, per suonare al Complesso dell'Ospedaletto. Un mese fa, quando dovevo scegliere una stanza, ebbi lo shining e feci annullare la prenotazione fatta dal mio solerte staff. Me ne vado a dormire dopo una giornata passata a capire se gli iscritti all'Enasarco prendono o meno i 600 euro di mancia, come deve essere effettuata la comunicazione ex art. 56 comma 2 del decretone, in che modo si possa attivare l'opzione prevista dall'art. 58, ecc., e vi lascio con un brano che avremmo eseguito, e che comunque, prima o poi, eseguiremo:


Una storia triste, con un lieto finale, come sarà quella che stiamo vivendo.

Buonanotte.

9 commenti:

  1. Nel buio di questo momento della Repubblica, l'attesa del lieto finale è probabilmente una delle poche cose che ci sorregge, così come la sua voce stanca e così umana nella sua diretta di questa sera che la rende così prossimo a ciascuno di noi.
    Se non sapessi che a difendere i miei, i nostri interessi ho contribuito a mandare lei, sarei senz'altro meno speranzoso.
    Grazie, presidente per tutto quello che sta riuscendo a fare, le arrivi il nostro sostegno in ogni misura in cui si renda necessario.

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  2. Eseguira' eseguira' prof. e spero di essere presente ...

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  3. Con decreti come quest'ultimo, fatti in ritardo di una ventina di giorni e per far vedere che si fa qualcosa, rischieremo di avere più morti per fame nei prossimi 10 anni che persone salvate dal virus in virtù del provvedimento.
    Grazie per il suo lavoro, se l'Italia non finirà come la Grecia sarà anche merito suo.

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  4. "Ma non senza de’ Persi orrida pena /
    ed immortale angoscia". Buona Domenica, Presidente

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  5. Credo in Lei, caro Presidente, da quando sono capitata su goofy e ho cominciato ad ascoltarla. La sua espressione stanca e sfiduciata di ieri, nella diretta Facebook, mi ha commosso ed allarmato insieme. Ora però la sento parlare di"lieto finale" e il mio cuore si riapre alla speranza. Non voglio che i traditori distruggano la mia Patria, farei qualunque cosa per impedirlo. Non voglio un'Italia grecizzata, non è giusto. So che state facendo l'impossibile e vi ringrazio tanto, abbiamo bisogno di credere che ci sia una speranza, per cui grazie a Lei e a molti nella Lega, fiera della mia tessera. Le voglio bene, davvero, tanto.

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  6. Nel marzo del 1847 a Firenze (Teatro della Pergola) venne eseguita per la prima volta la decima opera lirica di Giuseppe Verdi:il Macbeth. Il librettista Francesco Maria Piave scrisse, tra gli altri, questo meraviglioso coro, che oggi echeggia nella mia mente:
    Patria oppressa! il dolce nome

    No, di madre aver non puoi,

    Or che tutta a figli tuoi

    Sei conversa in un avel.

    D'orfanelli e di piangenti

    Chi lo sposo e chi la prole

    Al venir del nuovo Sole

    S'alza un grido e fere il Ciel.

    A quel grido il Ciel risponde

    Quasi voglia impietosito

    Propagar per l'infinito,

    Patria oppressa, il tuo dolor.

    Suona a morto ognor la squilla,

    Ma nessuno audace è tanto

    Che pur doni un vano pianto

    A chi soffre ed a chi muor.
    Prego per l'Italia. Buon lavoro, Senatore.

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  7. Hai citato recentemente Leopardi, caro Alberto; e ben facesti, soprattutto in questo periodo, tragico e triste.

    Io ho avuto la fortuna di arrivare al pensiero profondo del Recanatese – DD, Denker und Dichter ! – grazie all’ acuta analisi condotta da Emanuele Severino, ultimo grande filosofo italiano, recentemente scomparso.

    Per tenerci su, e risollevarci un po’, ci immergiamo allora nell’ oceano leopardiano rileggendo “ ALLA LUNA “, poesia poco nota o dimenticata.

    “O graziosa luna, io mi rammento
    Che, or volge l'anno, sovra questo colle
    Io venia pien d'angoscia a rimirarti:

    E tu pendevi allor su quella selva
    Siccome or fai, che tutta la rischiari.

    Ma nebuloso e tremulo dal pianto
    Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
    Il tuo volto apparia, che travagliosa
    Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
    O mia diletta luna.

    E pur mi giova
    La ricordanza, e il noverar l'etate
    Del mio dolore.

    Oh come grato occorre
    Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
    La speme e breve ha la memoria il corso,
    Il rimembrar delle passate cose,
    Ancor che triste, e che l'affanno duri!

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  8. Le auguro di eseguire il brano, che è squisito, in piena serenità e come premio del Suo impegno istituzionale, di cui in questo momento abbiamo tanto bisogno. Verranno tempi migliori.

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