Goofynomics
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
mercoledì 19 febbraio 2025
Heri dicebamus…
martedì 18 febbraio 2025
La questione settentrionale, aka "l'Europa delle regioni"
(...chiedo scusa, sono in ritardo nelle risposte ai vostri commenti ai post precedenti, ma ieri è stata giornata intensa. Vorrei però mettere qui un altro paio di grafici che potrebbero interessarvi, prima di completare l'analisi di quelli del post precedente...)
La banca dati Coeweb (che suppongo stia per "COmmercio Estero") dell'ISTAT ci consente di analizzare l'interscambio delle regioni italiane col resto del mondo, entrando nel dettaglio dei singoli Paesi partner. Mi sono preso il gusto, facendomi aiutare da un ex studente e attuale consulente, di riprendere i dati che vi avevo mostrato a un goofy nello spiegarvi la fenomenologia di quello che avevamo chiamato il PISL (Piccolo Imprenditore Spaventato Lombardo), cioè di quel personaggio mitologico, come è mitologica la sciura Maria che non capisce quando le dici le cose come stanno. Il PISL, in particolare, è il titolare di PMI che sarebbe spaventato (con la S di Draghi) dal buon Borghi quando questi criticando l'unione monetaria fa crescere lo spread.
Nella narrazione interna, il PISL sarebbe politicamente un moderato (ma, non si sa perché, voterebbe per noi! Ricordo che un minimo di incoerenza logica aggiunge spesso alla narrazione quel che di "pensiero magico" che la rende più avvincente, se pure, in astratto, meno credibile), e inoltre sarebbe contrario all'ipotesi che il Paese si emancipi. Anzi! Il PISL sarebbe attaccatissimo all'euro, che gli avrebbe garantito una maggiore integrazione nelle catene del valore della locomotiva d'Europa (cit.), cioè della Ger-magna, in base al principio, apparentemente fondato, che "noi possiamo cooperare coi tedeschi perché riusciamo a tenere il passo con la loro economia e non buttiamo cartacce in terra, e i terroni si fottano!"
Questa è la mitologia, ovviamente.
Di imprenditori in Lombardia ne ho incontrati e ne conosco molti, ma nessuno ritiene che il progetto europeo arrechi particolari vantaggi. Il mercato di questi imprenditori è il mondo, dal Vietnam al Cile (prendo due esempi a caso di gente che ho conosciuto), in piena compatibilità con le parole di un economista vero (Alesina) che vi citavo due post addietro:
dell'UE tendenzialmente farebbero a meno perché li ha sommersi di burocrazia inutile e dell'euro non hanno una buona opinione, nel senso che non ritengono che abbia arrecato loro particolari vantaggi.
Ma questi imprenditori qui, quelli che conosciamo, che abbiamo toccato con mano, con cui parliamo (noi), sono dei facinorosi ideologizzati, il cui successo economico è dovuto a una immeritata fortuna, dicono insomma certe cose perché sono dei decerebrati hooligan di Bagnai&Borghi, o sono delle persone razionali, che hanno contezza dei fatti e delle cose?
Per dirimere questa questione vorrei mostrarvi i dati sull'interscambio fra Lombardia e Germania nel periodo in cui Coeweb ce li rende disponibili, cioè dal 1991 al 2023. Il dato aggregato, cioè le esportazioni nette della Lombardia verso il resto del mondo (comprese le altre regioni italiane), ve lo avevo fatto vedere nel post su Milano ladrona, Berlino non perdona!:
e a quel post vi rinvio per il commento, che comunque è semplice: le esportazioni nette aggregate (Lombardia vs resto del mondo) erano in crescita fino all'entrata nell'euro, poi erano andate calando (ovviamente all'epoca avevo solo i dati fino al 2010).
Vediamo lo stesso dato (esportazioni nette) riferito ai flussi fra la Lombardia e la sola Germania:
La prima cosa che notiamo è che per il periodo in cui sono disponibili i dati evidenziano un deficit strutturale della Lombardia verso la Germania: sono i lombardi a comprare tedesco più di quanto sia la Germania a comprare lombardo. Diciamo che anche se la Germania si muovesse velocemente (crescesse) non sarebbe una locomotiva: è locomotiva chi compra i tuoi beni, non chi ti vende i suoi...
Anche qui notiamo uno sprofondamento del deficit verso la fine degli anni '90, e anche qui notiamo una inversione di tendenza verso l'inizio degli anni '10 (nel grafico aggregato è meno percepibile). Quindi dal 2010 in poi i problemi di competitività si sono risolti grazie alle #riformestrutturali e al #tagliodeldebitopubblico per cui ora #andràtuttobene? Lo si può accertare, basta spacchettare il dato: se le esportazioni nette sono aumentate perché sono aumentate le esportazioni lorde, allora siamo diventati più competitivi e i tedeschi comprano più lombardo. Ma se le esportazioni nette sono aumentate perché sono diminuite le importazioni lorde, allora siamo diventati più poveri e compriamo meno tedesco.
Il grafico è qui, e non credo sia difficile da leggere:
Fra 2007 e 2010 le importazioni crollano, mentre le esportazioni restano ferme. Il miglioramento del saldo è quindi dovuto alla recessione prima e all'austerità poi, cioè al nostro impoverimento, più che ad altro. La Lombardia, regione che amo, ha condiviso lo stesso amaro destino del Paese: non ci sono molti più Übermenschen da quelle parti di quanti Untermsnchen ci siano altrove, con tutto che una serie di fattori culturali e antropologici differenze le creano, anche molto rilevanti sotto il profilo di un ordinato andamento dell'economia, spesso a evidente svantaggio del Sud. Tutti possiamo migliorare e qualcuno ha più margine di altri. Questo è un fatto che non voglio negare e su cui aspetto le vostre osservazioni.
Quello che invece voglio negare, perché lo negano i dati, è che l'integrazione monetaria abbia determinato una maggiore integrazione commerciali, un maggiore interscambio, inteso come somma dei flussi di esportazioni e importazioni. Quello che è successo è qui:
Direi che, se mai, dopo la gestione della crisi a botte di austerità l'interscambio fra Lombardia e Germania si è strutturalmente ridotto, passando da circa il 12% a circa il 10%. Ovvio risultato di quel prosciugamento del mercato interno a botte di svalutazioni interne competitive (i tedeschi che si tagliano i salari per vendere ai francesi che si tagliano i salari per vendere agli italiani che si tagliano i salari per vendere ai tedeschi) di cui ormai parla perfino un Draghi qualsiasi: sono finiti i tempi eroici in cui certe cose ve le dicevo solo io!E quindi?
E quindi bisogna fare un discorso di verità.
Non ha molto senso dirci che una cosa che ci ha danneggiato collettivamente come nazione ci ha avvantaggiato singolarmente come regioni del Nord (magari sfasciando solo quelle del Sud), e questo non per un senso di solidarietà nazionale che potrebbe anche essere infondato e che comunque non è necessario provare, ma semplicemente perché non è così nei dati. Poi, per carità, ognuno ha le sue esperienze individuali. Immagino che in certe Confqualcosa di provincia dove si sorseggia prosecco tiepido sgranocchiando lompo rancido su pane da toast rinsecchito ci sia una discreta percentuale di imbesuiti schiavi della narrazione giornalistica, vittime incolpevoli e inconsapevoli della mattanza, tutti Europa e distintivo, e ci sarà magari anche qualcuno che del grande progetto europeo parla bene perché a lui è andata bene (magari è un importatore di qualcosa che serve anche a un popolo impoverito, nel qual caso la monetona fortona lo aiuta)!
Ma il mio punto qui, come in altri contesti, è e resta il solito: se non riconosciamo di avere un problema, difficilmente potremo attrezzarci per gestirlo.
Tutto qua.
(...ah, a scanso di equivoci, e sempre in tema di discorsi di verità: quando parla Borghi non fa crescere lo spread, altrimenti sarebbe ricco come un nababbo! Lo spread l'ha fatto crescere artificialmente Mariou smettendo di acquistare titoli italiani per metterci in difficoltà, ma finora, in questa guerra di logoramento, il più logoro è lui, e noi tiriamo dritto...)
(...farò una proposta di legge per dichiarare lo spumante tiepido reato universale, ma è un capitolo che apriremo più avanti, quando cominceremo a intravedere all'orizzonte qualcosa a cui brindare...)
lunedì 17 febbraio 2025
Le prefiche
Questo è l'indice della produzione industriale (settore manifatturiero) in Germania, Francia e Italia da quando esiste sul sito Eurostat (gennaio 1991) e fino a quando esiste (dicembre 2023, siamo indietro di un anno...):
Molti di voi hanno già gli strumenti per leggere le vicissitudini di questa variabile, chi è incuriosito da queste dinamiche chieda e gli sarà dato.
Questo invece è lo stesso indice da quando la Germania ha raggiunto il suo massimo (novembre 2017) in qua:
(n.b.: in entrambi i casi ho fatto pari a 100 il primo mese rappresentato. Ovviamente la soluzione più raffinata è fare pari a 100 la media dell'anno di riferimento, ma non cambierebbe assolutamente il profilo della serie, dato che si tratterebbe sempre di dividerla per una costante).
A dicembre del 2023 la Germania aveva perso il 14.7% rispetto al novembre 2017, la Francia il 3.6%, l'Italia il 3.9%.
Il manifatturiero è importante, ma non è tutta l'economia. In un'economia avanzata conta per una roba che va da circa un quinto a circa un decimo del valore aggiunto:
(è la parte arancione della barra), una quota che sta diminuendo un po' dappertutto, ma in Germania, ovviamente, di più: -3.3 punti, contro -0.9 in Francia e -1.0 in Italia. Ci stiamo deindustrializzando un po' tutti, ma è anche il riflesso del fatto che stiamo evolvendo verso un'economia di servizi, e comunque la Germania si sta deindustrializzando più di noi.
Dato che la produzione industriale non è tutto il Pil, ma una cosa che va, come dicevo, da un quinto a un decimo del Pil (a spanne), ci può stare che questo cresca mentre quella cala: basta che aumentino i servizi (l'agricoltura nemmeno si vede, come avrete notato, il che non vuol dire che non debba essere praticata e tutelata...). Se osserviamo il Pil trimestrale dall'ultimo trimestre del 2017, quello in cui la manifattura tedesca ha iniziato a derapare, vediamo infatti una cosa così:
E la domanda che ci si dovrebbe porre è: ma invece di stracciarsi le vesti sui dazi di Trump, le prefiche del PD se la pongono una domanda su quanto ci sia costata la stasi economica (autoinflitta) del nostro principale partner commerciale?
Mi piacerebbe cominciare ad articolare una risposta, ma nel viaggio fra Roma e Milano ho rilasciato un'intervista a La Verità, e fra un po' sarò a Cologno Monzese da Del Debbio (prima volta che lo incontro!), e mentre vado in studio ho un'intervista in diretta con Radio Libertà (sono tutti segni del mio declino intellettuale e politico, come la doppia intervista di ieri su Stampa a Tempo), quindi ora vi lascio e proseguiamo domani...
domenica 16 febbraio 2025
Il polilateralismo
Attenzione: c’è una probabilità bassa ma non nulla che torni nel dibattito cialtrone una cosa che avevamo portato qui tanti anni fa. In ossequio al brocardo nihil est in intellectu quod prius non fuerit in Goofynomics permettetemi di segnalarvi questo vecchio post del 2012, che scrissi a Rouen nella mia mansardina di visiteur. Vi riferivo del lavoro di Bruno Frey su un diverso modello di integrazione internazionale, quello delle giurisdizioni funzionali sovrapposte competitive (GFSC). In sintesi, l’argomento di Frey era molto semplice e condivisibile: invece di proporre un modello totalitario di integrazione, dove chiunque entri, indipendentemente dal proprio punto di partenza, sia obbligato a conformarsi ad una serie ampia e crescente standard in tutti i campi dello scibile umano, il cosiddetto acquis communautaire, sarebbe più saggio immaginare che paesi diversi potessero cooperare sulla base della stratificazione di diversi trattati in diversi ambiti funzionali, cui potessero decidere se aderire o meno sulla base delle loro convenienze.
L’argomento secondo cui una pluralità di trattati sarebbe più difficile da gestire di un singolo trattato è piuttosto sciocchino, atteso che, ad esempio, all’interno dello stesso trattato ci si trova a gestire una miriade di fattispecie diverse (e non vi parlo delle complessità negoziali e burocratiche causate dall’approccio totalizzante, quello volto a costruire un superstato). Basterà l’esempio dell’euro: quelli che ogni tanto parlano di euro a due velocità ignorano che nell’Unione Europea le velocità sono attualmente molte di più: ci sono gli Stati membri la cui valuta è l’euro, ne è rimasto uno che aveva adottato una clausola di opt-out (la Danimarca), ci sono quelli che hanno mantenuto una valuta nazionale con cambio flessibile, ci sono quelli che hanno mantenuto una valuta nazionale con aggancio all’euro, e, immediatamente fuori zona, ci sono (o c’erano) anche stati che avevano adottato l’euro non essendo nell’Unione Europea. Quindi in questo, come in altri ambiti (vogliamo parlare di Schengen?), le GFSC sono già al norma, in ossequio al noto principio: fata volentes ducunt nolentes trahunt.
Ieri è arrivato coso, come se chiama?, L’amico “Carlo is correct”:
(notate la risposta da manuale di Luigi), a proporci qualcosa di sostanzialmente simile: le “coalizioni dei volenterosi” (“carnefici di Hitler” speriamo che non fosse sottinteso).
Al netto del commendevole (ma decisamente eccessivo) ottimismo di circostanza sui risultati conseguiti dall’Unione Europea, che lo spingono a proporre di considerare quest'ultima come "nocciolo duro" delle giurisdizioni funzionali in concorrenza, la storia non è, o almeno non mi sembra, sensibilmente diversa da quella che raccontava Frey (confesso che non ho avuto tempo per approfondire, chiudere il disco è prioritario).
Nel proporre una onorevole via di uscita a quelli terrorizzati dal bilateralismo, Blanchard, senza volerlo, espone con involontaria lucidità i due principali limiti dell'approccio multilaterale europeo: la mancanza di flessibilità, che era centrale anche nel ragionamento di Bruno Frey, e, udite udite!, il fatto che se anche tutto funzionasse alla perfezione, l'Unione Europea non avrebbe comunque le dimensioni per competere coi colossi americano e cinese!
Lo dice proprio:
Lasciamo stare che questa sfumatura si basa sull'idea semplicetta e stupidella che la competizione internazionale sia una sorta di tiro alla fune, per cui vince chi ha più massa. Sappiamo bene che autori altrettanto prestigiosi, fra cui Alesina, non la pensavano così:
e avevano tutte le ragioni per farlo: si vede decisamente un altro passo e un'altra statura in queste parole (le trovate qui insieme alla loro fonte).
Il fatto che l'idea del competere sulle dimensioni (cioè l'idea che le uniche economie siano le economie di scala) sia stupida, non rende meno dirompente il fatto che Blanchard ne sconfessi la praticabilità per l'Unione Europea. Blanchard infatti ci sta dicendo che tutti i sacrifici cui ci stiamo (o meglio: ci stanno) sottoponendo, quand'anche accettassimo ulteriore austerità, ulteriore commissariamento (debito comune), ulteriore eversione dei nostri ordinamenti democratici (voto a maggioranza nelle sedi europee) e arrivassimo all'Eden dello Statone Europeone, non servirebbero a nulla perché saremmo comunque di dimensioni troppo piccole!
Vedete quant'è paradossale la situazione di chi pensa in modo sbagliato? I ragionamenti sbagliati sono sempre self-defeating! Se argomenti che un certo percorso va intrapreso senza se e senza ma perché solo le dimensioni contano, all'arrivo ti accorgerai di averlo piccolo (lo Statone, ovviamente)!
Va da sé che non avevamo bisogno di Blanchard per capire che le dimensione europee sono comunque inferiori a quelle dei due altri poli dell'economia mondiale. Lo volete il disegnino? Eccolo qua:
Bisognerebbe mettere insieme le prime tre banche europee, BNP Paribas, Crédit Agricole e Santander (un matrimonio non agevole, come immaginate) per avere qualcosa di comparabile alla prima banca cinese. Ci siamo?
Ma non avevamo neanche bisogno di Blanchard per immaginare una possibile soluzione, cioè la cooperazione con paesi extra-UE nei campi in cui la massa critica potrebbe oggettivamente essere importante. Ma scusate, la Germania che cosa aveva fatto, stringendo una pace separata con la Russia in nome del gas a buon mercato!? Se non quello che Blanchard suggerisce, una cosa molto simile, e senza chiedere consigli a Blanchard ma seguendo semplicemente il proprio interesse ed il buon senso (di breve periodo).
Quindi, in qualche modo, il modello proposto da Frey e ripreso da Blanchard (rigorosamente senza citare i precedenti, perché quelli bravi non ne hanno bisogno), è già nelle cose. Il multilateralismo totalitario dell'acquis communautaire volto alla costruzione di un gigante che sarebbe comunque un nano è in fondo un colossale esercizio di ipocrisia, perché nella sua attuazione pratica ci si è sempre regolati sui rapporti di forza per costruire qualcosa di molto più simile al modello delle GFSC, qualcosa che potremmo definire polilateralismo.
Attenzione!
L'ammissione devastante di Blanchard (l'Unione Europea non sarebbe comunque grande abbastanza!) non serve ad avviare una discussione serena su quali siano gli effettivi motori della competitività e della produttività di un Paese o di una regione (hint: non le dimensioni!). Serve solo a far girare nei tubi la merda del voto a maggioranza, cioè la fine della democrazia rappresentativa a beneficio di interessi economici chiaramente individuabili, come capirete leggendo il suo articolo. Vedrete quindi che di polilateralismo si parlerà (magari dandogli un altro nome). Il potere di agenda setting di questi ruffiani è notevole: questa roba ci verrà riproposta, anche perché, oggettivamente, se non si riattacca alla canna del gas russo la Germania non dico sia finita, ma resta in grossa difficoltà (da qui il bisogno di un quadro concettuale di riferimento "alto" in cui collocare questa aspirazione tattica).
Io che ne penso?
Io ne penso quello che ne pensavo tredici anni fa: la proposta di Frey ha un senso, se però la si prende sul serio. Invece di mantenere uno scombiccherato sistema di GFSC de facto, bisognerebbe ragionare serenamente su come attuare un sistema di GFSC de jure, rimettendo in discussione, e regolando con appositi trattati, tutte le aree di cooperazione funzionale fra Paesi europei e viciniori, a partire da quella monetaria, per arrivare a quella energetica, ecc.
Lo si farà?
Certo che no!
Le alate parole di Blanchard, ripeto, nell'immediato servono solo ad addolcire la pillola del voto a maggioranza, dimostrandone (?) la necessità (e in quella direzione va anche il Migliore).
Ci riusciranno?
Su questo ho dei dubbi. Mi ricordo bene quando altri misero nei tubi la merda della regola della spesa, che poi girò per anni fino ad essere approvata lo scorso anno. Un anno dopo la sua entrata in vigore, chi la propugnò ora la contesta (vedi il post precedente). La strada sbagliata non porta mai nel posto giusto, o, se ci porta, difficilmente chi la percorre riesce ad arrivarci. L'eversione delle nostre democrazie non è la strada giusta. Non c'è arzigogolo di pensionati d'oro che possa convincerci del contrario.
Ma intanto prendiamoci il lato positivo di certi conati dialettici: Blanchard ha confessato che, anche per i fessacchiotti secondo cui grande è bello, l'UE non sarà mai abbastanza grande. Resta così, per loro, una domanda: e quindi?
sabato 15 febbraio 2025
QED 106: l’Unione Europea! (sipario)
Benedetti figliuoli! Qui non si riesce più a respirare! Me ne tornavo tutto tranquillo dall’incontro con la community abruzzese (incontro molto piacevole, da replicare spesso: Massimo ha proposto una cadenza bimestrale…) e mi trovo sul groppone due interviste (una con La Stampa e l’altra con Il Tempo) ma soprattutto un altro gigantesco QED (ormai si susseguono a cadenza quasi oraria)!
Vi ricordate di quando vi ho spiegato che una persona normale non avrebbe dovuto preoccuparsi dei dazi di Trump?
Questo terrore potevamo tranquillamente lasciarlo ai piddini, perché le alternative ai dazi come strumento di riequilibrio di uno squilibrio commerciale erano molto più devastanti. I dazi sono selettivi, mentre la svalutazione del cambio, o la svalutazione interna (agli Stati Uniti) no, e avrebbero effetti ben peggiori, nel senso di quantitativamente e qualitativamente più rilevanti, su di noi. Ve lo scrissi qui meno di un mese fa.
Oggi qualcuno ha rilanciato questo, che in realtà è di due giorni fa (ma io avevo le audizioni della mia commissione e me l’ero perso):
L’ottimo Liturri ci regala questo ritaglio del tanto pregiato quanto scontato articolo (non mi riferisco ai disperati tentativi del Financial Times di acquisire abbonati concedendogli sconti generosi, quanto alla sua connaturata incapacità di dire qualcosa che possa stupire un lettore di Goofynomics):
Stranamente, pare che i dazi, cioè (come dicono gli imbecilli che parlano di deportazioni) le tariffe (acqua luce gas?), saranno applicate in modo selettivo, paese per paese. Chi non avesse ancora capito perché può rivolgersi alla nostra economista di riferimento, la dottoressa Grazia Arcazzo, che è comunque doveroso seguire: in questo periodo di trionfo dell’ovvio, chi meglio di una ovvinionista può aiutarci a non perdere la bussola?
Claudio, che ha una capacità di lavoro superiore alla mia, e quindi non si era perso questo passaggio, già ieri giubilava:
Io, per dirla tutta, e non per fare pregiudizialmente il bastian contrario, non sono così sicuro che questa mossa di Trump sia così risolutiva, ma certamente, se non la fine, è almeno l’inizio della fine del progetto assurdo nel quale ci troviamo invischiati.
In un mondo razionale la fine si avrebbe in effetti nel caso opposto, cioè se gli stessi dazi venissero applicati indiscriminatamente a tutti gli Stati membri, indipendentemente dalla loro posizione commerciale nei riguardi degli Stati Uniti. In altri termini, se tutti venissero puniti per colpa dell’arroganza tedesca che ha portato la Germania a ingaggiare una svalutazione competitiva nei riguardi degli USA, allora qualcuno potrebbe chiedersi quali siano i benefici di restare legati da un progetto politico a un paese che ha queste ricorrenti pulsioni suicide, e potrebbe decidere di sciogliersi da quello che Bertinotti avrebbe definito “un abbraccio mortale” (almeno nell’imitazione che mi faceva Corrado Guzzanti). Viceversa, se il colpevole, com’è astrattamente giusto, verrà colpito più di chi non c’entra nulla, e quindi se i dazi verranno applicati principalmente alla Germania, che è il paese con il maggior surplus, potrebbe succedere una cosa diversa: che i Paesi meno arroganti non percepiscano subito il rischio di restare legati alla Germania, mentre quest’ultima, in piena consonanza con il suo stato di animale ferito, potrebbe avere reazioni inconsulte.
Tuttavia, questo ragionamento, seppure sostenuto da alcuni precedenti storici, è forse eccessivamente razionale. La politica è fatta anche di simboli, e il fatto che si decida di trattare in modo bilaterale con i Paesi membri di un progetto politico che ritiene di essere la più avanzata e performante realizzazione del multilateralismo, oppure, se volete, a livello più tecnico, il fatto che si decida di smantellare quella che nasce come una unione doganale definendo dazi diversificati per ognuno dei suoi membri, ha una carica simbolica fortissima.
Godiamoci quindi questo momento, con le sue ambiguità, e consapevoli del rischio che potrebbe essere fugace. Sento già i piddini far festa per il risultato delle elezioni di midterm (le elezioni che gli imbecilli che parlano di deportazioni e tariffe chiamano elezioni “di medio termine”, anziché di metà mandato)! Questo rischio però secondo me è basso. Esattamente come gli imbecilli che si sono stracciati le vesti per settimane ululando sui disastri che il nuovo codice della strada avrebbe prodotto hanno in realtà contribuito al suo successo, perché il loro terrorismo ha indotto tutti a una prudenza che la semplice lettura della norma non sarebbe riuscita a suggerire, la feccia prezzolata globalista che ci ha tritato le gonadi per anni con le magnifiche sorti e progressive di un mondo costruito esclusivamente per mettere i nostri lavoratori in concorrenza col lavoro a basso costo dei paesi emergenti si è spinta talmente in là che il popolo la ha in odio, non la sopporta, la schifa, la rifugge, sarebbe disposto anche a farsi del male pur di farle del male, ed è quindi tanto più disposto a farsi del bene, riappropriandosi del proprio destino, ovviamente sempre per farle del male, per liberarsi di lei. Se anche gli Stati Uniti fra due anni fossero meno di destra, il mondo sta andando a destra. La nostra personale Guerra dei trent’anni è lungi dall’essere terminata, ma l’impero è decisamente in affanno.
E siccome la cosa non mi toglie il sonno, ma anzi me lo restituisce, restituendomi anche un sorriso, con un sorriso vi auguro la buona notte! Ci sarà ancora molto da fare, ma sarà meno faticoso se, come oggi sembra, riusciremo a vedere la direzione nella quale ci stiamo muovendo e gli obiettivi che intendiamo conseguire.
Souvenir de voyage
(…questa la scattai il giorno in cui scrissi questo post, che resta uno di quelli cui più sono affezionato, nel luogo in cui scattai la foto riportata nel post, il luogo dove l’uomo a cavallo riposa. Per qualche motivo, pensavo che fosse un utile promemoria, ma non avrei mai sospettato che potesse essere così tanto utile. Non costringetemi a chiudere i commenti…)
venerdì 14 febbraio 2025
QED 105: Le regole! (sipario)
(...venerdì pomeriggio al sesto piano di San Macuto c'è il deserto. Che meraviglia! Un caffettino al bar - la signora aveva appena pulito la macchina, ma mi ha odiato poco - ed eccoci qui per tornare a una delle consuetudini caratterizzanti di questo blog, il QED, il "quod erat demonstrandum", cioè un post scritto per far notare che una cosa di cui avevamo affermato l'inevitabilità si è finalmente palesata! Non sarà elegante, ma è scientifico: bisognerà pure testare le proprie ipotesi, no? Ultimamente avevamo intermesso questa pratica, ma solo perché la gragnuola di QED era così vivace da impedirci di star dietro a tutti. Bisognerà però che almeno i più importanti continuiamo a verbalizzarli, e quello di oggi è importante, oh, se lo è!...)
Al minuto 13:30: "Per noi era assolutamente chiaro già un anno e mezzo fa che Francia e Germania erano in grosse difficoltà. Questo che cosa determina dal punto di vista delle regole? Determina una cosa molto semplice: che a violarle o a chiederne un allentamento saranno come sempre Francia e Germania. Saranno loro a crearci spazio fiscale." (musica in sottofondo).
153 giorni dopo:
(qui).
Solo una cosa: quale che sia il racconto che vi verrà fatto, sappiate che alla riunione di dicembre 2023 in cui decidemmo di mandare a stendere il MES ci era assolutamente chiaro che dei due no che erano sul tavolo (no al MES, no alle regole) quello da dire era il no al MES, perché interessava solo noi, e quindi se noi non l'avessimo detto non l'avrebbe detto nessun altro, mentre il no alle regole lo avrebbero detto gli altri, perché interessava più a loro che a noi.
Guarda caso, sta andando proprio così.
Questo si chiama pensiero strategico, e comunque tu la pensi, caro lettore, dovresti essere rassicurato dal fatto di sapere che in Italia c'è ancora qualcuno che ne è capace.
E ora divertiamoci: ce n'est qu'un début.
(...e ora faccio la spesa e torno a casa: ho un disco da montare, e spero che vi piacerà...)
Il magazzino fiscale
Scusate, due parole di verità su un termine che probabilmente sentirete citare nei prossimi giorni in sede di discussione delle proposte di "pace fiscale": il "magazzino", oggetto dei sogni bagnati degli ortotteri.
Che cos'è il "magazzino"?
Si indica con questo termine l'ammontare dei crediti che l'erario vanta verso i contribuenti, più specificamente di quelli iscritti a ruolo, cioè delle cartelle esattoriali emesse. L'idea semplicistica è più o meno questa: i bottegai (il barista che non fa lo scontrino, Idraulik che non fa la fattura, ecc.) sottraggono all'erario mille miliardi (rectius: mille mijardi, perché la pronuncia elettiva delle cazzate lievi imprecisioni resta per me il romanesco), quindi basterebbe andare a casa dei bottegai a prenderli e come per magia abbatteremmo il debito pubblico di oltre un terzo!
Basta poco, che cce vò?
La realtà, non ne sarete stupiti, è un pochino più nuancée. Vi fornisco qualche dato per orientarvi. I dati che userò non sono recentissimi (quelli recenti li ha il viceministro Leo, più tardi glieli chiedo) ma la situazione è caratterizzata da una certa inerzialità, quindi il quadro che vi fornirò può essere considerato veritiero. Li ho tratti da questa audizione del Direttore dell'Agenzia in Commissione Finanze, svoltasi nel luglio del 2023.
La sintesi all'epoca era questa:
I miliardi complessivi erano 1153, il fenomeno riguardava 22,8 milioni di contribuenti (persone fisiche e aziende). Poco fa l'ottimo Gusmeroli mi ha citato questa fonte:
da cui si desume che negli ultimi due anni siamo passati da 1153 a 1275 (un incremento di 122 miliardi, di cui 68 nel 2024), con un tasso di crescita di poco superiore al 5% l'anno.
Nell'attesa di avere il dettaglio 2024, vi faccio vedere il dettaglio 2022, così vi fate un'idea.
E qui già cominciate a capire che la favoletta dei "mille mijardi" non corrisponde esattamente alla realtà. Al netto dei soggetti falliti, dei soggetti deceduti, dei nullatenenti (anagrafe tributaria negativa) e dei contribuenti già soggetti ad azione cautelare o esecutiva (pignoramenti, ecc.), il magazzino residuo netto si riduce a 114 miliardi, di cui circa 79 di crediti verso l'erario, 24 di crediti verso gli enti previdenziali, e il resto di crediti verso altri enti (enti locali, consorzi di bonifica, ecc.).
Sempre tantissima roba, siamo d'accordo, ma dovremmo poi ragionare sul perché continuiamo a raccontarci che possiamo riscuotere somme che all'atto pratico si sono dimostrate inesigibili...
Un altro spaccato interessante riguarda quando sono sorti questi crediti:
Il 29% dei crediti è sorto nel decennio 2000-2010: diciamo, per avere un ordine di grandezza, che in quel decennio ogni anni ha contribuito al 3% dell'attuale magazzino (ragionamento grossolano, lo ammetto in partenza). Il 59% dei crediti è sorto nel decennio successivo, quello dell'austerità: diciamo che in quel decennio ogni anno ha contribuito al 6% dell'attuale magazzino, cioè a circa il doppio di quanto era accaduto prima. I benefici dell'austerità sono evidenti. Nel biennio 2021-2022 ogni anno ha contribuito a circa il 6% del magazzino (e qui si vedono pandemia, guerra, ecc.).
La tabella che mi affascina di più, però, è questa:
Il 47,6% dei contribuenti inseguiti dall'Agenzia (che fa bene ad inseguirli, sia chiaro!) hanno debiti fino a 1000 euro, cioè relativamente irrisori, che corrispondono allo 0,9% del totale del carico residuo (cioè del "magazzino"). Di converso, il 69,0% del carico residuo, cioè oltre due terzi del magazzino, è in capo ad un 1,3% di grandi debitori, circa 296000 contribuenti che hanno debiti superiori al mezzo milione di euro.
Questi dati in linea di principio suggerirebbero che c'è un problema di grandi "evasori" (metto le virgolette perché l'esistenza di una cartella non presuppone che ci sia stata la volontà di evadere, ma solo l'impossibilità di pagare) da cui non si riesce a riscuotere, perché nel frattempo occorre gestire amministrativamente il restante 98,7% di piccoli e medi debitori. Va però capito che queste tabelle andrebbero lette in modo organico, cioè incrociate fra loro, e questo grado di dettaglio io non ce l'ho e quindi non posso darvelo. Ad esempio: se i soggetti deceduti o falliti si concentrassero tutti, per qualche cinico scherzo del destino, in quell'1,3% di grandi "evasori", è chiaro che i 796 miliardi circa da loro dovuti ce li saremmo fumati tutti. Di converso, partendo invece dalla Tabella 3, non è chiaro quanto dei 114,18 miliardi potenzialmente esigibili siano costituiti da crediti minimi, medi, o massimi. Non mi ricordo se questi dati ci siano mai stati forniti, me ne accerterò.
Infine, un minimo di dettaglio sui precedenti tentativi di "pace fiscale":
(sotto i governi Renzi, Gentiloni e Conte I). Io in particolare gestii in Commissione Finanze del Senato il DL 119/2018 (con l'ottimo Massimo Bitonci), quello cui, come vedete, aderirono un milione e 450.000 contribuenti, cui si poteva aderire entro il 30 aprile 2019 e da cui ci si aspettava di riscuotere 26,3 miliardi (che sarebbero stati circa un quarto dei crediti effettivamente esigibili) secondo questo meccanismo:
due maxirate iniziali pari al 10% del dovuto, e il resto in sedici rate tutte uguali a partire dal 28 febbraio 2020. Giusto per farvi capire che molti contribuenti sono entrati nel lockdown che ha azzerato i loro fatturati dopo essere stati adeguatamente munti della loro liquidità (poi ci saranno stati i furbi, eccetera: anche su questo sarebbe utile avere un maggiore dettaglio). Se si tiene conto di questo dato, e del fatto che la pandemia ha determinato una complicatissima vicenda di sospensioni della riscossione, riammissione in termini di alcuni soggetti decaduti, ecc., il fatto che a fine 2022 questo provvedimento fra riscosso e quota abbonabile (sanzioni e interessi) abbia ridotto il magazzino effettivamente esigibile di 10 miliardi (meno della metà del totale previsto) non può essere considerato un pessimo risultato. Diciamo che la ter non è andata peggio delle due edizioni precedenti, pur essendo entrata a regime nel periodo più disastroso della storia italiana, in particolare per le partite IVA.
Tanto vi dovevo.
Molti di voi queste cose le avranno sapute, altri no, saperle è utile.
Dichiaro aperta la discussione generale (e ci vediamo dopo a L'Aria che tira...).
martedì 11 febbraio 2025
lunedì 10 febbraio 2025
Un’altra breve riflessione (articolo 68)
L’ho fatta nella cloaca nera, dove trattandosi di tema “divisivo”, che “non interessa la sciura Maria”, ed espresso con l’inefficacia che mi è propria, senza la mediazione professionale dei iComunicatori™️, è passata del tutto inosservata:
Per essere completamente onesto, visto che posso permettermelo (non essendo un Brandi qualsiasi), aggiungo che non è farina del mio sacco. È stato un giurista che voi conoscete, e che non nomino perché non so se desidera essere nominato e perché se invece lo desidera interverrà qui, visto che è uno di noi, a farmi notare questo dettaglio, che dettaglio non è.
Il tweet lo trovate qui, impreziosito dai commenti dei sinistri troll del PD, con cui, se vorrete voi, non io, potrete divertirvi. I loro commenti mi interessano zero, quindi, necessariamente, i vostri mi interessano di più (da zero virgola in su…)!
Aggiungo solo due sottolineature, al duplice scopo di mettere in prospettiva questo commento e di valorizzare quanto abbiamo fatto qui nei lunghi anni che ci hanno visti crescere insieme.
La prima è che qui, spesso, abbiamo evocato la presenza di nazisti negli apparati della Germania post-bellica, anche per trovare una matrice culturale che in qualche modo spiegasse la natura così apertamente totalitaria del progetto europeo, ne rintracciasse radici storiche concrete in una continuità non solo amministrativa, ma anche per così dire esistenziale, col precedente regime della potenza egemone (il nazismo). Su questo tema c’è letteratura, e, guarda caso, uno dei lavori più rilevanti, i Rosenburg files, riguarda proprio la continuità nel ministero della giustizia tedesco.
La seconda è che quando, più e più volte, vi ho ammonito sul fatto che l’Italia era stata ricostruita con e dai fascisti, e che quindi il piazzaleloretismo e il norimberghismo erano e sono atteggiamenti stupidi, lo facevo sulla base di una mera evidenza logica: era ovviamente impossibile che se il giorno prima praticamente tutti erano fascisti il giorno dopo praticamente tutti fossero diventati antifascisti. La lettura di “Sorvegliata speciale” sta dando a questo mero dato logico una veste concreta: il libro riporta i nomi e i cognomi dei tanti fascisti che si sono trovati in posizioni chiave nei vari ministeri e in altri apparati dell’Italia antifascista. Per questo motivo la riflessione che il giurista per ora anonimo ha condiviso con me, e alla quale ho dato la veste goffa e inefficace che vedete qua sopra, mi ha convinto particolarmente, spingendomi non solo a proporla nella cloaca, dove mentre vi scrivevo è arrivata a 52.500 visualizzazioni (la sciura Maria sta facendo la spesa…), ma anche qui, dove attendo sereno le vostre considerazioni.