Partiamo dalla fonte dei dati, così potete rifarvi voi i conti se non credete ai vostri occhi.
Ho utilizzato una fonte particolarmente autorevole: l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, che è l'unica a fornire un database omogeneo sui salari reali. Lo trovate in appendice al Global Wage Report 2024, è un foglio Excel accessibile cliccando qui:
che riporta i tassi di crescita dei salari nominali e reali.Ricostruire dai tassi di crescita i numeri indice, onde ottenere un grafico come quello ammannitoci oggi dalla fabbrica seriale di lievi imprecisioni:
è presto fatto: semplicemente si pone pari a 100 un certo anno, e da lì in avanti si ricostruisce la serie usando appunto il tasso di crescita, semplicemente così:
(qui vedete come in K18 ho costruito il dato coreano per il 2009).
Applicando questa semplice formula, in effetti, otteniamo esattamente il grafico riportato sopra:Quindi i dati sono quelli, quella è la fonte, quello è il metodo di calcolo, e quello è il risultato.
Un risultato travisato, però, anche se del travisamento, mi occorre dirlo, non è responsabile il Corriere della Sera (che pure spesso ha volutamente travisato, come sapete: ma scordiamoci il passato). Il travisamento, più o meno volontario, è nella fonte secondaria, correttamente citata dal Corriere: la nota di diffusione relativa all'Italia tratta dal rapporto globale dell'ILO. In che cosa consiste questo travisamento? Come spesso accade, nella scelta dell'anno di riferimento. Non si capisce infatti che particolare senso abbia considerare "lungo periodo" quello che comincia dal 2008, o, se volete, quale strana cabala costringa a considerare un lasso di tempo di 17 anni, quando la fonte primaria ne riporta 25 (i venticinque anni dal 2000 al 2024). Certo, nessuno nega le virtù del 17, il terzo numero primo di Fermat (e anche il tre ha un suo perché), un numero omirp, che nella Smorfia rappresenta 'a disgrazzia, e infatti andando indietro di 17 anni da oggi troviamo il 2008, anno di una discreta disgrazia finanziaria globale.
Qualcuno potrebbe dire: beh, proprio perché è l'anno della crisi, ha senso prendere il 2008 come punto di partenza dell'analisi, che così ci informa su che cosa è successo nel "dopo crisi". Ora, a parte che per noi il post-crisi "ancora arriva" (come dicono a Pescara per dire: "non è ancora arrivato"), si capisce bene che se per esaminare un fenomeno parti da un riferimento perturbato l'analisi non sarà tanto chiara! Non credo che per misurare la profondità di un fondale si scelga una giornata di mare forza sette, non per altro, ma perché per capire quale questa profondità effettivamente sia dovresti fare parecchie misurazioni e prendere la media!
Ma qui la questione, come sapete (dispero, ma mi illudo), è più sottile e più grave!
Partendo dal 2008 in effetti non si vede qual è stata la causa della crisi salariale europea, e si fornisce anche una visuale un po' distorta dei risultati complessivi dell'ingresso nell'Unione Monetaria.
Perché?
Per farvelo capire, rifaccio lo stesso grafico partendo dal 2003:
Stessa fonte, stesso metodo, ma aspetto un po' diverso, non trovate? Dal 2003 al 2009 infatti questo grafico mostra un fenomeno molto evidente: la decrescita del salario reale tedesco in totale controtendenza rispetto a quelli di tutti gli altri Paesi (membri o meno dell'Eurozona). Non dovrebbe essere una assoluta novità! Nonostante qualche
Una sintesi giornalistica per una volta assolutamente corretta, dato che il testo dell'intervista recita:
La ricetta tedesca era questo: praticare una politica beggar-thy-neighbour di svalutazione interna, mantenendo la crescita del salari al di sotto di quella della produttività per far diminuire il costo del lavoro per unità di prodotto (la spiegazione dettagliata ve la diedi nel post su Lampredotto), di fatto facendo diminuire i salari reali, allo scopo di sfruttare la domanda degli altri Paesi membri, esportando loro automobili, sommergibili, ecc.
Nel 2011 per l'Italia quella di "fare come i tedeschi nel 2003", come chiedeva Berger, era diventata una necessità.
Perché?
Perché i tedeschi, facendo come i tedeschi (cioè fottendo i vicini) dal 2003 in poi avevano provocato un massiccio squilibrio dei saldi di bilancia dei pagamenti, come vi ho mostrato a Roma:
Nel periodo fra le due linee verticali la Germania aveva accumulato crediti verso il resto dell'Eurozona, esportando verso gli altri Paesi membri i capitali che questi usavano per finanziare l'acquisto di beni tedeschi. All'arrivo della crisi, questo simpatico carosello dovette bruscamente arrestarsi: le banche tedesche dovettero smettere di rifinanziare le posizioni debitorie del Sud e rientrarono bruscamente, imponendo ai Paesi periferici la cura da cavallo. Lì si comincia a vedere il tracollo del salari italiani, et pour cause: stavamo facendo come la Germania, perché eravamo costretti a farlo, in risposta all'aggressione tedesca!
Ora, se la storia la racconti tutta, non solo capisci che l'ampiezza della crisi ha un responsabile, il tumore tedesco che si nutre a spese dei tessuti sani circostanti, ma capisci anche che il destino del tumore è quello di morire col corpo che uccide. Insomma: il famoso concetto del "segare il ramo su cui si è seduti", qui ripetuto ad nauseam. In effetti, mentre facendo base 2008 pare che la Germania abbia ottenuto il secondo miglior risultato in termini di crescita dei salari, facendo base 2003, cioè partendo a bocce ferme, prima dell'aggressione tedesca, prima della svalutazione competitiva dei salari tedeschi, si vede che nel 2024 la Germania non è in seconda, ma in quinta posizione, ampiamente giù dal podio, mentre i primi quattro Paesi per crescita dei salari sono, guarda un po', tutti esterni all'Eurozona: Corea (del Sud), Canada, Australia e Stati Uniti. Paesi che non hanno avuto bisogno di reprimere i propri salari per rispondere allo shock della crisi, perché dotati della propria valuta.
Non sto a spiegarvi perché al Corriere (ma anche all'ILO, ma anche al Quirinale) preferiscono che non vediate le cose sotto questo profilo...
Voi a questo punto mi direte: "D'accordo, ma anche tu, scegliendo il 2003, fai una scelta arbitraria e che sai che giocherà a tuo vantaggio, perché non ti sei dimenticato di che cosa scriveva il Corriere nel 2011, quando confessava che il successo tedesco era dovuto al taglio dei salari dal 2003!"
Va bene! Accetto la critica. Allora facciamo così: utilizziamo tutti i dati disponibili, partiamo dal 2000. Il risultato è questo:
e, come vedete, non cambia. Si vede sempre la brutale aggressione tedesca dal 2003 (prima non c'è nulla di simile) e la Germania arriva sempre quinta (e non seconda) a fine periodo. Il suo reculer pour mieux
Notate bene: anticipando dal 2008 al 2003 il quadro cambia completamente, mentre anticipando dal 2003 al 2000 resta lo stesso. Questo testimonia il fatto che prendere come base un anno di grande turbolenza non ha molto senso, non fornisce un quadro attendibile e stabile. Le conclusioni che si ottengono con una simile analisi non sono robuste rispetto a una variazione del punto di riferimento.
Dovrebbe quindi essere chiaro che quando coso, come se chiama, quello, LVI, dice "credevamo, non sapevamo, pensavamo di dover competere...", dice fregnacce! Quella di competere sui salari non era un'idea estemporanea, un vezzo, una moda, un'ipotesi, un esperimento, ma una necessità i cui motivi erano stati spiattellati dal Corriere ed erano noti a tutti: perché la Germania ci aveva aggredito con una svalutazione competitiva del salario, attuando una svalutazione competitiva interna cui non potevamo che rispondere con una pari svalutazione interna, essenro precluso l'ammortizzatore del tasso di cambio (se ci fosse stato il marco, si sarebbe rivalutato già nel 2004). Lui questo lo sapeva allora come lo sa ora, anche se per ora non lo dice. La crisi salariale ha due presupposti: uno tecnico, l'integrazione monetaria, come ben sapevano i comunisti; uno politico, il PD, cioè il macellaio dal grembiule rosso chiamato a fare macelleria sociale fra il plauso delle vittime, tutte contente di essersi liberate di un uomo che invidiavano: Berlusconi.
That's it! Non c'è altro da aggiungere. Eppure molti di voi questa storia non l'hanno capita nella sua limpida efferatezza e nel suo inevitabile epilogo, che è ancora di là da venire, ma che è chiaramente iscritto nella traiettoria che vi ho descritto.
Come dice lui: "Don't look at me, look at the road! That's how accidents happen!"
Io la road meglio di così non so mostrarvela.
Credo sia inevitabile che qualche accident possa happen.
Salutateme a Fukuyama!...