La riduzione del numero dei parlamentari, in effetti, ha inflitto un vulnus significativo alla loro capacità di incidere, non solo negli organi parlamentari di controllo, ma in generale in tutti gli ambiti in cui si esplica la loro attività. Tuttavia, c’è un’altra cosa che impedisce ai parlamentari di lavorare bene sotto il profilo dell’attività legislativa, e che condiziona pesantemente il tempo che hanno da dedicare alle altre attività di vigilanza, controllo, inchiesta, eccetera.
È l’abuso della decretazione d’urgenza.
Apprendo da letture casuali che Mortati era scettico sull’inserimento del decreto-legge in Costituzione, prevedendo che di questo strumento si sarebbe abusato. La conseguenza di questo abuso, però, forse non è chiara a tutti. L’abuso di decreti legge si traduce in un monocameralismo di fatto. Formalmente il sistema rimane caratterizzato da un bicameralismo paritetico (non direi perfetto, perché i due rami del Parlamento hanno regolamenti interni diversi, ma questo dibattito nominalistico non mi interessa, e non ho neanche le competenze per sostenerlo). Praticamente, l’obbligo di conversione entro 60 giorni fa sì che nella prassi la legge di conversione venga esaminata approfonditamente solo da un ramo del parlamento, e arrivi, come si suol dire, “blindata” all’altro ramo del Parlamento, che, nei fatti, non può modificarla (cioè non può emendare il decreto legge), e anzi deve approvarla in fretta e furia con un voto di fiducia che si traduce nell’ennesimo sfogatoio delle opposizioni (sfogatoio che sarebbe anche giustificato, se non fosse che gli addetti ai lavori hanno memoria abbastanza lunga per ricordarsi che quando le opposizioni erano al governo, facevano anche di peggio).
Ora, in questo senso la riforma di Renzi avrebbe fatto anche una cosa buona, un’operazione di onestà intellettuale: adottare un monocameralismo de iure, laddove tanto il regime è monocamerale de facto. È un po’ il discorso che abbiamo fatto tante volte rispetto alla Presidenza della Repubblica: siamo in una Repubblica presidenziale de facto, il che, se da un lato ci consente di crogiolarci nella illusione di essere in una Repubblica parlamentare (luogo in cui solo i gonzi credono di vivere!), dall’altro ci priva dei contrappesi che il potere della Presidenza incontra nelle repubbliche presidenziali de iure, e non mi riferisco tanto all’ipotesi melodrammatica di impeachment, quanto alla più banale responsabilità politica derivante ad esempio da una elezione diretta. Probabilmente un giurista sorriderà della rozzezza del mio ragionamento, ma io continuo ingenuamente a pensare che sia meglio allineare le due Costituzioni, quella formale e quella materiale. Questo perché all’interno di una Costituzione formale è più facile esplicitare e quindi più probabile che esistano delle garanzie, appunto, formali, di equilibrio fra i poteri.
Così, in un sistema che fosse presidenziale anche de iure, quella che sempre più platealmente si configura come la detentrice ultima dell’indirizzo politico, cioè la Presidenza della Repubblica, verrebbe soggetta ad una responsabilità politica, ad esempio attraverso il meccanismo di elezione diretta del suo vertice. Non accadrebbe così, come ho visto accadere nella mia breve esperienza politica, che l’attività di un Parlamento restasse bloccata per circa un semestre nel tentativo di scongiurare che un parlamento di sinistra eleggesse con una elezione di secondo livello un presidente di sinistra in un Paese di destra. In questo senso, il riallineamento della costituzione formale a quella materiale consentirebbe ai detentori della sovranità di ristabilire loro un certo equilibrio fra i poteri.
Un ragionamento simile si può fare per il monocameralismo. Soprattutto dopo il taglio dei parlamentari, ma in realtà anche prima, un passaggio esplicito al sistema monocamerale avrebbe allungato in modo significativo i tempi dell’unico passaggio parlamentare cui un decreto è sottoposto. Risparmiando la decina di giorni dedicati alla pulcinellata della fiducia sul decreto blindato nell’altro ramo per dedicarli a ulteriori approfondimenti sul testo, ulteriori confronti col governo, ulteriori attività di audizione e di emendamento, in un sistema monocamerale de iure il Parlamento potrebbe arginare e indirizzare in modo più efficace l’attività legislativa d’urgenza di iniziativa governativa. Anche in questo caso, un riallineamento della Costituzione formale a quella materiale consentirebbe un migliore equilibrio fra i poteri.
Notate che escludo la possibilità di riallineare la Costituzione materiale a quella formale: il meccanismo del piano inclinato non vige solo nei rapporti con l’Europa, vige anche nei rapporti fra le istituzioni repubblicane. La Presidenza della Repubblica per un verso e il Governo per l’altro ormai hanno esondato, e qui si pone, e come se si pone, un problema di tubetto e dentifricio! Possiamo crogiolarci nell’idea di riavvolgere il nastro, ma non funziona così. Sarebbe meglio riconoscere pragmaticamente che, se le cose si sono spinte troppo oltre, va creata una nuova linea di difesa. Forse nelle proposte riformatrici di Renzi (mi riferisco in particolare al monocameralismo) era presente anche, in parte, uno spirito simile. E quindi forse, ed è un gigantesco forse, Renzi avrebbe fatto anche cose buone, se ci fosse riuscito.
Ma perché non ci è riuscito?
Direi per narcisismo, cioè perché non ha capito quanto lui di persona personalmente stesse sui coglioni alla maggioranza degli italiani, che quindi gli hanno votato contro semplicemente per scrollarselo di dosso, nella speranza, rivelatasi poi vana, che lui tenesse fede alla promessa fatta di andarsene, se avesse perso. Lo chiamerei, se non temessi di nobilitare troppo il contadino, l’effetto Rostov: ricordate quando alla sua prima carica il giovane ussaro si rende conto che i nemici gli stanno sparando addosso e si chiede perché mai ce l’abbiano con lui, perché dovrebbero uccidere un giovane cui la sua famiglia vuole tanto bene?
Al netto dei dati caratteriali, gli italiani stupidi non sono, e non potevano non vedere come un nemico chi li aveva privati di salario e diritti. Questo ha senz’altro giocato un ruolo, ma un ruolo altrettanto determinante è stato giocato da una comunicazione truffaldina che ha spostato l’attenzione su un falso problema, quello della “navetta”. Qui forse hanno preso il sopravvento i comunicatori, che in ossequio al mitologema della sciura Maria devono aver spiegato agli alti vertici che il passaggio al monocameralismo andava giustificato in ragione della maggiore speditezza derivante dalla singola lettura. Il problema era esattamente opposto: era l’eccessiva speditezza di una singola lettura delle leggi di conversione dei decreti in un sistema che continua a dover far finta di fare due letture. Può darsi che questo la sciura Maria non lo capisca, e magari che io non sia riuscito a farlo capire a voi. Ma può anche darsi che raccontando le cose come stanno, anziché inventarsi balle per il piacere di inventarle e venendo smentiti dalle statistiche sarebbe servito a far capire prima anche a me che una persona che non merita attenzione stava portando avanti proposte che meritavano una riflessione.
Ma appunto, se quella persona avesse meritato attenzione, sarebbe stato un testimonial meno pessimo di simili proposte, e forse la storia avrebbe preso comunque un’altra piega.
Che è poi un modo per dire, concludendo, che Renzi avrebbe fatto anche cose buone se non fosse stato Renzi, cioè una persona da cui nessuno comprerebbe un’auto usata e nemmeno una riforma nuova.
Di lui, quindi, possiamo tornare a non occuparci senza eccessivi rimpianti (rimpiango solo le spille della Lega che Sua Puerilità mi ha sottratto)! Del principio stabilito però, cioè del fatto che astrattamente penso sia preferibile allineare la Costituzione formale a quella materiale, forse dovremmo continuare ad occuparci, anche perché non escludo che abbia ulteriori declinazioni, oltre a quella di riflettere sulla Repubblica presidenziale e sul sistema monocamerale (che se esistono de facto forse sarebbe meglio che esistessero de iure).
Aggiungo una considerazione. Se i Governi abusano della decretazione d’urgenza, è perché qualcuno glielo permette, e chi dovrebbe impedirglielo, secondo una certa dottrina, è proprio la presidenza della Repubblica. Qui non si tratta di contestare il potere di iniziativa legislativa del Governo. Qui si tratta di rivendicare, salvo casi realmente eccezionali, dei tempi umani di analisi dei provvedimenti governativi da parte del Parlamento. Si tratta cioè di rispettare un’esigenza di equilibrio fra i poteri, perché il vero problema nella grammatica dei nostri poteri costituzionali non è quello della separazione, ma quello dell’equilibrio. A voler essere maliziosi, ma sapete che io non lo sono, si potrebbe quasi pensare che questo abuso, in quanto si traduce in una ulteriore compressione dei poteri effettivi nei vostri rappresentanti, sia allegramente tollerato da una istituzione che, nella fattoria delle istituzioni tutte uguali, molto evidentemente aspira con successo ad essere più uguale delle altre.
Ma perfino io, che sono una brutta persona, non riesco a pensare a un simile atteggiamento tattico!
Concludendo: le strade attraverso le quali potreste, potrete (?), tornare a incidere sono plurime. Non possiamo escludere che una ci sia stata indicata dal simpatico smargiasso che continua a dare pessimi consigli, non potendo più dare un pessimo esempio. Ci va comunque fatto un pensiero…