martedì 25 marzo 2025

I manipolatori: venticinque anni di storia del salario reale

Partiamo dalla fonte dei dati, così potete rifarvi voi i conti se non credete ai vostri occhi.

Ho utilizzato una fonte particolarmente autorevole: l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, che è l'unica a fornire un database omogeneo sui salari reali. Lo trovate in appendice al Global Wage Report 2024, è un foglio Excel accessibile cliccando qui:

che riporta i tassi di crescita dei salari nominali e reali.

Ricostruire dai tassi di crescita i numeri indice, onde ottenere un grafico come quello ammannitoci oggi dalla fabbrica seriale di lievi imprecisioni:


è presto fatto: semplicemente si pone pari a 100 un certo anno, e da lì in avanti si ricostruisce la serie usando appunto il tasso di crescita, semplicemente così:

(qui vedete come in K18 ho costruito il dato coreano per il 2009).

Applicando questa semplice formula, in effetti, otteniamo esattamente il grafico riportato sopra:


Quindi i dati sono quelli, quella è la fonte, quello è il metodo di calcolo, e quello è il risultato.

Un risultato travisato, però, anche se del travisamento, mi occorre dirlo, non è responsabile il Corriere della Sera (che pure spesso ha volutamente travisato, come sapete: ma scordiamoci il passato). Il travisamento, più o meno volontario, è nella fonte secondaria, correttamente citata dal Corriere: la nota di diffusione relativa all'Italia tratta dal rapporto globale dell'ILO. In che cosa consiste questo travisamento? Come spesso accade, nella scelta dell'anno di riferimento. Non si capisce infatti che particolare senso abbia considerare "lungo periodo" quello che comincia dal 2008, o, se volete, quale strana cabala costringa a considerare un lasso di tempo di 17 anni, quando la fonte primaria ne riporta 25 (i venticinque anni dal 2000 al 2024). Certo, nessuno nega le virtù del 17, il terzo numero primo di Fermat (e anche il tre ha un suo perché), un numero omirp, che nella Smorfia rappresenta 'a disgrazzia, e infatti andando indietro di 17 anni da oggi troviamo il 2008, anno di una discreta disgrazia finanziaria globale.

Qualcuno potrebbe dire: beh, proprio perché è l'anno della crisi, ha senso prendere il 2008 come punto di partenza dell'analisi, che così ci informa su che cosa è successo nel "dopo crisi". Ora, a parte che per noi il post-crisi "ancora arriva" (come dicono a Pescara per dire: "non è ancora arrivato"), si capisce bene che se per esaminare un fenomeno parti da un riferimento perturbato l'analisi non sarà tanto chiara! Non credo che per misurare la profondità di un fondale si scelga una giornata di mare forza sette, non per altro, ma perché per capire quale questa profondità effettivamente sia dovresti fare parecchie misurazioni e prendere la media!

Ma qui la questione, come sapete (dispero, ma mi illudo), è più sottile e più grave!

Partendo dal 2008 in effetti non si vede qual è stata la causa della crisi salariale europea, e si fornisce anche una visuale un po' distorta dei risultati complessivi dell'ingresso nell'Unione Monetaria.

Perché?

Per farvelo capire, rifaccio lo stesso grafico partendo dal 2003:


Stessa fonte, stesso metodo, ma aspetto un po' diverso, non trovate? Dal 2003 al 2009 infatti questo grafico mostra un fenomeno molto evidente: la decrescita del salario reale tedesco in totale controtendenza rispetto a quelli di tutti gli altri Paesi (membri o meno dell'Eurozona). Non dovrebbe essere una assoluta novità! Nonostante qualche povero scemo individuo diversamente perspicace all'epoca me la contestasse, quella che le aziende tedesche avessero ridotto i salari era una verità declamata anche dai titoli del Corsera. Guardate ad esempio che cosa scriveva il 4 dicembre del 2011:


Una sintesi giornalistica per una volta assolutamente corretta, dato che il testo dell'intervista recita:


La ricetta tedesca era questo: praticare una politica beggar-thy-neighbour di svalutazione interna, mantenendo la crescita del salari al di sotto di quella della produttività per far diminuire il costo del lavoro per unità di prodotto (la spiegazione dettagliata ve la diedi nel post su Lampredotto), di fatto facendo diminuire i salari reali, allo scopo di sfruttare la domanda degli altri Paesi membri, esportando loro automobili, sommergibili, ecc.

Nel 2011 per l'Italia quella di "fare come i tedeschi nel 2003", come chiedeva Berger, era diventata una necessità.

Perché?

Perché i tedeschi, facendo come i tedeschi (cioè fottendo i vicini) dal 2003 in poi avevano provocato un massiccio squilibrio dei saldi di bilancia dei pagamenti, come vi ho mostrato a Roma:


Nel periodo fra le due linee verticali la Germania aveva accumulato crediti verso il resto dell'Eurozona, esportando verso gli altri Paesi membri i capitali che questi usavano per finanziare l'acquisto di beni tedeschi. All'arrivo della crisi, questo simpatico carosello dovette bruscamente arrestarsi: le banche tedesche dovettero smettere di rifinanziare le posizioni debitorie del Sud e rientrarono bruscamente, imponendo ai Paesi periferici la cura da cavallo. Lì si comincia a vedere il tracollo del salari italiani, et pour cause: stavamo facendo come la Germania, perché eravamo costretti a farlo, in risposta all'aggressione tedesca!

Ora, se la storia la racconti tutta, non solo capisci che l'ampiezza della crisi ha un responsabile, il tumore tedesco che si nutre a spese dei tessuti sani circostanti, ma capisci anche che il destino del tumore è quello di morire col corpo che uccide. Insomma: il famoso concetto del "segare il ramo su cui si è seduti", qui ripetuto ad nauseam. In effetti, mentre facendo base 2008 pare che la Germania abbia ottenuto il secondo miglior risultato in termini di crescita dei salari, facendo base 2003, cioè partendo a bocce ferme, prima dell'aggressione tedesca, prima della svalutazione competitiva dei salari tedeschi, si vede che nel 2024 la Germania non è in seconda, ma in quinta posizione, ampiamente giù dal podio, mentre i primi quattro Paesi per crescita dei salari sono, guarda un po', tutti esterni all'Eurozona: Corea (del Sud), Canada, Australia e Stati Uniti. Paesi che non hanno avuto bisogno di reprimere i propri salari per rispondere allo shock della crisi, perché dotati della propria valuta. 

Non sto a spiegarvi perché al Corriere (ma anche all'ILO, ma anche al Quirinale) preferiscono che non vediate le cose sotto questo profilo...

Voi a questo punto mi direte: "D'accordo, ma anche tu, scegliendo il 2003, fai una scelta arbitraria e che sai che giocherà a tuo vantaggio, perché non ti sei dimenticato di che cosa scriveva il Corriere nel 2011, quando confessava che il successo tedesco era dovuto al taglio dei salari dal 2003!"

Va bene! Accetto la critica. Allora facciamo così: utilizziamo tutti i dati disponibili, partiamo dal 2000. Il risultato è questo:


e, come vedete, non cambia. Si vede sempre la brutale aggressione tedesca dal 2003 (prima non c'è nulla di simile) e la Germania arriva sempre quinta (e non seconda) a fine periodo. Il suo reculer pour mieux inculer sauter viene comunque scontato dai dati.

Notate bene: anticipando dal 2008 al 2003 il quadro cambia completamente, mentre anticipando dal 2003 al 2000 resta lo stesso. Questo testimonia il fatto che  prendere come base un anno di grande turbolenza non ha molto senso, non fornisce un quadro attendibile e stabile. Le conclusioni che si ottengono con una simile analisi non sono robuste rispetto a una variazione del punto di riferimento.

Dovrebbe quindi essere chiaro che quando coso, come se chiama, quello, LVI, dice "credevamo, non sapevamo, pensavamo di dover competere...", dice fregnacce! Quella di competere sui salari non era un'idea estemporanea, un vezzo, una moda, un'ipotesi, un esperimento, ma una necessità i cui motivi erano stati spiattellati dal Corriere ed erano noti a tutti: perché la Germania ci aveva aggredito con una svalutazione competitiva del salario, attuando una svalutazione competitiva interna cui non potevamo che rispondere con una pari svalutazione interna, essenro precluso l'ammortizzatore del tasso di cambio (se ci fosse stato il marco, si sarebbe rivalutato già nel 2004). Lui questo lo sapeva allora come lo sa ora, anche se per ora non lo dice. La crisi salariale ha due presupposti: uno tecnico, l'integrazione monetaria, come ben sapevano i comunisti; uno politico, il PD, cioè il macellaio dal grembiule rosso chiamato a fare macelleria sociale fra il plauso delle vittime, tutte contente di essersi liberate di un uomo che invidiavano: Berlusconi.

That's it! Non c'è altro da aggiungere. Eppure molti di voi questa storia non l'hanno capita nella sua limpida efferatezza e nel suo inevitabile epilogo, che è ancora di là da venire, ma che è chiaramente iscritto nella traiettoria che vi ho descritto.

Come dice lui: "Don't look at me, look at the road! That's how accidents happen!"

Io la road meglio di così non so mostrarvela.

Credo sia inevitabile che qualche accident possa happen.

Salutateme a Fukuyama!...

domenica 23 marzo 2025

I dazi di Draghi

C'è una cosa che mi fa sinceramente impazzire, che mi "manda ai matti", come si dice qui da dove vi scrivo, nella storia dei "dazi di Trump" che tante querimonie suscita a sinistra. Una cosa di così solare evidenza che molti, evidentemente, non la vedono. Vi aiuto a metterla a fuoco con un semplice disegnino che in linea di principio non dovrebbe aggiungere molto alle vostre conoscenze:


Qui avete il saldo della bilancia dei pagamenti dell'Unione Europea a 27 verso il resto del mondo (barre, scala di sinistra, dati annuali) e il cambio euro/dollaro (spezzata, scala di destra, dati medi annuali).

Dal 2008 al 2024 il saldo della bilancia del pagamenti aumenta di 649.8 miliardi di euro. Di converso, il tasso di cambio scende da 1,47 a 1,08 (svalutazione del 26,4%, che vista dagli Stati Uniti è una rivalutazione del 35,8% - se non vi è chiaro chiedete e vi spiego).

Che cosa non funziona in questo grafico?

Semplicemente il fatto che, per come avvengono gli scambi internazionali, acquisti (netti) di beni europei implicano acquisti (netti) di valuta europea. Un forte surplus estero implica cioè una forte domanda di euro per comprare beni prodotti nell'Eurozona. Logica vorrebbe quindi che, per la legge della domanda e dell'offerta, il cambio dell'euro si rivalutasse, cioè che un euro comprasse più, non meno dollari (e di converso un dollaro comprasse meno, non più euro). Insomma: in un mondo normale le due variabili si dovrebbero muovere insieme (vai in surplus, il cambio sale, vai in deficit, il cambio scende).

Il grafico mostra invece che mentre nel 2008 con un euro compravi quasi un dollaro e mezzo, oggi compri poco più di un dollaro, cioè che l'euro si è svalutato. Il contrario di quello che dovrebbe accadere: una correlazione negativa e piuttosto forte: - 0,7. Ne consegue aritmeticamente che mentre nel 2008 con un dollaro compravi 0,67 euro, oggi compri 0,92 euro, cioè che il dollaro si è rivalutato.

Questo significa, ad esempio, che oggi noi  a noi l'energia costa il 26,4% di euro in più di quanto ci costerebbe se non avessimo svalutato. Certo, sappiamo bene che il problema sono le oscillazioni selvagge del prezzo in dollari sui mercati internazionali, da cui l'euro non può proteggerci: resta il fatto che poi alla fine a noi per comprare l'energia occorre prima comprare dollari, e quindi se oggi l'euro fosse forte come nel 2008 pagheremmo l'energia molto di meno.

Di converso, la stessa cosa significa che agli Usa oggi i nostri beni costano molto meno, perché mentre nel 2008 con un dollaro si compravano solo 67 centesimi, oggi si compra quasi un euro (0,92 centesimi), e quindi a parità di prezzo in euro il prezzo in dollari dei beni europei è sceso (per comprare lo stesso euro ci vogliono meno dollari).

Visto dall'altra parte, naturalmente, questo significa che, a parità di prezzo in dollari, il prezzo in euro dei beni americani è salito, cioè che la svalutazione dell'euro ha nei fatti messo un dazio a tutti i beni prezzati in dollari: non solo le fonti di energia, come abbiamo detto, ma anche tutti i beni e servizi esportati dagli Stati Uniti.

Qual è il punto? Il punto è che l'euro si è svalutato, invece di rivalutarsi, proprio mentre esplodeva il surplus estero dell'Eurozona. Questa cosa ha due sole spiegazioni possibili, tra l'altro compatibili:

  1. o l'esplosione del surplus estero europeo è dovuta alla svalutazione dell'euro (che quindi si qualificherebbe come una svalutazione competitiva piuttosto aggressiva)
  2. oppure la non rivalutazione dell'euro in presenza di una esplosione del surplus dovuta ad altre cause (ad esempio, alla svalutazione del salari europei, candidamente confessata da Draghi al Senato) evidenzia una manipolazione della valuta da parte della Bce.

Insomma, i casi sono due:

  1. o la Bce ha manovrato il cambio per dare alle aziende europee un ingiustificato vantaggio competitivo;
  2. o la Bce ha manipolato il cambio per impedirgli di riflettere le forze di mercato (mantenendo alle aziende europee un vantaggio competitivo raggiunto in altro modo).

Non c'è nulla di scandaloso quindi nelle parole pronunciate da Trump il 27 febbraio scorso:

che, come vedete, non solo riflettono la logica economica (l'Unione Europea è una manipolatrice del mercato valutario), ma sono perfettamente compatibili con gli ordini di grandezza riflessi dai dati (tu mi fotti svalutando del 26% quando invece dovresti rivalutare? E io ti metto un dazio del 25%: uno pari e palla al centro!).

Scandalizzarsi di una misura simile, insomma, significa non sapere nulla di economia o non conoscere i dati (o entrambe le cose, cioè essere un operatore informativo).

Peraltro, e concludo, che la Bce fosse una manipolatrice del mercato valutario, o meglio che gli Stati Uniti la considerassero tale, per noi non è una assoluta novità. La schiuma di Twitter non consente di tenerne memoria, ma il blog, che è più notarile, ha messo più volte questa verità agli atti: tutta la storia ve l'avevo fatta qui nel 2019, e se andiamo a controllare che cosa è cambiato nel frattempo, anche l'ultima edizione del rapporto sulle politiche macroeconomiche e valutarie dei principali partner commerciali degli Stati Uniti accende un faro sulla nostra zona (pur non accusandoci più esplicitamente, come era fino a pochi anni fa, di manipolazione di valuta):


Il deficit degli Usa verso l'Eurozona è comunque il terzo per ordine di grandezza, e se per parlare in senso stretto di manipolazione occorre che nel periodo di riferimento siano state fatte politiche di intervento sul mercato dei cambi, che nell'ultimo anno non risultano, che questo deficit abbia risentito dell'aiutino che il Migliore ha dato alla Germania (e onestamente anche a noi) svalutando non credo sia contestabile. L'euro è decisamente e artificialmente sottovalutato. Quindi, in questo come in altri campi, prima di sbraitare contro il "cattivo" Trump, per giustificare reazioni isteriche e antieconomiche come i controdazi sul bourbon (!), sarebbe utile riflettere sulla causa degli squilibri. Io ve l'ho illustrata qui:


e "the best one" ve l'ha confermata qui:


Occorre altro?

Il problema non sono i dazi di Trump: questi sono al più una risposta ai dazi implicitamente messi da Draghi pilotando al ribasso l'euro per tenere insieme i cocci di un'Eurozona distrutta dalle sue politiche, quelle che oggi rinnega.

Questo a voi è chiaro perché lo sapete da quando abbiamo aperto il blog, ed è chiaro anche a una forza politica. Sta a tutti noi creare una più larga condivisione di questa consapevolezza, che si basa su un principio che tutti conoscono: la legge della domanda e dell'offerta!

Buona domenica!

venerdì 21 marzo 2025

Nessuno tocchi Davìd! Sul Fogno e i rischi dell'ipertestualità


(...succedono cose strane: normalmente, quando voglio condividere un video dell'Anticonformista o dell'Insorto, accedo dal backend di blogspot a questa finestra:


inserisco il titolo, e mi appare il video, che seleziono e inserisco. Stranamente, questo video non compariva, e quindi l'ho dovuto inserire scrivendo direttamente il codice HTML per l'embedding. Visto che evidentemente non dovevate vederlo, ve l'ho riproposto, per tigna: divertitevi!
...)

(...Parenzo è sinceramente, genuinamente convinto che gli Stati Uniti d'Europa siano una strada ineluttabile. E mica solo lui! Conosco fior di persone intelligentissime, alcune vostre beniamine - di cui mai tradirò la fiducia - che ne sono altresì convinte. Si può essere ottimi medici essendo dei perfetti imbecilli, e questo ce lo ha insegnato Proust, e si può essere persone intelligenti e autoironiche  come Parenzo credendo agli Stati Uniti d'Europa. Capite ora perché Mitja dice ad Alëša: "No, l’uomo è vasto, sin troppo vasto, io lo restringerei."?...)

(...trasmissione trash quanto volete, ma divertentissima, grazie alla conduzione del Re musicista. Certo, obbliga a una certa attenzione, perché le vere perle si riesce a disseminarle solo negli interstizi del discorso, o, come direbbe San Girolamo, per intervalla insaniae...)

(...qualche giorno fa Claudio ha tirato fuori il Fogno, un vecchio conio di questo blog, di prima che lui ci raggiungesse, in effetti. Mi inventai quella parola in Eurodelitto ed eurocastigo - lui ci raggiunse a giugno - ed era una chiara allusione a un lieve difetto di pronuncia del leader di un partito poi scomparso, SEL. Il post era stato motivato dal dialogo con un esponente locale di quel partito, che poi sarebbe diventato mio studente di dottorato, e poi non so - è parecchio che non lo sento! Claudio ha avuto la bontà di citare la fonte, ma da Twitter molto hanno gridato al gombloddooh1!!1! quando, cliccando sul link, si sono visti davanti una roba simile:


In questo caso, diversamente che in quello che vi raccontavo all'inizio di questo post, non credo che ci sia alcun particolare desiderio di silenziare il libro
in quo totum continetur, cioè quello che stai leggendo, amabile lettore! Il fatto è che col passare del tempo un'opera che fa ampio uso dell'intertestualità come Goofynomics è soggetta a degradarsi, perché si degradano i link richiamati nel testo. Ad esempio, le parole "la trovate su Internet" rinviavano all'analisi dell'uscita dall'euro fatta da un gruppo di economisti francesi fra cui il nostro amico Sapir (Pour un démontage concerté de l'euro), che ora trovate qui, mentre il link originale è degradato. Ho fatto questa manutenzione e vi chiedo di verificare se è tutto a posto, o se ci sono altri link che puntano su siti strani...)

(...ad esempio, sempre in Eurodelitto ed eurocastigo, questo mio link:


al mio articolo su Costituzionalismo.it riceve questa risposta:


L'articolo è questo, vedete un po' se è possibile accedervi. L'URL nel frattempo è cambiata ed è forse questo che fa innervosire il simpatico gestore del sito e il simpatico filtro di Twitter, con cui parleremo
...)

(...poi cancellerò il mio commento. C'è anche un altro link che non funziona in quel post. Vediamo chi lo trova...)

(...comunque, ho capito una cosa utile per rendere più sicuro il nostro blog: più tardi ve la dico, ora disco!...)




mercoledì 19 marzo 2025

Altre domande


Come si dice, domandare è lecito, rispondere è cortesia.

Da due giorni in qua pongo delle domande e nessuno mi risponde (oddio, nel caso di Draghi in effetti una risposta c'è stata...). Ma soprattutto la cosa sorprendente è che, come scrivevo a un amico di Torino durante l'audizione, "per la seconda volta in un giorno sento accusare la politica di scelte (l’austerità, l’elettrico) che sembravano fatte apposta per far perdere consenso e che quindi, verosimilmente, la politica spontaneamente non avrebbe preso!"

Perché il punto è questo! Il PD che ha chiamato Draghi in audizione è quello che ha eseguito le politiche di Draghi (lettera della BCE), quelle stesse che lo hanno spazzato via, e questo è piuttosto flagrante. Ma anche, di converso, la Stellantis che oggi chiede di essere protetta dall'UE è la stessa che chiedeva a gran voce il full electric a passo di carica, dettando l'agenda della politica, salvo poi accusare la politica di averla messa in opera.

Se ci pensate, sono due cortocircuiti molto simili, con un'altra cosa in comune: in entrambi i casi io (e, per quello che vale qui, il mio partito) eravamo contrari.

E avevamo ragione.

Risposte?


Gli amici di RadioRadio sono familiar with the matter e si vede: hanno preso gli spezzoni più pertinenti della risposta del Peggiore. Ai fini del mio godimento personale, questo video sarebbe eventualmente perfettibile solo inserendo lo spezzone che attesta il raggiungimento del mio scopo: quello in cui l’illustre collega, stanato sulla partita tripla, replica con stizza “col permesso del senatore Bagnai” (un pensiero mi ha traversato la mente: “per colpa tua, deputato!”). Magari mi eserciterò a tempo perso con CapCut…

Non volevo comunque la sua risposta, volevo solo fargli del male e la sua insofferenza, la sua balbuzie, hanno odore di vittoria.

Dice: “Ma è importante che abbia ammesso!”

Ma importante cosa? Importante de che!?

Le cheerleader di cotanta viltà (abbiamo, pensavamo,…) non hanno capito le domande, figurati le risposte! Perché per ritenere credibile un simile executioner bisogna essere imbecilli, e non poco, o pagati per non capire, come gli operatori informativi cui ha salvato coi soldi vostri le laute pensioni retributive.

E quindi?

E quindi l’ha detto un economista gigantesco e ve l’ha riferito uno minuscolo: it must be war. Una guerra proporzionata ai Churchill che abbiamo a disposizione: in economia hanno fatto esattamente gli stessi danni del loro predecessore e esattamente nello stesso modo (con un aggancio valutario improvvido al preciso e deliberato scopo di disciplinare i lavoratori). Ma la statura umana ovviamente è diversa: Winston non sarebbe mai venuto in aula a recriminare piagnucoloso e apologetico sul latte versato, non avrebbe mai preferito passare per un apprendista che andava a tentoni, per un dilettante dell’economia, piuttosto che per un willing executioner. Sarebbe stato ugualmente incapace di ammettere un errore, ma con grandeur, non come un Fonzie qualsiasi.Chissà come tanta miseria umana, così apparentemente (ma tatticamente) disconnessa dal principio di realtà, saprà gestire la guerra cui la sua auri sacra fames (per restare a Keynes) ci condanna?

Perché ormai la strada è delineata, con buona pace di quelli che, quando il nostro percorso è iniziato, non ci credevano.

Ricordate?

Dopo cinquanta anni di integrazione fiscale nell’Italia (monetariamente) unita abbiamo le camicie verdi in Padania: basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania.

Era l’agosto del 2011, sul Manifesto. Di anni ne sono passati quattordici, da allora, ma questa frase non sta invecchiando malissimo, con un doppio paradosso.

Il primo è che a essere convinti della sua veridicità dovrebbero essere in primo luogo proprio quelli che all’epoca negarono la fondatezza dei miei argomenti e che oggi, confermandosi degli imbecilli, identificano AfD con le camice brune! A loro mandiamo un abbraccio: quando non ce ne sarà più per nessuno, possiamo pensare che si comincerà dagli imbecilli, possiamo cioè illuderci che la guerra agisca sull’umanità così come, secondo gli economisti bravi, un cambio sopravvalutato agisce sull’economia: con un selection effect che colpisce per prime le aziende meno produttive. Chissà, forse il progresso così tormentato ma apparentemente almeno inesorabile dell’umanità è dovuto al fatto che in guerra muoiono prima gli imbecilli, gli uomini meno produttivi di pensiero… Non ne sarei così certo: 15 anni fa volevo mettermi in salvo, ma tutta una serie di considerazioni su cui non mi attardo ci spinsero a non farlo.

E poi in salvo dove?

Il problema naturalmente non è AfD ma il modo in cui il capitalismo regola le proprie crisi di domanda o, se volete, quella che chiamo affettuosamente la caduta tendenziale del saggio della libido. Il nostro problema, insomma, è la mancanza di fantasia del nostro nemico di classe: alla fine la soluzione è sempre quella, la distruzione di capitale fisico e umano. 🍇 non ne aveva distrutto abbastanza: incapace anche in questo!

L’altro paradosso è che io, che all’epoca avevo una visione macchiettistica della Lega (le camicie verdi!), perché questa mi era stata subdolamente instillata dai nemici della democrazia, dagli operatori informativi, che restano i veri responsabili di ogni disastro e di ogni miseria umana cui siamo andati e andremo incontro, oggi milito nella Lega, e contribuisco con le mie poche forze residue a farle dire parole di buon senso, destinate in quanto tali a essere inascoltate e verosimilmente travolte dalla SStoria. Devo quindi riconoscere che il mio giudizio all’epoca era ingeneroso, o, se volete, che avevo (non “avevamo”) sbagliato.

Purtroppo, non mi capita tanto spesso quanto vorrei.

Buona giornata!

(… per inciso, la risposta a tutti quelli che accorati e concitati, spinti dal giustificato allarme che i progetti di unione del mercato dei capitali o di unione del risparmio degli investimenti mi chiedono: “ma allora dove mettiamo i nostri soldi?” è quella consegnataci dalla saggezza secolare della plebe romana: “le casse da morto nun c’hanno saccocce”…)

(… più tardi abbiamo in audizione Elkann: che volete chiedergli?…)

martedì 18 marzo 2025

Domande

Illustre Presidente,

sul sito dell'Eurostat la competitività viene definita come una misura del vantaggio comparato di un Paese o di un'entità sovranazionale come l'UE nel vendere i propri prodotti sui mercati internazionali. Secondo il database dell'Eurostat nel 2024 il saldo delle partite correnti dell'Unione Europea è stato positivo per 494 miliardi e 149 milioni di euro.

L'entità inusitata di questo surplus qualifica l'Unione Europea agli occhi degli Stati Uniti come la maggior fonte di squilibri macroeconomici globali. La domanda è: che senso ha porsi il problema della competitività, cioè di acquisire ulteriori vantaggi comparati rispetto all'estero, quando si è già in surplus per una entità così rilevante? Se può aiutarla a farci capire il suo pensiero: secondo lei di quante centinaia o migliaia di miliardi di euro dovrebbe essere il surplus europeo perché l'UE possa essere considerata abbastanza competitiva? Capisce che se noi volessimo conformarci ai suoi saggi precetti ci sarebbe di aiuto un'indicazione quantitativa che ci avvertisse quando avessimo raggiunto l'obiettivo.

Illustre Presidente,

nel suo discorso del 16 aprile 2024 a La Hulpe lei afferma che "abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali gli uni rispetto agli altri e, combinando ciò con una politica fiscale prociclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e minare il nostro modello sociale." Premesso che sono assolutamente d'accordo con lei su questo dal 2011, quando forse lei era su altre posizioni, la domanda è: visto che le politiche di austerità fanno perdere consenso, come mai si è deciso di implementarle? Si è trattato di un fenomeno di irrazionalità collettiva, come lo spiaggiamento dei globicefali, o c'era qualcos'altro che ha imposto di ricorrere alla svalutazione interna, quella del salario, per rispondere alla crisi del 2009? Lei oggi esclude che questa scelta sia dipesa dall'adesione all'unione monetaria? Domani poi vedremo, ma intanto sarebbe utile sapere la sua visione attuale.

Illustre Presidente,

lei ha detto che la sofferenza dell’economia europea è resa evidente dalla quantità dì risparmio che fluisce da essa verso i mercati finanziari esteri. Mi interesserebbe sapere se siamo d’accordo su un punto: secondo il Manuale della bilancia dei pagamenti (pag. 6) i conti con l’estero si basano sul principio della partita doppia, il che implica che a poste positive corrispondano poste negative. In particolare, è noto e inevitabile che a incassi per esportazioni nette nelle partite correnti corrispondano esborsi per acquisti netti di attività estere nel conto finanziario. Il “fluire” dei risparmi all’estero riflette quindi esattamente questo fenomeno, cioè il massiccio squilibrio determinato dall’eccesso di competitività europea, che determina un mostruoso surplus di partite correnti, e qui di un ragguardevole deficit finanziario. Se siamo d’accordo almeno sulla contabilità, com’è possibile che lei qui ci abbia parlato di tutto, senza indicarci un percorso su come ridurre questi squilibri fondamentali? Secondo lei è possibile avere sia le partite correnti che il conto finanziario entrambi in surplus?


(...e vediamo se risponde...)

lunedì 17 marzo 2025

I guitti

idivev ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Memate, fratres!":

Bagnai,

Le scrivo poiché quello che è successo in tv mi ha scosso e non capisco perché la lega non abbia smentito questo ipocrita mostrando su tutte le reti i dati. La ceccardi é stata offesa dal prof parsi, in tv, di fronte a tutti, poiché aveva fatto notare che il Pil europeo ora è all’incirca del 50% inferiore del Pil americano rispetto al 2007, quando la condizione era di quasi parità. Un dato giusto, citato il quale, però, è stata subissata dalle offese del prof parsi, che ha tentato di smentire un dato(che le fonti ci dicono che è vero) di fronte alla tv nazionale. Mi chiedo: non è gravissima questa cosa? Ora citare un dato correttamente, che non si pieghi alla propaganda, è un crimine? Visto il successo della trasmissione (ove è andato anche lei in altre puntate) , non sarebbe opportuno diffondere, nei canali ufficiali della lega,i dati su tutte le reti( con la clip che gira in rete delle dichiarazioni del prof parsi e ceccardi) per smentire questi ipocriti, che fanno i gradassi in tv? Io ho molta paura: se ora anche citare i dati, quelli effettivi, portano all’accusa di populismo, siamo veramente in una fase oscurantista! Bisogna agire di concerto mostrando che, sì, il Pil dell’Ue nel 2023 era di 18 trilioni, contro i 27 degli states(18+9, cioè il loro 50%, fa ventisette.la ceccardi diceva il vero). Non si può lasciare impunito il prof parsi per aver umiliato con la menzogna una persona! Mi scusi se sono così astioso, ma ora si è giunti ad un limite invalicabile! Se neanche si possono citare i dati, a che serve andare in un talk show?

Pubblicato da idivev su Goofynomics il giorno 17 mar 2025, 16:17


(qui).

...e siccome natura non facit saltus:

Le conoscenze dell'illustre collega, ordinario di SPS/04 (Scienze politiche, la facoltà di quelli che non riuscivano a fare Economia e commercio, quando esisteva...) appaiono perfettamente in linea con la valutazione che della sua produzione scientifica danno i database internazionali. Un h-index uguale ad uno vuol dire che in giro per il mondo nessuno ti considera: suggerirei di comportarci secondo il consensus omnium e di lasciare questo caratterista al ruolo che gli è riservato nel vasto disegno del creato: quello di incarnare a beneficio delle casalinghe della media borghesia il ruolo dell'esperto. Il fatto che non ne azzecchi una è del tutto secondario rispetto al fatto che ha senz'altro quello che da una sciura borghese di provincia può essere concettualizzato come physique du rôle! Resta il mistero di come in certi settori disciplinari ci si possa guadagnare una cattedra avendo una produzione scientifica di tale spessore ed impatto, mentre in altri, con una produzione di pari rilievo internazionale, non si avrebbe neanche una borsa di dottorato. Ma questo non è un blog di sociologia della scienza: ci saranno senz'altro dei motivi - ça va sans dire! - e magari saranno anche buoni, se non ottimi...

(...per darvi un termine di riferimento a voi noto:

cioè questo personaggio bibliometricamente è un decimo di chi vi scrive, che, com'è noto, da sette anni è un rozzo populista a tempo pieno. Cionondimeno io, pur essendo rozzo, con le signore sono cortese. Ma si sa: il guitto è sodale della desinenza in "in": occorre aggiungere altro?...)

(...non credo che sia compito dell'ufficio stampa di un partito rettificare un collega che disonora la professione dicendo una solenne scemenza in pubblico. Sarebbe eventualmente compito dell'ateneo richiamare il collega a un comportamento meno degradante per l'immagine dell'accademia. Fatto sta che, per dirvela tutta, costui non sapevo nemmeno dove insegnasse - anche perché non riuscivo a credere che insegnasse! Dopo una breve ricerca, ho constatato che il problema non è nostro, ma suo. Ovviamente non farà nulla per risolverlo. Diciamo che se siete a Milano sapete dove non mandare vostro figlio all'università: se non sbaglio, dove l'ha fatta il Borghi!...)

venerdì 14 marzo 2025

Due slides…

… dalla presentazione di domani, dove mi dicono che nell’aria si avvertirà la metaforica fragranza del prosecco tiepido e del lompo rancido (e io naturalmente porterò, a nome vostro, una parola di moderazione, di quella moderazione che, come è noto, ci fa tanto crescere nel consenso).

Una è questa:


Niente di particolarmente originale, ma qualcosa che la stragrande maggioranza dei nostri concittadini ignora, il che non le preclude il diritto all’elettorato passivo e soprattutto a quello attivo.

Un’altra è questa:


E questa probabilmente è un po’ più criptica. Fatto sta che la produzione industriale della Germania sembra muoversi insieme alla domanda di prodotti tedeschi da parte dei mercati del sud dell’Eurozona. Potremmo chiamarla la slide del ramo segato. Poi, con un minimo sforzo di immaginazione, facendo appello a un minimo di capacità di astrazione, potremmo immaginare di chiamare Germania il mitologico Nord dei ceti produttivi (aka prosecco tiepido), e il resto lo lascio immaginare a voi.

Il succo del discorso è che proprio perché vediamo quanto sia stato grande l’errore commesso dalla Germania nel distruggere il suo mercato di sbocco naturale, cioè il mercato unico, cioè il mercato interno dell’eurozona, dovremmo stare molto attenti a non commettere qui in Italia lo stesso errore, distruggendo il mercato interno italiano. Non dovremmo, o meglio non avremmo dovuto, trovarci di fronte al crollo di un importante mercato estero, quello tedesco, così come la Germania si è trovata ad affrontare la chiusura dei suoi mercati di sbocco esteri (Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Cina) dopo aver bucato il salvagente del mercato interno (quello unico).

Tutto qua.

Con tutto il rispetto e tutta l’umiltà possibile: secondo voi, in una sala di 300 persone, da quanti riuscirò a farmi capire? Ma soprattutto: quanto è importante riuscire a farsi capire? Perché in fondo noi una cosa dovremmo averla capita, almeno una: la nostra libertà dipende molto meno dalla nostra capacità di far capire le nostre ragioni che dall’incapacità degli altri di comprenderle. Le illusioni illuministiche le abbiamo deposte, contiamo sulla capacità della storia di fare il lavoro sporco e faticoso al posto nostro, utilizzando la sua capacità persuasiva, quella che ci ha regalato i trent’anni gloriosi, e anche i settant’anni di pace. Poi, naturalmente, siccome siamo tutti animati da spirito agonistico, continueremo ad impegnarci pensando di essere migliori dei tanti che ci hanno preceduto, e che non sono riusciti, come non riusciremo noi, a evitare che le cose vadano come devono andare.

Good night and good luck!


Questo sito utilizza cookies di terze parti. Proseguendo la navigazione acconsenti al loro impiego.Maggiori InformazioniChiudi