giovedì 16 gennaio 2025

Renzi avrebbe fatto anche cose buone

L’epitaffio di cotanto contadino (Rignano è nel contado) lo fecquimo (sic) qui e non ci torniamo su. Ci vogliamo tuttavia crogiolare nell’illusione di aver contribuito anche noi, coi nostri umili scritti, al plateale fallimento di quella spregiudicata scommessa (persa) che fu il referendum. Del resto, erano ancora recenti gli anni in cui il #goofy nei trending topics superava la Leopolda. Ma non è di questo che voglio parlarvi ora (ho deciso di tornare qui, perché mi sono reso conto che iTagli™️ sono un lavoro piuttosto lungo). Volevo solo condividere una considerazione sul significato di una proposta riformatrice di Renzi che credo di aver fatto spesso a voce, anche in pubblico, ma di non aver mai messo qui a verbale. Mi ha condotto a pensarci questo scambio in uno dei post precedenti:


La riduzione del numero dei parlamentari, in effetti, ha inflitto un vulnus significativo alla loro capacità di incidere, non solo negli organi parlamentari di controllo, ma in generale in tutti gli ambiti in cui si esplica la loro attività. Tuttavia, c’è un’altra cosa che impedisce ai parlamentari di lavorare bene sotto il profilo dell’attività legislativa, e che condiziona pesantemente il tempo che hanno da dedicare alle altre attività di vigilanza, controllo, inchiesta, eccetera.

È l’abuso della decretazione d’urgenza.

Apprendo da letture casuali che Mortati era scettico sull’inserimento del decreto-legge in Costituzione, prevedendo che di questo strumento si sarebbe abusato. La conseguenza di questo abuso, però, forse non è chiara a tutti. L’abuso di decreti legge si traduce in un monocameralismo di fatto. Formalmente il sistema rimane caratterizzato da un bicameralismo paritetico (non direi perfetto, perché i due rami del Parlamento hanno regolamenti interni diversi, ma questo dibattito nominalistico non mi interessa, e non ho neanche le competenze per sostenerlo). Praticamente, l’obbligo di conversione entro 60 giorni fa sì che nella prassi la legge di conversione venga esaminata approfonditamente solo da un ramo del parlamento, e arrivi, come si suol dire, “blindata” all’altro ramo del Parlamento, che, nei fatti, non può modificarla (cioè non può emendare il decreto legge), e anzi deve approvarla in fretta e furia con un voto di fiducia che si traduce nell’ennesimo sfogatoio delle opposizioni (sfogatoio che sarebbe anche giustificato, se non fosse che gli addetti ai lavori hanno memoria abbastanza lunga per ricordarsi che quando le opposizioni erano al governo, facevano anche di peggio).

Ora, in questo senso la riforma di Renzi avrebbe fatto anche una cosa buona, un’operazione di onestà intellettuale: adottare un monocameralismo de iure, laddove tanto il regime è monocamerale de facto. È un po’ il discorso che abbiamo fatto tante volte rispetto alla Presidenza della Repubblica: siamo in una Repubblica presidenziale de facto, il che, se da un lato ci consente di crogiolarci nella illusione di essere in una Repubblica parlamentare (luogo in cui solo i gonzi credono di vivere!), dall’altro ci priva dei contrappesi che il potere della Presidenza incontra nelle repubbliche presidenziali de iure, e non mi riferisco tanto all’ipotesi melodrammatica di impeachment, quanto alla più banale responsabilità politica derivante ad esempio da una elezione diretta. Probabilmente un giurista sorriderà della rozzezza del mio ragionamento, ma io continuo ingenuamente a pensare che sia meglio allineare le due Costituzioni, quella formale e quella materiale. Questo perché all’interno di una Costituzione formale è più facile esplicitare e quindi più probabile che esistano delle garanzie, appunto, formali, di equilibrio fra i poteri.

Così, in un sistema che fosse presidenziale anche de iure, quella che sempre più platealmente si configura come la detentrice ultima dell’indirizzo politico, cioè la Presidenza della Repubblica, verrebbe soggetta ad una responsabilità politica, ad esempio attraverso il meccanismo di elezione diretta del suo vertice. Non accadrebbe così, come ho visto accadere nella mia breve esperienza politica, che l’attività di un Parlamento restasse bloccata per circa un semestre nel tentativo di scongiurare che un parlamento di sinistra eleggesse con una elezione di secondo livello un presidente di sinistra in un Paese di destra. In questo senso, il riallineamento della costituzione formale a quella materiale consentirebbe ai detentori della sovranità di ristabilire loro un certo equilibrio fra i poteri.

Un ragionamento simile si può fare per il monocameralismo. Soprattutto dopo il taglio dei parlamentari, ma in realtà anche prima, un passaggio esplicito al sistema monocamerale avrebbe allungato in modo significativo i tempi dell’unico passaggio parlamentare cui un decreto è sottoposto. Risparmiando la decina di giorni dedicati alla pulcinellata della fiducia sul decreto blindato nell’altro ramo per dedicarli a ulteriori approfondimenti sul testo, ulteriori confronti col governo, ulteriori attività di audizione e di emendamento, in un sistema monocamerale de iure il Parlamento potrebbe arginare e indirizzare in modo più efficace l’attività legislativa d’urgenza di iniziativa governativa. Anche in questo caso, un riallineamento della Costituzione formale a quella materiale consentirebbe un migliore equilibrio fra i poteri. 

Notate che escludo la possibilità di riallineare la Costituzione materiale a quella formale: il meccanismo del piano inclinato non vige solo nei rapporti con l’Europa, vige anche nei rapporti fra le istituzioni repubblicane. La Presidenza della Repubblica per un verso e il Governo per l’altro ormai hanno esondato, e qui si pone, e come se si pone, un problema di tubetto e dentifricio! Possiamo crogiolarci nell’idea di riavvolgere il nastro, ma non funziona così. Sarebbe meglio riconoscere pragmaticamente che, se le cose si sono spinte troppo oltre, va creata una nuova linea di difesa. Forse nelle proposte riformatrici di Renzi (mi riferisco in particolare al monocameralismo) era presente anche, in parte, uno spirito simile. E quindi forse, ed è un gigantesco forse, Renzi avrebbe fatto anche cose buone, se ci fosse riuscito.

Ma perché non ci è riuscito?

Direi per narcisismo, cioè perché non ha capito quanto lui di persona personalmente stesse sui coglioni alla maggioranza degli italiani, che quindi gli hanno votato contro semplicemente per scrollarselo di dosso, nella speranza, rivelatasi poi vana, che lui tenesse fede alla promessa fatta di andarsene, se avesse perso. Lo chiamerei, se non temessi di nobilitare troppo il contadino, l’effetto Rostov: ricordate quando alla sua prima carica il giovane ussaro si rende conto che i nemici gli stanno sparando addosso e si chiede perché mai ce l’abbiano con lui, perché dovrebbero uccidere un giovane cui la sua famiglia vuole tanto bene?

Al netto dei dati caratteriali, gli italiani stupidi non sono, e non potevano non vedere come un nemico chi li aveva privati di salario e diritti. Questo ha senz’altro giocato un ruolo, ma un ruolo altrettanto determinante è stato giocato da una comunicazione truffaldina che ha spostato l’attenzione su un falso problema, quello della “navetta”. Qui forse hanno preso il sopravvento i comunicatori, che in ossequio al mitologema della sciura Maria devono aver spiegato agli alti vertici che il passaggio al monocameralismo andava giustificato in ragione della maggiore speditezza derivante dalla singola lettura. Il problema era esattamente opposto: era l’eccessiva speditezza di una singola lettura delle leggi di conversione dei decreti in un sistema che continua a dover far finta di fare due letture. Può darsi che questo la sciura Maria non lo capisca, e magari che io non sia riuscito a farlo capire a voi. Ma può anche darsi che raccontando le cose come stanno, anziché inventarsi balle per il piacere di inventarle e venendo smentiti dalle statistiche sarebbe servito a far capire prima anche a me che una persona che non merita attenzione stava portando avanti proposte che meritavano una riflessione.

Ma appunto, se quella persona avesse meritato attenzione, sarebbe stato un testimonial meno pessimo di simili proposte, e forse la storia avrebbe preso comunque un’altra piega.

Che è poi un modo per dire, concludendo, che Renzi avrebbe fatto anche cose buone se non fosse stato Renzi, cioè una persona da cui nessuno comprerebbe un’auto usata e nemmeno una riforma nuova.

Di lui, quindi, possiamo tornare a non occuparci senza eccessivi rimpianti (rimpiango solo le spille della Lega che Sua Puerilità mi ha sottratto)! Del principio stabilito però, cioè del fatto che astrattamente penso sia preferibile allineare la Costituzione formale a quella materiale, forse dovremmo continuare ad occuparci, anche perché non escludo che abbia ulteriori declinazioni, oltre a quella di riflettere sulla Repubblica presidenziale e sul sistema monocamerale (che se esistono de facto forse sarebbe meglio che esistessero de iure). 

Aggiungo una considerazione. Se i Governi abusano della decretazione d’urgenza, è perché qualcuno glielo permette, e chi dovrebbe impedirglielo, secondo una certa dottrina, è proprio la presidenza della Repubblica. Qui non si tratta di contestare il potere di iniziativa legislativa del Governo. Qui si tratta di rivendicare, salvo casi realmente eccezionali, dei tempi umani di analisi dei provvedimenti governativi da parte del Parlamento. Si tratta cioè di rispettare un’esigenza di equilibrio fra i poteri, perché il vero problema nella grammatica dei nostri poteri costituzionali non è quello della separazione, ma quello dell’equilibrio. A voler essere maliziosi, ma sapete che io non lo sono, si potrebbe quasi pensare che questo abuso, in quanto si traduce in una ulteriore compressione dei poteri effettivi nei vostri rappresentanti, sia allegramente tollerato da una istituzione che, nella fattoria delle istituzioni tutte uguali, molto evidentemente aspira con successo ad essere più uguale delle altre.

Ma perfino io, che sono una brutta persona, non riesco a pensare a un simile atteggiamento tattico!

Concludendo: le strade attraverso le quali potreste, potrete (?), tornare a incidere sono plurime. Non possiamo escludere che una ci sia stata indicata dal simpatico smargiasso che continua a dare pessimi consigli, non potendo più dare un pessimo esempio. Ci va comunque fatto un pensiero…

Chiuso per tagli

(… la giornata di oggi in Commissione Morte contiene una morale che ad alcuni di voi apparirà evidente, e per gli altri applicheremo la prima legge della termodidattica. Qui vorrei parlarvi di tante cose, ma in particolare di voltafaccia, e di come non capirli. Tuttavia, dopo una giornata in cui ho avuto addosso un po’ tutti, essendo stato privato di “quel diaframma di protezioni che nel corso del XX secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere”, perché guarito io, si è ammalato il mio capo staff, forse faccio anche a meno di mettermi sul blog, e mi dedico un po’ a quel cibo che solum è mio, per recuperare poi nel weekend…)

Ieri sera ho finito gliAscolti™️: tutti i take sono stati corredati dal rispettivo minutaggio. Questa sera, per sciacquarmi un po’ la mente, vorrei provare a iniziare iTagli™️, anche per vedere quanto tempo mi prende quest’altra attività.

Si tratta quindi di scegliere per ogni sezione il take migliore, e poi eventualmente, ove necessario, di prendere dagli altri take degli inserti per correggere eventuali cose poco convincenti. Devo anche mettermi d’accordo col tecnico per fargli capire quello che voglio, perché è la prima volta che lo faccio, e quindi anche la prima volta che lo faccio con lui. Immagino una cosa del tipo: “per la prima sezione iniziamo al minuto 4:37, la battuta tre prendila al minuto 2:24, il trillo di battuta nove prendilo al minuto 5:46…”. Dopodiché, il dottor Frankenstein confezionerà il master (anziché il monster). In teoria saprei farlo anch’io, perché nel mio secondo diploma, quello specialistico in flauto dolce, il corso di informatica musicale prevedeva anche questa roba qua. Ma naturalmente non posso lamentarmi di dover sempre fare tutto io se quando c’è qualcosa che gli altri possono fare meglio di me non gliela lascio fare!

Quindi: largo ai giovani!

Nel weekend avremo tempo per parlare di altro…

Commissione Morte

(...ci siamo occupati a lungo della Commissione Amore, ora ci occuperemo per un po' della Commissione Morte: due concetti legati dalla letteratura e talora, ahimè, in vario modo, dai percorsi delle nostre esistenze. Per quanto mi riguarda, le due Commissioni sono accomunate in primis et ante omnia da un tema che oggi è finalmente riconosciuto come centrale, rispetto a quando lo ponemmo, otto anni fa: quello della libertà di espressione del pensiero. Ma intanto vi suggerisco di dare un'occhiata - come faccio immediatamente anch'io - a quello che è successo questa mattina, mentre presiedevo la Enti Gestori. Claudio, che invece non aveva Copasir, caldeggia la visione...)


(...occhio ai commenti: ricordiamoci che i fascisti hanno già tirato giù vari canali che si occupavano di questa materia, come ha confessato uno dei capi delle loro squadracce, e io il blog non me lo faccio tirare giù, chiaro?...) 



mercoledì 15 gennaio 2025

Chiuso per disco

 (…nell’ordine: visita e pranzo alla Camera col vincitore del Finday - che è poi risultato essere uno che zittii col mio consueto garbo a un #goofy, a riprova del fatto che un inquadratore non deve necessariamente essere carino e coccoloso - a seguire rapido incontro in Sala del Governo e poi question time al ministro Giorgetti sul credito alle PMI, a seguire prima riunione di staff, poi ramoscello di ulivo chiarificatore da un’azienda non banale, poi visita di un’associazione di categoria con interessanti condivisioni [e dopo sette anni in questo frullatore, inevitabilmente si scoprono tante amicizie comuni], poi riunione con lo staff della Commissione Enti Gestori per organizzare audizione e ufficio di presidenza di domani [i meno distratti sapranno perché], poi riunione di agenda col mio capo staff [il 24 sono ad Arona, se interessa], poi “c’è qualcuno che siamo in sala Mappamondo a votare?”, e io sono ahimè qualcuno, e quindi sono andato a votare all’ora in cui avevo pensato di essere e casa a scrivere… ma, come sempre, è andata in un altro modo!…)

Sto terminando gli ascolti del disco che ho inciso con Musica Perduta alla chiesa della Madonna del Girone di Pizzoferrato. Ci ho messo, fra l’altro, il primo:


e l’ultimo:



brano di Frescobaldi che ho studiato: rispettivamente, la Canzona terza del Secondo libro (Roma, 1627), che era in un’antologia di storia della musica di mia madre, dove cercavo cose da suonare a sedici anni, e la Fantasia prima del Primo libro (Milano, 1608), che mi sono scaricato da Internet tre mesi fa perché ritenevo che nel disco ci dovesse essere una fantasia per organo, visto che ci saranno anche tante fantasie per basso di violino.

Ora devo fare gliAscolti™️.

Funziona così: per ogni sezione del brano si fanno più prese (non essendo un live), il tecnico in ripresa le numera progressivamente (1, 2, 3,…), segna sulla partitura quello che gli piace (es.: 3+++: “nel terzo take questa battuta è venuta benissimo”, 1-: “la prima fa cagare!”, ecc.), poi manda tutto in un gigantesco file audio, che tu ti riascolti segnando con diligenza a che punto inizia ogni singola ripresa (ad esempio, il secondo take dell’attacco della canzona, che al tecnico è piaciuto, inizia al minuto 1:26 del file), e annotandoti via via quello che ti convince di più o di meno (ad esempio, a battuta 8 del secondo take secondo me il tempo cede un po’ troppo: devo verificare…). Alla fine, si segna cos’è venuto meglio, e si manda a un altro tecnico che mette insieme i take migliori, dopo di che si riceve il master e lo si manda a una casa discografica.

E da tutto questo che cosa si capisce?

Che da giovani si apprende meglio, o forse anche che da giovani si vuole sembrare tanto bravi, perché, come vedete, per la Fantasia, che Frescobaldi scrisse da giovane e io studiai da vecchio, i take necessari sono stati infinitamente di più che per la Canzona, che io studiai da giovane e Frescobaldi scrisse da vecchio (il chiasmo, per chi sa cos’è, servirà a far capire che io mi sento giovane, motivo per cui con una bronchite incipiente me ne vado a spasso sotto la neve a -4 e con le raffiche a 80 Kmh)…

Se arrivo in fondo a questo sudoku lo dedicherò a mia madre, che nel primo certificato di morte risultava deceduta per “polmonite contratta in comunità” (dopo circa sei anni che non usciva di casa per il semplice motivo che non si ricordava dove fosse la porta), e a un vero organista, morto nel suo letto la notte dopo aver fatto quello che pensava fosse suo dovere fare.

Nil inultum remanebit, ma quella è un’altra musica…

lunedì 13 gennaio 2025

Chiuso per influenza

 


Ieri era così.

Un vento che buttava in terra…

Ho convocato chi sapete voi:

e ho provato a fare un giro che in primavera sarebbe stato banale, e anche piacevole, fra i roseti in fiore


ma in inverno un po’ meno, tant’è che alla fine ho deciso di tornare sui miei passi, anche perché di andare sui suoi:

non me la sentivo tanto.

Così sono rientrato, ho pranzato, poi mi sono messo ad ascoltare le tracce del prossimo disco (per fortuna avevo conservato gli appunti del tecnico del suono, altrimenti sarebbe stato tutto molto più faticoso). Verso ora di cena mi sono accorto che non avevo fame, ma in compenso avevo le nausee. Esclusa una gravidanza indesiderata (anche se di questi tempi non si sa mai: almeno fino al 20 gennaio potrebbe capitarmi, dopo diventerà meno probabile), non restava come ipotesi che l’influenza: in effetti subito dopo sono partiti degli squassanti brividi di freddo e la febbre che, misurata col termometro digital (e suppongo anche sustainable) del mio amico arrivava a ben 36,6 (!), ma sarà stata almeno 39 (visto che ora sto bene e ho 38)!

Aridatece er mercurio!

Finalmente ho capito perché da tre giorni avevo un lievissimo velo di catarro, senza alcun altro fastidio. Il vairus mi stava insidiando! Io l’ho sfidato, e ho perso… Cose che capitano quando non hai più 21 anni: avere tre volte 21 anni non è la stessa cosa!

Avrei un po’ di cose da dirvi, cioè da scrivervi, ma preferisco leggere (“Sorvegliata speciale”: un po’ ripetitivo, ma repetita juvant) e dormirci sopra, perché da domani pomeriggio riparte la giostra.

Voi intanto divertitevi con Marco, e non stropicciatelo troppo! Quando ce ne ricapita uno così!…







sabato 11 gennaio 2025

Punturini ‘ndernescional

(… titolo ripreso dal noto saggio di Pino Aprile…)

Un amico “che io ci ho molto rispetto” mi segnala questo pregiato articolo del Völkischer Beobachter salmonato ‘ndernescional, dal titolo “A time for truth and reconciliation”. Mi sento anch’io di caldeggiarne la lettura. Confesso però che nonostante ne condivida il contenuto (e posso dimostrarlo, e lo dimostrerò) la mia prima reazione, fin dalla lettura del titolo, non è stata di assoluto e totale entusiasmo.

Intendiamoci: alcuni aspetti analitici dell’articolo, e in particolare la lettura del 2016 come anno di svolta in senso repressivo nella gestione di Internet, sono da me totalmente condivisi, sono cose che mi sentite dire da tempo, ma proprio per questo il vederle adesso spiattellate come ponzose e profonde analisi da un outlet così “autorevole“ più che inorgoglirmi mi fa incazzare. Come pure dovrebbe inorgoglirmi, ma invece mi fa incazzare, il richiamo alla Commissione per la verità e per la riconciliazione. Alzi la mano chi si ricorda questo (scritto mentre la Grecia veniva macellata, cosa di cui non abbiamo evidenza che l’intellettuale di turno si crucciasse)!

Si riconferma che nihil est in intellectuals quod prius non fuerit in Goofynomics, ma non vorrei che questa venisse presa per vanagloria. Sicuramente un po’ lo è, non mi attardo ad escluderlo, ma il motivo per cui il fatto che venga condivisa un’esigenza di metodo che avevo espresso 10 anni fa mi innervosisce, anziché sollevarmi o inorgoglirmi, non ha nulla a che vedere con la rivendicazione di un primato intellettuale, di una particolare originalità o tempestività. Io sono stato scolarizzato nel XX secolo e in Italia, quindi io so che dopo Omero chiunque pretenda di dire una cosa originale è sostanzialmente un illetterato.

In altre parole, quello che mi infastidisce di questo richiamo all’esperienza sudafricana (quella della Commissione sulla verità e sulla riconciliazione, dei cui risultati, a dire il vero, non vi saprei tracciare un bilancio storico), non è che venga dopo il mio (e chi sono io per pretendere di essere ascoltato?), ma sono i motivi che sottendono ad esso, e questi motivi mi infastidiscono non perché siano di per sé non condivisibili (ricordo che faccio parte di una commissione di inchiesta sul fenomeno del COVID-19, quindi ovviamente mi interessa vederci chiaro su questo fenomeno!), ma perché preludono a un inevitabile fallimento.

Che dal 2016 fosse all’opera un DISC (Distributed Idea Suppression Complex) ce ne eravamo un pochino accorti anche noi, e ne avevamo anche parlato, mettendo in guardia, pensa tu!, proprio quella sinistra che oggi piange sul latte da lei versato!

Tuttavia, invece di apprendere le lezioni della storia, la sinistra (perché il Völkischer Beobachter salmonato ‘ndernescional è un outlet di sinistra) continua a non fare i conti con alcuni caposaldi della cultura occidentale, quali la logica aristotelica e la geografia astronomica. Da quest’ultima ci deriva, in particolare, quello strumento che tendiamo a considerare banale, a dare per scontato (nonostante che la sua storia dimostri che non lo è affatto), ma che è tutt’oggi essenziale per dirimere controversie di vario tipo, e anche per attribuire ad analisi della più svariata natura il corretto valore: il calendario.

Eh sì!

Perché a leggere il contributo dell’illustre e autorevole autore non si può sfuggire alla sensazione che secondo lui “la strage e il grande scempio che fece i social colorati in rosso“ sia stata quella che qui, per non farci tirare giù dagli amici suoi (perché l’autore si propone come un pezzo della soluzione, ma il suo curriculum ce lo segnala come pezzo del problema), abbiamo deciso di chiamare metaforicamente la “punturina”, cioè la gestione ideologicamente orientata, e quindi inefficiente, della pandemia.

Ma allora come si spiega che il DISC sia attivo dal 2016, cioè da quattro anni prima che il noto fenomeno epidemiologico si manifestasse? In altre parole, una chiamata alla verità come strada maestra verso quella riconciliazione di cui tutti avvertiamo l’urgente bisogno, per essere o almeno sembrare non dico efficace (perché pur aderendo intellettualmente a questa istanza mi rendo conto del fatto che politicamente sia impraticabile), ma credibile, dovrebbe dimostrare di avere colto quali siano le contraddizioni fondamentali che hanno portato all’egemonia della menzogna, quelle che preesistevano all’eruzione del fenomeno sanitario, e che, non dobbiamo nascondercelo (pensate allo Pfizergate), ne hanno condizionato le modalità di gestione. Ma sotto questo profilo, il pregiato contributo del pezzo del problema è abbastanza deficitario: il problema è il debito pubblico (leggere per credere!) e le bolle immobiliari, con una tanto elegante quanto eloquente saldatura dei punturini ‘ndernescional ai Giannini (intesi come plurale di Giannino) ‘ndernescional.

Quello su cui abbiamo bisogno non di sapere, perché la sappiamo, ma di dirci apertamente la verità non è se nel XXI secolo da qualche parte si stiano studiando o producendo armi batteriologiche (quando ho fatto il militare nel 1989 la difesa anti-NBC era nel programma dei corsi AUC! Nel frattempo, la sigla è diventata CBRN, ma sempre di quella roba si tratta). No, di questo credo che ci interessi il giusto, anche perché non è un argomento così sorprendentemente nuovo. Sarebbe, sarà, più utile fare un’operazione di verità sulla terza globalizzazione e sulle sue dinamiche.

Questo non possiamo aspettarcelo, ovviamente, da chi su queste dinamiche prospera, il che però non rende inutile il suo contributo, tutt’altro! Vi esorto continuamente a utilizzare la forza dell’avversario, e quindi un contributo come questo può esserci molto utile dialetticamente, se però ci ricordiamo che il suo autore non è uno di noi, non è un nostro amico, anche se, per motivi in fondo estemporanei, sembra desiderare quello che tutti noi desideriamo: è e resta un nostro avversario. Questo suo (secondo) coming out quindi è utile, anzi utilissimo, ma dobbiamo ricordarci di inserire il nostro desiderio di avere una parola di verità sulla gestione della pandemia (da lui condiviso), nel contesto di una aspirazione più ampia (da lui non condivisa): quella di avere una parola di verità sulla organizzazione dei nostri rapporti sociali di produzione, e dobbiamo essere consapevoli del fatto che in questo compito il Völkischer Beobachter salmonato ‘ndernescional non può aiutarci, se non nella limitata misura in cui, come avevamo pronosticato, le politiche che ha sempre sostenuto allo scopo di ridurre la nostra fetta di torta alla fine abbiano ridotto anche la sua fetta di torta (quella destinata alla rendita finanziaria, cioè ai suoi azionisti di riferimento) perché hanno fatto collassare la torta.

Non leggete quindi questo intervento come un’esortazione alla schizzinosità, come la versione di destra di quelli che volevano “l’uscita da sinistra“, anzi! È una cosa profondamente di destra: un richiamo al senso critico, quella cosa che la sinistra ha deciso di mettere in soffitta, crimine contro l’umanità per il quale merita di scomparire, e scomparirà.

Statemi bene e ovviamente long 🍿!

venerdì 10 gennaio 2025

La svalutazione è una droga!

(… Scrivo questo post al volo dell’anticamera del gabinetto di un ministro a me particolarmente caro. Posso anche essere d’accordo con Claudio che le cose vanno ripetute, ma a ripetere le cose preferisco dedicare i dettagli di tempo…)

…e torniamo a occuparci del nostro troll preferito, fonte inesauribile di ispirazione:


Marco ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "I want to be a currency. From now on, I want you all to call me 'Leuretto'.":


Leo: non conosci la storia economica. Svalutazione e scala mobile + deficit pubblico è esattamente quello che ci ha portato al declino. Al di là di quanto poi l'euro possa aver fatto male o bene, avere inflazione e debito pubblici elevati fa male e la svalutazione monetaria non ci sono prove empiriche né teoria economica che dimostrano che causino crescita economica. La monetizzazione del debito per finanziare il deficit causa inflazione. Finora prova contraria quella che proponi è la ricetta che ha portato l'Italia alla crisi finanziaria del 1992 e quindi al governo tecnico Dini, primo governo tecnico chiamato a fare quello che la politica non aveva il coraggio politico (non volevano perdere la poltrona) di fare. 


Pubblicato da Marco su Goofynomics il giorno 9 gen 2025, 22:56

Ancora!? Ancora con queste stronzate lievi imprecisioni!?

Caro Marco, tanta ignoranza dovrebbe associarsi ad una maggiore modestia. Ti esorto a leggere questo articolo di Dani Rodrik, che sicuramente sa l’economia peggio di te e di quelli che a te sembrano economisti, ma siccome la vita è ingiusta, insegna in una università migliore di quella che hai frequentato tu (se l’hai frequentata) e di quelle dove insegnano quelli che a te sembrano economisti. Quando uno non sa niente, dovrebbe parlare poco. Agli operatori informativi che ce la menavano con la storia che la svalutazione è una droga, abbiamo cercato invano di far capire che la vera droga dell’economia è il cattivo credito, cioè il cattivo debito, e che l’unico vantaggio che abbiamo tratto dall’euro è stato quello di rendere questa droga più conveniente, e quindi più accessibile. I risultati si sono palesati sotto forma di una colossale crisi di debito privato, non pubblico. Non so come funzioni nel Paese dei campanelli, ma questa è ormai da anni la versione accettata dagli economisti non dico seri, ma conformisti, come Giavazzi. Se hai reclami da fare, falli a lui, non a noi, che non siamo autorevoli per il semplice fatto che eravamo arrivati cinque anni prima di lui alle stesse conclusioni.

Hai proprio ragione: la vita è ingiusta! Tuttavia, se posso, non è con l’ignoranza che rimedierai a questo tipo di ingiustizie. Stammi bene!





mercoledì 8 gennaio 2025

Sul ruolo internazionale dell'euro


Vi ricorda qualcosa?

Dovrebbe ricordarvi questo.

E perché ci penso proprio ora?

Perché il nostro amico Marco, di cui sono fermamente risoluto a non buttar via niente, ci ha detto che l'euro "è molto richiesto sui mercati internazionali".

Mi sono così ricordato di quando, nel Tramonto dell'euro, vi mostrai la quota dell'euro sulle riserve valutarie detenute dalle banche centrali:


che non era in forte espansione... Questo, a mio avviso, dimostrava che alla fine le Banche centrali nell'euro non ci credevano moltissimo. All'epoca i dati COFER (COmposition of Foreign Exchange Reserves) venivano distribuiti dal Fmi su fogli Excel. Oggi è possibile consultarli online e eventualmente scaricarli da questo sito piuttosto intuitivo. Sono andato a ricercarmi i dati, e ho costruito una serie estesa, questa:


dove osserviamo due cose:

1) l'andamento dei dati aggiornati è un po' diverso da quello dei dati disponibili all'epoca: la diminuzione della quota inizia intorno al 2009 e prosegue fin verso il 2016.

2) i due puntini evidenziano, rispettivamente, la pubblicazione del Tramonto dell'euro, e la pubblicazione di questo.

I dati sulle riserve ufficiali non sono banali da analizzare: sono soggetti a vincoli di riservatezza, il numero di reporting countries è aumentato nel tempo, in particolare con l'ingresso della Cina, ci sarà sicuramente un motivo per cui i dati raccolti nel 2012 non corrispondono esattamente a quelli che ho scaricato oggi, ma la cosa più ovvia da fare per verificare se sto utilizzando i dati giusti è semplicemente andare a controllare che cosa fanno gli studiosi internazionali. Prendo ad esempio l'articolo Dollar Dominance and the Rise of Nontraditional Reserve Currencies, di Arslanalp, Eichengreen e Simpson-Bell, che è proprio fra le letture consigliate nella homepage del database COFER. Il grafico sul quale si basano è questo:


e sì, i dati che usano per l'euro sono quelli che ho scaricato io, cioè la quota delle riserve in euro sul totale delle riserve per le quali le banche centrali specificano la valuta di riferimento (le cosiddette allocated reserves).

Mi affretto ad inserire un dettaglio biografico: Ruffini poi l'ho conosciuto, ci siamo simpatici, abbiamo amici in comune, è il futuro capo o comunque leader carismatico di quelli che voi chiamate "comunisti", ma è tanto una brava persona, prova ne sia che lui si è dimenticato (credo) di questo nostro diverbio. Io no, ma non correte subito alle conclusioni: io non sono rancoroso, cerco solo di combattere l'Alzheimer! Quindi siate rispettosi nei commenti: non sia mai che riescano un giorno a vincere, meglio tenersi buoni gli amici importanti (poi parliamo anche di questo)...

Ora, uno dei claim di Ruffini nel suo attacco dal blog dell'Espresso (anche la rete non è rancorosa, ma non dimentica) era che io avrei sbagliato nel non tener conto delle riserve "non allocate", cioè di quelle di cui le banche centrali non riportavano la valuta di riferimento. A questo rimprovero non so che cosa rispondere se non che:

1) non lo fanno nemmeno i più affermati studiosi del fenomeno pubblicando nel blog dell'istituzione che questi dati li raccoglie, e:

2) anche tenendone conto non cambia nulla.

Ma intanto, prima di mettervi di traverso anche voi, notate la beffarda ironia della sorte: il puntino giallo corrisponde a quando Ernesto puntò il dito dalle autorevoli (#DAR) pagine de L'Espresso per difendere le magnifiche sorti e progressive dell'euro, e subito dopo l'euro fece uno scivolone di cinque punti percentuali! Insomma: meglio lasciarmi perdere: come dico io, la mia parola ha un comprovato valore performativo, il che, tradotto in italiano, significa che come ogni vero economista porto una discreta sfiga...

Torniamo al 2012: la tesi che sostenevo era che l'euro non avrebbe spiazzato il dollaro, semplicemente perché era una valuta poco credibile. La mia visione all'epoca era controcorrente (tanto per cambiare). Venivamo da un periodo in cui gli economisti che contano, quelli statunitensi, dopo aver espresso, come sapete, un motivato scetticismo sulle sorti della moneta unica (qui trovate una rassegna), al constatare che non era esplosa subito avevano cambiato bordo, spiegandoci perché l'euro avrebbe rivaleggiato col dollaro! Insomma: da un eccesso (motivato) all'altro (immotivato). Una rassegna di questo dibattito la trovate in un recente working paper di Arslanalp et al. (2022), la versione approfondita dell'articolo che vi citavo sopra e da cui ho tratto il grafico con le quote delle varie valute. Ve la faccio corta. Nel commentare il grafico, gli autori constatano che:


cioè: nonostante che da solo esprima una percentuale delle riserve ufficiali più grande di quella di tutte le altre valute messe insieme, il dollaro ha un peso sempre minore nelle riserve ufficiali delle banche centrali, ma il suo ruolo non è stato insidiato né dall'euro, né dalle altre valute di riserva tradizionali (yen, sterlina, franco svizzero...), bensì dalle "altre" valute, dalle valute dei Paesi emergenti (renminbi e altre valute "non tradizionali", fra cui, udite udite!, la corona svedese! Ha proprio ragione quell’altro a dire che dovremmo fare come la Svezia…).

Quindi nel 2022 salta fuori che nel 2012 avevo ragione io (strano...)!

In effetti, nello spiegare perché altre valute (quelle "non tradizionali", non l'euro!) stanno incontrando un simile favore, gli autori del working paper chiariscono che questo potrebbe dipendere da vari fattori: l'aumentata liquidità di alcune economie emergenti, l'accresciuta attenzione dei banchieri centrali per valute che forniscono remunerazioni interessanti in un periodo in cui i tassi di interesse di Stati Uniti ed UE erano prossimi allo zero (si parla del periodo precedente al 2021, ovviamente). Ma a fronte di questi vantaggi, le nontraditional currencies hanno uno svantaggio: tendono a fluttuare, e quindi espongono al rischio di cambio. Gli autori quindi concludono che c'è una spiegazione più plausibile del successo di queste valute alternative:


La stabilità delle economie sottostanti e la razionalità delle decisioni politiche sono importanti nel determinare l'accettazione internazionale di una valuta. Messo in positivo nel 2022 per spiegare il successo del renminbi e compagnia, è l'argomento che usavo in negativo nel 2012 per spiegare l'insuccesso dell'euro: la valuta di un'economia condannata ad accartocciarsi su se stessa come quella europea mai avrebbe potuto essere considerata allettante da chi fosse immune (magari perché protetto da una robusta barriera linguistica!) dalla propaganda dei nostri operatori informativi!

E infatti così è stato.

Il renminbi è la valuta di un'economia che avrà per noi tanti motivi di perplessità, ma almeno cresce (a spese nostre, per colpa delle decisioni errate prese a Bruxelles, ma cresce)! Perché un russo o un brasiliano non dovrebbero farci affidamento? E infatti ce lo fanno:


Ma non voglio sottrarmi: entriamo nel tecnico, come incautamente fecque (o febbe?) Ernesto nel lontano 2014. Mi faceva notare, Ernesto, che senza tener conto delle riserve "non allocate" era difficile sostenere che l'euro fosse poco appetibile: avremmo magari potuto scoprire, una volta avvenuta la disclosure, che la Cina era farcita di euro come un cocco, e questo avrebbe fatto crescere la quota di euro sul totale delle riserve!

Ora, di questo punto si occupano, in modo tecnico Arslanalp et al. nel sesto paragrafo del loro working paper, dedicato appunto ai robustness check della loro ipotesi (cioè della mia). In particolare, a pag. 29 analizzano il COFER reporting effect, cioè le potenziali distorsioni derivanti dal fatto che fino al 2018 c'era incertezza sulle valute nelle quali una quota piuttosto ampia di riserve ufficiali veniva investita. Le loro valutazioni sono piuttosto raffinate (anche se necessariamente basate su ipotesi arbitrarie, visto che mancano informazioni essenziali). Io ve ne propongo una molto meno raffinata: semplicemente, rappresento le quote di tutte le riserve ufficiali (comprese le "non allocate") sul totale (allocato e non allocato) delle riserve:


L'operazione non ha un gran senso (lo riprova il fatto che chi voleva farlo era un bravissimo tributarista, non un economista monetario internazionale con h-index pari a 64), ma almeno ci fornisce una specie di acid test. Che vediamo? Vediamo che l'euro era intorno al 20% nel 2003, ed è sempre intorno al 20% a fine campione, e quindi con la progressiva disclosure delle allocazioni di banche centrali importanti come quella cinese non si assiste a un'esplosione dell'utilizzo dell'euro, che era e resta un pio desiderio di Ernesto (spiace, non tutto si può avere). Le non traditional, invece (spezzata verde), partendo da più in basso hanno superato l'euro attorno al 2022. No, decisamente l'euro non ha rivaleggiato col dollaro, non è l'euro la causa del declino secolare del dollaro, e in generale l'euro non se la passa benissimo. Il suo global reach non è minimamente paragonabile a quello del dollaro, ci spiega la BIS, con l'aggravante che il suo ruolo potrebbe essere sovrastimato, dato che molte transazioni in euro formalmente internazionali sono sostanzialmente "nazionali" perché avvengono all'interno dell'area euro, ci spiega l'Atlantic Council.

Aggiungo un dettaglio: la weaponization del dollaro ovviamente non ha fatto bene all'euro. Quando gli investitori dei Paesi emergenti (qui non mi riferisco alle banche centrali, ma a tutti gli altri) hanno visto che l'Ue seguiva pedissequamente gli Usa su sanzioni, sequestri delle attività, ecc., fra dollaro e euro hanno ovviamente preferito il dollaro, perché hanno capito che l'euro, non  offrendo le stesse garanzie di stabilità del dollaro, non consentiva loro neanche di diversificare il rischio paese (i tuoi conti correnti sarebbero stati confiscati a Milano come a Washington...).

Il risultato è stato questo:


(tratto da qui).

Vedi che la razionalità delle politiche è una componente dell'appetibilità delle valute? Vedi che il lateral thinking aiuta?

Sì, lo so: Proietti lo aveva detto.

A questo punto, per chiudere, pianto qui un altro chiodo: esattissimamente per gli stessi motivi per cui l'euro non può soppiantare il dollaro, in Italia come altrove il "centro" non esiste, resta un buco coi partiti intorno. Chiudo quindi questo post facendo tanti auguri a un nuovo, anzi vecchio, amico che sta partendo in cerca di fortuna verso quel luogo mitologico, quel giardino delle Esperidi dove è situato l'albero dagli elettori d'oro, gli elettori moderati, quelli che, poverini, si stanno astenendo perché non possono votare per chi, come noi, è incoNpetente e si mette le dita nel naso.

Dell'incompetenza vi ho dato una diffusa illustrazione in questo post, la cui sintesi è: tanto qui vi aspetto!

Della voglia di moderazione vi sta dando illustrazione l'universo mondo ogni singolo giorno che il buon Dio mette in Terra!

Ma forse l'andare al centro quando il mondo va a destra (per l'ottimo motivo che è stato rovinato dalla sinistra) è un esercizio di lateral thinking che potrebbe rivelarsi fruttuoso. Io non credo, ma non voglio sembrare un menagramo!

Buona fortuna a tutti, e ricordate: io non sono rancoroso! Esercito solo la memoria... e di te, sì, di te che stai leggendo in questo momento, mi ricordo bene...

Buona notte!

martedì 7 gennaio 2025

Shock di offerta e come produrli (il fallimento del green)

Sono molto contento di essere tornato qui, a passare un po’ più di tempo con voi. La cloaca nera non consente di organizzare un dibattito, elaborare un pensiero, ritrovare e referenziare nei suoi gorghi tumultuosi il materiale utile che pure vi si troverebbe, ma che viene immediatamente travolto da ondate e ondate di sterco. Gli scambi sono troppo estemporanei e rapidi, lo spazio è comunque compresso, anche dopo l’allargamento del vincolo sul numero dei caratteri (allargamento di cui non sono mai stato un granché entusiasta, come di altri allargamenti, perché trovavo interessante la dimensione epigrammatica, mentre trovo snervante "er microblogghinghe"...).

Poche settimane di lavoro qui hanno riattivato il dibattito fra di voi, consentendoci di mettere a fuoco i nostri argomenti e permettendo ai più curiosi di sottoporci tanto materiale interessante. Hanno anche messo in evidenza, queste poche settimane di lavoro, un fenomeno abbastanza peculiare e solo apparentemente paradossale. Accade infatti che, con una certa regolarità, siano proprio gli interlocutori teoricamente più favorevoli al “mercato”, al “liberismo”, a trovarsi completamente digiuni dei rudimenti di quella cosa che gli “studiati“ chiamerebbero basic economic reasoning. Non una grande scienza: semplice buon senso, quello di qualsiasi massai*. Non a caso qui coniammo la definizione di "spaghetti-liberisti": perché questi araldi del libero mercato nulla sanno né di libertà, né di mercato, e sprecare per loro una categoria tutto sommato dotata di una sua dignità intellettuale come quella di "liberismo" ci sembrava un insulto alla storia del pensiero economico, ma anche, più semplicemente, un insulto al pensiero.

Fra gli adepti di questo orientamento, che ha in Oscar Giannino il suo esponente più rappresentativo, abbiamo qui fra noi l'amico Marco, che mi dispiace di aver deluso. Fatto sta che il suo ragionamento secondo cui "una moneta è migliore di un'altra se ha i tassi più bassi" proprio non tiene! Quale che sia il mercato, il prezzo migliore è quello di equilibrio, non "il più basso". Un prezzo troppo basso infatti incentiva una domanda eccessiva da un lato, e deteriora la qualità del prodotto dall'altro (perché per soddisfare l'eccesso di domanda bisogna necessariamente abbassare gli standard di produzione: lavorare più in fretta, utilizzare materie prime meno pregiate, ecc.).

Questo vale in modo particolarmente plateale nel mercato del credito!

Dal lato della domanda, cioè di chi chiede un mutuo, tassi di interesse troppo bassi incentivano le famiglie a indebitarsi in modo eccessivo per sostenere i propri consumi ("Prendi oggi e paghi in 36 rate a partire da Natale prossimo!") e i propri investimenti immobiliari (con la creazione di bolle immobiliari cui abbiamo assistito in Spagna, ma non solo). Inoltre, tassi troppo bassi sui depositi o su altri strumenti tradizionali a basso rischio di investimento del risparmio spingono le famiglie ad assumere rischi eccessivi (perché la loro ricerca di prodotti finanziari più remunerativi li porta ad acquistare prodotti molto più rischiosi). Il pensionato di Civitavecchia è stato ucciso precisamente da questa distorsione del mercato.

Ma anche dal lato dell'offerta (cioè delle banche) un tasso troppo basso crea problemi: intanto, crea un incentivo a recuperare sui volumi quello che si perde sul margine, e quindi in definitiva a elargire credito in modo non particolarmente accurato (e deriva da qui, cioè dal tentativo di arginare questa distorsione, l'onere regolatorio che l'Unione Bancaria impone agli istituti di credito). Poi, a tendere sposta l'attività delle banche da quella di intermediazione del risparmio (raccolta di depositi, erogazione di prestiti) a quella di outlet di prodotti finanziari (rischiosi), rendendo piuttosto complicata la vita alle tante medie, piccole e microimprese per le quali il credito bancario potrebbe ancora essere una (fisiologica) fonte di finanziamento. Non c'era nulla di buono nel fatto che i tassi greci o italiani fossero uguali a quelli tedeschi, e chi non ha capito prima che questa era una gigantesca distorsione del mercato l'ha, in molti casi, dovuto capire dopo.

Poi c'è anche chi non lo capirà mai, come Marco, ma noi gli vogliamo comunque bene.

Oggi però volevo parlarvi di un'altra cosa che Marco credo non capirà (il che non ci impedirà di continuare a volergli bene). Ci riflettevo oggi,


mentre scendevo verso Roma dai non abbastanza gelidi altopiani d'Abruzzo, sotto un cielo livido, frustato da una pioggerellina puntuta e gelida. Continuavo a rimuginare uno dei grafici che avevo commentato con voi:

(qui), un grafico tutto sommato sorprendente perché mostra come il pass-through fra costi internazionali dell'energia e inflazione nazionale non sia poi stato alterato in modo drammaticamente significativo dall'entrata nell'Unione economica e monetaria: negli anni '70 inflazione al 20% con un incremento dei prezzi dell'energia del 200%, negli anni '20 inflazione all'8% con un incremento dei prezzi dell'energia dell'80%...

Da questa riflessione sugli shock di offerta e su come le loro conseguenze nel tempo tutto sommato non siano cambiate, nonostante la continua e profonda evoluzione delle tecnologie e delle istituzioni, il mio pensiero andava a una considerazione svolta da Blanchard nel suo commento al rapporto Draghi.

Ve la copio qui sotto:

Nel suo compitino Draghi deve naturalmente dire che il "green" sarà (o dovrà essere) un motore di sviluppo ecc. ecc. Blanchard gli spiega asciuttamente perché non potrà esserlo. Non potrà esserlo perché la lotta al cambiamento climatico condotta all'interno del paradigma predominante (quello degli effetti climalteranti della CO2), equivale a trasformare la CO2 da prodotto di scarto (in quanto risultato della combustione) in una materia prima come il petrolio (in quanto i produttori devono acquistare il "permesso" di emetterla, o devono spendere in altro modo per non emetterla), imponendo su di essa un prezzo artificialmente alto al preciso scopo di contenerne l'utilizzo.

Ne consegue che il green è un gigantesco shock di offerta, che in quanto tale non può che avere effetti recessivi.

Insomma: il "green" è uno spostamento dall'equilibrio E all'equilibrio E' nel modello keynesiano standard:


modello che vi spiegai qui, non a caso a proposito dell'incremento delle bollette (segnalo che, come il post prevedeva, lo científico non volle restare al governo...).

Nota bene: non mi interessa, e non deve interessare neanche a voi, in questa sede, confutare o contestare il paradigma! Ci inchiniamo, ci prosterniamo, ci prostriamo ai piedi del paradigma! A me sta benissimo (no!) pensare che le cose stiano esattamente così, che ogni mio atto espiratorio comprometta gli equilibri del globo.

Va bene.

Fatto sta che, se ragioniamo così, in termini economici stiamo trasformando uno scarto in una materia prima, stiamo insomma rendendo la CO2 una cosa analoga al petrolio, e quindi il suo desiderato, auspicato incremento di prezzo di fatto equivale a uno shock petrolifero, come quelli degli anni '70.

Ne derivano alcune conseguenze piuttosto ovvie: intanto, per questi motivi il green avrà un impatto inflazionistico sulla nostra economia, impatto difficile da quantificare (perché non credo che esistano ad oggi le basi statistiche per farlo, dato che lo stesso quadro normativo è in continua evoluzione), ma che si può prevedere sarà molto protratto nel tempo. Siamo in mano, come nota Blanchard, a un elemento imprevedibile: la rapidità del progresso tecnologico. Finché questo non ci condurrà nell'Eldorado di tecnologie superiori e a buon mercato, la conseguenza dello shock di offerta autoinflitto sarà un clima economico recessivo, una perdita di potere d'acquisto delle famiglie e di competitività delle imprese, mentre il vasto resto del mondo, fottendosene del paradigma, prospererà e ci inonderà dei suoi prodotti "sporchi".

Basic economic reasoning.

Quanto occorrerà ancora per capire che questo progetto politico danneggia la nostra libertà (come oggi gli ha rinfacciato perfino Pan di Zucchero!) perché distorcendo le più elementari regole economiche provoca inevitabilmente un malcontento che può essere gestito solo in chiave repressiva?

Le due cose vanno insieme: distorsione del mercato e censura del pensiero sono due forme di coartazione della libertà e sono l'una la causa dell'altra, in una spirale al ribasso di cui non si vede la fine, nonostante le evoluzioni che segnalavamo nel post precedente.

Ci vorrà molta pazienza e molta attenzione...

lunedì 6 gennaio 2025

Things are moving...

Attenzione!

Sotto l'albero di Natale abbiamo trovato laPatrimoniale™️ per lAmbiente™️:


(cortese pensiero del Santa Klaus arancione), ma nella calza della Befana abbiamo trovato, in rapida successione, lo schianto del "cordone sanitario" austriaco, che non ha retto alla pressione del voto popolare:


e soprattutto le dimissioni del nostro Cicciobello preferito, Cicciobello globalista:


quello che bloccò i conti correnti dei camionisti per farli desistere dallo sciopero contro l'obbligo vaccinale.

Quindi, come vedete, insistere serve. Ho sempre diffidato dei geni che invocano l'astensione, considerandoli utili idioti del regime, e i fatti dimostrano che questa diffidenza è fondata: votando in modo diverso si può fare la differenza.

Aggiungo un dettaglio: non votando, si possono rendere determinanti minoranze organizzate, e in un mondo basato sulla deflazione salariale, cioè sull'immigrazionismo, bisogna stare molto attenti ad attribuire a simili minoranze un tale potere. Ascoltatevi questa intervista, ad esempio. Non la prenderei per oro colato, come del resto nulla, tranne ciò di cui si ha esperienza diretta, va preso per oro colato, ma l'idea che i laburisti abbiano prosperato sul disinteresse della classe media bianca per corteggiare i pacchetti di voti di minoranze colorate dedite a hobby più o meno condivisibili un senso ce l'ha. E attenzione: sarà anche vero che gli immigrati regolari sono più indispettiti degli autoctoni dai flussi di immigrazione irregolare, perché detestano che venga regalato ad altri quello che loro si sono guadagnato con fatica. Ma questo è un discorso diverso. Ascoltatela bene, l'intervista: le ex potenze coloniali sono più avanti di noi su una strada pericolosa, sulla quale, va riconosciuto, anche noi ci siamo avviati.

Ci vuole meno libera circolazione di qualsiasi fattore di produzione, e alla fine si andrà a parare lì (lo stesso reshoring in fondo è un pezzo di questa storia). Nel frattempo, insistete, e diffidate molto da chi vi dice di non insistere: forse lui non ha hobby discutibili, ma certamente non vi aiuta a difendere voi e la vostra famiglia da chi li ha.

(...ciao, Cicciobello globalista! Ci mancherai tanto...)