giovedì 2 novembre 2023

Disoccupazione, fertilità, pensioni

 (...nel giorno dei morti, occupiamoci dei non nati...)

Alberto49, in un commento al post precedente, ci ha sollecitato a occuparci di pensioni.

Mi sembra un'ottima idea, tanto più che io ora, nel mio nuovo ruolo, sono costretto a farlo. La nemesi mi ha colpito: io, che mi sono sempre ampiamente disinteressato del mio futuro, sono ora costretto a occuparmi di quello di tutti gli altri! Quindi, tanto vale condividere con voi, per esporla alla vostra peer review, la necessaria attività di studio che il mio ruolo richiede.

Comincerei condividendo con voi un'idea, in particolare un'idea sbagliata: quella che la demografia sia una variabile esogena rispetto ai processi economici, in quanto determinata esclusivamente o principalmente da fattori sociologici e culturali. L'idea, insomma, che se "le donne non fanno più figli" (frase che trovo piuttosto odiosa, perché sì, è pacifico che quella della maternità è innanzitutto, per definizione, una scelta della madre, ma il "fare figli" si inserisce di solito in un comune progetto di famiglia), la colpa sarebbe, stringendo, dell'emancipazione femminile, con varie declinazioni e sfumature, che vanno dalle (oggettive) difficoltà di conciliare la maternità con un percorso lavorativo, a considerazioni da bar più o meno deliranti sull'egoismo (?) delle donne moderne (considerazioni che si prestano anche a essere declinate in una insidiosa perché apparentemente meno delirante chiave progressista).

I dati, però, come vi avevo accennato in una diretta Facebook, ci raccontano una storia diversa, questa:


Quello in blu è un nostro vecchio amico, il tasso di disoccupazione, che ci ha dato fra le altre la soddisfazione di smascherare i veri bufalari (qui: ancora rosicano...). Quello in arancione è il Total Fertility Rate, in italiano tasso di fecondità totale, cioè il numero medio di figli per donna (misurato sulla scala di destra). Sì, ci sono stati in Italia anni in cui "le donne facevano" più di due figli e mezzo a testa (un esempio è mia madre che ne ha "fatti" tre). Erano gli anni in cui la disoccupazione oscillava fra il 4% e il 6%. Poi le cose sono andate come vedete. La correlazione fra le due serie è di -0.85, il che significa quello che vedete: quando aumenta la disoccupazione, diminuisce la fertilità.

Sarà una correlazione spuria, come quella fra numero di matrimoni e rondini in cielo (ci sono comunque degli outlier)?

Non credo, per due ordini di motivi: intanto, perché sotto questa correlazione c'è un buon modello teorico di cui ognuno di voi può verificare (spero non direttamente) la validità. Per disporsi non dico alla procreazione, ma almeno al suo presupposto, bisogna avere la testa sgombra di pensieri, e non sapere se domani si avrà di che sfamare se stessi non è esattamente afrodisiaco e non induce ad allargare la famiglia. Poi, perché l'intuizione del grafico è supportata da studi più accurati, come questo:


(notate la sottolineatura sulla disoccupazione maschile).

Non credo esista un problema di direzione del nesso causale. Difficilmente si può argomentare che il fatto che nascano meno potenziali lavoratori causi il fatto che ci sono più disoccupati!

Mi limito a osservare due cose.

Intanto, oltre all'evidente componente "semi-secolare" di declino della fertilità e aumento della disoccupazione, sono chiare anche delle componenti di medio o breve periodo. Si vede molto bene, ad esempio, che il declino del tasso di disoccupazione dal 1999 al 2007 è associato a una (timida) ripresa del tasso di fertilità, mentre la stagione dell'austerità, che ha riportato la disoccupazione oltre il suo massimo, ha riportato la fertilità al minimo (raggiunto in occasione del precedente massimo).

Poi, questa roba non riguarda solo gli italiani. Vi faccio vedere, su un campione purtroppo più corto perché non ho tempo di estendere le serie (bei tempi quelli in cui avevo tempo...), come stanno le cose in un insieme di Paesi sufficientemente diversi l'uno dall'altro per far capire che il fenomeno è piuttosto ubiquitario. Lo riscontriamo in Paesi mediterranei:


(correlazione -0.89), in Paesi meno mediterranei:


(correlazione -0.88), in Paesi senza un pressante problema demografico:


(correlazione -0.32, più debole ma significativa), ecc.

Preveniamo subito le solite obiezioni idiote: no, non sto dicendo che la fertilità dipende solo dalla disoccupazione, e quindi dalle politiche di austerità (incluse le politiche monetarie restrittive). Sto dicendo che dipende anche, e in modo significativo, dal contesto macroeconomico che queste politiche concorrono a determinare. Questo significa, in buona sostanza, che anche se una serie di misure "microeconomiche", come tutte quelle che possono aiutare una donna (ma direi una coppia) a conciliare con il percorso professionale la scelta di procreare, sono necessarie, rischiano però di non essere sufficienti se non si affronta il problema macroeconomico, cioè se non si esce da un contesto istituzionale in cui la soluzione a ogni problema (che siano gli squilibri di bilancia dei pagamenti, che sia l'inflazione) è indurre una recessione (tagliando i redditi, alzando i tassi).

Perché è certamente possibile immaginare provvedimenti che tutelino il percorso di carriera di una donna, o meglio di una coppia, che decida di crescere un figlio, o almeno che ne allevi la posizione reddituale, ad esempio con sgravi fiscali più incisivi: resta il fatto, però, che se non c'è lavoro, tutelare il percorso di una carriera che non c'è non è di gran sollievo, esentare da imposte su redditi che non si guadagnano non incentiva moltissimo, e quindi i figli si continuano a non fare.

Naturalmente, se i figli non si fanno, il tasso di dipendenza aumenta, con le note conseguenze sulla sostenibilità del sistema pensionistico. Noterete quindi un simpatico paradosso europeo: preoccupata per il nostro debito, e in particolare per le passività implicite nel sistema pensionistico (le contingent pension liabilities), negli ultimi anni l'Unione Europea ci ha chiesto politiche che tendono a renderle meno sostenibili. Uno short-termism che rischiamo di pagare tutti, cioè non solo noi, ma anche loro, e che ritroviamo in tanti altri indirizzi politici che da quelle istituzioni provengono, ultimo, ma non meno preoccupante, il delirio green, che, come sapete, si sta rivelando una bolla che contribuirà ad aumentare (rendendoli insostenibili) quei costi dell'energia che si proponeva di abbattere. Un po' come l'austerità ha senz'altro, per tanti canali (quello descritto qui è solo uno dei tanti), contribuito a rendere insostenibile il debito che voleva abbattere.

Il che ci riporta sempre al nocciolo della questione: siamo sicuri che se fossimo arbitri del nostro destino riusciremmo a fare peggio di così?

Io no, ma a differenza degli esperti da talk show lascio sempre aperta la porta al dubbio e alla discussione.

Dichiaro quindi aperta la discussione generale.

58 commenti:

  1. già...ed intanto viene votata a Bruxelles una norma volta al superamento dell'unanimità per l'approvazione di risoluzioni (non so se il termine è tecnicamente corretto) in riferimento a tutta una serie di temi che in buona sostanza renderebbe certi Stati completamente succubi al volere di altri...un solo italiano ha detto NO!

    RispondiElimina
  2. Tutto chiaro.
    Io comunque mi sono visto a suo tempo la videoconferenza sulla de-natalità, e mi sono segnato il video. (non ricordo se si possono inserire link esterni.)
    https://www.youtube.com/watch?v=tSEOD4un5aQ

    Il punto qui sarebbe far gentilmente notare che non funziona nemmeno importarli "già fatti", per citare qualcuno, dal momento che ormai anche in Germania è dichiarata fallita la politica di integrazione.
    Sia a livello occupazionale, sia a livello di incremento delle nascite (già nella conferenza si era fatto notare che anche gli immigrati, a regole economiche immutate, incontrano gli stessi problemi dei nativi).
    Immigrazione che poi rischia di comportare altri problemi.

    Viste le attuali regole di stracciarsi le vesti per il troppo debito, a questo punto una soluzione potrebbe essere sensibilizzare gli austeritiani sul fatto che chi non esiste non può spendere soldi e non ripaga debito.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I "già fatti" temo che siano un costo netto, se considerati nel loro complesso, perché non ci sono solo i contributi versati da chi non lavora in nero, c'è anche l'assistenza prestata a tutti, compreso il finanziamento della mangiatoia delle varie cooperative...

      Elimina
  3. Il guaio è che i "padroni del discorso" hanno convinto "quelli che comandano" ( che ovviamente non siete voi "politici locali" che ne siete solo i " sottoscrittori legali " ) che "l' umanità" ( cioè tutti NOI che non siamo LORO ) è "un costo da abbattere".
    E quale miglior "abbattimento" di non farlo nemmeno "nascere" ?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma, non so... Queste argomentazioni sul complotto satanista transumano ecc. mi lasciano sempre un po' perplesso. L'umanità sarà anche un costo da abbattere, ma è fatta di clienti, e i padroni del discorso sono dei venditori (non solo di fumo, ma anche di servizi telefonici, di beni di consumo, ecc.). Gli conviene un mondo senza clienti?

      Elimina
    2. L'idea che mi sono fatto è che in certi ambienti ritengano che si possa creare una economia a due velocità: una filiera di sussistenza minimale (con una forte componente di prestazioni online) a basso prezzo (e costo e consumo di risorse) per le masse e un mercato del lusso (materiale e concreto) ad alto costo e consumo di risorse per i pochi eletti, sulla base dell'idea che sia sostenibile e costi meno (a loro). Ossia: loro in tesla e gli altri in bicicletta. Alla fine se i ricchi mirano a distruggere l'ascensore sociale, l'unica crescita che serve davvero è quella sufficiente a mantenere il loro tenore di vita, mentre possono anche mandare il resto del mondo in stagnazione. Una forte crescita serve a chi vuole diventare ricco assai più che non a chi lo è già. Del resto per secoli, prima del novecento, funzionava così. Che possa funzionare davvero anche opra non saprei, ma alla fine anche Maria Antonietta pensava che le brioche sostiuissero il pane (in realtà non credo l'abbia mai davvero detto, ma è un detto che mostra bene la mentalità della nobiltà francese dell'epoca). Tutto questo per dire che nella storia è già accadute che le elite, nell'illusione di poter guardare solo ai propri giardinetti, si siano creati un bolla autoreferenziale che li conduce ad imporre a tutti scelte scellerate, che dopo un po' fan venire giù tutto il sistema.

      Elimina
  4. Disoccupazione non è il primo fattore. (Hanno ragione al bar)

    Suggerirei di espandere la ricerca a paesi non UE, per esempio: Svizzera, Kazakistan.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Carissimo, non ricordo altri tuoi interventi (mi scuso) e quindi non ci siamo mai presentati. AR sta per "a ridicolo!", suppongo. Grazie per avermi fatto fare una sincera e spassionata (e non maliziosa né offensiva) risata. L'idea di confrontare il nostro Paese con Svizzera e Kazakistan è di un dadaismo sfolgorante, ha riportato la luce in una giornata uggiosa. Peraltro, io non ho detto che la disoccupazione sia il "primo fattore" (queste parole nel post non ci sono), e non ho detto che questo post fosse uno studio o una analisi di particolari pretese (ho rinviato ad altri studi per chi vuole approfondire). Ovviamente se si argomento che il problema sono le politiche volute dall'UE il confronto coi fratelli kazaki, cui tanto ci unisce sotto il profilo culturale, sociale, economico, è un po' incongruo, o no?

      Elimina
    2. Ho già scritto, forse con nomi diversi.

      Venendo alla sostanza del suggerimento.

      1 Perché Svizzera: per cultura simile ma diversa come forma di governo (loro hanno la democrazia) e politica economica.

      2 Perché il Kazakistan: loro fanno 3 figli per donna. Se dobbiamo risolvere il problema cerchiamo la soluzione dove c'è. Inutile confronto con chi fa pietà come noi, cioè tutta la UE.

      Non dobbiamo essere provinciali, ci vuole umiltà.

      Elimina
    3. Allora: intanto grazie per il contributo e per aver argomentato. Fatto salvo il richiamo all'umiltà (che è la mia stella polare, mentre piuttosto raramente lo è di chi la invoca), resto però della mia opinione. Sulla Svizzera cadi abbastanza male perché mi è anche capitato di viverci. Indubbiamente sono più simili a noi dei daghestani o degli araucani, ma parlare di cultura simile alla nostra in ambito economico mi sembra un tantino azzardato. Il loro sistema pensionistico (e assistenziale) prevede da sempre una rilevante componente privata e già questo li differenzia abbastanza da noi (poi si può entrare nello specifico culturale, e allora bisognerebbe riconoscere che di Svizzere ce ne sono almeno tre, ecc.).

      Sui Kazaki: se il problema è capire dove fanno più figli per prendere esempio da loro, allora un qualsiasi Paese dell'Africa subsahariana va anche meglio. Ma siamo sicuri che siano esempi da seguire?

      Elimina
  5. Adesso ho capito lei argomenta le sue risposte nei dettagli solo se la si fa incazzare per bene , ottimo terro' a mente 😉

    RispondiElimina
  6. Oltre al tasso di occupazione (che non sempre descrive correttamente il fenomeno), credo che conti ancor più il livello salariale. In altre epoche prevaleva l'occupazione solo maschile ma il tenore di vita e, di conseguenza, il progetto familiare, erano diversi. Non scopro certo l'acqua calda ma penso che l'assenza di un welfare gratuito efficace e l'impossibilità di provvedere alle carenza pubbliche con il reddito privato, nonché prospettive di magre pensioni, figlie di un sistema contributivo correlato a redditi bassi, non favorisca (per essere eufemistici) la creazione di una rete sociale (risparmio e patrimonializzazione familiare) che donava maggiore tranquillità e favoriva la programmazione "a lungo" delle famiglie. Purtroppo sempre lì si va a parare.

    RispondiElimina
  7. "...ma almeno al suo presupposto..."
    Ahahaha. Meraviglioso.

    RispondiElimina
  8. Tema complesso e per me personalmente molto sensibile (qualsiasi cosa faccia, mi sento in difetto; cosa che effettivamente sta accadendo da diverso tempo).
    Mi sento di far notare che per farsi passare la voglia di procreare, o quanto meno per spingere una coppia anche solo a rimandare certe decisioni, non è necessario essere disoccupati: anche la continua spinta alla mobilità aka fluidità dei fattori di produzione (che non sono solo uffici e capannoni, ma anche le persone che ci stanno dentro) è un serio disincentivo a mettere su famiglia hic et nunc. Se ogni tot anni traslochi da una città a un'altra, risalendo sulla giostra dei periodi di prova e cercando di costruirti una rete sociale in un luogo che non è quello dove ragionevolmente hai una rete familiare di supporto, tutto diventa più difficile; il tempo passa e le statistiche lo dimostrano. Non dico sia la norma, ma è sicuramente un fenomeno comune a tante persone di età compresa tra i 25 e i 35 anni; non esiste solo l'emigrazione verso l'estero, ma anche un'emigrazione interna che spesso e volentieri è obbligata, per lo meno quando si guarda al Mezzogiorno. Sospetto che per i cugini tedeschi (la cui realtà non conosco) possa valere un po' la stessa cosa. Mi piacerebbe invece vedere i dati olandesi, perché credo sarebbero in controtendenza (a dimostrazione del fatto che il problema non è solo economico, perché di austerity ne hanno fatta anche loro). Boh...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, è indubbio che il tema dell'incertezza non può riassumersi esclusivamente nel mero dato del tasso di disoccupazione. Ci sono altre variabili che vanno considerate, tutte quelle che misurano la cosiddetta "flessibilità", poi naturalmente c'è la qualità del welfare state, ecc. Un'analisi multivariata di questo tipo sarebbe sicuramente più esaustiva. Sarei però sorpreso se l'aggiunta di altre variabili "mangiasse" la significatività del tasso di disoccupazione. Se recupero la mia copia di Eviews magari mi ci diverto un po'...

      Elimina
    2. Secondo me un fattore sottostimato è la "corsa agli armamenti" dell'istruzione. Se per fare alcuni lavori prima bastava un diploma e ora serve una laurea l'effetto è che tutto viene spostato avanti negli anni. Sostanzialmente l'età della madre alla prima gravidanza è troppo vicina alla menopausa.

      (L'istruzione riduce il TFR perché fa perdere tempo alle donne; per gli uomini invece è indifferente)

      Elimina
  9. Buonasera professore, sono Michele. Mi interessa l’indagine proposta e ringrazio per essere resi partecipi. Non mi aspettavo una così stretta correlazione tra disoccupazione e tasso di fertilità come invece si evince dai dati e prenderne atto mi aiuta a cercare di avere una visione un po’ più ampia sul fenomeno. Non nascondo che mi piacerebbe comunque avere un suo parere, da attento osservatore della storia quale è, anche sulla questione culturale a cui accenna brevemente nel post. Se posso aggiungere un fattore alla riflessione ( ed eventualmente provare a sottoporlo alla luce dei dati a sua volta sarebbe bello ma non credo possibile), quello che mi impressiona di più nell’esperienza diretta recente, non è tanto, come si dice appunto, la scelta delle donne di non fare figli o di farne meno, quanto il fatto che, come scrive lei stesso nel post, per fare figli ci vuole un progetto comune, e per fare un progetto comune ci vuole una famiglia, possibilmente salda. Per fare più figli poi ci vuole una famiglia duratura oltre che salda. Mi sembra che il problema di tenuta sociale dei nuclei familiari (in pressoché tutti gli stadi di età “matrimoniale”) in Europa sia palese, anche nell’esperienza diretta di tutti noi. Anche qui evidentemente, un certo tipo di “tensione” sociale dovuta a una situazione economica critica ha il suo peso importante.
    Ad ogni modo, anche se non tecnico o corredato da dati, credo sarebbe interessante un suo parere umano sulla questione culturale. Grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ho molto da aggiungere a quello che dici tu: l'incertezza economica (e mi pare di averlo anche scritto) non crea necessariamente infertilità femminile o disfunzione erettile: rende difficile costruire un progetto, cioè una famiglia. Il problema è lì, non da altre parti. Ci sono anche animali che disperdono le loro uova nell'ambiente. Noi tendiamo ancora a costruire un nido.

      Elimina
    2. Grazie! Al netto delle differenze di contesto, c'è invece qualcosa secondo lei che possiamo apprendere sulla questione, mantenendo lo stesso tipo di parametro di analisi, dai paesi del far east? grazie

      Elimina
  10. Sulla bassa natalità una bella lettura è il libro di due de sinistra (Barba e Pivetti) "IL LAVORO IMPORTATO", dove si evince chiaramente che anche gli immigrati che arrivano in Italia da paesi in cui il tasso di natalità è molto alto, una volta che si ritrovano a vivere nel nostro Paese alle nostre stesse condizioni di reddito, si "adeguano" alla situazione e fanno anche loro pochi figli. Questo oltre a confermare ulteriormente quanto scritto nel post smentisce anche uno dei tanti dogmi ideologici de L'ASinitra, secondo cui l'immigrazione senza se e senza ma serve al nostro paese per recuperare il calo demografico.

    RispondiElimina
  11. Anzitutto mi preme tornare ad un tema toccato da un lettore e ripreso dal professore qualche post fa e dichiarare che io non sono affatto stanco di leggere cosa che quindi spero di fare ancora per moltissimi anni, nei giorni scorsi ero io su "premiata armeria Hellas" e dintorni. Omai prossimo ai 60 qualcosa la vita me lo avrà insegnato e quindi che se non ci sono le condizioni economiche non si fanno figli mi era ben chiaro. Il discorso quindi non è come fare più figli per rendere il sistema pensionistico più stabile (ricorso peraltro che un economista a capo dell'INPS credeva bastasse l'immigrazione) ma come modificare la realtà perché si possa creare lavoro e tramite questo tutto ciò che di buono ne consegue in termini economici e sociali. E ho apprezzato la bocciatura degli sgravi fiscali, io disapprovo la cultura dell'ISEE che mi considera ricco mentre considera poveri molti ricchi.
    Vorrei anche dire qualcosa sulla gente che non vuole complicazioni. Io non ci leggevo un gran richiamo alla Lega o una apologia di grillismo, ma scoramento, stanchezza. Sapere che nel lungo periodo saremo tutti morti e che pur se la guerra che combattiamo è giusta ed un giorno sicuramente sarà vinta il nostro unico orizzonte plausibile è l'ineluttabile morte, ecco, diciamo che alle volte può generare qualche dubbio.sapere di trovarsi dalla parte giusta e di non essere soli o matti riporta sulla retta via.

    RispondiElimina
  12. Grazie Alberto.
    Pensavo anch'io ad una logica del genere, ovvero, la signora che piange (ma tiene famiglia, a proposito di occupazione) e afferma che Salvini non ha capito che è stata peggiorata la sua riforma e soprattutto adesso ride dicendo che il governo ha fatto peggio di quanto fece lei, in realtà è stata la principale responsabile insieme al suo capo (e di questo c'è certezza e se ne è abbondantemente parlato qui) dei danni prodotti al nostro paese e di cui paghiamo ancora le conseguenze.

    Riforma fatta fra l'altro in una situazione di conti INPS che erano in forte attivo e che furono aggravati dall'unificazione con INPDAP e con un livello di spesa sul PIL in linea con GE- SP (circa 10% al netto della tassazione) etc (Francia era al 13% al netto della tassazione) cose che il sor Landini (& C) si guarda e si guardò bene dal denunciare all'epoca della riforma Fornero insieme alla sua capa.

    Quindi tutto si tiene alla fine, crescita, occupazione, pensioni, percorso contributivo etc.

    Quindi i cittadini è bene che sappiano da dove parte il loro problema e perchè restando ingabbiati all'interno di questo sistema non c'è via di scampo.

    Preciso soltanto che io non vedo Floris come non vedo Formigli e quasi nulla de La7 che ritengo organo informativo del PD e quel video mi è arrivato come notizia su Google alert!

    RispondiElimina
  13. Grazie Professsore, concetto semplice e piuttosto logico ma scarsamente attenzionato da chi si occupa di informazione in questo Paese. La virtù di argomentare con dati oggettivi delle tesi logiche (se non hai lavoro probabilmente ci pensi due volte a fare figli) è diventata rara ed è molto apprezzabile dal mio punto di vista il lavoro di mediazione culturale sui dati e sui grafici da lei svolto per noi e condiviso a fini divulgativi. È uno dei motivi per I quali secondo me questo blog è fonte di apprendimento per chi ha voglia di capire; banalmente molti di noi capiscono i grafici e le spiegazioni ma non sarebbero in grado di fare queste ricerche da sè.
    Due considerazioni in merito all'articolo:
    1) sul discorso culturale, un impatto secondo me può esserci,non decisivo ma comunque non trascurabile. Non parlo dell'egoismo della donna in carriera, ma di una società più egocentrica ed egoista rispetto a quella del dopoguerra, quindi fenomeno trasversalmente afferente a uomini e donne. Su questo credo che i governi possano fare poco,quindi forse ha poco senso parlarne. Io e mia moglie abbiamo una bimba di 3 mesi, molti nostri coetanei in condizioni economiche simili scelgono liberamente e legittimamente di non averne perché non vogliono privarsi di talune abitudini / libertà. Nella generazione dei "miei nonni" questo elemento era sicuramente meno presente. Ad ogni modo non è una nostra specificità italiana, almeno credo. Può essere visto anche come un elemento di progresso culturale,non lo metto in dubbio, ma esiste questa tendenza.
    2) la "colpa" non è dell'emancipazione femminile, concordo; ma di come questa sia avvenuta un pò sì. Mi spiego: la mia impressione (sono cresciuto bene in una famiglia abruzzese monoreddito di 4 persone) è che laddove c'era uno stipendio ora ce ne sono 2 che valgono meno del primo. Per carità ci sono tante variabili nel potere d'acquisto delle famiglie ( città / paese per esempio, vivere a Milano è diverso che vivere ad Atessa), ma il concetto resta. Ammetto di esprimere delle opinioni legate al vissuto personale e dintorni, so che il "particolare" non spiega necessariamente l'universale però è sempre meglio del "mì cuggino mi ha detto...". In buona sostanza dopo la disoccupazione c'è anche il tema del reddito...qui mi fermo perché Lei ci ha spiegato dettagliatamente i motivi della stagnazione salariale italiana. Sarebbe interessante indagare sulla correlazione reddito/fertilità per un'evidenza empirica simile a quella già mostrata ed analizzata con riferimento a disoccupazione/fertilità.
    Un caro saluto,
    Giuseppe

    RispondiElimina
  14. La spesa pensionistica è prevista crescere fino a circa il 2040-45, per poi diminuire con la morte dei baby boomers. Se iniziassimo a fare figli adesso sarebbero pronti per il mercato del lavoro nel 2045 circa, ovvero quando il problema delle pensioni si starà già risolvendo naturalmente.
    Fare altro debito, oltre a quello che abbiamo già e quello che stiamo già facendo, non penso porti troppo lontano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse il debito esploderà prima del 2040 quando le BEV saranno preponderanti (oggi sono 0, sul circolante) e i 26 mld di accise sui carburanti non entreranno più nelle casse. Ma sul lungo periodo ....

      Elimina
    2. "Esplodere" non so cosa significhi riferito ad un debito pubblico. Di fatto però il debito pubblico italiano ad oggi assorbe parecchi soldi che potrebbero essere utilizzati in modi più utili e crea instabilità finanziaria, oggi come ieri e come pure farà domani e dopodomani, limitando il potenziale di crescita.

      Considerando tra l'altro che sul decennale abbiamo un interessa maggiore della Grecia già da 8 mesi direi che non ce la passiamo benissimo.

      PS: Questa non curanza dei problemi associati ad un elevato debito pubblico da parte di certi "domandisti" veramente non riesco a capirla.

      Elimina
    3. Ma tanto il governo non riesce a risolvere questioni minime e basilari come le licenze dei taxi e quelle dei balneari, figuriamoci risolvere problemi veri come la crisi demografica, che tra l'altro non può essere risolta con incentivi alle nascite (vedere io caso Svezia per credere).

      Elimina
    4. Mancando 26 mld annui di accise più 6,6 miliardi di bolli auto che le BEV non pagano. ovvero più della finanziaria di quest'anno, le cose sono due, o quei soldi vengono presi da qualche altra parte oppure, per noi che non abbiamo capacità fiscale o si taglia la spesa ovvero sanità etc oppure si deve fare deficit e quindi a mio avviso in qualche anno esplode il debito, ma puoi chiamarlo anche in altro modo, la sostanza non cambia.

      Elimina
    5. Sinceramente mi sembra completamente un non-problema. Basta mettere accise (o quello che ti pare) sulle colonnine per ricaricare i veicoli elettrici o tassare in qualsiasi altra forma i mezzi di trasporto che si useranno in futuro. Così come oggi riusciamo (più o meno) a sopportare questa riduzione di potere d’acquisto, continueremo a sopportarlo anche in futuro con le tasse sulle macchine elettriche.
      L’Italia non farà mai default finché starà nell’euro, semplicemente perché è troppo grande per fallire e non glielo permetteranno. In ogni caso, visto che potrei benissimo sbagliarmi, anche in assenza di uno scenario catastrofico già oggi il debito pubblico italiano ha un impatto devastante. Dal 2018 al 2022 siamo stati il paese in Europa che ha pagato più interessi sul debito, e dal 2013 al 2018 eravamo secondi solo al Portogallo e con ben poco distacco.
      Nel 2022 abbiamo pagato circa il 4,3% di PIL di interessi sul debito pubblico, ovvero una cosa sugli 83 miliardi di euro. La seconda nazione che ha pagato più interessi sul PIL è stata l’Ungheria, col 2,8% (tutti dati Eurostat). Se avessimo pagato anche noi il 2,8% di interessi, avremmo risparmiato circa 30 miliardi, più o meno come i 26 + 6,6 di cui parlavi tu.
      Considerando che anche quest’anno il debito pubblico lo iniziamo a ridurre l’anno prossimo, continueremo a pagare parecchi soldi ancora per molti molti anni.
      Non so cosa ne dici tu, ma a mio avviso il debito pubblico è già esploso. Fosse più grave di così dovremmo parlare di implosione.

      Elimina
  15. Purtroppo mi sembra che la deduzione di un pervasivo nesso eziologico fra indice (andamento) della disoccupazione ed indice (andamento) della natalità non trovi sufficienti riscontri, ed anzi verta anche su una imprecisione almeno per quel che riguarda la società (la "realtà") Italiana, ossia i caratteri sociali della popolazione d’Italia nascenti da una particolare combinazione di attitudini, tradizioni (che, purtroppo, non durano per sempre), territorio ed ambiente in senso lato.

    I grafici (gli indici associati) risultano fuorvianti, e particolarmente lo sono in rapporto ai nostri popoli anzichè p.e. ai popoli anglosassoni (per i motivi che dirò), e nella sua “deviazione” denota (è la mia osservazione nel caso) non una relazione causa-effetto bensì una mera coincidenza fattuale: difatti, la fertilità in Italia crolla esattamente al volgere degli anni '60 e da quel momento in poi (ma anche prima, ma sono dettagli poco rilevanti nello specifico) il suo andamento non è esattamente speculare a quello della disoccupazione bensì al massimo ne riverbera vagamente la tendenza; orbene, al volgere degli anni '60 accadono in Italia due fenomeni non correlati per nesso eziologico (i rispettivi precedenti presso i popoli anglosassoni pure ne denotano la non relazione causale stante colà una divaricazione cronologica) che sono 1) il compiersi tumultuoso di certi stravolgimenti culturali (“68”, femminismo, liberismo ecc.) ossia proprio una sorta di “deriva sociale” 2) l'inserirsi in massa della popolazione femminile nel mercato del lavoro ossia (specifico) quel mercato del lavoro (fondamentalmente lavoro dipendente e salariato) che "fa" statistica economica (giacchè le donne hanno lavorato da sempre nell'umanità ma fino ad una certa epoca era solo lavoro familiare, domestico e di masseria, non tracciato dagli indici economici; nei popoli anglosassoni la cosa cambiò prima - e prima dello stravolgimento culturale - e da noi cambiò dopo).

    Nel non tenere conto (così mi pare) che al volgere degli anni '60 gli indici economici Italiani (alquanto "di colpo") ricevono la massa di cercanti lavoro donne (prima le donne non "facevano"” la statistica del "in attesa di posto di lavoro", dopo le donne hanno contribuito all'indice di disoccupazione semplicemente prendendo a cercare lavoro non domestico e non di masseria familiare) allora si porta avanti (dicevo in principio) una deduzione "adulterata", d'altro canto il momento critico che in Italia si pone con quella coincidenza trova posto nella storia di altri popoli (p.e. anglosassoni) in fasi che hanno uno scollamento temporale fra le tendenze culturali, la presenza delle donne negli impieghi salariati ed i risultati degli indici di disoccupazione.

    Così mi pare, ovvero: il problema della denatalità è innanzitutto un problema "culturale", tant'è che attanaglia Paesi Occidentali che hanno indici economici e di occupazione ben migliori dei nostri, positivi e rosei.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono d'accordo. È la cultura che definisce cosa la società si aspetta da una donna. E in tutto l'occidente non si chiede alle donne di essere madri. Invece si chiede loro principalmente di essere lavoratrici. Il lavoro ma anche istruzione, svago, attivismo sono valutati come più importanti.

      Dallo studio rigoroso del rapporto disoccupazione fertilità non può che uscire l'ovvio, cioè che influisce per un + o - 0,2 figli per donna in media.
      Influisce cioè sul margine del problema.

      Elimina


    2. La correlazione statistica fra andamento economico e tasso dì natalità appare evidente, ma a sentimento, a istinto, credo che anche i fattori antropologici e culturali abbiano il loro peso, altrimenti non si spiegherebbe perché le nostre nonne che lavavano i panni nel fiume e che si sobbarcavano carichi di lavoro domestico oggi inimmaginabili, poi sfornassero mediamente ben più di due figliuoli.
      La mia generazione, quella dei boomers, secondo me la più fortunata degli ultimi secoli per via sia delle prospettive sul futuro che dell’oggettivo aumento del tenore di vita, dal periodo hippies ai luccicanti ‘90, si è guardata bene dall’ impegno di un progetto che riguardasse il costruire una famiglia, almeno cosi è andata nel mio ecosistema piccolo borghese di provincia: la metà dei miei coetanei non ha figliato e tanti ne hanno fatto solo 1, impegnati a viaggiare (low cost) e a vitellonare in spiaggia nelle vesti di eterni adolescenti, aduletescenti?

      Elimina
    3. Cito la mia esperienza familiare di famiglia che si occupava di commercio e attività di piccola industria nel settore motoristico ma credo che l'esperienza sia estendibile anche altre situazioni.
      I miei nonni ebbero 8 figli nati tra il 1910 ed il 1930 (entrambi nati nel 1889), tutti i figli eccetto due femmine zitelle ebbero 4 figli ciascuno tra il 1943 ed il 1960, la mia generazione si fermo a 1/2 figli tra il 1975 ed il 1985 prodotti all'età di circa 25/30 anni in epoca di disoccupazione molto bassa, i nostri figli hanno prodotto 0/1 figlio a testa con elevata età di procreazione.
      Nella fase iniziale, quella dei nonni prevaleva la famiglia clan come fonte di protezione e occupazione, praticamente lavoravano tutti in attività di famiglia, quindi disoccupazione nulla, stessa cosa nella seconda fase, disoccupazione nulla sia all'interno delle attività di famiglia sia per chi come me aveva trovato occupazione fuori dell'ambito familiare, le cose sono peggiorate per le terze generazioni a causa di difficoltà sorte nelle attività familiari intervenute intorno agli anni '90 (se ne parlò anche qui anni fa a proposito di fallimenti aziendali cresciuti molto nel periodo, divorzio tesoro/bankitalia SME) con forte disoccupazione e decremento nascite. Oggi, credo sia inutile esplcitare ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti quanti, elevata disoccupazione giovanile, scarsa capacità delle famiglie di supportare i figli con le pensioni, fortissime problematiche interpersonali tra i coniugi genitori e molto altro.
      Le nuove generazioni che verranno troveranno una situazione ancora molto peggiore di oggi.
      Vogliamo riconoscere che la moneta unica e il simulacro di una Europa che non esiste e non esisterà mai e sta producendo guasti che diventeranno irreversibili tra 2035 e 2040 (follia green insostenibile, energie alternative inesistenti, strategie alimentari fallimentari etc) e dove ogni stato continuerà a farsi i cazzi propri è alla base di questa tragedia? Io credo di si ma i giovani stanno capendo ciò che li attende?

      Elimina
    4. Ho sentito anch'io storie simili. Mi viene in mente che una ulteriore verifica dell'influenza della parte economica sulla fertilità possa essere il confronto in Italia tra famiglie benestanti e famiglie povere; restando su anni recenti (post 1970).

      Persone che conosco io nonostante le ottime condizioni economiche non hanno figli, e l'alibi del problema disoccupazione cade del tutto in quei casi. Mi aspetto che un povero che diventa ricco vorrà anche comportarsi nello stesso modo.

      Elimina
    5. Arrivo da voi in ritardo e controvoglia (l'argomento mi punge sulla carne viva) ma voglio suggerire un parametro per risolvere il problema: la fertilità desiderata.
      Io credo che le analisi del professore incidano sulla TFR mentre i fattori culturali a cui vi (ci) riferite incidano sulla fertilità voluta.
      Ossia: i miei bisnonni (che sono i vostri nonni) avevano una fertilità voluta credo doppia a tripla di noi, al netto della possibilità o meno di realizzarla.
      E ciò è dovuto credo al fatto che fare figli non è "cooool": se Chiara Ferragnez fosse una pancina con 6 figli credo che ci sarebbero molti più bambini in giro.
      Il che ovviamente rende il problema culturale fondamentale, perché la fertilità desiderata comunque è inferiore al TFR e adesso credo stia a 2.5 o similia.

      Elimina
    6. "Io credo di si ma i giovani stanno capendo ciò che li attende?".
      E come potrebbero?
      Dovrebbero passare di qui.

      Elimina
    7. Sì, però i grafici bisognerebbe pure saperli leggere, o, almeno almeno sapere cos'è un coefficiente di correlazione.
      Non dico nulla, tutti i commenti sono sempre interessanti e istruttivi, alcuni sono anche commoventi, aggiungerei ad esempio che c'erano altri bisnonni che arrivavano anche fino a 11 figli, escludendo le prove finite male, oppure, per altre considerazioni forti (Giulia), accade spesso che si avverta, anche a pelle, la sofferenza piena di donne che, per esigenze lavorative, oltre a dover reprimere il loro istinto materno devono anche prendere su di sé l'onere di questa situazione come colpa; altri commenti prendono coraggio e si impegnano a chiare meglio la problematica complessiva, altri ancora scrivono cose eziologicamente pervasivamente fuorvianti, e infine se ne trovano anche di quelli che, pare, dico pare, la vogliono solo buttare in vacca, o in caciara come si dice a Roma. Sta di fatto che tutti questi commenti non intaccano il giudizio dell'Onorevole Professore, perché esso si radica su dati, su grafici e su coefficienti imparziali per definizione, per i quali la fuorviantività può ben andarsi a far benedire in qualche lontano antro di freudiana memoria. E il grafico è lì che grida, a meno che non si riesca a dimostrare che sia il cambio di mentalità culturale che genera la disoccupazione, e la vedo dura! Arduo compito, che mi pare proprio divenir fattuale dati i presupposti tecnici, sarebbe stabilire questa nuova e straordinaria coincidenza fattuale. No, tutti questi rilievi qui avanzati, pur potendo essere utili di sera davanti alla tazza del te, non inficiano minimamente il giudizio del nostro Ospite, il quale, semmai, è stato pure troppo soave, perché i dati gli avrebbero consentito d'usare anche il martello, e senza remore!
      Ciò che si “riverbera nella tendenza” è proprio il nesso che stabilisce il coefficiente di correlazione, per il quale, dispiace dirlo, l'unità di misura scelta per l'asse delle ordinate, così come l'unità di misura scelta per l'asse delle ascisse, per dirla morbida, conta di meno che il due di coppe a briscola, perciò esso può risultare vago solo a coloro che preferiscono il pennello grande perché riescono a vedere solo i grandi muri.
      Da cui si deduce che il femminismo e le donne che studiano o lavorano e non pensano più ai figli è proprio ciò che, di fronte ai dati, diventa irrilevante, e citarlo diventa induzione all'adulterazione.
      Noto, infine, in tutti questi ragionamenti una forte correlazione, seppur negativa, col sempre verde modo di ragionar malthusiano, mentre mi pare che qui l'Onorevole diventi tributario di un cristallino pensiero ricardiano; che poi è sempre più meglio, anzi più meglissimo, di quello keynesiano, il quale, come si sa, presto può inacidire e diventar bastardo.

      Elimina
    8. L'indice di natalità, tasso di fecondità o andamento demografico o come lo si voglia definire, è gravemente sotto la misura minima del ricambio (2,1 figli per donna), ed in molti casi perfino in costante caduta, in TUTTI i Paesi "Occidentali" ovvero di "cultura Occidentale" specialmente dell'area Euroasiatica, compresi TUTTI quelli dove il tasso di disoccupazione è ben migliore di quello che si ha in Italia o è perfino irrisorio.
      Passo ad enumerare una buona parte dei Paesi "Occidentali" (ovvero di "cultura Occidentale") che avendo un indice di disoccupazione minimo o comunque migliore di quello Italiano presentano comunque un indice di natalità inferiore a 2,1 figli per donna, elencandoli in ordine sparso così come mi sovvengono ripassando a memoria la geografia:
      - Svizzera
      - Austria
      - Germania
      - Liechtenstein
      - Olanda
      - Finlandia
      - Danimarca
      - Svezia
      - Norvegia
      - Islanda
      - Lussemburgo
      - Belgio
      - Giappone
      - Corea del Sud
      ...continua.
      Buone cose.

      Elimina
    9. Per quanto lunga possa essere una scala nominale, e per quanto sudati fossero tutti gli sforzi per costituirla, quasi tutto sarebbe vano. Da essa, come noto, o come dovrebbe essere noto, neanche un qualsiasisia valor medio potrebbe derivarsi, e men che meno che men che meno una qualsiasivoglia correlazione, ché manco a pensarci. Ma poi neanche il mediano, per esser franchi, il quale non va, naturalmente, confuso con quello di spinta o di rottura. Ecco, con una bella listona, longa longa longa squaquarella, al massimo ci si intrattiene con la moda, del tipo di quella che concerne il colore del bichini che andava quest'anno, ma, comunque, solamente dopo aver appurato che a tutti interessano solo quelli in due pezzi. E così è chiaro che, infine, ci si potrà diffondere a parlare solo di donne. Croce e delizia!

      Elimina
    10. Da parte mia non ho stilato una lista - o elenco oppure "scala nominale" - di coltivazioni agricole: ho stilato una lista di popoli (o nazioni, nel caso Stati).

      Le coltivazioni agricole, la loro "vita" e produzione, si basano su pochi (o comunque "finiti" ed agevolmente enumerabili) elementi costitutivi (o "fattori della produzione"): il terreno, il clima o agenti atmosferici, la disponibilità di acqua, eventualmente la disponibilità di concimi, la forza lavoro e nel caso la meccanizzazione della forza lavoro, qualcos'altro fra cui i trasporti disponibili; tali elementi in quanto ben definiti sono agibili alle misurazioni ed alle valutazioni delle scienze e delle tecniche basate sulle scienze, di base quelle strettamente naturali come la scienza biologica o agronomica, in senso esteso anche le scienze sociali e relative tecniche come le scienze economiche.

      I popoli, la loro vita e "produzione", si basano su elementi costitutivi (che poi a modo loro sostanziano anche una sorta di "fattori della produzione") che sono di natura varia ed eterogenea, di consistenza non immediatamente percepibile e tendenzialmente indefinibile in punto deterministico, di occorrenza difficilmente individuabile perfino in sede probabilistica, per i quali è arduo applicare perfino il criterio di "finitezza"; questi elementi possono venir catalogati sotto il concetto di cultura (o "civiltà" in senso lato, o anche "tradizioni e costumi" se si preferisce un tono folkloristico), ma sta di fatto che rimangono poco suscettibili alle misurazioni ed alle valutazioni delle scienze e delle relative tecniche, non solo quelle naturalistiche, ma perfino quelle sociali come la giurisprudenza o l'economia, salvo considerazioni circostanziate per quanto riguarda un certo ordine relazionale (giurisprudenza), o una certa dinamica di sfruttamento del territorio abitato (economia), e via dicendo, ma sempre in forma limitata e limitante.

      La produzione di una coltivazione agricola è ciò che si ricava dall'interazione di quei (rispettivi) elementi: è ciò che se ne raccoglie di risultato, è il raccolto, ed anch'esso è misurabile in quantità e valutabile in qualità.

      Il raccolto dei popoli è ciò che si ricava dall'interazione di quegli altri elementi: ognuno - dati statistici alla mano - può andare a riscontrare quale raccolto stia avendo ogni popolo, popolo per popolo.

      In effetti, rimuginando, mi sovviene una scienza sociale che è capace di misurare e valutare i risultati di un popolo, fra i quali il suo "raccolto": è la Storia.
      Ma la Storia solitamente misura e valuta "cose" oramai "morte", e la letteratura scientifica è piena di casi di popoli - oramai - morti.

      Rimuginando ancora, mi sovviene anche un'occorrenza di speculazione concettuale che s'è avuta in merito alla misurazione quantitativa ed alla valutazione qualitativa - come "capacità (ri)produttiva" - dei popoli, delle popolazioni umane: è Matrix, la saga dei film di Matrix.
      Infatti in Matrix vi sono coltivazioni di esseri umani ad uso di fattore della produzione e merce finita.
      Ma Matrix è fantascienza e quindi non è, sicuramente non è al momento attuale.

      Buone cose.

      P.S.: Le culture dei popoli sono quelle cose che fra l'altro hanno fatto sì anche che ci fossero esplosioni atomiKe sull'atollo di BiCHini.

      Elimina
    11. Lista agricola o lista di nazioni sempre lista nominale è. Inutile, quindi, dilungarsi sulle differenze, anche perché mi pare che, infine, si conviene che con la lista di nazioni, ultimamente invase da parecchi popoli, poco ci si fa se non l'elenco delle virtù o difetti, e insomma caratteri assai poco misurabili. E quindi, quale sarebbe l'ultimo approdo di questa constatazione?, che sia proibito procedere in qualsiasi altra direzione?, che ci dovremmo perciò confinare solo al resoconto storico? Ma se, ad un certo punto, si butta dentro la scala nominale il tasso di fertilità, e poi dopo il tasso di disoccupazione, una volta chiarito, come dicevo sopra, se vogliamo restringerci al colore del due pezzi o del costume intero, non resterà altro che confrontare chi ce l'ha più lungo, appunto! Oh, intendiamoci, dico l' “indice”, chi c'ha più lungo l'indice, non equivochiamo. Quindi appunto la moda, perché neanche il valore mediano c'è consentito indagare (che non è quello di spinta: Furino, né quello di rottura: Benetti. Bei tempi!). Con le liste nominali si possono fare agilmente statistiche descrittive, le statistiche inferenziali abbisognano di più spazio, ma qui il nostro Ospite proponeva analisi di serie storiche, dunque che c'azzecca, come diceva quello, un florilegio d'osservazioni disarticolate, che si possono appuntare solo nella storia universale?
      Infine, rimuginando d'atomica e bichini, viene in mente Rita Hayworth, ma, da quel punto di vista, anche noi ne avevamo di maggiorate in quegli stessi tempi; prima tra tutte la Gina Lollobrigida, ma poi anche la Silvana Mangano e la Virna Lisi e la Sophia Loren …., e, per fortuna, non se n'è perso lo stampo. Ma qui non si tratta più di lunghezza, semmai di generosità; e questo tuttavia oramai, come noto, è classificato solo come bieco maschilismo, anzi molestia, addirittura!

      Elimina
    12. Provo a rispondere alle tue domande.

      ... quale sarebbe l'ultimo approdo di questa constatazione?
      Cercare una soluzione per superare 2,1 figli per donna, cercando dove si supera il livello, non sotto dove soluzioni in tutta evidenza non ci sono.

      ... proibito procedere in qualsiasi altra direzione?
      No. Ma se c'è una soluzione economica al problema nessuno l'ha ancora trovata per cui anche il miglior studio economico statistico non può trovare ciò che non è stato ancora inventato.

      ... confinare solo al resoconto storico? No, anche sociologia e antropologia.

      Ospite proponeva analisi di serie storiche, dunque che c'azzecca, come diceva quello, un florilegio d'osservazioni disarticolate, che si possono appuntare solo nella storia universale?
      Per quanto mi riguarda ho cercato di metterlo in guardia che stava perdendo tempo cercando una correlazione che comunque non porta all'obiettivo di risolvere il problema. Poi per divertimento e non per utilità si possono fare tutti gli studi che si vogliono.

      Elimina
    13. Oh bella! Ma le mie non erano domande! Diconsi domande retoriche quei costrutti verbali che non sollecitano risposte, ma invitano a constatazioni. Del resto la storia non l'ho citata io, e men che meno l'agricoltura, e se entrambe son finite male non c'entro. Ora si prende così ispirazione per invogliare alla sociologia e all'antropologia, che paroloni!; in che parte d'Italia si dice: “per allungare il brodo”? Il mio professore di liceo di fisica, il giorno che gli dissi che avevo un buon voto in filosofia sentenziò: “Evidentemente sei bravo a menar il can per l'aia”. A me parrebbe, lo dico con reverenza e distacco necessario, che il nostro Ospite ha dimostrato con i fatti, persino miracolosi da un certo punto di vista, che non è tipo incline sciupare tempo, dunque immagino che il consiglio di non perderlo sia superfluo. Se poi la sollecitudine è addirittura quella di permettergli più in fretta di risolver problemi, questa la battezzerei come una dichiarazione commovente.
      In ultimo una constatazione: sembra che per divertimento, e non certo per utilità, parecchi anni fa un certo Ricardo suggeriva di instaurare la stessa corrispondenza che qui vien ventilata; di contro, con lettere sempre più concitate, gli si proponeva tal Malthus che, senza conoscere d'antropologia e sociologia, ché non erano ancora state inventate, lo chiamava a tener presente che fosse la quantità di vettovaglie a sollecitare la foga amatoria del popolano e quella la naturale inclinazione di tutto il popolaccio. Perciò, non si può, infine, che augurare buona caccia a colui che desidera correre in giro alla ricerca del popolo che più s'intrattiene in gozzoviglie, o in festini dove si supera il livello.

      Elimina
    14. Ricardo e Malthus sono un po' vecchiotti. Non hanno conosciuto il mondo contemporaneo.

      Se porti a morire di fame la gente questa fa meno figli, essendo morta, quindi la popolazione cala come voleva Malthus. Ma non è quello che è successo in Italia. Anzi è proprio successo l'opposto intorno dal 1965 al 1975 (dopo di che è solo leggermente fluttuato il numero dei figli ma sempre sotto la soglia)

      Cosa dovremmo imparare da questo pensiero di Malthus? (O dal pensiero che non conosco di Ricardo?)

      Secondo te quali azioni ci suggeriscono per riportare il valore sopra 2,1 figli per donna?

      Elimina
    15. Queste sono le risultanze fattuali riguardo al tasso di natalità (ossia i nati ogni mille abitanti) negli Stati della Terra:

      https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_tasso_di_natalit%C3%A0

      Queste sono le risultanze fattuali riguardo al tasso di fecondità (ossia i figli che mediamente hanno le donne durante l'età fertile) negli Stati della Terra:

      https://it.wikipedia.org/wiki/Tasso_di_fecondit%C3%A0_totale

      Nel mio stato di ignoranza tecnico-scientifica in materia posso limitarmi a richiamare solo tali scale (o liste) nominali, però sono dati fattuali.

      Matteo, attingendo dalla propria conoscenza scientifica ed esperienza tecnica, ben potrà associare, o - se preferisce - mettere in relazione (o correlare?), insomma "accoppiare", Stato per Stato tali indici (tassi) con i rispettivi indici (tassi) di disoccupazione, trattandosi tali valori parimenti di risultanze fattuali.

      Buone cose.

      Elimina
    16. Beh, sulla base di quanto sopra stabilito, la risposta è piuttosto facile, e non dovrebbe sfuggire a nessuno, certo non dovrei suggerirla io, chiunque dovrebbe trovarla da sé. Se non si vuole passare il tempo tentando di divinare, pardon derivare, l'attrattore nascosto che unirebbe Niger e Guinea-Bissau con Afganistan e Burundi, e a meno di suggerire che la strada è quella di prenderci la tintarella, un sommesso ma incisivo “suggerimento” sarebbe quello di eliminare, e al più presto, la legge più vigliacca, liberticida e scandalosa emanata dal governo golpista. Del resto l'incompetente ministro che le ha dato il nome poco c'entra se poi a ratificarla s'unirono tutte le forze oramai concentrate soltanto sull'autopromozione. Per Berlusconi si poteva capire, perché anche se era stato lui l'obiettivo diretto della rimozione, la sua storia d'imprenditore gl'imponeva di fa buon viso a cattivo gioco e cercare di rimanere sul mercato per il meglio possibile, ma coloro che un tempo dichiaravano d'aver ideali nobili e forti, ebbene vederli ridursi a piazzisti e traditori fu una scena particolarmente disgustosa a cui assistere. In proposito non si può non condividere il pensiero di La Grassa che ora li definisce: farabutti e cancro politico, anzi mi pare persino eccessiva gentilezza. Comunque malgrado la linguaccia lunga e impunita, della protetta e impunibile vecchia signora, che in quel paio di occasioni di svita del sistema mediatico nei quali fu messa a confronto con economisti veri ne uscì fuori al naturale come l'incompetente per eccellenza, ma quando hai deciso fare macelleria sociale e nessun politico si presta si trova sempre il disponibile che già da tempo si mostra con la parannanza insanguinata, un Pinochet de noiantri che ha fatto la sua autopromozione a tempo debito, ebbene malgrado le castronerie sesquipedali che vengono elargite da costei nelle comparsate che da oramai più di 10 anni gli sono concesse tutte le sere in tv, e che qualsiasi attrice, tipo Sophia Loren, si sogna, quella legge votata da tutti i traditori della patria che porta il suo nome è la pietra angolare della distruzione di questo paese. Emanata a furor di popolo, escluse le nobili eccezioni, non solo ha fatto ritrovare all'indice di fecondità, che era in ripresa, la vecchia rotta, ma ha determinato anche l'esodo in massa, a botta di 100 mila e dispari giovani l'anno, che si dice emigrazione in cerca di lavoro, dunque se resta questo obbrobrio concettuale si va nei prossimi anni, con certezza assoluta, allo 0,5 altro che 2,1.
      Siccome s'era deciso che si doveva dimagrire, piangendo calde lacrime, la signora ha proposto d'amputare una gamba, e da allora ci si chiede come mai i giovani non corrono. Con la gamba che gli restava, evidentemente, hanno dovuto portarsi altrove, e se si persiste, per almeno almeno altri 5-10 anni, cioè finché la peste non avrà esaurito il suo effetto, c'è poco da credere che non si vada allo 0,5!

      Elimina
    17. Posso sommessamente dire che di questa prosa elevata (nelle intenzioni) non ho capito un beneamato cazzo? Ecco, te lo dico così, per compensare, così facciamo media. Dì quello che vuoi dire con parole tue, che spero non siano queste, altrimenti mi vedrei costretto a passare dall'altra parte della strada qualora ci incontrassimo!

      Elimina
    18. Ho cercato, nell'articolata esposizione, una qualche risposta dal sig. Matteo alla questione che avevo posto: non l'ho trovata.
      Sarà l'ora, sarà che di Natale qui al Meridione il nordico panettone fa a botte nello stomaco con le nostrane robe fritte unte e bisunte, sarà che sono avvezzo alle liste nominali e non rinvenendole mi disperdo.
      Ma non l'ho trovata.
      Pazienza.
      Buon anno nuovo!
      (Un augurio che "funzionerà" sicuramente di più in quei Paesi là dove all'anno nuovo nasceranno tanti figli e nipotini in più.)

      Elimina
    19. Chiedo scusa prima di tutto al padrone di casa, ma, avendo la sensazione, dagli interventi di AR, che mi volesse portare in giro, mi sono lasciato andare. Riassumo.
      Visto che lui mi chiedeva a bruciapelo cosa avrei consigliato per far invertire la direzione dell'indice di fertilità, rispondevo con altrettanta brutalità: abolendo la legge Fornero.
      Poi, convengo, mi sono fatto prendere la mano dal commento, ma ripeto, mi sembrava che AR volesse menarmi per il naso. Chiedo scusa ancora, se le è sebrato che volessi abusare della sua ospitalità, e spero veramente che lei non cambi marciapiede se mi incontra.
      Per quanto riguarda Carmine Malice, cosa dire? Se lei cerca nella risposta ad AR qualche cosa che possa servire per lei, non è colpa mia. Per i suoi interventi credevo di aver già detto tutto ciò che c'era da dire in precedenza. A meno che lei non voglia veramente che io le risponda che bisogna avere più sole per la tintarella, come nei casi dei paesi che lei osserva al primo posto nelle classifiche nominali che continua a presentare; questo mi pare l'unico elemento comune altro non saprei trovare. Cosa vuole che le aggiunga?

      Elimina
    20. Ah, era una risposta per me. Scusa non avevo capito.

      Penso che tornando a prima della Fornero sarà come prima della Fornero cioè sotto la soglia di 2,1.

      Altre idee? Magari più utili e innovative?

      Elimina
    21. Difficile trovare argomenti con correlazioni maggiori dell'89%. Quando, poi, non si capisce cos'è una derivata, o si finge di non capirlo, la cosa è chiaramente impossibile. Ci vuole più pressione! Dopodiché, per me finisce qui.

      Elimina
    22. Sono andato a vedere com'erano le liste nominali prima dell'avvento della Fornero: erano come sono adesso, non mi pare si sia verificato qualcosa di evangelicamente molto diverso...

      Elimina
  16. off topic: mi permetto di segnalare (probabilmente in modo superfluo, visto la rete del prof) l'associazione ARC, e la sua recente conferenza a Londra.
    https://www.arc-research.org/research-papers
    https://www.arcforum.com/ideas/a-better-story/ARC-Conference-announcement

    Tra gli speaker di quest'ultima c'era anche Jonathan Haidt, autore già citato in questo blog.

    Un tema significativo, seppur chiamato diversamente, è stato "Lugrisamort", tema trattato (tra gli altri) da Michael Shellenberger (USA) e da Bjorn Peter (GER) - quest'ultimo praticamente racconta come la Germania si è azzoppata da sola sol tema energetico.

    https://en.wikipedia.org/wiki/Michael_Shellenberger
    https://www.linkedin.com/in/bj%C3%B6rn-peters-5996777b/

    Un saluto

    RispondiElimina
  17. Anche le analisi di Ettori Gotti Tedeschi sul tema, per chi non ha mai visto il video di otto anni fa, sono interessanti con buoni spunti...

    RispondiElimina
  18. Sono d'accordo con le conclusioni dell'intervento. Mi permetto di condividere un mio lavoro sulla relazione tra precarietà lavorativa e fecondità: https://drive.google.com/file/d/1JtzmLKAhe1RJGheExN8GjcP5V1SrEC25/view?usp=drive_link

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.