domenica 5 gennaio 2020

Il metodo MES

Ginevra Cerrina Feroni, costituzionalista a voi nota, si è fatta venire qualche dubbio sul Dubbio a proposito di quanto il Governo abbia rispettato le prerogative delle Camere, così come stabilite dalla L. 234/2012 ("Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea") durante l'affaire MES (che non è ancora concluso), e più in generale di come queste prerogative possano essere esercitate e tutelate.

La risposta breve alla domanda su come tutelarle è ovvia (e altrettanto ovviamente nota a Cerrina Feroni): col voto di fiducia.

Infatti, è così che sono andate le cose, come vi ho spiegato, con gli esiti, perfettamente legittimi, che state sperimentando (il periclitante governo Pinocchio). In altri termini, una violazione di questa legge pone un problema politico, o se volete, di converso, mancando strumenti che garantiscano una "effettiva giustiziabilità" della legge 234, cioè mancando un Tribunale cui adire nel caso di violazione, "molto è legato alla forza politica del Parlamento nel far valere il rispetto, sostanziale e non meramente procedurale, degli obblighi di informazione" (sempre nelle parole di Cerrina Feroni). La sanzione può venire solo dal Parlamento, ed è la sfiducia, ma come per tutte le pene non sempre l'implicita funzione rieducativa va a buon fine, e come sempre prevenire sarebbe meglio che curare!

Fatta questa considerazione generale, penso sia utile aggiungere agli spunti offerti da Cerrina Feroni e da Alessandro Mangia sul Sussidiario qualche precisazione e qualche riflessione tratta dalla pratica parlamentare e del dibattito.

Intanto, il Trattato sul MES è decisamente un accordo (intergovernativo) in materia monetaria e finanziaria. Come tale, non ricade nell'ambito dell'art. 4 della L. 234/2012, rubricato "Consultazione e informazione del Parlamento", ma in quello dell'art. 5 della stessa legge, rubricato appunto "Consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria".

Cambia qualcosa? Direi di sì.

Va ricordato che l'art. 5 venne aggiunto durante la discussione in Senato (relatrice la collega Boldi, ora deportata alla Camera bassa) del testo approvato in prima lettura alla Camera. In effetti, la discussione in Commissione partì da due testi, l'AS (che non significa Associazione Sportiva ma Atto Senato) 2646 (Buttiglione e altri) e l'AS 2254 (Marinaro e altri). Il 2646 era la versione approvata in prima lettura dalla Camera (Buttiglione era deputato), che trovate qui, e in cui l'articolo 5 manca (nel senso che si occupa di altro). Durante la discussione in Commissione la relatrice assorbi nel 2646 il testo del 2254, che trovate qui, e dove altresì manca un trattamento specifico degli accordi in materia finanziaria o monetaria. Fatto sta che alla fine della trattazione nel testo approvato apparve l'articolo 5 come oggi lo conosciamo.

Voci di Palazzo (non ho sentito sul punto la collega Boldi, se vi interessa chiederò) dicono che questa aggiunta fosse stata fortemente voluta dal PD, proprio ad esito di un certo scontento per il modo opaco in cui il negoziato sul MES era stato condotto. L'aver dovuto sganciare i famosi 14,3 miliardi sull'unghia non aveva suscitato un unanime entusiasmo, e per quanto convincenti potessero essere in certi ambienti i richiami retorici a quell'ossimoro che è il patriottismo europeo, alcuni funzionari mi dicono che proprio la Marinaro abbia lavorato perché venisse inserito l'articolo 5, il cui nome era mai più (cioè: mai più ci faremo dare una fregatura simile).

In virtù di un certo bruciore causato dai succitati 14,3 miliardi, il dispositivo dell'art. 5 è piuttosto esplicito: "Il Governo informa tempestivamente le Camere di ogni iniziativa volta alla conclusione di accordi tra gli Stati membri dell'Unione europea che prevedano l'introduzione o il rafforzamento di regole in materia finanziaria o monetaria...".

Possiamo così accantonare una delle obiezioni con cui Cerrina Feroni, facendo l'avvocato del diavolo (cioè l'avvocato dell'avvocato del popolo), circoscrive le responsabilità del Governo, ovvero il fatto che "l’art. 4 della legge 234 del 2012 non copre eventuali negoziati informali che il governo tiene al di fuori delle riunioni del Consiglio europeo". Certo, questo è vero, ma quando si tratta di soldi vale l'art. 5 (e anche l'articolo quinto, ma questa è un'altra storia), per cui "il Governo informa" su ogni iniziativa volta alla conclusione di accordi. Ogni iniziativa, per me, e per ogni fiorentino, significa anche l'avvio di un qualsiasi negoziato informale. Va da sé inoltre che "informa" non significa "menziona", per cui il lungo fascicolo portato dal presidente Giuseppi in aula non vale un gran che: di menzioni ne sono state fatte tante, ma di informative vere e proprie nessuna.

Le parti meno disoneste intellettualmente della squadra di Governo hanno sostanzialmente ammesso questo vulnus, rinviando a un altro argomento avanzato da Cerrina Feroni per delimitare le responsabilità del Governo, ovvero il fatto che "l’art. 34 del Trattato MES... obbliga i Ministri coinvolti nei lavori dell’organo al segreto professionale". In realtà all'obbligo di segreto professionale sono tenuti tutti quelli che abbiano lavorato col MES a qualsiasi titolo, e quindi anche il membro del Consiglio direttivo che mi oppose questo segreto dopo aver detto di fronte al presidente Conte (l'avatar del Presidente Giuseppi) che avrebbe messo a mia disposizione il testo. Il tema, pertanto, non riguarda solo i ministri, ma ci sono due obiezioni da fare, oltre a quella che correttamente fa Cerrina Feroni (ovvero, che "tale obbligo di segretezza non è, tuttavia, coerente con i principi fondanti il sistema parlamentare di governo").

La prima obiezione è che andrebbe chiarito che cosa si intenda per "segreto professionale". La professione degli organi di governo del MES (Consiglio dei Governatori, Consiglio dei Direttori, Consiglio di amministrazione) è gestire il MES, non normare il MES. Quindi, ho qualche dubbio che una proposta di revisione del Trattato possa essere sottoposta allo stesso segreto cui sono sottoposte decisioni quali, ad esempio, se finanziare o meno, e con quanti milioni, un determinato Stato.

Ma la seconda obiezione credo ci permetta di fare a meno della prima, ed è molto più semplice. L'art. 4, comma 7 della L. 234/2012 infatti stabilisce che:

"Gli obblighi di segreto professionale, i vincoli di inviolabilità degli archivi e i regimi di immunità delle persone non possono in ogni caso pregiudicare le prerogative di informazione e partecipazione del Parlamento, come riconosciute ai sensi del titolo II del Protocollo n. 1 sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea, allegato al Trattato sull'Unione europea, al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, e dell'articolo 13 del Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, ratificato ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114".

Nota: in ogni caso (cioè anche quando non si parla di soldi, e infatti questo è un comma dell'art. 4).

Sembra proprio che il legislatore conoscesse i suoi polli (cioè che prefigurasse la deriva antiparlamentare che un'Europa intergovernativa necessariamente porta con sé).

Ci sarebbe poi da aprire il discorso di come la Germania, che gli europeisti tanto ammirano, salvo poi preferire le cose all'italiana quando a loro fa più comodo (vedi ad esempio il caso della governance di Banca d'Italia...), abbia gestito il rapporto fra il suo Parlamento e il MES. Per chi non se la ricordi, la storia è qui.

Ma ora ho un amico a cena, e quindi vi lascio con questa riflessione: per come abbiamo visto svolgersi la vicenda, il caso del MES è anche un'applicazione del metodo Juncker. Ricordate?

"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno".

Questa volta le proteste ci sono state, e come per magia la trattativa si è riaperta! A mio parere si è riaperta per finta, ma questo è un altro discorso. Il punto è che questa esperienza ha convinto molti di due punti: (i) applicare la legge è sempre utile, oltre che doveroso, e (ii) quando si combatte, in condizioni di inferiorità numerica, un sistema irrazionale, la cosa migliore da fare è seguire le sue regole.

Si apra la discussione (leggete però prima Mangia e Cerrina Feroni)...


(...la cosa importante, se proprio non è possibile andarsene, è arrivare prima. In altre parole, per i lettori più esperti (dichiarazione di Meseberg):MES = (dichiarazione di Scholz):EDIS. Per i meno esperti aggiungo il disegnino: la mia esperienza del dibattito mi dice che sul tema ponderazione del sovrano è già stato raggiunto un accordo di massima, ma non avendo mai avuto un "nostro" ministro dell'Economia non siamo in grado di accertarne il contenuto. Sarò troppo malizioso, nel qual caso mi scuso, ma nel frattempo ho la sensazione che il "loro" ministro ci prenda sostanzialmente in giro, come già il suo predecessore. Ma a questo, di vulnus, rimedieranno i cittadini dell'Emilia-Romagna...)

7 commenti:

  1. Io sono d'accordo con Mangia. La proceduralizzazione per legge dei lavori parlamentari e dell'attivita di governo a null'altro serve, se non ad esigere al Governo responsabilità politica.

    La Corte Costituzionale ha già chiarito, in tempi non sospetti, che il mancato rispetto dei regolamenti parlamentari - e a maggior ragione delle leggi procedurali - non determina l'incostituzionalità delle leggi, che resta comunque governata dalle ordinarie norme costituzionali.

    E difatti anche il dibattito di oggi si colloca sul terreno politico, non costituzionale. Se per ipotesi il trattato Mes fosse ratificato, per il diritto internazionale la querelle interna è priva di rilevanza. L'unica, per smantellarlo giuridicamente è invocare la clausola della violazione di norme costituzionali di importanza fondamentale della Convenzione di Vienna.

    Ma la prassi è piuttosto orientata nel senso che si procede per le vie di fatto, e anche l'unico paese che forse potrebbe invocare l'art. 46 della Convenzione di Vienna, la Germania, per le ragioni dette dal Prof. Mangia, di fatto non lo farà.

    Perchè è inutile. Perchè è dannoso.

    Il MES non serve a salvare gli Stati - a quello basta una BCE che, in violazione delle norme del Trattato, faccia il suo compito di prestatrice di ultima istanza, come nel caso OMT, con risorse illimitate a costo zero ed approvazione della Corte di Giustizia.

    Il MES serve per dare un paramento giuridico a una iniziativa politica di controllo delle politiche economiche - e dunque della vita - dei paesi vittime della stretta condizionalità, riducendo il dibattito politico, liquidando i loro asset rilevanti, insomma annettendoli come colonie del nuovo grande Reich.

    L'unico modo per non subire è non entrare, ma in unac politica dominata dal precariato l'ottica di breve periodo (sostengo un governo, per non perdere la diaria) supera di gran lungo quella di lungo periodo (in un parlamento coloniale non avrò nessuna diaria).

    Io l'unica modifica costituzionale che proporrei sarebbe l'elezione non più quinquennale ma biennale delle Camere. Nella speranza che la paura di non essere più rieletti spinga tanti a fare la scelta giusta.

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    1. A che cosa serva il MES qui ci è abbastanza chiaro, grazie. Viceversa non capisco se è chiaro che noi ci siamo già dentro (col voto contrario della Lega nel luglio 2012) e che ora si sta parlando della sua riforma, su cui in Europa non si contano le autorevoli voci negative (ignorate nel dibattito provinciale degli euristi). Quanto alla riforma, sinceramente, non la vedo risolutiva. Mica per caso lei è stato ortottero in una vita precedente? Mi sembra assolutamente chiaro che in questo momento è proprio la paura di non essere eletti che spinge tanti a fare la scelta sbagliata (bloccare la democrazia)!

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    2. Presidente, riconoscerà però che il problema della non rappresentatività del Parlamento esiste, dato che puntualmente sopraggiunge dopo uno/due anni dal voto, e che in qualche modo bisognerà risolverlo. La costante rappresentatività del Parlamento sarebbe un importante fattore di aiuto nella nostra lotta per la libertà. La riforma per accorciare la durata delle Camere potrebbe essere una soluzione, altrimenti si potrebbe intervenire sul potere di scioglimento anticipato delle Camere del PdR, diminuendo o eliminando la sua discrezionalità nell’esercitarlo, magari prevedendo casi specifici in cui debbano sciogliersi (ad es. un certo numero di elezioni regionali vinte da chi è all’apposizione in parlamento, l’evidente drastico cambiamento della preferenza di voto risultante dalla maggior parte dei sondaggi ecc.). Si tratta di un potere che con tutta evidenza il PdR avrebbe dovuto esercitare altre volte dopo il 2008, ma non l’ha fatto per chiari motivi politici.

      @Rambaldo degli Uberti la paura di non essere rieletti per definizione spinge a fare la scelta sbagliata... La riforma che prospetta lei servirebbe ad eliminare la causa di tale paura, cioè l’intervenuta non rappresentatività del Parlamento. Tuttavia non avrebbe in ogni caso effetto sui grillini, vista la regola dei due mandati cui sono soggetti, che genera un attaccamento viscerale alla poltrona come è evidente.

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    3. Qui però non si sta parlando di non rappresentatività, ma di non incisività, cioè del fatto che il Parlamento, chiunque rappresenti (al limite anche solo se stesso), venga progressivamente escluso dal circuito di esercizio democratico della sovranità. Quando ci sei dentro capisci che la colpa non è solo di Biddebbegghe o dei rettiliani…

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  2. Pare che il metodo Juncker sia stato applicato alla riforma del MES, e al MES stesso nel 2012, oltre che un vario numero di altre volte. Oserei definirla una prassi, che credo tragga le sue origini dal fatto che questa integrazione europea (che sembra l'unica possibile oggi) si basa sullo scontento dei popoli, trattati come bambini da educare alla vita (alla sua durezza) da parte dei leader illuminati. Tutto questo ha a che fare con il metodo democratico come il sale rende più dolci gli alimenti o lo zucchero più salati. Mi rifaccio a un suo insegnamento: un sistema che, per il suo equilibrio, conta sulla compressione dei redditi della maggioranza non può che agire all'insaputa della stessa maggioranza, oppure al di fuori dei metodi democratici, ed è pertanto eversivo.

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  3. L'auspicio della parte finale delle interessanti considerazioni della Prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, cioè che la Corte Costituzionale possa esprimersi sul metodo e sul merito del MES e della riforma in discussione, è senza dubbio condivisibile. Ma mi chiedo, e lo chiedo soprattutto a chi è esperto in materia, in quali modalità possa avvenire tale valutazione da parte della Corte. A chi spetterebbe la possibilità di sollevare il dubbio di costituzionalità del MES (articolo 11 Costituzione)? In ogni caso mi rimane il dubbio che la composizione attuale della Corte sia tale da togliere ogni dubbio sulla possibilità di un esito positivo.
    Lo confesso: sono pessimista e mi capita di ascoltare amici e conoscenti che manifestano sempre più frequentemente l'intenzione di abbandonare l'Italia, anche al prezzo di svendere le attività che gestiscono e le proprietà immobiliari. Se questo governo non cadrà presto e arriverà alla nomina del prossimo PdR, non credo che ce la faremo a resistere.

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    1. Molti se ne stanno andando, lo so. È già successo nella storia del Paese, e anche in quella del blog. Quante lettere abbiamo ricevuto da persone che, scrivendoci dall’estero, ci ringraziavano per avergli aperto gli occhi in tempo? Noi siamo qui a combattere, ma è una nostra scelta. La scelta più razionale, sulla base delle informazioni che molti hanno, probabilmente è andarsene. Non emetto giudizi. Va capito che comunque vadano le cose, dopo decenni di piddinismo restituire dignità e indipendenza agli italiani richiederà un tempo altrettanto lungo. Capisco il desiderio di appartenere a una comunità cui gli ottimati non hanno insegnato a vergognarsi di se stessa.

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