domenica 18 agosto 2013

Questo lo sapevate?

(...ci sono i fire sales, e c'è il friendly fire. Sapevatelo. Il vallone dell'Agnellizza. Camminare sui morti, sui tuoi morti. Di questo parlano tutte le testimonianze. Spiace dirlo, ma oggi c'è chi riesce a farlo con molta disinvoltura...)




33 commenti:

  1. "Le riviste militari, i vari delle grandi navi, facevano battere il cuore di affetto per la patria: per la patria, di cui nessuno allora revocava in dubbio la legittimità del culto, ma che anche nessuno convertiva in idolo di nazionalistica avidità e prepotenza, e tutti la intendevano, come va intesa, immagine di quanto di meglio è nelle umane aspirazioni, il più alto e insieme il più vicino punto sociale di riferenza degli ideali morali"

    Benedetto Croce, La storia d'Italia dal 1871 al 1915

    RispondiElimina
    Risposte
    1. consigli per la lettura (per chi non lo conoscesse):

      Emilio Lussu - "Un anno sull'Altipiano"

      consiglio anche il bel film di Rosi "Uomini Contro" con il sempre strepitoso Gian Maria Volontè. (Un adattamento dello scritto di Lussu).

      Elimina
  2. spero con tutto il cuore che questi ragazzi non siano morti invano e che da lassù ci diano una mano.
    Requiem aeternam dona eis domine et lux perpetua luceat eis requiescant in pace. Amen

    RispondiElimina
  3. Io lo sapevo. Non solo dai libri ma dai vivi racconti del nonno materno che su quei monti ha combattuto. A lui andò bene e venne fatto prigioniero alla successiva battaglia di Caporetto.
    In memoriam.
    A costo di sembrare sciovinista tiè n'altra volta:
    Non passa lo straniero.

    RispondiElimina
  4. Per affrontare il mare ...
    non serve una Nave grande, serve una nave monovrabile con un buon timone.

    RispondiElimina
  5. Sai, Prof., mio nonno si prese la croce di guerra sul Grappa. Certo, a sentirgliela raccontare, di com'era andata, c'era gran poco di "eroico": "Io ero lì. A un certo punto, arrivano dei colpi di cannone e uccidono tutti. Resto vivo io. Ero spaventato. Non capivo più niente. Ho fatto quel che sapevo fare: ho preso i proiettili e li ho continuati a infilare nel cannone, finché non sono finiti.
    Dopo un po', arriva un tenente e mi chiede chi sono. E io gli dico il mio nome e cognome. E lui mi dice che sono un eroe, e che ho salvato la postazione. E il giorno dopo mi danno una medaglia. Ma ti giuro che io, in quel momento, non riuscivo neanche a pensare. Cercavo solo di salvare la pelle".

    Quanti "eroi" abbiamo, qui, oggi, in quest'Italia sotto le bombe economiche, che fanno semplicemente quel che sanno fare; lavorare come tecnici, imprenditori, operai, impiegati... anche banchieri, anche economisti... Ecco. Vedo tante medaglie inconsapevoli. Ma molto, molto diversa è la loro inconsapevolezza da quella di alcuni ministri.

    Buona vita
    Guglielmo

    RispondiElimina
  6. Anche in Italia ci fu una dissoluzione delle armate nel 1917 che
    fece seguito a quella francese e a quella russa anche se fu la conseguenza di una grande sconfitta più che di un'offensiva fallita o di una rivoluzione sociale. In ottobre a Caporetto, una
    piccola città di frontiera sull'Isonzo, i tedeschi e i loro alleati austriaci realizzarono una drammatica penetrazione delle posizioni che gli italiani avevano così faticosamente conquistato
    nei trenta mesi precedenti spingendo i frammenti del loro esercito verso la pianura padana. Il disastro di Caporetto minò la reputazione dell'esercito italiano che non riuscì a riconquistarla nemmeno nella seconda guerra mondiale. Da allora ci si fa beffe comunemente e a buon mercato delle doti militari degli italiani. Ma il giudizio non è corretto: gli italiani delle città stato del Rinascimento furono soldati notevoli, i veneziani un popolo imperiale le cui galere e lecui fortezze sfidarono l'impero ottomano per tre secoli. Il regno di Savoia combatté valorosamente per l'indipendenza nazionale e per l'unificazione contro il potere asburgico e combatté da pari a fianco dei francesi e degli inglesi in Crimea. Solo dopo l'unificazione cominciarono i problemi militari.
    Allora sul solido trono dell'esercito sabaudo reclutato tra i
    montanari delle Alpi italiane, tra gli industriosi contadini e gli abitanti delle città delle pianure del nord, furono innestati i resti degli eserciti papale e borbonico del sud, eserciti da burla privi di lealtà nei confronti della dinastia regnante e di qualsiasi fermezza militare. "Vestili di rosso,
    di blu e di verde - osservò una volta l'indolente re "bomba" di Napoli parlando con i suoi consiglieri militari durante una discussione sulle nuove uniformi - si comporteranno sempre
    nello stesso modo". Bomba era un realista. Sapeva che in uno stato in cui i proprietari terrieri che avrebbero dovuto fornire gli ufficiali erano preoccupati soprattutto di estorcere l'ultima
    briciola di rendita o di lavoro dai poveri contadini privi di terre che fornivano il grosso dei ranghi, non c'era nessuna volontà di sacrificare la propria vita.
    I professionisti dell'esercito di Savoia, un esercito notevole per le sue capacità nell'uso dell'artiglieria e nella costruzione di fortezze, competenze che furono in gran parte inventate dagli italiani del Rinascimento, fecero del loro meglio per trasformare gli elementi vecchi e nuovi in una forza nazionale e lo fecero con grande intelligenza; uno degli elementi distintivi del corpo degli ufficiali sabaudo, unico tra gli eserciti europei, era l'apertura della carriera agli
    ebrei di talento. Ma la differenza di qualità tra le reclute del nord e quelle del sud vanificò gran parte dei loro sforzi.
    Negli ultimi tempi si è negato che i meridionali furono soldati meno affidabili dei settentrionali durante la guerra (67). Alcune unità di meridionali combatterono indubbiamente bene. Ma non sembra che si possa mettere in discussione che le reclute più
    scolarizzate e più abili delle città industriali del nord furono arruolate nell'artiglieria e nel genio, mentre la fanteria fu sproporzionatamente alimentata dal sud agricolo. "La divisione tra nord e sud all'interno del regno fu così perpetuata da questi sviluppi bellici", con i poveri del sud che
    sopportarono una parte esagerata dei costi umani della guerra che fu decisa dalla dinastia del regno settentrionale e condotta, con durezza e inflessibilità, da generali del nord (68).

    John Keegan
    La prima guerra mondiale
    Una storia politico-militare

    RispondiElimina
  7. Ti è piaciuta casa mia? Se non fossi emigrato lontano e con poche ferie tuo avrei volentieri fatto da guida, almeno per ricambiare in parte lo sforzo che hai fatto per la divulgazione.

    RispondiElimina
  8. "Raggiuntomi, a voce molto bassa, mi domandò: - Lei non ha sentito niente? Dicono sia scoppiata la guerra. - Già! Lo sappiamo tutti! Da un anno circa, - risposi io. - Non parlo di quella, - disse lui spazientito. - Parlo di quella con... - e fece un segno dalla parte della vicina frontiera italiana. - Lei non ne sa nulla? - Mi guardò ansioso della risposta. - Capirai, - gli dissi io con piena sicurezza, - che se io non so nulla vuol proprio dire che nulla c’è. Vengo da Trieste e le ultime parole che sentii colà significavano che la guerra è proprio definitivamente scongiurata. A Roma hanno ribaltato il Ministero che voleva la guerra e ci hanno ora il Giolitti.

    Egli si rasserenò immediatamente: - Perciò queste patate che stiamo coprendo e che promettono tanto bene saranno poi nostre! Vi sono tanti di quei chiacchieroni a questo mondo! - Con la manica della camicia s’asciugò il sudore che gli colava dalla fronte. Vedendolo tanto contento, tentai di renderlo piú contento ancora. Amo tanto le persone felici, io. Perciò dissi delle cose che veramente non amo di rammentare. Asserii che se anche la guerra fosse scoppiata, non sarebbe stata combattuta colà.

    C’era prima di tutto il mare dove era ora si battessero, eppoi oramai in Europa non mancavano dei campi di battaglia per chi ne voleva. C’erano le Fiandre e varii dipartimenti della Francia. Avevo poi sentito dire - non sapevo piú da chi - che a questo mondo c’era oramai tale un bisogno di patate che le raccoglievano accuratamente anche sui campi di battaglia. ...

    Il contadino perfettamente tranquillizzato ritornò al suo lavoro. Io, invece, avevo consegnato una parte della mia tranquillità a lui e ne restava a me molto di meno. Era certo che a Lucinico eravamo troppo vicini alla frontiera. Ne avrei parlato ad Augusta. Avremmo forse fatto bene di ritornare a Trieste e forse andare anche piú in là o in qua. Certamente Giolitti era ritornato al potere, ma non si poteva sapere se, arrivato lassú, avrebbe continuato a vedere le cose nella luce in cui le vedeva quando lassú c’era qualcuno d’altro.

    Mi rese anche piú nervoso l’incontro casuale con un plotone di soldati che marciava sulla strada in direzione di Lucinico. Erano dei soldati non giovini e vestiti ed attrezzati molto male. Dal loro fianco pendeva quella che noi a Trieste dicevamo la Durlindana, quella baionetta lunga che in Austria, nell’estate del 1915, avevano dovuto levare dai vecchi depositi. Per qualche tempo camminai dietro di loro inquieto d’essere presto a casa. Poi mi seccò un certo odore di selvatico frollo che emanava da loro e rallentai il passo...."

    (Italo Svevo, La coscienza di Zeno)

    RispondiElimina
  9. Miserabile mandolinista.

    “È motivo di particolare orgoglio per me l’aver abbandonato la cittadinanza italiana per quella sovietica.

    Io non mi sento legato all’Italia come alla mia Patria, mi considero cittadino del mondo, di quel mondo che noi vogliamo vedere unito attorno a Mosca agli ordini del compagno Stalin.

    È motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere diecimila volte più del migliore cittadino italiano ”.
    Palmiro Togliatti
    Dal suo discorso al XVI congresso del PCUS.
    Togliatti aveva 37 anni, uomo fatto.
    Non era un adolescente al bar con gli amici.
    Quindi, direi che il Miserabile era sicuramente lui !

    I suoi eredi mantengono un totale senso di inferiorità verso le altre nazioni e quasi una vergogna dell'essere italiani. Ambiscono al famoso "Più Europa!"
    Ma se non ritroviamo un orgoglio nell'essere italiani, chi difenderà i nostri interessi?
    Nessuno e ce ne stiamo accorgendo amaramente !

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Conoscevo questo passo, che in effetti descrive una delle tante radici culturali del piddinismo. Personalmente non ho motivi per preferire la balalaika al mandolino, come non ne ho per preferire un maggiordomo di Stalin a uno di Goldman Sachs, considerando che non è escluso che essi possano coincidere nella stessa persona.

      Elimina
    2. Dio benedetto, prof!
      Ma ‘ste rispostine concise e stilettanti, come te vengono?

      Presto farò anch’io un giro, insieme ai figli, su quelle cime.
      La mia paura è di non farcela.
      Mio nonno mi raccontava di quello che succedeva in quegli anni su quei monti e piangeva.

      Ora io piango di quello che succede in questi anni e di quanto miserabili sono gli attori di questi giorni.

      Il passo del “”MIGLIORE (?)”” citato da Salvatore non lo conoscevo.
      Grazie Salvatore.

      Quelle parole aiutano molto a comprendere lo spessore della Storia

      A quanto pare, come classe politica siamo sfortunati da molti anni; dicono che la classe politica rispecchi il popolo che lo rappresenta.
      Io non lo credo.
      Io credo che il popolo sia rappresentato meglio dal valore dei suoi poeti e delle sue arti.
      Ma poeti e artisti sono solitari per necessità mentre la politica deve essere fatta da molti/tutti.

      “...ma nel mio cuore nessuna croce manca, è il mio cuore il paese più straziato”

      Elimina
    3. E allora? Guido Carli ( quello che esaltò i benefici del "vincolo esterno" in quanto sensazionale deterrente all'indisciplina dell'elettore italico) all'epoca scriveva già sulle riviste fasciste così come suo padre era membro del PNF. Con questo non voglio dire che la tua osservazione non meriti attenzione, ma ( considerando anche che ai tempi del XVI congresso la libertà di espressione non era esattamente all'ordine del giorno e che Togliatti abbia anche comprensibilmente pensato a salvaguardare la propria pellaccia) il discorso meriterebbe un trattato che coinvolgerebbe molte forze politiche. Certamente non solo il PCI.
      Tra l'altro l'ideologia del vincolo esterno come strumento di riequilibrio dei rapporti di forza economici a vantaggio del grande capitale, ha, paradossalmente, trovato via libera allorquando il PCUS è finito (e Togliatti era già sotto terra da qualche anno).
      Personalmente credo che gli eredi di Togliatti abbiano pensato a ciò che era più funzionale alla loro sopravvivenza politica. Il discorso di Napolitano alla camera nel 1978 è una evidente dimostrazione della loro conversione ad U.

      Elimina
    4. Questo lo sapevate di sicuro ma se si parla contemporaneamente di friend fire, camminare con disinvoltura sui morti e il Migliore sento quasi dolorosamente la chiamata della Patria, quella piccola… la mia Heimat diciamo.

      L’altra questione sulla quale sono in disaccordo da te è quella del trattamento dei prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso la Unione Sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi ò più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire. Anzi. E ti spiego il perché. Non c’è dubbio che il popolo italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantesca del fascismo. Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in misura considerevole. Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, - è penetrato nel popolo, insomma. Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, è il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia. I massacri di Dogali e di Adua furono uno dei freni più potenti allo sviluppo dell’imperialismo italiano, e uno dei più potenti stimoli allo sviluppo del movimento socialista. Dobbiamo ottenere che la distruzione dell’Armata italiana in Russia abbia la stessa funzione oggi. In fondo, coloro che dicono ai prigionieri, come tu mi riferivi: “Nessuno vi ha chiesto di venir qui; dunque non avete niente da lamentarvi”, dicono una cosa che è profondamente giusta, anche se è vero che molti dei prigionieri sono venuti qui solo perché mandati. È difficile, anzi impossibile, distinguere in un popolo chi è responsabile di una politica, da chi non lo è, soprattutto quando non si vede nel popolo una lotta aperta contro la politica delle classi dirigenti. T’ho già detto: io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano sopprimere, tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in un altro modo: ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia.

      Lettera di Palmiro Togliatti a Vincenzo Bianco, 15 febbraio 1943
      Chissà quanto avranno ringraziato a sinistra che la versione della lettera originariamente pubblicata su Panorama fosse in alcuni punti leggermente diversa dall’originale, riuscirono così a screditarla senza neanche il bisogno di insinuare che fosse un falso o di entrare nel merito dei contenuti. Ecco ad esempio l’ottimo Repubblica, sempre in prima fila quando si tratta di disinformare per leccare i piedi ai potenti. Però, nel loro entusiasmo per la causa, secondo me costoro hanno fatto un torto al Migliore: se costui era maggiorenne, vaccinato e per giunta il migliore sarà pur stato perfettamente in grado di dire da solo quel che voleva dire, lo possono ben vedere tutti visto che la lettera è in italiano, per non parlare del torto fatto alla memoria di questi contadini, ragazzi di 20 – 22 anni, che tutto erano tranne che fascisti, mandati a forza a morire in un paese lontano, mai più tornati e infine, a seconda della bisogna, strumentalizzati o dimenticati.

      Elimina
    5. Tutto vero, però, non ci dimentichiamo che il discorso fù fatto negli anno 30, in pieno fascismo quando la gran parte della popolazione italiana osannava Mussolini accettandone supinamente la dittatura e fu pronunciato davanti all'assemblea del PCUS che rappresentava il popolo che aveva avuto il coraggio di rovesciare il regime zarista. Riprendersi la sovranità è sacrosanto ma senza alimentare nazionalismi che potrebbero essere molto pericolosi. Il disegno antidemocratico che si nasconde dietro questa Unione Europea deve essere smantellato. La moneta Euro sta mettendo gli uni contro gli altri i popoli e i nazionalismi fanno lo stesso.

      Elimina
    6. @Penzone

      Carissimo, tu sei arrivato evidentemente da poco ma ti sento in buona fede. Il problema, vedi, è che non ci sono "l'euro" e "i nazionalismi". Oggi, in Europa, il nazionalismo è l'euro, e questo per due motivi, entrambi portati all'attenzione pubblica da questo blog.

      Il primo (che sfugge ai più) è che l'euro è stato proposto alle nazioni meno sviluppate dell'Europa facendo leva sul desiderio scioccamente nazionalistico di "non essere da meno degli altri".

      Il secondo è che l'idea dell'euro come "grande pennello" col quale combattere la guerra della globalizzazione contro la Cina è evidentemente una versione riveduta e corretta della politica delle cannoniere ottocentesca, cioè ripropone su scala continentale le peggiori pulsioni nazionalistiche di due secoli or sono, con in più l'aggravante che la scala continentale è drammaticamente sbagliata per giocare un simile gioco, comunque sporco!

      Quindi l'euro è il nazionalismo. Chi vuole l'euro vuole il naturale esito del nazionalismo, quello che queste foto documentano. Chi difende l'euro dicendo che altrimenti ci sarebbe la guerra per colpa del nazionalismo ha capito in modo approssimativo quello che sta succedendo, e il minimo che possiamo fare è che in trincea ci finisca lui.

      Ma siccome di questo non possiamo avere certezza, allora forse meglio ragionarci prima.

      Elimina
  10. Certamente è una guerra, e come in tutte le guerre i "fatti" sono un segreto militare e non possono dunque essere pubblici. Esistono invece "narrazioni" pubbliche, divise in "buone" (quelle che convengono al potere in carica) e "cattive" (perfide, infami, disfattiste e traditrici: quelle che non convengono).
    E' anche una guerra nuova, privata; se lo stato è il nemico non si può combattere per una bandiera, lo faremo per un brand, multinazionale e fascinoso.
    I generali naturalmente sanno benissimo tutte queste cose, altrimenti non potrebbero fare il loro lavoro.

    RispondiElimina
  11. Che la globalizzazione sia stata gestita da avvoltoi nell'interesse di un potere finanziario che vuole azzerare le sovranità nazionali è ormai fuori da ogni dubbio. Ma proprio gli squilibri da essa prodotta, povertà diffusa, guerre; una èlite di burocrati, WTO, Fondo Monetario Internazionale, ecc. che con le loro scelte determinano la sorte dell'intero pianeta, hanno messo in evidenza come l'umanità sia abbracciata in un destino comune. La difesa della propria sovranità, le specificità culturali e spirituali di ogni popolo non possono prescindere da questa evidenza: siamo tutti nella stessa barca.

    RispondiElimina



  12. LETTERA DEL TENENTE ADOLFO FERRERO, BATTAGLIONE VAL DORA (uno dei 12.633 morti dell'Ortigara)

    " Cari genitori, scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisogno di farvelo pervenire. Non ne posso fare a meno. Il pericolo è grave, imminente. Avrei rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che odio la retorica... No, no, non è retorica quella che sto facendo. Sento in me la vita che reclama la sua parte di sole; sento le mie ore contate, presagisco una morte gloriosa, ma orrenda.

    Fra cinque ore qui sarà un inferno. Fremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa e rombi e boati risuoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in questo istante medesimo sento in lontananza. Il cielo si è fatto nuvoloso: piove. Vorrei dirvi tante cose... tante.... ma Voi ve l’immaginate. Vi amo tutti, tutti....

    Darei un tesoro per potervi rivedere... Ma non posso... Il mio cieco destino non vuole. Penso in queste ultime ore di calma apparente, a te, Papà, a te, Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore; a te, Beppe, fanciullo innocente, a te, Nina...

    Che debbo dire? Mi manca la parola: un cozzar di idee, una ridda di lieti e di tristi fantasmi, un presentimento atroce mi tolgono l’espressione... No, No, non è paura. Io non ho paura! Mi sento commosso, pensando a Voi, a quanto lascio, ma so di mostrarmi forte dinanzi ai miei soldati, calmo e sorridente. Del resto anch’essi hanno un morale elevatissimo.

    Quando riceverete questo scritto, fattovi recapitare da un’anima buona, non piangete. Siate forti come avrò saputo esserlo io. Un figlio morto in guerra non è mai morto. Il mio nome resti scolpito nell’animo dei miei fratelli; il mio abito militare, la mia fidata pistola (se vi verrà recapitata), gelosamente conservati, stiano a testimonianza della mia fine gloriosa. La Madonna del Sacello di Monte Lozze, ha in mano le penne nere "spezzate, simbolo degli Alpini caduti nella battaglia

    E se per ventura mi sarò guadagnata una medaglia, resti quella a Giuseppe.
    O genitori, parlate, parlate, fra qualche anno, quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratellini, di me, morto a vent’anni per la Patria. Parlate loro do me; sforzatevi di risvegliare in loro il ricordo di me...

    Che è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi... Fra dieci, vent’anni forse non sapranno più d’avermi avuto fratello... A voi mi rivolgo. Perdono, perdono vi chiedo, se vi ho fatto soffrire, se v’ho dato dispiaceri.

    Credetelo, non fu per malizia. la mia inesperta giovinezza vi ha fatto sopportare degli affanni: vi prego di volermi perdonare...

    Spoglio di questa vita terrena andrò a godere di quel bene che credo di essermi meritato. A voi, Babbo e Mamma, un bacio, un bacio solo che dica tutto il mio affetto. A Beppe, a Nina un’altro ed un monito: ricordatevi di vostro fratello. Sacra è la religione dei morti. Siate buoni. Il mio spirito sarà con voi sempre. A Voi lascio ogni mia sostanza. É poca cosa. Voglio però che sia da Voi gelosamente conservata.

    A Mamma, a Papà lascio...il mio affetto immenso. É il ricordo più stimabile che posso loro lasciare. Alla zia Eugenia, il Crocefisso d’argento; al mio zio Giulio, la mia Madonnina d’oro. La porterà certamente. La mia divisa a Beppe, come le armi e le robe mie. Il portafoglio (L. 100) lo lascio all’attendente. Un bacio ardente d’affetto dal vostro aff.mo Adolfo"

    RispondiElimina
  13. Domani professò sarò sul Lagazuoi, tanto per restare in tema...

    RispondiElimina
  14. ...è dentro l'opera di Marx ed Engels per i quali ...la condizione di membro della classe operaia è costitutiva dell'essenza di uomo e prende il sopravvento su tutti gli altri rapporti a cominciare dalla etnicità...sono + uniti tra loro e + solidali due proletari di differenti nazionalità che due connazionali di condizioni economico-sociali diverse...gli operai non hanno Patria...la Patria come lo Stato è un'istituzione borghese che la vittoria del proletariato sui capitalisti farà scomparire...ma....ma...ma l'uomo Aetnico non esiste...

    RispondiElimina
  15. Chi amava l'URSS ama l'EURSS. Basta guardare il background politico dei vari eurofans che adesso sono nei nuovi partiti.

    Una delle cose (tra le tante) patetiche è che adesso i partiti più antinazionali che ci siano mai stati hanno implementato nel simbolo del loro ignobile patito il tricolore.

    Li odio. Li odio davvero.

    RispondiElimina
  16. Nelle mie ormai godute ferie, i primi di agosto sono stato al passo di Valparola ed ho fatto trekking sulle "Pale de Gerda", tra Val Badia e Veneto.
    Con mia moglie eravamo entusiasti per il paesaggio, ma c'era una sensazione di fondo poco decifrabile, se non come un senso velato di tristezza e malinconia.
    Superata una prima serie di piccole cime abbiamo incontrato alcuni bunker, trincee e filo spinato arrugginito. A quel punto ho capito il perché di innumerevoli croci in legno ravvicinate.
    Il paesaggio e la natura incantata, adornata da innumerevoli stelle alpine, che ho visto per la prima volta al naturale, il senso della storia e del sacrificio umano, hanno impresso in me la giornata in maniera indimenticabile.
    Arrivati in macchina, indirizzandoci verso il passo Falzarego abbiamo incontrato il forte austriaco ribattezzato de "ntra i sas".
    Quello è stato il coronamento della giornata. Abbiamo letto e visto armi, mazze, pinze, bombe, maschere anti gas ed abbiamo letto che proprio dove avevamo passeggiato erano caduti per primi dei giovani provenienti da Cagliari e Sassari, il giorno dopo un lunghissimo viaggio in nave e treno.
    Tra gli austriaci c’erano tantissimi italiani che combattevano per l’impero asburgico, e che avevano le famiglie a fondo valle. Che tristezza.
    Viva l'Italia.

    RispondiElimina
  17. Forse bisognerebbe contestualizzare l'intervento di Togliatti. Ovvio che in quel periodo inseguiva idealmente la rivoluzione russa mentre in Italia regnava il fascismo. Va bene che era un personaggio politico ambiguo, ma di qui a definirlo "Miserabile" perché rinnegava l'italianità del dittatore Mussolini, mi sembra un pò esagerato. Ma poi Salvatore chi sono gli eredi di Togliatti? Forse ti riferisci all'ala migliorista del PCI che con Togliatti non aveva nulla a che vedere.

    RispondiElimina
  18. Lo sapevo.
    Meglio di me lo sapeva mio Nonno:
    emigrato negli USA nel 1911 insieme al fratello (come da archivi di Ellis Island) era tornato, sempre con il fratello per combattere la Grande Guerra.
    Dalla guerra tornò solo, del fratello nemmeno il cadavere.
    I soldi guadagnati durante la emigrazione servirono per acquistare una casa ed un terreno: la casa fu distrutta da un bombardamento tedesco durante la Seconda Guerra. Tre figli maschi furono deportati per lavorare in Germania dopo l’8 settembre, per fortuna tornarono. Eppure, mi dicono che non odiasse i tedeschi, non tutti almeno.
    Seguo il Blog dall’ inizio, non sono mai intervenuto: come compito mi sono dato quello di parlarne in giro, nel treno dei pendolari, con gli amici. Qualcuno ha capito, qualche amico (soprattutto quelli “acculturati” e "piddini") no ed ora è meno amico.
    Questa è la guerra che è toccata alla nostra generazione, per fortuna meno dura, non possiamo non combatterla.
    GRAZIE.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ogni giorno contro i luogocomunismi.. pronti con dati, grafici o aneddoti (cit.)... senza la pretesa di fare gli economisti... anni di studio e preparazione non si improvvisano. Però già dare le risposte del libro è di grande aiuto per chi può capire e per chi non può ... per chi non vuole, vabbeh passeremo oltre, anche perché dire "non sono d'accordo " sui dati è malafede od ottusità il che sul piano pratico non fa differenza .

      Elimina
  19. Fase seconda: dopo la distruzione la colonizzazione (da Il Foglio di oggi):

    Passate le elezioni, Merkel discuterà dell’efficacia delle istituzioni comunitarie. Intanto vuole superarle


    Non c’è una lettura univoca dell’espressione “ci vuole più Europa” spesso usata dai capi di stato nel Vecchio continente. Il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, ad esempio, la collega al concetto di “coesione” come idea utile per costruire un’Europa “più vicina ai cittadini, più efficiente, più coraggiosa”, come ha detto anticipando il suo intervento al Meeting ciellino di Rimini di domenica scorsa. Non sembra, però, questa l’idea di “più Europa” che hanno in mente i funzionari governativi della prima potenza economica dell’Eurozona, la Germania. La cancelliera tedesca Angela Merkel pensa che “più Europa” significhi certo una maggiore collaborazione tra stati, ma nel senso di “più strette relazioni bilaterali” tra paesi membri, senza passare necessariamente dalle burocratiche istituzioni comunitarie site a Bruxelles. Merkel l’ha sostenuto settimana scorsa in un’intervista televisiva alla rete Phoenix anticipando che, dopo le elezioni federali del 22 settembre che molto probabilmente la consegneranno alla storia come il cancelliere più longevo dalla riunificazione (in caso di vittoria, sarebbe al terzo mandato consecutivo), nel governo tedesco si comincerà a discutere dell’efficacia e dell’efficienza delle istituzioni brussellesi. Se non uno smantellamento (impossibile) della pervicace burocrazia europea, è quanto meno l’anticipazione del disimpegno tedesco nei confronti dell’apparato della Commissione, in primis. Non sono nuovi i malumori di Berlino (e non solo) nei confronti dell’organo esecutivo dell’Unione europea gestito negli ultimi otto anni dal commissario di origine portoghese, José Manuel Barroso. A maggio, le critiche del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, su una “inefficace” approccio della Commissione nel combattere la disoccupazione giovanile avevano irritato Barroso. La replica fu piccata (“i tedeschi hanno dovuto affrontare molte critiche per la loro politica di pura austerità in Europa”), forse perché Schäuble aveva colpito nel vivo, in un momento in cui la Commissione stava per finire (in giugno) sotto il fuoco del Fondo monetario internazionale per la malagestione del salvataggio greco.

    Ora che l’Eurozona è ufficialmente uscita dalla recessione perché le statistiche di Eurostat stimano un aumento del pil frazionale (0,3 per cento), è chiaro agli occhi degli osservatori che tale rimbalzo statistico sia stato determinato dalla crescita tedesca (e in parte da quella francese, sebbene a confronto più ridotta). La Germania ha registrato un aumento del pil nell’ultimo trimestre dello 0,7 per cento, l’industria tedesca sta migliorando e così la fiducia degli investitori nei confronti dell’economia di Berlino; avvantaggiata per certo dalla ripresa dei paesi dell’est, cui è strettamente legata, e anche dai paesi dell’euro-core, come la Francia.

    RispondiElimina
  20. L’approccio proposto da Merkel in quell’intervista televisiva per avere “più Europa” è quello che la Germania cerca di perseguire da tempo. E lo fa non solo attraverso relazioni economiche più strette (e privilegiate rispetto agli altri paesi membri) con la Cina – cosa che aiuterà Berlino a tornare il secondo esportatore al mondo entro fine anno, superando gli Stati Uniti, almeno stando a un rapporto dalla Dihk, la camera di commercio di Berlino – ma anche attraverso il sostegno ai paesi periferici in difficoltà. Difficoltà in parte derivanti dalle politiche rigoriste richieste dalla Germania stessa. In particolare è attraverso la Kreditanstalt für Wiederaufbau (Kfw), una banca di stato simile alla nostra Cassa depositi e prestiti, che la diplomazia economica della cancelliera intende andare in soccorso delle fragili economie di Portogallo, Spagna e Grecia. A fine maggio, un “preoccupato” ministro delle Finanze portoghese, Vitor Gaspar, preoccupato per via degli alti costi di finanziamento statali, aveva afferrato la mano tesa della Kfw per ricapitalizzare le imprese e attivare nuove linee di credito verso Lisbona (aggiungendo l’intenzione di aiutare il governo a costituire un’istituzione finanziaria dedicata allo sviluppo economico su stampo della Kfw). In quell’occasione Schäuble ha ricordato che un simile programma bilaterale di sostegno economico era in via di studio anche nei confronti della Spagna, dove gli investimenti azionari verso le pmi sono carenti. E che, quindi, la Germania era pronta ad aiutare gli spagnoli nel costituire un fondo ad hoc per le imprese iberiche. In precedenza era stato il ministro dell’Economia tedesco, Philipp Rösler, ad annunciare un’iniziativa sulla stessa linea volta a fornire liquidità alle pmi della bistrattata Grecia. Potrebbe essere la direttrice delle relazioni bilaterali prospettate da Merkel: dare aiuto immediato all’economia reale dei paesi periferici oggi, per diventare indispensabili un domani. Magari meglio e più in fretta di Bruxelles.

    RispondiElimina
  21. Spero che la campagna di settembre ed ottobre serva a risvegliare un popolo disorientato e intriso di luoghi comuni (castacriccacorruzzionedebitopubblico ecc). Gli eventi promossi da Bagnai e Rinaldi hanno la dignita' e l'autorevolezza scientifica di attirare i media sul tema euro e crisi derivata. La
    divulgazione che tanti che seguono il blog e' importante ma con effetti non paragonabili ad un dibattito proposto dalle varie testate giornalistiche. Sara' interessante seguire gli sviluppi per vedere se il vento comincia a girare per la verita'. Nel frattempo dobbiamo continuare ad informare il piu possibile forti della massa di dati ed evidenze che il blog continua a fornire.

    RispondiElimina
  22. Ecco, mi pare un'atteggiamento equilibrato.
    Mio bisnonno fu decorato al valore per aver difeso una donna ed essersi beccato una sciabolata da un militare austriaco.
    Avrei potuto attingere a piene mani dalla retorica PATRIArcale ma credo sia più un danno che altro.
    Son pronto a lottare comunque, anche da fuori.

    RispondiElimina
  23. Mi riconosco molto nella considerazione che ho letto qua su Goofy, nella quale si rifletteva che nella evidenza del tradimento perpetrato da entrambe le principali fazioni politiche, risulta più fastidioso il "modus operandi" della sinistra piddina in virtù del fatto che il progetto eurista non è stato certamente ideato per il bene della popolazione salariata.
    Ciò nonostante ritengo che questa considerazione non possa rappresentare un vincolo psicologico futuro.
    Cicchitto sapeva (e sà) al pari dell'innominabile ottuagenario.
    Tutti hanno ballato (e stanno ballando) sulla disperazione di cui abbiamo avuto la massima tragica rappresentazione nei fatti di cronaca nera, con la ignobile scusa della ragion di Stato.
    Sono convinto che ci servirà un forte spirito di unificazione nazionale per uscire da questa situazione, al pari di quello che ha animato le generazioni più sfortunate della mia, quelle che hanno conosciuto il dramma della guerra.
    E non ci dovranno essere sconti per nessuno ad eccezione di chi, fin da subito, si adopererà fattivamente per ristabilire la verità (e non solo)che ci hanno nascosto per tanti anni.

    RispondiElimina
  24. Ho visto solo ora l'intervento di Cesare Pozzi a "Competitività e moneta unica": mi rallegro grandemente che il prof. Pozzi sia nel comitato scientifico di a/simmetrie

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.