Intanto, vorrei chiarire una cosa. Il modello neoclassico così come ve lo sto esponendo (quello di Solow, che trovate anche su Wikipedia), descrive un sistema economico la cui dinamica è intrinsecamente stabile, cioè tende a uno stato stazionario. Il processo di convergenza verso lo stato stazionario è descritto da questo grafico (lo conoscete già):
Partiamo al tempo zero, in cui abbiamo uno stock di capitale k0 (al quale corrisponde un reddito pro capite y0). Al tempo zero l'investimento lordo (in rosso) è maggiore dell'ammortamento (in grigio). La differenza fra i due è il segmento verde, che corrisponde all'investimento netto. Questo investimento netto si aggiungerà nel corso del periodo allo stock di capitale iniziale (cioè a k0) portando a fine periodo (cioè al tempo uno) al nuovo stock di capitale k1:
Notate: il sistema si sposta verso destra in misura pari alla lunghezza del segmento verde (che è l'investimento netto, cioè le "nuove" macchine aggiunte allo stock di capitale al netto dei rimpiazzi).
Nel corso del periodo 1, dato che dispongono di più macchine, i lavoratori, anche se in ugual numero, pongono in essere una produzione maggiore, pari a y1. Però i rendimenti sono decrescenti, e quindi la curva del prodotto/reddito (blu) e quella del risparmio/investimento (rossa) si schiacciano un po'. Quindi nel periodo uno la differenza fra investimento lordo (rosso) e investimento di rimpiazzo (ammortamento, grigio) è un po' più piccola:
Ora, visto che il segmento verde al tempo uno è più corto, il sistema si sposterà a destra, ma un po' di meno, e quindi lo stock di capitale alla fine del periodo uno, cioè all'inizio del periodo due, cioè k2, sarà più vicino a k1di quanto questo lo fosse a k0: insomma, il capitale fra uno e due cresce meno che fra zero e uno, e quindi la stessa cosa succede al prodotto:
Questa cosa va avanti fino a quando fra la curva rossa (investimento/risparmio lordo) e la curva grigia (investimento di rimpiazzo/ammortamento) non c'è più spazio, cioè l'investimento netto va a zero. A quel punto il sistema raggiunge una configurazione stabile, con un valore di capitale che possiamo indicare con k*:
Ho evidenziato questo punto con una retta verticale spessa tratteggiata: quel punto è l'equilibrio dinamico del sistema. Qui ci sono diverse cosette da osservare.
1) nel punto di equilibrio il sistema non è "fermo": è in equilibrio, nel senso che i rapporti di prodotto e capitale alla popolazione rimangono costanti. Questo significa che se la popolazione cresce, crescerà anche il prodotto. Se chiamiamo g (da "growth") il tasso di crescita del prodotto, e n il tasso di crescita della popolazione, al tempo * (quello in cui il capitale è k*), la crescita sarà:
g = n.
2) stiamo ipotizzando che la tecnologia non evolva. Se invece c'è progresso tecnico, e se questo aumenta la produttività del lavoro a un tasso l, allora la crescita, nel punto di equilibrio, sarà
g = n + l.
In altre parole: nel punto di equilibrio dinamico del sistema, la crescita del Pil (g) è data dalla somma della crescita della popolazione (n) e di quella del progresso tecnico (l). Questi due elementi sono esogeni: quanti figli e quante geniali invenzioni si fanno non dipende dal Pil (secondo il modello). Quindi il modello è un modello di crescita esogena: la crescita è influenzata da due fattori supposti "extra-economici": la demografia e il genio inventivo.
3) questo vale in condizioni di equilibrio. Ma fuori dall'equilibrio (ad esempio in k0) c'è un altro fattore che contribuisce alla crescita: l'adeguamento dello stock di capitale pro capite. Il percorso fra k0 e k* è una dinamica di transizione verso l'equilibrio dinamico. In questa dinamica l'economia "recupera" (catch up), adeguando la propria dotazione infrastrutturale, e quindi cresce di più anche perché aumentano le macchine (e non solo la popolazione e lo sviluppo tecnologico).
4) questo discorso che facciamo nel tempo può anche essere fatto nello spazio. Se la tecnologia è la stessa in due paesi, ma un paese ha capitale k0, mentre l'altro ha già capitale k3, quale credete che crescerà di più? Ovviamente quello con capitale k0, perché in esso il capitale è più scarso e quindi più produttivo.
Ora, torniamo un momento ai cialtroni del declino. Il mio argomento era che il razzismo anti-italiano, sentimento nobile, patriottico e che come sapete io incoraggio, purtroppissimo non può essere avvalorato dal grafico del pirla standard. Questo perché, come abbiamo visto, dinamiche simili si presentano in pressoché tutti i paesi, nel dopoguerra, fatta eccezione per paesi ricchi e/o non particolarmente distrutti. Questo fa sospettare che il declino della crescita possa essere un dato fisiologico: semplicemente, paesi dotati di tecnologie abbastanza simili si sono spostati da k0 a k3 (per dire), e si stanno avvicinando a uno stato stazionario, con incrementi di prodotto sempre meno rilevanti.
Ripeto: questo è quello che il loro modello suggerisce, e io non sto discutendo della bontà del loro modello. Lo sto solo usando. Nel contesto del loro modello ci sono altre due cose, però, che potrebbero giustificare una simile performance. I cialtroni del declino potrebbero ad esempio argomentare che negli anni '60 l'Italia era già sul suo sentiero di crescita bilanciata, e che quindi il calo del tasso di crescita osservato non è dovuto a un normale smorzamento della dinamica lungo il sentiero di transizione. Potrebbe essere dovuto, allora, a due cose: una riduzione della dinamica demografica, e un rallentamento del progresso tecnico.
Ora, la riduzione della dinamica demografica in effetti c'è stata, ma di pochi decimi di punto percentuale. In Italia siamo passati da una crescita della popolazione dello 0.71% medio l'anno negli anni '70, a una crescita dello 0.36% medio nel primo decennio di questo secolo. Non spiega un calo della crescita media di quasi sei punti di Pil. Se guardiamo un paese come il Belgio, le cifre sono molto simili. Vogliamo allora pensare che il calo sia tutto dovuto a rallentamento del progresso tecnico? E si sarebbe, allora, verificato ovunque? È chiaro che un rallentamento della crescita lungo il sentiero di transizione suona più plausibile come ipotesi.
In effetti, tutto questo discorso può essere reso un po' più accurato se teniamo simultaneamente di due cose: di quanto è cresciuto in media un paese, e di quali erano le sue condizioni iniziali, il suo livello iniziale di reddito. Se guardiamo i grafici sopra, e, ripeto, ipotizziamo tecnologie simili, vediamo subito che un paese che parte da un livello di reddito y0 cresce di più di uno che parte da un livello superiore (poniamo, y2). Da cosa si vede? Dal fatto che la distanza fra y0 e y1 è maggiore di quella fra y2 e y3. Il solito discorso che vi ho fatto più volte: paesi più "ricchi" (in termini di reddito pro-capite) crescono di meno (perché sono più vicini allo stato stazionario, secondo la logica del modello, e quindi l'accumulazione di capitale contribuisce di meno alla crescita).
Ne consegue che se noi rappresentiamo insieme il valore iniziale del reddito, e la crescita media in un periodo, dovremmo avere una relazione negativa, una cosa di questo genere:
Occhio: qui stiamo osservando paesi diversi nello stesso periodo di tempo, e il grafico ci dice che se un paese parte dal reddito y0, più basso (perché più vicino all'incrocio degli assi, che è il punto zero) avrà crescita g0, mentre se parte da un reddito più alto (ad esempio y3) la crescita sarà più bassa (g3).
La relazione è inversa. Se questa relazione vale, allora chi sta indietro corre più in fretta, e quindi ci sarà convergenza: alla fine tutti avranno lo stesso reddito.
Come sono andate le cose nell'Eurozona? Considero prima il periodo 1960-1995 (dal primo dato disponibile, all'ultimo anno prima della drastica rivalutazione per aggancio all'ECU/EUR). Nel grafico che vedete qua sotto quindi le ascisse (asse orizzontale) misurano il reddito pro capite nel 1960: chi è più a sinistra è più povero; le ordinate (asse verticale) misurano la crescita media annua fra 1960 e 1995: chi è più in alto è cresciuto di più.
In effetti il modello sembra funzionare bene: il paese inizialmente più povero (il Portogallo) è cresciuto di più, e quello più ricco (l'Olanda) è cresciuto di meno. Le differenze fra i tassi di crescita medi dei paesi sono spiegate al 90% dalle differenze nei loro redditi iniziali. Un risultato abbastanza spettacolare, tenuto conto del fatto che quando avevamo fatto una verifica simile (qui) non ci era andata altrettanto bene:
Ma questa cosa si spiega col fatto che lì stavamo considerando tutti i paesi per i quali i dati fossero disponibili. Ora, fra Congo e Giappone ci sono più differenze tecnologiche che fra Belgio e Italia, tutto sommato (anche i nostri simpatici autorazzisti saranno d'accordo). Quindi, nel grafico "con molti puntini" veniva meno l'ipotesi che i paesi avessero tutti la stessa funzione di produzione, ipotesi che nel grafico riferito all'Eurozona è meno restrittiva. Torniamo a quello, e notate una cosa: l'Italia è sopra la curva. Cosa significa? Significa che considerando qual era il livello del suo reddito iniziale, fra 1960 e 1995 è cresciuta più di quanto il modello avrebbe previsto.
Mi dispiace per gli autorazzisti...
Rapida transizione: e se prendiamo come base il 1995, e vediamo cosa è successo dopo?
La risposta è qui:
La relazione diventa positiva, ma in effetti sarebbe più onesto dire che scompare (non è statisticamente rilevante). Diciamo che se c'è qualcosa, c'è divergenza, e l'Italia sta messa malissimo: dal 1995 a oggi la crescita media, come sapete, è praticamente nulla.
Ma il motivo lo sappiamo: nel 1996 termina l'inchiesta Mani Pulite, e l'Italia ridiventa un paese corrotto.
O no?
Alberto buonasera, Le invio un prodromico in bocca al lupo per quello che sarà sicuramente il più effervescente tra tutti: il #Goofy4!
RispondiEliminaNo. La stella del nostro sistema nel 1996 comincia una intensissimissima attività di macchie sòla-ri e IO compio trent'anni. Ce n'è a sufficienza per spiegare il declino del Bel Paese
RispondiEliminaMani pulite non c'entra niente.
RispondiEliminaNel 1996 nasceva mio figlio e questo ha incasinato tutta l'Europa.
Caro Alberto, ti chiedo spassionato (perchè al dottorato, quando sollevo dubbi sui modelli marginalisti, nella maggior parte dei casi accade), ma alla risposta piddin-mainstream dell'accademico:"ma Bagnai, nei DSGE di ultima generazione tutti questi problemi sono superati, facciamo delle cose fighissime, piene di contazzi complicati, che coi dati ci vanno a nozze" la risposta che dai tu qual'è?!
RispondiEliminaIl combattere il nemico con le sue armi non riesco a farmelo piacere, perchè alla fine sta teoria è sbagliata tutta, dal punto di vista del metodo, della filosofia sottostante e delle implicazioni che da. E se pure gli si fa vedere che ci sono delle contraddizioni, ci sarà sempre il modello superfigo che tiene conto di tutto (ma che spiega una cosa che NON è la realtà) e che (sembra) andar bene nelle stime.
Ma allora non è meglio puntare solo sui programmi di ricerca (per dirla alla Lakatosh) che non son stati sbugiardati?! La campana a morte del marginalismo era già suonata nei 60 con Sraffa e gli altri, il problema è che nessuno l'ha sentita. Facciamola risuonare forte, ma sta volta con le armi nostre, magari li buttiam giù.
Francè, la fai troppo difficile e troppo semplice al tempo stesso, secondo me. I DSGE di nuova generazione sono stati asfaltati da David Hendry niente meno che su Voxeu, se può interessare. Valgono quanto vale il loro sostrato teorico, che poi in definitiva è quello del "real business cycle", sbriciolato da Hoover qui, e comunque basato su una assurda ipotesi di agente rappresentativo calpesta e derisa da Kirman qui. Le loro performance in previsione fanno mediamente schifo come quelle di tutti i modelli microfondati, ed è abbastanza ovvio dedurne il perché, visto che le loro fondamenta teoriche sono solo apparentemente rigorose.
EliminaQuindi di cosa parliamo?
La campana a morte, per i DSGE, era suonata prima che qualcuno li proponesse. Questo significa semplicemente che se un paradigma teorico è:
1) gradito al potere
2) funzionale al senso di autostima di quegli short-dicked mathematicians che vanno sotto il nome di economisti
esso verrà "spinto" nella filiera editoriale punto.
Ma è sempre stato così. Molto istruttiva è la lettura di questo, che ti spiega una cosa molto semplice: trent'anni fa i problemi erano gli stessi.
Quindi Lakatos lo lascerei perdere. Intanto, ci sarebbe da chiarire la differenza fra un paradigma e un modello. Ma soprattutto c'è da inquadrare l'operazione culturale che sto facendo qui. Non è sovvertire un paradigma. I paradigmi si sovvertono in un modo solo: con la violenza della storia. Dopo la terza guerra mondiale ci sarà una breve finestra di opportunità per un paradigma più "keynesiano". Fidati. Io sto semplicemente aiutando i miei lettori ad apprezzare il tasso di disonestà intellettuale di certe analisi.
Quando, all'inizio della mia attività di divulgazione, tiravo dritto dicendo che chi difende l'euro è imbecille o disonesto (non vedo alternative), qualcuno mi rimproverava la mia rudezza e semplificazione. Piano piano, mostrando ai lettori la coerenza dei ragionamenti euristi all'interno del loro paradigma di riferimento, sto convincendo chi ha il numero di neuroni regolamentare (due) che la mia affermazione non era esagerata: era solo sintetica. Questo mi interessa. Mi interessa che quando qualcuno interpola con un trend lineare un tasso di crescita, la gente che gli ride consapevolmente in faccia sia un po' di più di quella che poteva essere quattro anni fa.
Ai paradigmi ci penseranno le bombe intelligenti. Mi dispiace darti questa brutta notizia.
Peraltro, sarei curioso di vedere analisi DSGE del declino italiano!
Un abbraccio e saluti a casa...
Grazie per la brutta notizia, e auguri per il goofy4!
EliminaBeh non direi, la corruzione italiana è rimasta più o meno quella di prima, solo che prima non c' era vincolo esterno; proporrei una spiegazione diversa e cioè:
RispondiElimina"L' euro, con il suo innato vincolismo esterno, ha reso più evidenti le nostre contraddizioni e le ha fatte esplodere, ovvero, il vincolo, non solo ha agito come svalutazione del fattore lavoro, generale nell' area, ma anche come una sorta di regolatore della concorrenza nell' area, bloccando il gioco della svalutazione monetaria. Ergo, l' euro svolge una azione virtuosa, penalizzando i paesi meno virtuosi come corruzione ed evasione fiscale. Il virtuosismo interno, però, mette i virtuosi nella condizione di svolgere azioni non virtuose verso l' esterno di detti paesi virtuosi. Tutte cose che abbiamo visto."
No, perché forse ci agganciamo all'euro?
RispondiEliminama perche' noi italiani Non vogliamo leggere i "numeri"? Sa professore qual'e' la risposta media all'invito a leggere un Post elementare e chiaro come questo? : " Ma io di matematica non capisco nulla ". e cosi' giornali e talk sohw sono riempiti di Fuffa... Stia bene Prof. ci vediano al Goofy questo fine settimana.
RispondiEliminaHo capito perché gli elettrodomestici non durano più un caxzo
RispondiEliminaAh beh.... ma lo sanno tutti che è colpa dello scioglimento dei Pink Floyd (nel '95).
RispondiEliminaVuole una domanda per la lode?
EliminaOltretutto dopo il trapasso di Kurt Cobain, nel '94...
EliminaNo grazie professore, so accontentarmi.
RispondiEliminaSto facendo la parte del giaguaro spellacchiato, quello con l' orecchino e la barbetta ispida.
RispondiEliminaLa constatazione è guardando i grafici e due paesi, guarda caso Italia e Germania, nel grafico Pil pro capite '60-'95 la distanza tra Germania ed Italia è di 12-8= 4, in % 8/12 = 0.66 con crescite rispettivamente del 2,5 contro 3,2. Nel periodo '95 - '16 la situazione è 27 a 25 come PIL, e siamo solo allo 0.92%, ovvero abbiamo recuperato 0.92 - 0.66 = 0,26 ovvero + 26% di gap recuperato pro capite e 1,3 contro 0,... per la crescita. Beh mi sembra un bel risultato, l' euro ci ha protetto nonostante la non virtuosità corruttiva.
Occhio, quello in ascissa è il Pil ad inizio periodo (nel 1995 GER 27, ITA 25). Prima del 1995 convergevamo.
EliminaSono un cojon, e dire che ho pubblicato qui un mare di dati dove evidenziavo proprio le divergenze. Che blog! Essere ripresi e vedere che qui ci sono giovanotti in gamba.
EliminaOk. Ho compreso meglio il concetto di steady state. Ma cosa intendeva con capire se un paese sta "falling behind"?
RispondiEliminaSe un paese povero non cresce abbastanza in fretta o addirittura decresce invece di recuperare cade all'indietro (cioè il suo divario in termini di reddito dai paesi più avanzati aumenta invece di diminuire).
EliminaQui vorrei far capire una cosa. Grafici come quelli della convergenza, qua sopra (gli ultimi tre), a prescindere dal fatto se il modello dal quale derivano sia quello "vero" (cosa che fin dall'inizio non mi sono proposto di contestare, e spero che alla fine il messaggio passi), sono comunque un modo efficiente e condiviso dalla comunità economica per organizzare i dati, mettendo in evidenza i cosiddetti "fatti stilizzati". Il "fatto stilizzato" è che se facciamo base alla metà degli anni '90, periodo nel quale avviene un cambiamento di struttura istituzionale non banale (con il "percorso verso l'euro"), i paesi dell'Eurozona evidentemente smettono di convergere e anzi divergono.
Ovviamente i fatti di per sé non dicono nulla: occorre un'interpretazione. Aristotele era convinto che la pietra scagliata procedesse perché spinta dall'aria che il braccio aveva mosso (salvo errore, qualche filosofo mi correggerà). Inerzia, gravità, ecc. sarebbero venuti dopo. Ma il fatto era che la pietra andava da A a B e poi toccava il suolo.
Dietro la divergenza causata dall'euro ci sono ben precise teorie. Come sapete, questo fatto era stato previsto da tutti quelli che avevano intuito la "pessimalità endogena" dell'unione monetaria (il dibattito Frankel-Krugmann, per dire).
In questo senso il modello neoclassico dà una mano a organizzare rapidamente i fatti. Non so se sono stato chiaro. Fotografa bene la caduta della pietra. Poi, su quale sia la teoria che la spiega, io le mie idee le ho (io non sono un fisico ma...).
Chiaro come il sole.
EliminaComunque dopo un'attenta analisi della realtà a me circostante ho dedotto che l'equilibrio è oscillazione.
Manca il finale , non ha ancora scoperto l'assassino e chiarito il movente.
RispondiEliminavado un attimo OT:
RispondiEliminacos'era la storia che il mutuo in euro non si può pagare nelle nuove lire?
ecco qua due begli articolini sulla storia che un mutuo stipulato in una valuta deve essere per forza ripagato sempre con la stessa moneta, e questo è stato uno dei cavalli di battaglia dei nostri amici euristi che ammonivano:"se cade l'euro in italia la rata del mutuo vi si alzerà del millanta percento perchè dovrete ripagarlo con le lirette svalutate del trillanta percento"
ebbene, in croazia è intervenuto lo stato a valle dello sgancio del franco sull'euro per proteggere chi aveva contratto mutui in franchi
e infatti poi è successo questo
per la serie, ciapa su e purta a cà
Purtroppo anche la croazia è legata a EURO (7.6 kune = 1 euro :+- pochi percenti stagionali.) sebbene da meno tempo. È pure legata storicamente ai prodotti tedeschi, ha un debito pubbbblico grossino, e non avendo tutta questa competitività - direi che butta malino no? Sarebbe da guardare le partite (correnti o di calcio a seconda).
EliminaButta male per la croazia, pero' avrebbero l'opportunita' di svalutare e... believe me, it will be enough.
EliminaÈ passato un po' ma, tempo permettendo, ho fatto l'esercizio e mi sono calcolato la bilancia dei pagamenti della Croazia.
EliminaAllora - pare che dal 92 al 2008 hanno importato come matti, indebitandosi probabilmente, ma dal 2008 hanno smesso e i saldi sono tornati" normali".
Contrariamente ad una "crisi della bilancia dei pagamenti" (a quel che forse capisco) non c'è stata svalutazione dopo il 2008 (solo un 5% 2008-2013).
È pure da ricordare che la croazia è entrata in EU dal 2013, con qualche anno di preparazione ovviamente. E come si vere il deficit governativo è sotto al 3%.
In questa situazione, le uniche cose che riesco a capire sono queste:
- dalla crisi del 2009 gli altri hanno smesso di prestargli i soldi perchè sai comè, bisogna rientrare, non rischiare più... E quindi si sono rivolti al mercato interno.
- Ma addirittura il saldo estero è tornato in esportazione dal 2012... quindi come se l'apertura del mercato europeo gli abbia consentito di raggiungere i mercati esteri (cioè non più vittime del protezionismo europeo mi hanno detto dei croati). l'EU gli ha fatto bene, lo vedi.
- Non ho guardato i debiti complessivi né i saldi di settore, per capire se ci sono similitudini con la grecia e la sua evoluzione. Ovviamente sono ancora formalmente liberi e quindi "potrebbero" svalutare... chi sa.
- per quanto riguarda l'outlook, non sono né moody né goofy - quindi taccio. [anyway, ho tolto dal grafico l'outlook del IMF ma darebbe CA di nuovo in crescenti importazioni...]
Torna qualcosa?
Off topic: Al goofy 4 c'è qualcuno che scende da Trento?
RispondiEliminaDovrei essere allibito per una dichiarazione del genere?.
RispondiEliminaInvece no, qui ho imparato molte cose della vita, anche sui rapporti di coppia...
La cosa più interessante è confrontare il titolo:
EliminaDraghi (Bce):«Ripresa eurozona forte e ampia, ma più lenta del previsto»
con le prime 3 righe:
«La ripresa nell’Eurozona prosegue moderatamente», ma «i rischi al ribasso da crescita e commercio globali sono chiaramente visibili»: frena l’entusiasmo per la ripresa il presidente della Bce Mario Draghi parlando al Parlamento UE..
Sono in contraddizione, ma evidentemente chi prepara i titoli per i giornali sa che nella maggior parte dei casi il titolo è l'unica cosa che viene letta.
Quindi opera per proteggere il frame "sta andando tutto bene".
Modelli ed Effetti Economici di un Licenziamento (1/2)
RispondiEliminaQuando un lavoratore dipendente (di lungo corso) viene licenziato da una azienda privata ne conseguono tutta una serie di conseguenze economiche.
Per semplicita' immaginiamo che la contabilita' dell'azienda vada dal primo Gennaio al trentuno Dicembre di ogni anno.
Immaginiamo anche che il CUD del lavoratore in questione ( cioe' il suo reddito annuale, vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Certificato_unico_dipendente ) sia pari a 1000 (mille).
Il costo totale a carico dell'impresa del lavoratore e' pero' di circa 1/3 piu' alto (ci sono altre voci di costo per l'azienda che normalmente il lavoratore non conosce neppure), per semplicita' diciamo 1300.
Ipotizzando una tassazione media del 30%, il reddito netto del lavoratore in questione non e' quindi 1000, ma solo 700.
In sintesi, a fronte di un costo per l'azienda di 1300 il lavoratore riceve in realta' 700, cioe' non molto di piu' della meta' del suo costo aziendale; la differenza va in tasse, accantonamenti previdenziali - che in realta' finanziano il sistema che e' NB di tipo distributivo - ed assicurazioni obbligatorie.
Effetti sui conti dell'azienda
Premesso che si licenzia sempre (salvo casi eccezionali) per 'ridurre i costi', e' pero' anche vero che nell'anno del licenziamento il conto economico dell'azienda che licenzia risulta appesantito dal costo di licenziamento del lavoratore in questione.
Prima del 'jobs act' tale costo di licenziamento (senza giusta causa) era dell'ordine del doppio del costo annuale del lavoratore (nell'esempio 2 X 1300 = 2600).
Per quanto possa sembrare controintuitivo, le aziende nell'anno del licenziamento spendevano (prima del 'jobs act') circa il doppio del costo annuale del lavoratore per distruggere una ULA (unita' di lavoro annua).
Con l'avvento del 'jobs act' si' e' introdotto il 'licenziamento economico', che e' esattamente il normalissimo licenziamento utilizzato da sempre per 'ridurre i costi' (cioe' il licenziamento senza giusta causa), ma che grazie alla ridenominazione viene oggi considerato per legge 'giusta causa' (e quindi permette alle aziende di piu' che dimezzare il costo di licenziamento...).
Alla luce di queste considerazioni si capisce perche' le PMI di norma, anche se in difficolta', non si possono permettere di licenziare piu' di un paio di lavoratori nell'anno (e neppure col 'jobs act', meglio fallire), le multinazionali invece si, perche' grazie alle maggiori risorse finanziarie ed al piu' favorevole trattamento fiscale recuperano in un paio di esercizi grazie alle minori tasse.
Effetti sui conti del lavoratore
Gli effetti sono apparentemente 'positivi', perche' entro pochi mesi dal licenziamento mediamente il lavoratore licenziato (di lungo corso) riceve un netto pari circa all'importo dell'ultimo CUD (+ TFR) e per un periodo fino a ulteriori due anni l'indennita' di disoccupazione. Il fatto negativo e' ovviamente che nell'attuale contesto la probabilita' di non trovare mai piu' un lavoro e di attendere fino al compimento del 67° anno di eta' per riavere un reddito e' prossima ad uno.....
Modelli ed Effetti Economici (2/2)
RispondiEliminaEffetti sui conti dello Stato
Nell'anno del licenziamento lo Stato non perde nulla, anzi incassa di piu' dall'azienda (che recuperera' coi risparmi fiscali negli anni successivi).
Pero', negli anni successivi, alle minori entrate fiscali andra' aggiunto il costo degli ammortizzatori sociali.
Alla fine della fiera, lo Stato guadagna nell'anno ed assume contestualmente l'onere di una spesa sociale in deficit nel futuro.
Effetti sulla propensione marginale al consumo
ça va sans dire - DEFLAZIONE: il lavoratore licenziato E LA SUA FAMIGLIA tenderanno a non consumare piu' niente oltre lo stretto necessario (cioe' saranno tutti soggetti che non possono piu' risparmiare nessuna quota dei flussi di reddito residui e che contestualmente cercano di ritardare l'erosione dello stock del risparmio passato).
Per i liberisti e' l'avverarsi del fogno!
Non potendo adattare i loro modelli alla realta' dei lavoratori ancora occupati modificano cosi' le loro condizioni di vita per renderli poveri e disoccupati (e quindi adattarli ai loro modelli).
Dopo un ripasso di KPD9 e KPD10 il messaggio è chiaro: chi intende far passare il messagio che la situazione economica attuale della zona €uro non sia dovuta all'introduzione del cambio fisso, si rende ridicolo con la stessa teoria che usa per spiegare gli eventi.
RispondiEliminaChiedo interventi di rettifica nell'eventualità che abbia detto cazzate.
Grazie
Molto molto interessante e illuminante la variazione dell'allineamento pre e post. Grazie.
RispondiEliminaDomanda in cerca di convergenza mentale. Ma in questi dati, si possono mettere barre di incertezza?
Per es prendendo a occhio la serie di crescite dell'italia dal 95 a oggi (dal plot del post sui cialtroni) la dispersione (deviazione standard) mi viene circa +- 1.5 ...diciamo abbastanza grande, se la riporto sul plot di questo post.
(e ok, col disclaimer che non sono flluttuazioni statistiche, men che meno normali.. ma insomma)
Quando ci spiega queste cose penso sempre a quanto sono fortunati i suoi studenti. Ma poi mi ricordo degli altri post, quelli non tecnici, e allora mi viene in mente come potrebbe trattarli all'orale. Paura!
RispondiEliminaIn un mondo di caporalmaggiori ritardati, essere strapazzati da un Capitano e' un onore, fosse Achab in persona.
EliminaRicordo perfettamente l'anno scorso il ministro slovacco Robert Fico dire, in occasione dell'aumento del salario minimo obbligatorio: "Un altro passo verso la convergenza è stato fatto".
RispondiEliminala crescita rallentaaaaa... 0.4%... 0.3%... 0.2%... si vede che stanno aumentando i corrotti al governo no? DAR
RispondiElimina(0.2??? ma a me manca sempre l'incertezza su questi dati...)