lunedì 30 giugno 2014

Il libbberista e il pensionato

(un appassionato dialogo fra lettori che ritengo di dover portare alla vostra attenzione...)


anto ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sub tuum presidium...":

[Nota: sicuramente off topic ma non sapevo proprio dove postarlo…]

Il pensionato è quella cosa oggi tanto vituperata e osteggiata al punto che qualsiasi liberista, oggi, può sentirsi in diritto e in dovere di attaccare e criticare. E nonostante innumerevoli riforme che hanno toccato profondamente la previdenza, al punto da renderla ormai pienamente sostenibile (vedi qui, per esempio) , il liberista continua a martellare sul disavanzo pensionistico (per es. secondo Giannino viaggia ormai a 40 miliardi annui) e quindi sulla necessità/urgenza di sottrarre senza indugio ulteriori fondi agli esosi pensionati.

Ora, premesso che il liberista nostrano quasi sempre tratta ed utilizza i dati come fossero cicoria, vediamo da dove nasce il “disavanzo previdenziale” del nostro.

Presto fatto. E’ sufficiente andare nel Bilancio sociale Inps: uscite per pensioni 242 miliardi di euro, entrate da contributi circa 200 miliardi di euro = all’incirca deficit di 40 miliardi di euro (anzi “40 bn”, come dice lui).

Questo, come meglio si vedrà in seguito, è un classico esempio di pessima informazione.

PRIMO ERRORE

Tanto per cominciare non tutte le pensioni pagate dall’Inps lo sono a titolo previdenziale. Ci sono quelle per la GIAS (Gestione per interventi assistenziali) e quelle GPT (Gestioni prestazioni temporanee) a sostegno del reddito che, ovviamente, non c’entrano nulla con le pensioni (sono assistenza).
Dal lato dei contributi bisogna togliere i contributi versati dallo stato per i propri dipendenti pubblici (il che è evidente) pari a circa 10,5 miliardi.
Quindi il quadro è:

Spese pensionistiche: 211 miliardi ( al netto di 31,7 di GIAS e GPT)
Contributi: 190 miliardi (al netto dei contributi dello stato)

E il disavanzo del nostro si è quindi già ridotto, di colpo, a 21 miliardi (anzi 21 bn, come direbbe lui)
Ma andiamo avanti.

SECONDO ERRORE

Nella foga liberista, il nostro omette di considerare che il dato sopra veduto riferito alle pensioni (211 miliardi) comprende anche le imposte che lo Stato trattiene sulle pensioni.

Questo dato nel 2012 era pari a quasi 46 miliardi di euro.

Mettiamoci allora nei panni dello stato nel 2012 (stato, inps, inail ec., non fa differenza) e vediamo quanto io - Stato – ci guadagno o ci rimetto.

Vediamo: pago 211 di pensioni e incasso 190 di contributi. Quindi sono sotto di 21 miliardi. Ma nel mentre pago le pensioni faccio pure 46 miliardi di ritenute fiscali ! quindi, IN REALTA’, pago solo 165 miliardi di pensioni (211-46). E se pago solo 165 miliardi di pensioni ( al netto delle ritenute fiscali) io Stato ci ho guadagnato, nel 2012 – udite udite – ben 25 miliardi di euro (190-165).


E’ strano come una salita possa diventare una discesa e un deficit di 40 miliardi un avanzo di 25


Del resto basta andarsi a vedere il Rapporto n. 1 del Bilancio del Sistema previdenziale italiano del 2014 (sicuramente il più autorevole in materia e diretto discendente dei vecchi Bilanci NVSP), disponibile in www.itinerariprevidenziali.it per leggere (nelle conclusioni, pagina 58):
“ III. Spesa e fiscalità: nella valutazione dei risultati [quelli riferiti alla incidenza sella spesa per pensioni sul Pil, NdA] occorre fare attenzione poiché la spesa per pensioni E’ AL LORDO DEL CARICO FISCALE che per l 2012 è ammontato a 45,9 miliardi…. I 45,9 miliardi sono per lo Stato UNA PARTITA DI GIRO PER CUI LA SPESA DI 211,103 MILIARDI in realtà si riduce a 165 MILIARDI di €”
CHIARO ?

Ma naturalmente il liberista non si dà per vinto. Qui non parlo più di Giannino ma di un liberista più evoluto ( diciamo il libberista). Che cosa ti dice il libberista (ossia il liberista più evoluto)?

“Bravo pollo!” dice lui “ ma non tieni conto che i contributi di lavoro sono esenti da imposizione!”

“E bravo pollastro” dico io “e tu non tieni conto che il nostro, come quasi tutti i sistemi previdenziali europei, è un SISTEMA A RIPARTIZIONE, ossia PAYGO, il che significa che lo stato paga le pensioni nell’anno N con i contributi che incassa nell’anno N. Punto.

Se tu, caro il mio libberista, volessi fare un confronto reale tra CONTRIBUTI E PENSIONI (ed evitare di sommare banane con pomodori per ottenere melanzane) NON DOVRESTI CONFRONTARE I CONTRIBUTI INCASSATI NELL’ANNO N CON LE PENSIONI PAGATE NELL’ANNO N, ma dovresti sommare tutti i contributi versati da ciascun pensionato precedenti all’anno N (per un numero variabile di anni, 15, 20, 30 ec. ), rivalutarli all’anno N, capitalizzare gli interessi maturati fino all’anno N e tirarci fuori una RENDITA dell’anno N. Cioè dovresti parlare in termini di rendita del montante contributivo rivalutato ( NON con il sistemino truffaldino tipicamente italiano che rivaluta il montante sulla base del PIL nominale degli ultimi 5 anni: al punto che negli ultimi anni i montanti ci hanno rimesso, rispetto all’inflazione, 4/5 punti). Quei contributi versati, allora, diventerebbero realmente RISPARMIO FORZATO di una parte del reddito di lavoro e via via accumulato in un conto fittizio del lavoratore: ma questo, caro mio, si chiama SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE e sfortunamente quasi nessuno lo adotta per il finanziamento delle pensioni.

Perciò l’UNICA POSSIBILITA’ di fare un CONFRONTO tra pensioni e contributi ( se proprio vuoi farlo) è mettersi ( nell’anno N) nei panni dello stato e vedere se pagando le pensioni e incassando i contributi, ci rimetti (disavanzo) o ci guadagni (avanzo). E, come abbiamo visto, lo stato ci guadagna (anche parecchio).


E poi, caro il mio libbberista ti sfugge una considerazione di natura sostanziale: il contributo previdenziale non è una parte del reddito di lavoro che va a risparmio esente da imposizione. Il contributo DI FATTO E’ UNA VERA E PROPRIA IMPOSTA (vedi ad es. Persiani).
Ora gli italiani, che sono dei veri e propri maestri nel settore furbizia, si sono inventati un meccanismo impositivo come questo (numeri a caso) :
reddito di lavoro lordo (comprensivo dei contributi di datore e lavoratore) = 1400
meno contributi datore - 300
meno contributi lavoratore - 100
-----------------------------
= Reddito fiscalmente imponibile su cui si applica imposta 1000

I tedeschi, che sono molto più razionali ma anche molto meno furbi degli italiani, hanno solo due grandezze su cui calcolano contributi e imposta, che sono Steuer e RV/AV Brutto. Queste due grandezze sono uguali ossia la imposta si calcola sul reddito di lavoro lordo come la contribuzione (con aliquote differenti, naturalmente).
E qui, en passant, esce fuori l’altro liberista evoluto, quello con tre b, ossia il libbberista, che strilla indignato: “Hai visto come sono falsi quelli della Confesercenti? Ci dicono che in Germania le pensioni non sono tassate mentre in Italia lo sono ( e più del lavoro dipendente) ma non ci dicono che in Germania i contributi sono tassati!”. Ecco un altro esempio di confronto tra capre e cavoli per tirarne fuori cetrioli (è un difetto congenito del liberista, con qualunque numero di b).

A parte che questa è già di per sé una stupidaggine considerato che il contributo è già una imposta, semmai dovremmo parlare di diverse base imponibili: in Italia la base imponibile per l’imposta (non per il contributo) è il reddito lordo al netto dei contributi (azienda e lavoratore), in Germania si prende il lordo.
Ma secondo te, caro il mio libbberista,i sistemi di tassazione in Germania e Italia sono confrontabili?
Sai quanto paga l’IVS (aliquota pensionistica) in Italia? Il 33%. E sai quanto paga in Germania? Il 19,9% fino a 66.000 annui, peraltro. E potrei citarti altre 100 differenze.
E allora? Cos’è questa stupidaggine di confrontare di basi imponibili al netto e al lordo di per sé inconfrontabili ? QUELLO CHE CONTA, ALLA FINE DELLA FIERA, PER RENDERE I DATI CONFRONTABILI, E’ PARLARE DI IMPOSIZIONE COMPLESSIVA (IMPOSTA E CONTRIBUTO) , cioè in soldoni di quanto toglie lo Stato al lavoratore. Cioè quello che ci interessa è parlare di CUNEO FISCALE. E il dato OCSE 2012 riferito al cuneo fiscale della Germania era 49,7%, in Italia era 47,6% (il cuneo fiscale specificamente destinato alla tutela previdenziale è peraltro molto superiore in Italia). Quindi ha ragione o no la Confesercenti a dire che, a fronte di un cuneo fiscale sostanzialmente uguale sui redditi di lavoro, è una VERA e propria SCHIFEZZA il fatto che in Italia le pensioni siano tassate ( la ritenuta nel 2012 è stata pari al 21,8%) ed in Germania praticamente NO?? 



(replica)

Emilio L. ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Sub tuum presidium...":

Nel periodo 1989-2010, la copertura dei disavanzi previdenzali di natura non dichiaratamente assistenziale ha assorbito entrate fiscali nell’ordine dei 660 miliardi.

Un gigantesco “inganno collettivo” che ha alimentato i consumi al tempo presente drenando le risorse che sarebbero dovute essere utilizzate per abbattare il debito pubblico e modernizzare il Paese (istruzione, ricerca, investimenti infrastrutturali, …) in modo da “attrezzarlo” a reggere l’urto della globalizzazione … e che oggi opprime lavoratori e imprese con un carico di tasse e contributi sociali che ha pochi eguali al mondo …

Risorse che non sono nemmeno andate ai più bisognosi:

Sulla base delle dichiarazioni dei redditi, il reddito mediano da lavoro dipendente nel 2011 è risultato inferiore ai 20.000 euro (al lordo di imposte e contributi). Nello stesso anno, i pensionati che hanno dichiarato redditi superiori sono stati oltre 4,8 milioni (il 32% del totale).

Nel 2010 il reddito mediano delle famiglie con capofamiglia lavoratore dipendente è risultato pari a 30.089 euro (al netto di imposte e contributi). Le famiglie di pensionati con un reddito superiore a 32.000 euro sono risultate il 27,4%. Percentuale che risulterebbe ben superiore se si normalizzasse il reddito familiare rispetto al numero di componenti tra i quali quel reddito deve essere suddiviso (2,96 per le famiglie di dipendenti e 1,88 per quelle di pensionati).

Quanto al patrimonio, la stessa indagine della Banca d’Italia evidenzia che il valore mediano della ricchezza netta delle famiglie di lavoratori dipendenti era pari a 138.630 euro (immobili più attività finanziarie, al netto dei debiti contratti). Le famiglie di pensionati con una ricchezza superiore a 164.000 Euro risultavano il 52,8% del totale. In particolare il 77,1% delle famiglie di pensionati vive in una casa di proprietà, contro il 62,5% dei lavoratori dipendenti.

Questa è la verità, per chi abbia voglia di vederla: milioni di pensionati hanno goduto e godono di redditi e patrimoni superiori a quelli dei lavoratori che, faticosamente, stanno pagando la loro pensione. In aggiunta, la vita dei lavoratori è molto più complicata di quella dei pensionati: ci sono la precarietà del lavoro e la disoccupazione, i figli da far crescere, per molti l’affitto o le rate del mutuo da pagare per continuare ad avere un tetto sulla testa …

… senza parlare del fatto un sistema di protezione sociale così costoso non riesce comunque a garantire pensioni sociali dignitose e forme di sostegno al reddito dei disoccupati.


La differenza tra le pensioni erogate ed i contributi effettivamente versati viene pagata dallo Stato, attingendo alle entrate fiscali.
Da un punto di vista contabile, questi trasferimenti statali sono classificati in due voci:

1.La prima voce è la copertura del deficit delle gestioni previdenziali tenute presso l’INPS e gli altri Enti previdenziali.
Il deficit si è andato riducendo a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, per effetto sia della crescita delle aliquote contributive, sia delle riforme che hanno rallentato la dinamica della spesa (posticipo dell’accesso, revisione delle modalità di calcolo e di rivalutazione). Si è quasi azzerato nel 2008, per poi tornare a crescere a causa della crisi e della conseguente riduzione delle entrate contributive. Nel 2010 il deficit è stato di 13 miliardi.

2.La seconda voce è costituita dai trasferimenti GIAS (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali), che vengono computati dagli Enti previdenziali come “contributi”, al pari di quelli versati da lavoratori e imprese (la scarsa trasparenza nella contabilizzazione dei fondi GIAS è stata ripetutamente evidenziata dalla Corte dei Conti).
All’interno di questo aggregato, la quota utilizzata per gli interventi di natura dichiaratamente assistenziale (le integrazioni delle pensioni al trattamento minimo, le maggiorazioni sociali, i prepensionamenti, …) è in realtà minoritaria.
Il grosso dei trasferimenti GIAS non è altro che un “puntello” istituzionalizzato posto a sostegno di una spesa previdenziale strutturalmente in deficit. Vi rientrano ad esempio:
- il finanziamento di quota parte di tutte le gestioni pensionistiche, pari nel 2010 a 22,5 miliardi (vedi Legge finanziaria 2010) e che viene incrementato anno dopo anno in base al tasso di inflazione al consumo maggiorato di un punto percentuale;
- i trasferimenti al fondo speciale dei ferrovieri, pari nel 2010 a 4 miliardi.
Solo questi due capitoli rappresentano il 78% dei trasferimenti GIAS del 2010 (33,7 miliardi).

Da quanto illustrato, nel 2010 la spesa pensionistica non coperta dai contributi e posta a carico della fiscalità generale è stata di almeno 40 miliardi (13 di deficit “conclamato” e oltre 26,5 miliardi di trasferimenti statali GIAS di natura non assistenziale).”

Inserire le trattenute fiscali sulle pensioni come fonte di finanziamento all’interno del bilancio previdenziale (pensioni erogate – contributi previdenziali versati) è un ragionamento totalmente fallace.

Innanzitutto non si capisce perchè i pensionati non debbano essere chiamati a contribuire, con le loro trattenute fiscali, al costo dei servizi pubblici di cui essi stessi fruiscono (si pensi alla sanità), al pari di tutti gli altri cittadini percettori di reddito.

Ma poi, il fatto di conteggiare tale gettito fiscale come fonte di finanziamento della previdenza, anzichè di tutti gli altri servizi pubblici erogati dallo Stato, non fa che spostare il problema della sostenibilità finanziaria da un comparto all’altro della spesa: è come tirare una coperta … ahimè troppo corta.

Per approfondimenti
http://marionetteallariscossa.blogspot.it/2013/04/lavoratori-schiacciati-dalle-pensioni.html

Un cordiale saluto
Emilio L.



Sintesi
Emilio impagina meglio di anto ed è meno diversamente ortografico, a parte il perchè che sarebbe un perché. Entrambi hanno un vizio che non hanno imparato da me: non mettono nemmeno un link alle loro fonti, il che dà alla loro discussione una piacevole vernice ideologica che preferirei venisse scrostata con l'acido dei dati e delle tabelle (questo ve lo dico per il futuro).

Prima che voi scateniate l'inferno, entrando negli infiniti dettagli, vi segnalo un paio di dati di fondo.

Il primo è che se non c'è crescita non sono sostenibili né i sistemi a ripartizione né quelli a capitalizzazione, come ricorda pacatamente e efficacemente Gennaro Zezza. I sistemi a ripartizione si basano sul fatto che in futuro i lavoratori creeranno più valore, quindi saranno in grado di provvedere a se stessi e ai pensionati (in un modo che non sia l'eutanasia o la deportazione come in Germania). Quelli a capitalizzazione si basano sul fatto che se dai oggi i tuoi soldi a una azienda, quella creerà valore in futuro e quindi il tuo investimento di permetterà di campare dignitosamente. I due sistemi hanno in comune il fatto che l'economia deve creare valore, fra oggi e domani, che non significa, come pensano gli idioti della decrescita, inondare il mondo di emissioni inquinanti e di oggetti di plastica: può anche significare ridurre le emissioni inquinanti, fornire migliori servizi pubblici o privati, ecc. ecc. L'unica cosa che distingue i due sistemi è chi agisce da intermediario. Nel sistema a ripartizione è lo Stato, in quello a capitalizzazione il Mercato.

Noi siamo nei guai perché il Mercato ha fallito, e ce lo dice la Bce. Tirate voi le conclusioni.

Il secondo dettaglio, ancora più banale, è che il discorso sulle pensioni, come ho spiegato qui, è parte di un attacco al "perimetro dello Stato" che è puramente ideologico, e sostanzialmente indirizzato a comprimere il ruolo dello Stato nel circuito del risparmio. In questo senso è del tutto analogo al discorso sul debito pubblico, del quale si continua a parlare nonostante la Bce abbia detto apertis verbis che con la crisi non c'entra (come vi ho appena ricordato), e nonostante la Commissione Europea abbia certificato che in Italia esso è il più sostenibile fra i paesi europei anche tenuto conto delle passività implicite nel sistema pensionistico (scoperta dell'acqua calda, perché la Germania ha un enorme problema demografico che sta risolvendo grazie alla crisi, gestita in modo da costringere i migliori giovani del Sud a emigrare al Nord). Ma il fatto è che un sistema finanziario privato che crea valore solo tramite bolle ha bisogno del risparmio intermediato dallo Stato per gonfiarle, queste bolle.

Se darglielo o meno è una scelta politica. Dall'inizio degli anni '80 è stata fatta la scelta di dargliene progressivamente sempre di più. I risultati, chi voleva vederli, li ha visti. Per gli altri la colpa è di cose che ci sono solo oggi: la Cina, la vecchiaia, i cattivi raccolti...

E ora, carissimi, scatenate l'inferno addentrandovi nelle folte foglie dei conti della serva, ma se possibile citando esattamente le fonti, e non perdendo di vista i due rami dell'albero della globalizzazione finanziaria, che mi sono pregiato, nella mia sintesi, di sottoporre alla vostra riverita disattenzione...




(l'articolo di Froud et al. dovreste leggerlo. Dimostra dati alla mano che negli ultimi tre decenni le imprese statunitensi si sono autofinanziate, cioè hanno fatto abbastanza profitti da provvedere da sé agli investimenti produttivi. E i soldi dei risparmiatori dove sono finiti? Semplice: nel gonfiare i valori di libro delle aziende, attraverso il gioco delle fusioni e acquisizioni. Cerco di farvene una sintesi prossimamente. Naturalmente i brillanti storici del medioevo vi diranno che il capitalismo ha sempre funzionato così, che la speculazione c'è sempre stata, che anche i Bardi (con la maiuscola) hanno fatto default, e che le crisi sono il respiro dell'economia, come la guerra è il respiro del mondo. Ma Keynes, o anche il paper di Froud, o anche i dati, combattono questo relativismo storico, e vi dicono che il capitalismo, che naturalmente è brutto e cattivo - rassicuro subito gli eventuali marziani - può essere gestito in modi diversi, che corrispondono a periodi storici diversi e a diversi rapporti di forze. Come del resto il comunismo, che invece è bello e buono. In entrambi i sistemi la gente muore, e muore ingiustamente. Per le persone per bene, per gli squallidi politicanti, e per gli storici dilettanti, ci sarà sempre lavoro!)


49 commenti:

  1. Tralascio i conti della serva.

    Volevo solo ricordare una parte di uno scritto molto antico, nel quale in mezzo ad un piccolo elenco di imperativi, ce ne era uno che diceva "onora il padre e la madre".

    Ma siamo sicuri che stiamo vivendo una crisi economica, non è che la crisi economica, è solo un aspetto di una crisi culturale e religiosa di più ampio respiro?

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    1. Lo stesso libro dice tante altre cose molto meno edificanti...Che c'entra la religione qui?

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    2. qui c'entra tutto..... (con moderazione del padrone di casa)

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    3. La religione è dalla parte della crisi !

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    4. Certo c'entra tutto ciò che sta bene al padrone di casa .Ma questo commento suona come una moralina da prete ( senza voler mancare di rispetto ad Alessandro13 ),in questo senso mi sembra inopportuno e personalmente lo trovo irritante. Perdonatemi non sono riuscito ad astenermi dal commentare, cosa che faccio sempre quando si parla di economia,data la mia ignoranza della materia preferisco ascoltare con umiltà per imparare qualcosa. Saluti a tutti.

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    6. Scusate, vorrei separare due piani. Da un lato è ovvio che ilmondo cattolico ha un problema, e mi sono permesso di ricordarlo all'Aquila, come qualcuno di voi forse ha avuto la gentilezza di notare. Dall'altro è altrettanto ovvio che la distruzione di riferimenti valoriali come la famiglia, per dirne una, è funzionale a quel capitalismo assoluto del quale parla Fusaro. I migliori alleati di Milton Friedman e dei Chicago boys purtroppo, cari amici, non sono stati i preti (anche se le gerarchie ecclesiastiche ovviamente in America Latina hanno fatto il loro lavoro, con qualche eccezione, tipo Romero): sono stati i sessantottini. "Vietato vietare" sembrava una gran figata, ma si è trasformato in ciò in cui pochi avevano previsto che si sarebbe trasformato (e fra questi Pasolini). Anche i Chicago boys chiedono allo Stato di vietarsi di vietare. Si accende una lampadina? No? Be', certo che no! Altrimenti perché tanti progressisti sarebbero complici di un progetto criminale e fascista? Va bene così. Su Wojtyla ovviamente concordo, è storia. Ma com'è che se leggi Ratzinger ti sembra di trovarti a sinistra del Nutella? Il problema è un po' più complesso di così...

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    7. l'Austerità, prima di diventare una parolaccia, era una virtù cristiana.
      La Merkel, Junker e C.O. sono comunque di area "democristiana".

      Il travet tedesco, che va a messa la domenica e lavora sodo e coscienziosamente e obbedisce alle leggi e ai capi e non ha (grandi) vizi e guadagna poco ma non si lamenta, e fa una vita parca e morigerata e con poche pretese alleva i suoi 3-4 figli, ammesso che sia abbastanza stupidotto da ignorare in buona fede cosa accade in Grecia (per dire...) andrà pure in paradiso.

      Quindi questo miscuglio di affermazioni sul tema
      Religione vs. Economia
      è pericolosetto anzichè no. Fate bene attenzione e cercate di avere le idee chiare prima di scrivere.

      La cruda e triste verità purtroppo è che la scristianizzazione della nostra cultura riguarda innazitutto i frequentatori della messa domenicale, i quali tra i molti comportamenti anti-cristiani assumono quello di caricare pesi sulle spalle altrui, di togliere le pagliuzze dagli occhi degli altri, etc etc..

      I Cristiani si definiscono in 2 modi:
      1) Quelli per cui Cristo è morto (tutti. E siccome è scritto nel solito Libro "predicate il mio vangelo ad ogni creatura" mi sa che tutti comprende anche animali, piante, sassi e affini)
      2) Quelli che hanno fede quanto un granello di senapa, che cioè spostano le montagne (cioè, chi fa miracoli. Io ancora purtroppo no. Sempre dal Libro "questi poi sono i segni che accompagneranno i credenti: nel mio nome scacceranno demoni, etc...)"

      Quindi l'italia avrà un futuro cattolico se:
      1) I sedicenti cattolici si convertiranno in VERI cattolici (cioè in santi)
      2) I Santi faranno una Crociata per riconquistare il paese, che ad oggi cattolico non è. La Crociata, in quanto guerra santa, si combatte con le armi sante, e cioè la carità, la preghiera, il digiuno.
      Coraggio Alessandro13. Però ti avviso è un gran lavoraccio.

      Se poi volete altre lezioni di catechismo, sono disponibile (magari peròapriamo un Blog parallelo...)

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    8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    9. Gnente, non ci siamo, vedo che non riesco a farmi capire. A me che "onora il padre e la madre" sia per caso anche un comandamento che un certo signore diversamente non circonciso dice di aver ricevuto da un tizio con l'ego più ipertrofico del mio non me ne fotte un beneamato CAZZO. Chiaro così? Io sto ponendo il discorso su un piano diverso, su quello della razionalità economica di certe decisioni, inclusa quella di smantellare un certo apparato valoriale per motivi presentati come progressisti, e in realtà funzionali al progetto pinochettiano di costruzione di una società di bestie consumanti. Ma se non si capisce questo, almeno, di converso, si capisce perché vi siete cuccati l'euro...

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    10. Ah, e comunque se vi interessa il dibattito religioso, io non ho mai sentito dire "Fede, speranza e austerità". Quindi del fatto che l'austerità fosse una virtù cristiana non ho prove. Lo è invece la prudenza. Bene intendenti pauca.

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    11. Apparentemente con l’economia la religione c’entra poco ma alcune considerazioni andrebbero fatte.
      Intanto mi salta all’attenzione l’aspetto dogmatico che come nelle religioni è certamente presente in tutta la vicenda Euro, il famoso limite del 3% sul deficit così come il 60% di debito pubblico ne sono un esempio.
      D’altronde anche la logica liberista è percepita più come un credo che come una scienza, l’assolutamente libero mercato è pressoché un dogma, anche perché non ha mai funzionato, nonché il comunismo al contrario sia stata una manna per i popoli.
      Un tizio con il quale sono molto d’accordo disse “chiunque ti propone un sistema di credenze è un tuo nemico”.
      La famiglia è un valore: soprattutto quando ti trovi a 30 o più anni senza un lavoro, oppure quando sei vecchio è hai bisogno di qualcuno che ti pulisca il deretano quando lo stesso decide contro la tua volontà di espletare la sua funzione più importante.
      Chi ci ha infilato in questa assurda situazione economica certamente mira a distruggere le nostre certezze, i nostri punti di riferimento, magari ci riesce facilmente perché non sono così solidi e così sensati.
      Io penso che questo tipo di società, intendo basata sulla famiglia monogamica patriarcale, sul dogma della fede, su un capitalismo sempre più sregolato e viceversa su regole sempre più stringenti, assurde, incomprensibili per gli individui sia molto funzionale al disegno di certi psicopatici fanatici, come quelli che hanno concepito questa europa.
      La famiglia rischia di essere una gabbia opprimente, piuttosto che luogo di realizzazione umana e porto sicuro per anime sempre più represse e in conflitto tra il “devo fare la cosa giusta” e il non saper più cosa è la cosa giusta da fare.

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  2. ma se portassimo tutte le pensioncine a 1.000 euro al mese, considerata la propensione al consumo dei poveri pensionati e (tolto l'euro, siintende) tenuto conto di quel numeretto detto moltiplicatore fiscale, siamo sicuri che andrebbe tutto a puttane?
    siamo sicuri che farli vivere al di sopra del valore della loro pensione sia negativo per noi?
    ma di cosa stiamo parlando????

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  3. Certamente, Alessandro13. Il prof. Bagnai lo ha ripetuto più volte. In sintesi, si tratta di rovesciare un'egemonia culturale.
    L'euro è stato una scelta politica, l'austerità anche. Stesso discorso per la liquidazione della democrazia.
    A tutti quelli che vogliono sentire a tutti i costi l'altra campana: non è così che funziona. Si tratta, innanzitutto, di fare delle scelte consapevoli e di assumersene la responsabilità.

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    1. "In sintesi, si tratta di rovesciare un'egemonia culturale."
      Sono gli altri che stanno rovesciando la cultura, io con il mio commento ripropongo una vecchia cultura.
      "L'euro è stato una scelta politica, l'austerità anche"
      Per me è stata una scelta religiosa. Tra la solidarietà cattolica e l' ascensione protestante.
      L' ho detto in parecchi post, per me l' euro è una guerra di religione tra protestanti e cattolici. Non fosse altro per la parola, che si propone come salvezza per tutti, "RIFORMA", che ricorda troppo, troppo chiaramente Lutero.

      Ma, credo, che ampliando lo sguardo, qui ci troviamo alla fine anche del capitalismo e che anche laddove, vincessero i protestanti, anche loro perderebbero. Non c'è speranza, neanche per loro. Il mondo viaggia ad una velocità supersonica verso un nuovo ordine mondiale all' interno del quale si sta costruendo una nuova religione, ma io non la riesco ancora a recepire. (resterò un escluso?)

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    2. Certamente è così. L'euro è una scelta politica, un metodo, entrambi orribili e contro la persona umana, ma le sue conseguenze sono di natura fortunatamente economica, per cui hanno delle condizioni di sostenibilità.
      Non credo a chi dice che essendo l'euro una scelta politica, l'unica forma di reiezione dell'euro possibile sia un atto politico, coordinato o meno.
      Le società hanno condizioni di esistenza di base, tra le quali la sopravvivenza dei consociati e il mantenimento dell'ordine pubblico; evidentemente sono due questioni correlate.
      L'euro non le garantisce entrambe e nel medio periodo dissolve diritti dei lavoratori, salari, produzione e forme di assistenza sociale, impedendo la riproducibilità del sistema stesso e quindi autoeliminandosi, come un batterio che infesta un organismo uccidendolo e in ultima analisi uccidendosi.
      E' proprio questo l'euro: lo strumento ultimo del nichilismo sociale, l'evoluzione di ogni possibile bomba atomica o virus da laboratorio.
      A meno di non voler sostenere l'insostenibile, ovvero i chiacchiericci complottologi delle prefiche giudoplutomassoniche sull'assalto alla diligenza per creare una dittatura mondiale, che personalmente metto sullo stesso piano delle argomentazioni attuali dei politici euristi, che Alberto chiama luoghi comuni, ma che mi piace definire cialtronerie, aggiungendo un elemento di valutazione soggettiva oltre che oggettiva.

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    3. Lei crede che siano le seguenti parole a connotare una persona, lavoratore, salario, produzione, assistenza sociale etc...
      Le chiedo, ma un ragazzo di oggi si realizza con una bella macchina o con un bel mucchio di amici su facebook?
      E' possibile che siano cambiate le aspirazioni, che il salario sia sempre meno un elemento di distinzione sociale.
      D' altronde, oggi, dove si rappresenta il proprio status sociale? Non c'è più la piazza domenicale dove arrivare con la macchina nuova, o dove sfoggiare il vestito all' ultimo grido.

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    4. La bella macchina non se la puo' proprio comprare, i numeri sono drammatici (e disponibili tutti i mesi su 4ruote). Quindi gli rimane facebook, finanziato da papa'. Io nel 1984, fresco di diploma di perito industriale, potevo scegliere n opportunita' di lavoro, incredibile a dirsi tutte retribuite nonche' a tempo indeterminato. Un anno di lavoro e mi compravo la macchina MIA, coi soldi MIEI, e l'azienda mi pagava anche qualche permesso per studiare la sera all'universita'. Adesso il diplomato puo' solo friggere hamburger, se gli va bene, ed al lavoro ci va coi mezzi o in bici. Tutta salute ed ecologia? Lo dica ai concessionari che chiudono, alle fabbriche che licenziano. In buona sintesi, precondizione per connotare una persona sono il lavoro/assistenza sociale/salario ecc. Dopo che abbiamo sbrigato tutte queste sgradevoli nonche' grigie formalita', allora forse possiamo disquisire delle aspirazioni, ideali, culture ed estetiche varie.

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  4. Seguirò con attenzione questa discussione molto interessante.

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  5. La questione è molto tecnica e non ho contributi da dare ma, approfittando delle competenze dei lettori di goofynomics, vorrei porre una domanda che da tempo mi sto facendo:
    ma davvero è pensabile che tra trenta, quaranta anni una parte consistente degli italiani si trasformi in una banda di mendicanti e accattoni (per chi sappia farlo, al limite, di ladri) ultrasessantenni?
    Voglio dire la disoccupazione è a livelli impressionanti, ai giovani che "lavorano" viene caldamente consigliato di costruirsi una pensione integrativa, laddove con quello che guadagnano riescono a mala pena a sopravvivere, non ci sono motivi per pensare che l'attività assistenziale dell'Inps possa diminuire in maniera sostanziale e allora, siamo tutti condannati all'indigenza?
    Davvero non ci resta che aspettare che la crisi finisca (DAR!) per tornare tutti a lavorare e a pagare i contributi?
    Cioè, scusate, cos'è o che cosa dovrebbe essere uno Stato?
    E più mi pongo queste domande, più mi viene in mente che questo della previdenza potrebbe essere un falso problema, poi però mi ricordo di questo bel capolavoro chiamato "euro" e non ne sono più tanto sicura.

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    1. Quando le maggioranze sono mendicanti/accattoni, e' tempo di guerra. Ricordo le riprese della guerra nell'ex Iugoslavia, il contrasto fra vie, palazzi, auto posteggiate del tutto UGUALI alle nostre vie, palazzi e lo stato di guerra era spaventoso. Spaventoso perche' indicava chiaramente che il "qui non puo' piu' succedere" e' giusto una semplice speranza.

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    2. In effetti, a voler essere un pochino cinici, niente è in grado di far ripartire un'economia come una guerra. Pensavo che chi ci governa non avesse una visione chiara del futuro invece, siamo a cavallo: i figli dei nostri figli vivranno in piena ripresa economica!
      Evviva, nel frattempo prepariamoci a soffrire.
      Grazie per l'ottimismo.

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  6. (Prima parte)
    Mi scuso con il prof. Bagnai per il “diversamente ortografico” e per la mancanza di link, ma il post – grazie alla sua gentilezza e comprensione pubblicato nel suo ottimo blog - era, more solito, il frutto di personali e istintive elucubrazioni antelucane e quindi, necessariamente, sintatticamente non troppo meditato. Quanto ai link (invero piuttosto scarsi), a mia parziale scusante posso affermare di condividere la mia colpa con la ermeticità del gestore blogger di Google (non sono ancora riuscito a capire come inserire i link nelle risposte e, comunque, non è un compito troppo facile scrivere in un riquadro di un centimetro per due).

    Spero di fare (e linkare) meglio nella presente elucubrazione (non antelucana).

    Intanto condivido in toto le considerazioni circa il fatto che il discorso sulle pensioni sia un attacco al “perimetro dello Stato” mirato a comprimere quest’ultimo nel circuito del risparmio ( ed a tutto vantaggio di quest’ultimo, mi permetto di aggiungere). Le mie considerazioni, molto più semplicemente, miravano a confutare un’affermazione piuttosto in voga negli ultimi tempi: e cioè che vi sarebbe un disavanzo pensionistico, certificato dal Bilancio sociale Inps (link: http://www.inps.it/docallegati/Mig/Doc/Bilanci/BilancioSociale2012/bilancio_inps_2012.pdf ) , di “40bn” annui (è l’espressione usata da Giannino), tradotto in 40 miliardi di € per i diversamente esterofili, derivante dalla differenza tra contributi previdenziali versati (quelli che si trattengono in busta paga e si versano all’Ente previdenziale, in soldoni) e le pensioni erogate.

    E’ utile premettere che, dopo tutte le riforme che hanno interessato la previdenza italiana ( da ultimo la famigerata legge Fornero, decreto legge 201/2011 ), il sistema è ormai del tutto finanziariamente sostenibile: in tal senso, ad esempio, il DEF 2014, pag. 86-87 (link: http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/pdf/DFP05.pdf), oppure l’autorevolissimo “Il bilancio del sistema previdenziale italiano, Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza, a cura del Comitato Tecnico Scientifico di Itinerari Previdenziali, Rapporto n.1/2014” p. 54, figura 8.1 (è l’erede dei vecchi Bilanci ex NVSP, link a: www.itinerariprevidenziali.it).

    Tralasciando le innumerevoli questioni metodologiche circa il calcolo della spesa per pensioni (pare che ciascun Ente/Organismo abbia un suo metodo: vedi ad esempio l’Appendice 3 del Rapporto sopra citato p. 86 e ss. relativamente a Istat, Eurostat, Ragioneria generale ec., talora anche con differenze molto significative: ad esempio Eurostat include nella spesa pensionistica i TFS/TFR che in realtà sono – come ognuno intende - retribuzione differita e non c’entrano nulla con le pensioni), per dare un quadro del reale disavanzo/avanzo previdenziale 2012 (tenendo conto di GIAS, GPT, contributi impropri ec.) possiamo utilizzare il dato esposto nelle conclusioni del Rapporto cit. (paragrafo 9. Sintesi e Conclusioni, I. Il quadro contabile, p. 56) il quale ci dice che ”Nel 2012 la spesa pensionistica complessiva ha raggiunto l’importo di 211.103 milioni …. L’ammontare delle entrate contributive … l’importo di 190.404 milioni di euro”.

    Quindi un disavanzo di 20.699 milioni di euro (di per sé già ben al di sotto di quello evidenziato da Giannino).

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  7. (Seconda parte)

    La questione di rilievo, a questo punto, è mettere in evidenza quanto i liberisti con (ormai) troppe b si guardano bene dal dire: e cioè che il dato di 211.103 milioni di euro relativo alle spese pensionistiche del 2012 comprende – sorpresa – anche 45.900 milioni di ritenute fiscali sulle predette pensioni. Non lo dico io, pauper postremus, ma lo dice il suddetto, autorevolissimo Rapporto (p. 58): ”Nella valutazione dei RISULTATI, occorre fare attenzione [l’invito è particolarmente rivolto al lettore libbberista, NdA]poiché la spesa per pensioni è al lordo del carico fiscale che per il 2012 è ammontato a 42,9 miliardi di Irpef e 3 miliardi di addizionali Irpef. I 45,9 miliardi di entrate fiscali per lo Stato sono UNA PARTITA DI GIRO [più o meno come quando due squadre finiscono 1-1, NdA per il libbberista] PER CUI LA SPESA DI 211.103 IN REALTA’ SI RIDUCE A 165 MILIARDI DI €. Se considerassimo la spesa effettiva per pensioni (al netto cioè delle tasse), il rapporto spesa/Pil [ma anche il disavanzo, NdA] SIA AL LORDO CHE AL NETTO DELLA GIAS SI RIDUCE RISPETTIVAMENTE DI 3 PUNTI PASSANDO DAL 15% AL 12% (ADDIRITTURA SOTTO IL 10% AL NETTO DEL GIAS)”

    Ecco che il disavanzo, di colpo, si riduce a 20,699 – 45.900 = - 25.201 ( e un disavanzo negativo, per la regola che meno per meno dà meno, è un avanzo , no?) .

    QUINDI: NON E’ VERO CHE NEL 2012 C’E’ STATO UN DISAVANZO DI 40BN (COME DICE GIANNINO) MA LA GESTIONE PENSIONISTICA NEL 2012 HA DATO UN AVANZO DI 25 MILIARDI DI EURO PER LO STATO (E tale avanzo, se qualcuno si perita di andarlo a vedere, c’è già – ininterrottamente - dal lontano 1998. E’ sufficiente leggere uno dei maggiori esperti previdenziali attualmente in circolazione ( almeno secondo me), il professor Felice Libero Pizzuti, Ordinario di Politica Economica e di Economia e Politica del Welfare State presso la Facoltà di Economia la “Sapienza” a Roma, cattedra che fu – se non sbaglio - del grande e indimenticato Caffè) . Ad esempio qui: http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2014/4/4/40146-def-quelle-forbici-in-mano-a-renzi-pizzuti-la-spesa/this.href='http:/oknotizie.virgilio.it/post.html.php?url=%27+encodeURIComponent(document.location.href)+%27&title=%27+encodeURIComponent(document.ti

    Bene. Per il momento mi fermo. In prossimi post (se il professor Bagnai consentirà) cercheremo di rispondere alle prevedibilissime obiezioni dei libbberisti, che immagino essere, non necessariamente in ordine di importanza:
    a) Ma allora tu non vuoi far pagare le tasse ai pensionati ! (?)
    b) Ma tu non tieni conto che i contributi previdenziali non pagano imposte!
    c) Ma tu non sai che in Germania ( paese simpatico dove le pensioni quasi NON pagano tasse) in realtà si tassano i contributi alla fonte! E quindi la Confesercenti (vedi per esempio qui: http://www.repubblica.it/economia/2014/06/28/news/pensionati_tartassati_confesercenti_1400_euro_da_2008-90198968/ ) dice una stupidaggine quando paragona l’Italia (le pensioni pagano un mucchio di tasse) alla Germania!
    d) Ma il confronto internazionale va fatto al lordo ! ( certo! E che cambia?) a parte che semmai per fare i confronti dovremmo dare un’occhiata alla net total sociale expenditure … (vedi ad esempio qui: http://mpra.ub.uni-muenchen.de/44378/)

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  8. “Se non c'è crescita non sono sostenibili né i sistemi a ripartizione né quelli a capitalizzazione”
    IMHO il sistema a ripartizione e’ comunque il piu’ sicuro e se non c’e’ crescita e’ anche quello che permette l’introduzione dei correttivi piu’ equi per renderlo anche sostenibile (si puo’ per esempio determinare a priori la percentuale minima annuale di richezza prodotta da riservare alla previdenza, alla assistenza ed alla sanita’).
    Immaginiamo uno scenario (purtroppo molto probabile) in cui le prossime generazioni di crescita ne vedranno poca o niente.
    La domanda chiave e’: si puo’ pensare di governare DEMOCRATICAMENTE le cose in modo da ottenere comunque un mantenimento (oppure una crescita) della prosperita’?
    Crescita e prosperita’ dipendono tutte e due dal surplus, ma un aumento della prosperita’ (cioe’ per esempio che almeno il 90% della popolazione possa ottenere un pochino di piu’ di anno in anno in termini di potere di acquisto) dipende da come il surplus (necessario per il funzionamento dell’economia capitalista) lo si utilizza – se per la pura crescita quantitativa (modello mercantilista) od anche per la prosperita’.
    Uscire dall’Eurozona, riappropriarsi della sovranita’ nazionale (per ricominciare a governare l’economia), tutto cio’ comportera’ per i futuri Governi la responsabilita’ di decisioni di questa natura.
    Una cosa infine mi appare certa: se si rimane nell’Eurozona non sara’ possibile neppure mantenere l’attuale prosperita’ residua.

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  9. Vorrei fare un discorso sulla spesa pubblica sociale totale europea, all' interno della quale, è compresa quella pensionistica. Prescindo dai concetti gia esposti sopra sul comparto pensionistico e relativi alla composizione della stessa spesa pensionistica.
    Partiamo da questo documento OECD aggiornato al 2011 (il doc. è in form. excel e quindi va aperto) e contenente la spesa sociale pubblica e privata lorda e netta (purtroppo aggiornata al 2009) di alcuni paesi europei.
    Prendendo i dati relativi al 2009 e 2011 (spesa lorda) e confrontandoli, si vede che l' Italia passa da un valore del 27,8 ad uno del 27,6 (2011) quindi - 0,2%; ma il PIL reale tra 2009 e 2011 è diminuito del 3,2% e dai calcoli fatti, la spesa lorda rispetto al 2009 è diminuita in realtà del -1,3%. LA Germania, solo come esempio, è passata dal 27,8 al 26,2, quindi - 1,6%, sembrerebbe aver fatto molto meglio di noi, ma dato che il suo PIL è cresciuto nel periodo 2009-2011 del 2,2, in realtà con le correzioni, ha visto ridurre la spesa sociale esattamente dello stesso valore dell' Italia,cioè del - 1,3% sul PIL con riferimento sempre al 2009.
    Mi sono premurato di fare i calcoli anche sulla spesa al netto, considerando la pressione fiscale tedesca e Italiana ed in tale parametro, al netto l' Italia spende il 22,1% del suo PIL contro il 23,3% della Germania.
    Mi son premurato anche di fare il calcolo per la Francia che al netto della tassazione spende il 28,2%, cioè 6,1% in più di noi.
    Scusate l' omissione dei calcoli, ma ognuno potrà farseli da solo se interessato, trattandosi di roba semplice, anzi mi piacerebbe una verifica dei miei.
    Questo a proposito degli effetti della decrescita che l' euro determina sulle tasche degli italiani brutti e cattivi!

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  10. Due considerazioni:

    La prima è che se abbattono le pensioni, tante famiglie salteranno per aria. Non ho dati oggettivi a comprovare questo, ma conosco molte persone disoccupate o precarie (talune anche con figli) che sopravvivono solo grazie alla pensione del babbo e della mamma, oppure su quelle del nonno o della nonna.

    La seconda è che, almeno qua in piddinia, i pensionati sono quasi tutti sostenitori di Renzi, ed anche molti dei loro nipoti-figli da essi mantenuti, che continuano a cazzeggiare su facebook sbattendosene allegramente di capire le cause della crisi, come se non ci fosse un domani. Quindi se fosse proprio Renzi a toccargli le pensioni ben gli sta! Hanno voluto la bicicletta....
    .... purtroppo credo che sia abbastanza furbo da non farlo e continuerà a massacrare di tasse la generazione di mezzo (la mia).

    Lo so che e stupido, ma dopo il 41% al pd in molti loro sostenitori si meritano solo di essere impoveriti dall'Euro.

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  11. Questo articolo mi sembra che porti un bel contributo alla discussione:

    http://www.politico.com/magazine/story/2014/06/the-myth-of-americas-golden-age-108013_full.html?print#.U7Gq0ih7ny8

    P.s.: premesso che so di rischiare di pestare i sonagli al crotalo, ma cosa si dovrebbe fare per invitare l'autore dell'articolo a un goofycompleanno?

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  12. L'istat continua a vedere nero.
    Non e' detto ci sara' la ripresa nella seconda parte del 2014.
    Bene, continuaiamo cosi. Uscire dall'euro e' pericoloso, invece cosi guardate che favola che andiamo.

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  13. Il tema della pretesa insostenibilità della spesa pensionistica è un tormentone che va avanti da oltre 20 anni, non solo in Italia. I capitalisti e i loro servi (i c.d. liberisti) vogliono diminuire la spesa pensionistica per appropriarsi del 'fatturato' collegato alla previdenza complementare. L'altro vantaggio atteso è la diminuzione della spesa pubblica con conseguente richiesta di diminuzione della tassazione.

    La revisione delle modalità di pensionamento per chi è vicino alla pensione per esigenze contingenti di spesa pubblica spezza il contratto sociale e giustifica in modo profondo i comportamenti tipo evasione fiscale

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  14. “Nel 2010 il reddito mediano delle famiglie con capofamiglia lavoratore dipendente è risultato pari a 30.089 euro (al netto di imposte e contributi). Le famiglie di pensionati con un reddito superiore a 32.000 euro sono risultate il 27,4%.”

    E allora?

    “il valore mediano della ricchezza netta delle famiglie di lavoratori dipendenti era pari a 138.630 euro (immobili più attività finanziarie, al netto dei debiti contratti). Le famiglie di pensionati con una ricchezza superiore a 164.000 Euro risultavano il 52,8% del totale.”

    E allora?

    1) si confrontano dati non confrontabili, perché non considerare almeno i due redditi mediani, o le due ricchezze nette mediane?
    Oppure, se il reddito mediano delle famiglie con capofamiglia lavoratore dipendente è risultato (al netto di imposte e contributi) pari a 30.089 euro dimmi quale è la percentuale delle famiglie di pensionati che hanno un reddito (al netto delle imposte) superiore a 30.089 euro. E dimmi anche di quali imposte stai parlando.
    Nel caso della ricchezza netta i dati sono più vicini (la mediana ha sopra di sé il 50% delle famiglie) e la differenza è intorno ai 30.000 euro (più o meno il 20%): cosa dovremmo dedurne?

    2) Il primo confronto sembra indicare che il sistema pensionistico funziona: i pensionati non hanno un reddito troppo basso rispetto ai lavoratori dipendenti.

    3) Il secondo confronto sembra indicare un fatto banale: la ricchezza cresce con il risparmio, quindi con l’età della persona che risparmia.
    Questo però potrebbe anche essere spiegato con un altro fatto banale: una parte della ricchezza è ereditata, più sei anziano e più è probabile che tu abbia ereditato qualcosa.

    La mia impressione è che molti di quelli che confrontano la ricchezza degli anziani con quella dei giovani abbiano solo fretta di ereditare.

    Se odiate i vostri genitori o i vostri nonni sono fatti vostri!
    :)

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    1. Peraltro, questi casi sono di pertinenza del diritto penale, più che della matematica attuariale...

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  15. A mio modesto avviso chi cerca di raggiungere una sorta di pareggio di bilancio del sistema previdenziale rincorre la stessa logica dell'ideologia dell'austerità, per cui si presume che la crescita possa realizzarsi soltanto dopo aver prima risparmiato, senza riconoscere tra l'altro che è stato proprio il "divorzio" tra risparmiatori e investitori, a mio parere implicito nell'economia capitalista, a creare le premesse che hanno poi scatenato la crisi. Il pareggio di bilancio nel sistema pensionistico, con il conseguente innalzamento dell'età pensionabile, è indispensabile per i rentiers, soprattutto in un sistema a capitalizzazione, ma potenzialmente anche in un sistema a ripartizione se non si pratica la repressione finanziaria.

    Intendiamoci, non voglio assolutamente affermare che sia sbagliato adottare delle misure che garantiscano un equilibrio (cosa ben diversa dal pareggio di bilancio "statico") al sistema previdenziale, ma volevo semplicemente sottolineare che la politica della presunta scarsità in realtà serve semplicemente per accrescere e blindare il valore accumulato dalla fasce più ricche della popolazione. D'altronde a cosa pensate che serva innalzare l'età pensionabile? Siamo sicuri che l'aumento dell'aspettativa di vita non sia viziato dalla forte diminuzione della mortalità infantile? Non sarebbe meglio calcolare l'effettiva durata media della vita soltanto dopo che si raggiunge una certa età? No, perché a me pare di capire che in fondo, soprattutto per certe categorie di lavoratori, non si viva così poi tanto a lungo dopo essere andati in pensione, per cui l'innalzamento dell'età pensionabile si traduce in una riduzione di quello che dovrebbe essere il salario differito. Lo stato risparmia, e magari, in assenza di repressione finanziaria, rigira quei soldi pagando le cedole sui btp ai rentiers. Per non parlare poi degli effetti che scatena il sistema a capitalizzazione. Ok, ora mi leggo l'articolo di Froud, il titolo mi sembra molto promettente.

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    1. "Siamo sicuri che l'aumento dell'aspettativa di vita non sia viziato dalla forte diminuzione della mortalità infantile? Non sarebbe meglio calcolare l'effettiva durata media della vita soltanto dopo che si raggiunge una certa età?"

      Il dato tanto sbandierato dai media sulla 'durata media di vita' (e del suo presunto aumento) non e' altro che l'eta' piu' probabile di morte.
      Mi spiego meglio: prendendo l'eta' dei morti nell'anno in Italia e mettendo una pallina per ogni defunto in tante caselline (1 anno, 2 anni, 3 anni,.......90 anni,....., 100 anni), una delle caselline alla fine risultera' piu' piena delle altre.

      La casellina dei circa 78 anni per gli uomini/81 anni per le donne e' oggi comunemente intesa come (durata della) vita media.

      Ovviamente l'eta' piu' probabile di morte non ha nulla a che vedere con la vera vita media degli individui e, peggio ancora, con la vera durata media della 'vita in buona salute'.

      Per convincersene bastano due esempi.

      1) Se la vita media in Italia fosse veramente di circa 80 anni ci dovrebbe essere un numero abnorme di ultra-centenari per compensare le molte decine di migliaia di giovani sotto i trenta anni ed i lattanti che muoiono ogni anno.
      2) Immaginiamo un'isola di ultra-centenari ormai incapaci di riprodursi. Fino al giorno della estinzione completa della comunita' la loro 'vita media' (cioe' la loro eta' piu' probabile di morte) continuera' a crescere.

      Chiarito che l'eta' piu' probabile di morte (cioe’ la presunta vita media) cresce automaticamente in tutte le popolazioni con basso tasso di natalita' e basso tasso di immigrazione, da noi questo dato e' in continua crescita solo perche' i 'baby boomers' come me ed il Prof., nonostante i continui aumenti dell'eta' pensionabile, sono ancora in vita in misura notevole e stanno TUTTI per andare in pensione nei prossimi anni.

      Personalmente credo che la durata di vita media e - cosa piu’ importante - la durata della vita media in buona salute delle persone AGIATE non sia cambiata un granche' dai tempi dei Sumeri fino ad oggi.

      E’ l’agiatezza che permette di sviluppare tutto il potenziale di vita in buona salute presente nei nostri geni!

      Nel primo dopoguerra a Roma si diceva che gli operai morivano a 50 anni, gli impiegati a 60 anni mentre dirigenti e professionisti arrivavano a 70 anni.

      Il ‘capitalismo trionfante’ (cifr. Diego Fusaro), avendo minato alla base ogni prospettiva di aumento della prosperita’ (e quindi il conseguimento su larga scala dell’agiatezza), ci sta condannando tutti ad una vita media in buona salute sempre piu’ ridotta e ad una vita residuale in cattiva salute sempre piu’ breve.


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  16. Pensierino della sera: tutto questo abbaiare contro i pensionati e il sistema pensionistico pubblico ha certamente, come dice il prof, lo scopo malcelato (ma moooooolto male celato) di "ridurre il perimetro dello stato" per permettere di far soldi col bizniz della previdenza privata e molto di più per permettere di controllare i capitali ingentissimi del risparmio forzoso così da utilizzarli per pompare bolle speculative a manetta (arricchendosi con il gonfiaggio E con lo sgonfiaggio delle suddette bolle)… ma c'è anche un altro fine che - mi pare - non è poi così nascosto: la promozione di uno di quelli che vengono definiti "diritti cosmetici", anche se l'odore che mandano non è un profumo… ovvero dell'eutanasia.
    Mi sembra che i due fini si sposino bene: "modernizzare l'economia e il costume", due piccioni con una fava. Chi siano i piccioni e dove finirà la fava lo lascio alla vostra immaginazione.

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  17. Posto un contributo che ho trovato interessante sulla sostenibilità del sistema pensionistico (comprese proposte interessanti di modifica): abbonda di riferimenti (l'autore insegna alla Sapienza a Roma).

    http://www.espanet-italia.net/conferenza2011/edocs2/sess.5/5-raitano.pdf

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  18. So già che vado OT e che il "professorechennepenza" non è accetato peró nel caso peggiore lei mi bannerà e io continueró a leggerla quindi non andrà poi cosi male:-) dato che sia crosetto che fubini parlano di manovra a settembre dai 15 ai 25 miliardi vorrei sapere se sono solo sparate ( quindi posso tirare a campare n'altro anno) o invece è probabile? Scusi il disturbo ma un altra mazzata non la sopporterei e prima di fare compagnia ai tanti cadaveri che affollano il fiume preferirei andarmene finchè ho ancora qualcosa.. Scusi per il tempo che le ho fatto perdere e grazie per il suo lavoro

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  19. Certo. Raitano (che non conosco) dovrebbe appartenere alla vecchia e orgogliosa (e grande) scuola di stampo keynesiano di Sergio Steve e Federico Caffè (La Sapienza, Roma).

    A proposito, ma i libbberisti? attapirati?

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  20. Note per uno studio di settore sull'attività bancaria
    (documento per l'Ordine dei Commercialisti)
    16 maggio 2014
    http://centralerischibanche.blogspot.it/2014/05/note-per-uno-studio-di-settore.html

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  21. Ma de che stamo apparlà?

    Se consideriamo la sostenibilità del sistema, ceteris paribus, i pensionati devono fare un passo indietro (e non votare in massa PD sapendo molto bene che manterrà lo status quo). La ricchezza è un flusso non uno stock, quindi se le condizioni macroeconomiche restano queste sarebbe utile ridimensionare il proprio egoismo e offrire qualche opportunità in più alla nuova generazione, un sistema dove il rapporto tra pensionati e persone attive è oramai di 1/1 non può reggere a meno che non si intervenga sugli squilibri di reddito (non dimentichiamo;ceteris paribus)

    Se invece il ragionamento verte su cosa sarebbe giusto fare, abbiamo IL TRAMONTO DELL'EURO e altre opere di fondamentale importanza.

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  22. Brevi osservazioni sulla replica di Emilio L. (in attesa delle repliche dei libbberisti)

    Caro Emilio L., i dati che citi sulla spesa pensionistica sono interessanti ma non del tutto corretti.

    Ci dici che “la copertura dei disavanzi previdenziali di natura non dichiaratamente assistenziale ha assorbito entrate fiscali nell’ordine dei 660 miliardi”. Io ho cercato di mostrarti, citando i dati autorevolissimi del Rapporto n. 1 del Bilancio del Sistema previdenziale italiano del 2014 (link a www.itinerariprevidenziali.it ), che in realtà tale disavanzo è un avanzo per le casse dello stato (ed in effetti mi riesce difficile capire come “la copertura dei disavanzi … ha assorbito entrate fiscali” attraverso trasferimenti statali dallo Stato agli Enti previdenziali, mentre le ritenute fiscali effettuate dallo Stato (il medesimo, non un altro) sulle pensioni, ossia sulle tasche dei pensionati, non hanno avuto alcun effetto su quelle “entrate fiscali”.

    Ce lo spiegherai con calma.

    Tu dici che la differenza “tra le pensioni erogate ed i contributi effettivamente versati viene pagata dallo Stato, attingendo alle entrate fiscali” per 660 miliardi (1989-2010); io mi permetto di correggerti dicendo che, in un sistema a ripartizione (PAYGO, Pay As You Go) le pensioni sono pagate , nell’anno n, con le imposte riscosse nell’anno n. E purtroppo il sistema a ripartizione, criticabilissimo ( per es. da un certo Modigliani, link a http://www.rivistapoliticaeconomica.it/pdf/lu_ago/Modigliani-Ceprini.pdf) è quello comunemente adottato dai grandi paesi occidentali.

    Mi dispiace fartelo notare, ma a mio avviso rischi di cadere – imbeccato ed imboccato ad arte da pseudo divulgatori – nella trappola (quella sì qualificabile un “inganno collettivo”) di coloro che, come ci ha giustamente ricordato Bagnai, tendono a restringere il perimetro dello Stato a tutto vantaggio del privato e dei loro loschi interessi (e quando lo si fa sulla pelle di categorie debolissime viene la voglia, come è venuta a me, di scrivere d’istinto, anche in modo diversamente ortografico). Peraltro il giochetto di far ritirare lo Stato per occuparne i domini lasciati incustoditi è ben descritto nel libro di “The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism” di Naomi Klein (consiglio la lettura).

    Vorrei però farti notare ( cito il Rapporto che è una vera e propria miniera di informazioni) che (p. 60) “… ancora oggi una parte consistente delle integrazioni e maggiorazioni sociali vengono imputate alla spesa pe pensioni e non come sarebbe corretto ( E COME FANNO MOLTI PAESI) al sostegno della famiglia o alla voce Eurostat “esclusione sociale” “ (ad es. assegni familiari, prepensionamenti ec.).

    Se tali voci fossero calcolate correttamente la “distorsione funzionale” di cui si parlava sopra sarebbe assai meno evidente.

    Ma anche a volere considerare la spesa sociale complessiva in rapporto ad altri Paesi, corrisponde a falsità (anche questa propalata ad arte) affermare che la nostra sia superiore a quella degli altri principali competitori.

    I dati elaborati da ESSPROS (European System of integrated Social PROtection Statistics), ad esempio, prendono in considerazione i dati al lordo del prelievo fiscale , in quanto tali piuttosto approssimativi dal momento che la tassazione varia moltissimo da Paese a Paese (ed il Rapporto non manca di farcelo notare: p. 60). Se ti vai a vedere i dati dell’OECD (magari puoi chiederli all’ottimo Thomas Manfredi o vederli qui (2009: stranamente pare che siano spariti i dati relativi ad altri anni) : OECD – Net Social Expenditure Database 2010 link:
    http://www.oecd.org/els/soc/Chart7.%20In%20most%20OECD%20countries%20total%20net%20social%20spending%20is%20around%2020%E2%80%9325pct%20of%20GDP.xls) risulta che la spesa sociale netta pubblica (net total social expenditure) nel 2010 (non nel 2009) era:

    24,4% in Italia,
    26,5% in Francia
    29,6% in Germania
    22,0% in UK (ma qui c’è molta più spesa privata)

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    1. caro anto;
      i dati più aggiornati (2011) sono stati da me esposti nel mio prec.te intervento e sono corretti in base all' andamento del PIL e anche al netto della tassazione per tre paesi (Italia, Germania, Francia).

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  23. Cosa dire?
    Che forse non c'è troppo da consumarsi per dedurre che Giannino è un “intellettuale” di regime, bastando solo ricordarsi in quali vesti venisse ospitato nei programmi della riformazione mentale del consenso, e quanto comico fosse, in quelle già di per sé comiche circostanze, il suo insistito richiamo ai numeri, avendo difficoltà a usar le le dita per fare le somme con i numeri fino a dieci, ovvero il credere che i numeri siano li, pronti ad essere suoi amici?
    Che nessuna riforma o Riforma garantirà più mai la rendita del latifondo, tantomeno quella delle sospirate bolle, se per tutti gli altri illusi contadini del campo è previsto solo di diventare braccianti ad ore o la rappresaglia?
    Che, dunque, nella lista dei mantra non c'è solo l'insostenibilità del sistema previdenziale, ma anche la necessità vitale della flessibilità, come prima c'era l'ostacolo dell'inflazione, e prima ancora della scala mobile, e prima ancora degli scioperi, e insomma che al sistema liberista mancherà sempre solo un piccolo supplemento perché produca la felicità?
    Parlare del debito pubblico e dell'ultima trovata di dire che non si riesce ad abbatterlo a causa della troppa corruzione, perché, come si vede, siamo alle soglie della creativa fusione dei vari filoni, ed è dunque evidente quali saranno le prossime trincee?
    No! Voglio invece sintetizzare tutto semplicemente ringraziando il prof. Bagnai, che vistosamente per questo blog, ma eventualmente anche per molti altri prima, mi pare essere, in questo momento, l'unica persona seria e sincera del panorama italiano. Ebbene si! L'unico che produca un pensiero razionale incisivo, in mezzo a questo marasma di luoghi comuni e servi. Un grazie semplice, schietto e sincero.
    Dopo mani pulite e Di Pietro nel 92, non vedo altri punti di fulcro per un riscatto.
    E quest'ultima citazione valga però anche a monito, per bilanciare l'eccesso di apparente piaggeria.
    In Italia si ama sprofondare sotto il letame qualsiasi mitico eroe, con la scusa che in fondo è solo mitico.
    Ho sempre avuto addosso un senso di colpa per non aver mai contribuito al finanziamento di Radio Radicale, pur ascoltandola in molti casi come l'unica fonte di reale controinformazione. Ma i radicali mi sono stati sempre ingrati, e dunque ho tirato a campare ascrivendomi solo come intermittente sostenitore esterno e ideale. Invece qui ora, mi pare obbligatorio, contribuire, per quel poco che posso, come lo scorso anno.
    E finché tira.

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  24. @ Alberto Bagnai - 01 luglio 2014 15:53
    Una parte della chiesa è sempre stata in prima fila nel combattere le conseguenze sociali del "capitalismo assoluto" di cui parla Fusaro. Grazie al Concilio Vaticano II la Teologia della Liberazione trova grande spazio nella chiesa di Giovanni 23°. Essa nasceva dal tentativo di arginare l'impatto che nei paesi dell'America Latina ebbe l'avvio della globalizzazione liberista, la quale si mosse allora sulla scia di quel colonialismo militare, economico e politico che non aveva mai abbandonato quelle terre. Poi gli interessi geostrategici dell'impero americano riuscirono a condizionare gravemente la Dottrina Sociale della Chiesa. Lo IOR con l'americano Marcinkus diventa il luogo di incontro di oscuri interessi finanziari, Calvi, Sindona e la P2 di Gelli, e di raccolta di fondi di dubbia provenienza, parte dei quali vanno a finanziare le nascenti rivoluzioni colorate; e Giovanni Paolo II che abbandona ad una tragica sorte la chiesa che aveva combattuto sulle barricate dei diritti sociali e va ad abbracciare il dittatore cileno Augusto Pinochet, sono espressione del nuovo profilo conservatore che la Chiesa da allora va ad assumere ad incominciare proprio dall'America Latina. Indebolita perde la presa sulla società e diventa spettatrice passiva della dissoluzione dei valori cristiani e della famiglia. Un processo degenerativo che il nuovo Papa sembra voler fermare.
    La Chiesa ha le sue responsabilità anche se, come tu dici, sono i sessantottini i veri alleati del nuovo corso. Per questo rimando ad una intervista di Fusaro a Costanzo Preve ed a uno scritto di quest'ultimo.

    http://www.youtube.com/watch?v=fnKxGAPI1j0
    http://www.comunismoecomunita.org/?p=4379

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  25. Marionetta alla riscossa,me lo ricordo,piddino DOC :

    http://vocidallagermania.blogspot.it/2013/11/la-crisi-italiana-spiegata-da-piller.html?showComment=1385596132366#c1554507904810854740

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  26. toh, interessante questa teoria del fusaro... non sono però certo di condividerla.
    ho infatti l'impressione che la capacità del capitalismo di volgere a proprio vantaggio qualunque fede abbia la ventura d'impossessarsi delle masse ecceda di gran lunga la sua capacità di determinarne a priori i contenuti (riducendo anche significativamente l'utilità di una tale operazione).
    per questa ragione ritengo che focalizzarsi sui contenuti di questa o quella fede (cattolica, protestante, sessantottina, eurofila, libbberista etc.) cercando di trarne conclusioni per quanto attiene le implicazioni filosofiche cui tali contenuti parrebbero condurre, sia un'operazione che getti in genere poca luce (proiettando di converso molte ombre) sull'oggetto della propria indagine. il capitalismo forse è razionale, la fede certamente no.

    nel caso specifico poi, non avendo né dini né la fornero (né i loro sostenitori) annoverato esplicitamente tra le loro motivazioni l'inattualità del quarto comandamento, si imputano loro dei valori (o mancanza dei medesimi) su base puramente congetturale, il che rende ai miei occhi l'osservazione di alessandro13 ancor meno pertinente.

    molto pertinente, invece, l'articolo del raitano (che inviterei a leggere), il quale sottolinea come il problema dell'attuale sistema pensionistico italiano non sia la stabilità economica (oggetto della presente diatriba), ma la prevedibile scarsità delle prestazioni fornite per le generazioni lavoratrici presenti e future, con argomenti che a me paiono convincenti.

    i valori non c'entrano molto... innanzitutto è una cosa che riguarda anche (e soprattutto) i giovani in prima persona, poiché saranno un giorno vecchi anche loro. in secondo luogo, a meno di sostituire la pensione con l'eutanasia (il che forse mi convincerebbe ad accordare a un dibattito sui valori una certa utilità), se non vogliamo trovarci invasi da un'orda di barboni (ossia i pensionati più tutta quella fetta di progenie precaria che da loro oggi dipende), di questa questione occorerà ben occuparsene. anche perché in genere la cura è molto più costosa della prevenzione, e temo che per garantire una misera sopravvivenza a quest'orda di barboni potremmo dover spendere di più di quello che abbiamo risparmiato rendendoli tali, sempre se ne avremo. e questo vale anche per i liberisti protestanti o i giudei massonici i quali, come è noto, mettono entrambi il quarto comandamento al quinto posto (come punto a favore di alessandro13 e anche di fusaro).

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  27. Un'umile osservazione sulla replica di Emilio L.
    Credo che quando uno inizia a studiare macroeconomia la prima difficoltà che incontra è quella di dover cambiare il punto di osservazione delle cose (è un po’ come quando si va in aereo e si guarda dal finestrino) da quello individuale o micro a quello collettivo o di sistema.
    Il Prof. Bagnai vedendo le cose nel loro complesso salta subito alle conclusioni. Così, l’INPS che i tecnici considerano un ente a sé diventa solo una parte dello Stato. E’ chiaro che per il tecnico previdenziale l’INPS ha un bilancio che va considerato al lordo: i contributi entrano nelle casse ed escono al momento del versamento ai pensionati. E così si confrontano i vari INPS dei diversi Stati.
    Ma se si deve saltare al dunque (a quello che lo Stato nel suo complesso versa monetariamente) mi pare che non ci siano dubbi perché al momento in cui l’INPS paga i pensionati trattiene le loro imposte e con un F24 li riversa all’Erario il 16 del mese successivo. Quindi che importanza ha discutere se, in un modo, lo Stato finanzia il deficit lordo dell’INPS (come dice Emilio) e poi il mese successivo reincassa le imposte sul pensionato oppure, nell’altro modo, dire che lo Stato finanzia soltanto il deficit netto ? La differenza è solo di un mese.
    Quello che lo Stato finanzia è il deficit netto (che invece abbiamo visto è un avanzo).

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  28. Giustissimo quello che dici anche se, per la verità, i libbberisti hanno altre frecce al loro arco. Ma forse non hanno voglia o tempo di ribbbattere.

    Del resto il mainstream dell'"ammazza la vecchia" è quello (ad es. Linkiesta, " Welfare: le pensioni si mangiano tutto" in http://www.linkiesta.it/spesa-pubblica-disastro-dieci-punti), Piuttosto che discutere - come diceva uno che pure di b ne aveva parecchie - preferiscono ripetere una bugia "cento, mille, un milione di volte": c'è il caso che possa diventare una verità.

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  29. Mi dispiace ma
    reddito di lavoro lordo (comprensivo dei contributi di datore e lavoratore) = 1400 (NO) è uguale a 1100
    meno contributi datore - 300 (NO)
    meno contributi lavoratore - 100
    -----------------------------
    = Reddito fiscalmente imponibile su cui si applica imposta 1000

    I contributi a carico azienda non rientrano mai nel reddito lordo, sono a parte

    Inoltre, mi piacerebbero delle considerazioni sulle "altre prestazioni sociali" erogate dall'INPS che sono finanziate dalla fiscalità generale.

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