giovedì 27 novembre 2025

Qualche appunto sulla crescita

Domani escono i dati del Pil nel terzo trimestre (per ora abbiamo solo il provvisorio) e capiremo un po' meglio che aria tira. Intanto, vi fornisco qualche dato utile per inquadrare la situazione. Il Pil trimestrale nelle tre principali economie europee, fatto 100 l'ultimo trimestre del 2022 (quello in cui è arrivato il fasheesmo, per capirci) finora si è mosso così:


dove l'ultimo dato italiano è provvisorio (domani avremo il definitivo; la fonte di questi dati è Eurostat).

Diciamo bene ma non benissimo, nel senso che ovviamente sarebbe stato meglio crescere quanto la Francia.

Su cosa sostenga la crescita della Francia penso di poter fare un paio di educated guess. Senz'altro gioca un ruolo la spesa pubblica corrente, ma anche questo dato di fatto:


Il minor aumento del Pil in Italia è indubbiamente legato alla maggiore esposizione del nostro Paese verso la Germania, con un rapporto fra interscambio commerciale e Pil inferiore di oltre un punto.

Quindi il Pil tedesco è diminuito, mentre quello italiano è aumentato. Macabro dettaglio, i consumi delle famiglie sono però aumentati ovunque, anche in Germania dove i redditi diminuivano:


il che, così, a lume di naso, mi farebbe pensare che in Germania sia aumentato il debito delle famiglie (ma bisognerebbe approfondire l'analisi, ad esempio considerando il reddito disponibile delle famiglie ecc.).

Ci stiamo deindustrializzando?

Questo è l'indice della produzione industriale nel settore manifatturiero, base 2020 = 100, per Italia e Germania:

e non è difficilissimo vedere che in Germania la produzione è tendenzialmente cresciuta nell'ultimo trentennio, mentre in Italia scesa (il fatto che gli indici verso la fine coincidano ovviamente non significa nulla se non che la base degli indici è convenzionalmente posta al 2020: quello che va guardato di un indice è la dinamica.

Si vede anche abbastanza bene quand'è che le cose cominciano ad andare storte, e in effetti anche in questo caso il fasheesmo c'entra poco. Se ci soffermiamo sul periodo dal 2017 a oggi le cose vanno così:


e si vede bene dov'è il problema: dopo lo shock del COVID l'Italia è rimbalzata, la Germania no. Se restringiamo lo zoom vediamo una roba simile:


La discesa dell'indice della produzione industriale italiana comincia al tempo di LVI e tutto sommato il fasheesmo (insomma: noi) riesce a frenarla più che ad accelerarla.

Vero è che in Italia il peso del manifatturiero sul valore aggiunto totale si è andato riducendo a partire dagli anni '90:

A metà anni '90 il manifatturiero pesava per il 20% dell'economia sia in Germania che in Italia, ora pesa ancora per il 20% in Germania e in Italia per il 16%, un calo di quattro punti. Al #goofy12 l'amico Münchau ci ha insegnato a leggere questo dato non solo, o non necessariamente, come una funesta deindustrializzazione dell'Italia, ma forse come una altrettanto funesta strozzatura dell'offerta di servizi all'economia tedesca: non sarebbe cioè tanto il nostro manifatturiero a essere sottodimensionato, quanto il loro settore dei servizi ad esserlo (ricorderete l'aneddoto del figlio che chiede al padre: "Babbo, perché il telefonino non funziona?"):

Inutile dire che, come sempre, la verità è probabile che sia nel mezzo, ma sicuramente, qualsiasi cosa sia, non è difficile vedere quando è successa, e anche qui il fasheesmo c'entra poco (come c'entra poco con la crisi dei salari, come c'entra poco col fiscal drag, insomma: come c'entra poco con tutto, o come non c'entravano niente con la crisi da debito estero del 2011 le abitudini sessuali di Berlusconi - cosa che vi dicevo da sinistra e vi ripeto senza problemi da destra!). Basta vedere come si muove lo scarto fra le quote del manifatturiero in Italia e Germania:


Questo scarto si divarica in modo pressoché lineare fra il 1996 e il 2011, poi si ferma lì (e eventualmente dal 2022 a oggi si sta lievemente richiudendo, ma è presto per dire se si tratta di un cambiamento strutturale).

Voi direte: ma come fa il Pil italiano a crescere se la produzione industriale diminuisce? Perché nel Pil ci sono anche agricoltura e servizi, e poi perché l'indice della produzione industriale è un indicatore congiunturale basato sulla quantità fisica di prodotto, che è un concetto di misurazione relativamente facile a intervalli mensili, ma non è economicamente raffinato come il valore aggiunto, che misura il prodotto netto sottraendo al volume della produzione quello degli input intermedi (e quindi risente di elementi quali la struttura del processo produttivo e i costi degli input produttivi). Ovviamente nel lungo periodo le due misure sono correlate, e infatti se prendete le serie del valore aggiunto nel manifatturieri espresso come indice ritrovate un profilo simile a quello dell'indice della produzione industriale:


Simile, ma non identico, come si vede confrontando le due serie separatamente nei due Paesi, cioè in Italia:

e in Germania:


da cui vedete un paio di cose: che lo scollamento fra le due serie è maggiore in Germania che in Italia, e che a fine corsa, cioè con l'avvento del fasheesmo, la serie del valore aggiunto penalizza più la Germania che l'Italia. I motivi tecnici di queste differenze, se interessano, li trovate qui.

La sintesi estrema è che, pur non essendoci un gran che da stare allegri con l'andamento del nostro indice della produzione industriale, se invece di questo indice congiunturale guardiamo un indice più strutturale come il valore aggiunto la situazione è leggermente migliore da noi (per il semplice fatto che è leggermente peggiore in Germania ora che non può più fare dumping energetico col gas russo), e comunque rispetto a quanto accade in Germania, che, come sapete, non è la locomotiva ma la zavorra dell'Eurozona, quello che accade qui non dico che ci debba far stare tranquilli, ma sicuramente non giustifica gli alti lai disfattisti del PD, perché se non stiamo facendo molto meglio (e dentro un'unione monetaria è concettualmente difficile riuscirci), non stiamo nemmeno facendo peggio.

5 commenti:

  1. Cita spesso il fascismo come argomento negativo. Già... Lo è.
    Ma l'Europa è la patria degli ismi.
    Si dice che siamo individualisti, ma rispetto ad altre parti del mondo sono nate qui le ideologie collettive, gli ismi, i movimenti di gente...
    Credo che faccia l'arte del DNA umano unirsi in correnti o società anche dal punto di vista politico.
    Non dico il fascismo o comunismo, ma un "ismo" positivo serve ora anche per fare tornare la gente alle urne.
    Seconda cosa pensando alla Lega dovrebbe copiare la Chiesa, che è resistita bene o male nei millenni.
    Cioè evitando le forze disgregatrici e mondane e ponendosi come modello positivo. Così si resiste nei mutamenti...
    Un po' come la Repubblica di Platone, con personalità autonome e preparate. E qui casca l' asino purtroppo per alleati che amano portare personalità quasi da spettacolo o senza radicazione e esperienza politica. In questo la Lega è un passo avanti.

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  2. Parlando di politica non si può sempre cercare la fluidità... Intendo "se facciamo i bravi andremo avanti"... Qualche salto bisogna farlo. Qualche gradino per salire (o scendere) nella vita lo si incontra.
    Non sempre si può cercare la neutralità.
    «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo.
    Magari tu fossi freddo o caldo!
    Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né caldo né freddo,
    sto per vomitarti dalla mia bocca.»(Apocalisse 3,15-16 – traduzione CEI 2008)
    Questa come piccola riflessione per spronare alla votazione su Mes e Oro hahah
    Ma soprattutto perche sto notando il bias che porta a pensare che facendo i buoni si governa per 20 anni. E chi lo ha detto?
    Non bisogna fare i kamikaze, ma nemmeno volere il comfort di una scrivania...
    Buon cammino.
    PS Occhio ai gradini

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    1. Aggiungo che pensare al "che cosa" è meglio che pensare al "chi"...
      In questo modo con programmi che colgono le ambizioni e i desideri, le paure e i temi cari alle persone non si passa di moda. Non ci si stufa.
      Con i "che cosa" il "chi" passa in secondo piano, e si possono lasciare eredi politici

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  3. Ok, ma cosa potrebbe/dovrebbe fare il governo ora che la Germania si trova in una traiettoria di totale autodistruzione (sono scappato a gambe levate da quella nazione anche perchè la situazione sociale si stava deteriorando visibilmente), con la Volkswagen che delocalizza in cina e il totale fallimento di green deal e (prossimamente) rearm/readiness 2030?

    Mi chiedo se non sarebbe il caso di riportare la produzione di automobili in Italia, magari grazie a misure fiscali favorevoli...

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  4. Salvo provvidenziali scossoni, la galassia del livorosi frustrati (PD) ha circa 695 giorni per delegittimare il governo Meloni.

    I Rigoletto rossi non vogliono assolutamente concedere a Giorgia il risultato di aver garantito “stabilità”, unica cosa che (comprensibilmente) conta agli occhi dei nostri Protettori.

    Questo dare del cornuto all’asino sui temi dei salari e della crescita è solo uno dei vari tentativi che vengono fatto e che verranno fatti con crescendo rossiniamo in questi lunghissimi, scuri mesi che ci aspettano.

    Auspico nervi d’acciaio, posizioni difensive forti, e poche devastanti azioni. La dottrina di Wellington contro un bonapartismo arrogante ma sofferente nella sua inadeguatezza .

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