venerdì 6 giugno 2025

Chi esporta merci esporta capitale (umano)

Abbiamo ormai perso ogni speranza di far capire al secol superbo e sciocco (LVI incluso) che per mera contabilità la somma dei saldi merci e capitali (rectius: la somma algebrica del saldo delle partite correnti e del conto finanziario della bilancia dei pagamenti) deve (must) essere nulla. Non si tratta di alchimia o di convenzione! Si tratta della rappresentazione nitida e facilmente comprensibile di un dato di fatto. Quando l’esportatore italiano incassa dollari (e in bilancia dei pagamenti si registra quindi un segno più, come sempre quando la valuta entra), la storia non finisce, ne manca un pezzo importante.

Con i suoi dollari l’esportatore può fare tre cose:

1) tenerli in tasca (ma a meno che non sia Eta Beta questa strategia potrebbe dimostrarsi rapidamente insostenibile, oltre a essere finanziariamente poco conveniente);

2) acquistarci attività finanziarie denominate in dollari, per non tenere contante ozioso e infruttifero, nel qual caso in bilancia dei pagamenti si registrerebbe un segno meno (un’uscita di valuta annotata nel conto finanziario);

3) convertirli in euro per comprarsi un gelato (o per fare investimenti produttivi), nel qual caso si registrerebbe ugualmente un segno meno sul conto finanziario della bilancia dei pagamenti, perché la Banca centrale non è come il deposito di Paperone un gigantesco hangar blindato colmo di dollaroni metallici ballanti e sonanti, ma un ufficio popolato da una burocrazia più o meno amica del Paese ma sicuramente razionale, che quindi con i dollari che le vengono ceduti in cambio di euro acquista attività denominate in dollari (con relativa annotazione in uscita nella bilancia dei pagamenti).

Punto.

È così difficile? Apparentemente sì, se perfino LVI non capisce che non puoi chiedere al contempo più competitività e meno fuga di capitali! La competitività, in quanto venga raggiunta, si manifesta come esportazione di merci e quindi esportazione (o fuga) di capitali.

Ri-punto.

Ma c’è un’altro aspetto su cui non si riflette abbastanza, che nessuno vede (strano…), nonostante sia sotto gli occhi di tutti, nonostante perfino 🍇 lo abbia in qualche modo confessato a denti stretti.

Seguitemi: per esportare devi essere competitivo, giusto? Per essere competitivo devi tagliare i salari (lo ha detto Draghi), giusto? Ma se i salari di ingresso sono troppo bassi, che cosa fanno i giovani migliori? Ma è semplice: emigrano in cerca di migliori opportunità! Quindi in un’unione monetaria chi vuole esportare merci vuole esportare capitale umano, vuole separarsi dai propri figli.

Dite che non vuole?

Eh, no: Keynes dice che vuole, perché ricordate che cosa afferma ne “Le conseguenze economiche di Mr. Churchill”? Ve lo ricordo: “chi vuole il fine vuole anche i mezzi per realizzarlo”! Quindi quando sentite qualcuno, come 🍇 o chi gli è intellettualmente subalterno, parlare di competitività della nostra economia sappiate che lui vuole separarvi dai vostri figli, di quello sta parlando, perché ora funziona così, perché qualcuno (non noi) ha voluto che funzionasse così. Il presupposto per non esportare capitale umano è un mercato interno florido e dinamico, è un modello di crescita basato sulla domanda interna, e quindi wage led, non export led.

Aspetto argomentate confutazioni di queste ovvietà.

Ma ora… decollo per Genova!

83 commenti:

  1. https://youtu.be/5ezIv-wQpvI?si=znu1scKD6dt860LP

    RispondiElimina
  2. Manca il disegnino per chi non è abituato ai testi senza.

    RispondiElimina
  3. Il venerdì c'è chi vorrebbe non fare e invece chi come Bagnai sforna articoli haha
    Di solito però non esiste il nesso stipendio alto=nazione sviluppata, stipendio basso=nazione povera? Cioè ci si vanta ma poi si è poveracci?

    RispondiElimina
  4. Ultimamente mi sento molto chiamato in causa da questo blog, essendo io capitale umano che è stato esportato e a breve sarà esportato sempre più a nord.

    La cosa, ovviamente non mi rende felice perché, nonostante tutto, amo il mio paese.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sarebbe utile avere qualche dettaglio in più sulle motivazioni.

      Elimina
    2. Le ragioni sono abbastanza complicate. Il mio dottorato non è stato stellare a livello di pubblicazioni e non avevo alcuna possibilità di restare in Italia come ricercatore.

      Ho trovato un posto da postdoc in Germania nel miglior laboratorio in Europa (nel mio ambito). Volevo stare poco, ma sei mesi dopo è arrivato il Covid.

      La vita del ricercatore in Germania è molto più semplice (almeno nel mio ambito, dove i fondi sono fondamentali), e un postdoc guadagna molto di più di un RTT in italia.

      Nonostante un discreto successo accademico, la competizione in Italia è spietata, e prima della sua recente abolizione, trovare una posizione da RTT senza abilitazione era impossibile. Ho provato un concorso, ma sono stato brutalmente scartato.

      Per evitare di schiantarmi ancora ai concorsi successivi, ho fatto l'abilitazione, ma nel frattempo ho trovato una posizione accademica permanente all'estero.

      In generale, nel nord Europa, visti i finanziamenti alla ricerca è molto più facile avere successo accademico e lo stipendio (molto) più alto, in parte compensano la lontananza dalla patria.

      Nonostante ciò, i ricercatori Italiani sono bravissimi, e amano il loro paese, per cui la competizione in Italia è altissima. Non essendo più giovanissimo, ho dovuto minimizzare l'incertezza: l'amore per la ricerca mi costringe all'esilio.

      Elimina
    3. Non so se te ne rendi conto, ma il tuo intervento fa volare in cocci parecchie narrazioni simultaneamente.

      Elimina
    4. Beh, alcune evidentemente. Ma sono sicuro che me ne sfuggirà qualcuna...

      Elimina
    5. Ma, ne cito una a caso: l’idea che i ricercatori italiani vadano all’estero attirati dal superiore livello dei laboratori di ricerca. Io ho sempre sostenuto, con un pizzico di polemica, che si doveva anche considerare che all’estero ci andava, in questo come in altri casi, chi non riusciva ad aprirsi un percorso nel proprio paese. Me lo faceva pensare il tono livoroso e rancoroso di tanti expat, che senza rendersene conto parlavano dell’Italia come la volpe parla dell’uva. Mi affretto ad aggiungere che questo non è il tuo caso e che naturalmente ci sono differenze fra vari settori disciplinari. Specifico anche che quello del finanziamento della ricerca ovviamente è un problema: per me, ad esempio, anche semplicemente passare dalla Sapienza alla D’Annunzio ha significato moltiplicare i fondi di cui disponevo e i risultati in termini di pubblicazioni si sono visti subito. Aggiungo anche che ci possono essere motivi buoni o cattivi per i quali il nostro mercato è così selettivo (mi riferisco al mercato italiano della ricerca), ma il dato di fatto è che lo è. Altri sono meno selettivi e più generosi. Non dico che sbaglino, ma dico che il racconto che viene fatto è diverso.

      Elimina
    6. Eh, sì, quello era uno di quelli evidenti.

      Riguardo al finanziamento: sarebbe una ottima cosa se si avesse un ente simile al DFG tedesco, che finanzia soprattutto ricerca di base (dottorandi e materiale) tramite progetti. I fondi PRIN sono decisamente un ottimo step in quella direzione, ma essendo un "ERC italiano" sono un po' troppo selettivi.

      Riguardo al mercato selettivo e la narrazione falsata: è assolutamente vero. Gli italiani amano l'italia e vogliono restare nel loro paese, anche a costo di condizioni al contorno meno favorevoli. Si potrebbe rendere più sensato il mercato permettendo di bandire posizioni tematiche, come succede nel resto dell'Europa.

      Elimina
  5. Faccio l'avvocato del diavolo. Allora com'è che molti giovani vanno nel Nord Europa? Cosa hanno quei paesi che noi non abbiamo? Io direi il differenziale dei tassi di interesse che ci penalizzano sugli investimenti (prima pubblici, poi privati, perché paghiamo più tasse per coprirli). Però quali sono i fattori che fanno aumentare gli spread? La BCE, che a rigor di logica dovrebbe intervenire (in teoria esiste il TPI ma solo in teoria) può invece intervenire solo quando esiste un governo gradito? Se si, come riesce a farlo senza che qualcuno se ne accorga e lo denunci?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Provo a dare un mio contributo. Per quanto riguarda la BCE l'esperienza della caduta del governo Berlusconi per innalzamento dello spread (via blocco acquistati della banca centrale) è un precedente, sebbene a mionparere legato a doppio filo con la soliditàdi un governo. Per il primo punto a mio parere si tratta di una molteplicità di fattori: il fattore "mihannodettochesiprendedipiu'" dove effettivamente a fronte di un costo della vita più elevato corrispondono stupendi più alti, il fattore "c'èmoltopiu'lavoro" che a sua volta è legato al primo punto, il fattore attrazione dell'estero (fomentato dai micidiali erasmus ). Sono moltissimi gli esempi di ragazzi ed adulti andati all'estero dove elogiavano la qualsiasi e poi mestamente tornati dando atto che poi alla fine così bene proprio non si stava. Ma è chiaro che si deve intervenire a monte evitando di popolare le menti dei giovani con queste idee tipo "l'erba del vicino è sempre più verde" investendo nella ricerca e nel lavoro interno. Ma per questo serve un assetto diverso in Europa

      Elimina
    2. Il tasso d'interesse dipende dalla capacità di ripagare il debito. Conta quanto debito si ha, quanto deficit si vuole fare, il livello della tassazione (quindi dalla capacità di alzarla in caso di necessità) e le aspettative di crescita economica. L'Italia va male su tutti i punti, quindi paga interessi più elevati.
      Quando, per esempio, si elegge un parlamento che spende cifre folli per bonus edilizi che caricano tantissimo debito per ottenere pochissima crescita, il risultato sono gli interessi elevati.

      Elimina
    3. l'Italia ha fatto 30 anni di avanzi primari che nessun altro paese al mondo a fatto. Per decenni la spesa corrente è stata INFERIORE alle spese dello stato, Ciononostante i tassi sono stati superiori addirittura alla Grecia, un paese fallito, con un PIL disintegrato. L'andamento degli spread europei è legato a doppio filo alle decisioni politiche (pardon, mi ha detto mio cugino che si dice "tenniche") della BCE e dalle polemiche, purtroppo gonfiate pure da noi, campioni mondiali dell'avvelenamento di pozzi. La Francia ha una situazione di deficit, bilancio, debito molto peggiore della nostra, eppure i tassi sono più bassi. Fingere che l'attuale sistema, che come De Grauwe ha scritto più di dieci anni fa, gestisce l'offerta di moneta come se fossimo di fatto paesi del terzo mondo, non sia una deliberata scelta politica volta a scaricare sempre e solo sui salari gli aggiustamenti, non sposta di una virgola. Ma capisco che la tua lettura moralistica, tutta incentrata sulla presunta truffaldineria dei tuoi concittadini di fa illudere di essere migliore degli altri.

      Elimina
    4. Alcibiade, ma che dici? Il tasso di interesse dipende dalla capacità di ripagare il debito? In quale libro di economia è formalizzata questa interessante ipotesi?

      Quanto a Corrado: eccomi, scusa il ritardo! Non credo sia molto difficile da capire: i Paesi del Nord avevano una crescita più florida dovuta a un cambio reale strutturalmente sottovalutato (e noi la situazione inversa). Ora le cose stanno cambiando, perché nonostante che il tasso di cambio nominale si sia pesantemente svalutato, le economie del Nord arrancano pur beneficiando di questo vantaggio esorbitante perché tutte le puttanate che abbiamo sentito ripetere per anni sui loro grandi investimenti (che non erano nei numeri), sulla loro impressionante produttività, ecc., erano, appunto, puttanate. Dai un altro paio di anni di recessione alla Germania, e la vedrai diventare non solo un posto in cui nessuno vorrà più andare, ma anche un posto in cui sarà più pericoloso restare. Con calma, un po' alla volta...

      Elimina
    5. Grazie Paolo. Non farci caso, Alcy viene dal Paese dei campanelli, quindi il livello è bar Sport. Siate pazienti (voi).

      Elimina
    6. Onorevole ben tornato e grazie della risposta. Mi premeva sapere qualcosa di più sulla seconda parte: la BCE. Siamo passati da una BCE assolutamente inerte in periodi di crisi di liquidità (fallimento Grecia), ad una che acquista titoli con un apposito fondo creato attingendo a risorse degli stati (Fondo Salvastati) ad una che acquista titoli emettendo moneta (QE), correggimi se sbaglio. Ovviamente il cambio di politica monetaria è stato molto salutare per noi, passando da un quasi fallimento da spread con il rapporto debito/PIL al 125% a titoli emessi a tassi di interesse eccezionalmente convenienti con un rapporto debito / PIL schizzato al 155%. Aldilà se ci fossero i presupposti o meno per farlo anche prima, come si sono ottenuti questi cambiamenti: interventi politici, tecnici o entrambi? Chi in sostanza ha avuto il potere di decidere di aumentare la liquidità? Può farlo a sua completa discrezione, quindi favorendo o meno un certo governo, oppure ci sono dei criteri ben precisi da rispettare, affinché si sia certi di non poter favorire qualcuno magari per motivi ideologici (calpestando quindi la democrazia)? In sostanza mentre tu guardi alla mancata svalutazione io vedo l'asimmetria degli interessi. Se ci sono stati così importanti cambiamenti potrebbero esservene altri, soprattutto quando tira una brutta aria anche per qualche paese del Nord (Francia e Germania).

      Elimina
    7. Bagnai, secondo me sbaglia: la Germania (o perlomeno l'Assia) è già un posto in cui è pericoloso restare.

      Le città sono stracolme di drogati, senza tetto e "risorse" che portano degrado e sporcizia ovunque. Insomma, ogni città media/grande è paragonabile alla Milano di Sala. Con l'aggravante che una volta al mese qualche "uomo" (o "macchina") decide di giocare a birilli con la folla.

      Elimina
    8. Corrado, scusa se mi permetto, ma prima di entrare nel merito dell’evoluzione della politica monetaria della BCE, e di contestare il punto politico cui vuoi arrivare (“va tutto bene, basta far fare alla BCE le politiche giuste!“), mi permetto di farti notare che alla base del tuo ragionamento c’è presupposto che la teoria economica (in particolare quella propugnata dai cosiddetti neoliberisti) confuta, cioè l’idea che lo spread sia legato al livello del debito. Suggerirei di dare un’occhiata al concetto di equivalenza ricardiana. Voglio precisare una cosa: non attribuisco a questa, come a nessuna delle idee di Barro, un particolare valore, e non mi interessa farlo specificamente in questa sede. Credo che la parte metodologicamente più interessante del lavoro che facciamo qui, perché è quella che consente di estendere questo lavoro agli altri campi dello scibile, sia quella di verifica di coerenza interna delle narrazioni. Faccio quindi notare che quelli che ci hanno detto che lo spread era influenzato dal livello del debito sono gli stessi che ci dicevano che il deficit non influenza il tasso di interesse. Strano, no?

      Elimina
    9. Bagnai, avevo capito benissimo.

      Semplicemente, era la maniera più divertente (perché sapevo avrebbe suscitato la sua reazione) per dire che la Germania è già un cesso a cielo aperto, dove i drogati si fanno dosi di eroina in pieno centro, di fianco al parco dei bambini, occupano parcheggi privati, sottopassaggi e stazioni. Giusto per non entrare in dettagli che non si nominano a tavola (come il PD).

      Una nazione che dalla coalizione semaforo in poi, ha avuto un collasso evidente, unica cosa effettivamente migliorata sono state le autostrade (che prima facevano schifo, e adesso sono appena accettabili).

      Nelle cittadine, la storia sembra essere differente, ma questo anche in Italia. Comunque faccio notare che Aschaffenburg (al confine con l'Assia, dove c'è stato un recente attacco) è più piccola di Busto Arsizio.

      Elimina
    10. Quindi è solo 76 volte più grande di Pizzoferrato.

      Elimina
    11. Mi sono espresso male: il debito non si ripaga ma si serve. Volevo dire "servire", non "pagare".

      Elimina
    12. Non vorrei fartelo pesare, ma qui siamo così gentili da intrattenerci anche con persone che confondono il pagare il debito con il pagare gli interessi (perché “servire“ il debito significa pagare gli interessi: lo specifico perché forse tu non lo sai). Quindi perlomeno non dite che abbiamo un cattivo carattere!

      Elimina
    13. Ma non farla lunga va, ho detto che era un refuso.

      Elimina
  6. Confermo. Da molti anni il saldo commerciale italiano verso la Svizzera è positivo ed io vi ho esportato il 50% della prole (e rischio di passare al 100%). Prole che lì è in compagnia di tanti altri giovani: tedeschi, francesi, spagnoli, polacchi, irlandesi, portoghesi. Del resto, tutta l'UE ha saldo commerciale positivo nei confronti della Confederazione. Di giovani confederati a lavorare qui, invece, non se ne vede manco uno. E' vero che sono pochi, ma almeno uno ... .
    E' incredibile come una fredda statistica sia in grado di illustrare caldi eventi di vita familiare.

    RispondiElimina
  7. Consumi interni, consumi... Ahi il tristo e becero consumismo che ho vissuto!
    E l'ho visto tutto, come figlio della Liberazione, e quanto l'ho sentito disprezzare, e quanto si continua oggi a lodare la frugalità, la parsimonia, la decrescita, il salvataggio del Pianeeetahh!
    E un breve e secco discorsetto sulla contabilità lega splendidamente tutte queste istanze "morali" che mi hanno accompagnato tutta la vita.
    Vedo con piacere che non è mai troppo tardi per vedere la luminosa evidenza, neppure per un vecchio.

    RispondiElimina
  8. Scusatemi, vi voglio bene e vorrei stare con voi ma devo stare con le mie slides (che poi vi farò vedere, non escludo che ci sia anche un video trasmesso da qualche parte, domattina parlo qui). Domani pomeriggio rispondo a tutti, soprattutto a Corrado che ha fatto la domanda più interessante.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sarò pungente ma disse che all affermazione che al nord si sta meglio erano chiacchiere da bar... Finalmente ci darà la sua spiegazione se sia vero o no il fatto che le orde di sandali e calzini sono più o meno ricche di noi

      Elimina
    2. Se il PIL ha senso e se tutti gli italiani che emigrano non sono scemi, nelle nazioni più ricche del nord si vive meglio. Poi certamente si può tornare in Italia a fare le vacanze.

      Elimina
    3. Mi sto riferendo all'articolo del 19 maggio... Poi con nord non so se si può considerare anche la Germania... Però tanti giovani vanno in Germania e allora è ricca o no sta nazione?

      Elimina
    4. Scusa, ma l'hai letto il post? Se vuoi a tutti i costi avere un saldo commerciale in attivo, deprimendo la tua domanda (cioè i salari dei tuoi lavoratori) la CONSEGUENZA è che i tuoi lavoratori cercheranno altrove occasioni. Certo che vanno all'estero perché ritengono di trovare occasioni che qui non hanno. Poi, ad esempio in Germania, sono certo che molti italiani se la passino meglio di quanto se la passerebbero a poggio bustone, ma penso anche che se la passino meglio di tanti tedeschi, soprattutto a est, che infatti negli ultimi anni hanno dimostrato di non gradire "il rigore" tutto presunto delle politiche tedesche. E vivono in un paese che è l'unico in recessione da anni in Europa, con la pressione fiscale più alta, e servizi e infrastrutture che scricchiolano. "Meglio" è un concetto relativo, "crescita" e "uguaglianza" non lo sono.

      Elimina
    5. Non so se sia così semplice. La prima destinazione degli italiani è la Germania (19857 emigrati nel 2024), dove il Pil pro capite è superiore del 37% a prezzi correnti, che diventa il 17% a PPA, mentre la seconda è la Spagna (18894 emigrati), dove il Pil pro capite è inferiore del 12% (7% a PPA).

      Elimina
    6. Non ne sono sicuro, ma sulla Spagna secondo me dipende molto da lavoro che si fa. Bisognerebbe guardare lo stipendio reale di un dipendente da 50-60k di ral a Madrid e la facilità di trovare lavoro in settori tipo informatica o bancario rispetto all'Italia. Pressione fiscale e affitti inferiori a Milano potrebbero essere un buon motivo per trasferirsi in Spagna.

      Elimina
  9. A proposito di emigrazione dei giovani italiani, alcuni anni fa ebbi modo di parlare a lungo con un alto burocrate piddino, collocato in una posizione importante del tessuto istituzionale. Oltre a esprimere giudizi velenosi sul governo giallo verde, allora in carica, esaltò le virtù del vincolo esterno, e della doverosa austerità necessaria per non essere sottoposti all'avvento della troika. Alle mie timide obiezioni sui nefasti effetti sulla occupazione delle politiche di tagli e tasse, mi disse esplicitamente: 'i giovani se vogliono un lavoro adeguato agli studi devono andarsene all'estero, non è un dramma, lo faranno anche i miei figli' (poi mi risulta che in realtà abbiano trovato una ottima collocazione in Italia, in perfetta coerenza con il solito copione della sinistra abbiente: i sacrifici che invocano non sono mai destinati a loro).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ieri mentre andavo al Forum di Rapallo un amico mi ha fatto una interessante dinamica genealogica, meno erudita di quella con cui iniziano i Mémoires di Saint Simon, ma decisamente più attuale, del tipo: "Ma tu sai dove sta la figlia/il figlio di [AD/Presidente/manager di partecipata di lungo lignaggio piddino] della partecipata X]? Lavora nella società Y controllata dalla partecipata Z", e via iterando.

      Mio commento: "Saranno dei bravi ragazzi, saranno preparati!"

      Che volete fare: ormai anche in macchina con un amico parlo come se fossi a Porta a Porta... e poi sì, in fondo il PD somiglia a una storia di bravi ragazzi. Comunque, non c'è niente da fare: nulla quanto entrare e persistere nella macchina ti fa capire quanta inerzia abbia accumulato...

      Elimina
  10. io avevo sempre saputo che esportando bene, aiutavo il mercato interno spendendo i miei guadagni in prodotti italici; il problema è che di italiano è rimasto ben poco, il tessuto industriale è praticamente estinto, le pmi sono mediamente alla canna del gas e ciò che rimane di buono del made in italy è stato o verrà acquisito, per i noti motivi che impediscono anche ai più folli di intraprendere qualsivoglia all'interno dei confini. Impariamo dal dazzuto Trump come si fa a rilanciare il mercato interno, in fondo non dovrebbe essere impossibile con un pò di buona volontà

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ***il problema è che di italiano è rimasto ben poco,***
      Se le fabbriche stanno a l' estero , a parte lodevoli eccezioni, il grosso delle imprese italiane opera sostanzilamente una "rietichettatura" di prodotti esteri , quindi oramai il "comprare italiano" è il solito "patriottardismo" per gli sciocchi perché è comprare roba sostanzialmente asiatica ma a prezzo maggiorato per esclusivo e facile guadagno degli (im)prenditori italiani.
      Può durare così ? Naturalmente no, ma finché dura(va) c' è chi paga "doppio" e chi prende " la metà" senza far nulla...

      Ma ora che il problema è scoppiato nessuno si faccia illusioni che basti essere "dazzuti". Anche torcendo il braccio ai "signori del danaro" ( cosa che è praticamente impossibile) non c'è più in "occidente" un "esercito industriale" da rimettere in moto ( e se ne accorgerà presto anche Trump).

      Elimina
    2. allora diventiamo esportatori di know-how, dazionando i servizi stranieri, prima che i cinesi si accaparrino anche questo settore La cultura non ci manca, bisogna investire pesantemente nella ricerca e sviluppo

      Elimina
    3. Esatto, proprio da trump dobbiamo imparare per rilanciare l'economia 🙈 riportare le produzioni industriali a basso valore aggiunto in usa ha due problemi: gli stipendi elevatissimi degli statunitensi e la bassissima disoccupazione. Si può anche riportare la produzione di iPhone interamente in usa, a patto di poter raddoppiare o triplicare il prezzo di vendita. Non ci vuole una laurea in economia per capirlo.

      Elimina
    4. @ alcibiade: sarei propenso a dare fiducia a trump, vediamo che combina..l'economia è un pò come il terzo principio della termodinamica

      Elimina
    5. Quello che ad alcibiade sfugge (perché nel Paese dei campanelli non lo sanno) è che il problema di Trump non è quanto costa l'iPhone di Alcibiade, ma quanti pezzi cinesi ci sono in una portaerei americana, e per evitare che ce ne siano troppi, e magari di determinanti, credo che sia razionale da parte degli Usa sopportare dei costi economici.

      Elimina
    6. E' anche una questione di colmare il gap con la cina nel campo dei servizi di rango elevato, come lo sviluppo delle tecnologie nel campo energetico, biomedico, ingegneristico etc, dove la cina è ormai la nazione di riferimento, avendo potuto investire grazie anche ai nostri soldi. In campo militare, per restare nel campo menzionato, hanno inventato un'arma ad impulsi elettromagnetici la cui tecnologia è tuttora sconosciuta a tutti, e che molti ambiscono a conoscere, US compresi

      Elimina
    7. Non ne ho idea ma non mi stupirebbe. La supponenza con cui veniva trattato un popolo che ha millenni di storia sulle spalle mi è sempre sembrata parente prossima della hybris. "Tanto sanno solo copiare...", e poi si vede come sta finendo"!

      Elimina
    8. Già, penso che Trump abbia capito che se non si corre velocemente ai ripari, entro 10/20 anni tutto il mondo dipenderà dalle tecnologie sviluppate in cina, e non puo permettersi il lusso di un "tradimento" da parte degli europei.

      Elimina
    9. @Bagnai: se fosse come dici tu avrebbe daziato solo certi settori cinesi o meglio ancora, vietato completamente l'importazione di certe robe da parte dei produttori di portaerei, caccia da guerra ecc. I dazi li ha messi a tutto il mondo, quindi quello che dici non ha senso. Anche perché i dazi alle auto cinesi li avevi già messi anche Biden e nessuno si è messo a urlare.

      Elimina
    10. Ok, quello che scrivo io non lo leggi, ma leggi almeno quello che scrivi tu? Perché se le cose stanno come dico io, cioè se nel ragionamento complessivo dell’amministrazione Usa entra la dipendenza da tecnologie altrui, capisci che impedirne l’accesso sic et simpliciter è controproducente, giusto? Prima bisogna aver attirato negli Usa altri produttori.

      Elimina
    11. @Bagnai, mi pare che un suo esimio collega si giocava le carte riguardo l'incapacità cinese di "inventare" piuttosto che "copiare", con un'argomentazione che aveva a che fare con gli scarsi incentivi individuali in un contesto sociale non liberale.
      Non scriverò il nome di questo suo collega, ma le dico solo che non ha fermato il declino...

      Elimina
  11. Capitale umano esportato a Christchurch, Nuova Zelanda, presente!
    Ricordo che quando, ormai nel lontano 2013 scrissi una Marie Curie per venire a vedere questi luoghi (per un periodo che credevo sarebbe stato di soli due anni, dal 15 al 17), dovetti argomentare a lungo di come i mie studi sui fiumi intrecciati del Canterbury avrebbero dati una spinta alla competitività dell'Europa. Ricordo la fatica nello scrivere quel non-senso. Però mi diedero la borsa, mi feci notare quaggiù, la scarsità di posizioni in Italia fece il resto, e i miei mi hanno rivisto poco.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come sono gli stipendi da quelle parti?

      Elimina
    2. Mi associo alla domanda! Magari anche qualche parola su affitti, assicurazione sanitaria, ecc., insomma: qualcosa che ci aiuti a orientarci.

      Elimina
    3. Scusate il ritardo.

      Dunque, gli stipendi sono più alti che in Italia, in parte a causa delle aliquote minori.

      Tuttavia, a fronte di questo il costo della vita è molto alto (sto pensando ad esempio anche solo agli alimentari, per cui metto in conto una spesa maggiore del 50% rispetto all'Italia; e non parliamo del mangiare fuori, che costa doppio).

      La situazione degli alloggi è disastrosa (cercate un po' "housing shortage in New Zealand") sia per l'affitto che per l'acquisto. E' assolutamente comune che tutti condividano gli affitti e che chi compra casa subaffitti una stanza per fare fronte al mutuo. Questa peraltro è la situazione di tutta l'anglosfera e dipende dalla gigantesca bolla immobiliare che hanno gonfiato, che ha fatto felice una certa parte della società (quelli che già avevano immobili) e creato divisioni sociali immense. Rammento che al valore catastale degli immobili (che viene di ufficio aggiornato ogni tre anni) sono legate le tasse locali, chiamate "rates" (cioè, "proporzioni" del valore delle case); che le "rates" vanno a finanziare cose assolutamente critiche quali l'istruzione; e che una famiglia può mandare i figli solo alla scuola del quartiere presso cui è "ratepayer". Si capisce il classismo che ne deriva per via automatica, per cui risiedere nei quartieri bene dà accesso alle scuole bene e così via. Anche questa è una situazione comune a tutta l'anglosfera (altro che società pluriclasse).

      I trasporti costano tanto, la rete stradale è assolutamente inadeguata, la ferrovia inesistente in larga parte del Paese. Altre infrastrutture critiche, quali ad esempio il sistema fognario e della depurazione... cercate "Infrastructure deficit in New Zealand".
      La sanità in teoria è pubblica, ma conviene avere una assicurazione privata. Se avessi qualche problema di salute serio, non resterei qui.

      Perchè tutto questo? Perchè Tatcher e Reagan in Nuova Zelanda sono ancora vivi e lottano insieme a noi. Finora, questi problemi sono stati coperti dall'incremento di popolazione (+20% negli ultimi 20 anni) per immigrazione (e molti di coloro che sono entrati hanno portato risparmi e comprato immobili, ma anche contribuito alla saturazione delle infrastrutture, contribuendo insomma alla situazione descritta sopra). L'altra valvola di sfogo è stata il gonfiarsi della bolla immobiliare, con un gigantesco effetto ricchezza per chi vedeva il patrimonio aumentare del 10% l'anno in valore, e tutto il discorso delle "rates" di cui sopra.

      Ora tutto questo si è fermato, l'immigrazione netta langue (quella di cittadini è fortemente negativa da tempo) e i valori degli immobili non aumentano (anzi, in termini reali diminuiscono). Ci avvitiamo in una crisi che viene curata ad austerità e orgoglioso monetarismo anni 80 (licenziamenti del 10% del personale nella macchina pubblica per "curare" l'eccesso di inflazione creato dai sussidi dell'era del COVID (?!), questa è la narrazione... e una bella botta di rialzo di tassi per uccidere suddetta inflazione).

      Ah, abbiamo un deficit di partita corrente del 10% l'anno. E un rapporto debito/PIL, di cui siamo molto orgogliosi, al 30%. Il dollaruccio è gentilmente precipitato nel cambio con le principali monete (cosa di cui abbiamo disperato bisogno per attirare turisti come ai livelli pre-covid e vendere prodotti alimentari e legname all'estero, così da provare a ribilanciare queste partite correnti). A mio modesto avviso, il dollaruccio scenderà ancora. Non so nemmeno dire se questo ci salverà, peraltro. Questa non è l'Italia, 40 anni di Rogernomics (la nostra versione della Reaganomics), con la ciliegina negli ultimi 10 di un po' di follia green, hanno distrutto l'industria. Importiamo tutto. Chissà se ci basterà svalutare.

      Detto tutto questo, io mi alzo d'estate alle 6 di mattina e alle 6.30 sono nell'oceano con la tavola. Ogni tanto faccio qualche ultramaratona. Arrampico, scio con le pelli, vado a perdermi nel nulla. Finchè dura...

      Elimina
    4. Insomma, mi sembra di capire che secondo il tuo “nonno ragioniere” (cit.) il tuo stipendio in termini reali alla fine dei conti non sia molto superiore rispetto a quello che percepiresti in Italia, nonostante che una statistica un po’ rozza ci dica che grazie all’austerità gli stipendi di chi è rimasto sono circa il 20-25% inferiori nella media rispetto a quello che avrebbero potuto essere in costanza di crescita. Mi sembra anche di capire che i feticisti della PPP debbano rivedere qualche loro certezza. L’intento delle Penn world tables era ed è assolutamente condivisibile, ma sono naturalmente anch’ esse soggette alle limitazioni di ogni rilevazione statistica. Entrando più nello specifico, mi pare di capire che la mancanza di opportunità in patria, a causa di un sistema di reclutamento assurdo e dell’idea malata di finanziare solo la cosiddetta eccellenza, abbia un ruolo determinante nelle scelte di espatrio, come pure forse un minimo sindacale di illusione monetaria, e anche un lecito e sano desiderio di effettuare esperienze nuove, sulla base del presupposto che si sente spesso affermare che queste arricchiscano il curriculum e consentano di migliorare le proprie prospettive in patria, salvo poi scoprire che diventano una trappola dalla quale uscire è difficile. Sbaglio?

      Elimina
    5. Sì, è proprio come dici tu.
      Dirò di più: se mi aspettassi una qualità della vita come quella che avevo in Italia, lo stipendio non basterebbe minimamente. Per stare qui, ho scambiato quei beni con altri che sono qui abbondanti e disponibili a poco (vedi l'ultimo paragrafo del mio messaggio sopra).

      Elimina
  12. Stavo pensando a quante volte ho sentito dire che l'Italia deve concentrarsi sulle attività ad alto valore aggiunto che, in contabilità, è dato dalla differenza tra il valore della produzione (output) e il valore dei beni che servono alla produzione (input). Pertanto il valore aggiunto è mediamente più alto dove è basso il costo degli acquisti dei beni da lavorare e il costo maggiore dell'impresa è sostanzialmente quello del lavoro. Viene quindi da dire che, non di rado, le cosiddette attività a valore aggiunto sono quelle ad alto costo del lavoro. Pertanto forse c'è una contraddizione tra la competitività, cioè bassi salari, e queste fantomatiche attività ad alto valore aggiunto. È una riflessione corretta?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche qua sotto c'è un fenomeno che blatera di "economie mature che evolvono verso produzioni ad alto valore aggiunto", che poi non si sa bene che cosa sia (andrebbe forse definito meglio). Prima di addentrarci in questo però vorrei fare una riflessione, anche a seguito dell'intervento di Gozzi al forum di Rapallo (che trovate nel post seguente). L'idea che una economia debba iperspecializzarsi nei mitici settori "ad alto valore aggiunto" dovrebbe essere morta ora che la guerra ce l'abbiamo alle porte di casa. O vogliamo aspettare di averla in casa per capire che comunque il settore primario un Paese come l'Italia non può lasciarlo andare, né dedicarlo esclusivamente alla produzione di tartufo bianco pregiato e di vini Supertuscan (entrambi provenienti in un modo o nell'altro dall'Abruzzo, dicono le malelingue, ma io non sono una malalingua)! In un mondo in cui abbiamo capito che vivono uomini (quegli stessi uomini di cui abbiamo studiato le gesta nell'arco degli ultimi 5 o 6 millenni), è abbastanza facile immaginare che qualcosa possa andare storto.

      Anche i fenomeni secondo cui "Trump non può permettersi di costruire gli iPhone [o qualsiasi altro prodotto tecnologico] in casa perché costerebbe troppo" credo dimentichino un dettaglio: che se gli Usa non ridiventano padroni di tutta la filiera della loro tecnologia militare, difficilmente potranno mantenere la loro supremazia. Non è solo un problema economico.

      Per il resto, il tuo ragionamento fila. Come sempre, gli spaghetti-"supply siders" de noantri si concentrano sul lato sbagliato della faccenda: quello che ti rende competitivo non è, di per sé, il produrre beni "a elevato valore aggiunto", ma il produrre beni a elevata domanda estera e/o il non distribuire il valore creato ai lavoratori.

      Elimina
    2. Da una parte è estremamente superficiale "rincorrere" attività ad alto valore aggiunto. Potrebbero essere attività in un ciclo particolarmente favorevole a cui potrebbe seguire una riduzione dei ricavi. Oppure attività che delocalizzano gran parte della propria attività e hanno un rapporto dirigenti / operai molto più elevato della media. In entrambi i casi avremo un peggioramento (del VA nel primo caso, dell'occupazione nel secondo). D'altra parte però non bisogna sottovalutare l'importanza degli investimenti, in particolare quelli pubblici. Un investimento che comporta un maggiore sfruttamento di fonti energetiche (aumentandone l'efficienza o attingendo ad altre fonti, tipo fusione nucleare o energia geotermica) potrebbe comportare una riduzione dei costi relative all'energia elettrica, aumentando potenzialmente il VA in ogni settore e/o la competitività. Ecco perché mentre Alberto pone l'attenzione sulla svalutazione io la pongo sull'asimmetria degli interessi, che ci penalizza sugli investimenti.

      Elimina
    3. Vedi, Corrado, io faccio il possibile per considerarti un interlocutore in buona fede, ma poi tu non riesci a nascondere le tue intenzioni e quindi diventa inevitabile che io ti ponga una domanda: dove avrei sostenuto che la svalutazione del cambio è uno strumento o un motore di sviluppo? Mi interessa molto, anche perché io rifiuto aprioristicamente il termine svalutazione, che è fuorviante come lo sono tutti i value loaded terms. Dove hai capito che io stessi parlando di svalutazione? Perché sai, le mie regole sono diverse da quelle di Claudio, ma per l’igiene del dibattito non posso permettere che mi vengono messe in bocca parole che non ho detto. L’igiene è importante, soprattutto in una pandemia (di cazzate).

      Elimina
    4. Mi scuso avrei dovuto dire che poni maggiormente l'attenzione al cambio non favorevole per l'adesione all'Euro. Non sono in malafede ma non sono professore di economia e, pur euroscettico, cerco di essere estraneo ad aspri conflitti tra economisti. Quindi certe precisazioni dal mio punto di vista sembrerebbero pignolerie.

      Elimina
    5. Però, siccome certe imprecisioni sembrano malafede, sentiti pure libero di essere preciso e di parlare con i termini economici corretti in un blog di economia. Se ci pensi bene non è così strano! Rovescerei l’argomento: non sono io che pongo un’Attenzione eccessiva al cambio, sei tu che hai una visione molto “da libro di testo” del ruolo del tasso di interesse. Veniamo da una fase di interessi zero che non hanno minimamente spinto gli investimenti, non so se te ne sei accorto, quindi già questo fa cadere la tua visione un po’ naïf.

      Elimina
    6. Vorrei però precisare che non ho esattamente detto che basta ridurre gli interessi per avere investimenti, anzi in qualche commento ho anche aggiunto che talvolta si fanno anche investimenti sbagliati. Però se i tassi di interesse sono più elevati penalizzano gli investimenti. Nel caso dell'Italia è successo qualcosa di più grave: per più di 40 anni li abbiamo avuti più alti rispetto agli altri paesi europei. Parlo ovviamente di interessi reali, perché qualcuno forse in malafede considera i nominali. Quando i tassi erano bassi noi li avevamo sempre più alti degli altri e su un debito pubblico di gran lunga superiore. Oltretutto anche l'inflazione era eccezionalmente bassa e quindi i tassi reali erano in linea con l'inflazione. Quindi almeno a livello di bilancio dello Stato noi siamo stati sistematicamente penalizzati, con tagli continui per far fronte al salasso interessi, penalizzando quelle spese pubbliche che possono avere effetti a lungo termine (esempio attività ricerca, istruzione, etc..). Mentre in certi periodi gli altri Stati avevano possibilità di fare politiche espansive noi non l'abbiamo mai avuta, penalizzati anche dai parametri UE già sballati al momento dell'entrata. Quindi il mio approccio non mi pare teorico ma molto pratico. In questo contesto inevitabile che vi sia una ripercussione nel settore privato, costretto a pagare più imposte rispetto alla media UE (evasione inclusa) e avere meno servizi. Inoltre le mie domande non erano il frutto di vedere una BCE buona, tutt'altro. Però visto che qualcosa è stato ottenuto e che ci ha salvato da un default (più nel 2020 che nel 2012), volevo capire quale meccanismo abbiamo attivato per ottenerlo, affinché si possa ottenere di più (ovvero livellamento di tassi di interesse con TPI-QE). A rigor di logica e aggiungerei perfino di etica non ce lo dovrebbero negare. I dettagli tecnici su come procedere non li conosco però continuo a ritenere non impossibili. Potrebbe sanare una situazione difficile per tutti che a mio parere non può essere sanata con un Italexit. Semmai con un fallimento di tutto l'impianto Euro, ma anche questo non lo vedo indolore.

      Elimina
    7. Ovviamente, Alberto, concordo con te che il problema dell'asimmetria degli interessi sia stato originato da una politica monetaria intenta più a legare la Lira al valore del Marco, piuttosto che a un equilibrato sviluppo economico. Entrando poi nell'Euro con parametri già sballati, penalizzati sia sul fronte della crescita (minori investimenti pubblici e privati, minori servizi pubblici, più imposte) che sul debito pubblico (superiore per gli interessi reali più elevati che venivano "capitalizzati" sul debito ogni anno). Non credo però si possa negare una gestione allegra delle finanze negli anni '80 e spese improduttive che persistono negli anni successivi.

      Elimina
  13. Risposte
    1. Anche Dennis Moore ( quello dei Monty Python) che Tarzan…

      Elimina
  14. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  15. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  16. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  17. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  18. Anche l'opzione (1) drena risparmio dall'economia nazionale: non si può fare la spesa in dollari (se non nelle troppe basi USA in Italia) .

    RispondiElimina
  19. In Italia i giovani emigrano per gli stipendi bassi e la difficoltà di trovare lavoro. Le cause sono la bassa produttività delle aziende, il mercato del lavoro rigidissimo che disincentiva le assunzioni e la tassazione elevata. A me verrebbe da dire che bisogna favorire la dinamica delle imprese, lasciando fallire quelle inefficienti e crescere quelle efficienti e abbassare le tasse riducendo prima la spesa pubblica. Lo stato ha il compito di migliorare il sistema dell'istruzione per fornire ai giovani maggiori competenze e presentarsi più pronti sul mercato del lavoro e dare alle imprese un ambiente favorevole.

    Ma poi fino a ieri le esportazioni erano il motore della crescita e oggi sono la causa della povertà. Cos'è successo senatore?

    Comunque sul modello wage led ti do ragione. È quello che fanno le economie quando da economie in via di sviluppo diventano economie avanzate, ovvero si spostano in attività a maggior valore aggiunto che pagano stipendi più elevati. Infatti è proprio questo il motivo per cui nella teoria economica il tasso di cambio reale tende a non essere un driver della crescita nelle economie avanzate.

    Ne approfitto per ricordare che le svalutazioni competitive funzionano quando il potere d'acquisto dei salari rimane basso, quindi le ricette export led da te spesso proposte sono praticamente la stessa cosa di quanto stai criticando.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Allora: mi sembra chiaro che vieni dal Paese dei campanelli. Il passo sul darwinismo sociale applicato alle PMI è un marker inconfondibile! Prima di rimandartici però voglio provare a farti ragionare. Innanzitutto, suggerirei di non mettermi in bocca cosa che non ho detto né scritto. Suggerisco quindi di citarmi qui il passo dove tu (o chi per te) ha trovato scritto che io propugno "svalutazioni competitive" come motore della crescita. Mi sembra chiaro che vivi nell'equivoco, quindi ti offro una (ma non dieci: una) possibilità di chiarirlo amichevolmente.

      Che ne dici, accetti?

      Elimina
    2. Beh, tutta la storia dell'uscita dall'euro gira intorno alle svalutazioni competitive (riduzione del cambio reale, cambio reale sopravvalutato... Mettila come vuoi). Non penso ci sia bisogno di farti la lista di citazioni in cui proponi un modello di crescita export led con produttività guidata dalle esportazioni. Anche perché se no cosa usciamo a fare dall'euro se non per svalutare?

      Invece io quand'è che avrei parlato di "darwinismo sociale" (se usata in ambito economico la trovo un'espressione orribilmente faziosa da 5 stelle sinistrato, una botta retorica da due spicci) applicato UNICAMENTE alle PMI? La mia frase implica che anche le aziende grosse possano fallire, se sono inefficienti. Poi quando siamo pieni di aziende inefficienti tenute a galla tassando chi produce veramente non lamentiamoci se non cresciamo e se la gente se ne va a bocca di barile a causa degli stipendi bassi, perché è esattamente quello che abbiamo voluto. Entrambe le cose insieme non si posso avere. Aziende inefficienti pagano stipendi bassi.

      Elimina
    3. Ecco, appunto. Non hai risposto. Allora poi con calma rispondo io a te e al fallito del Paese dei campanelli.

      Elimina
    4. Ma quindi quale sarebbe il tuo modello di crescita preferito?
      A parte uscire dall'euro, cosa dovrebbe fare l'Italia per crescere?

      Elimina
    5. Questo:

      https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/01603477.2018.1458630

      Buona lettura.

      Elimina
  20. Ma il governo in carica si decide o no a rompere la gabbia dove l'Italia e' stata messa ?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Carissimo, si accettano suggerimenti.

      Elimina
    2. La gabbia la sta aprendo Trump, non so se si e capito ma la Ue è per lui il pericolo pubblico numero 2, con vari distinguo ovviamente.

      Elimina
    3. Ma questo non significa necessariamente, come ritengono i piddini, che la disgregazione o la segmentazione controllata dell'Eurozona siano un suo obiettivo tattico o strategico. Per togliersi dai coglioni l'UE ha un'opzione molto più semplice: lasciare che si estingua da sola per consunzione.

      Elimina
    4. Basta essere consapevoli che temi divisivi e distruttivi come la quasi dichiarata guerra alla Russia, possono accelerare il processo di consunzione. Lunga vita a Putin, naturalmente

      Elimina
  21. Professore, purtroppo mi ci vedo pure io in questo amaro post. Sono emigrato in Polonia oltre vent'anni fa per avere accettato un'interessante proposta di lavoro all'università (ero lettore di madrelingua italiana) e poi sono rimasto per amore pur staccandomi completamente dall'ambiente accademico (che come ben sa chi ci ha lavorato, a volte può essere sano ma spessissimo no). Stipendi ovviamente modesti qua, e con la coda dell'occho nel corso di tutti questi anni vedevo che sempre più italiani se ne venivano in Polonia e ovviamente non solo, pur sfuggendomene la causa (poi per fortuna grazie a lei ho capito, per questo sono qua). Di veramente positivo qui c'è che grazie anche ai motivi che sappiamo, è possibile trovare un nuovo lavoro persino alla mia età da ultracinquantenne come mi è capitato dall'aprile scorso però come stipendio bisogna accontentarsi. Quello che colpisce noi in questo post è che è tutto vero, la signora dell'X piano potrà anche riempirsi la bocca che la figlia studia a Londra, ora, e sperando che abbia una possibilità di crescere in un mondo sul quale dappertutto le possibilità si assottigliano invece, però poi un domani il suo futuro sarà inevitabilmente di lagnarsi per essere rimasta sola, come ora succede ai miei che hanno due figli su tre lontani. E mi dispiace tantissimo per la generazione di oggi: io almeno emigrai in un'epoca in cui si poteva ancora per curiosità di fare esperienze nuove, e non per mero bisogno. Tantissimi cari saluti e grazie di tutto.

    RispondiElimina
  22. L'Asinistra non capisce nemmeno che esiste una sorta di bilancia dei pagamenti dell'immigrazione. Se siamo costretti (dall'euro) ad esportare i nostri giovani (cosa per cui tutti giustamente si stracciano le vesti), di conseguenza siamo costretti ad importare giovani stranieri ( aka manodopera a basso costo) per permetterci l'euro.
    Quindi impoveriamo il nostro paese di capitale umano, ed impoveriamo anche i paesi del cosiddetto terzo mondo di altro capitale umano.
    Ma per fortuna "LO EURO È SOLO UNA MONETA" cit.

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.