giovedì 30 maggio 2024

Il conflitto dei fuoriclasse

Domenica scorsa Galli Della Loggia sul Corsera (tantis nominibus nullum par elogium), nel commentare il libro di due intellettuali di sinistra (patetico e vetusto ossimoro), faceva una scoperta sconcertante:


Non ho nulla contro Galli Della Loggia, che dice spesso cose interessanti. Fatto sta che questa analisi, che a voi non dovrebbe tornar nuova, perché ve la siete fatta propinare in infinite dirette Facebook, oltre che tardiva (e fino a lì, poco male: certo, un po’ di aiuto quando qui ci preoccupavamo della Commissione Amore sarebbe stato gradito, ma tant’è…), appare anche gravemente deficitaria. Galli Della Loggia non vi spiega, perché non possiede (o non vuole usare) le categorie che glielo consentirebbero, il motivo oggettivo e cogente per cui la sinistra è confinata in quel ristretto e malfrequentato cantuccio della sfera dialettica che consiste nella delegittimazione dell’avversario. Noi qui lo abbiamo sempre saputo e detto (peraltro, ci è capitato di dirlo proprio in un saggio pubblicato in un volume collettaneo che reca anche un contributo dell’intellettuala criticata da Galli Della Loggia!), e ultimamente ci ho insistito molto, proprio per mettervi in guardia da possibili recrudescenze di lotta politica armata che puntualmente si sono materializzate poco dopo, con l’aggressione a Fico e, su scala minore ma non meno inquietante, a militanti e candidati della Lega. Il motivo per cui la sinistra non è più in grado di sostenere una dialettica politica sana è che la sinistra ha tradito il suo blocco sociale di riferimento, il lavoro:


Come lo ha fatto Galli Della Loggia forse non lo ha capito e certamente non vorrebbe spiegarvelo: col sostegno all’Unione Monetaria. Ma delle spiegazioni di Galli Della Loggia non abbiamo bisogno, dopo quella (per noi altresì superflua) di LVI (Draghi, per i turisti del Dibattito):


La sinistra ha avallato e soprattutto eseguito scrupolosamente politiche che hanno “compromesso il nostro modello sociale”, quelle politiche di deflazione salariale (e quindi, per inciso, contributiva) che evidentemente sono incompatibili con i principi fondamentali della nostra Costituzione. Ma su questo, i nostri “intellettuali” di sinistra non hanno mai degnato di confrontarsi, snobbando i non pochi contributi di chi tentava di attirare la loro attenzione su questi problemi. Ne consegue quindi che la loro unica scappatoia dialettica sia quella che uno di loro aveva prefigurato, a dire il vero come esempio negativo, decenni or sono:


(ma da esempio negativo questa è diventata la loro best practice), e ne consegue anche, e questo è un contributo originale dell’articolo di Galli Della Loggia, una particolare torsione ermeneutica, tutta pervasa di velleitarismo movimentista, nell’approccio alla nostra Costituzione. La tensione verso una “democrazia afascista” è quello che ci possiamo aspettare a titolo di compensazione freudiana da chi ha eseguito politiche alaburiste in un ordinamento costituzionale laburista.

Ma anche in questo caso noi, voi, capiamo perché.

Altri no, perché, per motivi a me ignoti, nessuno vuole raccogliere da terra uno strumento potente, di cui la sinistra si è voluta spossessare per brandire uno gnegnegnè umanitario-adolescenziale all’insegna della creazione di nuovi diritti, confessione tombale della sua turpe abiura alla difesa dei diritti esistenti: l’analisi materialistica dei rapporti di classe. Quella che portava Luciano Barca a diagnosticare a colpo sicuro che il Sistema Monetario Europeo era “la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia”.

E così, quella fra chi il materialismo storico se l'è dimenticato, e chi non ha mai voluto impararlo, ci appare come l'azzuffarsi di variopinti gallinacei dentro un recinto, il recinto del PUDE (Partito Unico Dell'Euro), non particolarmente divertente né particolarmente istruttivo. Da questo conflitto dei (secredenti) fuoriclasse traiamo però due lezioni indirette. La prima è che il ceto intellettuale di questo Paese, indipendentemente dalla sua coloritura reale o presunta, resta drammaticamente à côté de la plaque. La seconda, che la sinistra in questa fase storica fomenterà uno scontro sempre più violento, non arrestandosi di fronte a nulla pur di scongiurare la minaccia esistenziale costituita, per lei, dall'essere stata staccata dalla greppia del potere.

Non sottovalutate la seconda considerazione: ripeto, in questo scenario la lotta armata, o comunque esiti violenti, non sono da escludere.

Sulla prima considerazione mi permetto di aggiungere una chiosa. "Intellettuale di sinistra" è diventato un ossimoro. Mi chiedo quanto "intellettuale di destra" smetterà di esserlo. Finché non ci saremo arrivati, il nostro Paese sarà privo di intellettuali, e qualsiasi anelito verso la contendibilità del Potere non potrà che rivelarsi confuso e velleitario. Quello che c'è da fare lo aveva detto Gramsci: studiare. Non dovrebbe poi essere difficile capire che cosa, visto che siamo nella crisi economica più protratta della nostra storia. Ma evidentemente la durezza del vivere è distribuita in modo molto disuguale, e non possiamo chiedere a chi non ha certi problemi di adoperarsi non dico per risolverli, ma per ammetterne l'esistenza.

14 commenti:

  1. Provo a fare qualche volo pindarico: mi chiedo e le chiedo se questa lotta armata resterà confinata sostanzialmente all'Italia, come lo fu negli anni '70, o stavolta sarà prerogativa dell'intero occidente (gli attacchi woke-giudiziari a Trump sono sintomatici al riguardo). Dico questo perché ho come la sensazione che in effetti da mo' a 20 si possa effettivamente andare, se non verso una sua unificazione, quantomeno verso una sua sostanziale federalizzazione. Ma da destra, non da sinistra. Va infatti ricordato che il commonwealth riesce a mettere insieme paesi uniti sì da una sola lingua ma economicamente molto diversi tra loro, senza che ci sia effettiva unione politica.

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  2. Nulla da aggiungere, vostro onore. Se non che il nostro Paese la politica armata dei compagni che sbagliavano ha già avuto modo di vederla all'opera. E non fu un bello spettacolo.

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  3. Io credo che il problema non siano i maestri ma i discenti ovvero coloro che votano e che manifestano e che spesso non vivono in quartieri popolari e provengono da famiglie benestanti (forse <P.P. Pasolini potrebbe ancora insegnare qualcosa).
    I maestri ed i loro derivati, soprattutto coloro che determinano le linee guida per tutta la sinistra, quelli che come Pedullà e Urbinati hanno un discreto o ottimo curriculum professionale e via via i vari sottopanza, operatori mediatici di cui abbiamo sotto i nostri sensi, centinaia di esempi.
    Mi spiego, conoscendo diversi pdini di buon livello culturale, e piuttosto messi bene economicamente, con discreti conti in banca e diversi immobili di proprietà, costoro si abbeverano acriticamente su tutti gli argomenti (green, euro, macroeconomia, europa etc) esclusivamente ed in modo pressochè univoco dai media cartacei ed audiovisivi di area radical chic.
    Ovvio che in tali condizioni non abbiano la minima cognizione di ciò ci cui parliamo qui da 13 anni e non abbiano alcun interesse a capire le difficoltà dei poveri, dei salariati e del precariato e delle cause che hanno determinato il progressivo taglio delle garanzie e del welfare.
    Viene quindi, come conseguenza naturale, non avendo argomenti seri ed importanti di cui dibattere e soprattutto per cui combattere (che je frega a loro che l'euro ha provocato il taglio dei salari), spostare il tiro verso la delegittimazione delle destre per "indegnità originaria" come dice Galli Della Loggia senza minimamente richiedere ai loro rappresentanti di dare conto del perchè non si occupino di quelle categorie di cui accennavo prima e di cui i loro seguaci non fanno parte e soprattutto non sentano sulla propria pelle, le tragiche conseguenze delle loro politiche eurofedeli ormai ultraventennali.

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    1. Non so se sono banale, ma aggiungerei che i piddini hanno come obiettivo morale quello di sentirsi buoni e come obiettivo intellettuale quello di sentirsi colti; ma queste esigenze non sono etiche, bensì estetiche, perseguite solo attraverso la costruzione di un'immagine gratificante di se stessi. Il problema è che molti di loro non arrivano di fatto all'obiettivo intellettuale e se lo procurano surrettiziamente aderendo all'opinione di quella parte che se ne arroga il raggiungimento, avendo trasferito il fondamento dell'intellettualità dalle forme ai contenuti (oserei dire dal logos al pathos); e quei contenuti, marcati come buoni, sono anche l'essenza del loro obiettivo morale di bontà, in un vortice di determinismo acritico e presuntuoso che emana luce riflessa. Essendo così poco solide le motivazioni e così poco stabili le gratificazioni, potrebbero facilmente desistere dalla lotta, se questa gli costasse qualche sacrificio; ma ecco il soccorso dei moderni ideali, delle nuove parole d'ordine, degli attuali destinatari delle loro premure: sostituendo i lavoratori con emarginati veri o presunti da aiutare a carico della fiscalità generale, cioè della classe media, o a scapito del potere contrattuale della classe bassa, tutte le loro battaglie non costano niente al loro portafoglio, non devono rinunciare a un centesimo del loro stipendio da classe-medio-alta-per-ora-utile-alla-classe-dominante e una politica economica che si articola attorno a una competitività basata sul there is no alternative è la miglior carezza che possano ricevere per spazzare via ogni incipiente senso di colpa e godersi la proiezione del proprio io buono e informato sullo schermo della sapienza altrui. Di qui il loro modo di ragionare fondato e ormai pressoché esclusivamente organizzato sugli argumenta ex auctoritate

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    2. No, secondo me questa osservazione non è banale, ma centra un pezzo importante del problema. La deriva estetizzante narcisistica di questa sinistra per certi versi stendhaliana, una sinistra che ama i povery ma ne detesta l'odore, è sostenibile proprio per il motivo che tu evidenzi: perché a loro non è ancora toccato (o magari sì, ma grazie al meccanismo della rana bollita non se ne sono accorti o grazie ai media possono incolpare "i fascismi"), e quindi hanno tanto tempo a disposizione per combattere una battaglia che non costa loro nulla (e correlativamente non vale nulla).

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  4. Buongiorno Prof.!
    Oltre alle motivazioni da lei spiegate sono convinto che gli ideatori delle strategie comunicative dei movimenti di sinistra cerchino di sfruttare un altro elemento essenziale: il tribalismo.
    Quando sento dire che molti cittadini votano non con pragmatismo ma per ideologia il mio pensiero è: “magari”! Se molte persone non votano per seguire una idea ma per semplice senso di appartenenza (alla tribù “dei buoni”, “dei competenti”, “dei colti”) è naturale che politici, giornalisti e spin doctor senza scrupoli cerchino di estremizzare sempre di più l’agone politico trasportandolo dal confronto delle idee allo scontro fra un “noi” e un “loro”. Come già ampiamente evidenziato da molti le “identity politics” piacciono molto a sinistra proprio perché sfruttano questa tendenza umana.
    So bene che questo argomento è già stato trattato qui sul blog, mi sono permesso di riproporlo solo perché temo che questo sia un punto davvero centrale per comprendere l’orientamento politico di una fetta estremamente abbondante dell’elettorato, e ciò non può che destare profonda preoccupazione e sconforto.

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  5. "Intellettuale di destra" è un ossimoro perché non ha "cittadinanza" ( mentre l' altro è "osannato a corte" ) e "l'intellettualità" ormai è una professione e come tale ha sempre bisogno di "ingaggi".
    Io lo so che "la politica è l' arte del possibile" ( con il suo spiacevole corollario che " i compromessi compromettono" ) ma francamente penso che un "saviano di destra" ci servirebbe quanto ci sta servendo una "imitazione di destra "del PD

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  6. Una parola sola , pigrizia, ormai il "popolo bue" non riesce più neanche a "studiare".

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  7. "How the left fell for capitalism" : https://unherd.com/2022/07/how-the-left-fell-for-capitalism/

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  8. Certo socialismo estremistico e militante - del genere di quello che poi sfocia in iniziative violente - non ha mai capito che il capolavoro del capitale, dopo gli anni 70, è stato impedire che lavoratori dipendenti, professionisti, artigiani e piccoli imprenditori in realtà hanno interessi di classe covergenti contro i veri capitalisti (oligopoli e sistema finanziario trasnazionale). In pratica con il loro "dagli al kulako", facevano da sinistra lo stesso lavoro che il "Komunistiiiiii" di altri partiti faceva da destra. Temo dunque che anche questa nuova stagione violenta finirà per non risolvere nulla, semplicemente perché si basa su una rappresentazione non attuale della lotta di classe.

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    1. spero di non passare per un awanagana qualunque dicendo "workers vs rentiers"...

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  9. "'essere stata staccata dalla greppia del potere"era lo stesso timore che induceva ,già negli anni 30 la dirigenza del Pcus a metodi molto "immediati"verso i propri oppositori specie coloro che usando gli strumenti della critica dell' economia politica indagavano sulle contraddizioni del nuovo modo di produzione uscito dalla rivoluzione di ottobre e tentavano di organizzare gli "svantaggiati"da questo nuovo contesto che poi erano gli stessi di quello precedente :i salariati.Questa possibile degenerazione ha dunque un antecedente antico e terribile

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  10. La lira ,con il variare della sua quotazione in base alla legge della domanda e dell' offerta ,era un impedimento alla deindustrializzazione e conseguentemente sosteneva l' occupazione e il potere contrattuale dei lavoratori.Collaborare all' imposizione dell' euro da parte di questi "nuovi liberali"penalizzando così l' industria nazionale va contro quanto sostenuto, dall' autore da essi tante volte declamato ,Adam Smith nella "Ricchezza delle Nazioni"in questo passo.
    “Preferendo sostenere l’industria interna anziché l’industria straniera, egli mira soltanto
    alla sua sicurezza; e dirigendo quell’industria in modo tale che il suo prodotto possa
    avere il massimo valore egli mira soltanto al proprio guadagno e in questo, come in
    molti altri casi, egli è condotto da una mano invisibile a promuovere un fine che non
    entrava nelle sue intenzioni” (Smith, 1776/1987, p. 584)

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