mercoledì 5 gennaio 2022

Inflazione e tasso di cambio reale

 ...dies ante heri dicebamus!

E oggi l'ISTAT ci preannuncia l'inevitabile, ovvero che l'inflazione a dicembre è salita al 3,9% (la SRAS, che non è la SARS, sta salendo...). I prezzi salgono, poi vedremo che cosa succederà alle quantità (cioè alla crescita reale, al Pil). Siamo ancora alle stime provvisorie, quindi non abbiamo il dato consolidato e nel comunicato mancano le serie storiche, che però possiamo reperire nel comunicato riferito al dato di novembre, pubblicato il 15 dicembre. Per economizzare byte l'ISTAT nei suoi comunicati ci fornisce i dati storici mensili solo fino al 2019, e annuali solo fino al 2016. Un po' difficile quindi mettere in prospettiva quanto sta succedendo, ma possiamo aiutarci con il sito dati.istat.it:


o meglio potremmo, perché alle 11:43 del 5 gennaio la situazione è questa (meglio così: occhio non vede, cuore non duole)!

Ma che importa!

Noi siamo europei, e quindi abbiamo l'Eurostat. Nel corposo ed efficiente database andate a cercarvi questa variabile:


HICP sta per Harmonized Index of Consumer Prices, l'indice dei prezzi al consumo reso confrontabile fra paesi europei. Per inciso, lo riporta anche l'ISTAT nella sua tabella 8 (la trovate nel comunicato di novembre), chiamandolo IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato), e i dati coincidono. Unico problema, si fermano a novembre perché prima di pubblicare dicembre Eurostat aspetta il dato definitivo dagli uffici statistici nazionali. Ma per la prospettiva l'ultimo dato è abbastanza superfluo, mentre è necessario avere a disposizione un pezzo sufficientemente lungo di storia, ed è utile poterla confrontare con quella di un altro Paese.

Ne propongo uno a caso: la Germania.

Dunque: facendo 100 il valore del gennaio 1999, gli indici armonizzati dei prezzi al consumo si sono mossi in questo modo:


I prezzi sono andati sempre crescendo, prima più rapidamente in Italia, e poi più rapidamente in Germania

(...ricordo ai newbies ma anche, più semplicemente, ai rompicoglioni che i numeri indici servono ad analizzare la dinamica di un fenomeno, quindi qualsiasi osservazioni "intelligente" del tipo "ma in Germania nel 1999 i prezzi erano più bassi! [ricordate Lampredotto?] o "hai alterato l'asse verticaleeeeh!11!!" in questo blog vi fanno solo passare per scemi. Gli indici servono a vedere quanto rapidamente crescano le variabili, la base [e quindi il livello di partenza] è largamente arbitraria, quello che conta è l'evoluzione...)

Di conseguenza, ci aspettiamo che in un primo periodo il tasso di inflazione dell'Italia, calcolato come variazione tendenziale (mese su corrispondente mese dell'anno precedente) sia stato superiore a quello tedesco, e dopo sia successo il contrario (e infatti è così):


(prima è sopra l'Italia - arancione - poi è sopra la Germania - blu).

Di conseguenza, ci aspettiamo che il rapporto fra i prezzi italiani e tedeschi, cioè il prezzo relativo del beni di consumo italiani rispetto a quelli tedeschi, prima sia aumentato (quando i prezzi italiani crescevano più rapidamente di quelli tedeschi) e poi sia diminuito (quando i prezzi italiani crescevano meno di quelli tedeschi, ed è inesorabilmente e tautologicamente così:


Il punto più alto di questo grafico coincide con giugno 2012: da lì in avanti, al netto delle oscillazioni stagionali (che potremmo filtrare con un filtro alle medie mobili o con un filtro passabanda un po' più raffinato) si vede bene che il rapporto fra prezzi italiani e tedeschi diminuisce in modo pressoché lineare, anche se il dato più basso del 2021, quello di luglio, è sempre del 2,3% sopra il punto di partenza (posto nel gennaio 1999, cioè al varo dell'Unione monetaria). Insomma, pare che come ci son voluti tredici anni a salire, così ce ne vorranno tredici a scendere (se ne parla nel 2025).

Come dovreste sapere, il prezzo relativo dei beni di due paesi (il rapporto fra due appropriati indici aggregati di prezzo espressi in una comune valuta) si chiama tasso di cambio reale. Ne abbiamo parlato infinite volte, una spiegazione spero a prova di pigrizia è qui. Quella che vedete nel grafico è quindi la storia della svalutazione interna (diminuzione del tasso di cambio reale effettuata agendo sul livello dei prezzi interni) dal Governo Monti (2012) ai giorni nostri, una storia singolarmente uniforme.

Facciamo un passo indietro, al primo post di questo blog:


La linea verde nella parte superiore del secondo grafico di questo blog corrisponde (con dati annuali) esattamente alla parte ascendente del terzo grafico di questo post (il rapporto fra gli HICP): si vede bene la crescita del rapporto fra i prezzi di Italia e Germania, prima più rapida, poi meno rapida. Non si vede l'inversione di tendenza perché questo grafico è del 2011, l'inversione di tendenza non c'era stata, e questo blog è stato aperto per avvertire sul come sarebbe stata ottenuta (con l'austerità).

Il grafico sul rapporto fra gli HIPC è quindi la madre di tutti i #sevedeva (per usare un termine del Dibattito, cioè del nostro lessico famigliare - io dico familiare, dovrebbero accendermi un fiammifero sotto l'unghia di ogni piede per farmi dire "famigliare", ma questa, come qualcuno avrà capito, è una citazione).

Ovviamente, se, seguendo il ragionamento del primo post, un aumento di questo rapporto, cioè una rivalutazione del tasso di cambio reale, faceva peggiorare l'indebitamento estero del Paese, una sua diminuzione, cioè una svalutazione del tasso di cambio reale, lo avrà nel frattempo fatto migliorare, e così è stato, ma lo vedremo domani. Sarete sorpresi (se leggete il Corriere della Sera) nel sapere che l'indebitamento con l'estero è quello che interessa i creditori esteri (strano - per un giornalista - ma vero!). Quindi sotto questo profilo (almeno questo) la situazione dovrebbe essere migliorata.

I precisini, che si sono tutti estinti, mi par di capire, visto che le ultime osservazioni critiche su questo blog oscillano fra un becero grillismo e un becero gianninismo (che poi, alla fine, coincidono nei mezzi perché coincidono nel fine: quello di delegittimare il Parlamento...), potrebbero obiettare una cosa giusta: i due indici di prezzo che stiamo confrontando non sono quelli più appropriati per verificare l'andamento della competitività di un Paese, la dinamica del suo tasso di cambio reale. Forse il confronto andrebbe esteso, più che ai beni consumati internamente, ai beni commerciati internazionalmente.

Giusto.

Ma una soluzione, come sapete, c'è, ed è quella di confrontare i veri indici del tasso di cambio reale, anziché questa stima dichiaratamente grossolana ottenuta rapportando gli HIPC. 

E allora andiamo qui:


dove troviamo i tassi di cambio effettivi dei Paesi europei. Ricordo che i tassi effettivi sono una media dei tassi bilaterali, quelli rispetto a singoli Paesi, e quindi in quanto tali forniscono una valutazione sintetica dell'effettiva forza di una valuta. Per completezza considererò gli indici costruiti considerando 37 Paesi partner - quindi, oltre ai membri dell'Unione Europea, che nel periodo sono variati di numero, almeno altri nove Paesi: Stati Uniti, Giappone, ecc.

I livelli dei tassi di cambio effettivo reale, ribasati sul gennaio 1999, evolvono in questo modo:


dove si vede lo scivolone dell'euro fra 1999 e 2000, e tante altre cose, ma soprattutto, ai nostri fini, si vede che all'inizio l'Italia mediamente rivalutò in termini reali più della Germania rispetto ai propri Paesi partner (lo si vede bene dal 2001 in avanti), cioè perse più rapidamente competitività, mentre da un certo punto in avanti accadde il contrario. Quindi, se prendiamo il rapporto dei tassi di cambio effettivi reali, otterremo un grafico sorprendentemente diverso da quello ottenuto rapportando gli HIPC:


no, aspè, anzi: sorprendentemente (per i precisini) uguale! Chi se lo aspettava? Io, perché dopo quaranta anni passati a macinare dati so che se una cosa nei dati c'è, c'è e basta (ed è per questo che ogni tanto mi vedete scrollarmi di dosso i precisini con un certo fastidio).

Torniamo un momento all'inizio, cioè al dato dell'inflazione italiana annunciato per dicembre: 3,9%, uguale al dato dell'inflazione armonizzata italiana di novembre, che è già stato 3,9%. Se tornate al primo grafico, constaterete facilmente che a novembre il dato tedesco era del 6%, come dire che la Germania stava rivalutando in termini reali del 2% rispetto a noi (per i precisini: 2,1%). Per quanto riguarda noi, valori superiori dell'inflazione si sono avuti solo fra giugno e agosto 2008 (prima del grande botto di Lehman, per capirci, senza voler stabilire alcun nesso di causazione), quando l'inflazione fu in media del 4,1%. Sarebbe curioso andare a recuperare qualche titolo di giornale dell'epoca. Per quanto riguarda la Germania, la situazione è senza precedenti da quando esiste l'Unione monetaria (potremmo divertirci ad andare indietro nei decenni, ma magari un'altra volta): possiamo supporre che siano preoccupati.

Se sono preoccupati loro, qualcuno conclude che dovremmo essere contenti noi.

La mia visione è un pochino più sfumata. Sì, è vero, negli ultimissimi mesi la velocità della correzione del tasso di cambio reale dell'Italia rispetto alla Germania sembra essere aumentata. Stiamo diventando competitivi più rapidamente. Però se mettiamo le cose in prospettiva non siamo ancora in grado di vedere un significativo cambio di passo: la nostra svalutazione interna, comunque la si misuri, procede linearmente con la stessa uniforme regolarità dal 2012 (in coerenza col fatto che tutti i Governi che si sono succeduti tranne uno si sono attenuti allo stesso programma: questo). Quindi non è detto che la nostra svalutazione reale, se pure accelerata negli ultimi mesi (motus in fine velocior) debba necessariamente comportare un maggiore riequilibrio degli sbilanci commerciali interni all'area euro (che peraltro già ci vedono in posizione eccedentaria), né in generale che possa rafforzarci politicamente, per il semplice fatto - che la pandemia evidenzia - che i dati non sono di alcun aiuto se si è deciso di non tenerne conto!

C'è viceversa da ragionare su quanto in Germania, a fronte di una simile dinamica dei prezzi, possano ritenere di aver bisogno di una svalutazione interna (deflazione) e di che cosa questa loro preoccupazione per l'inflazione di Weimar (le famose carriole, aka "pallottole in garage"), largamente indotta da una storiografia propagandistica, determinerà in termini di politiche monetarie della Bce e di proposte di riforma delle "regole".

Il problema, come tutti sappiamo, è lì, e le soluzioni proposte finora non sono entusiasmanti...

21 commenti:

  1. Chissà che dirà Hans Werner sull'€ di fronte a questo dato!

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  2. Avevo già visto per conto mio le stime d'inflazione OECD dei prossimi anni e il mio entusiasmo si è subito raffreddato quando ho visto che dei dieci punti di differenziale dalla Germania (partendo dal 1996) ne avremmo recuperato solo un paio. Ora, con questo post, per il quale la ringrazio, il mio entusiasmo per la cosa è del tutto svanito. Tuttavia, quando sento parlare di green pass e distanziamento sociale, non posso non pensare che non siano esattamente politiche sanitarie.

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    1. No, guarda, il discorso “lockdown per causare deflazione” temo sia una gigantesca cazzata. Non siate così intelliggenti(tm) da non capire quanto sono stupidi!

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    2. Ma allora qual è il motivo? Per abituarci alla perdita delle libertà? Se anche questa non vale dobbiamo credere che lo fanno per la nostra salute ma sono malissimo informati? Davvero dovremmo credere questo?

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    3. Eliminando i motivi scientifici (che non ci sono o non sono sufficienti) se li stiamo sopravvalutando, quindi, tra i motivi del distanziamento sociale non rientrano quelli macroeconomici, i restanti motivi a cui riesco a pensare sono solo i seguenti:
      1.la paranoia fin qui prodotta alimenta il consenso per le misure stringenti (vantaggio politico)
      2.l'obiettivo è semplicemente quello vendere i vaccini (a corruzzzione)
      3.qualcosa di peggio (er gombloddo)
      La banalità del male mi farebbe propendere per il primo. Anche se poi andrebbe elaborato meglio il concetto, perché sembra che da questa situazione politica chi guadagnerà voti sarà FDI che è all'opposizione. Più o meno all'opposizione. E chi ci perderà saranno Lega e M5s che sono al governo. Più o meno al governo.

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    4. L'idea che a guadagnare politicamente è Giorgia Meloni in quanto opposizione è vero a metà in quanto credo sia già stato calcolato dai volponi vecchia politica,
      Cioè: ora FDI è il primo partito nei sondaggi MA c'è da considerare che al PD basterà gridare "ARRIVANO I FASCISTI" per neutralizzare quel vantaggio facendo accorrere tutto il popolo "antifascista" alle urne (vedi elezioni sindaco di Roma).
      Alla fine della fiera il grosso della convenienza politica dovrebbe essere circoscritto principalmente nelle lotte di potere tra partiti di centrodestra.

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    5. Le motivazioni potrebbero essere una combinazione di fattori.
      1. estremo investimento politico: come in Germania non potevano ammettere che il disastro Greco era colpa loro, ora in Italia non possono ammettere che il disastro sia colpa delle soluzioni adottate (o che esse siano state inutili)
      2. che ci possano essere interessi economici esterne non è assolutamente da escludere, esempi di corruzione in tal senso ci sono stati e ci possono essere ancora, non solo in ambito sanitario ma anche in altri ambiti (es tecnologico)
      3. er gombloddo, o meglio interessi macropolitici, non è da escludere che qualcuno (persona, stato, centri di interesse) abbia interesse a modificare il comportamento sociale, se ne hanno i mezzi.

      Come detto probabilmente non è una la causa ma una combinazione: ci sarà chi ha interessi economici diretti, chi ha interessi politici di potere diretti o indiretti, chi ci crede davvero, chi ci ha creduto ma non può tornare indietro, chi se ne approfitta degli eventi, chi manovra per far accadere tali eventi (con successo o meno).

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  3. Sempre molti complimenti per le forbìte citazioni: sicuramente più entusiasmanti delle soluzioni (quasi un ossimoro; mentre non è palindroma la SRAS: o forse sì?).

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  4. Se la correzione dei tassi di cambio reale tra Italia e Germania attualmente in atto dovesse procedere ulteriormente quanto spazio potrebbe avere il governo tedesco di spingere sull'acceleratore della deflazione interna?
    Dal momento che suppongo che noi abbiamo toccato il fondo, in Germania possono contare su ulteriori margini di erosione dei salari, rispetto a noi?
    E con gli attuali costi delle materie prime e dell'energia, esistono margini per politiche deflattive da parte dei governi?
    E la Francia, che si trova una opposizione sociale più forte che in Italia, con una bilancia commerciale messa male, potrà seguire ancora queste regole?
    Lo so, sono alcuni anni che ce lo chiediamo, ma non siamo forse arrivati al "redde rationem" all'interno dell'UE?

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  5. Intanto e' passato obbligo per gli over 50 con voto unanime .che tristezza professore che delusione forse si sono scambiati i voti per il Quirinale come siamo ridotti

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  6. segnalo un interessante effetto collaterale dell'aumento dei prezzi nel bellissimo mondo dell'eurozona. Lo spiega Gianclaudio Torlizzi in questa intervista del 14 dicembre (al minuto 11) https://twitter.com/TCommodity/status/1470811560788570117.
    L'inflazione dovuta alle materie prime non sarà transitoria come la bce cerca di farci credere e porterà inevitabilmente ad un aumento delle retribuzioni:
    "sui salari bassi si tiene il sistema economico europeo. Il loro (la bce) terrore è che se iniziano ad aprire all'ipotesi di salari in rialzo rischiamo qualcosa di più sistemico".
    Stanno facendo tutto da soli

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    1. Molto interessante. Nel mio settore (ing. elettronica) già succede, dopo la pandemia si assiste a un turnover spaventoso per penuria di professionisti. Chi cambia azienda riesce a spuntare spesso, in questo momento, RAL più alte anche del 20-25%.

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    2. Per piacere puoi precisare dove sono andati e come vivono adesso gli ingegneri che c’erano prima? Non saranno morti tutti e di certo non sono tra i percettori del reddito di cittadinanza (per chi ci crede). Inoltre si dice che le aziende chiudono, quindi in teoria dovrebbero esserci più persone in cerca di occupazione, anche se forse il settore in questione non se la passa male come altri.

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    3. Ti riassumo quanto è mia esperienza diretta. Allora, io mi sono laureato nel 2005, al sud, e ti posso dire che si trovava ben poco a stipendi miseri. Tra il 2009 e il 2013 è stato un disastro, solo contratti a progetto, e una buona metà dei miei ex colleghi (mediamente persone di grande professionalità) in breve tempo sono andati all'estero. Io dopo un anno da semi-disoccupato (dopo un anno da quasi percettore di reddito di cittadinanza), ho iniziato a pendolare per 7 anni al norditalia per avere uno stipendio non buono, decente, con la famiglia rimasta al sud. Sono riuscito a tornare al centrosud solo nel 2019 a uno stipendio di poco inferiore alla media dell'epoca al norditalia. Il settore elettronico attualmente è un disastro per la carenza di componentistica, e le aziende stanno alzando le retribuzioni perché hanno difficoltà a trovare professionisti perché: 1) gli stipendi in Germania, UK, sono 1.5-2 volte dei migliori stipendi italiani e quindi i laureati che possono scappano. 2) In aggiunta la famigerata riforma 3+2 oltre al declino dei licei hanno distrutto le facoltà di Ingegneria, e quindi ad esempio progettisti hardware non se ne trovano perché molte Uni non riescono a formarli. Alcuni docenti che conosco mi dicono di avere difficoltà enormi a formare gli studenti perché è mediamente calata moltissimo la preparazione degli studenti che arrivano ai loro corsi.

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  7. La Germania sotto la guida della Merkel ha piano piano preso coscienza che, anziché finanziare i consumi altrui (leggi USA soprattutto) con l’enorme eccesso di risparmio generato dalla compressione dei consumi interni conseguenza logica riforme Hartz di inizio secolo, era forse più opportuno far stare un po’ meglio la sua working class consentendo una crescita adeguata dei salari in linea - o anche leggermente oltre- con la crescita della produttività del lavoro. Questo è quanto è avvenuto e sta avvenendo a far data dal 2012-13. I risultati di questa nuova impostazione – meno ordoliberismo e più socialdemocrazia (è parossistico che sia un governo conservatore a farlo!) – sono certificati dai dati sui Consumi tedeschi (mie elaborazioni su dati Eurostat): se nel decennio 2000-2009 crescevano ad un ritmo di 1,9% annuo, inferiore a tutti gli altri (Spagna 5,6%, Francia 3,2&, noi 2,9%, media EU 3,2%), fra il 2010 ed il 2019 la crescita media annua è passata al 3,2% mentre nel resto dell’Euro Area tale tasso si è quasi o più che dimezzato (SP 1,2%, FR 2%, IT 0,9% media EU 2%).
    Ma se questa diminuita competitività lato prezzi – o apprezzamento del cambio reale che dir si voglia – se ha migliorato e di molto il benessere delle Famiglie tedesche, che effetti ha avuto sulla bilancia dei pagamenti? Se si prende come esempio l’Italia del primo decennio post euro ci si aspetterebbe un progressivo deterioramento fino ad andare in deficit. Niente di tutto questo è successo alla Germania: il surplus di partite correnti è ancora rilevante, forse non più in crescita forsennata, ma ancora molto significativo tanto da far arrivare a marzo del 2021 al 76% del PIL l’attivo della Posizione Patrimoniale sull’Estero (ancora dati Eurostat). Certo, se si dividono i flussi la bilancia commerciale fra paesi Euro ed extra euro, come l’Eurostat certifica nei report mensili, ci si accorge che queste politiche redistributive hanno avuto un loro effetto. Infatti il surplus netto di 158,9 dei primi 10 mesi del 2021 (in crescita dai 151 del 2020) è stato realizzato esclusivamente verso il resto del mondo, facendo registrate viceversa, un deficit di 8,2 mil.di nei confronti dei Paesi Area Euro (verso i quali aveva un forte attivo commerciale alcuni anni fa). Quindi nessun rischio sul lato della sostenibilità della politica distributiva, sia perché ci pensa la BCE a tenere basso il tasso di cambio, sia perché (anche) l’up-grading qualitativo della produzione industriale tedesca nell’assemblaggio di prodotti finiti (favorito dalla fornitura a basso prezzo della componentistica prodotta nei paesi limitrofi) consente di praticare prezzi maggiori senza perdere volumi di vendite.
    E l’Italia? I grafici del Prof. ci raccontano il recupero della competitività lato prezzi. Tutto giusto e c’è da aggiungere che anche l’Italia ha innalzato in modo significativo il livello di qualità della produzione industriale (ci sono studi interessanti su questo aspetto fatti oramai 3 anni fa dal Centro studi Confindustria). Siamo tornati ad avere attivo di bilancia commerciale verso i Paesi Euro e verso il resto del mondo. Questo trend “virtuoso” ha prima azzerato e poi fatto tornare in positivo la Posizione Patrimoniale sull’Estero. Ora possiamo usare il surplus di risparmio per dare sostegno ai redditi bassi e, soprattutto, fare investimenti pubblici che affianchino quelli privati nel sostenere la competitività non price Per questo è importante che Il prof, ed il partito che rappresenta, sia dove sta: in maggioranza!

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    1. Complimenti per la chiarezza.
      Mi chiedo cosa accadrà alle aziende italiane quando le banche centrali (immagino a breve) alzeranno il tasso di interesse.
      Mi chiedo altresì cosa potrebbe accadere a qualche grosso istituto bancario molto esposto.
      Mi chiedo quanto potrebbe durare questa situazione.

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    2. Grazie Alberto,
      il "pericolo" di un rialzo significativo dei tassi da parte della BCE è molto basso: almeno per i prossimi 12 mesi. Questo perché il tasso di inflazione si ridurrà nel corso dell'anno, man mano che si saranno ricostituite le scorte e quindi i colli di bottiglia lato offerta scompariranno (e come sappiamo non c'è più indicizzazione dei salari e quindi la spirale non può partire). Rimangono, è vero, alcuni elementi che strutturalmente producono inflazione, quali la transizione energetica e, con più lunga prospettiva, la riduzione della popolazione in età lavorativa, ma questi, credo, non avranno una incidenza forte nei mesi a venire. Quanto al prezzo delle materie prima, in primis energetiche, il forte rialzo dei mesi scorsi ha messo di nuovo in moto gli investimenti nel comparto e questo porterà nuova offerta e quindi stabilizzazione e poi calo dei prezzi.
      Mettendo tutto questo insieme dovremmo assistere, dalla primavera, ad un significativo raffreddamento dell'inflazione in Area Euro con la BCE che potrà tornare a rilassarsi ed annunciare che il rallentamento del QE non comporterà un aumento dei tassi. Se ne parlerà, forse, nel 2023.
      D'altra parte il vero rischio di un aumento dei tassi più che le Imprese lo corrono gli Stati e non solo il Nostro. La BCE lo sa bene e ci penserà molto, ma molto, prima di alzare anche solo di poco il tasso di policy.
      Hai ragione a domandarti quanto potrebbe durare questa situazione: siamo in terre completamente inesplorate!

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  8. Il confronto dei prezzi resi comparabili e ponderati non evidenzia un aspetto che non saprei come definire, so che è fuori dalle tabelle riportate ma vorrei sottomettere un ricordo.

    Quando lavoravo in Germania per una azienda italiana che aveva la filiale tedesca il mio collega tedesco (pari grado , pari competenze) aveva uno stipendio netto doppio del mio .
    Ma io spendevo per la casa zero (proprietà , di famiglia) lui metà: in affitto.
    Di fatto il suo tenore di vita mi sembrava pari o leggermente inferiore al mio (anni: 1985 - 1990) .

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  9. Vista la drammatica situazione che si sta configurando, dovrò investire in carriole e giubbetti antiproiettile.

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  10. Il link al secondo documento non funziona.
    Riporto il link corretto.

    http://albertobagnai.it/wp-content/uploads/2022/01/2021_04_26_Circolare-ministeriale-017948-Vigilante-attesa.pdf

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