sabato 11 giugno 2022

Disastro Brexit

Eggnente... la ruota gira, e ci riporta esattamente a 10 anni fa: stessa battaglia, stessa retorica, stessi protagonisti. Piccola differenza: qualcuno ha avuto (grazie a voi) l'opportunità di crescere e di progredire nella conoscenza dei fatti e delle cose. Altri no. Non sarà molto, ma non è solo una soddisfazione personale: è anche un progresso politico.

Ci pensavo leggendo questo tweet, risalente a tre anni fa, di un nostro caro amico:


Qualcuno me lo ha portato nel flusso del discorso (onestamente, non ricordo chi: era tre giorni fa a Palermo) e io mi ci sono fatto una risata sopra. A seguire, si è innescato un simpatico dibattito:


che ha molto il sapore di quelli di dieci anni or sono. Ovviamente sono andato a controllare, e:


Ops! Una iscritta pandemica!

Non l'ho ancora schiantata, non perché creda particolarmente convincente o rilevante la sua spiegazione:


(che pure sarebbe un interessante caso di studio da sottoporre a Twitter in Commissione amore - se Twitter rispondesse alla convocazione, cosa che non fa per motivi che vi ho spiegato altrove), ma perché credevo fosse più utile, visto che è passato un po' di tempo, andare a vedere insieme che cosa è successo alla Gran Bretagna ora che, oltre allo "shock" della Brexit, abbiamo avuto anche quello della pandemia.

Per farlo utilizzo il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto, estratto dai conti nazionali trimestrali dell'OCSE, reperibili qui. Per la precisione, la variabile utilizzata è questa: HVPVOBARSA - Per Head, US dollars, volume estimates, fixed PPPs, OECD reference year, seasonally adjusted (Pil pro capite in dollari Usa ai prezzi costanti con anno base OCSE, espressi in parità di potere d'acquisto con coefficienti fissi e destagionalizzati).

I dati sono questi:


e ci dicono quello che è ovvio: ha fatto molto meno male la Brexit agli inglesi che l'austerità a noi! Infatti, mentre in occasione del 2016 non si nota alcuna visibile flessione del Pil pro capite britannico (la spezzata gialla), è immediato verificare che dal 2012 in poi, cioè dall'inizio della stagione dell'austerità, l'Italia e la Francia subiscono una flessione del Pil mentre il Regno Unito se ne va dritto per i fatti suoi. Quindi, se nel 2010 il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto in UK e Francia sostanzialmente coincideva ed era praticamente identico alla media dell'Eurozona, con l'Italia poco sotto e la Germania molto sopra, dal 2013 si vede che l'Italia ha fatto un tuffo, tirandosi dietro la Francia e quindi la media dell'Eurozona, mentre il Regno Unito tira dritto. Si approfondisce così un divario che non viene più recuperato fino allo shock pandemico e oltre.

La possiamo mettere anche in un altro modo, rapportando alla media dell'Eurozona i Pil pro capite nazionali (tanto sono espressi nella stessa unità di misura). Otteniamo questo risultato:


che ci racconta le stesse cose in modo forse più espressivo. Cominciando da casa nostra, noi nel 2010 partivamo da un Pil pro capite vicino al 97% del valore dell'Eurozona, e da allora abbiamo perso posizioni in modo pressoché costante, con una specie di plateau fra 2015 e 2016 (rimpiangeremo Renzi?). UK e Francia erano vicini al 100%, poi UK ha decollato quando è iniziata l'austerità. Esprimendo il suo Pil pro capite in rapporto a quello dell'Eurozona vediamo che in effetti nel 2017 una flessione c'è stata: nel trimestre del referendum il Pil pro capite inglese era attorno al 104% di quello dell'Eurozona, per poi scendere attorno al 102% nel 2017, e stabilizzarsi. Si vede però che dopo lo shock pandemico la Germania ha cominciato a flettere, mentre UK ha recuperato con una relativa scioltezza (il rimbalzo della Francia però è stato più pronunciato). Sintesi: uno shock si vede (misurato in termini di Pil dell'Eurozona), ma non è così rilevante e la capacità di ripresa dell'economia britannica sembra lievemente superiore a quella di altre economie (come la nostra e forse anche la francese).

Vediamo allora i dati in un altro modo, cioè fatta pari a 100 la prima osservazione:


Qui conviene partire dalla fine: il Regno Unito (linea gialla) è il secondo Paese per crescita nel periodo fra il primo trimestre del 2010 e il primo trimestre del 2022. Quello che è rimasto più indietro è il nostro, poi c'è la Francia, poi la media dell'Eurozona, poi il Regno Unito, poi la Germania (che negli ultimi tre trimestri arranca).

I dati espressi sotto forma di indice permettono di apprezzare meglio la lieve flessione della crescita nel 2017, quella che determina l'arretramento dal 104% al 102% della media dell'Eurozona visto nel grafico precedente. Ma mi sembra chiaro come i problemi in termini di crescita siano altrove.

Povera Favoletta! La sua favoletta coincide (chissà perché?) con le esternazioni di un importante economista italiano, che però, a loro volta, non coincidono con i dati forniti da un'importante organizzazione internazionale.

Credo che scegliere non sia molto difficile, e ricordate: fino a un anno dopo la fine dello stato di emergenza (e quindi fino a tutto marzo 2023) gli iscritti a Twitter dopo il gennaio 2020 conviene bloccarli... e il termine è prorogabile!

4 commenti:

  1. Io non so come si possa essere cosi' in mala fede. Devo pensare che la signorina in questione sia un'universitaria che studia a Londra, che non e' la Gran Bretagna ma l'isola dei super-ricchi, e guarda la BBC o il telegiornale di Cathy Newman e legge il Guardian, (ma francamente anche gli altri...). Il periodo degli studi universitari e' quel periodo meraviglioso in cui non sai nulla del mondo, perche' non produci, ma pensi di sapere tutto perche' studi. Io invece ricordo gli anni pre-Brexit. I tagli di Cameron nel 2010 e l'aumento della disoccupazione e dei senza tetto, se ne vedevano molti di più per strada. Ricordo gli enormi problemi di esportazione.
    Non riuscivamo piu' a fare profitto perché i nostri clienti volevano pagare in nella loro valuta nazionale (mica scemi) e la sterlina era troppo forte. Ci abbiamo rimesso per un paio d'anni e sono saltate delle teste. Anche trovare lavoro non era cosi' facile. Invece l'occupazione e' andata aumentando post-Brexit, ma poi certo si e' sovrapposta la pandemia ed ha mascherato le cose. Se facciamo il confronto con la media europea la Gran Bretagna ne esce comunque molto meglio, nonostante la Brexit, o meglio, proprio per la Brexit. Anche la Bilancia commerciale era tornata in attivo, poco prima della pandemia dopo circa 20 anni. Pandemia che e' stata affrontata con iniezioni di liquidità immediatamente, il governo ha garantito l'ottanta per cento del salario a tutti quelli colpiti, fino a 2,500£ nette.
    Quello che e' vero e' il modo balordo in cui i media raccontano la realta' Ed e' una cosa di cui qui si e' parlato in continuazione, per cui quelle parole false mi indignano ma non mi stupiscono. Il tema e' come migliorare la qualita' dell'informazione. Non mi viene in mente nulla se non agire per aumentare il pluralismo dell'informazione, perche' questi vanno a pezzi quando incontrano uno che sa le cose, lottare contro la censura e possibilmente smettere di finanziare chi ci racconta balle con i nostri soldi.

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  2. con l'austerità non siamo cresciuti perché abbiamo fatto politiche deflattive ammazzando la domanda interna mentre in gran bretagna cresceva la loro economia tramite domanda interna che permetteva loro di lavorare e c'era l'aumento salariale o sbaglio??

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  3. Interessante vedere la Germania, durante la pandemia, avere il reddito procapite rispetto alla eurozona aumentare.
    Chiaramante è rispetto a una media e una media non dà un senso della variabilità dei dati. Sta di fatto che hanno mantenuto il loro vantaggio competitivo.

    Lo diceva qualcuno in quel periodo, che se la Germania tira fuori subito 150 miliardi mentre noi solo 3,6, non solo subiamo i danni del lockdown ma perdiamo terreno nei loro confronti.

    Per la serie "economia di mercato fortemente competitiva".
    Probabile

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  4. Il problema italiano lo sappiamo bene, volere la moneta forte per indebitarsi e piangere perché poi con una moneta forte non puoi aggiustare i conti. se inflazioniamo il bilancio pubblico, chi paga il conto?

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