mercoledì 8 dicembre 2021

La ripresa

Qui abbiamo sempre fatto un certo sforzo per mettere le cose in prospettiva, traendone discreto giovamento. Approfitto di una uggiosa giornata di pioggia nella trincea della legge di bilancio per riprendere un tema che abbiamo trattato infinite volte (ad esempio qui, quiqui, qui...) riprendendolo anche dopo la pandemia (ad esempio qui e qui): quello della crescita economica del Paese, intesa come crescita del Pil. Sono usciti da un mese e mezzo gli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale e volevo rapidamente commentarli con voi, per dare un'idea delle condizioni in cui ci troviamo.

Intanto, questo è il Pil reale dell'Italia in miliardi di euro dal 1980 al 2020 con le previsioni dal 2021 al 2026:


Secondo il Fmi nel 2022 torneremo al livello del Pil del 2019 (con 1733 miliardi di euro - nel 2019 erano 1725) e, udite udite!, nel 2025 saremo di nuovo, con 1797 miliardi, al livello del Pil del 2007, cioè al livello pre-crisi, pari a 1795 miliardi. Ci saranno cioè voluti, nonostante la pandemia, "solo" 18 anni per superare lo shock della crisi Lehman e di tutte le sue successive ramificazioni.

Cominciamo quindi col dire che per fortuna finora è andata meglio di come temevo andasse qui:


dove però specificavo che questo scenario (recupero del livello pre-crisi nel 2050) era ovviamente molto conservativo/pessimistico, e lo avremmo fronteggiato nel caso in cui non ci fossimo liberati delle regole europee (la decisione di sospenderle fino alla fine del prossimo anno è stata presa all'inizio di quest'anno, e quindi quasi un anno dopo il post in cui vi presentavo questo grafico). In questo scenario pessimistico escludevo una ripresa a "V", che invece finora pare ci sia, anche se è una V sbilenca perché la discesa è durata un anno e la risalita ne prenderà (almeno) due. L'unico dato certo è che nel 2021 il tasso di crescita è stato molto più elevato (intorno al 6%) della media storica dall'entrata nell'euro in poi (0.44%), quella usata con un'ipotesi dichiaratamente semplicistica per costruire la parte arancione del grafico qua sopra.

Resta però sempre aperta una questione che viene regolarmente ignorata nel dibattito. Quando saremo tornati al livello pre-crisi, quello del 2007, che ci siano voluti 18 o 43 anni questo comunque non significherà che avremo "recuperato": significherà semplicemente che saremo tornati al punto di partenza, perdendo 18 (o 43) anni di crescita. Sarebbe utile avere almeno approssimativamente in testa un'idea di dove saremmo oggi se non avessimo subito il tracollo esogeno del 2009 (la crisi finanziaria globale) e poi quello endogeno del 2012 (l'austerità di Mario Monti).

Un modo grossolano ma efficace per fare questa valutazione è usare i dati disponibili per stimare la tendenza di crescita del Pil fino al 2007, e poi estrapolarla fino ad oggi.

Usando i dati dal 1980 al 2007 possiamo interpolare questa tendenza lineare (sì, so che è il modello sbagliato perché quello giusto è una cosa così, ho letto il "two Charlies paper", ma ci facciamo andare bene una tendenza lineare):


Questa semplice elaborazione da Excel in buona sostanza ci dice che in media fra il 1980 e il 2007 il Pil italiano è aumentato di 26 (25.948) miliardi all'anno. Possiamo usare questa semplice informazione per capire dove saremmo se non ci fossero toccate, in ordine cronologico, la crisi finanziaria globale, l'austerità, e il COVID (tre sciagure di cui almeno due certamente man-made).

Il disegnino è questo qui:


e spero che faccia capire che cosa intendo dirvi. Tanto per darvi un'idea, nel 2019, cioè prima dell'arrivo della pandemia che abbiamo affrontato come sapete, la differenza fra dove eravamo (la linea blu) e dove avremmo potuto essere se dal 2007 fossimo cresciuti allo stesso ritmo tenuto nel 27 anni precedenti (la linea arancione tratteggiata) era di 397 miliardi (dati dalla differenza fra i 2122 miliardi cui saremmo arrivati continuando a crescere, e i 1725 storici). Nel 2021 non sarà meglio: lo scarto fra linea arancione (la tendenza storica di crescita) e linea blu (la crescita realizzatasi effettivamente) arriverà a 511 miliardi, che poi è come dire che il Pil cui avremmo potuto aspirare in assenza di tutti questi shock è del 30% superiore a quello che registreranno le statistiche.

Ora, capite bene che parlare di "fine dell'emergenza" quando saremo tornati al livello del 2007 (e tanto meno a quello - inferiore - del 2019) non ha alcun senso, né tantomeno ne ha parlare di ritorno alle "regole europee" precedenti, atteso che, come si vede bene dal grafico, una buona parte di questo scarto si è accumulata quando dal 2012 al 2014 ci siamo inflitti tre anni di recessione del tutto superflui obbedendo a ricette che oggi tutti definiscono sbagliate (la cosiddetta austerità). Ma quando ne parlo in Senato, al di fuori dei miei colleghi di partito, non credo che nessuno mi capisca (sono però persone garbate - tranne Renzi, va detto - e mi ascoltano con cortesia).

Prima di concludere, vorrei gestire almeno tre obiezioni ovvie (per quelle meno ovvie ci sarete voi).

La prima è quella cui ho già accennato sopra in un breve inciso tecnico: il modello utilizzato per calcolare la crescita cui si sarebbe ipoteticamente arrivati se dal 2008 in poi non avessimo inanellato disastri su disastri (quello utilizzato per calcolare la linea arancione) non è particolarmente sofisticato (ai nerd, che non ne hanno bisogno, dico che è questo qui). Possiamo divertirci utilizzando modelli più sofisticati, tipo questo qui, e chi ne ha voglia può tranquillamente farlo, ma onestamente non credo che il quadro cambierebbe di molto. Tra l'altro, lo scopo di questa semplice simulazione è dare ordini di grandezza,  e scenari che si sviluppano su oltre dieci anni hanno necessariamente una validità molto circoscritta. Su un orizzonte temporale simile la robustezza del modello (e quindi la sua semplicità) fa premio sulla sua sofisticazione (come vedremo poco avanti).

La seconda obiezione è che quanto osserviamo in questi scenari potrebbe essere comunque una deviazione di medio periodo, qualcosa di riassorbibile. Invece, purtroppo, è una catastrofe epocale, il che significa (lo chiarisco a chi sta leggendo queste pagine nell'anno in cui sono state scritte) che stiamo vivendo in una catastrofe epocale (che non è la pandemia ma l'austerità). Per rendersene conto basta andare sul sito dell'Istat, alla cui homepage trovate questo bel grafico:


La serie storica secolare del Pil ci mostra che nei 159 anni che hanno seguito l'Unità d'Italia non si è mai vista una catastrofe simile: solo la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato una cicatrice ugualmente percettibile, ma riassorbita molto rapidamente, a differenza di quanto vediamo dal 2007 in poi. Immaginate di vedere questo grafico nel 2200 (qualcuno lo vedrà, magari qualche archeologo del web ritroverà queste parole): la cicatrice sarà ancora molto ben visibile, e così nei secoli e nei millenni a venire (fatto salvo ovviamente il caso di evento astronomico, visto che con la virologia - e i suoi adepti - abbiamo già dato uscendone, se non migliori, almeno non estinti).

Vorrei che foste profondamente coscienti di questo, e che usaste questo dato (e il fatto che la classe politica italiana nella sua vasta maggioranza è culturalmente incapace di relazionarcisi) come principale lente per osservare qualsiasi cosa vi stia accadendo attorno, perché, che lo vogliate o no, il dato storico principale del periodo che stiamo vivendo assieme è, e resterà nei dati, questo, non altri.

Vado a un terzo punto, a una curiosità che potrebbe spontaneamente sorgere: ma agli altri com'è andata? Perché se per noi è stata una catastrofe, se si è creata una voragine simile, potrebbe anche darsi che la colpa sia nostra, visto che siamo dei lazzaroni, siamo corotti (#aaaaacoruzzione), siamo eticamente e ontologicamente inferiori ai nostri vicini di casa, ecc. ecc. (gli argomenti da bar dello Sport che sentite in televisione e leggete sui giornaloni). La prima osservazione ovvia viene in realtà dal confronto intertemporale, più che da quello internazionale: banalmente, se fossimo veramente quelle merde che certi nostri editorialisti a libro paga dipingono, la nostra storia sarebbe costellata di altri episodi simili. E invece no: c'è solo questo, visto che perfino dalla Seconda Guerra Mondiale ci siamo ripresi con una discreta scioltezza, ed eravamo molto più liberi di oggi, molto meno contornati di cari amici europei che ci danno tanti buoni consigli, ma anche tanti cattivi esempi...

Tuttavia il confronto internazionale fornisce spunti interessanti. Vediamo ad esempio come se la sono cavata Germania e Francia, i nostri fratelli maggiori nell'area euro:



Intanto, si vede che in fondo in Germania il modello un po' banale che abbiamo utilizzato per stimare la crescita ipotetica dal 2008 in avanti (usando i dati dal 1980 al 2007) non va poi così male: nel 2019 lo scarto fra le linee arancione e blu (l'errore di previsione) era solo del 2,8% per una previsione a dodici anni! Che è come dire che se da noi le cose vanno così male, se i dati effettivi si discostano così tanto da quelli estrapolati, la colpa non è del modello... Tuttavia, si vede che anche nel Paese meno svantaggiato dall'attuale contesto (perché beneficia di un sostanziale dumping valutario, perché ha lasciato una parte consistente del suo sistema bancario fuori dallo scrutinio della occhiuta vigilanza europea, ecc.) la crisi del 2009 ha lasciato una traccia, determinando uno slittamento della crescita storica al di sotto (se pure di poco) di quella ipotizzabile coi dati fino al 2007. Considerazioni analoghe valgono per la Francia, che però, avendo problemi di competitività (come qui sapete da tempo), nel 2019 si trovava sotto del 5,2% (non il nostro 30%, ma sempre qualcosa di ben visibile).

Insomma: uno slittamento verso il basso c'è stato per tutti, inutile girarci intorno, anche se il nostro è particolarmente grave per motivi sostanzialmente uguali e contrari a quelli del nostro principale concorrente.

Ma se ci allarghiamo un po', se usciamo dall'Eurozona, o dall'UE?


Nel Regno Unito abbiamo un quadro sostanzialmente simile a quello offerto dalla Francia (persistenza dello shock del 2008, ma senza il secondo tracollo nel 2012 causato a casa nostra dall'austerità, con scarto dalla crescita tendenziale pari al 4,6% nel 2019, mentre in Polonia applicando lo stesso metodo le cose si presentano così:


e finalmente abbiamo un grafico in cui la crescita effettiva supera, e di gran lunga, quella tendenziale! Però, qui c'è un problema: la crescita tendenziale della Polonia è sottostimata perché nel calcolarla abbiamo tenuto dentro gli anni '80, quando le cose per tanti motivi non è che andassero benissimo. Se calcoliamo la crescita tendenziale (la linea arancione) usando i dati "post-portuali di Danzica" (diciamo dal 1991), come  è forse più corretto fare, la cosa si presenta così:


e insomma ci siamo capiti: per qualcuno l'ingresso nell'UE è stato veramente un'opportunità, ma è chiaro che questa discesa, vista dal basso (cioè da sud) sembra una salita... 

Sintesi: il disastro è successo solo dove si è fatto austerità, e a questo proposito vi ricordo che secondo il PNRR nel 2023 dobbiamo riprendere la spending review. Siete pronti?

27 commenti:

  1. Professore, questo post dimostra chiaramente come il senatore Monti abbia ragione quando dice che "gli italiani hanno uno scarso livello di educazione e preparazione".... altrimenti non si spiega perché la stragrande maggioranza degli italiani siano ancora a favore della permanenza nell'unione europea... le auguro buon Natale....opsss volevo dire buone feste....

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  2. Il pnrr ,con l' enorme mole di condizionalità che comporta,non è stata la scelta più vantaggiosa per la nostra Comunità Nazionale.Si potevano emettere titoli di stato e pretenderne la loro monetizzazione(vedi qui https://voxeu.org/article/make-room-fiscal-action-through-debt-conversion ) per ovviare ai danni della pandemia dato che i tassi ancor oggi sono assai bassi e che le poche aste dei titoli dello scorso anno sono state sempre un successo.Ora che abbiamo subito il danno dobbiamo ,chiunque governi,continuare a pretendere che i trattati siano sospesi sennò sarà inutile la garanzia(perchè tale è nei fatti) data dagli Alemanni ai titoli del pnrr.Tutto ciò nel bene sia dei garantiti (in particolare noi e i francesi)che dei garanti.L' unico soggetto che possa aiutarci in questa impresa sono gli Usa che ha l'influenza necessaria sulla Germania e l' interesse ad esercitarla per mantenere facilmente la presa sulle province meridionali del loro impero europeo

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  3. Il FMI ha considerato la polonia un paese in via di sviluppo fino a quest'anno. Non può essere paragonata con noi.
    Also, il nostro pil faticava a riprendersi già dal 2010, a differenza di germania e francia. Monti è arrivato nel 2012.

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    1. Se lei non riesce a cogliere il dato positivo del PIL nazionale del 2010, che registrò un +1,6%, mentre nel 2012 facemmo -2,8%, nel 2013 -1,7% e nel 2014 un +0,11, mi scusi, ma il problema ce l'ha lei.

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    2. Tu non riesci a cogliere che germania e francia avevano già recuperato nel 2011 tutto quello che avevano perso nel 2008-09, l'Italia no. I grafici che ha postato il prof sono chiari. Monti è arrivato, mi correggo, a metà novembre 2011 ma il nostro pil decresceva già nel terzo trimestre, quando monti ancora non c'era. Punto.

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    3. Per quanto riguarda Francia e Germania è evidente che abbiano assorbito meglio di noi per ovvi motivi, su questo non è necessario aggiungere altro.
      Nel terzo trimestre del 2011 si cominciavano a vedere segni di rallentamento, non c'è da stupirsi data l'austerità del Governo Berlusconi.


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    4. Nella osservazione del signor "sconosciuto" mi è parso evidente il tentativo di occultare gli effetti nefasti del Governo Monti, quando egli afferma che il PIL "faticava a riprendersi già dal 2010". Per gli effetti recessivi sull'economia nazionale nel 2011 vorrei ricordare all'amico la letterina della BCE al Governo, scritta a quattro mani, dell'agosto 2011 e i provvedimenti di "stabilizzazione finanziaria" dell'estate 2011 (misure economiche proposte dal Governo - con la Legge 30 luglio 2010, n. 122 e con la Legge 15 luglio 2011 n. 111). Così, giusto per agevolare la memoria e indicare le responsabilità.

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  4. Abbiamo da imparare il modo di stare a quel tavolo di trattativa che altro non è che l' Ue da "nuovi arrivati ,come sono i polacchi e i baltici .Questi usano con abilità il loro rapporto con gli Usa per avere margini di manovra rispetto alla Germania ,sfruttando il timore Usa che l'egemonia economica tedesca possa diventare di nuovo egemonia politica e addirittura militare .

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  5. Sarò pessimo, ma la linea tratteggiata rossa non la recupereremo più, sarà un bel ricordo.

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  6. Trovo fondamentale il post per la sottolineatura dell'effetto catastrofico "epocale" delle politiche dell'austerità imposte all'Italia dal vincolo esterno dell'UE.
    Questo è il vero nocciolo della questione europea e mi stupisce e scandalizza il fatto che nei diversi schieramenti politici sia oggi ancora molto carente e spesso ignorata la consapevolezza di questo grave fattore che paralizza il nostro Paese. Anzi, osservo con terrore la pericolosa rinascita di un'area politica moderata eurofanatica di destra e di sinistra con il contributo fondamentale del grillismo trasformista di Conte e Di Maio (il grande centro), schierata decisamente dalla parte del progetto eurista.
    Sicuramente noi abbiamo commesso l'errore di sottovalutare la forza enorme del nemico interno ed esterno e ci siamo illusi di poter ribaltare rapidamente i rapporti di forza sfavorevoli.
    Non è andata così, a volte anche per scelte politiche discutibili o errate dei leader, e oggi viviamo una grande incertezza e paura, non solo generata dalla emergenza pandemica.
    Dobbiamo riprendere i fili del ragionamento e dell'approfondimento economico, culturale, sociale e politico che abbiamo iniziato dieci anni fa su questo blog, grazie alla sua felice intuizione.
    Mi auguro che si possano superare i limiti evidenti di un innegabile tatticismo politico che hanno contribuito a rendere opaca e indistinguibile la linea politica chiara e netta del programma elettorale leghista del 2018.
    La ringrazio ancora per il suo instancabile lavoro. Noi non molliamo.

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  7. Secondo me quando lei cita i due Charlies si mette nel framework di riferimento sbagliato. La prego di dirci due parole su Bachelier, Kolmogorov, Chaitin, Mandelbrot, insomma gente che tutti conoscono! Una crescita senza limiti è una opportunità di arbitraggio troppo predicibile. Il punto è creare un mercato efficiente, o come direbbero gli americani, un fair game. Come signor nessuno, prevedo tutta l'unione a crescita zero e successivamente il mondo intero entro il 2050.

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    1. È arrivato… l’arrotino? No: il trader!

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    2. Certo, siamo mercanti, ma loro (assieme ai loro maestri) sono le menti più sopraffine mai esistite. Siccome vedevo che nei post precedenti si parlava di "credo" e di religione, allora secondo me sarà bene indicare di quale religione realmente si tratta, perlomeno al fine di evitare sfortunati equivoci.

      Il mercato efficiente è un postulato, non certo un'osservazione empirica, ed è la condizione necessaria all'equilibrio economico generale. Si potrebbe quì arguire, io lo farei in sedi più nobili, che all'equilibrio saremo tutti morti, ma non è nemmeno questo il punto, forse. Il punto è che le occasioni di arbitraggio che non rientrano mai nell'equilibrio generano ineguaglianze e ingiustizie.

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    3. Da quanti giorni sei qui, caro? Io sto riprendendo le fila di un discorso che va avanti da un po'... Lo dico a tua tutela.

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    4. Molto, ma chiedo pacificamente, cosa cambierebbe se tutti i paesi invece di crescere a ritmo si mettessero a fluttuare attorno ad un valore più o meno arbitrario dato all'economia riflettendo l'arbitrio di un mercato efficiente? In ogni caso non è credibile che l'Italia del 1990 producesse il 15% in meno di quanto produce oggi, è un mero artificio, fosse solo per questioni demografiche

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    5. Caro: non sei un economista e sei qui da molti giorni, cioè pochi anni. Io vorrei anche poterti rispondere, ma “l’arbitrio di un mercato efficiente” (forse vuoi parlare di arbitraggio?) non ha alcun senso per un economista. O chiedi con parole veramente tue, senza ammantarti di letture non fatte e parole non apprese, o ti suggerisco la lettura come alternativa valida alla scrittura.

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  8. Leggendo questi post in effetti si capisce un po' di più la sua incavolatura quando si insiste su pandemia,vaccini e dintorni..la vera sciagura secondo lei sono e rimangono i vincoli esterni europei. È però difficile rendersene conto e realizzarlo da comune cittadino. Tuttavia penso che lei effettivamente abbia ragione, come sugli ortotteri in tempi non sospetti quando poteva sembrare complottista o paranoico.
    Teniamo duro

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    1. Quando la pandemia se ne andrà questa roba resterà.

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    2. La pandemia non se ne andrà, e anche se se ne andrà verrà sostituta con la successiva "emergenza", che sarà presumibilmente quella climatica, che sta già producendo i primi dividendi: cioè la direttiva europea sulle case.
      Sarà emergenza infinita, la normalità cui eravamo abituati possiamo scordarcela.
      E chi è all'interno della politica spero abbia capito che la democrazia rappresentativa è al capolinea, a meno che qualcuno non fermi personaggi come Draghi e tutti gli sgherri del governo mondiale degli "ottimati" che si sta rapidamente affermando.

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  9. Con tutta l'ammirazione per l'economista che ha sconvolto il dibattito economico a partire dal 2011, francamente non so cosa pensare del politico che in fondo è nel partito che vorrebbe di nuovo Draghi come presidente del consiglio, nonostante una manovra economica lontanissima da un reale sviluppo, priva di investimenti reali e totalmente subalterna alle potenze straniere e alla UE, subalternità certificata anche dal penoso accordo coi francesi che certifica un'Italia definitivamente colonizzata che, sostanzialmente, non si riprenderà mai più. Tanto vale ammettere che fin dal 1980 la sovranità non ce l'abbiamo mai avuta e che hanno semplicemente smesso di lasciarci giocare. Se non altro all'epoca per sorvolare i nostri cieli a caccia di mig libici hanno dovuto mentire spudoratamente. Oggi potranno farlo alla luce del sole.
    Per non parlare del vergognoso autoritarismo attraverso il quale questo provinciale regime del "più autorevole del mondo" ghettizza milioni di persone in maniera incomprensibile e nella sostanziale indifferenza della assuefatta e decadente maggioranza dei cittadini.
    Di cosa parliamo Senatore? Mi sembra che la Lega abbia esaurito la spinta propulsiva, e come ha giustamente fatto notare qualche osservatore, non certo perchè abbia pagato la scelta "populista", ma perchè al contrario pare averla chiaramente abbandonata.
    Leggerla è sempre bello, ma se fino al governo Giallo-Verde pareva esserci una speranza politica, qui ormai stiamo a parlare da pensionati davanti al fuoco di ciò che avrebbe potuto essere e non sarà mai, e non mi pare che la Lega si sia messa dalla parte giusta, da un po' troppo tempo a questa parte.
    Sono sempre i sondaggi di parte a certificarne il crollo elettorale o forse c'è un po' di "autocritica" da fare, come avrebbero detto i progenitori dei nazimaoisti del PD?

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  10. Spiace, l'Italia non si riprenderá mai, e non solo per LEUROPA. Fa difetto proprio la testa e la preparazione della classe dirigente. Saluti dall'estero. Sará un lento precipitare. Per quanto riguarda la scarogna dell'euro, siamo d'accordo che é una moneta destinata a fallire, ma siccome potrebbero volerci decenni (ne sono passati due, un bambino nato nel 2001 é ora maggiorenne e ha usato solo l'euro) direi che é il caso vi mettiate a cercare altre soluzioni. Per inciso, ma in questo blog non parlate mai della Cina? che so, di come ha spostato la produzione mondiale a partire proprio da inizio anni 2000, di come ha arricchito Wall Street nella gestione degli asset finanziari, del prosciugamento dei capitali in Europa, gli effetti sulle materie prime e semilavorati, di come ha importato e diluito inflazione monetaria americana senza impattare il CPI nell'occidente...nulla? Mi sembra un po'miope e forzatamente interessata questa omissione.

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  11. Ma quand'è che l'Italia avrebbe fatto austerity? Se consideriamo, erroneamente, solo l'avanzo primario, allora facciamo austerity dal 1992 e Monti non centra. Se consideriamo giustamente anche gli interessi, che fino a prova contraria sono una voce di spesa, allora non facciamo austerity da più di 40 anni!
    Capire le CAUSE del rallentamento post 2008 è qualcosa che per me è assolutamente impossibile, però se dovessi scommettere direi che conta molto l'assenza in Europa di grosse multinazionali nel settore informatico, dei social e di internet in senso lato.
    l'Italia ha parecchie debolezze strutturali da parecchio tempo: aziende troppo piccole, bassissima attrattività per il business, apparato statale che gestisce una grandissima fetta dell'economia utilizzando male le risorse, poca spesa in istruzione e ricerca, scarsissima capacità di riallocare le risorse inter e infra settorialmente, costo del lavoro alto, problemi di emigrazione della forza lavoro causa contributi elevati. Si potrebbe andare avanti, ma il punto è che Leuropa con questi problemi non centra nulla.

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    1. Caro sconosciuto (appartenente alla schiera di quelli che ai bei tempi il buon Quaresima Frappè avrebbe chiamato "pavidi conigli"! Io invece ho un'idea molto più laica sull'anonimato, e invito tutti voi a non esporvi a meno che non ne sentiate un assoluto bisogno): facciamo così: ti do ragione subito, in modo da non rifare nel 2021 la discussione già fatta nel 2012 (qui un esempio).

      Però ti chiedo una cortesia: visto che l'austerità in Italia non c'è stata, fai uno squillo a Romano Prodi e cerca di convincerlo che non può essere stata un errore (perché nessuno l'ha mai fatta). Abbi però la delicatezza di non dirgli che in realtà non è finita. Sarebbe una inutile crudeltà dirgli una verità così spiacevole.

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    2. Forse c'è un fraintendimento sulla definizione di austerità. Io intendo quando lo stato incassa una cifra maggiore o uguale a quella che spende. Stando a questa definizione quello che ho scritto è fattuale e facilmente verificabile.

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    3. Guarda, per me puoi anche chiamare “spigola” la maniglia di una porta. Basta che non me la fai mangiare.

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  12. Il 2022 sara' l'anno in cui seppelliremo tutte le nostre speranze/aspettative di crescita.
    Niente di drammatico, si tratter' solo di rimuovere una illusione e guardare in faccia il mondo reale.

    In arrivo, una crisi energetica formato Godzilla. Ma una roba da far impallidire gli anni 70.
    Sono proprio curioso di vedere la famigerata "solidarieta' europea", in quel frangente.

    Saluti

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