“Ce lo chiede
l’Europa!” Quante volte ce lo siamo sentiti dire, in questi ultimi anni? Col
passare del tempo, però, la retorica patriottarda di questo ritornello (“siam
pronti alla morte, l’Europa chiamò!”) si sta sgretolando. È la realtà a
inseguire e raggiungere chi non sia stato già convinto per tempo dalle tante
autorevoli analisi, come quella di Luciano Canfora (È l’Europa che ce lo chiede! Falso!, Laterza, 2013), o quella di
Giandomenico Majone (Rethinking the unionof Europe post crisis, Cambridge University Press, 2014). Lo sfaldamento
dei due pilastri della costruzione comunitaria (la libera circolazione dei
capitali, cioè Maastricht, e la libera circolazione del lavoro, cioè Schengen)
oppone ogni giorno all’esclamativo categorico del “ce lo chiede l’Europa!” una
schiera di interrogativi: Europa chi? Europa come? Europa perché? Europa
quando?
A scongiurare
l’esercizio dello spirito critico interviene allora un grande classico della
gestione paternalistica dei conflitti: il senso di colpa. “Ma come? Porre in
questione l’Europa, proprio questa Europa che fa tanto per noi, con i suoi
finanziamenti comunitari, quei finanziamenti che noi, Untermenschen, evidentemente non meritiamo, perché non siamo in
grado nemmeno di spenderla, questa cuccagna, e sì che ci sarebbe preziosa per
recuperare il nostro colpevole ritardo…”
Anche questo
discorsetto lo avrete sentito fare, no?
Il libro di
Romina Raponi viene molto opportunamente a colmare un vuoto. Mentre, come
abbiamo visto, non mancavano analisi accurate dell’esclamativo categorico
(“l’Europa chiamò!”), la favoletta deamicisiana (“Franti, tu uccidi l’Europa
che ti eroga i finanziamenti comunitari!”) non era ancora stata oggetto di
adeguato scrutinio scientifico. Non erano mancati, in testi più divulgativi
come Non vale una lira di Mario
Giordano (Mondadori, 2014), cenni di divertita (e documentata) insofferenza
verso il mito dei finanziamenti comunitari, destinati ovunque (non solo in
Italia) a scopi dalla logica non sempre immediatamente intelligibile. E non era
mancata, nello stesso testo, e con sempre maggior frequenza nei media di
regime, un’amara sottolineatura del fatto che in fondo noi non dovremmo sentirci
in colpa con l’Europa, visto che in ogni caso siamo suoi contribuenti netti
(ovvero, le versiamo, a spanna, oltre 5 miliardi in più di quanti ce ne
ritornino).
Attenzione:
quest’ultimo dato colpisce (come colpiscono gli aneddoti, meno estemporanei di
quanto si creda, sulla curvatura dei cetrioli o sullo zoo per coccodrilli in
Danimarca, oggetto della perfidia di Giordano), ma in fondo non dovrebbe
sembrare anomalo. L’Italia è (o meglio, prima dell’euro, era) un paese
relativamente avanzato nel consesso europeo, e sarebbe quindi stato del tutto
fisiologico che, in un’ottica di comune e solidale percorso verso un radioso
futuro, essa contribuisse in termini netti allo sviluppo degli altri paesi europei,
quelli meno avanzati. Ecco, parliamo un po’ di solidarietà… Perché è proprio se
si affronta il tema sotto questo profilo, come l’autrice fa con lucidità
analitica e perizia documentale, che ci si rende conto che le cose stanno
molto, ma molto peggio di come aneddoti e saldi (entrambi negativi) ce le
dipingono.
In effetti, che
l’Europa (?) non nasca sotto il segno della solidarietà a un economista
dovrebbe essere immediatamente evidente. Ho chiarito nei miei scritti che
questo orientamento traspare dalla scelta di articolare la politica di bilancio
sul concetto di “convergenza” (intesa come rispetto di parametri di bilancio
fissi), anziché di “integrazione”. Integrazione, in economia, significa in
generale abbattimento dei costi di transazione. L’integrazione fiscale è quindi
l’abbattimento dei costi di transazione (costi economici e politici) delle
politiche di trasferimenti fra aree in espansione e aree in recessione,
trasferimenti necessari per un equilibrato percorso di crescita comune. Penso
sia chiaro anche ai non tecnici che costringere paesi diversi ad avere la
stessa politica di bilancio (convergenza) è cosa ben diversa dal creare un
meccanismo (un bilancio federale) che funga, come negli Stati Uniti, da “camera
di compensazione” automatica degli squilibri macroeconomici fra enti federati
(integrazione). Il primo approccio, e la crisi lo ha dimostrato, amplifica gli
squilibri, anziché compensarli, perché obbliga a tagli chi si trova in crisi
(le famose politiche procicliche o di austerità – che poi sono procicliche
verso il basso, visto che se chi è in crisi deve tagliare, chi non lo è ben si
guarda dallo spendere per contribuire alla crescita comune: altro chiaro segno
di asimmetria e di mancanza di solidarietà).
Ma l’analisi
giuridica del fenomeno consente di andare oltre. Da essa emerge chiaramente
come i finanziamenti comunitari, concepiti come strumento di compensazione
degli squilibri fra paesi membri (strumento di cui l’autrice rileva il
carattere necessariamente imperfetto perché esiguo rispetto al compito
proposto; perché legato unicamente a parametri dimensionali – il peso del paese
sul totale del Pil europeo – e non ai fondamentali macroeconomici – ad esempio,
il saldo estero del paese; perché a vocazione strutturale e non congiunturale,
e quindi incapaci di offrire protezione efficace contro shock avversi come
quelli determinati dalla crisi finanziaria), siano nella prassi un meccanismo di amplificazione
di questi squilibri, amplificazione che interviene attraverso il ricorso ai due
principi di cofinanziamento e condizionalità.
Il
cofinanziamento impone agli Stati che intendano beneficiare dei fondi
comunitari di aggiungere alla quota proveniente dall’Europa una quota di risorse
proprie, che vengono distratte da altri scopi, pur entrando, ovviamente, nel
computo della spesa pubblica. Si realizza così un paradosso della virtù: chi
vuole virtuosamente profittare della manna europea deve, ahimè, mettere in
conto di incrementare viziosamente la propria spesa pubblica (a meno che non
decida di tagliare altri servizi). Come mette in luce l’autrice, molto spesso
alla radice del mancato impiego dei fondi comunitari troviamo la mancanza di
risorse per il cofinanziamento, piuttosto che una tara genetica del popolo
italiano o della sua pubblica amministrazione (secondo la linea interpretativa
propostaci dei nostri media). Ora, dato che l’erogazione di fondi è articolata
su cicli di programmazione pluriennale decisi in modo più o meno cooperativo
nelle sedi europee, cicli che quindi non necessariamente, o non interamente,
rispecchiano le imminenti priorità strategiche dei singoli paesi, la
conseguenza alla quale giunge in modo difficilmente oppugnabile l’autrice è che
in realtà i fondi comunitari sono un meccanismo particolarmente subdolo di
controllo da parte dell’Europa delle politiche di spesa dei paesi membri.
A questo
condizionamento implicito, si aggiunge anche una esplicita condizionalità,
intesa nel senso infausto che a questo termine ha dato la prassi del Fondo
Monetario Internazionale all’epoca del Washington Consensus. L’erogazione delle
risorse “comunitarie” viene subordinata non solo al reperimento delle risorse
per cofinanziare i progetti, ma anche al conseguimento di obiettivi programmatici
specifici. Insomma: ti do i soldi non solo se ci fai quello che dico io, non
solo se ce ne metti su altrettanti, ma anche se hai fatto il bravo. Dove,
peraltro, “fare il bravo” per Bruxelles significa essenzialmente tagliare,
obiettivo incompatibile, come abbiamo già ricordato, con la richiesta di
cofinanziamento.
A questo punto
non stupisce che abbia espresso perplessità su questo meccanismo anche un
economista pienamente mainstream come Roberto Perotti, uno dei falchi della
cosiddetta “austerità espansiva”, cioè dell’idea, fortissimamente sponsorizzata
dalla Commissione e dalla Bce, che chi “fa la cosa giusta” (cioè taglia) verrà
poi premiato dal mercato. Secondo Perotti, forse l’Italia risparmierebbe, se
invece di far circolare le somme per Bruxelles le spendesse in proprio. Se
perfino un “Bocconi boy” (definizione di Oddný Helgadóttir nel Journal of European Public Policy del 2015) giunge a una conclusione che, in sede
politica, abbiamo sentito articolare esplicitamente solo a Marine Le Pen (ma a
porte chiuse a qualsiasi politico italiano), è chiaro che qualcosa non torna.
Il testo di
Romina Raponi si presenta quindi come tappa fondamentale nel percorso, che
necessariamente dovremo affrontare, di decostruzione del mito irenico ed
escatologico dell’Europa che dà la pace e la prosperità, di doloroso ma
imprescindibile abbandono dell’europeismo del “dover essere” (come lo definisce
Alfredo D’Attorre), di elaborazione di un lutto col quale dobbiamo fare
rapidamente i conti, allo scopo di evitare che più gravi lutti vengano a
turbare in modo irrimediabile il percorso comune dei popoli europei.
Grazie all'opera divulgativa di Alberto, mi sono reso conto di questo fatto autonomamente e l'ho spiegato al grillino di turno con circa due anni di anticipo, pur non essendo un economista e nemmeno particolarmente intelligente: mi è bastato unire pochi puntini per capire che i finanziamenti non erano utilizzabili, dato che
RispondiElimina1 - i finanziamenti comunitari non coprono l'intero fabbisogno del progetto che viene sottoposto ad approvazione;
2 - la quota rimanente è a carico di colui che richiede il finanziamento;
3 - se colui che richiede il finanziamento è un ente pubblico (Comune, Regione, Stato) allora vige il vincolo del pareggio di bilancio che impedisce di fatto il reperimento della quota mancante;
4 - se i finanziamenti stanziati non vengono utilizzati entro un tempo prestabilito, vengono ripresi indietro;
se aggiungiamo pure che tali finanziamenti non sono altro che fondi che la UE restituisce ai paesi contribuenti e che tali paesi, per poter contribuire, hanno dovuto indebitarsi sul mercato secondario il quali, a scadenza, li rivorrà indietro con gli interessi, ecco che già solo per questo motivo ci si dovrebbe rendere conto che il primo immediato vantaggio dell'uscita dalla UE, e non solo dall'euro, sarà il risparmio netto che si avrà dal non dover più contribuire al mantenimento di questo carrozzone.
Ma non solo! Sabato scorso parlavo con un'amica di ritorno da Bruxelles per l'organizzazione di un progetto finanziato dalla UE. Lei mi commentava che il suo piccolo, ma molto competente, centro di ricerca universitaria italiano (un'eccellenza) non può permettersi di anticipare le somme necessarie ai progetti (che, a suo dire, vengono pagati dalla UE solo a risultato ottenuto) e quindi si deve affidare a un ente terzo, una sorta d'intermediario (straniero, ça va sans dire) che fa approvare il progetto e poi gira a loro i fondi per realizzarlo, trattenendosi una sorta di commissione che lei non aveva modo di quantificare, non essendole nota la somma questo ente avrebbe incassato dalla UE a progetto concluso.
EliminaIl libro di Romina Raponi si inserisce ai primi posti nella mia personale lista di libri da leggere.
Ma certo! Come i fondi per la cooperazione allo sviluppo dei vecchi PVS:tutti i progetti possono essere finanziabili a determinate condizioni!
RispondiEliminaScusate ma i finanziamenti , a meno che sia un modo per lo Stato di immettere denaro in circolo perché il ciclo economico è in espansione, sono da sempre il modo di prendere del danaro dalla comunità farlo diventare denaro pubblico per poi privatizzarlo benevolmente , questo pontificava un generale della finanza parlando dell'Italia , ora non essendo autorazzista sono sicuro che la stessa cosa si verifichi ovunque , se si è scritto un libro per arrivare a queste conclusioni forse è persino troppo . La realtà è talmente lapalissiana che basta una distratta osservazione per accorgersene , un po' come il sole che nasce al mattino e tramonta alla sera . Forse si potrebbe partire da un punto fermo assodato : il politico medio si mette in gioco per fare gli affari propri da sempre comprendendo il minimo indispensabile per sopravvivere, i santi sono un altra cosa , ora la somma dei politici non può essere in odore di santità , la cosa è completamente antitetica .
RispondiEliminaSe la cosa fosse così semplice e visibile a tutti, non sarebbero serviti due libri e anni di divulgazione da parte del Prof. Purtroppo tutto è come sembra, ma capirlo è un altra cosa.
EliminaSto finendo il libro di Barra Caracciolo.
RispondiEliminaMi chiedevo quale libro leggere poi.
Son disposto a correre il rischio degli effetti collaterali.
Grazie.
OT
RispondiEliminaE intanto (ma probabilmente avrete già letto), l'ennesimo imbroglio si è svelato (in realtà aveva comunque già anticipato che il "problema" non era per lui l'Unione Europea con le sue regole fasciste).
"Nonostante ciò, ha aggiunto (Corbin), per il prossimo referendum del 23 giugno i laburisti faranno "campagna perché il Regno Unito resti in Europa, al di là dei rimedi di Cameron".
Un altro che vuole cambiare l'"Europa" dall'interno.
La verità di una notizia o la sincerità di un impegno politico è sempre inversamente proporzionale allo spazio dato dai media mainstream. Più questi parlano di un evento, di un personaggio politico o di un partito e più è probabile l'imbroglio.
PS. Buona permanenza in Cina
Un post che aspettavo da tempo e che potrebbe fornirmi qualche aiuto nella mia piccola, isolata, battaglia all'interno della torre d'avorio del "Viva l'Europa che finanzia la ricerca": l'università. Ma mò che faccio? Penso alla salute o mi procuro un'elefantiasi epatica leggendomi il libro?
RispondiEliminaGrazie comunque.
Io invece i libri li compro ma non li leggo manco più. Lo so non dovrei dirlo, ma preferisco così: sostenere la causa ed evitarmi i mal di pancia. Non ce la posso fare... ho come una crisi di rigetto, spero che passi presto.
RispondiEliminaA little off-topic (manco troppo)
RispondiEliminaGrazie, non mancherò. La Pressione alta non è un problema. Da una a due pasticche fino alla fine del libro. Buon ritorno .
RispondiEliminaSto aspettando il libro di Barra Caracciolo.
RispondiEliminaIl lanzoprazolo l'ho già comprato.
Se sopravviverò, penso che prenderò anche questo.
Prof. lei scherza sul fatto che queste letture facciano male alla salute, io comicio a pensare che invece ci sia un fondo di verità.
Ebbene sì, caro Alberto, ce l'abbiamo fatta!! il libro esce in libreria il 25 febbraio. Ed il plurale è d'obbligo visto che se questo libro ha visto la luce è solo grazie a quanto ho potuto imparare in questi anni, grazie a Luciano Barra Caracciolo, a te e altre (poche) menti coraggiose. Ti sono infinitemente grata. Romina Raponi
RispondiElimina@ sofia
EliminaVa benissimo menti, ma ancor più, direi, Anime oneste & coraggiose !!!
Possiamo chiederle, Romina, se è presente con un profilo nei social?
EliminaMi collego al commento iniziale tra parentesi e riporto quanto sotto.
RispondiEliminaTempo fa sono andato a vedere lo spettacolo della Guzzanti. A riguardo rimasi un attimo deluso, mi aspettavo qualcosa di più tecnico, ma la colpa è mia, lei non è una economista quindi... Però è una brava e sagace comica e attrica e per questo mi ha toccato: in modo comunicativamente efficace ha spiegato una serie di temi ripresi anche da questo blog (non li riporto, chi è curioso se lo vada a vedere). Durante lo spettacolo disse una cosa che mi ha colpito (come al solito le parole non le ricordo, riporto il concetto, sperando di avvicinarmi il più possibile): 'preferiamo rimanere ignoranti perchè la conoscenza ci fa soffrire'...
Comunque grazie per la segnalazione: un nuovo libro da leggere.
Chissa' perche' se fa abberluscone va in tv (rai) se parla dei altro (euro? europa?) invece no...
EliminaAnche il suo film 'La trattativa' è stato 'leggermente' poco pubblicizzato.
EliminaA proposito di abberluscone, oggi su La Repubblica parrebbe che, ai tempi delle sue dimissioni, fosse sotto controllo USA e che ci fossero state tensioni con Francia e Germania. Ma il problema non era il Bunga Bunga?
Per dovere di cronaca e chiudere il cerchio. Ieri La Guzzanti ha invitato i sui followers su facebook a leggere questo blog e i libri del prof.
EliminaPer altro, l'unico consulente per i progetti europei che ho avuto occasione di conoscere ci diceva che c'è anche una regola "non scritta" per ottenere i finanziamenti europei, ed è questa: "bisogna coinvolgere almeno un paese del'est". Si tratta di una regola non scritta perchè evidentemente "non scrivibile" e non è scrivibile perchè persegue fini politici che non sono mai stati nè dichiarati nè condivisi.
RispondiEliminaFate voi...
Quelli che preferiscono non sapere per vivere più sereni ormai non li sopporto più, in fondo li ha già classificati Gramsci un secolo fa: odio gli indifferenti... sono il peso morto della storia.
EliminaAnche il Cristo, en passant, affermò che chi avesse voluto seguirlo avrebbe fatto bene a non essere un "tiepido" (il che non significa affatto una testa calda nel senso ordinario), particolare che molti fraintendono o liquidano sbrigativamente in altro modo. Anche apatia e atarassia stoiche (e non soltanto) si differenziano assai dall'indifferenza dell'ottuso o dell'insensibile, e proprio nel fatto che uno stato d'animo distaccato e indifferente alle passioni e alle circostanze sia in grado di meglio considerare eventi e contingenze medesime; in questo caso la stessa sensibilità sensoriale viene sostituita dall'intuizione sovra-sensoriale.
EliminaEvidentemente non era tiepido Paolo di Tarso e forse fu proprio, paradossalmente, il suo sincero zelo nel perseguitare i cristiani ad aprirgli gli occhi. Se volessimo tentare un parallelo attuale, dovremmo pensare che un eurista sincero e convinto debba prima o poi rendersi ampiamente conto di quale sciocchezza enorme sia questa moneta unica, e questo modo d'intendere l'Europa (praticamente avrebbe dovuto già farlo almeno entro ieri...): se ancora non lo fa è perché anch'egli è un "tiepido" - ovvero un indotto a credere passivamente -, oppure è in connivente malafede.
Sicuramente chiunque legga questo post è legittimato a porsi la domanda: una simile riunione l'abbiamo sperimentato in Italia "Avanti Savoia per l'Unità d'Italia" ed ha fallito? Perché ci siamo infilati in un loop simile a danno nostro? Queste sono le domande che mi rivolgono coloro che vorrebbero capire la differenza tra l'UE così progettata e l'Italia. Io vorrei rispondere che sia solo una questione di moneta o valuta, perché l'Italia (a denti stretti) ha redistribuito da Nord a Sud capitali, ma non forza lavoro e non posso dire che ci abbia provato attraverso incentivi (Alfasud) per far ritornare o sviluppare sistemi e distretti industriali. Ora Avendo la possibilità di azzerare tutto, pare che le politi applicate in Italia tra gli anni '50 e '70 sarebbero una via per far ripartire l'Italia, ma ne abbiamo la capacità? Ovvero siamo capaci di realizzare, a livello locale una reale redistribuzione del reddito?
RispondiEliminaIl punto è che gli intellettuali di sinistra vogliono il sistema italiano dei trasferimenti su scala europea.Da meridionale vorrei che fosse respinto questo percorso anche perché mi inquieta.
Elimina@Marcus: nel mio caso e' il senso di impotenza. Abiti sotto la diga, nei libri e' dimostrato che crollera', ed il terrore ti paralizza. Risolvi con varie forme di negazione, a 50 anni suonati l'idea di prendere la famiglia e fuggire ti spaventa altrettanto.
RispondiElimina@mondo perfetto, giusto per rispettare i dettami della Crusca (l'Accademia, non quella che si usa per migliorare le procedure di espulsione), è vero il senso di impotenza è la sensazione peggiore che ti prende. Dovremmo organizzare un Vespro Italiano e portarlo a termine in breve tempo.
EliminaGiuseppe Pitrè nella sua raccolta di fiabe, novelle e racconti popolari siciliani riporta una versione di
Lu Vèspru Sicilianu raccontata dal campiere Vincenzo Rappa.
L'acme dell'azione è così descritta:
Poi nèscinu pri tutti li paisi e li campagni, e javanu dumannannu a tutti chiddi chi scuntravanu:
- A tia! Dici ciciri.
- Ciciri.
- Vattinni ca si di li nostri.
- Tu, dici ciciri.
- Chichiri.
- Ah sciliratu! Tu 'nfami Francisi si'!
E l'ammazzavanu senza pietà; e pirchì li Francisi nun putianu diri ciciri e dicianu Chichiri, li canuscianu allura; e accussi nni livaru di 'mezza tutta la mala simenza. Ddoppu chistu, pigghiaru tutti li ciuretti(*) di li Francisi ch'avianu ammazzatu, li salaru 'nta li varrili di tunnina e cci nni mannaru 'na varcata 'n Francia; e si miritavanu chissu e àutru, pirchì li tiranii chi iddi ficiru fòru nenti a pettu di chissi.
(*) Testicoli come riporta la nota a pié pagina.
Per parecchi destinatari si potrebbero risparmiare le spese di viaggio organizzando una raccolta e salatura dei "ciuretti" a Km zero come si dice adesso.
Grazie, e' molto bello. "E l'ammazzavanu senza pietà", rivela potentemente come va a finire se si sfiniscono (aka deflazionano) le persone.
EliminaCercherò di comprare il libro anche se col pargolo faccio sempre molta fatica a leggere... le poche risorse che ho le sto dedicando a testi di marketing che sono necessari per il mio lavoro.
RispondiEliminaI mal di pancia me li ha fatti venire il Tramonto dell'Euro a suo tempo, mi rovinai incredibilmente la vacanza a Palinuro con la mia fidanzata che ovviamente NON se l'è legata al dito... nono.
Sicuramente si stanno riposizionando a grandi passi, vedremo che succederà con il referendum GB, chissà che in qualche modo, se dovesse andare come speriamo non ci agganceremo anche noi.
Quello che mi scoccia tremendamente è che alla fine i Fassina della situazione si stanno facendo, di nuovo, fregare da Renzi come poi lei li aveva a suo tempo avvertiti.
Un saluto
I Fassina... che tristezza vederli annaspare sul pelo della propria mediocrità. Perdenti congeniti, geneticamente predestinati a trovarsi dalla parte sbagliata della Storia. Hanno avuto la loro occasione per dimostrare di esistere, meritano di riconfluire nell'oblio da dove provengono.
Elimina@Davide: Ecco il TdE è un'ideale lettura a due secondo me. Come LoR... (provare per credere). Ad ogni modo :-), un libro letto è sempre un'ottima cosa.
EliminaDall'organo dei repubblichini:
RispondiElimina"L'addio a Schengen costerà all'Ue 1.400 miliardi"
Nella peggiore delle ipotesi i prezzi salirebbero del 3%
Numeri in liberà.
Più che altro, non dobbiamo leggerlo perché ce lo chiede l'Europa.
RispondiEliminaPadoan lo sai fin troppo bene anche tu che gli industriali e le elité Tedesche non hanno nessuna intenzione di retribuire i propri salariati al giusto livello , ma che anzi continueranno con la deflazione salariale fino al punto di non ritorno fondamentalmente perché visti i rapporti di forza all'interno della UE sono più che legittimati a continuare su questa strada e (e quello che in Germania può essere considerato come un taglio di salario accettabile perché non riduce il salariato medio tedesco nell'indigenza , altrove tipo Grecia significa spianare la strada ad Alba Dorata) ma tanto è inutile ribadirlo!
EliminaLa vicenda greca ci ha dimostrato come in gioco non ci siano per primi ne l'Euro ne l'UE , ma la presenza NATO in Europa (quella continentale) visto che il garzone da cotone imborghesito appena ha sentito l'odore di aiuti finanziari Russi e Cinesi ha "ammonito" il "Che Guevara" per telefono con un "potrebbero esserci grave conseguenze" se il Paese Ellenico avesse abbandonato la casa del Padre Statunitense cioè la Nato e poi ovviamente l'UE e Euro, ciò non è accaduto.
Quando gli americani si renderanno conto che tenere insieme il vaso coccio UE con suo mastice di pessima qualità cioè l'Euro (se lo faranno) solo allora si arriverà alla soluzione politica del liberi tutti per adesso , questo baraccone sovranazionale rimarrà li dov'è , nel frattempo in Grecia si instaurerà una dittatura militare che farà forse svegliare qualche milione di europeristi dal sogno europeo, ma anche qui non ci conto tanto , l'ideologia europeista è dura a morire , sarà quindi necessario un bagno di sangue europeo alla faccia dei 50/70 enni d'oggi che sproloquiano sulla UE che ci ha dato la "PACE"!
Commento CENSURATO dal Fatto quotidiano oggi alle 19:34 , questo perché non riceve finanziamenti pubblici ed è indipendente e perché l'Europa ci chiede di zittire i "populismi".
In che tempi bui siamo capitati a vivere ,poveri noi!
Ha perfettamente ragione, essere qui, aver intrapreso mesi di percorso comune e di feroce consapevolezza, provoca sgraditi effetti collaterali.
RispondiEliminaPerò io credo che sia sempre meglio guardare negli occhi chi ti sta per sparare piuttosto che ricevere un colpo alla nuca girati di spalle al nemico.
(anche perchè se dovessima scamparla, sapremmo chi ringraziare...).
Ma prerogativa del saggio non era l'atarassia?
RispondiEliminaSi vede che siamo messi proprio male...
(noi followers, è chiaro)
Gli ultimi europeisti per paradosso sono rimasti proprio loro...i Teutoni....pensano di 'meritarsela' questa Europa,da intendersi come spazio di dominio,'premio' dovuto per il loro essere stati 'bravi'...del resto qui in Italia e' ancora molto presente la vulgata che piace tanto anche a loro,i Germani,'la Germania e' incorrotta,tutti pagano le tasse e quindi e' giusto comandi'....ovviamente quanto a incorruttibilita tra VW e mondiali di calcio comprati non ci siamo proprio...per il resto mi pare applichino un aggiornamento di Von Clausewitz..se la guerra e' una continuazione della politica con altri mezzi aggiornato diventa l'economia e' una continuazione della....guerra con altri mezzi....con economia intendendo un agglomerato fatto di Euro,egemonia tedesca nelle commissioni,regole che valgono solo per gli altri,surplus commerciale da ottenersi anche a colpi di...turbodiesel....del resto loro paiono candidamente dire implicitamente'ma come,non siamo diventati 'liberaldemocratici'dopo il 45?mica usiamo piu Stuka, V2 e carroarmato tigre,facciamo tutte le cose giuste e pulite,non vi bombardiamo le fabbriche,al massimo ve le facciamo chiudere con l'austerita Montiana o le vendete a noi,abbiamo vinto ed ora passiamo ad incassare la vincita...eh questi Teutoni eredi di Von Clausewitz...
RispondiEliminahttps://youtu.be/N_dj8LUKSQQ
RispondiEliminaS'è scordato il cocco...
Sorru, ho sbagliato a postare. Era un commento per walter wal...
EliminaAlla lista sintomatologica aggiungerei il crescente prurito alle palme delle mani, difficilmente curabile con farmaco ad uso topico (ma anche per os, via rettale, intramuscolare, endovenosa, o sottocutanea).
RispondiEliminaNel documento "propositivo" del governo sull'Europa si parla con favore del Ministro delle Finanze europee e si riprongono gli Eurobond. Siamo nelle mani di una banda di pazzi furiosi
RispondiElimina"D'altra parte, quando non avevamo capito un cazzo, possiamo anche dircelo, stavamo tutti meglio..."
RispondiEliminaIn effetti io da anni penso che qui siamo tutti autolesionisti!
Prof, se volesse fare un gesto compassionevole verso i nuovi naviganti che dovessero giungere in questo luogo, sotto la mitica frase di Pippo ci starebbe bene un avvertimento a sfondo rosso:
"ATTENZIONE:
Leggere questo blog nuoce gravemente alla salute. Gli effetti collaterali sono: esofagite, gastrite, insonnia, sindrome depressiva, problemi cardiovascolari. Io vi ho avvertito!"
Io al momento sono alla Gastrite + Insonnia + Sindrome Depressiva ma conto di completare la cinquina in breve tempo!
Comprerò il libro, grazie per la segnalazione!
@Moreno io userei la frase che campeggia sulla porta d'ingresso dell'Istituto di Fisica, mi sembra di ricordare dell'università di Cambridge, "ATTENZIONE, questi studi potrebbero aprirvi la mente".
EliminaPer gli effetti collaterali purtroppo non so che suggerimenti dare. So solo che venivo preso dai disturbi elencati quando lavoravo nel caso in cui esaminando nuovi problemi o variazione alla normativa che ne regolava vecchi. Il tutto scatenato dalla famosa frase che qualche superiore invariabilmente pronunciava: "Vediamo gli altri che hanno fatto", come se noi non sapessimo sbagliare in proprio, senza ripetere le cazzate degli altri! Invece con l'euro e i trattati europei abbiamo fatto così: "facciamo quello che hanno già fatto gli altri" e come sempre lo abbiamo preso. La scio a te determinare dove! Un saluto consolatorio.
No, io non stavo meglio. Percepivo perfettamente che qualcosa di molto serio e anticostituzione economica stava accadendo, non nutrivo fiducia nelle spiegazioni di alcun referente politico, ma non comprendevo i meccanismi. Non conoscere cause e ragioni mi ha sempre fatto stare peggio del contrario. Almeno così si capisce quasi sempre che esiste una soluzione e quale. Poi ci si sente impotenti, ci viene ricordata da ogni parte la nostra inutilità (ma prima era forse diverso?), ma capire e sapere ci rende dignità, almeno finché non avremo fame e freddo e soffriremo per le mancate cure.
EliminaIl cofinanziamento impone agli Stati che intendano beneficiare dei fondi comunitari di aggiungere alla quota proveniente dall’Europa una quota di risorse proprie,... Infatti per quanto riguarda la regione Umbria che fa parte dell'obiettivo competitività e occupazione la quota FSE per il POR 2007-2013 è stata il 42,96% quindi significa che lo Stato cioè il fondo di rotazione ha contribuito con il 57,04% del finanziamento totale. Per il prossimo POR che ancora non è iniziato visto le vicende delle chiusure Province con il reltivo trasferimento di parte dei dipendenti, che ha rallentato la nuova programmazione 2014-2020 si parla che il FSE partecipi con il 50% del finanziamento, altrettanto di conseguenza per lo Stato.
RispondiEliminaIl libro di Giacché sempre di Imprimatur mi ha dato non poche soddisfazioni in termini di vendite per cui proverò anche questo sullo scaffale. Il titolo non è particolarmente accattivante purtroppo.
RispondiEliminaNon conosco direttamente il funzionamento dei fondi destinati agli enti pubblici, ma per quanto riguarda quelli al settore privato, basta leggere gli elenchi dei beneficiari e notare che ci sono organizzazioni o consorzi di cooperative che vincono stranamente bandi su bandi. Per esperienza diretta posso affermare che i fondi del FESR sono studiati per finanziare una pletora di burocrati inutili e nocivi. Oltre al fatto che per definire un progetto "implementato" basta seguire le fisse richieste degli esaminatori brussellesi. Hai un sito, hai coinvolto un target, hai esploso uno dei temi INUTILI stabiliti dall'ANG? Bene allora il progetto è riuscito, l'importante è che i fondi non abbiano creato qualcosa che funziona. E questo è dimostrabile con un semplice riscontro. Quanti fondi sono stati destinati alla diffusione dei percorsi di democrazia e dei processi di consapevolezza del funzionamento della maccchina europea? Tanti da tanti anni, Quanta consapevolezza diffusa c'è dei meccanismi della democrazia e della macchina europea? NESSUNO.
RispondiElimina"processi di consapevolezza del funzionamento della maccchina europea?"
EliminaAllora sarebbe il caso che Asimmetrie chiedesse un finanziamento.
Un po' di gastrite mi è già venuta quando ho avuto a che fare, per motivi di lavoro, col contorto meccanismo dei progetti per finanziamenti europei. Il libro potrebbe essere invece consolante, per l'odioso meccanismo del "mal comune, mezzo gaudio".
RispondiEliminaPer la mia limitata esperienza in materia sono d'accordo con gli argomenti citati nella prefazione.
Ci sono anche altri fattori che mi sono sembrati poco razionali (eufemismo)... ma mi fermo qui per non rialimentare la gastrite.
Il punto principale è quel "fare il bravo", non limitato solo ai tagli di spesa, ma a una serie di regole (decise da chi, perchè, su quale mandato?), cui sottostare per (ri)avere qualcosa che dovrebbe essere già nostro: è quel paternalismo che trovo insopportabile.
Sul paternalismo hai perfettamente ragione: funziona sempre, purtroppo.
EliminaCaro prof,
RispondiEliminail suo blog è pura luce, grazie.
La mia minuscola azienda chiuderà a causa di investimenti e accesso a crediti a fondo perduto europei relativi
ad un bando 2006. All'epoca si lavorava molto e l'ottimismo era alle stelle. All'epoca biasimavo chi, nonostante un buon
giro d'affari, non investisse nella propria azienda e per la prima volta decisi di chiedere un finanziamento bancario.
L'accesso a finanziamenti a fondo perduto, nel mio caso 30% del totale investito in riqualificazione, obbliga le aziende
a rispettare regole e limiti estremamente complicati e se si sgarra sfuma tutto. Non si può investire in ciò che si vuole e il bando impone, ad esempio, una proporzionalità fissa tra quote di lavori murari e acquisto di beni mobili (quest'ultima largamente superiore). Inoltre l'azienda si
obbliga a rimanere in attività per almeno dieci anni dal momento dell'erogazione del credito pena la totale restituzione
di esso. I lavori durarono quasi due anni alla fine dei quali scoppiò la crisi. Poiché lavoro nel turismo le entrate precipitarono immediatamente. Un ingiustificato ottimismo mi aveva spinto a fare il passo più lungo della gamba e ad
indebitarmi con la banca nonostante la mia famiglia non avesse mai nella propria storia neanche aperto un mutuo. I lavori
di riqualificazione fatti non avranno mai un peso sostanziale sul prezzo di vendita dell'azienda, sempre che riesca
a trovare un acquirente,e in più ho buttato alle ortiche (o al cesso)diversi anni di vita mia e dei miei cari. Se non avessi avuto questa spada di Damocle sul capo mi sarei certamente liberata dell'azienda anni fa e non starei aspettando di iniziare a vivere alla soglia dei 40.
Con infinita stima
Caro professore .... finalmente viene data giustificazione scientifica a qualcosa che uno sfigato dipendente comunale come me aveva abbondantemente compreso già da tempo ...... il peggio è che anche le regioni italiane fanno la stessa cosa con i loro soldi verso gli enti sotto ordinati .... a stare con lo zoppo si impara a zoppiccare
RispondiElimina