lunedì 26 giugno 2017

Tristezza

"Il tasso di cambio reale non conta. Ma noi dobbiamo diventare più produttivi. La produttività dipende dalla domanda. Ma il problema è l'evasione." "Ma le esportazioni non sono domanda? E quindi non influiscono sulla produttività?" "Tu vendi facili paure! Io ho studiato per tanti anni e so che il cambio non influenza la crescita." "Ma Rodrik? Edwards? Levi Yeyati? Non hanno studiato?" "Le facili ricette del Fmi: in Giappone hanno dovuto ammettere di non capirci nulla. Il problema è l'Italia...". 

Applausi. 

Tristezza. 

Sono brave persone, ma... proprio non riescono a capire che stanno parlando della vita di loro simili! E io mi infervoro, ma poi mi dispiace. Parlano dell'euro come se decidessero loro, invece della SStoria, e parlano degli italiani come se loro fossero lussemburghesi. 

"Cittadino del mondo...". 

E io che registro per una casa discografica olandese la musica che ho suonato a un festival in Germania sulla strada di un convegno in Francia dove portavo un paper che mercoledì presento a Bruxelles?...

Un provinciale, uno che la fa facile, uno che vende paure, uno che parla alla pancia. 

E invece calare l'asso piglia niente dell'evasione, dei millantamila miliardi che il tuo vicino, sì, quello disonesto, corrotto, e magari anche col naso un po' adunco (non ci avevi fatto caso?) sottrae alla collettività costringendo te a sobbarcarti la sua quota delle odiose tasse? Questi argomenti razzisti (per ora contro gli italiani, domani chissà...), questo banalizzare l'analisi dei fondamentali rinviando a una pretesa inferiorità etnica del nostro popolo, a cosa parla? Certo non al cervello...

Vorrei non reagire. Ma non ci riesco. Io amo la mia gente. Non avrei mai pensato di trovare in me, in un fottuto aristocratico, imbevuto del proprio suprematismo culturale, impastato nella superbia, tirato su a Bach (partita in do minore), Schubert (Winterreise) e Proust, questo amore per il prossimo, per l'altro. Soprattutto, non avrei mai creduto che a me, così poco umano (tale era il verdetto della mia prima - o seconda? - compagna) potesse fare tanto orrore un progetto così apertamente nemico dell'umanità, intesa non come insieme di bipedi implumi, ma come simpatia per il prossimo, un progetto articolato sulla violenza (la competizione, la concorrenza, che funziona solo se qualcuno perde) e sulla sopraffazione (il cambio rigido, che funziona solo se qualcuno si fa tagliare i salari).

Nessuna solidarietà, nessuna pietà (quella che i giornalisti chiamano piètas...).

Alla fine, però, non c'è nulla di strano. Stendhal, Balzac, Proust (questi ostacoli sulla strada della ragazza der Palla verso le vacanze) ci insegnano che solo gli aristocratici amano il popolo. Questo disprezza se stesso, ed è disprezzato dalla borghesia, cioè dai piddini.

Quando ci ripenso, mi sembra che avrei dovuto incazzarmi di più. Ma il mio corpo mi dice che mi sono incazzato troppo. 

Conclusione: loro sono il male, ma io non sono la cura. A furia di dire agli italiani che sono delle merde, verrà presto il giorno in cui qualcuno terrà un diverso discorso, e succederà quello che deve succedere.

Il grande vecchio, difficilmente intelligibile da un orecchio fiorentino, diceva che Roosevelt aveva risolto la crisi svalutando il dollaro.

La crisi venne risolta da una guerra mondiale.

Blut ist ein ganz besondrer Saft...





(...i cittadini del mondo non avranno bisogno di googlare...)

49 commenti:

  1. "Io amo la mia gente."
    La tua gente ama te, pur così aristocratico, geniale, infaticabile, inarrivabile, ma così umano da condividere la tua tristezza, che è anche la nostra.
    È veramente doloroso pensare alla tua conclusione, spero sempre che almeno in questo ti sbagli. Sarà un errore che ti renderà più vicino nella tua umanità.
    Sempre grazie per tutto.

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  2. Caro professore, in questi giorni sto leggendo un libro di Colin Crouch sulla crisi e il neoliberismo. Scorrendo le pagine si è fatta strada in me la convizione che il neoliberismo sia terribilmente, ingiustamente, spietatamente ''darwiniano". Questa spiacevole sensazione di dover essere necessariamente eccellente e vincente per poter vivere una vita economicamente serena, mi accompagna ormai dalla mia laurea, avvenuta nel 2004 a 23 anni. Oggi so che la mia è una generazione irrimediabilmente perduta ed io mi ritrovo a sospirare pensando a quando per vivere e lavorare bastava essere semplicemente ''normali'', perchè quello di una retribuzione dignitosa era un diritto sancito dalla nostra Costituzione ed era la normalità nella vita di tutti i giorni...

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    1. No. Irrimediabilmente proprio no. È quello di cui vogliono convincerci: che non contiamo nulla.
      Non è vero. Come non è vero quello che ha scritto Alberto. Lui non sarà la cura, ma il vaccino (a somministrazione volontaria) eccome se lo è. Ora è solo una questione di immunità di gregge.

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    2. In questo periodo utilizzare la metafora dei vaccini anche se volontari è un po' pericoloso...

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  3. "parlano degli italiani come se loro fossero lussemburghesi."



    "Il copione teatrale dell’anti-italiano consiste nell’attribuire all’intera collettività nazionale i difetti specifici ed irripetibili della propria canagliesca personalità individuale, con in più l’ipocrisia del tirarsene fuori e del fingersi un sofisticato lord anglo-scandinavo capitato per caso in un mondo di trogloditi mediterranei"
    Costanzo Preve

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  4. Competizione e concorrenza non mi sembrano concetti sbagliati in assoluto. Sono un po' come il sale, un pizzico ci vuole, ma non di piu'.

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    1. Come ci insegna David Groeber (anche nel suo Debito) le comunità umane riescono ad integrano questi istinti in occasioni di gioco.

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  5. Grazie, tu mi hai aperto gli occhi e io ora vedo. Condivido dolore, tristezza e compassione per i miei simili e vicini. Ma vado avanti, dritto, mai rassegnato all'inevitabile. Ma tu riguardati, abbiamo bisogno di te.

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  6. E deflazione del lavoro non solo rovina la salute di chi lavora, ma anche di chi assiste alla carneficina: http://science.sciencemag.org/content/356/6343/1127

    Our work integrating economics and developmental psychology, however, suggests that local job losses can both worsen adolescent mental health and lower academic performance

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  7. Lei insegna aristocrazia, a chi la può capire.
    E' un bell'insegnare.
    Stia bene e, ripeto ancora, si riguardi.

    "Essere nel mondo, non essere del mondo."

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  8. Vedi, prof, a me è rimasto sempre impresso quel passaggio di 1984 dove il protagonista dice che gli uomini possono scegliere tra felicità e libertà, e quasi tutti scelgono la felicità perché la libertà è faticosa.
    La battaglia è più dura di quanto si possa immaginare. Perché a cosa applaude la ggente? A ciò che capisce facilmente, ai ragionamenti che non gli comportano sforzi, alle letture che si abbassano al loro livello. Applaude al sentirsi rassicurata, rassicurata dal fatto che il ragionamento è alla sua portata. Rifiuta anche di vedere il disegnino, sono le parole facili che la rendono felice. Perché con le parole, la ggente, si sente intelligggente. E pur di rimanere legata a questa apparenza di felicità, rifiuta anche l'evidenza. Sarà solo una bomba a svegliarli. Purtroppo, ma mi convinco sempre più che sarà così.
    Certo che gli aristocratici, veri, amano il loro popolo. E ne parlano la lingua, ne parlano il dialetto, a volta usandone uno ancor più antico di quello del popolo. Sono i parvenues che lo disprezzano, perché il popolo gli ricorda ciò che erano e che certamente, sotto la nuova scorza, continuano a essere. Questi sono un groviglio di vipere in cui tutto il peggio si annoda: dalla supponenza all'invidia, dalla tracotanza al disprezzo. Il razzismo per i propri simili è costruito sulla necessità di distinguersi per ciò che non sono e che vorrebbero essere e non saranno mai: nobili. Dimenticando, oltre tutto, che in una Repubblica la nobiltà non ha alcun senso.
    Così, non potendo squadernare una nobiltà di sangue, se ne costruiscono una intellettuale, fatta di parole, ma parole facili per la ggente, perché questa le riconosca, e li riconosca come capipopolo. Masanielli, null'altro, la cui Storia è già scritta. Occasioni mancate. Comprendo la Tristezza. Che è pure la mia. La nostra.

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  9. Tristezza. Tentare di alimentare un discorso di minima serietà tra i miei coetanei, "Nati nell'Europa [dell'UE, direi]", e farsi tacciare di "populismoxenoislaomofobo" (termine di fantozziana memoria, sa, la famosa Megaditta) non appena si parla dei soliti argomenti politico/economico/sociali che, chissà per quale motivo, causano reazioni di isterismo e antileghismo: "Sal.." "RAZZISTAH!" "Salv..." "FASCIOLEGHISTAPOPULISTAAH", e via discorrendo.

    Capire che il paradosso del dibattito democratico è ormai agli estremi supera il problema dell'Euro e della politica: se, da un lato, ci sono orde di indignati sconvolti da certe dichiarazioni sui vaccini e che, giustamente, invitano a lasciar parlare chi del tema ne sa qualcosa, dall'altro abbiamo una fiumana di piccoli economisti del venerdì sera (ma anche di tutta la rimanente settimana, ormai) che si permettono di dire la qualunque, pretendendo di aver ragione. Ed è questo pretendere che mi spinge a ribattere "Ma chi sei? Sei sicuro di quello che dici, a 20 anni sei già laureato? Su che basi vuoi impormi - perché di questo si tratta - la tua opinione? Perché per i vaccini (e di terremoti, e di sicurezza stradale, ecc.) DEVE parlare SOLO chi ne sa, mentre di economia può proferire verbo pure il mio gatto?".

    Lei, Prof., del fascismo dell'opinione ne ha già parlato, e lo conosce bene. E' sempre opportuno, però, ricordare da dove scaturisce tutto ciò: la mancanza di pensiero CRITICO (fondamentale quest'ultimo attributo), sempre e dovunque. Eppure è difficile farlo capire: finché restiamo circondati da personaggi che, pur essendo dichiaratamente avversi a qualsiasi aspetto matematico/scientifico dell'economia, impongono senza mezze misure il loro pensiero, non ne usciremo. Cito un caso tratto dalla mia esperienza universitaria:
    Prof. Diritto Privato: "Guai a voi se, in questa sede, tirate fuori l'idea che "L'Europa ci impoverisce", ne abbiamo già parlato con la disciplina delle clausole vessatorie a favore dei consumatori, introdotta grazie ad una direttiva UE". E sticazzi! Pure mia madre da piccolo mi dava la caramella per portarmi dal dentista a tradimento - con la differenza che qui era davvero per il mio bene. Ma il punto è: fatta tale affermazione, quali sono gli argomenti?

    Per tali motivi, ritengo di agire correttamente se, nel mio piccolo, non voglio imporre la mia opinione ma, piuttosto, cercare (con spirito maieutico) di far capire l'interlocutore. "Nemmeno tu sei economista! Quindi perché sei contro l'euro, l'europa e bla bla bla?" mi si potrebbe legittimamente dire. Il che è anche vero: non sono un'economista (per ora, datemi tempo, amici), ma quel poco di cui parlo lo posso argomentare, bene o male, lasciando sempre spazio a confutazioni, dubbi, mai verità assolute (la ricerca scientifica lo prevede).

    Se tra vent'anni dovessi scoprire che il Prof. Bagnai è, in realtà, un cialtrone qualunque che ha detto ciò che ha detto per vendere i propri libri e/o farsi pubblicità, ciò avverrà solo se il mio pensiero critico da economista (stavolta riconosciuto) arriverà a tale giudizio, senza imposizioni altrui (ma sono felice di constatare che la realtà dei fatti, a questa conclusione, non mi ci porterà quasi sicuramente).

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    1. Giorgio, questo commento avrei potuto scriverlo io, ti sono vicino. Purtroppo il senso critico non si insegna: non lo può insegnare la scuola, che, anche se non fosse quella fucina di pensiero unico che attualmente è e assolvesse con correttezza la propria funzione, non sarebbe comunque in grado, secondo me, di controbilanciare il ruolo decisivo dei media, che a quanto pare risultano anzi molto più efficaci sulle persone istruite che sugli ignoranti...il senso critico è una qualità ed un talento e, come tutte le qualità e i talenti, o ce l' hai dalla nascita o non ce l' hai e, in quest' ultimo caso, rimani ignorante o diventi, al massimo, piddino. Credo che questa comunità ne sia l' esempio, dal momento che raccoglie persone di ogni estrazione sociale e di ogni età, alcuni istruiti, altri meno, che hanno in comune il solo fatto di essersi fatti delle domande e di non essersi accontentati delle risposte fornite da certi media collusi e traditori.
      Sarà per questo che gli unici a non disprezzare il popolo sono gli aristocratici?

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  10. Il grande vecchio se la rideva. Sapeva ma non si oppose. Perché era un generale (così si è definito) e anche i generali devono obbedire. Pare che Ciampi gli abbia detto alla fine: "Grazie Antò". E lui, l'euroscettico che avrebbe preferito non entrare e oggi preferisce non uscire, rispolvera l'aneddoto come una medaglia. Racconta di come meritò tanto onore. Dovete sapere, dice, che i tedeschi, che in fondo ci volevano dentro, minacciavano di tenerci fuori, allora lui con ellittica sapienza li minacciò di star fuori e loro ci tennero dentro. Finezze della politica! che non tutti possono capire.

    Ma quella risatina, quella tutti la passono capire: non è l'amara ironia dell'intelligenza ma la soddisfazione di chi può guardare tutto con un certo distacco, perché ben a riparo.

    Grazie Antò!

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  11. Un solo suggerimento: lasciate stare Darwin, che era una brava persona!
    Questi liberisti sono il peggio del peggio e non sanno nemmeno cosa sia l'evoluzione della specie, la genetica e l'epigenetica!

    Un saluto al professor Bagnai e a tutti i lettori.

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  12. Condivido ogni parola e, per alterne vicende, comprendo anche lo stato d'animo.
    Sono figlia di persone semplici ma di grande dignità e di grande forza morale, determinate dalla volontà di non farsi sottomettere, di non sentirsi "piccoli" per il solo fatto di appartenere al mondo contadino, prima, e operaio, dopo.
    C'è un'aristocrazia anche tra i semplici ed è data dalla forza di quell'amore per la propria gente come per l'umanità intera, dal volere che iniquità, abuso e ingiustizia sociale cessino.
    E' data dalla coscienza di sè e della propria condizione sociale di sfruttati, da un'indomabile desiderio di non rassegnarsi mai, di non sentirsi ultimi e di non considerare nessuno come tale.
    E' data dalla capacità di dubitare e di sapersi ribellare e di insegnare a farlo.

    Poi, invece, c'è un popolo che odia se stesso ma è un popolo che ha bisogno di lei perchè, grazie al suo incessante lavoro, proprio tutti noi che continuiamo ad imparare da quello che sa, che dice, che studia, grazie alle sue incazzature, non smettiamo di dire a chiunque quale sia la strada.
    E non smetteremo di farlo.

    Grazie Prof. Bagnai

    Ivana Fabris

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    1. "E' data dalla coscienza di sè e della propria condizione sociale di sfruttati, da un'indomabile desiderio di non rassegnarsi mai, di non sentirsi ultimi e di non considerare nessuno come tale." Ecco un'ottima definizione dell'essere di sinistra. Grazie.

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  13. L'aristocrazia, per lo meno dal punto di vista etimologico, non è poi tanto male. Un governo degli illuminaNti ci farebbe proprio bene.

    Quella di adesso è una più banale oligarchia.

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  14. Risposte
    1. Concordo. Costoro gli strumenti per capire li hanno tutti. Le scuse no.

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  15. Ma,il tutto sarà risolto da una guerra, solo questione di tempo. Ma non so se la vinciamo in quanto i nostri figli sono dei maghi con lo smart ma non sanno attaccarsi i lacci delle scarpe. Cordialmente.
    Marcello.

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  16. Beh, neppure Keynes o Marx erano esattamente dei popolani...

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  17. E pensare che loro ( il pd) pensano di essere di sinistra e di dover contrastare l avvento delle "destre"...
    Mi è capitato purtroppo o per fortuna di enotare come civico in consiglio comunale e dopo averli visti all'opera dico spesso a loro che io sono molto più a sinistra di quanto non lo siano loro nella realtà fattuale. Come retorica e voli pindarici restano invece sempre imbattibili. È avvilente constatare come, anche al livello politico più basso, scimmiottino il "cattivo" ducetto di Rignano e rappresentino un elitario gruppo di potere che tende a mettere le mani ovunque fregandosene,sostanzialmente,del bene comune

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  18. Grazie professore per la sua importante opera di divulgazione. Grazie a lei ho trovato tutte le mie risposte.

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  19. Io c'ero e non ho applaudito quando il professore Iapadre ha terminato l'intervento condito di evasioni fiscali e incapacità italica . Che amarezza.
    Poi Lei, prof. Bagnai, argomentando con sdegnato impeto, ha rimesso le cose a posto e la ringrazio.
    La principale domanda che lei ha fatto ancora risuona nell'aula come una sfida.
    Come mai le gerarchie ecclesiastiche non hanno con forza condannato il peccato che grida vendetta al cospetto di DIO. (Catechismo della Chiesa)

    Defraudare la giusta mercede agli operai.

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    1. Hanno piu' paura dei comunisti che del diavolo. Quest'ultimo pensano di saperlo gestire.

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    2. Sono grato ad Alberto per le riflessioni che ha offerto sul mondo cattolico. Quella domanda, avrai notato, non è caduta nel vuoto ma chi ha risposto ha semplicemente negato il problema.
      È un nodo che prima o poi verrà al pettine.

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    3. @a perfect world

      Guarda che la maggioranza del clero cattolico italiano (appartenente alla Chiesa 2.0) NON crede all'esistenza del diavolo, se non come metafora e/o simbolo del male.
      Quanto ai comunisti, l'attuale papa 2.0 J. Bergoglio non ne ha nessuna paura, anzi li trova simpatici, tant'è vero che ha accettato volentieri dal pres. Evo Morales il simpatico dono di un crocefisso a forma di falce e martello, e lo ha indossato.
      I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio sono quattro:
      1) Omicidio volontario
      2) Peccato impuro contro natura
      3) Oppressione dei poveri
      4) Defraudare la giusta mercede a chi lavora

      La Chiesa 2.0 del papa 2.0 pare reattiva solo sul peccato 3), oppressione dei poveri. Essendo una delle principali sostenitrici del mondialismo, la Chiesa 2.0 pare non definire la povertà relativamente al tenore di vita della società in cui risiede l'aspirante povero, ma su scala mondiale (in questo curiosamente allineandosi al pdv di Christine Lagarde del FMI). Quindi, l'aspirante povero italiano non ce la farà mai nella competizione con l'aspirante povero ghanese, venezuelano, etc. Diceva Nenni a proposito del moralismo politico che "c'è sempre uno più puro di te che ti epura". Oggi potremmo dire, a proposito del pauperismo della Chiesa 2.0, che "c'è sempre uno più povero di te che ti impoverisce".
      Al peccato 4), Defraudare la giusta mercede a chi lavora, il papa 2.0 di tanto in tanto si riferisce indirettamente, evitando di condannare chi defrauda("Chi sono io per giudicare?") e lanciando appelli "per il lavoro". Non seguono mai, per quel che ne so, istruzioni un minimo dettagliate sulle procedure atte ad evocare "il lavoro" nella realtà empirica.
      Il peccato 1),Omicidio volontario, non viene generalmente tirato in ballo, forse perchè tale è/era considerato anche l'aborto, dalla dottrina della Chiesa 1.0. La Chiesa 2.0 non ha ancora formulato una nuova posizione in materia, e quindi tace (e acconsente? non so).
      Il peccato 2.0, Peccato impuro contro natura, è in corso di mutazione genetica, forse diretta a una sua apocatastasi gesuitico-probabilistica in "amore 2.0" grazie all'azione trasfigurante della misericordia 2.0.


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  20. Se non altro il grande vecchio ha dato il segno - mi è sembrato attendibile - dello spirito con cui venivano prese certe decisioni: quello della banalità del male (ovvero riduzione a cavia da laboratorio di un intero popolo). Nulla di nuovo, ma è qualcosa a cui è impossibile fare il callo.

    Il prof Iapadre è stato molto gentile a non sottrarsi al confronto nella tavolata post evento. Con esiti indirettamente almeno per me istruttivi: la ferma ma poco argomentata convizione delle proprie posizioni mi è parsa ostentata prima di tutto a se stesso. La qual cosa purtroppo, nella sua eventuale generalizzabilità, non mi pare semplifichi le cose.

    Credo che di strada ne sia stata fatta, solo che ne rimane ancora molta. Spero non troppa. Tenersi forte sarà sempre più dura, e questi mesi sanno tanto di quiete prima della tempesta.

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  21. 1) “Sorpasso. Gli italiani odiano la moneta unica. Siamo diventati il paese più negativo nei confronti della moneta unica.”

    https://www.pressreader.com/italy/libero/20161220/281676844560904

    Non è roba di un secolo fa, tutt'altro!!

    2) A parte questo, ecco qui invece un recente esempio clamoroso di come i media mainstream cercano di manipolare l'opinione pubblica sull'euro, eccolo arriva!!

    Luglio 2015

    “La fiducia degli italiani nell’euro ai minimi storici”

    http://www.lastampa.it/2015/07/03/economia/la-fiducia-degli-italiani-nelleuro-ai-minimi-storici-QgZd1eUrdVkpir8TngltgN/pagina.html

    Poi invece alla vigilia del referendum costituzionale se ne uscivano così:

    Sondaggio-choc: 2 italiani su 3 vogliono tenersi euro e Ue

    http://www.libreidee.org/2016/11/sondaggio-choc-2-italiani-su-3-vogliono-tenersi-euro-e-ue/

    In pratica, il sondaggio veniva pubblicato da "La Stampa" ( o per meglio dire: "La Bugiarda"!! ) pochi giorni prima del referendum costituzionale del 5 dicembre 2016 che nel caso in cui avessero vinto i No ( come poi è avvenuto ) si sarebbe verificato un chiaro segnale anti UE da parte della maggioranza degli italiani!!

    Proprio delle strane coincidenze...!!

    3)Ergo, il problema non è tanto il fatto che la maggioranza degli italiani non ha capito che per loro l'euro è stato solo una fregatura perchè invece la maggioranza degli italiani lo ha ben capito, il vero problema invece è di offerta politica:

    a) se Salvini e la Meloni che dicono di essere totalmente contrari all'euro alle amministrative si mettono assieme al Berlusca che ha fatto invece i complimentoni a Macron per la sua elezione e metteva anche al bando le forze francesi anti euro ( sia di destra che di sinistra ) definendoli pericolosi populisti.

    b)se in questo turno di amministrative il tasso di astensionismo è stato molto alto.

    c)se all'orizzonte non si vede al momento nessuna nuova formazione politica confederativa del tipo "Unione Sovranisti Italiani" che punti a rimanere saldamente unita solo per determinate priorità funzionali all'uscita dall'euro e ovviamente una volta ricevuti i voti necessari attuarle il più presto possibile.

    E allora ci sono i classici tre indizi che fanno una prova, della serie:

    "Houston, Abbiamo Un Problema!!!"

    E il problema è di offerta politica sul fronte anti euro perchè invece dal lato della domanda i numeri ci sarebbero, eccome se ci sarebbero!!

    Cordiali saluti.

    Fabrice

    PS "Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci", Mahatma Gandhi

    Si è alla fase di combattimento, per la vittoria occorre solo correre uniti e organizzati, se si corre disuniti e disorganizzati e allora diventa una battaglia ad armi impari perchè dall'altro lato sono quanto meno già uniti e organizzati!!

    Ed è una battaglia che vale davvero la pena combattere fino in fondo ma facendolo in modo razionale e logico per poter vincere perchè le ragioni intrinseche fondamentali dal punto di vista economico e giuridico stanno dalla parte del fronte anti euro!!

    My 2 cents!

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    1. A integrazione del punto 1) del mio post cui sopra, eccolo arriva!!

      1b)"I grandi successi dell’Unione Europea : solo per 11% vi è l’Euro"

      https://scenarieconomici.it/i-grandi-successi-dellunione-europea-solo-per-11-vi-e-leuro/

      la versione originale in inglese:

      http://www.zerohedge.com/news/2017-06-24/eus-greatest-achievements-according-europeans

      1c) "Altro che generazione Erasmus: i giovani cominciano a odiare l’Europa (soprattutto in Italia e in Francia)"

      http://www.linkiesta.it/it/article/2017/05/04/altro-che-generazione-erasmus-i-giovani-cominciano-a-odiare-leuropa-so/34061/

      Cordiali saluti.

      Fabrice


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  22. Mi sono perso qualche cosa? Qualcuno potrebbe, eventualmente, agevolarmi un collegamento?

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  23. Professore non si intristisco, se non ci è riuscito kaynes lei noi cosa possiamo fare?
    Io rimango mishimiano e come non credo all'efficacia delle manifestazioni di piazza non credo nel dibattito, la libertà si paga con l'unica moneta che accetta la storia il sangue e presto lo imparerannno anche loro: pddini traditori e collaborazionisti vari.

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  24. Buongiorno Professore,
    l'espressione di profonda umanità e della sofferenza che comporta,mi colpisce nell'intimo.
    Grazie con tutto il cuore di quanto ci dona in tutti i campi.

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  25. Forse è in-topic solo con le prime 4 righe del post... ma c'è una (sicuramente apparente) contraddizione che non riesco a risolvere dopo la lettura dei suoi libri.

    A) Siamo in una crisi di domanda, causata principalmente da un cambio sopravvalutato ed ancorato ad una economia più aggressiva (Germania).
    I mercati si sono ridotti a causa del deteriorato rapporto qualità/prezzo dei nostri prodotti, così la produzione è già in eccesso, e quindi nessuno investe per aumentare ulteriormente la produttività - che ristagna.

    Quindi, svalutando si rianimano le esportazioni e si incentiva il consumo interno rispetto alle importazioni. Il ché dovrebbe portare a più investimenti in produttività e vissero tutti felici e contenti.

    B) Non potendo svalutare la moneta, si comprimono i salari. Il lavoro a buon mercato, a sua volta, disincentiva la produttività, perché si tende ad utilizzare male una risorsa abbondante e poco costosa.

    Penso che quanto sopra siano le leggi di Thirlwall e Verdoorn [1].

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    Se però penso agli effetti di una svalutazione, mi viene (intuitivamente) da pensare a queste possibili conseguenze indesiderabili:

    1. La svalutazione diminuisce istantaneamente il prezzo dei nostri prodotti all'estero, spingendo le esportazioni. Inoltre, rende più onerosa l'importazione, ampliando il mercato interno. Molto bene.

    Questo però si traduce in un aumento reale di produttività solo ed esclusivamente se i volumi aumentano più della svalutazione (rozzamente, svalutiamo del 20% e vendiamo il 21% in più). Altrimenti la nostra produttività in lire ci avrà comunque rimesso, una volta convertita in valuta estera.

    C'è poi un problema temporale non indifferente. La svalutazione è istantanea. Gli investimenti richiedono molti anni per essere decisi, implementati e tradotti in incremento di produttività. Cosa ci garantisce che nel frattempo non rimanga che il bel mare e qualche rovina greco-romana?

    2. L'ampliamento del mercato dovuto alla svalutazione avviene senza bisogno di investire in innovazione e qualità per aumentare il rapporto qualità/prezzo dei prodotti ed espandere così i consumi. Se anche questo si traducesse, come da punto 1, in un incremento di produttività, non sarebbe però un disincentivo potente agli investimenti reali? Cioè se la mia produttività aumenta "da sola", cosa mi dovrebbe portare ad investire?

    3. Diminuisce istantaneamente anche il costo del lavoro italiano rispetto al costo del lavoro estero. Ma, secondo il punto B, questo sarebbe un ulteriore disincentivo agli investimenti in produttività perché il lavoro sarebbe ancora più conveniente.
    Mi controribatto: però per espandere il mercato interno, andranno prese misure di aumento dei salari (indicizzazione, taglio delle tasse, etc). Questo conterrà la svalutazione dei salari italiani rispetto alle nostre controparti commerciali.

    Qui vedo un problema di percorribilità politica. In primo luogo, è concepibile una politica che riesca ad aumentare i salari di quanto svalutiamo (poniamo il 20%)? Nei vari grafici sulla "quota salari" che lei ha presentato, non mi pare di aver mai visto salti di questo tipo. Sono realizzabili e sostenibili?
    Inoltre, lo stesso governo che decide l'uscita dall'euro dovrebbe anche decidere di indicizzare i salari/tagliare le tasse sul lavoro. Non vedo all'orizzonte grandi contenitori capaci di tenere insieme questi due aspetti. Le destre noeuro sarebbero naturalmente predisposte a lasciar tradurre la svalutazione in maggiori profitti: la lira scende del 20%, io imprenditore aumento i prezzi del 10% e mi intasco la differenza.
    E a sinistra non vedo alcuna volontà di uscire dall'euro.

    [1] http://goofynomics.blogspot.it/2012/03/cosa-sapete-della-produttivita.html

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  26. Mi ha fatto ritornare in mente Marco il giustizialista (finto), che da opinionista fisso di un certo programma che aveva un unico argomento (ritorneremo), disse "Gli Italiani sono delle merde".
    Lui è la sintesi in carne di tutto quello che disprezzo.

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  27. "Stendhal, Balzac, Proust ... ci insegnano che solo gli aristocratici amano il popolo. Questo disprezza se stesso, ed è disprezzato dalla borghesia, cioè dai piddini." Affermazione che non può che trovarmi d'accordo e che a mio parere dovrebbe spingerla anche ad un ripensamento su Platone, personaggio da lei amabilmente discusso con Roberto Buffagni qualche post fa, in quanto anche lui (a mio modo di vedere) era un aristocratico che amava il popolo, e che proprio per questo intendeva sottrarlo agli inganni dei sofisti, che, per danaro e come i moderni mezzi di comunicazione, utilizzavano l'arte della parola, il logos, per ammaliarlo conducendolo ad accettare politiche contrarie al suo interesse. Platone, essendo in questo senso un vero antesignano di Gesù, crede che solo la verità renda liberi e che su di essa, non sui sempre cangianti dati dell'esperienza sensibile o sui sofismi di una ragione autoreferenziale (e quindi per questo suscettibile di divenire strumento della sopraffazione dei pochi a scapito dei molti così come lo è oggi il sapere accademico quando smette di cercare la verità) sia possibile fondare una società giusta, giusta in quanto in essa ognuno svolga la funzione che sia più consona alla propria natura (il massimo di democrazia direi). Sui borghesi...sì: i borghesi odiano il popolo. Ed è proprio per questo che non sono mai riuscito (se non forse intendendolo come imposto dallo storicismo progressista di derivazione hegeliana) a capire l'elogio marxiano della borghesia vista come motore di avanzamento sociale quando a seguito della sua ascesa si raggiunsero livelli di sfruttamento forse anche superiori rispetto a quelli sperimentati in passato. Sicuramente (e, ovviamente, generalizzando), il contadino d'antan era sfruttato ma non era un alienato come l'operaio di una fabbrica del primo novecento o come il lavoratore precario oggi.

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    1. Ci sono borghesi e borghesi. Se i contadini si sono affannati a scappare dalla dura, durissima terra per lavorare in fabbrica, un motivo ci sara'. Non rinneghiamo che un miliardo circa di persone vive piu' confortevolmente di tanti re del passato! Fra alienazione e fame ce ne corre. Il progresso esiste, va "solo" gestito piu' oculatamente!

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  28. Sul fatto che gli aristocratici amino il popolo ho qualche dubbio, onestamente. Diciamo che ci sono uomini per bene anche tra gli aristocratici.

    Cordialita'

    Roberto Seven

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  29. Yuri Bezmenov addetto alla propaganda URSS, ex KGB; in sintesi: Il processo di propaganda demotivatizzante impiega circa 30 40 anni a colpire una nazione, il tempo di "educare" un'intera generazione che farà da trainante per le successive, demoralizzandole a sua volta. https://www.youtube.com/watch?v=A-ZQbJHagx4

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  30. Avanzerei una distinzione semantica tra aristocratici, ossia quelli tratteggiati in questo 3d, e nobili, cioè i nnobbili come la contessa Patrizia de Blanck che recentemente, nel corso d'una trasmissione tv, ha affermato che "in Italia a mancare non è il lavoro, ma la voglia di lavorare", perché lei, poverina, è da tanti giorni che cerca un idraulico e non riesce a trovarlo.
    Nell'Italia che vorrei, questi nnobbili dovranno essere immersi nella "durezza del vivere" cui s'era appellato il noto fallecido, anche lui dal pedigree nnobbile. E di che liquido sarà questa durezza del vivere, non ci vuole molto a intuirlo.

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  31. Ciò che mi piace in Lei è l'amore per la verità, la spontaneità e l'ironia che porta con sè nel Suo difficile compito di diffusione della conoscenza per rendere consapevoli il maggior numero di menti possibili. Lei non è la soluzione ma è bello sapere che esiste.

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  32. La solitudine dei numeri uno. Si avverte di più quando tocca confrontarsi con degli zero in scienza, politica, morale e, soprattutto, umanità.

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  33. 1) "Le facili ricette del Fmi: in Giappone hanno dovuto ammettere di non capirci nulla. Il problema è l'Italia..." by Prof. Lelio Iapadre & Company.


    Effettivamente, il Prof. Joseph E. Stiglitz avrebbe qualcosa a riguardo da dire, eccolo arriva!!

    "Japan Is a Model, Not a Cautionary Tale"
    By Joseph E. Stiglitz - June 9, 2013

    Those who see Japan’s performance over the last decades as an unmitigated failure have too narrow a conception of economic success. Along many dimensions — greater income equality, longer life expectancy, lower unemployment, greater investments in children’s education and health, and even greater productivity relative to the size of the labor force — Japan has done better than the United States. It may have quite a lot to teach us. If Abenomics is even half as successful as its advocates hope, it will have still more to teach us......

    https://opinionator.blogs.nytimes.com/2013/06/09/japan-is-a-model-not-a-cautionary-tale/

    2) "Il tasso di cambio reale non conta. Ma noi dobbiamo diventare più produttivi"

    by Prof. Lelio Iapadre & Company.

    Effettivamente, Theo Waigel che è stato per dieci anni ( non per uno, due, tre anni, ma per ben dieci anni!! ) Ministro delle Finanze di Helmut Kohl avrebbe qualcosa da dire a riguardo, eccolo arriva!!

    "Theo Waigel: se uscite dall’Euro, la Germania crollerà!"

    Theo Waigel: se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco — che tornerebbe nuovamente in circolazione —. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale. L’euro conviene alla Germania, ecco perché ci restiamo dentro. Va da sé che se il marco diventasse sconveniente, la lira diventerebbe conveniente per i mercati, per gli investitori e per i consumatori. Queste cose i commentatori nazionali non ve lo dicono. Queste notizie ai telegiornali non passano. Per chi lavora la stampa italiana? Per chi lavora la politica italiana? Per l’Italia o per Berlino?.....

    http://www.ticinolive.ch/2016/07/16/theo-waigel-uscite-dalleuro-la-germania-crollera/

    Cordiali saluti.

    Fabrice

    PS No Comment!!!!

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    1. Curioso questo diversamente appellista; qualche amico mi disse, ma non posso fare nomi, ma lui lo sa bene, che Helmut Kohl chiese ad Azeglio Ciampi, pregandolo quasi in ginocchio, di entrare nell'euro altrimenti la Germania non si sarebbe mai ripresa dall' unificazione/annessione.

      Tutti ormai sappiamo che è accaduto.

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