sabato 13 agosto 2016

La recensione

(...da un amico, via Telegram...)

QED65 per me è centrale nella tua riflessione di questi anni. Fissa un concetto cruciale. È proprio la concezione di economia come set di regole fisse che annulla lo spazio della politica come ambito di composizione di interessi di classe. È questo che, in radice, ha reso intercambiabili i berlusconi e i renzi. La sinistra non ha capito la centralità di quanto suggerisci: se non elimini l'euro non hai lo spazio per dirti sinistra, per agire da sinistra. E riassume il grado di coglioneria che raggiungono: non avranno mai altre battaglie così "facili" da definire.

(...in effetti...)

venerdì 12 agosto 2016

QED 65: che ha fatto er PIL? Statistica e propaganda.

Sarà stato l'inizio del 2015. Non posso ricordare la data esatta, e nemmeno le circostanze (eravamo a cena? Eravamo a un seminario "d'area"?), e non posso citare la persona, perché mi ha detto di essere permalosa (ma allora non dovrebbe fare il politico).

Io dicevo: "Amici, compagni, avete un'occasione d'oro. È del tutto ovvio che Renzi sgrugnerà sul tema economico. Fategli una battaglia seria su questo. Secondo me avreste dovuto insistere di più sul jobs act [Ndr: a quel tempo non c'erano ancora state le sollevazioni contro la loi travail in Francia e quindi la sinistra europea aveva perso memoria del fatto che si può protestare contro una legge che lede i diritti dei lavoratori: da qui la mia delicatezza: si sa, i sonnambuli non vanno svegliati...], e, sempre secondo me, fare una linea del Piave sul tema del referendum per schierarci un'armata Brancaleone di cariatidi a difesa di una cosa che nessuno capisce cosa sia (la Costituzione) non mi sembra altrettanto efficace politicamente, però non è mai troppo tardi. Siccome lui sgrugnerà, voi cominciate a dirlo, magari - sarebbe meglio - da dentro il PD, e così quando sgrugnerà potrete portare all'incasso la cambiale dell''io l'avevo detto', per far capire ai vostri complici colleghi parlamentari che il mito dell'invincibilità di Renzi è un tantino fasullo, e che affidandosi a lui potrebbero non arrivare a fine legislatura".

Risposta: "Ma sei poi con il jobs act lui riesce veramente a portare la crescita a più dell'1%? A quel punto siamo sconfitti politicamente...".

(...nota bene: ricordo che avevo già scritto questo post, in cui preconizzavo lo 0.6% che in effetti si è verificato....)

A fronte di tanta mancanza di attributi (se lo dice la Picierno si può dire), di tanta diffidenza verso chi da quattro anni stava azzeccando un discreto numero di educated guesses, di tanta sfiducia nelle proprie capacità politiche, di tanta incapacità di assumere un rischio tutto sommato minimo a fronte di un guadagno politico evidente, insomma: a fronte di tanta mediocrità, io, che ho un ottimo carattere, non mi alterai. Feci un sorrisino di circostanza, ed emisi un solidale: "Bè, certo...".

Lo stesso, peraltro, che ribadii quando, dopo la Brexit, mi imbattei, uscendo da uno studio televisivo, nella stessa persona. Sono umano, e quindi non potei trattenermi dal far notare che se avessero preso una posizione più aggressiva verso l'Europa, il successo del Leave sarebbe stato un successo anche loro. In questo senso, passare dal partito di Renzi (che, come qui avevamo previsto, era diventato un minimo confrontational nei riguardi di Bruxelles - salvo calarsi sempre le braghe al momento cruciale) a quello della Boldrini (totalmente asservito all'ideologia spinelliano-kalergica made in Usa) non era stato un passo estremamente pagante in termini tattici, e un nostro amico con la barba che ha scritto un libro sull'annessione della Germania (ma non posso nominare) glielo aveva detto, molto chiaramente, prima.

Risposta: "Eh, ma chi se l'aspettava...".

Ma... Ma... Ma...

Ma come chi se l'aspettava? Quanti anni fa è uscito Il tramonto dell'euro? E che c'è scritto? Che questa cosa non può durare. E il percorso delineato verso il crollo, fra l'altro, è quello in cui siamo: all'interno, la crisi bancaria (di debito privato); all'estero, crescenti attriti della Germania con le potenze debitrici (gli Stati Uniti). Quindi, se siamo sulla strada delineata, e questa strada porta in un certo luogo, e per di più a velocità accelerata a causa di un evento che nel Tramonto dell'euro non prevedevo (la crisi di Schengen), ma la volete fare un'accidenti di scommessa sul vostro riverito futuro politico?

No.

E allora schiantatevi anche voi, come il vostro ex complice ed attuale aversario politico (pro tempore)!

Questa è la sinistra critica. L'enormità del suo fallimento politico, che è un fallimento in primo luogo antropologico, e quindi, a monte, umano, merita un trattamento separato, e lo avrà.

(...tranquilla, Monica: il tuo commento è in coda e ci sto lavorando. E tranquillo anche tu, Serendippo: sei un amico: la migliore dimostrazione del fatto che ho ragione da vendere...)

Ma oggi parliamo del dato tecnico. Due post or sono, usando come indicatore anticipante l'indice della produzione industriale (IPI), avevo previsto per il dato del secondo trimestre un intervallo di confidenza al 95% che andava da -1% a 0%, centrato su -0.5%. Avevo argomentato che questo intervallo era naturalmente distorto al ribasso, perché usando come indicatore anticipante la sola produzione industriale, di fatto escludevo dal modello informazioni sulla parte più rilevante del PIL, i servizi, che in Italia fanno il 75% del valore aggiunto totale. Tuttavia la manifattura rimane un settore trainante (una parte non trascurabile dei servizi ricade nell'indotto del manifatturiero), e i segnali provenienti dal commercio, che a sua volta fa un quarto dei servizi, non erano incoraggianti. Questo lato offerta. Lato domanda, tagliate le retribuzioni via jobs act (la cosa che i miei amici "de sinistra" non capivano), cioè distrutta la domanda interna, e in un clima generalizzato di revisione al ribasso delle stime di crescita mondiale, era piuttosto difficile che si potessero avere sorprese positive.

Concludevo che nel secondo trimestre il PIL non sarebbe cresciuto (cioè che saremmo stati vicini al limite superiore della previsione intervallare fornita dal semplice modello stimato).

Nel post scorso un sedicente filosofo (dotato al più di laurea triennale, cioè di niente, se i dati riferiti alla sua condizione anagrafica sono corretti, come del resto la sua condizione ortografica rilevava), che spero fosse in realtà un troll al servizio di Sensi (come vedete, io amo l'umanità e voglio credere in lei), articolava una sconclusionata e ripetitiva supercazzola dicendo che lui, senza volersi dare una preparazione tecnica specifica in statistica matematica, statistica economica ed econometria, voleva però decidere con la sua testa "chi ha ragione chi ha torto" fra me e i giornali, i quali davano una previsione puntuale fra 0.1% e 0.2% (attenzione: questo non è un intervallo: sono due previsioni puntuali di due fonti diverse. Nessuna fonte "autorevole" dà un intervallo di confidenza, come dovrebbe fare chi è intellettualmente onesto, e questo però per un buon motivo: perché i politici non lo capirebbero - vedi sopra...).

Questa osservazione non aveva senso a diversi livelli.

Intanto, è chiaro che la pretesa di "capire con la propria testa" come si costruisce un intervallo di confidenza della proiezione, o cosa sia un indicatore anticipante, quando dopo una laurea umanistica non si è nemmeno riusciti a interiorizzare le regole della punteggiatura, è lievemente far-fetched. Attenzione: questa non è una osservazione egotista o soggettiva, come l'hanno interpretata i soliti buonisti imbecilli di passaggio. Al contrario, è un'osservazione che ha un significato politico cruciale. La filosofia dell'"ascolto tutti e decido con la mia testa" è il duale del fallimento pilotato dei corpi intermedi: partiti, sindacati, intellettuali. Il loro commissario liquidatore è stato, qui da noi, la filosofia fascista dell'europeismo, nella sua connotazione ordoliberista. Adottando, a due decenni dal suo conclamato fallimento scientifico, la filosofia politica secondo cui l'economia deve essere gestita da regole, l'eurofascismo ha negato legittimità al conflitto sociale (perché tanto gli interessi "legittimi" sono tutelati dalle regole "giuste" - senza che nessuno intervenga a chiedersi chi ha stabilito queste regole...), obliterando così il ruolo degli organismi che partecipavano a questo conflitto: appunto i partiti, i sindacati, ecc. Questi organismi avevano, a modo loro (evidentemente imperfetto), anche il ruolo di mediare fra il cittadino-elettore-iscritto e la realtà, di proporre letture del reale, cui era evidentemente possibile aderire o meno, ma il cui il vantaggio era quello di essere il risultato di una elaborazione ideologica dotata di un minimo di coerenza interna e affidata (ai bei tempi) a intellettuali che la producevano dibattendo fra loro e con i corpi sociali.

Tutto questo non esiste più.

A sostituirlo, è intervenuta la filosofia pesantemente regressiva dell'"ascolto tutti e decido con la mia testa", che è evidentemente la legittimazione "democratica" dell'oligarchia. Il motivo è semplice: decidere "con la propria testa", in assenza di strumenti critici propri, o di un vaglio critico dei corpi intermedi, significa semplicemente dar retta a chi ha più soldi da spendere in propaganda. Punto.

Qui si arriva al secondo motivo per il quale le osservazioni del gentile amico erano totalmente sconclusionate (tali da poter essere attribuite solo a un troll molto furbo, o a un lettore molto ingenuo): così come non possiamo dividere mele per pere, non ha alcun senso mettere a confronto il lavoro di informazione fatto in questo e altri blog con il lavoro dei giornalisti. A questi va ovviamente il nostro rispetto umano di default, ma dobbiamo riconoscere (e lo ha fatto puntualmente il gran gastaldo di Giovinia, il giovine Baroni) che il loro lavoro è un altro: è fare propaganda, come ricordavo due giorni or sono sul Fatto Quotidiano, citando l'interessante e documentato lavoro di Luigi Zingales. Voler "decidere con la propria testa" se "la ragione" è dalla parte di un ricercatore indipendente o di un organo di propaganda non ha evidentemente senso, a prescindere dal fatto che uno voglia dotarsi o meno di strumenti critici per farlo (cosa che presuppone un percorso di studi piuttosto articolato).

Il mio educated guess è che il giovane ingenuo non fosse né giovane, né ingenuo. Siamo sotto elezioni, e quindi vi invito a stare molto attenti.

Sia come sia, anche da queste osservazioni sconclusionate è nato un fiorellino: vi ho fatto vedere come si valuta la bontà di un modello previsionale, simulando l'utilizzo del modello che avevo elaborato per prevedere il PIL trimestrale un trimestre in avanti per tutto il periodo del governo Renzi. La performance del modello era buona, ma verso la fine i valori storici si accostavano al limite superiore dell'intervallo di confidenza.

Io restavo del mio parere che il PIL non sarebbe cresciuto.

Oggi è uscito il dato: il PIL non è cresciuto, e, come vi dicevo, la variazione annuale acquisita per quest'anno è, ancora una volta, 0.6%.

Quindi avevo ragione, ma questo non fa notizia per due motivi: primo, perché capita spesso, e secondo perché è del tutto irrilevante ai fini dei problemi che ci opprimono, problemi che sono sostanzialmente di ordine politico.

Non serve a nulla aver ragione se i politici non hanno le palle per fare una scommessa, come quella che ho fatto due giorni fa (e non la fanno anche perché continuano a circondarsi di "esperti" risibili, anziché isolarli politicamente nel dibattito).

Non serve a nulla avere ragione se gli elettori non capiscono la differenza fra un organo di propaganda e una stima statistica (e non la capiscono perché vengono sapientemente insufflati dall'ideologia fascista del "decido con la mia testa").

Non serve a nulla avere ragione se il processo democratico è pesantemente inquinato da un sistema dell'informazione asservito a (legittimi) interessi particolari (interessi legittimi che diventano pericolosi quando sono gli unici a essere rappresentati nel dibattito).

Però mandare a stendere l'indicatore PMI è comunque un QED, e una soddisfazione, anche se, valutandola correttamente, resta una soddisfazione ben misera: perché mai dei purchasing manager euristi e che si "documentano" su Repubblica o sul Sole 24 Ore dovrebbero fare previsioni migliori di un qualsiasi laureato con Francesco Carlucci?

Parafrasando una frase forse apocrifa di Golda Meir: "O giornalisti, noi vi potremo perdonare di aver ucciso la nostra democrazia, ma non vi potremo mai perdonare di averci costretto a sparare sulle vostre ambulanze".

giovedì 11 agosto 2016

Bontà delle previsioni (arrivano i piddini)

idivev ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Stime preliminari del PIL, secondo trimestre":

gentilissimo bagnai, le devo porre una domanda:
le chiedo con molta sincerità: allora perché gran parte degli articoli stimano una crescita dello 0,1-0,2% del PIl?
Poniamola così: vorrei trovare la verità su quello che mi dicono sull'economia italiana e vorrei tentare di capire come cercare la verità senza essere offuscato dalla propaganda eppure sono confuso: se leggo sui giornali, al massimo si fermano a dire che nel secondo trimestre il Pil sarà fermo o avrà una bassa crescita, per ora nessuno o pochissimi si azzardano a dire che potrebbe essere negativo considerando che abbiamo gli indici pmi tutti più o meno positivi, ossia in espansione negli ultimi tre-quattro mesi(l'indice pmi composito italiano medio del secondo trimestre sta sopra i 50), se leggo lei l'opposto vengo a sapere .
Sono sinceramente confuso: sulla stampa leggo un certo ottimismo, mentre quando leggo su questo blog noto un clima ben diverso.
La domanda allora è:
Come può un povero mortale orientarsi in questa matassa di informazioni? come posso io capire da solo chi ha ragione e chi ha torto? Sono onesto: sinceramente penso che, se la stampa è troppo ottimista, lei forse, ma credo sia anche legittimo, sia certe volte un po' troppo pessimista eppure vorrei io stesso imparare a leggere i dati e prevedere le variazioni del Pil da solo, così posso capire chi ha ragione. I punti che mi confondono sono questi: perché allora gli indici pmi italiani negli ultimi quattro mesi, sì, non hanno avuto risultati brillanti ma erano in espansione se lei dice che nel secondo trimestre avremo decrescita? Eppure sul sole24ore leggevo che erano gli indici più affidabili per capire come andava l'economia, insieme alla produzione industriale che nel secondo trimestre ha avuto un andamento pessimo. Ne devo dedurre quindi che il sole24ore esasperava il valore degli indici pmi? Non solo, leggevo che il valore dell'indice anticipatore dell'economia, pur in decrescita relativamente ai mesi passati, comunque aveva un valore leggermente positivo: e l'indice anticipatore dell'economia sapevo fosse affidabilissimo nelle previsioni economiche del breve periodo. Da filosofo deduco che il problema è il fatto che il Pil misura una marea di componenti ergo un dato positivo non basta a dirci che il Pil in espansione o meno: forse, nonostante la stampa esalti qualche piccolo passo in avanti, ciò non basta a portare crescita. Mi può aiutare a capire, dopo tali riflessioni, se questi dati che ho elencato effettivamente bastano a dirci che siamo in ripresa o meno e perché, nonostante un indice anticipatore positivo, indice pmi buoni e solo la produzione industriale in netto calo, si arrivi a stime così pessimiste? Non si arrabbi: il punto è che ogni volta la stampa dice una cosa e lei un'altra e io voglio capire come giostrarmi in questi dati. Allora devo dedurre che l'indice anticipatore dell'economia ha errato a prevedere l'andamento economico essendo comunque in territorio leggermente positivo, pur in decrescita rispetto ai mesi passati? MI aiuti a capire

Postato da idivev in Goofynomics alle 10 agosto 2016 16:42



Oh, questo sì che è ragionare!

Attenzione, amici: qui abbiamo a che fare con un filosofo. Il suo scopo infatti è trovare la verità.

Voi mi direte: ne abbiamo visti di meno sprovveduti. Devo concordare con voi. Il nostro nuovo amico infatti va a cercare la verità nei giornali, che, come perfino uno dei loro più autorevoli collaboratori ha dovuto ammettere (per salvare la faccia, o qualcos'altro - tanto la differenza è poca) sono totalmente asserviti agli interessi del nostro capitalismo finanziaro bancarottiero. Lui "leggeva sul Sole24Ore", vi rendete conto? Un giornale del quale noi abbiamo imparato ad apprezzare l'attendibilità (risparmio esempi)... Lui vuole imparare a leggere i dati da solo per capire chi ha ragione! Ma allora è semplice: si iscriva a economia, faccia tre esami di statistica, tre esami di matematica, un paio di esami di econometria, demografia e spicci, poi prenda un dottorato, e avrà imparato. Altrimenti, rimanga pure schiavo della tronfia sicumera che lo porta a mettere sullo stesso piano un incompetente pagato per mentire (Zingales dixit) con un ricercatore che ha pubblicazioni internazionali. Già il fatto che lui metta sullo stesso piano fattispecie così diverse fa capire che il suo anelito di giustizia, il suo voler "capire (cioè decidere) chi ha ragione" è metodologicamente infondato, per il semplice motivo che giustizia è trattare fattispecie uguali in modo uguale e fattispecie diverse in modo diverso.

Se il nostro amico non arriva a capire che fra me e un qualsiasi "informatore" c'è un rilevante gap antropologico e culturale temo che non arriverà nemmeno a capire cose un pochino più complesse (quali, ad esempio, la costruzione di un intervallo di confidenza della proiezione).

Anche perché al nostro amico forse sfugge quello che ai lettori del mio blog non sfugge, cioè che io da cinque anni faccio previsioni quasi tutte giuste, mentre i propagandisti hanno fatto una serqua di previsioni sbagliate, dalla cui onta stanno ora cercando di lavarsi scoprendo ettolitri di acqua calda (gli risparmio esempi: glieli farà chi è stato attento). Chi sapeva nel 2012 che Francia e Finlandia sarebbero andate in crisi? Io. Chi sapeva nel 2012 che fra Usa e Germania sarebbero sorte tensioni a causa del surplus commerciale tedesco? Io. Chi sapeva nel 2013 che il 5 stelle non era effettivamento contro l'euro? Io. Chi sapeva a gennaio 2015 che Tsipras era eurista e non avrebbe aiutato il suo paese? Io. Chi aveva previsto a dicembre 2014 che nel 2015 saremmo cresciuti dello 0.6%? Io. Devo continuare?

Devo aggiungere, per ognuna di queste previsioni, il nome di un cazzaro autorevole opinionista del quale il nostro amico si fida, o che vuole mettere sul mio stesso piano, e che invece le ha completamente cannate? Faccia da sé, tanto se da una parte c'è "io", dall'altra, purtroppo, ci sono tutti gli altri, e trovarli non sarà difficile.

Detto questo, torniamo sul tecnico. Come ho già spiegato, è ovvio che un modello basato su un unico indicatore non può avere una enorme attendibilità. Il punto è quello che rilevavo nel post precedente e che il nostro nuovo amico ricorda: il manifatturiero è solo un settore dell'economia. L'IPI è strettamente legato ad esso, ma ovviamente poi c'è tanto altro: agricoltura (pochissima), servizi (moltissimi), costruzioni (stendiamo un velo pietoso). Quindi è chiaro che questo modello ha dei limiti. Diciamo però che con una sterzata così brusca della produzione da un lato e dei consumi dall'altro sinceramente le simpatiche opinioni dei direttori degli acquisti me le appenderei fra le tombe etrusche e i quadri del Tintoretto, però da professionista so che operiamo in un ambiente stocastico: certezze non possono essercene.

Detto questo, approfitto per chiarire come si valuta l'attendibilità di un modello previsionale: il modo migliore, naturalmente, è usarlo, e vedere se funziona.

A questo scopo, ho ristimato l'equazione proposta nel post precedente nei campioni che iniziano in 2010q1 e terminano nei trimestri da 2014q1 in poi, e ho usato il modello con le informazioni fino al tempo t per prevedere il dato del tempo t+1. Quindi, ad esempio, la prima stima è stata utilizzata per prevedere il dato di 2014q2. Poi ho stimato da 2010q1 a 2014q2 e ho previsto 2014q3. Poi ho stimato da 2010q1 a 2014q3 e ho previsto 2014q4. E così via. Ho insomma simulato un contesto operativo: quello in cui, con le informazioni disponibili fino a t, si prevede t+1. Questo è un primo ovvio test di bontà del modello, perché se in passato ha previsto male il futuro, c'è un ragionevole sospetto che possa predirlo altrettanto male in futuro. Naturalmente, a contrario, se il modello in passato ha previsto bene, non ci sono garanzie che possa farlo anche in futuro.

In ogni caso, i risultati sono questi:


Per essere un modello rudimentale, la performance è piuttosto buona: un errore medio assoluto percentuale dello 0.1%, e previsioni regolarmente all'interno dell'intervallo di confidenza. Certo: la previsione dell'ultimo trimestre 2015 non sembra tener conto della sterzata al ribasso dell'IPI: il PIL storico (in blu) continua per la sua strada. Può darsi benissimo che lo faccia anche nel secondo trimestre del 2016, e che quindi abbiano ragione i purchasing managers. In questo caso la linea blu "bucherebbe" la linea tratteggiata (il limite superiore dell'intervallo di confidenza) e questo dimostrerebbe che il modello avrebbe "sbagliato". Una crescita dello 0.1% come quella evocata dal nostro amico sarebbe sufficiente, perché porterebbe il dato trimestrale da 388807 a 389196 milioni, con un aumento di 389 milioni, pari a circa due euro in più a testa al mese per ogni italiano. Due caffè (quelli che dovreste offrire ad a/simmetrie).

Gentile amico: lei è renziano. Lo si capisce dalla sua naturale, istintiva simpatia, e dal fatto che vuole dimostrarci che va tutto bene. Con due euro in più al mese, che sono quelli che ci dimentichiamo nel carrello del supermercato, secondo lei l'Italia riparte?

Sinceramente, fra una crescita dello 0.1% e una dello 0% non vedo grande differenza. L'intervallo di confidenza della previsione del modello con cui stiamo giocando va in effetti da -0.1% a -1%. Una previsione con valore centrale 0.1, come quelle che lei cita, statisticamente si sovrapporrebbe a questo intervallo. In termini statistici è molto verosimile che le due previsioni non sarebbero significativamente diverse. Il punto è che naturalmente a uso del popolo bue (politici compresi) è inopportuno fornire misure di incertezza, cioè stime intervallari. Peccato che questo sia l'unico modo onesto di procedere quando si opera in un contesto probabilistico. Ma capita che le cose intellettualmente oneste siano in pochi a farle al mondo. Questo per dirle che in termini strettamente tecnici ci vorrebbe non solo un po' di tempo (perché si ottenga il dato definitivo del PIL, che non è quello che sapremo domani), ma anche molte informazioni in più (riferite allo scarto quadratico medio delle previsioni dei competitors) per sapere quale modello ha sbagliato di meno!

Le posso dare un consiglio? Non si prenda troppo sul serio, e non prenda troppo sul serio la situazione. Il modello che ho descritto nel post precedente è dichiaratamente un divertissement statistico: vediamo quanta informazione sul PIL ci fornisce l'IPI. Ma al di là di quello che posso pensare o scrivere io qui, vede, c'è un problema. E il problema è che una situazione nella quale le stime trimestrali del PIL ballano sulla lama dello 0% è senz'altro grave, ma non seria. Da quale parte cadano, le assicuro, è la parte meno grave della faccenda.

Questa sarà però la nostra situazione finché non ripristineremo un mondo normale. Cosa che la nostra stampa ci impedisce di fare, come ho scritto oggi sul Fatto Quotidiano. E questo è un problema non solo grave, ma anche serio, perché ci impone una riflessione sui cardini della nostra democrazia, che però non possiamo sviluppare qui: è ora di andare a letto.

Buona notte...

mercoledì 10 agosto 2016

Stime preliminari del PIL, secondo trimestre

(...sbrinando il frigo...)

Poco fa mi ha telefonato Isla Binnie (moderate la vostra invidia) per chiedermi cosa mi aspettavo dalle stime preliminari del PIL per il secondo trimestre 2016, che usciranno venerdì. Sarebbe un "professore chennepenZa", ma lei può farlo perché è professionista: voi no.

Aspettando che mi richiamasse ho fatto un piccolo gioco tecnico, con la mano sinistra, utilizzando l'indice della produzione industriale come indicatore anticipante del PIL. I dati sull'indice infatti escono prima (tant'è che li ho commentati oggi sul Fatto Quotidiano). Più esattamente: a inizio agosto esce il dato definitivo dell'IPI del mese di giugno, ed dopo il dato preliminare del PIL del secondo trimestre. Quindi è possibile in qualche modo usare il secondo trimestre dell'IPI (media aprile-giugno) per anticipare la stima del PIL del trimestre corrispondente, che poi è la logica di quanto fanno all'ISTAT per produrre le stime preliminari (ovviamente in modo più sofisticato, considerando una quantità di altri indicatori, ecc.).

Il post è tecnico perché ho fretta. Mi spiace per chi non potrà seguire tutti i dettagli. Quando avrò tempo ve li spiegherò.

I dati si presentano così:


e come vedete si parlano abbastanza. Dove va l'IPI (scala di destra) generalmente va anche il PIL (scala di sinistra). Certo che questo non esaurisce la storia: nel PIL ci sono i servizi, la domanda estera, ecc., ma diciamo che l'IPI è abbastanza informativo, siete d'accordo?

La correlazione fra le due serie è piuttosto elevata:


e anche se Bisin ci direbbe che è una bivariata e altri comincerebbero a ragliare aforismi random su correlazione e causalità qui c'è poco da fare: le due serie vanno molto insieme, e non per caso, ma perché l'IPI è (broadly speaking) una parte del tutto (del PIL).

Ovviamente con una correlazione così la relazione (log)-lineare fra le due variabili è piuttosto forte:


ma questo non sarebbe sufficiente a rendere il modello un buon modello previsionale. Il fatto è però che i suoi residui rispettano tutte le ipotesi classiche.

Intanto non sono bianchi: sono candidi! Guardate il Durbin-Watson, ma guardate anche:


o, se siete più bravini:


Poi sono omoschedastici:


e naturalmente sono anche normali:


Ma oltre a questo, i coefficienti dell'equazione sono particolarmente stabili (nonostante il campione corrisponda a un periodo non esattamente quieto):


e questo si riflette nei consueti test di stabilità:


Insomma: ci saranno anche altre informazioni da sfruttare per prevedere il PIL, ma il nostro modello sfrutta molto bene le informazioni che abbiamo a disposizione. Possiamo quindi usare il dato dell'IPI nel secondo trimestre 2016 per prevedere il Pil nel secondo trimestre 2016, e i risultati sono questi:


NA vuol dire not available (non disponibile) e significa appunto che il dato del PIL nel secondo trimestre 2016 ancora non c'è. YF vuol dire "Forecast (previsione) di Y (PIL)" ed è uguale a 386814.0 milioni (387 miliardi) di euro. Y_SE è lo "Standard Error" (scarto quadratico medio. s.q.m.) della previsione, corrispondente a 862 milioni di euro.

La previsione puntuale quindi è di 387 miliardi, ed è ovviamente in diminuzione rispetto al dato precedente, quello del primo trimestre, che era di 389 miliardi, e questo per il semplice motivo che, come vediamo dal primo grafico, sappiamo che la variabile esplicativa (l'IPI, linea rossa) nel secondo trimestre è diminuita, e quindi ci aspettiamo che la variabile esplicanda (il PIL, linea blu) diminuisca anche lei.

La previsione intervallare possiamo costruirla prendendo due s.q.m. (a voler essere precisi, sarebbero 2.08), per cui diciamo che secondo il modello il PIL nel secondo trimestre del 2016 cadrà nell'intervallo fra 385089,8 e 388538,2 milioni con il 95% di probabilità. Dato che il valore del primo trimestre è stato di 388807 milioni, questo implica che il tasso di crescita fra il primo e il secondo trimestre dovrebbe comunque assumere un valore negativo:


Tenete presente che questo è un intervallo al 95%, quindi è abbastanza ampio: è largo quasi 0.9 punti percentuali.

Però è tutto sotto lo zero...

Diciamo che con queste informazioni, se dovessi giocarmi a testa o croce il segno della variazione del PIL nello scorso trimestre, metterei volentieri 100 euro sul segno meno.

Il modello però è molto rudimentale. Dovremmo intanto renderlo dinamico (e si può fare facilmente), per tener conto degli eventuali effetti di feedback, e poi inserirci altre informazioni. Una di queste, che però non posso valutare statisticamente in modo rigoroso per mancanza di dati, è l'indice del fatturato della GDO, che tante soddisfazioni ci dette in passato. Il fatto è che la GDO sta andando male anche lei. Lo so perché uno dei nostri amici e sostenitori ci lavora e quindi mi informa. La situazione è talmente compromessa che ormai nemmeno il nostro amico Marco Frojo riesce più a improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell'avvenire. Guardate ad esempio il suo ultimo report: il fatturato della GDO chiude anche luglio in calo, e il cumulato da inizio anno è -1,38%. Sarebbe quando voi (non) andate (più) a fare la spesa al supermercato, per dirla in parole povere (cioè per parlare come non mangiamo). Notate anche che ormai Repubblica rispetto all'ANSA fa un figurone (il che è tutto dire)...

Ora, nel primo trimestre la spesa delle famiglie (componente predominante del PIL, pari a circa il 60% del totale) era aumentata dello 0.3%, contribuendo in modo determinante al risultato complessivo (pari anch'esso a una crescita dello 0.3%). In effetti, nel primo trimestre anche il fatturato della GDO aveva avuto un incremento di grandezza comparabile, pari allo 0,55%. Il fatto è che se ora il cumulato è -1,38%, la mia sensazione è che nel secondo trimestre si sia perso qualcosa di vicino al -1.38-0.55 = -1.93% (linearizzando). Vedo difficile che i consumi di contabilità nazionale possano essere aumentati, con un simile andamento dei dati micro (a proposito: se qualcuno li ha, li metto nel modello...).

Un'altra cosa da considerare è l'andamento della domanda mondiale. Magari il riscatto potrebbe venire dalle esportazioni nette. Tuttavia, non mi sembra che le proiezioni dell'economia mondiale siano all'insegna dell'ottimismo.

Ricapitolando: domanda interna in calo, domanda estera stagnante...

Che ne dite?

Scommettete 100 euro che il PIL nel secondo semestre non cresce?


(...poi se magari gli amici dell'ISTAT riescono a farlo crescere, aspettando il dato definitivo, io mi faccio raccontare come hanno fatto, e non ve lo dico. Promesso!...)

lunedì 8 agosto 2016

64 anni di produzione industriale

(...riprendendo una nostra vecchia tradizione, vi fornisco una serie lunga della produzione industriale, di quelle che i media non vi faranno mai vedere, e che senza essere professionisti è difficile andarsi a cercare. Lo abbiamo fatto ad esempio con la disoccupazione, con lo spread, col cambio cinese... Si impara sempre qualcosa...)



(...fonte: dal 1951 al 1990 le International Financial Statistics del FMI, serie 13666...ZF..., estratta dall'edizione dicembre 2010. Dal 1990 in poi il sito ISTAT...)

A quelli che "io pè li grafichi nun ce sò portato..." agevolo la tabella:


sempre utile per farsi un'idea, che, onestamente, senza essere professionisti, non è immediato farsi ictu oculi. Le due diminuzioni più rilevanti dell'indice della produzione industriale si sono avute nel 2009 (-18.7%) e nel 1975 (-9.2%). Non è quindi che le recessioni non ci siano mai state: c'erano anche negli anni '70. Quello che oggi manca però sono le riprese. Se confrontate gli anni '70 con il periodo dall'inizio del secolo, vedete subito che quest'ultimo è un bagno di sangue: praticamente tutti valori negativi, con l'unica eccezione del rimbalzo "tecnico" del 2010 (dopo il crollo del 2009), che, come si constata, sarebbe arduo considerare come un'autentica ripresa.

Se preferite una visione più sintetica, ve la do per decenni, fino all'ultimo dato annuale disponibile:


L'indice della produzione industriale, fatta base 100 il 2010, nel 1955 era a 22 (il che significa che nel 1955 il volume della produzione industriale era poco più di un quinto rispetto al 2010). Nel decennio 1955-1965 l'indice è più che raddoppiato (passando da 22 a 46). Nel decennio successivo è aumentato di un altro 52%. Poi arrivano gli anni '80 (svolta della politica americana, divorzio, ecc.) e l'aumento scende al 25%. Si mantiene al 24% nel decennio fino 1985-1995. Poi si azzera sostanzialmente (solo il 3% nel decennio 1995-2005), e poi collassa (-18% nel decennio 2005-2015).

La storia la sapete: qualcuno c'era, qualcuno no. Credo che commentare sia superfluo.

domenica 7 agosto 2016

Il partigiano Joe

(...a Massimo, con sincera amicizia e solidarietà...)

Ma veramente credete che uno nato e cresciuto in quello che si propone come "stato federale", ma che in realtà è un immenso stato nazionale, animato da una monocultura anglosassone dominante, e da un nazionalismo ferocemente identitario e messianico, possa capire le aporie antropologiche e culturali del progetto di integrazione politica europea!?

Ma veramente pensate che uno nato e cresciuto in un paese che emette moneta di riserva, quella che per molti anni è stata praticamente l'unica moneta di riserva (e ancora è quella dominante perché garantita da adeguate riserve di plutonio) possa capire la logica economica del vincolo esterno, che così pesantemente ha condizionato l'ideologia e la prassi quotidiana del cosiddetto europeismo!?

Dai, su, siamo seri!

La dimensione italiana del dibattito prossimo venturo sul partigiano Joe è riassumibile in una semplice frase: la sinistra degli inutili tsiprioti aveva bisogno di un altro santino, e lo ha trovato.

Se lo tenga.

(...noto peraltro con compiacimento la perfidia di Dagospia nel rilevare come il "consulente di SEL" sostenga tesi lepeniste... Ma questo è maramaldeggiare - cosa che personalmente trovo adorabile e passatempo al quale mi dedico con passione - e forse anche essere lievemente imprecisi...)

Potrei facilmente ironizzare sul fatto che se sei un martello, ogni problema ti sembra un chiodo. Così, se sei statunitense, ogni soluzione passa per gli stati uniti di qualcosa. "Joe, si è rotto lo scarico della vasca?" "Hai provato a unirlo a quello del lavandino?" "E come?" "Ma è semplice: con un tubo comune!"

Potrei dimostrarvi per tabulas che una delle differenze fra neokeynesiani e postkeynesiani è il rifiuto aprioristico dei primi di riconoscere l'esistenza del vincolo esterno (ne parlai l'anno scorso al Goofy4 con riferimento all'altro sommo economista statunitense), il che li condanna, ahimè a non capire una beneamata della situazione europea.

Qui voglio fare due riflessioni metodologiche molto sintetiche e generali (salvo entrare nei dettagli, se l'argomento vi appassiona), a complemento di quelle più circostanziate ottimamente svolte oggi da Luciano nel suo blog (che vi esorto comunque a leggere o a rileggere, perché è tanta roba...).

La prima è che il libro del nuovo partigiano ancora non l'ho letto, e credo non lo leggerò. "Se non conosci non puoi giudicare", come ci siamo già detti, è un caposaldo, direi il caposaldo, della piddinitas, da espugnare rifiutandolo.

Elaboro brevemente: siamo circondati da imbecilli presuntuosi che pensano di poter capire un libro (o la situazione politica di un continente) prescindendo da un percorso di approfondimento culturale ed esistenziale. Il famoso discorso "ascolto tutte le campane e decido con la mia testa". Sicuro di poterlo fare? Credo sia molto più facile per chi ha fatto un certo percorso prevedere il contenuto di un testo (e i suoi ovvi limiti) senza nemmeno sfogliarlo, che per chi non lo ha fatto comprenderne il contenuto (e i suoi ovvi limiti) leggendolo svariate volte. Ora, se vi rileggete i primi due capoversi di questo post, trovate il mio educated guess. Quello che c'è là dentro credo di saperlo. Se qualcuno di voi si sobbarca (o si è sobbarcato) la fatica, e può smentirmi, ne sarò lieto. Ma se nessuno lo fa, mi tengo il mio pre-giudizio. È per pre-giudicare con ridotti margini di errore che mi sono concesso il piacere di farmi una cultura europea (sì, è pleonastico: ma ogni tanto faccio finta di essere ecumenico): di leggere Manzoni, Flaubert, Tolstoj, e tutta la coorte dei libri senza figure di cui qui spesso si parla. Ora che ce l'ho, la cultura, la uso, e il suo principale impiego è quello di far risparmiare tempo a chi non ne ha.

Il moscone ama fare esperienze: sbatte la testa sul vetro una, due, dieci, mille volte... È sempre lo stesso vetro: il compagno Hollande, il compagno Tsipras, il partigiano Joe... Un uomo si comporta diversamente. Può anche capitargli di dare una cornata, se il vetro è stato pulito bene (e quanto era stato lustrato Tsipras, ve lo ricordate?). Ma poi cerca la maniglia, apre la porta e esce... La maniglia che mi ha fatto capire prima di tutti gli altri cosa avrebbe fatto Tsipras è quella che mi fa travedere il contenuto del nuovo libro di cui tutti parleranno senza averlo letto.

Neanche io, ma a differenza degli altri l'avrò detto, e saprò cosa c'è scritto!

La seconda è che siccome al 99% nel famoso libro ci si troverà quello che prevedo ci sia (e che mi pare anche Jacques sostanzialmente adombri), cioè, in definitiva, una appassionata perorazione questista, seguita (perché così comanda il politicamente corretto) dalla solita "proposta costruttiva" del tutto farlocca (suppongo basata sul concetto di moneta comune, che nessuno è stato finora in grado di spiegarmi in modo convincente), già ci sarà chi, come prima Massimo su Twitter, metterà le mani avanti dicendo: "Eh, ma il partigiano Joe sa benissimo come stanno le cose! Lui sa benissimo che un altro euro non è possibile, ma sceglie l'artificio retorico di definirlo possibile purché esso rispetti un insieme talmente restrittivo di condizioni, che poi alla fine il lettore, ragionandoci su [con la sua testa] sia costretto a dire da sé: no, non è possibile!".

Vi faccio notare che gli economisti e i giuristi citati finora (Barra Caracciolo, Sapir, D'Antoni), tranne ovviamente il partigiano Joe, sono tutti nel comitato scientifico di a/simmetrie (personalmente ci vorrei anche il Pedante, perché la sua analisi del questismo è da Nobel). Per questo motivo non esploderò in fragorosi improperi al solito mio, ma mi limiterò ad articolare civilmente ad uso di Massimo, esponendomi volentieri a una sua ulteriore confutazione, la mia idea che questa supposta intenzione maieutica del partigiano Joe mi convince poco. Credo insomma che lui e Socrate abbiano in comune solo la barba, e non ne sono nemmeno tanto sicuro, perché di Socrate non ho visto mai una foto (che comunque avrebbe potuto essere photoshoppata - participio passato del verbo "photoshoppare": lo dico a beneficio di "bran academy", la crusca essendo quella cosa che serve a quello che sapete, e come abbiamo visto funziona benissimo...).

Temo che invece che un artificio retorico (intendendo, come Massimo eruditamente fa, la retorica come "scienza della persuasione"), invece che un procedimento maieutico, questo modus operandi sia un errore politico pesantemente regressivo, che non solo non manda avanti il dibattito nel resto del mondo, ma che rischia di farlo arretrare qui da noi, dove (sostanzialmente grazie ad a/simmetrie) esso è ma di molto avanti.

Premetto l'ovvio, ovvero che io so benissimo che il partigiano Joe sa benissimo che l'euro non funziona (e ha anche un'idea ragionevolmente approssimata del perché non funzioni - leggetevi bene il post di Luciano per capire dove è che l'approssimazione diventa grossolana...). Ho citato nei miei libri non solo le sue dichiarazioni, ma anche quelle di tutti i nostri colleghi che lui non poteva non conoscere. Il fallimento dell'euro, nonostante alcuni cialtroni provinciali possano avervi fatto sospettare il contrario, è acquisito alla scienza economica da decenni come patrimonio condiviso dagli economisti di tutte le scuole. Ne consegue, peraltro, che se il libro fosse stato scritto per dimostrarlo starebbe semplicemente scoprendo l'acqua calda. L'unico senso che può avere oggi un libro sull'euro non è quello di dimostrarne il fallimento, ma di spiegarlo, ed è rispetto a questo unico obiettivo sensato che ci dobbiamo chiedere se il questismo, nella sua variante di "altreurismo" ("un altro euro avrebbe stato possibile se mio nonno avrebbe avuto cinque palle e quindi avrebbe stato un flipper..."), sia una strategia valida.

Personalmente ritengo di no, come vi ho già detto, e, fatta la doverosa premessa, enumero.

Intanto, c'è un problema di ordine dialettico. Se entri nel tunnel del "questismo", se dici che "questo" euro non è possibile, ti indebolisci dialetticamente, perché ti esponi alla ovvia obiezione che allora il problema non è l'euro ma come è stato gestito.

Il questismo è pessima economia e pessima politica.

Pessima economia, perché se in una funzione di domanda inibisci l'aggiustamento dei prezzi relativi, necessariamente l'aggiustamento dovrà passare dal reddito, quindi l'adozione dell'euro, irrigidendo il cambio nominale, espone a due strade, in caso di problemi: o promuovere le esportazioni tagliando i salari, o reprimere le importazioni tagliando i salari. Cosa hanno in comune queste due soluzioni? Il taglio dei salari. Ma cosa rende necessario adottarle (cioè cosa è condizione sufficiente affinché esse vengano adottate)? Il cambio fisso. Non "questo" cambio fisso. Qualsiasi cambio fisso. Se non lo ammetti non sei un economista ma un dilettante (o un furbo) animato da verosimili ambizioni politiche (ovviamente non può essere il caso del partigiano Joe, che dalla vita ha avuto - meritatamente - molto, ma sarà il caso di chi qui da noi continua a negare la teoria economica elementare).

Ma il "questismo" è anche pessima politica, oltre a essere pessima economia. Chi si sobbarchi la fatica di un minimo di percorso interdisciplinare, chi, ad esempio, si legga bene i Trattati, sa benissimo che essi prevedono ogni e qualsiasi tipo di clausola di salvaguardia in circostanze eccezionali.

Ma chi dichiara lo stato d'eccezione?

Il sovrano, come sapete.

Cosa voglio dire? L'ovvio, come sempre. Partendo dalla fine: non ci sarebbe stato nessun bisogno di applicare anticipatamente il bail-in, di strozzare la Grecia, di adottare il Fiscal compact ecc., se semplicemente si fosse preso atto del fatto che la crisi nella quale ci troviamo definisce circostanze eccezionali, quelle rispetto alle quali le normative sul bail-in prevedono una sospensione della sua applicazione, i Trattati europei prevedono infinite salvaguardie, compresi i controlli dei movimenti di capitali, ecc. Non sono sicuro che il partigiano Joe abbia letto bene i Trattati. Io li ho letti peggio di Luciano (ovviamente! Non è il mio lavoro), ma li ho letti, e vi posso dire che dalla loro lettura emerge la consapevolezza lancinate di una cosa che vi dico da sempre: se la volontà politica di cooperare esistesse, non saremmo in crisi, perché, anche a legislazione vigente, una serie di decisioni ingiustamente punitive, prese con la scusa di "applicare le regole", sarebbero tranquillamente cadute nel regime di eccezione e quindi avrebbero tranquillamente potuto non essere prese, in nome della solidarietà e della condivisione dei costi del progetto europeo.

Ma è questo spirito di condivisione di un progetto comune, è questa volontà politica che manca! Il sovrano è la Germania (l'attuale élite al potere in quel paese), infiltrata profondamente nelle istituzioni europee (come abbiamo scritto su a/simmetrie in un articolo prima accusato senza citarlo di complottismo e poi variamente scopiazzato senza citare la fonte), e la Germania intende legittimamente perseguire i suoi e solo i suoi interessi. Quindi, ad esempio, per le nostre banche ci sarà la soluzione "di mercato" (cioè se le compreranno i capitalisti esteri per pochi spiccioli dopo aver dissanguato i risparmiatori italiani), mentre per la Deutsche Bank già si parla di nazionalizzazione, e nessuno farà un fiato, perché il sovrano avrà detto che quello è un caso eccezionale, e il nostro no.

Ma scusate, santo Dio, ma l'avete letta a dicembre l'intervista a Lars Feld? E il partigiano Joe l'ha letta? E se l'ha letta l'ha capita? E se l'ha capita ci viene a parlare di un altro euro? "Voi dovete rivolgervi alla troika perché non c'è una crisi sistemica, noi ci siamo nazionalizzati le nostre banche perché c'era una crisi sistemica".

Chiaro?

Allora forse ha ragione Luciano, il cui post secondo me si riassume nel noto detto che chi non è parte della soluzione è parte del problema.

Articolare raffinate supercazzole tecniche rispetto a non si sa bene quali monete o quali bond comuni serve sì a farti sembrare un figo ai tuoi groupies, ma è una operazione intellettualmente disonesta, e quindi regressiva, perché fondamentalmente offusca il punto cruciale, ovvero il fatto che la volontà politica di adottare qualsivoglia arzigogolo tecnico per mutualizzare i costi non c'è, e non c'è per motivi storici, culturali, antropologici, geografici, religiosi, che se sei americano non puoi capire, perché non puoi farcela, perché non è il tuo cazzo di lavoro, perché se vieni da un paese nel quale chi insegna all'università Michelangelo non sa né deve sapere di chi sia - cioè chi abbia dipinto - la Vergine delle Rocce è del tutto normale che tu non possa arrivare nemmeno a lontanamente intuire la complessità e la profonda radicazione dei motivi che impediscono e sempre impediranno la maturazione di una simile volontà politica qui da noi, in Europa, in un insieme di paesi che hanno ognuno la sua storia, la sua geografia, la sua cultura.

Fatto salvo il diritto di ognuno di dire quello che gli pare a casa sua, dobbiamo quindi riconoscere che nascondere questa impossibilità dietro a simpatici fumogeni politicamente corretti è un'operazione devastante per il nostro dibattito, qui in Italia. Avremo a che fare con una generazione di cretini 3.0 che verrano a rivogarcela con la storia che però "il partigiano Joe ha detto che un altro euro è possibile, e il dentifricio, e il tubetto, e l'euro è solo una moneta...".

E questo, sinceramente, potremmo risparmiarcelo se chi fa l'intellettuale, o si atteggia a tale, tenesse un comportamento etico.

L'etica dell'intellettuale presuppone due capisaldi: che egli parli di ciò che sa (e un economista non è uno scienziato politico), e che egli rifugga dal cercare il consenso in quanto tale (e quindi dica sempre e solo le cose come stanno).

Quando ho cercato di capire (e ancora non credo di averlo compiutamente fatto) le aporie politiche dell'euro mi sono rivolto agli scienziati politici: a Featherstone, a Majone, agli altri che via via vi ho citato. Ecco: un buon test per l'ultima opera del partigiano Joe sarà quello di sfogliarlo cominciando dalla bibliografia. Perché, vedete, io mi sono proposto di essere un nano sulle spalle di giganti, e per questo vedo più lontano di un gigante sulle spalle di nani. Eh già: perché se il gigante sale sul nano lo spiaccica... e quindi resta mezzo metro sotto a chi ha fatto l'operazione contraria...

Chi sa ha il dovere di parlare chiaro.

Quattro anni fa potevamo illuderci che forse una soluzione concordata potesse essere possibile. Oggi non lo è. Non solo. Già quattro anni fa era chiaro (a noi) che l'euro era un metodo di governo consapevolmente scelto, e che un altro euro non era possibile. Eravamo aiutati in questo dalle peculiarità del dibattito italiano, che ho spiegato qui. Non possiamo fare a uno straniero la colpa di non apprezzare le finezze del nostro dibattito. Dirò di più: non possiamo nemmeno presumere, aprioristicamente, che chi non conosce il nostro percorso politico non sia in grado di darci un consiglio sensato. Tuttavia, è un dato di fatto che essere italiani, cioè essere cittadini del più forte dei paesi "deboli", di un paese tradito in modo smaccato dalla sua classe dirigente, organica al capitale internazionale (quella che oggi invoca l'arrivo della troika, per capirci), ci ha messo in condizione di capire prima e meglio.

E visto che nella merda ci siamo noi, e fino al mento, credo che questo ci autorizzi a chiedere a chi vuole, da debita distanza, occuparsi accademicamente dei problemi che lacerano la nostra carne viva, di farlo parlando chiaro.

Non chiedo né posso chiedere ad alcuno di sbilanciarsi come ho fatto io, soprattutto da quando comincio ad intuire quanto sto pagando per averlo fatto. Ma di persone il cui principale scopo è quello di cadere in piedi in qualsiasi possibile scenario, di persone che con le loro reticenze hanno ostacolato il maturare di una consapevolezza diffusa, ne avremmo anche le tasche piene, o per lo meno ce le ho io.

E voi?

sabato 6 agosto 2016

BBQ

Oggi la brace l'ha fatta er Palla. 


Et nunc dimittis...

Indice della produzione industriale

Oggi invece è toccato all'ANSA, uno dei tanti media dei quali nel corso degli ultimi anni abbiamo imparato ad apprezzare l'equidistanza, di regalarci un momento di franca ilarità del quale le siamo sinceramente grati, con questo lancio spettacolare:


Dunque, cerchiamo di far chiarezza in questo corrusco lacerto di prosa marinettiana. Aiutiamoci con un altro house organ dell'eurismo italiano (eh, quanto sarà tragicomico l'imminente otto settembre!): la Treccani. Mi permetto di trarne alcune definizioni:

frenare v. tr. [lat. frenare, der. di frenum «freno»] (io fréno, ecc.). – 1.  Moderare la velocità di un corpo [...] 2. fig. Cercare di impedire o rallentare o disciplinare un moto, una tendenza [...]

Bene. Quindi, par di capire, l'economia va avanti, ma in modo meno veloce, più disciplinato. Insomma: c'è meno crescita, ma non dobbiamo preoccuparci, perché negli ultimi mesi va meglio. Fino a qui, nulla di nuovo sotto il sole: "Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell’avvenire.Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti". Oggi come ieri i giornalisti tengono famiglia: non sia mai gli tocchi fare la fine degli intellettuali scomodi alla Berlinguer (Bianca)!

Passata la velina renziana, si può inserire la dissonanza, della quale nessuno si accorge: "indicatore in ulteriore calo". Indicatore? Quale? Calo? Come? "Con intensità più contenuta".

Ah, vabbè...

E il lettore gira pagina.

Ottimo lavoro, cari informatori. Ora, col vostro permesso, chiarisco come stanno le cose, partendo dalla fine. Oggi sono usciti gli ultimi dati sull'indice della produzione industriale dell'ISTAT. L'indicatore del quale l'ignoto prosatore oscuramente farnetica (senza nominarlo) è appunto questo, del quale vi ricordo la definizione (dal glossario del sito ISTAT):


Chiaro, no? (Per i dettagli, è utile questo).

Il lancio dell'ISTAT, oggi in homepage, è anch'esso piuttosto chiaro:

e non parla di un'economia che frena (cioè che diminuisce una velocità positiva), ma di un'economia che va a marcia indietro (cioè che ha una velocità negativa, cioè che cala: sia rispetto al mese precedente, che rispetto a dodici mesi or sono).

Ci auguriamo tutti che almeno in autostrada l'ignoto titolista riesca a distinguere la differenza fra frenare e andare a marcia indietro. Ci e gli auguriamo di non confondere i due concetti, soprattutto in corsia di sorpasso. Nel caso lo faccia, possiamo solo auspicare, nel caso ci si trovi a passare per lì, di essere al volante non di un'utilitaria ma di un TIR (magari a pieno carico, perché...).

Sbagliarsi è lecito. Coinvolgere le vite altrui nei propri errori, molto di meno. Il segno di una derivata prima può costare una bocciatura a un esame di analisi, e la vita quando si guida un'automobile...

Detto questo, cerchiamo di capire come stanno le cose.

Non mi riferisco al mondo dell'informazione: quello è roba da stomaci forti, come voi grazie a me ormai avete imparato a capire (ad esempio: avete visto questa storia che mi hanno raccontato in molti e che oggi Foa rende nota sul suo blog?). Mi riferisco alla produzione industriale, che conviene esaminare con due strumenti ottici, partendo dal telescopio, come spesso facciamo qui, cioè esaminandone le tendenze nel lungo periodo. Non è la prima volta che lo facciamo, ma  vale la pena di fare un ripasso allargando lo zoom.

Eccovi serviti:


Qui avete 35 anni (1980-2015) di indice della produzione industriale (ma se volete ne ho di più). Il dato sul quale nessun giornalista renziano (o montiano) farà mai un titolo è che nel 2014 la produzione industriale italiana era scesa al livello del 1986, cioè di 28 anni prima. Nel 2015 siamo cresciuti: titoloni "l'Italia riparte", per leccare il grullo del contado, ma la sostanza è che l'indice del 2015 si situa ai livelli di quello del 1987, cioè, appunto, di 28 anni prima. Quindi riparte una sega: abbiamo perso un quarto di secolo in due tranche: una grazie allo shock Lehman, e una grazie all'austerità di Monti (come abbiamo già visto partitamente qui), e non c'è versi di recuperare questo distacco. I due fenomeni sono evidentissimi nel grafico, come pure è evidente il calo della produzione industriale durante lo SME credibile (cioè dal 1988 al 1993 circa), ovvero nel periodo in cui, in una sorta di prova generale dell'euro, i paesi aderenti al Sistema Monetario Europeo (SME) decisero di bloccare i rispettivi tassi di cambio, ed è altresì evidente la ripartenza nel 1993, dopo l'uscita dalla gabbia dello SME.

Una piccola precisazione sui dati. Il sito ISTAT, per motivi che saprà lui e che certamente sono giustificatissimi da apprezzabilissime questioni di scrupolo metodologico, non riporta serie così lunghe. Il fatto è che se ci fosse un giornalista non renziano, magari potrebbe consultarle, e allora salterebbe fuori il titolone (che qualcuno, vedrete, farà dopo aver copiato da questo post: magari, ci scommetto, il solito Vito Lops...): "L'Italia è tornata indietro di 28 anni!" (e apriti cielo). Per ottenere una serie così lunga ho utilizzato due fonti: le International Financial Statistics nell'edizione del 2011, e il sito ISTAT, confrontando, in quest'ultimo, le serie con la vecchia base (2005) e quelle con la  nuova (2010).

Sì, perché un indice, come potrete approfondire qui, se vi serve, è un numero che serve ad apprezzare l'intensità di un fenomeno, e la sua evoluzione nel tempo. In quanto tale, esso prende un dato anno come riferimento (base), e in quell'anno, per convenzione, l'indice viene normalizzato al valore di 100. Questo permette di apprezzare a colpo d'occhio di quanto varia l'intensità del fenomeno considerato. Ad esempio: siccome l'indice che vi ho proposto in figura ha base 100 nel 2010, e nel 2014 era sceso a circa 90, vediamo subito che fra 2010 e 2014 la produzione industriale era diminuita del 10%. Mica male, eh!

La base però è convenzionale: gli istituti di statistica la aggiornano regolarmente, per il semplice motivo che quando ci si allontana dalla base i numeri diventano meno facilmente confrontabili. Non tutti infatti capiscono che mentre 10 è il 10% di 100, non lo è di 200. In un'economia che cresce è quindi utile rivedere periodicamente le basi. Questo però, almeno in teoria, non altera i tassi di variazione degli indici: semplicemente, altera la scala (convenzionale), cioè l'anno in cui l'indice vale 100.

Tanto per capirci: la serie che vi ho mostrato sopra è stata costruita partendo da questi tre ingredienti:


la serie fornita dall'IMF nelle sue International Financial Statistics (in blu), quella fornita sul sito dell'ISTAT con la vecchia base (2005, in arancione), e la serie più recente, quella a base 2010 (sempre reperibile sul sito dell'ISTAT, in grigio). Vedete che le due serie a base 2005 praticamente si sovrappongono: nel periodo di overlap la correlazione fra i rispettivi tassi di crescita è di 0.99. Le due serie ISTAT (a base 2005 e 2011) si sovrappongono per soli tre anni, con una buona correlazione in livelli (0.98).

(...non avrebbe senso calcolarla fra i tassi di variazione perché ce ne sono solo due su dati annuali, ma i dati mensili vi mostreranno che l'andamento è identico...)

In definitiva, quindi, per ottenere la serie a base 2010 dal 1980 al 2015 ho retropolato la serie grigia coi tassi di variazione della serie a base 2005 (ISTAT finché c'era, poi IMF). Un minimo di sforzo, ma ne valeva la pena, per darvi questa bella notizia: siamo più giovani di 28 anni! Anzi: più giovani no: solo più poveri...

Va precisata una cosa. La manifattura è solo una delle componenti del PIL. L'industria è il settore trainante per tanti motivi, ma la maggior parte del valore aggiunto si produce nei servizi. Ne conseguono un paio di cose. Intanto, che in una certa misura è fisiologico che l'IPI perda terreno rispetto al PIL. Lo vediamo in questo grafico, dove ho espresso sia il PIL che la produzione industriale come indici con base 100 nel 1980:

Il cuneo che si allarga fra le due grandezze è determinato, ad esempio, dalla terziarizzazione dell'economia, ecc., ed è appunto in questo senso che quindi è in parte fisiologico. Il dato patologico, però, è che la divaricazione si accentua sempre quando fissiamo il cambio: fra 1987 e 1992, e poi dal 1999 (a spanna). In un paese manifatturiero come il nostro il cambio rigido non è certo l'unica causa della deindustrializzazione. Ma negare che la favorisca è impresa piuttosto ardua: credo possa riuscire solo a un traditore o a un imbecille, ma sono ovviamente aperto ad altre possibilità. Come avete visto nel post precedente, quello del disallineamento del cambio viene percepito come problema dagli economisti veri. Se me ne trovate uno che dice che il cambio sopravvalutato fa bene a un'economia come la nostra vi sarò molto grato.

Un altro dato fisiologico è che siccome l'industria è una parte di un tutto, ed è la parte più esposta alle fluttuazioni dei mercati internazionali (i beni manufatti sono tradable, commerciabili internazionalmente, mentre i servizi molto meno - a parte per i cretini da talk show che vanno a tagliarsi i capelli a Duisburg e a parcheggiare la macchina a Amiens: da cui discende la loro preoccupazione per una eventuale svalutazione della liretta...), accade che l'indice della produzione industriale fisiologicamente sia più volatile. La sua variazione ha una maggiore varianza, insomma, come si vede da qui:

Per i tecnici: lo s.q.m. del tasso di crescita del PIL nel periodo considerato è 1.9, quello del tasso di crescita della produzione industriale 4.5 (se vede a occhio...).

Detto questo, passiamo al microscopio, cioè ai dati mensili recenti. Eccoli qui:

...e purtroppissimo non ci si capisce niente! Il signal della tendenza di lungo periodo è quasi completamente offuscato dal noise del ciclo stagionale. Vedete ad esempio che bel tonfo in ogni agosto, quando le fabbriche ancora aperte (sempre di meno) chiudono per ferie (sperando di riaprire)?

Ora, mi piacerebbe molto parlarvi del ciclo stagionale, delle oscillazioni armoniche, delle radici complesse dell'unità, della formula di Eulero, dei filtri passa-banda: insomma, riprendere il discorso che avevo iniziato a Tignale, condividendo con voi quel cibo che solum è mio, certo prendondola un pochino larga (partendo da Pitagora...), ma che proprio non vi interessava, perché a voi non interessano le cose interessanti.

"Professore, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro..."



"Bene, caro, parliamo dell'euro. Ma tu chi sei?"



"Non importa, professore, io non sono nessuno, ma la prego, mi parli dell'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro, l'euro..."

























































Un incubo...





















































A parte il fatto che preferisco la vera superbia (la mia) alla falsa modestia (la vostra: fate tanto gli umili de sta ceppa, ma appena vi gratto con l'unghietta trovo molto spesso dei piddini a 24 carati, tutti convinti di essere mooooolto fuuuurbi, salvo poi incavolarvi con gli altri se non siete in grado di spiegargli le cose che non avete capito...), a parte il fatto che presentarsi è EDUCAZIONE, ovvero rientra nell'insieme delle cosiddette #lebbasi, senza le quali sarebbe buon senso non arrischiarsi in società, e a parte il fatto che l'ultimo al quale hanno risposto "sono Nessuno" è finito molto male - e io non ho nessuna intenzione di finire altrettanto male, quindi quando mi incontrate:

1) o mi evitate;
2) o mi dite chi cazzo siete;
3) o vi stronco finché ho almeno un occhio sano;

a parte tutto questo, se c'è una singola cosa che dovreste aver capito da me in questi cinque anni è che se c'è una cosa poco interessante per un vero economista è l'euro (e la sfilza di QED di questo blog dovrebbe provarlo a sufficienza).

Ma passons. In fondo ci si affeziona a tutti, e anche voi, con le vostre strane patologie, siete di compagnia. Quindi, invece delle perle, vi do il buon pastone dell'ISTAT. Ingrassatevi con i suoi dati destagionalizzati (dai quali Carlucci mi insegnò illo tempore a diffidare: e sì che chi li produce alla fine sono suoi allievi...):



Ecco: qui avete il destagionalizzato mensile vecchia base (in blu) e nuova base (che parte dal gennaio 2010). Potrete constatare dal periodo di overlap che le due serie hanno dinamica sostanzialmente identica. Se le aggiuntiamo, otteniamo questa serie (base 2010):



di cui qui vi mostro i tassi di variazione tendenziale (mese su stesso mese dell'anno precedente):


e qui vi mostro cosa è successo da quando ho aperto questo blog (cioè dal novembre 2011, che incidentalmente è anche la data in cui Monti ha preso servizio):

Non so se è chiaro: dei tre governi che dovevano salvarci (Monti, Letta, Renzi) solo il primo ha lasciato un qualche segno apprezzabile in termini statistici: il primo. Peccato che fosse un segno meno. Il grullo del contado, con tutto il rispetto per alcuni dei suoi tecnici che conosco, ma che sono impastoiati per i noti motivi, non è riuscito a far gran che. Ha trovato l'indice della produzione industriale a 91.6 nel febbraio 2014, e ce lo rende a 91.8 nel giugno 2016, in calo da un massimo di 93.2 a gennaio 2016 (non esattamente un Everest).

Ben 2 decimi di crescita, da 91.6 a 91.8, in due anni!

Data questa prestazione, #iostocolgiornalistachedeveobbedireallavelina!

Porello!

Deve essere veramente difficile far passare per un successo, o comunque per un miglioramento ("meglio ultimi mesi"), o almeno non far passare per un totale insuccesso, una roba simile. Sulla tomba di questo ignoto milite, sulla tomba di questo Pulitzer misconosciuto, riverenti porremo la stele che ricorda gli sconfitti di una battaglia meno ignobile, combattuta da un regime non meno ignobile: "Mancò la fortuna, non il valore"!

E comunque, amico giornalista, resisti. Presto le cose cambieranno, e potrai tornare a dire cose più sensate.

Quelle che ora, chi volesse leggerle, dovrebbe venire a farlo qui...


(...la morale della favola è che siamo incartati come una caramella, e non possiamo aspettarci alcuna ripresa fino a quando non usciremo dall'euro. Secondo me nei prossimi mesi molti si sfileranno da Renzi e lo lasceranno a prendersi in faccia l'esplosione di MPS, sperando di poter poi rientrare a gestire la bonanza del dopo euro. Ne abbiamo parlato più volte, ma queste dinamiche ormai sono palesi e a questo proposito vi consiglio di seguire sempre assiduamente Dagospia, che, per quanto posso verificare, è sempre molto attendibile...)