(...vi sono ancora debitore di un'analisi approfondita di questo grafico riferito al nostro Paese:
presentato qui, ma almeno vi ho detto dove trovare l'algebra che mette in relazione l'indebitamento netto con la posizione netta sull'estero:
Tutto giusto e tutto interessante, ma ora, nel nostro vano tentativo di anticipare la legge di Murphy e i suoi corollari, volevo commentare a caldo un passaggio dell'odierna relazione di Savona nell'incontro coi mercati a Piazza Affari...)
Intervenendo il 20 giugno al tradizionale appuntamento coi mercati il presidente della CONSOB, a voi noto e caro, Prof. Paolo Savona, ha detto, fra l'altro, che:
"non può sfuggire l'analogia che si va determinando con le radici della crisi finanziaria del 2008 dovuta alla diffusione dei derivati complessi che contenevano crediti difficilmente rimborsabili (subprime)..."
Secondo me, invece, sfugge ai più, e potrebbe anche sfuggire qui a noi, perché non ne abbiamo mai discusso in dettaglio. Sarà il caso di farlo, perché questa analogia appartiene al novero di quelle cose di cui è meglio occuparsi, prima siano loro a occuparsi di noi!
Un'altra è senz'altro il disaccoppiamento fra debito privato e investimenti "produttivi" (formazione lorda di capitale fisso) evidenziato nell'ultimo rapporto OCSE sul debito:
ma questo fenomeno non ci stupisce più di tanto, perché è la diretta conseguenza pratica di un modello teorico che analizzammo qui.
Di finanza "virtuale" invece ci siamo occupati meno, anche se in Goofynomics, il liber scriptus in quo totum continetur, se n'era comunque parlato. A questo proposito, era stata la segnalazione di uno di voi, Davide Sarti, a farmi conoscere un articolo (DeFi: Shadow Banking 2.0, di H.J. Allen) che avevo poi utilizzato per preparare questo intervento:
e in particolare questa slide:
su cui non c'era stato abbastanza tempo per soffermarsi "esplodendo" in tutti i suoi dettagli il terzo punto, quello sulla DeFi come Shadow Banking 2.0. L'analogia di cui parlava oggi Savona è proprio questa, e per l'autorevolezza e il ruolo di chi l'ha evidenziata occorre che le dedichiamo un po' di tempo (sempre ringraziando voi, perché, per fare un esempio concreto, senza il suggerimento di Davide io questa allusione non l'avrei capita - e del resto non sono certo che la platea cui il messaggio di Savona era rivolto l'abbia unanimemente recepito...).La tesi di Allen è semplice: così come la sottovalutazione del rischi dello shadow banking è stato uno dei fattori amplificanti la crisi del 2008, la sottovalutazione dei rischi della DeFi potrebbe amplificare una futura crisi finanziaria, perché fra DeFi e shadow banking esistono forti analogie.
"Spedire moneta come una foto"
Cominciamo a definire qualche concetto. Intanto, DeFi sta per decentralized finance, intesa come fornitura di strumenti o servizi finanziari (ad esempio, di servizi di pagamento) per mezzo di contratti intelligenti (smart contracts) su una blockchain (un registro distribuito privo di permessi). Ci serve qualche altra definizione: il registro distribuito (distributed ledger) è un database crittografato e decentralizzato in cui le singole transazioni vengono registrate e concatenate in modo che sia impossibile alterarne una senza dover alterare tutte quelle successive. Questa caratteristica (cioè la concatenazione) è importante perché il registro è distribuito, cioè i dati che contiene sono diffusi e sincronizzati in varie copie ospitate da diversi computer in giro per il mondo, e ogni modifica deve essere validata (con complesse procedure di crittografia per preservare la riservatezza delle informazioni) da tutti i nodi di questa rete. Ciò garantisce che il registro sia affidabile, cioè che il suo contenuto non venga arbitrariamente alterato (ad esempio, facendo scomparire la traccia di un pagamento effettuato), perché queste alterazioni verrebbero rilevate dagli altri nodi - l'alternativa essendo, ovviamente, un registro detenuto da un'autorità centralizzata (come una banca centrale). Se posso fare un esempio banale ma credo calzante: questo blog è un registro che annota fatti e previsioni. A me non verrebbe mai in mente di tornare indietro su un post e modificarlo per rafforzare - o inventare! - una previsione azzeccata o magari per cancellarne una sbagliata, nonostante questo mi sia tecnicamente possibile, e il motivo è semplice: se anche fossi intellettualmente disonesto (non ne ho bisogno perché di solito ci colgo, ma questo è un altro discorso) mi esporrei comunque al rischio di smentita semplicemente perché sia voi che la Wayback machine avete copie delle versioni originali, per cui se mi atteggiassi a profeta aggiustando le mie profezie lo sputtanamento sarebbe immediate. Chiaro il senso del controllo decentrato? Nota bene: questo tipo di controllo comporta anche che per validare una transazione occorra un certo tempo e una certa energia elettrica, e non si tratta di dettagli (l'effettiva operatività della blockchain e la sua sostenibilità sono tutt'altro che assicurate). Inoltre, per registro "privo di permessi" si intende che chiunque può accedervi (e quindi chiunque può effettuare una transazione). Infine, i "contratti intelligenti" sono programmi che eseguono operazioni (ad esempio, la cessione di un'attività finanziaria) e l'interfaccia utente che consente di attivarli viene detta Dapp (decentralized applications).
Mettendo in ordine diverso questi concetti, Allen definisce la DeFi come "una applicazione software nota come Dapp che simula la fornitura di servizi finanziari tradizionali, offerti usando (cripto)valute e token gestiti tramite un registro distribuito privo di permessi... i pagamenti sono spesso effettuati utilizzando un tipo di criptovaluta noto come "stablecoin"... che cerca di evitare la volatilità associata a cripto come il Bitcoin agganciando il proprio valore al dollaro o ad altre valute a corso legale. Le Dapp sono costruite utilizzando smart contracts, programmi che girano sul registro distribuito per gestire le transazioni su criptovalute o token garantendone l'esecuzione automatica e la registrazione distribuita (al verificarsi di certe circostanze)."
I fautori di queste innovazioni tecnologiche sostengono che tramite esse inviare moneta diventerà facile e immediato come inviare una foto (digitalizzata, naturalmente!). Fatto sta che, come osserva Allen, le conseguenze di un errore nell'invio di moneta sono generalmente più gravi di quelle di un errore nell'invio di una foto, o di un'email, ed è esattamente per questo motivo che le attività bancarie e finanziarie tradizionalmente sono sottoposte a regolazione e vigilanza. Vigilanza e regolazione pongono però limiti e determinano costi cui gli operatori cercano di sottrarsi con l'innovazione finanziaria. Ma non tutte le innovazioni sono innovazioni buone. Qualcuna è destabilizzante e amplifica gli effetti di eventuali crisi. È quanto accadde nel 2008, avviando una spirale perversa. La crisi infatti aveva screditato l'efficacia del controllo effettuato dalle autorità di vigilanza sugli intermediari finanziari, che si era rivelato inefficace, e per ciò stesso aveva promosso l'idea che invece di un controllo centralizzato, effettuato da autorità nelle quali era difficile o addirittura rischioso riporre fiducia, fosse meglio affidarsi a una rete decentrata, in cui non fosse necessario avere fiducia in alcun intermediario, perché gli intermediari non c'erano (era una rete peer to peer).
Quella che la disintermediazione possa risolvere (tramite il controllo decentrato effettuato dalla blockchain) il problema della fiducia negli (e della vigilanza sugli) intermediari è però una pia illusione, perché affidandosi alla DeFi l'utente non si libera dagli intermediari, ma semplicemente sostituisce una classe di intermediari (banche, fondi, ecc.) con un'altra classe (gestori della rete Internet, sviluppatori delle Dapp, ecc.), che spesso sono non identificabili e non vigilati, il che, nonostante i limiti storicamente evidenziati dalla vigilanza (ricordate Visco?), non è comunque una buona cosa. In questo senso la transizione monetaria ricorda quella ecologica, che altro non è che la sostituzione di una classe di materie prime (quelle fossili) con un'altra (i metalli). In entrambi i casi, il passaggio non è necessariamente vantaggioso, e il rischio di trovarsi senza liquidità (o senza corrente elettrica) può aumentare, anziché diminuire...
Shadow banking 1.0
La ricerca di innovazioni finanziarie che consentissero di sfuggire ai vincoli e ai costi della regolazione finanziaria (al prezzo però di esporre a un certo rischio chi le adottasse) sono alla base dello shadow banking, che Allen definisce come l'insieme di quelle attività o transazioni finanziarie funzionalmente equivalenti a quelle condotte sui mercati bancari regolati ma che (grazie all'innovazione) sfuggono alla regolamentazione bancaria.
Una caratteristica comune a queste attività è la loro complessità, che, come avrete capito, è anche tipica della DeFi (non sono infatti certo che siate sopravvissuti alla mia spiegazione, come non sono certo di averla capita io)!
La complessità, nota Allen, è in sé e per sé un fattore destabilizzante.
Può infatti rendere non pienamente intelligibile la struttura di certi prodotti finanziari e le loro interazioni col sistema finanziario, aumentando in questo modo la probabilità che il rischio relativo a questi prodotti non sia percepito. Ma anche se il rischio è in qualche modo anticipato, la complessità fa sì che esso possa essere sottostimato quando le cose vanno bene (causando bolle), e sovrastimato quando vanno male (causando panico).
Allen fa tre esempi di innovazione finanziaria classificabile come shadow banking evidenziando i limiti regolatori che intendevano aggirare, i rischi che causavano, e il potenziale destabilizzante (che in tutti e tre i casi si è manifestato nella crisi del 2008).
MMMF
Il Pecora report spiega a pag. 28 che fra le varie misure prese per contenere il ruolo delle banche nell'eccessivo uso della leva finanziaria (intesa come acquisto di attività finanziarie finanziato con debito, in particolare verso le banche) si annoverava il divieto di remunerare i depositi a vista:
L'obiettivo di questo divieto, noto come Regulation Q, era quello di scoraggiare le banche dall'attirare fondi facendosi concorrenza al rialzo sui tassi di interesse passivi (quelli pagati ai depositanti), schiacciando lo spread fra interessi attivi e passivi, e incoraggiando quindi l'impiego dei fondi raccolti in attività ad alto rischio (in cerca di alti rendimenti). Possiamo anche concettualizzare questo circolo vizioso in un altro modo: la prospettiva di fare profitti elevati prestando soldi a speculatori in una fase di mercati crescenti spingeva le banche ad attirare depositi offrendo ai clienti tassi di interesse sempre più alti, ma questo meccanismo imponeva a valle di andare alla ricerca di impieghi speculativi, cioè spiazzava gli investimenti produttivi, che non potevano pagare tassi di interessi sui prestiti sufficientemente elevati da remunerare la raccolta. In ogni caso, il circolo vizioso poteva essere spezzato calmierando il prezzo della raccolta.
(...quanti di voi sapevano che l'autopsia della crisi del '29 era stata commissionata a un magistrato nato a Nicosia, Ferdinand Pecora?...)
La Regulation Q poneva quindi un tetto anche ai tassi sui depositi a tempo e sui conti di risparmio (e anche sulle savings & loans, ma questo ve lo dico dopo). Per qualche tempo questo tetto fu superiore al tasso di mercato (la storia è qui):
ma dall'inizio degli anni '70, con gli effetti dello shock petrolifero, che fece aumentare l'inflazione e i tassi, il limite divenne sempre più anacronistico:
Si sviluppò così un mercato alternativo, quello dei money market mutual funds (fondi comuni di mercato monetario). I MMMF sono fondi le cui quote generalmente valgono un dollaro e possono essere riscattate in qualsiasi momento (il fondo è open-end). Le somme raccolte vengono investite dai gestori in attività del mercato monetario (titoli di Stato a breve termine, in Italia sarebbero Bot, o altre attività liquide a breve scadenza), e i rendimenti ottenuti vengono distribuiti ai soci sotto forma di dividendi. In questo modo si realizzava un equivalente funzionale del deposito a vista (metto i soldi quando voglio, li riprendo quando voglio), che aggirava il tetto sugli interessi (dato che questo tetto ovviamente non riguardava i dividendi), ma che naturalmente oltre a non avere i limiti della regolamentazione bancaria (non essendo un deposito), non aveva nemmeno le garanzie di un deposito bancario (che oggi negli Usa arrivano a 250.000 dollari per deposito).
I MMMF sono un tipico esempio di shadow banking: un'attività funzionalmente equivalente a quella condotta da intermediari bancari che riesce a sfuggire alle maglie della regolamentazione bancaria grazie all'innovazione finanziaria (la creazione di un particolare tipo di fondo).
Il primo fondo di questo tipo, il Reserve Fund, nacque nel 1970 e fu liquidato nel 2008 dopo aver "rotto il dollaro" (break the buck). Che cosa significa? Le quote dei MMMF non fluttuano, ma vengono mantenute al valore di un dollaro (che è quello al quale possono essere riscattate), perché i dividendi vengono contabilizzati giornalmente per un ammontare pari ai rendimenti ottenuti, e perché le attività vengono valutate al costo ammortizzato anziché al fair value, cioè al valore di mercato (dettagli qui). È appunto la stabilità della quota a rendere il MMMF un equivalente funzionale del deposito bancario, perché avere quote (di fondo) che valgono esattamente un dollaro è come avere un dollaro depositato in un conto corrente bancario. Se però le cose vanno storte (succede raramente, ma succede), le attività acquistate con le somme raccolte possono perdere valore. Questo riguarda non tanto i titoli di stato a breve termine, ma i commercial paper, che sono una sorta di pagherò cambiario emesso a sconto da grandi aziende per finanziare il capitale circolante. Se l'azienda emittente va in seria crisi, in linea di principio è improbabile che ridia tutti i soldi ed è certamente impossibile disfarsi al prezzo di carico il suo commercial paper (nessuno lo acquisterebbe), per cui il valore di mercato del fondo (il fair value) ovviamente scende. Se il fair value si scosta di oltre mezzo centesimo al di sotto del costo ammortizzato si dice che il fondo ha "rotto il dollaro" (perché diventa difficile immaginare che possa restituire un dollaro per ogni quota).
La fine del Reserve Fund è raccontata da Allen e contiene diversi utili insegnamenti. Il Reserve Fund aveva iniziato a comprare commercial paper nel 2006. Prima lo aveva ritenuto un investimento inutilmente rischioso. Due anni dopo, nel 2008, il 56% del suo portafoglio era composto da commercial paper, di cui una parte emessa da Lehman Brothers. Già capite come andò (cit.). Quando il 15 settembre 2008 Lehman dichiarò bancarotta, i clienti del Reserve Fund, sapendo dell'esposizione verso Lehman, chiesero di riscattare le loro quote. Si scatenò cioè un run di tipo bancario: il 25% chiese il riscatto delle quote nel giorno stesso e un'altra metà il giorno successivo. A differenza dei depositi bancari infatti le quote di fondi non sono garantite, ed era quindi razionale da parte dei "depositanti" sbrigarsi a rientrare delle loro somme prima che il fondo avesse venduto i suoi asset migliori (più sicuri e più liquidi). Naturalmente dal lato del fondo la necessità di rispondere a richieste così pressanti comportava la vendita in urgenza delle attività finanziarie (il fondo non teneva da parte il cash ma lo investiva, altrimenti non avrebbe potuto pagare un dividendo superiore al tetto posto dalla Regulation Q), cioè causava dei fire sales, che come sapete deprimono il prezzo e quindi il ricavato (nell'urgenza di vendere, si vende a sconto). Il valore realizzato si scostava così ulteriormente da quello di bilancio. Il fondo fu costretto a dichiarare che una quota valeva non più un dollaro, ma 97 centesimi (nonostante detenesse commercial paper di Lehman solo per l'1.2%).
Il dollaro era rotto.
Questo evento causò un discreto panico provocando contagio: anche i clienti di altri fondi cominciarono a non accontentarsi della promessa (ben remunerata) di avere indietro dei dollari veri, e pretesero invece di avere nelle proprie tasche della infruttifera ma rassicurante liquidità. Il contagio poteva avere effetti disastrosi: in effetti, come primo effetto avrebbe comportato un credit crunch (stretta creditizia) verso quelle aziende cui i MMMF prestavano soldi (acquistandone il commercial paper), ma immaginate da voi la spirale in cui ci si sarebbe avvitati: incapaci di finanziare il proprio capitale circolante, le aziende avrebbero avuto difficoltà a rimborsare il commercial paper emesso, mandando in difficoltà altri fondi, ecc. A questo punto il Dipartimento del Tesoro intervenne garantendo che le quote dei MMMF avrebbero mantenuto il valore di un dollaro, e la FED aprì delle linee di credito di emergenza per sostenere i fondi in difficoltà. La garanzia che non esisteva di diritto venne creata di fatto per evitare il peggio, ma il Reserve Fund venne comunque liquidato. Il settore venne in qualche modo riformato, ma questo non evitò, e anzi, secondo alcuni autori esacerbò, il successivo episodio di crisi all'inizio della pandemia, anch'esso contenuto fornendo liquidità in condizioni di emergenza, e creando quindi decisamente un problema di moral hazard: se chi gestisce un fondo sa che quando le cose vanno male lo Stato interverrà, l'incentivo a gestire bene (a costo di sacrificare un po' di profitti) ovviamente cala.
La lezione che si trae da questo episodio è semplice: quando esiste un prodotto che promette di restituirti a richiesta un dollaro, non appena questa promessa appare difficile da mantenere la gente corre (run) a pretendere il dollaro. Chi sa come funzionano le stablecoin ha già capito dove voglio arrivare (o meglio: dove Allen vuole arrivare!), gli altri saranno accompagnati da me più avanti.
ABS
...non quello delle macchine (Anti-lock Bracking System), ma quello finanziario: asset backed securities, cioè titoli garantiti da attività (finanziarie). Allen ricomprende alcuni di questi strumenti, in particolare le MBS (mortgage backed securities, obbligazioni garantite da ipoteca) fra le pratiche definibili come shadow banking. Chiarisco prima il concetto: la "garanzia" non viene dal fatto che si accende un'ipoteca su un'obbligazione! L'ipoteca ha per oggetto un bene reale, quindi la garanzia qui è indiretta. Una MBS viene costruita così: la banca cede a un intermediario specializzato un pacchetto di crediti immobiliari bancari (ognuno assistito dall'ipoteca sul relativo immobile), e in cambio incassa (a sconto) il valore del credito. L'intermediario specializzato trova i soldi per acquistare il pacchetto (il "salsicciotto") di crediti emettendo appunto MBS, che tecnicamente sono un'operazione di cartolarizzazione di un pacchetto di crediti immobiliari assistiti da ipoteca. Il recupero del credito viene gestito dall'intermediario che con il flusso dei pagamenti ricevuti dal debitore (proprietario dell'immobile ipotecato) restituisce capitale e interesse relativo alla MBS e realizza un profitto. Quindi: le ipoteche sono sulle case, e il fatto che i crediti ceduti dalle banche siano assistiti da una garanzie reale così forte rende l'MBS una forma di investimento relativamente sicura, perché è sostanzialmente un pass-through fra il proprietario dell'immobile e l'investitore che acquista la MBS.
Le motivazioni del ricorso a questi strumenti sono di due ordini.
Da un lato, le cartolarizzazioni servivano ad attirare fondi verso il mercato immobiliare in un periodo in cui le istituzioni tradizionalmente dedicate al prestito immobiliare (le saving & loans, intermediari specializzati nella raccolta di depositi e nell'emissione di prestiti immobiliari garantiti da ipoteca) non riuscivano a raccogliere capitali sul mercato a causa della Regulation Q che rendevano i loro depositi poco attraenti (per inciso: vedete quanti casini succedono in un'economia di mercato quando si blocca un prezzo? Ora potete cominciare ad apprezzare in che situazione siamo da quando abbiamo deciso qui nell'Eurozona di bloccare il prezzo più importante, quello delle valute nazionali).
L'altra motivazione era l'aggiramento di un vincolo regolatorio, quello che impone alle banche di accantonare riserve a fronte di prestiti emessi, ancorché garantiti da ipoteche. Le regole di Basilea impongono infatti che per assorbire eventuali perdite su crediti le banche accantonino un certo ammontare di capitali, in proporzione alle attività ponderate per il rischio (risk-weighted assets). Per una banca un prestito è un'attività (la promessa di ricevere soldi da qualcuno, cioè di ricevere la restituzione del prestito), esattamente come per le casse previdenziali sono attività i crediti previdenziali (la promessa - implicita - degli assistiti di versare i contributi non ancora versati), ma entrambe queste classi di attività (asset class) sono soggette al rischio "procedura" (del Marchese del Grillo): "Io i soldi nun li caccio e tu nun li piji!" (si chiama credit risk). Il saggio (...) regolatore di Basilea impone quindi che per coprire questo rischio la banca metta da parte qualcosa. Ma naturalmente il capitale accantonato a riserva non può essere destinato ad altri investimenti (non può essere prestato, non ci puoi comprare attività finanziarie redditizie...), e quindi per la banca rappresenta un peso. Da qui l'idea semplice e efficace: vendere a terzi i crediti dopo averli accordati! In questo modo la banca sostituisce un attivo che le immobilizza capitale (un prestito) con cash (che, come ricorderete, is king), liberando capitale e potendo concedere altri prestiti da cedere, e così via. Il cessionario (quello che i crediti li compra) si finanzia emettendo MBS (il meccanismo visto sopra) e tutti vivono felici e contenti: i clienti della banca comprano casa, la banca pulisce i bilanci, l'operatore specializzato realizza profitti.
Non è bellissimo? Del resto, Pangloss ce lo aveva detto: "tout va pour le mieux dans le meilleurs des mondes possibles". Poi però Murphy aveva avanzato l'ipotesi che: "anything that can go wrong will go wrong".
Cosa potrebbe andare storto in questo caso? Almeno un paio di cose. Siccome le banche sanno di non tenersi in carico i crediti (perché li contraggono per poi cederli), ovviamente saranno meno scrupolose nell'accordarli (dal momento che se poi il debitore non paga il problema non è loro ma del cessionario, cioè dell'emittente della MBS), ariconsolannose con l'idea che la cessione e l'inserimento in veicoli complessi realizzi una diversificazione e quindi una mitigazione del rischio. La probabilità che in una MBS finisca "monnezza" (junk, subprime) quindi ovviamente aumenta. D'altra parte, siccome fra Pangloss e Murphy vince il secondo, le cose spesso vanno storte, e se il debitore si incaglia per qualche motivo un conto è se il credito è in carico alla banca, che lo conosce e può valutare l'opportunità di gestire questo incaglio con qualche flessibilità, ad esempio offrendo una ristrutturazione delle scadenze; ma se il debitore è stato ceduto, allora scattano degli automatismi che generalmente prevedono l'immediata escussione della garanzia (il pignoramento immobiliare). Intendiamoci: è assolutamente comprensibile e razionale che un prodotto finanziario complesso, in cui confluiscono decine o centinaia di posizioni, debba prevedere delle regole semplici e automatiche per la gestione di queste fattispecie (del tipo: "Non paghi? Ti pignoro!"). Sarebbe inconcepibile che l'emittente di una MBS entrasse nel merito di situazioni che non conosce (perché non le ha originate, perché coinvolgono soggetti a lui ignoti, ecc.) cercando caso per caso di trovare la migliore composizione di interessi. D'altra parte, se è vero che la rigidità delle regole implicite in questi "contratti Frankestein" (come li chiamano Gelpern e Levitin) può favorire il rispetto degli impegni in tempi di prosperità, è anche vero che essa può rivelarsi un patto suicida in tempi di crisi. Nel 2007 la rigidità delle MBS, l'esplicito divieto di modificare in qualsiasi modo la struttura del sottostante (di ristrutturare il flusso dei pagamenti del debitore) ha scatenato un'ondata senza precedenti di aste giudiziarie, che in qualche modo si è autoalimentata, perché naturalmente l'offerta di un numero elevato di immobili sul mercato ha portato a un crollo dei prezzi, con la conseguenza che un numero elevato di mutui si è trovato "sott'acqua".
Vorrei tirare le fila di questo esempio: abbiamo da un lato un caso di shadow banking, perché una prescrizione regolamentare (quella di accantonare capitale a fronte di prestiti) viene aggirata con un'innovazione finanziaria (la MBS), consentendo di accordare un maggior numero di prestiti che fatalmente sono di peggiore qualità. Dall'altro, il principale problema di questa innovazione è il prescrivere automatismi nell'esecuzione immobiliare che altrettanto fatalmente causano contagio e amplificazione della crisi.
Chi sa come funzionano gli smart contracts ha già capito dove voglio arrivare, gli altri li accompagnerò per mano dopo un terzo e ultimo esempio.
CDS
Meglio noti come credit default swap. Prima di spiegare cosa siano, Allen ci ricorda il concetto di leva finanziaria (leverage): uso di debito per acquistare attività finanziarie. Un caso lo abbiamo ricordato sopra: quello del credito che prima della crisi del 1929 le banche accordavano agli speculatori per consentire loro di acquisire posizioni più rilevanti in attività finanziarie rischiose. Ovviamente se le cose vanno bene allo speculatore, ce n'è per tutti, ma se vanno male non ce n'è per nessuno, e soprattutto non ce n'è per la banca, che sperimenta notevoli difficoltà nel farsi restituire i soldi (perché lo speculatore vendendo le attività che ha comprato potrebbe non ricavare sufficiente liquidità da estinguere il debito). Come nota Allen, "la leva finanziaria può moltiplicare i profitti, ma se un investitore usa solo una piccola parte di fondi propri per acquistare una attività e prende il resto a prestito, l'anticipo versato può essere spazzato via da una flessione anche contenuta del prezzo dell'attività acquistata", e in questo caso l'investitore è costretto a disfarsi in fretta dell'attività per rimborsare il prestito contratto. Si creano così delle "fire sales externalities": le vendite da parte di un investitore pilotano al ribasso i prezzi delle attività simili causando problemi ad altri agenti che hanno operato "a leva", con effetti di contagio, ecc. (roba che abbiamo visto anche sopra). Dato che un eccesso di leva fragilizza il sistema finanziario, agli intermediari bancari sono stati posti dei limiti (in Europa la situazione è descritta qui).
Ma naturalmente (ormai lo avete capito) fatta la legge, trovato l'inganno! Per aumentare la propria esposizione in modo sostanzialmente analogo a quello consentito dalla leva finanziaria a partire dagli anni '90 si è diffuso un tipo di contratto noto come credit default swap, che funziona in questo modo: l'acquirente (protection buyer) paga un premio su base periodica, espresso in genere come percentuale di un capitale nozionale, all'emittente (protection seller), che, in cambio, gli offre una protezione assicurativa contro un credit event riferito a un certo titolo. Se il titolo va in default, il protection seller (l'emittente dello swap) rimborsa il protection buyer al posto dell'emittente del titolo (che appunto non può rimborsarlo perché ha fatto default). Dettaglio: il buyer può assicurarsi anche per il default di titoli che non possiede, e quindi, ovviamente, più soggetti possono assicurarsi presso lo stesso protection seller contro il fallimento di uno stesso titolo che nessuno di loro possiede. Ovviamente in questo caso la situazione si complica e per capire quale sarà il pagamento effettivamente accordato ai buyer si procede con un'asta. Il punto su cui Allen insiste però è che dato che il buyer del CDS non deve materialmente possedere il titolo, il CDS gli consente di acquisire una posizione speculativa anche rilevante con un minimo impiego di capitali propri.
Ora, i CDS creano leva moltiplicando il numero di volte in cui qualcuno può acquistare un'esposizione su un determinato sottostante. Ma nel mondo delle criptovalute succede qualcosa di sostanzialmente analogo: non ci sono particolari limiti sulla qualità dei token presi a garanzia dei prestiti accordati, e ci sono dei token costruiti per funzionare come dei CDS, creando un'esposizione sintetica verso attività finanziarie effettive.
Concludendo: shadow banking 2.0?
Non la tiro molto più in là: avete tutte le fonti per approfondire. L'argomento di Allen, che spiega le preoccupazioni di Savona, è che la DeFi:
1) attraverso la struttura dei token rischia di creare l'eccesso di leva che ha caratterizzato l'uso dei CDS;
2) attraverso l'uso di stablecoins (criptovalute ancorate a un sottostante come il dollaro) rischia di provocare run come quelli che hanno caratterizzato i MMMF (con l'aggravante che le norme attraverso cui i possessori di stablecoins potrebbero farsi ridare l'agognato dollaretto vero sono un po' opache e chi debba o possa farle rispettare è molto poco chiaro);
3) attraverso l'uso di smart contracts introduce rigidità analoghe a quelle che hanno causato gli effetti destabilizzanti di contagio osservati con le MBS.
Il rischio effettivo in questo momento è relativamente contenuto perché questi strumenti allo stato attuale sono di nicchia: possono far danno a poche persone. Ma se il loro uso dovesse diffondersi, sarebbe indispensabile regolare queste fattispecie "virtuali", che di fatto creano uno shadow banking 2.0, possibilmente prendendo spunto da quello che gli esiti non brillantissimi dello shadow banking 1.0 ci ha insegnato (dolorosamente).
Questo sta chiedendo Savona da quando è a capo della CONSOB, e questo ha chiesto venerdì scorso in un passaggio che probabilmente ha colpito meno di tanti altri.
Ora poi abbiamo i bombardieri Usa in volo, le preoccupazioni sono altre, lo capisco (in particolare, quella di un ulteriore shock dal lato dell'offerta). In effetti, non si tratta di preoccupazioni molto distanti: avrete notato ad esempio che la storia che ha portato alla creazione dei MMMF nasce quando la Guerra del Kippur prima e la Rivoluzione iraniana poi fecero "schizzare" (come dicono gli operatori informativi) l'inflazione (tirando su i tassi, rendendo necessario aggirare la Regulation Q, ecc.).
Le preoccupazioni sono sempre altre, del resto.
Quando questo blog venne aperto, la preoccupazione era ridurre il rapporto debito/Pil tagliando il Pil, ricordate? La nostra preoccupazione era diversa. Mentre ci preoccupiamo di altro, una cosa che altro non è che la riedizione più complessa, quindi meno leggibile, e meno regolata, quindi più letale, di quanto ci ha portato alla crisi del 2008 cresce, prende piede, e si candida passo dopo passo ad avere effetti sistemici.
Le preoccupazioni sono altre, finché quelle che non erano preoccupazioni prendono il posto, appunto, delle altre...
(...buonanotte! Domani intervengo in aula sulla vicenda iraniana, se avete osservazioni anche su questo sentitevi liberi di esporle...)
L’Iran ha la bomba atomica.
RispondiEliminaL’Iran non ha la bomba ma potrà averla tra 3 giorni. Tra tre mesi. Tra tre anni. Ma comunque presto. Quindi facciamo presto.
Perché dovrebbe essere un nostro problema se la avesse? Chiaro, perché potrebbe usarla contro di noi. Ma perché dovrebbe?
Perché le atomiche Usa, francesi e israeliane vanno bene e quella iraniana no? L’applicazione delle categorie morali alle armi è il modo corretto di procedere?
Certo, noi siamo Nato e atlantisti. E magari europeisti. Ma qualcosa sembra non quadrare.
E soprattutto, dopo tutte le puttanate che gli hanno fatto digerire negli anni, dopo Powell e la sua finta provetta, ancora a credere alle cazzate, non ce l’ha ora ma ce l’avrà domani o forse dopodomani o forse alle idi di marzo. E gli credono e si preoccupano.
Insomma se fosse goofypolitics gli iraniani non sono il problema e quindi non saranno la soluzione.
Su un punto di metodo sono assolutamente d’accordo: non esiste un “facciamo presto!“ buono. Per questo ne ho i coglioni pieni degli sciroccati à la Sara che ogni due per tre arrivano con il solito proclama: “Big Pharma ci vuole tutti i morti ma se entro il settordici ottembre duemilacredici faremo sentire la nostra voce salveremo l’umanità da se stessa!” Clickbait da poveracci (chi lo fa e chi gli va appresso).
EliminaIn effetti io non ho mai capito il motivo per cui i CDS non siano accessibili ai soli possessori del titolo garantito. Come sono oggi, sono uno strumento per scommettere "contro", appunto con poco impegno finanziario.
RispondiEliminaEvidentemente, chi li emette pensa di vincere e consentire a più persone di scommettere significa incassare di più.
EliminaGrazie. Sull'Iran, anche in luce delle scarse o nulle reazioni da parte di mercati e attori internazionali, mi e' sembrata interessante l'analisi di oggi di Gaiani su Analisi Difesa (sommario nel paragrafo finale "Salvare la faccia e corsa all’atomica"), in cui paragona il limitato attacco del 2017 in Siria con le attuali necessita' di politica interna di Israele e Stati Uniti, che vorrebbero disimpegnarsi dicendo "missione compiuta". Dalle foto satellitari dell'articolo, sembra che i danni materiali siano limitati.
RispondiEliminaControargomento sarebbe che troppe persone di rilievo siano morte per poter parlare di dissimulazione, anche se avrei riserva sulle notizie dal fronte, specie se a caldo. Nel primo anno di notizie occidentali dall'Ucraina, si indicava come deceduti generali russi che l'anno dopo sarebbero tornati in vita con ruoli operativi di rilievo.
Io non so se sia così ma lo spingere, da parte dell'amministrazione Usa, nel creare una stable coin denominata in dollari sembra proprio avere come fine quello di impiegare i trillion di treasuries che non troveranno piú compratori. Le stable coins, adesso ne esistono già due Usdc e Usdt, hanno come sottostante i bond governativi americani. In pratica sarà una nuova forma di monetizzazione del debito un po' più nascosta.
RispondiEliminaPuoi elaborare e dare qualche fonte?
EliminaE' una mia semplice deduzione tratta dal fatto che l'amministrazione Usa deve intervenire in qualche modo per gestire l'enorme massa del debito pubblico e dalle dichiarazioni del presidente americano di favorire le crypto. Per ciò che riguarda le stable coin le fonti da cui si ricava la natura e la consistenza del sottostante sono queste:
EliminaUSDT (tether): https://www.investopedia.com/terms/t/tether-usdt.asp
https://tether.to/en/transparency/?tab=usdt
USDC (Usd coin): https://www.investopedia.com/usd-coin-5210435
https://www.usdc.com/learn/what-is-usdc
Una curiosità: i fondatori di usdt (tether) sono due italiani Giancarlo Devasini e Paolo Ardoino, attuale CEO di Tether
(possibili relatori al prossimo Goofy ?)
E in che modo le cripto consentirebbero di gestire l’enormemassadeldebitopubblico? Sai che non mi è chiaro?
EliminaSi presume tramite il Genius Act. Stiamo a vedere.
EliminaUna ragione di più per capire perché "ogni tanto" i "bankesters" hanno bisogno di una "Grande Guerra" sotto le cui rovine nascondere le "proprie".😡
RispondiEliminaPoi per i fessi una "grande motivazione morale" si trova sempre😡
Il problema però che così ai fessi ,insieme al "conto in banca" ( effetto sempre inevitabile) faranno perdere pure tutto il resto ( casa vita , affetti e dignità umana 😡)
Questo commento ci aiuta a capire come regolare fenomeni destabilizzanti? Perché forse dovremmo anche dirci che se certe grandi aziende finanziarie fanno il bello il cattivo tempo e perché dall’altra parte non si riesce ad andare oltre la retorica grillina (cioè la grillanza).
EliminaFra un minuto aprono i mercati.
RispondiEliminaNon mi pare abbiano molto da dire, almeno per ora...
EliminaSostanzialmente, il saldo delle certezze granitiche di segno opposto che vedo scontrarsi nella cloaca è nullo.
EliminaGrazie delle spiegazioni.
RispondiEliminaHo rivisto molte volte il film "The big short" e non mi è stata mai del tutto chiara l'origine degli avvenimenti descritti. Ora mi rendo conto invece che l'avevo perfettamente capita (nella sua dinamica, il post ha rivelato i dettagli pratici che mi erano ignoti) ma che inconsciamente rifiutavo di credere che potesse essere nata da un tale azzardo.
Nota a margine, un dispiacere non aver avuto Savona nel ruolo che gli è stato precluso a suo tempo da "cause di forza maggiore"; il suo allarme forse sarà stato un obbligo del suo attuale ruolo ma ritengo importante e non scontato il fatto abbia deciso di lanciarlo.
A commento di una risposta sopra: il ruolo della politica anche in questo campo dovrebbe essere rinforzato.
Anzi, direi di più: "decisivo" nel senso meno grillante del termine.
La questione Iran è molto preoccupante ma io non ci vedo la fine del mondo... la Cina, per dire, non vedere l’ora di impacchettarsi Taiwan e già comincia a dire: ma se lo fa Trump per conto terzi, perché non dovremmo poterlo fare noialtri risolvendo una faccenda privata? Ecco, questo mi preoccupa di più...
RispondiEliminamah, considerando la facilità di truffe e sotterfugi finanziari micro e macro sempre in agguato nell'attuale sistema centralizzato bancario e borsistico, Allen (con Savona) sottovaluta il sistema di crittografia e decrittazione del sistema decentralizzato delle criptovalute, atto proprio ad evitare alchemie finanziarie, giochi di prestigio e schemi ponzi tipici di un'ingegnerizzazione nata per massimizzare i profitti e socializzare le perdite...poi si può discutere del livello di sicurezza, del rischio di apocalisse elettronica, dell'accentramento di potere legiferativo in chi possiede il bitcoin più grosso etc ma il reset del sistema attuale a favore di un altro di cui discutere le regole, sembra a questo punto opportuno. E probabilmente gli asset reali a garanzia, come l'oro l'energia etc, potrebbero essere una parte imprescindibile del discorso. Quanto alla guerra Trump cercherà la sponda di Putin per fermare l'escalescion
RispondiEliminaLe conseguenze più significative dell'attacco all'Iran sono tre: anche gli USA di Trump alla fine mostrano di non poter/voler dire di no a Israele (o, meglio, alla finanza USA che sostiene le posizioni di Israele). Il che rende Trump d'ora innanzi poco credibile come mediatore in qualunque trattativa che coinvolga il medio oriente. Trump non è riuscito a far finire nessuno dei due conflitti che aveva promesso di far finire, ma in compenso ne ha iniziato uno nuovo, il che riduce di molto la sua credibilità agli occhi della componente MAGA del suo elettorato e potrebbe spingerlo sempre più verso posizioni neocon (dunque verso posizioni sempre più favorevoli alla trimurti di Wall Street, che tra l'altro gli serve per comprare il debito pubblico che deve emettere per poter attuare la sua finanziaria che prevede molte spese). Ma il maggiore pericolo è quel che sta tentando di fare Erdogan: sfruttare l'aggressione USA all'Iran per creare una coalizione di stati islamici che, a questo punto in chiave anti occidentale oltre che anti Israeliana, sia in grado di superare la grande divisione tra Sciiti e Sunniti.
RispondiEliminaBuongiorno Prof. ho visto che comincia a lasciare il segno anche nella stampa mainstream:
RispondiEliminahttps://www.ilsole24ore.com/art/previdenza-professionisti-casse-bacchettate-commissione-bagnai-AHIsp1HB
La faccenda è interessante, magari da farci un post. Possibile che la crisi del sistema previdenziale debba sempre essere risolta col soccorso della finanza? A me sembra come andare a comprare le aspirine dal macellaio e la bistecca dal farmacista. Ma si sa lo Stato è cattivo... E io non capisco nulla...
Per non parlare poi dei rischi rispetto ai rendimenti. Di recente ho rifiutato l'adesione ad un fondo pensione cd "integrativo" ( o se vuole "magnifico e progressivo") dato che anch'io, a spanna, avevo visto che rendevano meno dei BTP... Grazie e a presto.