(...qualche giorno fa, affacciandomi all'orlo del cesso azzurro, ho visto qualcuno, non so dirvi se il pubblicista Cadonetti, il giurista Maltagliati, o l'economista Mascone, affermare che stava emergendo una compressione delle libertà di espressione del pensiero legata alla gestione della pandemia. Mi è venuto un po' da ridere. L'annaspare di cotanti epigoni ha un che di comico, in effetti. Ora però vorrei fare con voi una riflessione seria...)
Il presupposto di una serie di attentati alla nostra libertà di espressione, esemplificati dal lavoro della Commissione amore su cui qui ci siamo ampiamente diffusi, è l'idea affermata in modo apodittico che rispetto ad alcuni decenni fa oggi si viva in una società più violenta ma (o meglio: anche perché) più libera rispetto a quella degli anni di piombo, dove ci sarebbe stata meno violenza e meno libertà.
Da questa diagnosi consegue naturaliter una terapia, quella consegnata, con alate e allusive parole, anche al rapporto finale del succitato pregiato organo parlamentare: ridurre oggi la libertà, per ridurre oggi la violenza.
A me sembra, invece, che negli anni '70 ci fosse indubbiamente più violenza (un esempio ex multis che mi colpì, che ci colpì tutti), ma anche tanta più libertà, non fosse altro perché eravamo svincolati da quelle piattaforme che ci sono state vendute come strumento di espressione e diffusione del pensiero, ma ogni giorno di più si qualificano anche come strumenti di controllo e repressione del dissenso.
Forse potrebbe essere utile conferire a queste mie, e forse anche vostre, impressioni una qualche oggettività. Magari la mia è semplicemente nostalgia di un periodo in cui ero più magro, avevo più capelli, e non capivo un cazzo, come mi facevano affettuosamente notare i vecchietti del Dopolavoro Ferroviario. Oppure, chissà, qualche elemento misurabile esiste, e magari qualcuno se ne è occupato: non solo la corte dei miracoli woke che sfilò in Senato nella scorsa legislatura.
Ma farsi illusioni è ridicolo, non è all'altezza delle nostre riflessioni: la Storia la scrivono i vincitori, quindi, più che impegnarci a studiare, e accumulare evidenze che gli operatori informativi coprirebbero di una cappa plumbea di indifferenza o liquiderebbero con un sorrisetto sprezzante, converrà impegnarci a vincere. Non che le due cose si escludano a vicenda: ma la prima non è una condizione sufficiente per la seconda. Potrebbe comunque essere un tema per il #goofy12...
(...basterebbe ascoltare l'indegna gazzarra che l'opposizione sta facendo sulla Commissione d'inchiesta COVID per avere un esempio di cosa intendo...)
Sono uno studente di economia, mi consiglia qualche buon libro di economia da leggere sotto l'ombrellone?
RispondiEliminaSe posso permettermi di darti qualche consiglio di lettura da ombrellone, ti indico quattro titoli in particolare ( dando per scontato che conosci i due libri di Alberto "IL TRAMONTO DELL'EURO" e "L'ITALIA PUÒ FARCELA"):
Elimina1 "I limiti del mercato" di DE GRAUWE;
2 "Il lavoro importato" di BARBA E PIVETTI;
3 "L'arma segreta della Francia in Africa. Una storia del franco cfa" di NDONGO SAMBA SYLLA;
4 "Vivere e morire di euro. Come uscirne quasi indenni" di GIOVANNI SICILIANO.
Spero di siano utili.
Grazie mille, avrò da che leggere vedo😂
EliminaOltre a quelli già citati, "sei lezioni di economia" di Sergio Cesaratto
EliminaConfermo io ho letto quello sul franco CFA e quello di Siciliano molto interessanti.
EliminaAggiungo, se non l'ha letto, Anschluss di Giacché, che sebbene parli di Germania è illuminante per il parallelismo con la monetà unica.
Elimina... e tutto ė iniziato con il casco obbligatorio, mentre contemporaneamente nelle piazze si urlava "l'utero ė mio e me lo gestisco io" (evidentemente invece la scatola cranica ė di qualcun altro, mah)
RispondiEliminaNon mi sembrano due grandezze comparabili.
EliminaUbi maior ... accetto ovviamente il verdetto. Volevo solo far notare che al crescendo delle rivendicazioni di diritti (collettivi) fino alla soglia dell'aberrante, ė corrisposto il "diminuendo" delle libertà (personali) che ha raggiunto l'apoteosi nel 2020. E' strano come una concessione di diritti collettivi vista dall'alto assomigli molto ad una restrizione delle libertà individuali vista dal basso.
EliminaSì, però tendenzialmente avrei scelto un altro angolo di attacco, tipo: perché l’utero è mio e il pericardio no?
EliminaLa risposta sarebbe stata un invariabile "perché sono tutte catsate che il sacro fluido fa male al pericardio" quindi schtapposcht.
EliminaLo stappostismo mi sembra una corrente che va sempre più di moda dopo che li si contrasta con l'evidenza dei fatti.
Anzi meglio, si potrebbe dire che si riconosce la funzione dell'organo, in questo caso utero, ma non si riesce a dare una definizione di donna (o non la si vuole dare), quindi subentra lo stappostismo (dissonanza cognitiva) del fatto che sono veri due o più enunciati in contraddizione tra loro.
EliminaNel mentre è volutamente falsa la minaccia al pericardio, ma anche se fosse vera (quand'anche la notizia dovesse per forza essere data, è data in un secondo momento, molto meno pericoloso, quando l'attenzione è più bassa) è per un bene superiore.
"Non che le due cose si escludano a vicenda: ma la prima non è una condizione sufficiente per la seconda. Potrebbe comunque essere un tema per il #goofy12..."
RispondiEliminaAdesso mi è chiaro. Grazie.
Ciò che più mi ammalia dei nostri compleanni è la seguente frase di Vladimiro Giacché:"se il cosmo è un organismo (e non una macchina o un orologio costruito e attivato da Dio, dall' esterno) in cui tutte le sue manifestazioni sono intimamente legate tra loro, anche le scienze (nella loro struttura interna, e nei loro rapporti reciproci) dovranno essere organizzate come un tutto organico.
Se da questa riflessione, scaturisse che io possa adempiere al mio dovere con accordo spontaneo tra la linea politica e la mia sensibilità, senza che sia necessario reprimerla, la mia anima ne sarà lieta.
EliminaSe tale accordo avverto venga meno, come è capitato, cioè che non sia possibile conseguire questa unione di spontaneità, non mi rimane che la via della dignità, sottomettendo la mia sensibilità alla linea politica.
Nel mezzo c' è il mare, con i suoi movimenti, i suoi suoni, i suoi odori.
Voglio vincere.
I discorsi del video del 2012 al confronto con quelli del 2023, sembrano spensierati e allegri.
RispondiEliminaE c'era anche la balassiana sacca di socialismo reale!
https://youtu.be/g6bZnOy8HJk?t=12
Cosa sono la moneta e la realtà? Entità naturali o istituite? E chi lo stabilisce, e su quali basi?
RispondiEliminaOnorevole, io ho ricordi di quel periodo, tipo quando nel tratto che dalla stazione di Lambrate ci recavamo a piedi verso il Politecnico. Quando a metà strada da un condominio usciva un magistrato scortato, e gli agenti avevano in mano tutti le pistole. E il caposcorta, credo, ad alta voce ci diceva: non fate mosse brusche ragazzi è questione di poco e ce ne andiamo." Assicuro che non ci rendevamo con del grave pericolo che correvamo. Era sufficiente che uno urlasse: sbirri di merda e non so come sarebbe finita.
RispondiEliminaEgregio Onorevole,
RispondiEliminain merito al tema della libertà (non solo di espressione), mi permetto di seguito alcune considerazioni "filosofiche".
Per una definizione di libertà "da vocabolario" vedasi ad esempio: https://www.treccani.it/vocabolario/liberta/
Da notare che il sostantivo libertà viene sempre associato ad una proprietà o ad una entità. Credo quindi che qualsiasi metrica si possa utilizzare per misurare la libertà vada declinata sulla base della proprietà o entità considerata. Difficile allora identificare a mio avviso una metrica universale di libertà.
Se si restringe il concetto di libertà al singolo individuo, all'individuo nella società ed alla società nel suo complesso, penso si possa procedere come si seguito. Ad ogni individuo si potrebbe associare un insieme (diciamo una sorta di cerchio "o intorno" nel piano) che identifica il suo "raggio" di libertà d'azione (o di pensiero o di espressione, ecc.). Tanto più grande è il raggio di questo cerchio, tanto maggiore è la libertà di cui l'individuo gode. Considerando un gruppo di più individui, si può dire che l'insieme che ne definisce la libertà aggregata è pari alla somma delle intersezioni degli intorni di libertà dei singoli individui. Da notare che in ciascuna intersezione ogni individuo è libero, perciò in essa l'azione del singolo non deve ledere la libertà altrui. Le regole comuni del gruppo (e la loro applicazione e osservanza), dovrebbero essere tali da massimizzare l'insieme di libertà comune, limitando la compressione della libertà del singolo.
In merito alla libertà di espressione, credo esistano due rischi diametralmente opposti: l'anarchia ed il pensiero unico. Pensare di controllare/limitare l'anarchia (ovvero l'abuso della libertà d'espressione), sostituendola con il pensiero unico (credo che nel blog se ne sia disquisito molto) non è sicuramente una strategia da adottarsi. Va piuttosto incentivato il pensiero/dialogo critico, ma costruttivo, volto al miglioramento continuo ed alla soluzione dei problemi (e anche questo credo sia già stato trattato ampiamente qui).
Un saluto,
Fabio
Ho appena finito di ascoltare l' intervento di
EliminaLuciano Canfora, Libertà, autorità, autodisciplina nella Commedia dantesca.
Virgilio, inviato di Beatrice, viola la legge dell' Inferno e del Purgatorio, nel quale sulla soglia, di fronte a Catone fece inginocchiare Dante facendolo tacere.
Avvicinandosi al Paradiso, inaccessibile a Virgilio, egli si congedò da Dante: non aspettarti più parole da me, perché ormai il tuo arbitrio è libero, dritto e sano.
L' autodisciplina è una nobile forma di libertà. Un osservatore imparziale e ben informato sulla situazione, misurate le intenzioni del soggetto, valuterà positivamente l' immenso sforzo del soggetto ad autolimitarsi per avere l' apprezzamento dell' osservatore imparziale e ben informato.
Ma queste, sono considerazioni di Adam Smith, e sono un processo naturale:"la Natura ci viene in aiuto".
Purtroppo e la questione guerra Russia/Ucraina ci dimostrano che il pensiero unico è ormai un fatto consolidato in occidente e da almeno 20 anni.
RispondiEliminaQuesta uniformità acritica era assolutamente inpensabile in Italia negli anni '70 quando PCI e PSI e relativi organi almeno si battevano contro certi abusi americani.
Dalla caduta dell'URSS la situazione è degenerata in maniera irreversibile e oggi con la Von Der Leyen sdraiata su USA siamo ai mininimi termini e non solo nel campo della geopolitica e del sistema basato sul potere militare, come ben sappiamo.
Quindi la vedo sempre più brutta in prospettiva a meno che non cambi qualcosa in UE con le prossime europee.
In effetti, negli anni 70 bastava indossare il vestito sbagliato nel quartiere sbagliato per beccare anche qualche coltellata.
RispondiEliminaAdesso la violenza contro chi la pensa diversamente si è trasformata per lo più nelle shitstorm sui social, dove la violenza fortunatamente è virtuale. Quindi, de facto, non esiste.
Tutto bene allora? Libero insulto in libero social? No, perché purtroppo è pieno di ipocriti piangina "de sinistra", che fanno le vittime e gridano alla discriminazione sessista e/o razzista e all'odio fascista e/o nazista appena uno gli restituisce un po' del disprezzo che loro dimostrano per chiunque non creda a quello in cui loro credono.
Il simbolo della loro ipocrisia è Laura Boldrini (non per niente entusiasta sostenitrice della Commissione Ammòre e dante causa dei fatcèccherz più luridi, cioè tutti) che si stracciò le vesti perché dei lumpenprolet, semianalfabeti e qualunquisti, dunque possibili grillini, l'avevano pesantemente insultata nei commenti su Facebook. Poteva fregarsene, data la loro oggettiva irrilevanza, e bloccarli, o denunciarli alla polizia postale, o entrambe le cose.
Invece per tutta risposta li additò al pubblico ludibrio pubblicandone i nomi sul suo profilo social, ma ATTENZIONE: non per le offese in sé o per le minacce, ma perché erano offese sessiste a una donna in quanto donna! Vergogniah! Eitspìcc!
In realtà tra chi la insultava e minacciava c'erano anche delle donne, quindi forse la insultavano e minacciavano in quanto Boldrini, non in quanto donna.
Il piagnucolio, ammantato di nobili ragioni ancorché pelose, raccolse l'ovvio plauso dei meRdia, che rilanciarono immediata la gogna per i beceri fessi, che ricevettero settanta volte sette minacce di morte delle quali a nessuno importò, men che meno ai meRdia, tanto erano dei lumpenprolet irrilevanti. L'importante era che Laura Boldrini avesse dato una lezione ai puzzoni sessisti, presto bannati dal social, pure quelli che si affrettarono a scusarsi spiegando che era stato uno sfogo dettato dalla difficile situazione personale che stavano vivendo causa perdita del lavoro o simili (ma Laura Boldrini della loro disoccupazione se ne fotté bellamente, erano sessisti schifosi e dovevano marcire nella Gehenna).
È più libera una società in cui uno può far vedere a tutti di essere un buzzurro coglione scrivendo "troia" a una donna su Facebook, o una società in cui chiunque domani può impedirti di frequentare l'agorà virtuale perché sei un buzzurro coglione?
Trattare un buzzurro coglione per quello che è non è forse meglio che impedirgli di esser quello che è? Nel primo caso, grazie anche al rude dibattito, se non è un completo e irredimibile idiota un giorno capirà perché il suo è un comportamento da buzzurro coglione, e c'è persino il rischio che impari a comportarsi in modo civile; nel secondo caso coverà solo rabbia e alienazione perché impossibilitato a esprimere la sua buzzurra coglionaggine e finirà per radicalizzarsi ancor di più. E magari passare alle vie di fatto, perché rabbia e alienazione sono una miscela molto pericolosa (come dimostra per certi versi la Francia di questi giorni).
Non so, con tutta questa suscettibilità degna di miglior causa mi pare che i social stiano pian pianino caricando una molla...
Spero di sbagliarmi, ovviamente.