venerdì 6 gennaio 2023

Segare il ramo, banchieri filantropi, e altre storie

(...iniziato  Verona, proseguito a Vicenza, terminato a Treviso. Pax tibi Marce evangelista meus...)

Nell'articolo con cui il 22 agosto 2011 lanciai il Dibattito sul "manifesto", attaccando da sinistra una Rossana Rossanda tutto sommato incolpevole (per non aver compreso il fatto), la chiave di volta del ragionamento era racchiusa in una frase che ex ante venne compresa da pochi, e che ex post forse sarà compresa da pochi altri (ma vale la pena di tentare):


"La Germania segherà il ramo su cui è seduta": che cosa voleva dire questa frase?

Proviamo a rispiegarne il senso economico e le implicazioni politiche. Sarà comunque un esercizio utile, indipendentemente dalla riuscita.

Prima premessa di metodo: la parola "domanda" esiste

Per mettere questa frase e le sue conseguenze nella prospettiva corretta bisogna però spogliarsi da ogni residua briciola di gianninismo, lo spaghetti-liberismo italiano tutto lato dell'offerta e distintivo (definisco questa corrente di "pensiero" riferendomi al personaggio di Giannino perché quest'ultimo è particolarmente influente - che non vuol dire autorevole!, iconico, e rappresentativo della consistenza scientifica di certe tesi).

Ricorderete che secondo Irving Fisher per ottenere un economista basta insegnare a un pappagallo a dire "domanda e offerta". In Italia occorre la metà dello sforzo: basta insegnare a un pappagallo (o a un giornalista) a dire "offerta", ed ecco pronto l'esperto di economia (quello autorevole)! Nel mondo economico così come vi viene rappresentato dai media e dalla stragrande maggioranza dei miei colleghi (mi riferisco agli economisti e ai politici, non ai musicisti) il primum movens dell'attività economica è la produzione, l'offerta. In altri termini, nel vostro mondo insomma (perché, che lo vogliate o no, il vostro mondo è una loro rappresentazione, e voi continuate ad accettare e alimentare questo meccanismo perverso...) si produce per produrre, e per produrre di più si aumenta la produttività, presentata come fenomeno completamente determinato da logiche di efficienza allocativa e organizzativa, cioè di offerta, e simmetricamente del tutto scisso dalle logiche della domanda, cioè dalla spesa, dalla capacità di acquisto dei potenziali acquirenti di tanta produzione.

Insomma: per i tanti "gianninisti" che egemonizzano il dibattito minor (quello con la maiuscola, che però è l'unico che tutti conoscono) l'imprenditore produce per produrre, non per vendere.

Questa visione distorta, ideologica, urta contro tutto quello che sappiamo dell'uomo e della sua storia.

Perfino i più teoricamente disinteressati fra i "produttori", gli artisti, che possiamo immaginare spinti da un'urgenza incoercibile e irrinunciabile di affermare a qualsiasi prezzo la propria visione del mondo, hanno manifestato storicamente una fastidiosa propensione a pretendere di essere pagati bene per la propria opera (possiamo citare le infinite controversie fra Bach e gli scabini di Lipsia, ma di artisti che tirano sul prezzo è piena la storia sociale dell'arte, e del resto se gli artisti l'avessero data gratis, l'opera d'arte, l'arte non avrebbe avuto quella strana tendenza a concentrarsi nelle località motore dello sviluppo economico: volta per volta, in no particular order e con parecchie lacune, Atene, Roma, Firenze, le Fiandre, Parigi, ecc.). Anche Michelangelo, anche Metastasio, anche Monteverdi, producevano per vendere. Ma al di là di simili percorsi individuali, che cito semplicemente perché suppongo che possano avere un valore paradigmatico per alcuni di voi (apro e chiudo una parentesi per farvi riflettere che non a caso l'idea dell'artista genio incompreso e straccione che vive e muore "creando" in una soffitta si afferma col romanticismo, cioè col capitalismo, e un motivo ci sarà: nel Medio Evo l'artista era "sindacalizzato"...), il fatto è che l'intera storia umana è una storia di ricerca di mercati di sbocco, prima che di mercati di approvvigionamento.

Non so che idea ne abbiano oggi gli storici, ma, come sapete, la relazione fra conquista di mercati di sbocco (e quindi incremento della domanda di beni) e rivoluzione industriale (e quindi innovazione di processo, aumento della produttività) era ben chiara, con un certo anticipo, al padre dell'economia, Adam Smith, quell'economista che tutti citano ma nessuno ha letto. Vi riporto qui il solito passo, quello che abbiamo citato più volte, tratto dal terzo capitolo del primo libro, che si intitola "La divisione del lavoro è limitata dall'estensione del mercato":


Il fabbro di campagna, nota Smith, si occupa di qualsiasi lavoro in ferro, così come il carpentiere di qualsiasi lavoro in legno, semplicemente perché se si specializzasse, via divisione del lavoro, in un particolare anello della catena produttiva (ad esempio, nel produrre chiodi) non riuscirebbe a smaltire nemmeno in un anno la produzione di un giorno. In assenza di questo stimolo viene meno l'incentivo a innovare, a incrementare la produttività (se i chiodi non hai a chi venderli, poi ti tocca mangiarli, con potenziali problemi digestivi). La differenza la fa l'accesso al mercato, cioè alla domanda, alla spesa di altri per l'acquisto dei beni da te prodotti, un accesso che all'epoca richiedeva, come condizione necessaria, l'accesso al mare:


Siccome è il trasporto marittimo ad aprire a nuovi mercati, è lungo le coste che l'industria migliora e si specializza, e spesso occorre del tempo prima che queste innovazioni si diffondano all'interno del Paese.

Insomma: per Smith la domanda è il motore dell'economia e della produttività, cioè, in buona sostanza, la domanda provoca, "causa" l'offerta; per chi lo cita (senza averlo letto) è invece l'offerta a "causare" la domanda. L'argomento pare sia che un aumento della produttività consente di abbattere il prezzo dei prodotti e quindi di venderne di più... a lavoratori che, però, stanno guadagnando di meno (perché l'aumento della produttività consente di ridurne l'impiego)!

Nell'attesa che voi soppesiate le due tesi e poi decidiate "con la vostra testa" quale vi convince di più (ricordate quante soddisfazioni ci ha questo marker grillino all'inizio del Dibattito?), mi duole segnalarvi che la storia delle vostre eventuali conclusioni tende a fottersene e ha già deciso quale delle due tesi funziona meglio: alcuni secoli di imperialismo, in varianti più o meno colonialiste, lo chiariscono.

Seconda premessa di metodo: l'autarchia danneggia te (quindi gli altri), il mercantilismo danneggia gli altri (quindi te)

Ovviamente dall'idea che l'offerta sia il motore dell'economia, più precisamente: di un'economia "sana", scaturisce naturaliter l'idea che la domanda ce la debba mettere qualcun altro: appunto, il resto del mondo. L'offertismo quindi si sposa bene col mercantilismo, cioè con la filosofia politica che vede nel conseguimento di un surplus di bilancia dei pagamenti, di un eccesso delle esportazioni sulle importazioni, il fine ultimo e l'unico metro di giudizio dell'azione economica di un governo.

Ora, fa veramente sorridere la solerzia con cui gli ingengngnieri e consimili dilettanti dell'economia (ultimamente si portano molto anche i medici!) si stracciano le vesti accusando di velleità autarchiche chiunque auspichi una configurazione più equilibrata (o meno squilibrata) degli scambi internazionali.

L'idea che chi esporta "ha vinto" e chi importa "ha perso" deriva da una perversa Wille zur Macht e contribuisce ad alimentarla in modo politicamente destabilizzante. Dato che il mondo è un sistema chiuso, perfino Krugman si è accorto che è impossibile che tutti i Paesi della Terra siano simultaneamente esportatori: affinché potessero esserlo, dovrebbe essere possibile esportare su Marte! Capiamoci subito: nessuna persona sana di mente invocherebbe l'autarchia in un Paese come il nostro, che essendo privo di materie prime (meno di quanto si creda, ma più di quanto crei opportunità economiche ai prezzi correnti) è costretto a esportare per importare (sì: i Paesi privi di materie prime sono costretti a esportare prodotti finiti per procurarsi le risorse finanziarie con cui importare le materie prime: ci avevate mai pensato?)!

L'autarchia significherebbe (e ha storicamente significato) il collasso del nostro sistema produttivo. D'altra parte, dovrebbe essere chiaro che la rudimentale filosofia secondo cui esportare (cioè campare sulla domanda altrui) è bene e importare (cioè domandare beni altrui) è male pone come obiettivo ineludibile di politica estera quello di confinare alcuni altri Paesi nel ruolo di clientes, di straccioni, di pigs, di soggetti costretti a indebitarsi per acquistare quanto produci.

Chiedere una configurazione meno squilibrata degli scambi internazionali non significa, per essere chiari, che la bilancia dei pagamenti debba sempre essere a saldo nullo, né in variante autarchica (zero esportazioni meno zero importazioni uguale zero), né nelle infinite altre varianti (X esportazioni meno X importazioni uguale zero, con X>0)! Significa però, di converso, che se il tuo scopo dichiarato è essere sempre in una condizione di surplus, di eccesso di esportazioni, crescente, da qualche altra parte del mondo qualcun altro sarà costretto nel ruolo scomodo di essere sempre in condizione di deficit, di eccesso di importazioni, crescente. E siccome un eccesso di importazioni non è sostenibile per sempre, perché alla fine terminano i soldi per pagare i beni altrui, non è sostenibile per sempre neanche un eccesso strutturale di esportazioni, che quindi non è un obiettivo lungimirante: è un obiettivo tedesco.

Ora: si capisce bene che un simile obiettivo, astrattamente considerato, è folle. Sarebbe però altrettanto folle immaginare che esso sia concepito in una stanzetta chiusa da un Genio del male, che poi in qualche modo (ad esempio, corompendo - co' ddu ere, sinnò è erore - li politichi che magneno e arubbeno) lo imponga a un intero Paese e quindi al resto del mondo. Ragionare così significa ignorare scioccamente che le politiche mercantilistiche, prima di essere un modo (sbagliato) di impostare le relazioni internazionali, sono un modo (ingiusto) di risolvere il conflitto distributivo nazionale. Il motivo ai più anziani del blog dovrebbe essere chiaro: l'esigenza dello sbocco estero diventa vitale quando il mercato interno, nazionale, non è uno sbocco, e il mercato interno non è uno sbocco quando nel conflitto fra capitale e lavoro vince il capitale, sottopagando il lavoro che quindi non ha di che acquistare la produzione nazionale. Non è la follia di un Genio del male a condurci su una traiettoria insostenibile, ma la razionalità di tanti uomini pratici, che per espandere i propri profitti decurtano i propri fatturati (perché i tuoi operai non possono comprare i tuoi beni coi soldi che non distribuisci loro). La letteratura post-Keynesiana chiarisce benissimo questo punto, ponendo in alternativa il modello di crescita export-led (trainata dalle esportazioni) a quello di crescita wage-led (trainata dai salari), ma naturalmente io parlo per sentito dire, perché sono un politico che magna, beve, rubba e rutta (ed è anche stato corotto - co' ddu ere, ovviamente), per cui a questo articolo ha lavorato un mio pseudonimo.

Terminate le premesse, enuncio brevemente il ragionamento, e poi passo a svilupparlo con tanto di disegnini...

Abstract

Il percorso dell'Eurozona si divide sostanzialmente in tre fasi, che corrispondono ad altrettanti tentativi dei capitalismi del Nord (aka "la Germania") di configurare i propri mercati di sbocco:

  1. nella prima fase, il mercato di sbocco dei capitalismi del Nord sono stati i Paesi membri del Sud (o meglio, della periferia) dell'Eurozona, le cui importazioni (di prodotti del Nord) erano facilitate dall'adozione di una moneta forte (che rendeva convenienti i beni del Nord) e cui l'integrazione finanziaria consentiva un facile finanziamento con debito estero (verso creditori del Nord) dell'acquisto dei beni del Nord.
  2. Nella seconda fase, susseguente alla crisi finanziaria globale, i Paesi membri del Nord hanno spezzato le gambe a quelli del Sud smettendo di finanziarli e imponendo loro politiche di austerità, cioè di taglio dei redditi, della capacità di spesa, per farli rientrare dai debiti che erano stati contratti per acquistare beni del Nord. Questo ovviamente ha reso il Sud inadatto come mercato di sbocco (con un lavoro precario o una pensione tagliata la macchina tedesca non la compri). La via di uscita è stata trovata svalutando l'euro per consentire al Nord di aggredire i mercati extraeuropei, in primis quello statunitense: insomma, il mercato di sbocco dei capitalismi del Nord sono diventati i Paesi esterni all'Eurozona.
  3. Nella terza fase, iniziata prima della pandemia, ma esplicitatasi dopo, un capitalismo più forte dei capitalismi "forti" de noantri, quello statunitense, si è seccato di essere considerato un mercato di sbocco (nei decenni precedenti si era già infastidito per lo stesso motivo con Giappone e Cina). Di conseguenza, ha sostanzialmente chiuso alla Germania sia i mercati di approvvigionamento che quelli di sbocco. Il problema di questa fase, che è quella che stiamo vivendo, è che in essa i capitalismi del Nord non hanno più un mercato di sbocco: non hanno quello che hanno distrutto (la domanda interna dell'Eurozona), non hanno quello che hanno infastidito (gli Stati Uniti), non hanno quelli che gli sono stati preclusi dai noti eventi (Russia,  Cina, ecc.). Siamo ancora in attesa di vedere verso quale configurazione potrebbe tendere il sistema, cioè come risolverà la Germania il suo problema di domanda: due esiti possibili sono il rianimare la domanda interna (quella tedesca, o quella dell'Eurozona, il che presuppone, come abbiamo evidenziato, una diversa soluzione del conflitto distributivo), o collassare in una sorta di singolarità, come ogni buco nero - della domanda mondiale - che si rispetti.

Nella fase 1 l'Eurozona ha "lavato in famiglia" i panni sporchi dei propri squilibri; nella fase 2 ha esportato i propri squilibri verso l'economia globale; nella fase 3 deve risolvere i propri squilibri, che sono, lo ripeto, innanzitutto squilibri distributivi, di distribuzione del reddito fra capitale e lavoro, e non è detto che ci riesca.

E ora, entriamo in dettaglio, usando i disegnini che ho fatto vedere a iMercati l'ultima volta che ho avuto il piacere di incontrarli. Alla fine, iMercati siete voi, non le persone non sempre lucide cui affidate i vostri risparmi, quindi è giusto che anche voi sappiate a che punto siamo. La variabile che ci aiuterà di più a orientare il nostro ragionamento è il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, l'eccesso delle esportazioni sulle importazioni.

La fase uno: il "net zero" dell'Eurozona

E ripartiamo dal tema degli squilibri globali (di bilancia dei pagamenti), i global imbalances con cui ci siamo intrattenuti spesso, data la loro importanza. Vi ricordo qual era la situazione verso il 2008, anno in cui mi occupavo scientificamente del tema:


A fronte di un grande deficit americano, avevamo una situazione di crescente surplus cinese, e di sostanziale equilibrio dei conti esteri dell'Eurozona. Quest'ultima quindi non contribuiva, almeno apparentemente, agli squilibri economici globali. All'epoca in effetti si enfatizzava molto la tensione fra Stati Uniti e Cina, si ragionava sul fatto che la relazione transatlantica fra Usa e Europa stava venendo soppiantata dalla relazione transpacifica fra Usa e Cina, e questo poneva sfide alla globalizzazione. Gli Stati Uniti, si argomentava, si sarebbero stancati di essere ancora a lungo i compratori di ultima istanza dei beni cinesi, sostenendo la crescita di un avversario potenzialmente pericoloso. Il dibattito, naturalmente, aveva mille altre sfaccettature, ma il punto è che mentre tutti si focalizzavano sul "mamma li cinesi!", a tutti sfuggiva la vera fonte di potenziali squilibri per l'economia globale, cioè il fatto che il net zero mondiale nel commercio dell'Eurozona fosse l'effetto netto di una situazione estremamente squilibrata fra il Nord e il Sud dell'Eurozona stessa:


Molto a spanne (e con riserva di produrre dati dettagliati su richiesta): verso il 2007, il saldo zero dell'Eurozona era la somma algebrica di un più 250 di saldo tedesco, compensato da un meno 150 di deficit spagnolo, un meno 50 di deficit greco, e un altro meno 50 (25+25) di deficit italiano e portoghese. Il deficit complessivo dei PIGS assorbiva il surplus del campione tedesco. Non entro qui in tutta una serie di dettagli (ad esempio: come stava messa la Germania nel 1999?). Mi limito a constatare che per assorbire l'enorme surplus tedesco, i paesi del Sud dovevano accumulare debiti sempre meno sostenibili. La crisi del 2008-2010 avrebbe posto fine a questo gioco con cui le banche del Nord finanziavano i consumatori del Sud perché comprassero beni del Nord.

La fase due: austerità ed esportazione degli squilibri

Si arriva così alla fase dell'austerità, che aveva uno scopo evidente, ma anche una conseguenza imprevista, non voluta o non immediatamente compresa.

Lo scopo era piuttosto ovvio: quella che ci veniva raccontata come la necessità di rientrare dal nostro debito pubblico che metteva in pericolo l'euro (senza che fosse molto chiaro il nesso), era molto più prosaicamente la necessità del nostro settore privato di restituire ai Paesi del Nord le somme dovute loro. In altre parole, il problema non era "salvare" i Paesi del Sud dalla propria prodigalità, dalla propria incoscienza fiscale, ma salvare le banche (prevalentemente, ma non esclusivamente, del Nord) dalla propria imprudenza (incapacità o scarsa volontà di valutare il merito di credito dei propri clienti esteri). 

Questa storia è già scritta e chi è qui da un po' la sa, ma a riprova di quanto dico (lo scopo era salvare le banche del Nord, non i Paesi del Sud) è sempre utile ricordare questo studio, che parte da una semplice domanda: dove sono finiti i soldi del salvataggio della Grecia? La risposta è altrettanto semplice e condensata in questo grafico:

Il 95% delle somme è andato al settore bancario.

Ovviamente onorare i propri debiti è cosa buona e giusta. Chi sia il creditore, però, un po' di differenza la fa. I debiti verso uno spacciatore vanno necessariamente onorati? La prima fase dell'unione monetaria aveva visto i Paesi del Nord drogare le economie del Sud con la più insidiosa delle droghe, il credito facile. Diciamo che un vero burden sharing, una vera condivisione dell'onere di questa gigantesca sbornia, sarebbe stata eticamente più accettabile e politicamente più sostenibile. Ma se ci fosse stata io  ora non sarei alla Camera, e quindi amen. Non mi è chiaro quanto quella lezione sia stata appresa, eppure non è una lezione difficile: i tassi bassi non sono necessariamente un bene, nella misura in cui incentivano il credito, cioè il debito. La visione distorta secondo cui "più sono bassi i tassi meglio è" è  in qualche modo legata alla visione altrettanto distorta secondo cui l'unico debito è quello pubblico, per cui una discesa dei tassi libera risorse pubbliche da destinare a scuole, ospedali, pensioni ecc., anziché al servizio del debito, ed è quindi incondizionatamente positiva. Il quadro cambia quando si considerano anche i debiti privati, che poi sono quelli che regolarmente innescano le crisi finanziarie (è molto più facile che sia un debitore privato anziché un debitore sovrano a non onorare i propri debiti, le banche saltano per aria molto più spesso degli Stati). Il punto è che tassi fuori dall'equilibrio (troppo bassi) favoriscono l'accumulo di debito privato. Come di ogni cosa, anche del denaro si abusa se il suo costo scende. Questa era stata la storia dell'Eurozona pre-crisi, e con gli errori di quella storia nessuno vuole veramente fare i conti, e nessuno vuole portarne la responsabilità.

Inutile dire che ora siamo in una fase diversa, e che il rischio è di avere tassi fuori dall'equilibrio al rialzo, cioè commettere l'errore contrario (con cui fra dieci anni nessuno vorrà fare i conti e di cui fra dieci anni nessuno porterà la responsabilità).

Riprendendo il filo del discorso: se il problema da risolvere era l'accumulazione di debiti esteri del Sud contratti per finanziare un deficit di bilancia dei pagamenti verso il Nord, la soluzione doveva essere il conseguimento di surplus esteri, cioè un taglio di ulteriori importazioni e la promozione delle esportazioni, per raggranellare al Sud risorse con cui ripagare i debiti esteri verso il Nord. L'austerità questo faceva, in due modi. Il taglio dei redditi di per sé taglia le importazioni, e in quanto si realizza mediante compressione dei salari (via jobs act ecc.) promuove le esportazioni, migliorandone la competitività di prezzo (la compressione del costo del lavoro permette di contenere i prezzi dei prodotti).

Ha funzionato?

Sì, e infatti tutti i Paesi del Sud si sono trovati in un modo o nell'altro in surplus estero:


Il quadrato rosso evidenzia l'entrata nel meraviglioso mondo dell'austerità. La Germania ha mantenuto il proprio surplus esorbitante, gli altri sono passati da posizioni negative a posizioni positive.

Tutto bene quindi?

No, per due motivi. Primo, perché in assenza di un riaggiustamento del cambio nominale (impossibile in una unione monetaria) tutto l'aggiustamento si è scaricato sui redditi. I tre milioni di poveri made in Monty derivano da lì, e questo spiega perché l'aggiustamento sia avvenuto prevalentemente via compressione delle importazioni, a differenza di quanto era avvenuto nel 1992 (lo vedemmo in dettaglio qui). Secondo, perché mentre la Terra non può diventare un'esportatore netto nel Sistema solare per ovvi limiti fisici, il che impedisce agli Stati mondiali di essere contemporaneamente tutti in surplus, un simile limite fisico non esiste per l'Eurozona: i suoi Paesi membri possono essere tutti in surplus, purché esportino verso il resto del mondo. Si arriva così a quella che ho definito la "conseguenza imprevista": l'esportazione degli squilibri di bilancia dei pagamenti interni verso l'economia globale, la fine del net zero dell'Eurozona:


Vedete le barre gialle? Sono il surplus dell'Eurozona verso il resto del mondo (Usa, Cina, ecc.), e sono anche (approssimativamente) la somma algebrica delle altre linee, che rappresentano i surplus/deficit di alcuni Paesi membri. Finché la Germania tirava verso l'alto (surplus) e gli altri verso il basso (deficit) il saldo della zona era nullo. Quando l'austerità ha portato tutti a tirare verso l'alto (surplus) il saldo della zona è esploso. A questo punto il surplus dell'Eurozona è diventato un problema geopolitico non trascurabile, direi il problema geopolitico (ovviamente ignorato, non compreso o malinteso dagli esperti di #aaaaaggeobolidiga). Il fatto è che i Paesi importatori sostengono, con la loro domanda, le economie altrui, mentre i Paesi esportatori campano sulla domanda altrui; chi esporta beni esporta anche deindustrializzazione (a casa di chi quei beni non deve o non riesce più a produrli) e deflazione. Lasciare gli Stati Uniti a trainare da soli il carro della domanda mondiale era una diretta conseguenza della decisione tedesca di schiacciare con l'austerità quello che finora era stato il suo mercato di sbocco: i Paesi membri del Sud.

Servivano altri mercati, e allo scopo di conquistarli, e anche di fornire un minimo di ossigeno ai Paesi membri del Sud, che altrimenti sarebbero implosi o se ne sarebbero andati, in questa fase inizia una lunga svalutazione competitiva dell'euro, di cui abbiamo parlato ad esempio qui e di cui riportiamo, a beneficio di tutti, il disegnino:


Non solo la decisione di lasciare gli Stati Uniti soli a sostenere la crescita, ma anche i mezzi usati per realizzarla (la svalutazione competitiva dell'euro) erano odiosi agli Stati Uniti, e questo era un dato facilmente prevedibile. Una serie di noti precedenti confermava che gli Stati Uniti tendono a vedere il paese in surplus globale, l'esportatore netto di turno, come una minaccia per il loro sistema industriale, e a reagire di conseguenza. Per rinfrescarvi la memoria:


negli anni '80 l'esportatore netto era il Giappone. Ricorderete (ne abbiamo parlato) tutti i romanzi e i film americani di fine '80, inizio '90 coi giappi nella parte del cattivo. I più esperti ricorderanno anche l'accordo del Plaza, che furono la reazione statunitense al pericolo giapponese: forzare una rivalutazione dello yen le cui conseguenze sull'economia giapponese si fecero sentire a lungo. Negli anni "zero" (intorno al 2008) lo scettro di vilain era passato in mano cinese: le richieste di rivalutare lo yuan, cioè di trattare la Cina come era stato trattato il Giappone venti anni prima, erano insistenti, con un'unica eccezione, la solita:

La mia posizione (pubblicata online nel 2008) era molto semplice: la crescita dell'economia europea avrebbe contribuito in modo molto più efficace a un'ordinata crescita dell'economia mondiale piuttosto che la rivalutazione del cambio/deflazione dell'economia cinese. Alla Cina andò meglio che al Giappone: il suo squilibrio si ricompose a causa della grande crisi globale, che sgonfiò il commercio internazionale. La recessione americana abbatté l'import statunitense, e di riflesso l'export cinese. I problemi divennero altri. Fatto sta che le cose andarono in direzione esattamente opposta a quella che ritenevo desiderabile: invece di "inflazionare" l'economia europea, si fece la scelta di "deflazionarla" con l'austerità, comprimendone l'import e favorendone l'export (come ci siamo detti fin qui).

Che cosa poteva andare storto?

La fase 3: segare il ramo

Lo sappiamo e ce lo siamo detto: gli Stati Uniti storicamente non tollerano l'eccesso di esportazioni altrui, soprattutto se spinto da una politica valutaria sleale (svalutazione competitiva). Indipendentemente da quanto essi la considerino sostenibile o desiderabile, il fatto è che quando una configurazione del genere si verifica accade qualcosa che la corregge, spingendo l'esportatore netto verso una posizione di equilibrio. Anche questa volta è andata così:


in due tempi. Prima, lo scandalo Dieselgate, nel 2015, ha arrestato l'esplosione dell'export di auto tedesche verso gli Usa. Purtroppissimo proprio in quell'anno, chissà perché, ci si è accorti che "il diesel inkuina", e le conseguenze sul saldo dell'Eurozona sono visibili nel grafico qui sopra: il surplus, che stava esplodendo, si è stabilizzato. La reazione tedesca sappiamo qual è stata: la deriva "green", cioè, in definitiva, mettersi in mano alla Cina (che, come sapete, controlla la filiera dell'elettrico e in particolare le relative materie prime).

Quanto era probabile che questo Drang nach Osten facesse piacere ai nostri alleati naturali?

Ce lo fanno comprendere le ultime vicende, incluso il suicidio dei due gasdotti nel Mare del Nord (non ho idea di che cosa sia successo e non voglio averla perché ai fini del mio discorso è irrilevante e perché ormai non credo neanche a quello che vedo, per cui raccontatela come vi pare, la cosa mi lascia indifferente...) e la chiusura dei mercati russo e cinese (fra sanzioni e polarizzazione del conflitto). Due ordini di eventi che hanno lasciato i capitalismi del Nord (aka la Germania) privi degli abituali mercati di sbocco e di approvvigionamento, mettendoli nella necessità di doversi fornire in modo significativo presso gli Usa per l'approvvigionamento di energia (via LNG), e di non saper che pesci pigliare per lo smercio dei loro prodotti.

Le conseguenze sono note: l'anno prossimo noi cresceremo, la Germania no:


Questa è la situazione in cui ci troviamo.

Prima di passare ad analizzarne alcune esilaranti caratteristiche vorrei chiudere il percorso compiuto finora con una considerazione. Non era difficile, lo ripeto, immaginare che gli Stati Uniti avrebbero gradito, e alla fine ottenuto, un minimo di contegno, di retenue, di moderazione da parte del Paese esportatore di deficit. Era sempre successo così (Giappone, Cina,...), non ci voleva una grande fantasia per capire che con l'Eurozona sarebbe stata la stessa cosa. Come si fa a non capire che una certa impostazione della propria politica commerciale è insostenibile? Come hanno fatto "i tedeschi" a non capirlo?

Noi italiani veniamo accusati, anche da noi stessi, di essere imprevidenti, incapaci di pianificare, convinti come siamo che alla fine le cose si aggiusteranno, che lo Stellone ci salverà. Non entro nel merito di questa valutazione, ma gliene accosto un'altra: è stupefacente quanta reticenza ad apprendere le lezioni della Storia abbia un Paese come la Germania, dove la filosofia della storia è nata! Quello che abbiamo analizzato qui finora non è mica l'unico episodio. Ce n'è un altro, gustoso e connesso al nostro ragionamento odierno: nel momento stesso in cui la situazione dimostra quanto sia stato sbagliato per la Germania mettersi in mano a un unico fornitore, per di più politicamente sensibile come la Russia, che cosa fa la Germania? Ovviamente si mette in mano (per la fornitura di idrogeno azzurro, che, dicono, è il futuro) a un unico fornitore: la Norvegia (che se ne sta fuori dall'UE, serena come l'arcobaleno). Secondo Munchau, l'eterno secondo, non è una buona idea:


e per una volta che è arrivato primo non sarà superfluo sottolineare che siamo d'accordo con lui!

La domanda che dovremmo porci è: supponendo anche di essere molto fortunati, quanto è saggio vincolarsi a compagni di strada così poco lungimiranti?

Banchieri filantropi

Ricapitolando:

  1. mercato di sbocco del Sud Europa: distrutto con l'austerità;
  2. mercati di sbocco extra-Eurozona: alienati con la svalutazione competitiva.

Che resta?

La Storia, beffarda, pone ai capitalismi del Nord sostanzialmente un'unica alternativa: quella di fare quello che non hanno mai voluto fare nonostante tutti glielo chiedessero: alimentare la domanda interna, con politiche di adeguamento dei salari e con programmi di investimento pubblico.

Eh già... Venute meno due fonti di domanda estera (i PIGS e il resto del mondo) la tenuta del loro sistema richiede che a casa loro si opti per una diversa soluzione del conflitto distributivo. L'inflazione da offerta (cioè da aumento dei prezzi delle materie prime) in effetti sta erodendo il potere d'acquisto dei salari in Germania, Olanda, Estonia, ecc. molto più rapidamente che da noi, e c'è il rischio concreto che tanta produttività alemanna (o frisona) sia invano, sia per il magazzino, se non si mettono i cittadini di quei Paesi in grado di assorbirla. Succedono così cose paradossali, come questa:


Il governatore della Banca centrale olandese che chiede alle imprese (ma è suo compito farlo?) un aumento dei salari in misura compresa fra il 5% e il 7%! A che cosa dobbiamo questo improvviso accesso di filantropia? Anche i banchieri hanno un'anima? No, naturalmente. Ma Knoot, a differenza di quelli che ci ritroviamo noi, ha un cervello, e capisce quindi che decurtare i redditi delle famiglie avrebbe nell'Olanda del 2023 le stesse conseguenze che ebbe nei Paesi del Sud nel 2012 (e che io vi avevo anticipato nel 2011 qui): seri problemi per il settore bancario (a causa delle difficoltà delle famiglie di rimborsare i prestiti). Quindi Knot non si preoccupa per gli altri: si preoccupa per se stesso (e fa bene)! Non importa infatti se chi ti taglia il reddito sia l'austerità o l'inflazione. Se il tuo potere d'acquisto diminuisce, avrai difficoltà a onorare i tuoi debiti, e saggiamente Knot vuole evitare di fare nel 2023 la fine che i suoi sodali ci hanno fatto fare nel 2012. Come immaginate, non è un caso che sia un olandese a parlare. Intanto, in Europa i tedeschi usano la saggia tattica di mandare avanti gli olandesi "per vedere sotto sotto l'effetto che fa" ogni volta che c'è da cambiare direzione. E poi, fra i Paesi un minimo significativi, l'Olanda è quello con l'inflazione più alta:


quindi ci sta che i suoi governanti siano un po' preoccupati.

E qui si pone un problema interessante, che vi illustro (a risolverlo sarà la storia): se i capitalismi del Nord adegueranno i loro salari, il loro rientro dall'inflazione (più alta della nostra) sarà più lento, quindi perderanno competitività; ma se non li adegueranno, andranno in crisi da carenza di domanda, perché la repressione salariale o la svalutazione competitiva dell'euro non bastano più ad aprir loro dei mercati distrutti dall'austerità o preclusi da altre motivazioni.

Il dato non è banale: spingere sui salari, per motivi che dovrebbero essere chiari dopo questo lungo percorso, significa accentuare il deficit estero (con più soldi in tasca i lavoratori acquistano più beni nazionali ed esteri), e quindi accentuare il surplus altrui, in particolare dei Paesi con cui le relazioni commerciali sono più intense (noi). Se si scegliesse questa strada quindi ne saremmo avvantaggiati, sia perché un contesto più inflazionistico aiuta i grandi debitori, sia perché mantenere comunque un tasso di inflazione più basso di quello dei "virtuosi" ci permetterebbe di migliorare ulteriormente la nostra posizione finanziaria sull'estero, rendendoci meno vulnerabili ad attacchi speculativi.

Conclusioni

Come andrà a finire?

Oggi evidentemente è impossibile dirlo. La Storia, che non deve necessariamente ripetersi, ci fornisce tanti esempi in cui i capitalismi del Nord hanno preferito fare quello che era peggio per loro, purché danneggiasse anche gli altri (ripeto: siamo sicuri di poter convivere con simili pulsioni autodistruttive?). Questo scenario è quello che molti paventano e verso il quale pare ci si stia avviando: innalzamento dei tassi, per restringere la domanda, al rischio di far collassare per prime le economie del Nord. La Germania è già in testa nelle classifiche del costo del credito:


Lo scenario più roseo è quello di reflazione controllata dell'economia, ma c'è da chiedersi quanto anche questo scenario sia sostenibile (da parte del Nord). Fin dall'inizio di questo lungo percorso abbiamo infatti chiarito che una moneta unica con inflazioni differenziate è fonte di problemi. I Paesi con l'inflazione più alta perdono competitività, si indebitano con l'estero e vanno in crisi. Quello che si perde di vista è che rispetto al primo decennio dell'euro (1999-2009) oggi la situazione si è completamente rovesciata:


I Paesi a inflazione relativamente più alta ora sono quelli del Nord (qui abbiamo preso la media di Germania, Olanda e Austria) anziché quelli mediterranei (rappresentati da Spagna, Francia e Italia), e la crisi ha amplificato questa dinamica. L'Eurozona non riesce a convergere. Ora che i Paesi del Sud sono rientrati dai propri debiti, questi squilibri di competitività dovrebbero comporsi ma non possono farlo per i motivi che ci siamo detti fin qui (la necessità di reflazionare la propria domanda interna). Il nervosismo che questa situazione indubbiamente causa da quelle parti porta con sé il rischio di reazioni esagerate dalla parte opposta. Un mondo in cui chi si è addormentato "frugale" si svegli "PIGS" in termini macroeconomici non è poi così inconcepibile, ma in termini politici?

Dalla risposta a questa domanda dipenderà la soluzione del problema che ci sta a cuore...

82 commenti:

  1. ...quello con minuscola...

    Grazie sempre.

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  2. Mi sento carne da macello, ma credo sia sempre meglio che diventare carne da cannone…speriamo la Storia trovi una soluzione diversa dalle due precedenti.

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    1. Come sapete, la mia visione a questo riguardo è piuttosto pessimistica. Credo ricordiate l'ipotesi Chichijima. Possiamo arricchirla di una considerazione: oggi l'unico conflitto che possa avvicinare alla durezza del vivere le classi dominanti è un conflitto nucleare. Non siamo più ai tempi di Azincourt (dove peraltro ai figli dei ricchi andava male solo in casi selezionati, nonostante al fronte ci fossero loro: ma nella maggior parte dei casi se la cavavano con qualche ammaccatura e un congruo riscatto). Intorno a me tutti dicono che non succederà, quindi comincio a preoccuparmi...

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    2. Prova ne sia che sorte simile tocco' all' Avvocato. Uno dei superstiti della Campagna di Russia, che non fu proprio un seuccessone per l' italico esercito. Per altro credo ferito ad una gamba, come ogni eroe ( risorgimentale ) che si rispetti.

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    3. "oggi l'unico conflitto che possa avvicinare alla durezza del vivere le classi dominanti è un conflitto nucleare" ...sono tristemente d'accordo....speriamo che il vento tiri da un'altra parte....

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  3. Post bello e a prova di ottuso, immagino che i veri destinatari siano quelli che non hanno ancora capito, divulgazione meritoria.
    Grazie

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    1. Nel mio ambiente non faccio molto per farmi capire. Non voglio sembrare saccente, non voglio essere invadente, non posso apparire petulante. Il costo implicito nel provare a far capire le cose prima si è rivelato, lungo gli anni, superiore a quello di subire le scelte di chi le capisce dopo. Vale per tante cose, dalle piccole, come il sostegno a Draghi, alle grandi, come il posizionamento sullo scacchiere europeo. D'altra parte, l'uomo ha tante vie per le quali la verità dei fatti può intrufolarsi. Io, con voi, ho scelto quella della testa (intesa come ragionamento)... ma lascio gli altri liberi di sceglierne altre.

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  4. Il professore - complici le vacanze - risale in cattedra e pubblica uno di quei post che da soli valgono il prezzo del biglietto.
    Riflessioni di buon senso che ovviamente non saranno ascoltate. Verso la catastrofe con ottimismo.

    Grazie prof e buon anno!

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    1. Intanto molti di voi hanno evitato la propria personale catastrofe grazie a quello che ci siamo detti qui o in privato. I più avversi al rischio ogni tanto mi mandano cartoline da altri emisferi, i più battaglieri si sono costruiti una trincea. Il buon senso, poi, si farà ascoltare da solo. Stiamo a vedere...

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  5. Grazie di questa esposizione di quanto è accaduto e sta accadendo, magistrale per sinteticità e chiarezza. Azzardo una considerazione: forse ai tedeschi converrebbe una rapida soluzione della crisi ucraina o addirittura una vittoria russa, magari allontanandosi dalle politiche Nato, ma potrebbero percorrere questa strada? Altrimenti, nel caso scegliessero quanto è peggio per loro, quali sarebbeto gli sviluppi per tutti? Cosa potrebbe accadere?

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    1. Sulla sinteticità si può lavorare, poi ci provo. Girando per la Serenissima ho incontrato un amico che mi ha fatto riflettere su quanto l'esito della crisi ucraina possa essere determinante per gli equilibri dell'Eurozona. Non sono però in grado di fare ipotesi. Probabilmente per impostare un ragionamento bisognerebbe partire dal dato che se c'è una guerra ci saranno vinti e vincitori, e ragionare su che cosa succederebbe se vincesse l'uno o l'altro. Direi che l'euro ha perso in ogni caso, visto che la segmentazione del sistema finanziario internazionale provocata dalla minaccia statunitense di escludere dallo SWIFT gli "stati canaglia" sta spingendo verso una polarizzazione del sistema monetario in cui l'euro rischia di diventare il nulla con due valute di riserva intorno. La mia difficoltà nel rispondere a questa domanda però deriva dal fatto che non ho mai ben capito quale sia l'atteggiamento attuale degli Usa verso la loro creatura post-bellica, l'Ue. Sicuramente l'esito del conflitto in ucraina influirà sulle elezioni americane, magari secondo il solito pattern (i democratici dichiarano guerra e i repubblicani fanno la pace). Ma poi? Non ho ipotesi. Voi ne avete?

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    2. Grazie per la risposta. Se non ha ipotesi lei, si figuri io. Per quello che vale, ho difficoltà anche io a capire dove vogliano arrivare gli americani: partono con una guerra che accelera la crisi della Ue, al massimo assecondando il fanatismo di alcuni stati dell' est ma ponendosi in conflitto con gli stati occidentali, chiamati a sostenere di fatto i costi maggiori di una simile operazione. Allo stesso tempo riescono a coalizzare o quasi contro di loro Russia, Cina, India e stati al seguito, che si stanno organizzando per fare a meno del dollaro. La mia impressione è che non sappianooaffatto dove vogliono arrivare.

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    3. Sinceramente non vedo il conflitto con gli Stati occidentali. Quello che vedo è il definitivo tramonto dell'idea che mettendosi insieme gli Stati europei avrebbero potuto costituire un contraltare politico agli Usa. Per quanto possa sembrare strano, se leghi insieme 27 piccioni non ottieni un'aquila (cosa che ci siamo detti molto spesso). Non mi interessa stabilire se la linea politica europea sul conflitto sia giusta o sbagliata: il dato di fatto è che è assolutamente subalterna rispetto a US-UK, come in qualche modo è naturale che sia, e anche di questo non mi interessa valutare il bene o il male, ma mi interessa riflettere su un punto: l'UE a che cosa ci serve se non ha, né può avere, autonomia decisionale sui temi "globali"? Una "nostra" politica estera (nel senso di "europea") di fatto non c'è. Forse sarebbe meglio averne una italiana (rapportandosi direttamente con gli alleati). Quanto agli Usa, prima di decidere se sanno o meno (loro) dove vogliono andare, rileggerei il post. A me sembra piuttosto chiaro che alcuni loro obiettivi li hanno conseguiti, ed erano obiettivi prevedibili.

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    4. Hanno costretto la Germania a staccarsi dalla Russia e, a seguito, Francia, Italia...i quali, a livello di governi, stanno agendo in ossequio agli ordini americani ma contro i propri interessi, anzi contro gli interessi dei loro popoli. Questo intendevo parlando di conflitto paesi europei occidentali/Usa, un conflitto sordo, in cui degli "alleati" vengono costretti a sopportare i costi di una guerra che a loro non converrebbe agfatto combattere.

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    5. Ieri rispondevo ad un carissimo amico che mi scriveva, da avvocato, che studiando diritto internazionale, "si rese conto che è una forma di ordinamento formata da pari (S. Marino vale quanto USA) che agisce per atti (risoluzioni) non aventi potere impositivo. Stavolta l'Europa per la prima volta costituisce un ordinamento internazionale in grado di emanare provvedimenti impositivi ai suoi membri. In questo caso, però, abbiamo pagato duramente i forti ritardi nell'edificazione di un'Europa forte e credibile."

      Ho risposto che a mio modesto avviso l'edificazione (???) di una tale Europa è, banalmente, cosa intrinsecamente impossibile per vari motivi, economici, linguistici, storici, dimensioni dei singoli membri e politici. D'altra parte stiamo ancora aspettando che si realizzi la profezia di Monnet del 1976:“L’Europa si farà attraverso le crisi, e sarà costituita dalla sommatoria delle soluzioni che saranno date a queste crisi” e di crisi ce ne sono state tante ed a mio avviso l'edificazione europea si è allontanata.

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    6. Il motivo è sempre lo stesso da 100 anni a questa parte.
      L'angosfera combatte in prima linea solo se si tratta di straccioni (e spesso gli va anche male, vedasi Vietnam et alii)., motivo per il quale, essendo militarmente (e non solo) inetti, dalle guerre vere, quelle pericolose che possono ridurli in colonie, se ne guardano bene.
      Molto più comodo finanziare unioni, attuate con l'uso di carri armati o di valute, e mandarle a sbattere ad intervalli regolari contro l'avversario geopolitico ed ideologico pre-liberale ancora rimasto in vita.
      Chissà, magari la loro #fabiana strategia di lungo periodo è eliminare l'avversario a colpi di 20 milioni di morti ogni volta :/
      Tutto può essere in quest'éra post-rinascimentale ;)

      https://it.m.wikipedia.org/wiki/Vittime_della_seconda_guerra_mondiale

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  6. Bravissimo favoloso Bagnai ....vorrei chiederle come faremo senza gas dalla Russia ?

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  7. Grazie supremo Bagnai ....domanda ...senza gas dalla Russia siamo rovinati?

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  8. Confidiamo che la sega in mano ai novelli PIGS sia molto affilata. 🙂

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  9. Mi pare di capire che le scelte sono in mano tedesca e che l'Italia non possa che adeguarsi e rispondere di conseguenza.

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    1. Non mi sembra una enorme novità. La novità che ho cercato di evidenziare è che però in questa fase la "Germania" è piuttosto indebolita e allo sbando, il che non è necessariamente rassicurante, ma è senz'altro un fattore di cambiamento.

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  10. A stare qui si impara a riconoscere l'onda di tsunami che corre quieta in mare aperto.

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  11. Si rivela importante la necessità di rivedere profondamente gli indirizzi del PNRR, strumento con cui ci hanno dato i soldi nostri sperando di farci comprare i prodotti loro. Per una volta potremmo avere il boccino in mano per restituire pan per focaccia, per quanto si può.
    Per il momento, l'industria bellica tedesca fa la parte del leone nel conflitto ucraino e surroga altre produzioni e mercati di sbocco. Dal momento che potenti investitori USA ne sono i maggiori azionisti, non stupisce il suo perdurare. Finché c'è guerra c'è speranza (per loro).

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    1. Non riesco a capire perché non si possa dire la verità: il PNRR italiano risente dell'impostazione di Conte, cioè dell'esponente di un partito fortemente influenzato da interessi cinesi e fortemente consonante con quel pezzo di Europa che guarda a Oriente (la Germania in primo luogo). Ci aggiungerei anche una certa propensione marchettara tipica di un partito che il consenso può averlo solo comprandolo (col reddito di scambio o con una pioggia di marchette in ogni singola frazione di ogni singolo comune). Draghi non ha cambiato nulla di questa impostazione, perché voleva mantenere la tabella di marcia per accreditarsi ulteriormente presso il potere centrale. Quindi è del tutto ovvio che il PNRR, che non andava sottoscritto, una volta sottoscritto deve comunque essere reso razionale (e ora non lo è).

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    2. Ma allora, votare serve? 😀

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    3. Votare i 5 Stelle è servito a ritrovarsi col PNRR. E non dite che non ve lo avevo detto (dal 2012 in poi)!

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    4. Anche aver avuto Draghi !! Mi rendo conto che non potevate rifiutarlo...in una intervista su Byoblu Alberto Micalizzi dice che è stata una rovina per lItalia non aver approfittato dell acquisto da parte della Bce dei ns titoli di stato quando i tassi erano bassi ...del governo Draghi ...accusa di tradimento totale

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    5. "Votare i 5 Stelle è servito a ritrovarsi col PNRR. E non dite che non ve lo avevo detto (dal 2012 in poi)!"

      Ma se ci hanno regalato pure 70 mld a fondo perduto!

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    6. Approfittare dell'acquisto da parte della BCE? come dire "perché non diamo altre armi ad una istituzione in mano ai tedeschi ed, in subordine, ai francesi, per ricattarci e condizionarci politicamente?" una bella vendita in massa di titoli italiani con qualche pretesto per fare defaultare l'Italia? no grazie, è andata bene così e ci finanziamo noi.

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  12. Per chi è qui da circa 10 anni, tornare a leggere un post del genere è un'immensa boccata di aria fresca. Grazie Prof!

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    1. Purtroppo ho meno tempo per insegnare da deputato che da professore. Però poterò alcuni rami secchi (Twitter) per tornare qui con voi.

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  13. Perfetto. Aggiungo solo che i debiti verso uno spacciatore vanno sempre onorati, altrimenti finisci a dar fosforo all'aria. Diverso è se la droga è finanziaria. Segheranno il ramo fino in fondo o si fermeranno prima? Ai posteri (o postumi) l'ardua sentenza.
    PS la prossima volta che vieni a Vicenza se magari mi fai un fischio ti vedo volentieri.
    Grazie e buon tutto 👍

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    1. Il ramo è segato, mi sembra di capire. Poi ci sono mille piccoli rimedi (ad esempio, fonti attendibili mi riferiscono di un gran fiorire di aziende in Turchia, essenzialmente utilizzate per fare triangolazione su export tedesco - perché non bisogna mai dimenticare che le sanzioni valgono per i fessi, i Furben trovano sempre un modo per girarci intorno...). Il vero problema è capire che paracadute pensano di utilizzare ora che sono in caduta. A Vicenza (ma anche a Verona e a Treviso) ero in forma privata e non ho avvertito (quasi) nessuno, ma torno presto in forma pubblica perché c'è bisogno di parlare di cose vere.

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    2. Pure in Serbia e Bosnia si danno da fare con.la geometria...
      Perfetto. Allora ci si vede.

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  14. In questo contesto, la Meloni che vuole fare i rigassificatori, ma soprattutto vuole riaprire i pozzi di gas nell'Adriatico fa benissimo; l'asinistra (as usual) dimostra di non aver capito una cippa. Che i verdi siano la quinta colonna tedesca? Vedendo come si comportano anche in Germania, mi viene da dire che siano la quinta colonna USA...

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    1. Non so, io a istinto direi cinese, ma oggettivamente non me ne intendo. So solo che quando da qualche parte si deciderà di far scoppiare a Bruxelles il Chinagate (che presumibilmente sta al Qatargate come la Cina sta al Qatar) le conseguenze saranno avvertibili. Un tema di "quinte colonne", ahimè, esiste, si sostiene che sia diffuso anche da noi, ma credo sia in larga parte fisiologico. Da 3000 anni a questa parte gli Stati curano i propri interessi con le stesse logiche e le stesse tattiche. Cassandra ha fatto una brutta fine, peraltro...

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    2. In effetti probabilmente ha ragione lei, gli ambientalisti ammorbano un po' tutto l'occidente, quindi che siano supportati dalla Cina è molto probabile. Magari idioti come sono questi lavorano pure gratis... Un Chinagate? Lo vedo improbabile, verrebbe giù tutto! Comunque mi ricordo benissimo di un certo Prodi quando esortava gli imprenditori italiani ad aprire la ditta in Cina... Alla fine poi credo che "La Germania" faccia il porco comodo suo, anche sapendo che il ramo si spezzerà: finora ha raccattato (parecchio) quello che c'era da raccattare, per il futuro si vedrà. Certo gli USA ci/gli hanno messo un bel bastone tra le ruote...

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    3. Il fatto di decidere di far scoppiare il Chinagate (o il vaccigate?) ha proprio l'obiettivo di far cadere giù tutto.

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    4. Mi limito ad osservare che per ora non è un fatto ma un'ipotesi. Nessuno sta facendo scoppiare nulla, anche se credo che molti sappiano tutto. Suggerisco di rifletterci.

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  15. io a caldo direi di fare pagare al nord la stessa ''moneta'' che hanno fatto pagare tempo addietro ai paesi del sud.

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    1. Vedo che sei un sentimentale e lo apprezzo (!), ma forse qualche anno di percorso qualcosa dovrebbe averci insegnato. Chi impone il pedaggio a chi lo decidono i rapporti di forza. In questo momento "la Germania" sta pagando dazio, ma non a noi: a chi ha il potere di imporglielo, gli Usa. C'è da vedere in che modo questa fase si rifletterà sugli squilibri interni all'Eurozona (e il mio "educated guess", come avrete capito, è che non aiuterà a riequilibrarli).

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    2. E gli stati uniti stanno indebolendo la Germania soltanto perché ha un export troppo elevato verso di loro capisco , quindi di conseguenza mi corregga se sbaglio una volta ridotti gli import che gli stati uniti stanno subendo dalla prussia (simpatia) la lasceranno in quella condizione presumo , come pero' accadde per il risorgimento Italiano, al momento in Europa non abbiamo qualche altra nazione che avrebbe il nostro stesso desiderio di rigirare l'austerity a Francoforte?

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  16. Per curiosità: quando utilizza le virgolette attorno a "causa", spiegando che per Smith la domanda provoca, "causa" l'offerta, intende sottolineare un utilizzo improprio o comunque da chiarire della nozione di causazione? Mi sembra di ricordare di averle viste anche in altri post precedenti.

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    1. Curiosità lecita. Intendo sottolineare due aspetti. Il primo è che Smith non parla esplicitamente di causazione: dice che la divisione del lavoro (innovazione di processo, produttività) dipende dall'estensione del mercato. Il secondo è che il concetto di causalità in economia (ma anche in tante altre scienze) è oggetto di un dibattito piuttosto ramificato. Non è quindi il caso di essere troppo apodittici nell'usarlo.

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  17. Che bel regalo di inizio anno un post come questo. Grazie.

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  18. Grazie, questo post è un immenso piacere. Lei giustamente parte con un articolo del 2011 e ci sono voluti undici-anni-undici perché il "suicidio" dei gasdotti rendesse manifesta la caduta del ramo. Lei ha ragionato e insegnato in termini e tempi storici, che non sono così congeniali alla nostra vicenda quotidiana.
    Grazie ancora e buon anno.

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    1. Va anche detto che i gasdotti hanno avuto una ammirevole forza d'animo. Io a decine di metri di profondità nell'acqua torbida e gelida del Baltico avrei retto psicologicamente per molto meno tempo.

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  19. Un aneddoto che aneddoto non è, perché ne potrei raccontare a dozzine e quindi sconfinare nel campo dei dati: ieri ho aiutato mia nonna (88 anni) a scaricare la polizza sanitaria (privata, ma obbligatoria) per il 2023 dal sito dell'assicurazione (con la app DigiD, una specie di Spid olandese, ma molto peggio del nostro Spid). Morale: 195 euro al mese contro i 177 del 2022. Un 10% secco per poter andare dal medico, causa forte dolore al ginocchio, e sentirsi dire: paracetamolo e riposo. Per fortuna l'ho portata con me in Italia prima di Natale e il (bravo) medico di base dei miei l'ha visitata e curata come si deve.

    Non mi farei troppe illusioni sulla capacità batavo-teutonica di fare scelte sensate.

    Ne approfitto per richiedere umilmente un post di approfondimento sui cugini francesi e la loro situazione. Buon anno e buona domenica :*

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    1. Ma io confido nella loro capacità di non farle. Come dicono i cugini francesi, sui cui concordo che bisogna tenere un occhio, "il ne faut jamais interrompre un ennemi..." e il resto lo sai. Sui cugini francesi intanto un'osservazione al volo: il basso tasso di inflazione dei "mediterranei" è determinato dalla loro abbondanza di centrali nucleari (e dall'abbondanza di rigassificatori in Spagna).

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    2. Ciao Alberto,
      complimenti per l'esaustivo e molto ficcante "aggiornamento della situazione". Ne sentivamo la mancanza ed è stata una ottima modalità (la migliore sicuramente) per rinserrare le fila fra noi.
      Approfitto della domanda sulla Francia per dare alla community un velocissimo aggiornamento al riguardo (cose che tu sai già ovviamente, così ti risparmio del lavoro):
      1 - I nostri vicini d'oltralpe, dopo oltre un decennio di passivo nelle partite correnti, hanno una situazione dei conti con l'estero fortemente deteriorata tanto che la posizione patrimoniale netta è negativa per un importo che supera il 40% del PIL (domanda: dato il forte interscambio con Noi ed i Tedeschi, immagino che i crediti maggiori li vantiamo noi e loro: pericolo per il ns e loro sistema bancario? che ne pensi?)
      2 - Questo deterioramento ha radici ben chiare: il sempre più basso peso della manifattura nell'economia francese, peso che negli ultimi anni è sceso a meno del 10% del PIL (in Germania supera il 20% e da noi il 15%). Se hai poche merci da vendere all'estero e molte ne devi comprare, un cambio che si svaluta non da molto sollievo, anzi... E così i nostri cugini hanno poco goduto della svalutazione progressiva del cambio €/$, a differenza di noi e dei tedeschi,
      3 - Come tu fai notare, la crisi energetica ha in parte risollevato, o per meglio dire, alleviato, le condizioni dei francesi relativamente ai suoi vicini, ma il passivo delle current account permane ed i debiti aumentano.
      4 - Ultimo punto di questa breve sintesi (e vengo al terreno che meglio conosco dato il mio lavoro): il costo del debito o come vulgata lo chiama lo spreeed. Gli OAT sono ancora considerati dalla Comunità Finanziaria titoli Core con appena 12, 30 e 51 punti di sovrapprezzo sui tassi di pari scadenza dei titoli di stato Tedeschi a 2, 5 e 10 anni. D'altra parte il rating che le 4 agenzie assegnano a Parigi è AA, solo un gradino sotto la tripla A del BUND. Quindi, il Mercato non dubita della solidità della Francia come debitore, a differenza di come valuta la nostra situazione, richiedendoci tassi/spread ben più elevati. Tutto bene quindi? Boh, può darsi che, come dicono gli economisti mainstream, "il Mercato alla fine ha sempre ragione", ma il precedente di oramai più di dodici lascia più di un dubbio. Il 14 settembre del 2088 infatti, Lehman Brothers godeva ancora di un rating AA. Il giorno dopo portò il libri in tribunale.....

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  20. Lezione fondamentale che studierò dopo averla stampata a colori su carta (perché come mi fece osservare un giudice in udienza: "l'uomo è fatto per la carta").

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  21. Grazie prof, sempre un piacere leggerla, buon anno e buone cose!

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  22. Grazie prof, veramente tanti spunti di riflessione.

    Secondo lei il price cap sul prezzo del petrolio imposto alla russia potrebbe innescare un "Oil War" con ripercussioni sull'eurozona ancora piu' grandi rispetto a quelle subite attualmente con il prezzo del gas?

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    1. I tedeschi la pensano così e hanno cercato di opporsi, a quanto ne so. Io ho grossi dubbi sull'efficacia del price cap.

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  23. Molto interessante; è davvero cruciale poter disporre di analisi di questo genere da parte del Professore che ha arricchito il percorso "di pensiero" con "l'azione" politica diretta e che pur nel minore tempo a disposizione rispetto alla sua "vita precedente", ci tiene a bordo sulla Nave della nostra curiosità e volontà di continuare a capire per non perdere la bussola degli accadimenti.
    Credo che la ripresa dell'attività sul Blog assuma un rilievo ancora maggiore in questa "nuova fase" contraddistinta da elementi di non facile lettura. Il contesto internazionale ed in specie quello dell'eurozona contestualmente al ritorno della politica in Italia.
    Ci si abitua presto alle novità, ma non dimentichiamoci che dal 2011 (anno di apertura del Blog se non vado errato...ho colpevolmente iniziato a seguire da pochi anni) la partecipazione democratica del popolo italiano è stata quasi sempre neutralizzata con governicchi a trazione piddina / o con chiamata dello straniero (che poi è di fatto la stessa cosa).
    Sulle interessanti tematiche esposte sopra, alcune domande / riflessioni:
    - Vede possibile uno sbocco "misto"? Un mix di reflazione salariale nel Nord e nuovi accordi commerciali in un mondo che torna ad essere meno Globale pur restando internazionale ? Tutto sommato i tedeschi nel mondo pre-1989 lo hanno già sperimentato.
    - Abbiamo abbastanza anticorpi per scongiurare il ritorno alla fase 1, con il Mediterraneo Europeo che torna a sperimentare tassi di inflazione più alti del Nord e che torna dunque ad accumulare deficit nella bilancia dei pagamenti interni all'eurozona? Me lo chiedo, perché, visti gli attori in campo, la possibilità che si girino di nuovo da queste parti non è del tutto irrealistico (tra Sud Eurozona, Usa, Cina....l'anello debole e sul quale la Germania può vantare rapporti di forza rilevanti...)
    - La Francia come si colloca in tutto questo; Nord o Sud?
    - Infine....dulcis in fundo...stante tutto ciò che lei ha brillantemente spiegato e dimostrato nell'articolo; è così irrealistico che "l'anno che sta arrivando tra un anno passerà, porterà una trasformazione..." un passaggio dalla narrazione dei PIIGS alla realtà dei GAN-GAN (Ger, Aus, Net)? Dai Porci del Sud, ai Fuggiaschi del Nord?
    Mi unisco ai ringraziamenti per la stimolante ripresa degli articoli sul Blog.
    Un caro saluto, Con Stima
    Giuseppe

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    1. Diciamo che l'anno che si apre si presenta come particolarmente interessante. Molto dipende dall'evoluzione dei differenziali di inflazione, è quello lo spread da tenere sott'occhio. Sulla collocazione della Francia ci sarebbe tanto da dire: resta un Paese caratterizzato da deficit gemelli, una situazione teoricamente insostenibile con cui convive sostanzialmente grazie al fatto di essere una potenza nucleare, con tutto quello che ne consegue (dal vantaggio competitivo in termini di costi dell'energia al vantaggio geostrategico).

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    2. Grazie del chiarimento Professore.
      La cosa che fatico a comprendere a pieno è come poter conciliare un rilancio della domanda interna muovendo verso un sistema trainato dalla crescita dei salari interni in luogo di un approccio mercantilista (mi perdoni le imprecisioni / semplificazioni) con la "moderazione" salariale necessaria (per esempio) per mantenere tassi di inflazioni inferiori (o comunque non superiori) agli altri partner europei, in specie gli euristi. Potrebbero essere valide delle politiche fiscali (per esempio) che siano espansive ma non inflattive (accise, iva e via discorrendo...)
      Mi sforzo di ragionare, ma fatico a vedere una facile via di uscita. Mi rileggerò un bell'articolo che ha pubblicato sul blog nei mesi scorsi sulle ri-localizzazioni, che potrebbe aiutarmi a capire meglio ed unire i puntini.
      Grazie ancora Professore (non ce la faccio a non chiamarla Professore, un po' perché vengo dalla D'Annunzio della quale conservo nostalgici e piacevoli ricordi e certi amori non si dimenticano facilmente; un po ' perché i Senatori e gli Onorevoli passano, mentre i Professori restano...sono forse un conservatore romantico superato dal Divenire incessante).
      Buon lavoro
      Giuseppe

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  24. Questa lettura mi ha fatto tornare in mente una storiella del mio prof di meccanica che serviva a introdure il tema della risonanza. Si parlava dei soldati prussiani che marciavano al passo dell'oca su di un ponte. Il ponte aveva la frequenza di risonanza che combaciava con la marcia e incominció ad oscillare. I beoti prussiani non si fermarono facendo crollare il ponte con loro sopra.

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    1. Purtroppo quella di combattere fino alla sconfitta è una loro caratteristica. Per questo ci dice meglio quando li abbiamo come avversari che come alleati.

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  25. Nel lontano 1988 lavoravo in un'azienda come resp. acquisti, avevamo i conti in ordine, pagamenti fornitori a 120gg e 30/60 gg le fatture di vendita. Avevamo un buon credito bancario e i tempi medi produttivi si erano ridotti drasticamente per la buona politica degli acquisti. Un giorno in una riunione i titolari decidono che bisogna produrre di più,. fare di più per combattere la concorrenza. Rimango basito e incazzato. Mi lancio quindi in una filippica che produrre di più, se non c'è una domanda alla base è solo un gioco di parole che non ha nessuna realtà. Errato mi rispondono, è il commerciale che deve spingere. Ribatto che dal mio punto di vista è profondamente errato perché il commerciale deve prima di tutto radicare la sua presenza con i prodotti che già si vendevano, ma sopratutto deve attestarsi su posizioni che altri concorrenti non potrebbero scalzare. Quindi dissi che era necessario consolidare la posizione di forza che avevamo, ma produrre di più avrebbe esposto il fianco ai concorrenti più scalcinati e ci avrebbe confuso con la fuffa del mercato. Negativo! Pochi anni dopo proprio a causa di queste direttive l'azienda fallì con un buco di oltre 16 miliardi. Quello che avevamo previsto s'era avverato!

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    1. Comprendo la frustrazione. Sarebbe anche utile contestualizzare meglio nel tempo questi snodi, perché dal 1988 a oggi di passaggi complessi ce ne sono stati tanti.

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  26. Buongiorno. Volevo chiederle un parere sui BRICS (e sul loro allargamento ad altri Paesi): potranno davvero ambire a creare quel mondo multipolare (di cui, a mio avviso, c'è un bisogno assoluto), considerando anche il fatto che deterrebbero la maggioranza delle risorse naturali (e sempre più anche tecnologiche) necessarie all'"Occidente"? E quali saranno gli effeti a medio/lungo termine a livello globale?
    Grazie per tutto quello che fa e che ci fa capire. Buon anno.

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  27. Ma il testo di Adam Smith è quello in cui un suo stimato collega (economista) traduceva "nails" con spilli...? Mi sembra di ricordare qualcosa...

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    1. No, no, l'inglese lo sa meglio di me. Semplicemente, di tutta la Ricchezza delle Nazioni sapeva quello che trovi scritto nella carta dei Baci Perugina, cioè la fabbricazione di spilli come esempio dei benefici della divisione del lavoro. Non era arrivato alla parte in cui Smith si interroga sulle determinanti della divisione del lavoro.

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  28. Leggendo fra le righe di questo post elaboro una mia personale interpretazione dei fatti, anche grazie alle informazioni fornite da Gaiani di ANALISIDIFESA.
    Mi sembra che alla Germania sia stata recapitata un "lettera" come quella che ci ha inviato la BCE a suo tempo, con la differenza fondamentale che non è stata scritta, ma messa in atto con azioni pratiche, le più evidenti delle quali sono i due attentati ai gasdotti NS1 e NS2. Detto questo la barzelletta europea chiamata UE è stata esclusa totalmente da qualsiasi negoziato fra USA e Russia in merito alla guerra in Ucraina, che ha visto invece assumere un ruolo diplomato molto importante dalla Turchia, assecondato da Putin e sopportato da Biden. Quindi potrebbe essere che la storica rivalità geopolotica che contrappone Francia e Germania in territorio europeo e le enormi pressioni USA nei confronti dei crucchi determinino un violento riequilibrio globale ed europeo, che rileghi nuovamente i tedeschi ad un ruolo di sconfitti e sottomessi, ovviamente con conseguenze anche per il nostro paese, che comunque potrebbero essere meno dolorose della sottomissione alla idiota e cieca ideologia €uropea; ed in tutto questo l'attuale maggioranza politica di cui fai parte credo sia una buona garanzia per attraversare nel miglior modo possibile questa epocale transizione.
    Ovviamente nei prossimi anni torneremo a parlare del "pericolo cinese".

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    1. Sicuramente a tutti quelli che gufano sulla Brexit si può far notare che se l'UK è uno Stato fallito noi siamo subalterni (in politica estera) a uno Stato fallito! Sul tuo scenario non mi pronuncio: se da un lato la deindustrializzazione dell'UE non darebbe troppo fastidio ai suoi alleati/concorrenti, dall'altro un minimo di tenuta del fronte orientale bisognerà pure assicurarla. Non ho veramente idea di che cosa passi per la testa dei nostri alleati. Spero che qualcuno ci stia parlando!

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  29. Chi la accusa di strafottenza non comprende che essa origina da un fatto: lei ha le qualità (e conseguentemente i difetti) di un genio!! A parte l'eclettismo della cultura, la logica ferrea, le citazioni puntualissime, mi domando, con tutto quello che fa, come trovi il tempo di mettersi a scrivere un articolo del genere che, francamente, per lucidità, coerenza logica, spietata chiarezza, dovizia di ironia e, se lo faccia dire, potenza didattica e didascalica, meriterebbe di circolare ovunque e avere massima risonanza.

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    1. Non avrei saputo dirlo meglio. Però attenzione: non sopravvalutare i lettori. Se vuoi, faccio un esperimento: lo posto in una chat qualificata. Poi torno e vi racconto le reazioni, che andranno da "li politichi arubbeno" a "bisogna premiare il merito" (che, a differenza delle ruberie, è sempre il proprio)... Il fatto è che qui si è raccolta un'élite con cui si può parlare. Quella che definiamo, o si definisce, e purtroppo si crede, élite, è un materiale spesso piuttosto scadente. Ma naturalmente ci sono radiose eccezioni...

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  30. Il post è una gemma di lucida razionalità e capacità di analisi degli anni più recenti. Rimane in noi l'amarezza per gli anni duemila perduti dall'Italia nel seguire pedantemente le stupide e autolesionistiche ricette unioniste. Ora, ci toccherà bere fino in fondo l'amaro calice, al seguito dei tedeschi e subendo il dominio politico-militare-economico degli US, oppure saremo in grado di sviluppare la nostra naturale propensione mediterranea e guardare con rinnovato interesse commerciale e strategico ai popoli e agli Stati di quest'area geografica? Magari, chissà, con benefici reciproci potremmo incrementare i rapporti commerciali e diventare un hub continentale di ingresso per le fonti energetiche mediorientali e africane, fonti che si sono bruscamente interrotte ad est.

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    1. Mah... Essendo un chennepenZa potrei semplicemente mandarti a stendere (sinceramente, vorrei che i miei lettori non si comportassero come un giornalista qualunque, e ho lungamente spiegato il perché). Banalmente, ti dico perché invece a me interessa molto meno sapere che cosa pensano i miei alleati: perché le dinamiche che descrivo qui passano molto al di sopra della mia e della loro testa.

      Ti ricordo quando dicevamo che lo spread dipendeva dalla Banca centrale e non dal deficit? Ci hanno dato contro in tutti i modi, screditandoci, fino a quando non sono stati costretti a far intervenire la Bce per "chiudere" gli spread. Quello che noi dicevamo fosse possibile fare è stato fatto quando è diventato necessario, e l'opinione di Cazzola, Giannino, Merkel, chi ti pare, non ha potuto fare nulla contro la logica economica e la violenza dei fatti. Full stop.

      Quindi, perché non torni con curiosità più interessanti?

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  32. Ma tu guarda se si fa così. Uno viene qui una trentina di volte, ma pure il doppio, inutilmente, e dice: il sito è morto, Bagnai s'è fatto rieleggere e mo magna, beve, rutta e fa 'r fregno, che ci torno a fare in quest'area desertificata? E poi uno esegue involontariamente un movimento meccanico e trova 10 articoli di fila già scritti e commentati, e mo che devi solo da legge a rotta de collo. Non si fa così! Ma poi si trova che ne vale sempre la pena, e allora si è subito inclini a fare la pace. Anche perché, mi sbaglierò, ma questo capolavoro sopra significa pure che, in lemma, avevo ragione io, senza che ciò comportasse che Salvini non è un buon politico, mai pensata una cosa del genere. E poi, evidentemente, portare il mio stesso nome, qualcosa pure fa, ma il punto è che la Lega ha tante anime, e parecchie di queste, pure quelle sedute sui seggi più alti, troverebbero molto giovamento se venissero qua, o forse anche no, se la loro massima preoccupazione è quella di rassicurare iMercati. Ecco, magari anche questa è una strada buona per vaticinare il futuro: Firenze è abbastanza sotto Milano, e Roma ancora di più, Pescara e Chieti non ne parliamo neanche.
    Però, mo m'attocca de legge puro n'antra metà, quindi lascio anche io ai posteri l'ardua sentenza.

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  33. Questo articolo veramente magistrale. Chi volesse scrivere la storia dell'Unione europea degli ultimi 20 anni dovrebbe cominciare con un'analisi di questo tipo

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  34. "il fatto è che l'intera storia umana è una storia di ricerca di mercati di sbocco, prima che di mercati di approvvigionamento."

    Altrimenti perché mai il Regno Unito avrebbe inventato il 1789 in Francia e gli USA il 1860 in giappone? :)

    Capatosta sti sovrani pre-liberali eh... ;)

    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Navi_nere

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  35. 1. Vedo altre alternative che non sono di natura prettamente economica. In ogni caso una domanda mi tormenta impetuosa, quando leggo tutti questi ragionamenti ed è importante per capire anche quale può essere lo sbocco: ma chi dirige la Germania e la UE pensa DAVVERO che la CO2 stia cambiando il clima o si limita a sfruttare questa teoria per imporre il proprio supposto potere derivante dall'asse economico privilegiato con la Cina - sto sforzandomi in modo violento di non dare giudizi espliciti e impliciti - ?
    2. qualcuno ha spiegato ai fautori dell'uso - anzi della PRODUZIONE e poi uso - dell'idrogeno perché non si trova facilmente in natura - si lo so è appena stato miracolosamente scoperto un giacimento più unico che raro - ?
    3. seguendo la logica per cui non ci può essere uno stato sempre esportatore e altri sempre importatori, mi verrebbe da estendere il concetto all'economia interna e, soprattutto dove non ci sono risorse da estrarre che "rialzino la tensione del circuito", sostanzialmente o si arriva ad una forma di socialismo o niente sta in piedi. Non sto dicendo che è il mio auspicio né che ne sia convinto ma sembrerebbe una logica conseguenza ignorando la complessità delle differenze tra scambi commerciali tra nazioni e interni.
    4. Le dinamiche internazioni sembrano però anche riequilibrare il racconto manicheista dei canali antisistema: la prima repubblica è campata anche troppo di svalutazione e ci ha inimicato Francia e Germania, questo anche perché la classe dirigente mirava alla mediocrità dei prodotti esportati.

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