Poco fa una persona simpatica mi ha chiesto su Twitter cosa ne fosse del cambio argentino. Lo ha fatto per DM, quindi inutile che andiate a rovistare. Ora, sapete bene che di tasso di cambio non ce n'è uno solo, per cui chi parla di "valuta che non ha mai svalutato" o di "valuta stabile" senza ulteriori qualificazioni (cioè senza dire rispetto a quale altra valuta) si sbugiarda come un irrimediabile dilettante (il che spiega, poi, certi incidenti di percorso... ma non torniamo, per ora, su queste tristi vicende)!
Qui sotto vi propongo in un grafico tre misure del tasso di cambio dell'Argentina, le più rappresentative e generalmente considerate in letteratura:
1) il tasso di cambio nominale bilaterale col dollaro (espresso certo per incerto), cioè quanti dollari si comprano con un peso (ricordo ai consiglieri di Renzi che l'Argentina non ha mai adottato il corralito: corral, come sa chiunque abbia visto un western da piccolo, è il recinto delle bestie - non mi riferisco ai consiglieri di Renzi, che evidentemente non lo conoscono - e quindi corralito significa "piccolo recinto", ed è la metafora usata in Argentina per indicare le restrizioni ai movimenti di capitale adottate durante la crisi).
2) il tasso di cambio nominale effettivo, cioè un indice costruito come media dei tassi bilaterali (verso il dollaro, l'euro, la sterlina, lo yen, ecc.), ponderato con le quote di commercio dell'Argentina verso i singoli paesi di riferimento. Questo indice esprime l'effettiva "forza" della valuta di un paese, che ovviamente non va calcolata rispetto a un solo altro paese, ma rispetto a tutti quelli coi quali commercia.
3) il tasso di cambio reale effettivo, cioè un indice che esprime il rapporto fra i prezzi di un paniere di beni argentini, e un paniere di beni esteri, espressi nella stessa valuta (ovvero: il prezzo relativo dei beni argentini, ovvero un indicatore della competitività di prezzo argentina: più scende, meno i beni argentini sono cari per gli acquirenti esteri).
Questi concetti ai lettori del blog sono noti. I nuovi arrivati possono documentarsi, ad esempio leggendo questo post. Farlo è interesse loro, non mio, perché io queste cose le so, e quindi so (ad esempio) cosa pensare delle balle raccontate dai media.
Fra le tante cose che gli operatori dei media non capiscono c'è anche il fatto che la base in un numero indice è arbitraria, non contiene particolari informazioni, e quindi l'indice può essere ribasato senza che le informazioni da esso espresse cambino (per un esempio di "giornalisti" che non lo capiscono, guardate un qualsiasi commento di un qualsiasi media al grafico degli indici della produzione industriale presentato da Marine Le Pen nel corso del dibattito fra i candidati alla presidenza della repubblica francese).
Per questo motivo ho deciso di presentarvi gli indici mettendoli in base 1997=1. Questo ha una sua utilità, perché nel 1997 era uguale a 1 anche il cambio bilaterale peso/dollaro, nel senso che con un peso si comprava, appunto, un dollaro, e ciò rende più facile il confronto del cambo bilaterale coi cambi effettivi. Per lo stesso motivo, notate anche che scelgo la quotazione certo per incerto del cambio bilaterale nonostante essa sia meno utilizzata in pratica: in pratica infatti, visto che la risorsa scarsa è la valuta "forte", il cambio bilaterale viene è quotato incerto per certo, ovvero risponde alla domanda: quante unità di valuta nazionale mi occorrono per comprare un dollaro? (Qual è il prezzo del peso in dollari?). Tuttavia, mentre i cambi bilaterali sono sempre proposti in LCU per USD (local currency units per US dollar), con le sole eccezioni del pound e dell'euro (finché c'è), gli indici effettivi sono sempre proposti in modo tale che una svalutazione si traduca in una diminuzione dell'indice, cioè in modo analogo alla quotazione certo per incerto.
Sì, lo so: sarete confusi, forse. Ma voi siete scusati. Chi è del settore... molto di meno! In ogni caso, tranqui: la sintesi è che nel grafico successivo quando si scende si svaluta.
Il grafico è questo:
Questo grafico ci dice tante cose, ma siccome il tempo è poco mi soffermo su due sole di esse, così, tanto per smascherare due fra le tante menzogne che gli operatori informativi ci rifilano, un po', senz'altro, per malizia, cioè per presentare i fatti storici in modo tendenzioso alterando il processo democratico in modo favorevole agli interessi di chi li finanzia, ma un po', anzi, direi molto, per semplice ignoranza crassa.
Le due balle che qui vengono immediatamente smascherate sono:
1) quella che l'aggancio a una valuta forte sia un fattore di stabilità, e
2) quella che la svalutazione del cambio nominale non abbia effetti duraturi sulla competitività di prezzo (cioè sul cambio reale), perché di tanto diminuisce il prezzo della valuta, di tanto aumenta l'inflazione dei prezzi interni, per cui per l'acquirente estero la situazione resta inalterata.
Insomma, l'idea è che se un chilo di dulce de leche costa un peso quando con un dollaro compri un peso (e quindi un chilo di dulce de leche), quando poi con un dollaro compri due pesos (perché con un peso compri mezzo dollaro), compri però sempre un chilo di dulce de leche, perché questo, grazie a Linflazzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzioneaduecifre, nel frattempo costa due pesos (inflazzzzzione a tre cifre, in effetti, perché nel caso in questione il prezzo è aumentato del 100%).
Scemenza che tutti ripetono, rendendosi rendendosi tanto ridicoli a chi sa, quanto terrorizzando chi non sa.
Ma per sapere... basta guardare, e allora guardiamo!
Si parte nel 1997. Un peso valeva un dollaro. Così era dall'inizio degli anni '90 e così sarebbe stato fino all'inizio del 2002. Nel grafico, questa è la linea blu. E ora smascheriamo la prima balla. Mentre era agganciato al dollaro, il peso non era una valuta stabile, tutt'altro! Vedete la linea arancione? Sarebbe il cambio effettivo nominale. E che fa? Cresce. E che significa? Significa che il peso, che era stabile rispetto agli Stati Uniti (uno a uno), in media, però, cioè considerando anche i rapporti di cambio con gli altri partner commerciali, si stava apprezzando, stava in media diventando più caro, stava cioè danneggiando la competitività del paese. Di quanto? Bè, di un bel po': fra il 1997 e la fine del 2001 (cioè l'inizio della crisi) l'apprezzamento effettivo nominale (l'innalzamento della curva arancione) è di circa il 35%. Mica poco!
Voi direte (perché così vi hanno insegnato): "Bè, ma almeno l'Argentina avrà pagato di meno i prodotti importati, ci sarà stata deflazione e quindi al suo interno la popolazione sarà stata meglio...". Insomma... La deflazione, sì, ci fu. Fra 1998 e 2001 i prezzi al consumo diminuirono del 2.2%. Non abbastanza per contrastare l'apprezzamento del cambio nominale. Quindi, agli acquirenti esteri (esclusi quelli degli Stati Uniti) il peso in media costava di più, ma la caduta dei prezzi interni non compensava la crescita del costo della valuta.
E quindi?
E quindi il tasso di cambio reale aumentava, anche lui. È l'aumento della spezzata grigia, pari a circa il 17% nel periodo dal 1997 al 2000. Sì, cari: per l'Argentina (paese non particolarmente forte), stranamente, adottare la valuta di un paese forte significava diventare non più stabile, ma meno competitivo.
I più furbetti avranno anche capito perché: perché in quel periodo il dollaro, in media, si stava rafforzando. È l'aumento della linea gialla, il NUSD (cioè il nominal effective exchange rate dello USD).
Ricapitolando: il peso stava fisso sul dollaro, ma siccome il dollaro saliva rispetto alle altre valute, il peso saliva rispetto alle altre valute.
Sintesi: chi vi dice in termini apodittici che l'aggancio a una valuta forte genera stabilità è molto probabilmente un cialtrone. Indubbiamente l'aggancio a una valuta forte può avere senso nel caso di inflazione a quattro cifre come quella sperimentata in Argentina ai tempi d'oro (fine anni '80), ma in termini generali prima o poi l'aggancio a una valuta forte fatalmente si traduce in instabilità a danno del paese più debole.
Veniamo ora alla seconda menzogna dei media corrotti e (meritatamente) falliti: la svalutazione del cambio nominale sarebbe inutile perché esattamente compensata dall'inflazione interna. Non è mai così, e non è stato così nemmeno in Argentina, il paese feticcio di questa sgangherata massa di cialtroni!
Per verificarlo, basta osservare cosa succede alle linee blu, arancione e grigia con la crisi. La linea blu precipita rapidamente. A dicembre 2001 con un peso si comprava un dollaro, a aprile 2002 si compravano solo 33 centesimi di dollaro. Una svalutazione del cambio nominale bilaterale certo per incerto pari al 66%, analoga a quella dell'indice dei tassi di cambio nominale (arancione) e reale (grigio). Poi? Poi la leggenda metropolitana dei vari personaggi in cerca di editore vorrebbe che la linea grigia (cambio reale) tornasse rapidamente alla casella di partenza (cioè a 1), perché, recitano i ciarlatani dell'economia, tutta la svalutazione esterna traducendosi in inflazione interna, i suoi benefici sul prezzo relativo delle merci sarebbero rapidamente neutralizzati.
E infatti...
E infatti non uno, ma sedici anni dopo il tasso di cambio effettivo reale (riga grigia) è ancora del 72% inferiore al valore che aveva nel 2001, cioè il guadagno di competitività è stato persistente. Nel frattempo, come vedete dal grafico, il cambio effettivo nominale (linea arancione) ha ceduto ancora un po'. Ma, attenzione, questo rafforza l'argomento: nonostante l'ulteriore cedimento del cambio, non c'è stata alcuna inflazzzzionedevastantecheerodeibeneficidellasvalutazzzzzzionecompetitivabrutta.
Non c'è stata perché si sa che non poteva esserci perché non c'è mai stata per i motivi che vengono espressi ad esempio da Burstein, Eichenbaum e Rebelo (non esattamente tre di passaggio). Eh già! Perché io lo so, e lo dico sempre: non c'è solo la scandalosa mancanza di deontologia degli operatori informativi: c'è anche quella della mia professione, che non si fa scrupolo alcuno di diffondere, per conformismo o per ignoranza, autentiche leggende metropolitane. Quella che Claudio Borghi, un Economista, ha scherzosamente ribattezzato "la bisettrice del PUDE", cioè la relazione uno a uno fra svalutazione e inflazione, non è mai, dico mai stata osservata in natura, e i cialtroni mainstream che la ribadiscono sono persone che alla Northwestern, per dire, non potrebbero entrare neanche accompagnati dai genitori, sono persone che in tutta evidenza non hanno mai aperto un libro serio di economia internazionale, nemmeno quando la insegnano, o ne hanno comunque dimenticato il contenuto, sono persone che non hanno mai letto dei paper scientifici, forse anche perché non ne scrivono (o almeno così dicono i repertori bibliografici usati dalla professione).
Com'è possibile che sia gente simile a dettare l'agenda dei media, ad avvelenare con le proprie menzogne l'acqua limpida della democrazia? Chi li chiamerà a rispondere di questo odioso crimine?
Nessuno, credo. I dati, si sa, sono faticosi. Le menzogne, invece, sgorgano come acqua di fogna dalla fetida strozza di questi nemici della pacifica e democratica, perché consapevole, convivenza fra popoli. In questi tempi ci è stato dato di vivere. Ce ne sono stati, probabilmente, di molto peggiori, ma immaginarseli richiede, almeno a me, uno sforzo di fantasia sempre più grande. Probabilmente costerebbero meno un paio di clic del mouse per andare dove sono i dati, e verificare che quanto vi raccontano sia vero.
Certo... poi magari ci si resta male, quando si apprezza appieno l'entità della menzogna cui siamo sottoposti.
Ma se siete qui il male ve lo siete già fatto...
Scusate...
L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali...
domenica 2 aprile 2017
I cambi dell'Argentina
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Uhmmm...certo che lei è capoccione. Soia, quotata in dollari (esempio del future https://it.investing.com/commodities/us-soybeans)=x; dollaro =y; valuta generica contro dollaro=z. Tre variabili. https://twitter.com/SignorErnesto/status/848090200316276738 spero in un suo commento/rettifica. Saluti,
RispondiEliminaCarissimo, hai perfettamente ragione sul fatto che le materie prime sono quotate in dollari, e questo, fra l'altro, spiega perché nei paesi in via di sviluppo le condizioni di Marshall-Lerner non si applicano, come ho spiegato qui parlando di Tuco, e sul Cambridge Journal of Economics parlando dell'Africa sub-sahariana. Facciamo così: sostituisco la soia con un altro prodotto, così i precisini sono contenti, vuoi?
EliminaCaro Alberto, quello che vorrei è che riconsiderassi gli effetti della svalutazione dell'euro contro dollaro nel 2015 avvenuta contestualmente ad un crollo del petrolio(quotato in dollari) maggiore 70%. Immagina se questo fosse salito del 70% contestualmente al crollo dell'euro vs. dollaro. Un caro saluto, apprezzo molto il dialogo e ancor di più l'onestà intellettuale.
RispondiEliminaCaro Ernesto, giro a Rebelo il tuo implicito rimprovero di disonestà intellettuale e chiudo qui il dialogo. Se sai leggere, nel paper di Rebelo c'è tutto. Se vuoi fare la storia coi se, hai sbagliato porta e credo che anche quella della facoltà di lettere non sia esattamente la porta giusta. Di troll ne ho incontrati abbastanza, e ora ho poco tempo.
EliminaSarebbe opportuno per il sior Ernesto da Velletri, ripassare questo articolo e dare un occhio anche all' Intensità energetica italiana.
EliminaIl meschinello non sa che quel periodo storico è analizzato proprio all'inizio de Il tramonto dell'euro, pp. 13-14-15:
Elimina«Fu peggio due anni dopo, nel 1973. […] gli Stati Uniti avevano deciso di sostenere Israele nella guerra dello Yom Kippur, e per ritorsione i Paesi arabi chiusero i rubinetti. Ovviamente, quelli del petrolio. Il prezzo del greggio in un mese aumentò del 292 per cento (si fa prima a dire: quadruplicò). Fu il primo shock petrolifero, e le conseguenze le potete immaginare. […]
Nel 1976 […] Cos’era successo? Era successo che l’aumento dei costi dell’energia aveva spinto l’Italia a svalutare la lira per recuperare competitività: una svalutazione di carattere sostanzialmente difensivo. La lira aveva perso quasi il 50 per cento rispetto al dollaro in due anni: uno scivolone simile non poteva passare inosservato nemmeno a un artista.»
Nota bene: per recuperare competitività. Il prezzo del greggio è una componente fra le altre che concorre alla formazione del prezzo di prodotti e servizi (in modo variabile per ciascun prodotto/servizio). Invece il deprezzamento della valuta nazionale rispetto ad altre valute si trasla interamente sul prezzo nei mercati esteri.
«Certo, il fatto che la lira si svalutasse risolveva alcuni problemi (dopo la recessione del 1975, nel 1976 l’Italia era ripartita con un bel 6.5 per cento di crescita), ma ne creava altri: l’inflazione restava elevata, a due cifre. […]
Ecco, sì, in effetti aumentava tutto, ma proprio tutto. Aumentavano i prezzi, ma anche i salari, perché c’era la “scala mobile” (gli economisti dicono “indicizzazione dei salari”). E così gli stipendi mantenevano il proprio potere d’acquisto: nonostante le preoccupazioni di mio padre (un economista le chiamerebbe “illusione monetaria”), noi la carne continuavamo a mangiarla.
[…]
Poi, sempre nel 1979, ci fu la rivoluzione in Iran. Lo Scià fu cacciato, la produzione di petrolio si ridusse, i prezzi salirono, aiutati anche dallo scoppio del conflitto fra Iraq e Iran. E questo fu il secondo shock petrolifero: in un anno il prezzo del petrolio aumentò del 200 per cento (cioè triplicò). Niente male, vero? Pensate se nel corso del prossimo anno il barile salisse fino a 276 dollari, dagli odierni 92 (settembre 2012). Certo che questo un po’ d’inflazione la causerebbe, e così fu anche nei primi anni Ottanta.»
Andiamo a vedere quanta inflazione determinarono questi due shock.
L'ISTAT ha pubblicato un documento interessante, L’Italia in 150 anni. Sommario di statistiche storiche 1861-2010. Il Capitolo 21 (pdf) si occupa dei prezzi. A p. 898 (foglio 34 del pdf) c'è la Tavola 21.7 - Variazioni percentuali degli indici nazionali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati - Anni 1862-2010 (variazioni rispetto all’anno precedente). Vi riporto di seguito gli anni dal 1968 al 1985:
1968 01,3
1969 02,8
1970 05,1
1971 05,0
1972 05,6
1973 10,4
1974 19,4
1975 17,2
1976 16,5
1977 18,1
1978 12,4
1979 15,7
1980 21,1
1981 18,7
1982 16,3
1983 15,0
1984 10,6
1985 08,6
Inflazione alta, ma niente di tragico. Tornando ai nostri giorni, il prezzo del greggio calato sensibilmente negli ultimi anni è una condizione favorevole all'uscita (e come ci ricorda Alberto49, nel frattempo l'intensità energetica dell'Italia è bassa, sicuramente inferiore a quella degli anni '70).
All'orizzonte non c'erano e non ci sono shock di portata paragonabile ai due degli anni '70. Non si capisce in base a quali considerazioni si fa l'ipotesi che ce ne debbano essere se uscissimo dall'euro a breve.
Pardon, nell'accorciare il mio commento per farlo entrare nei limiti è saltato un link: nel suo primo commento è citato il tweet relativo al precedente storico degli anni '70.
EliminaE daje! Non finiscono mai!
RispondiEliminaAllora datemi questi, per favore!
Grazie Frank. L'ho riascoltata tutta, ho ripensato a mio padre e a mia madre, che è mancata l'8 dicembre scorso. Ed ho pianto.
EliminaHo deciso di farla e pubblicarla su You tube, l' ho fatta varie volte con amici ma voglio farla bene; New Trolls sottovalutati e forse la migliore band italiana di sempre, mi risulta suonasse dal vivo in epoca in cui vigeva il PB(De Andrè).
EliminaCondoglianze a Luciano.
l' arroganza mi sorprende.Un paio d' anni fa scrivevo di quanto avevo letto sul "Tramonto dell' euro"con un mio vecchio compagno di liceo e questo mi fa "Eurexit è una cazzata e basta e chi ne scrive è un impostore".Alla mia richiesta di argomentare il mio vecchio compagno di scuola rispose"Perchè lo dico io che sono economista".Ho guardato il suo profilo :insegna Estimo ad Agraria.
RispondiEliminaBè, sono più o meno i titoli di Dijsselboem.
EliminaIgor Guerra
@MurphyCatRA
Se avesse fatto l'agricoltore, forse era meglio per molti, ma non per tutti!
EliminaQuindi corralito significa "piccolo recinto". Che anagrammato diventa "piccolo cretino". Sarà un caso?
RispondiEliminaQuesto post, forse più di altri, mi ha fatto venire alla mente le parole di un grande intellettuale: "... Ils ne sont pour moi que des entités, des esprits de malfaisance sociale. Et l’acte que j’accomplis ici n’est qu’un moyen révolutionnaire pour hâter l’explosion de la vérité et de la justice. Je n’ai qu’une passion, celle de la lumière, au nom de l’humanité qui a tant souffert et qui a droit au bonheur. Ma protestation enflammée n’est que le cri de mon âme...". Merci de tout coeur, monsieur le Professeur.
RispondiEliminaDon't cry for me corralito
RispondiElimina...e da Augias il Giannini racconta del dividendo dell'euro. Comunque si sentono pressati, ne parlano spesso...
RispondiElimina"dividendo dell'euro" is the new "locomotiva tedesca". Ormai solo i fanatici euristi o gli ignoranti fra i giornalisti lo usano. Ma sono gli ultimi, fra poco sara' una espressione di solo interesse storico.
EliminaOT - Da stamattina firefox mi segnala che il sito "non e' sicuro" e mi blocca l'accesso.
RispondiEliminaPer poter continuare ho dovuto aggiungere una eccezione di sicurezza.
Sono il solo ad aver ricevuto il messaggio oppure e' accaduto anche ad altri?
ciao Luca, a me non succede. Credo che anhce alla Mozilla si stiano pin piano adeguando alle "linee guida" dei capoccia di Mauntéin Viùv, che sostanzialmente vorrebbero (nel prossimo futuro) che tutti i siti che non adottano il protocollo "https" vengano considerati "non-sicuri".
EliminaIn ogni caso, comunque, è la piattafroma Blogger che dovrebbe aggiornare i domìni che da a disposizione agli utenti (.blogspot.com) dato che il dominio Blogger.com è già in https.
"Certamente non è meglio, quando ogni verità ti mostra la sua vera faccia" (Pindaro). Io però Le sono grato per tutto quello che ho imparato qui.
RispondiEliminaI lavoratori dell'Unità citano verbatim Goofynomics... Quattro anni troppo tardi per loro: Da quando la proprietà ha annunciato che il 60% dei lavoratori di questo giornale a breve andrà a casa. I numeri prospettati dall’azienda sono da macelleria sociale. A pagare saremo solo noi, e tu di conseguenza depauperato dalla nostra forza lavoro."
RispondiEliminaFonte: https://www.nextquotidiano.it/la-faida-allunita-le-dimissioni-sergio-staino/
Era meglio che vendessero a Daniela Santanchè, non che si vendessero al PD renziano, suicidandosi. Non hanno più vie d' uscita. Ho tanti ricordi di questo giornale e dei poligrafici, tutti amici, e di quando stampavo in coda al Corsera, questo Giornale. Peccato, peccato, mi dispiace per loro, che non hanno più reti di salvataggio, ovviamente non per i giornalisti.
EliminaSegnalo refuso (vero, non come quelli che vorrebbero far passare come tali su ilsole24ore): "bilaterale viene è quotato".
RispondiEliminaA proposito di inflazione/svalutazione e del gioco delle tre carte , eccoli arrivare anche su siti specialistici di altro ( per es. diritto, vedi “ Il Caso.it” ) a mezzo linkamenti ad articoli a contenuto economico firmati da emeriti accademici di economia tipo questo http://news.ilcaso.it/news_2819?https://news.ilcaso.it/?utm_source=newsletter&utm_campaign=solo%20news&utm_medium=email che riporta qui http://www.lavoce.info/archives/45937/inflazione-la-tassa-occulta-che-piace-allo-stato/
RispondiEliminaIn italia si contano 300k togati (nel 1985 gli avvocati in Italia iscritti all’albo erano solo 48.327. A fine 2015 erano ben 237.132. Nel 2016, il numero è salito a 312.663. Si potrebbe pensare che l’impennata è dovuta, in parte, all’incremento demografico. E invece non è così.Nel 1985 la popolazione residente era di 56,5 milioni di persone, a fine 2016 il numero è passato a 60,6 milioni (esattamente 60.665.551): un aumento insignificante se si pensa che, nel frattempo, il numero degli avvocati è cresciuto di circa il 500%.- See more at: http://www.occhiodisalerno.it/barra/quanti-avvocati-italia-quanto-guadagnano/#sthash.OVr4e76c.dpuf), ma quelli che leggono l’articolo di sicuro son tanti meno( ho fatto un piccolo sondaggio tra colleghi) ; ciò non di meno , chi passa dal sito per cercare i casi suoi, leggendo , anche solo distrattamente, il titolo “Inflazione, la tassa occulta che piace allo stato”e magari il sottotitolo : L’inflazione non comporta solo l’aumento del prezzo di beni e servizi consumati dalle famiglie. Ha soprattutto effetti redistributivi. Per questo una fiammata inflazionistica dovuta all’uscita dall’euro e al ritorno alla lira avvantaggerebbe soprattutto lo stato, a danno delle famiglie , difficile che non ne sia influenzato ( se lo dice l'esperto col cv lungo così) … sicchè ,temo, quando si andrà a votare questo aggancio riaffiorerà in qualche modo nella sua testolina. E siccome appunto gli avvocati sono tanti , migliaia di migliaia , e spesso, nei bar , alle cene, nei dopolavoro, loquaci , perché non dargli una bella spinnatina , così anche soltanto per confondere un po’ le idee? Venghino siori e sior , venghino e si formino la loro opinione siori e sior
Monacelli grande amico delle famiglie e del reddito fisso e nemico dello Stato Italiano; il popolo è avvertito, l' uscita dall' euro provocherebbe di botto una inflazione del 10%, bontà sua, il calcolo è fatto una tantum e la distruzione del patrimonio delle famiglie del 10% pro capite e un conseguente guadagno da parte dello stato di circa tre volte. Capite, è semplice, come 2+2=4.
EliminaVorrei dire a Monacelli, che la redistribuzione c' è già stata a favore del decile più ricco delle famiglie italiane e ancora, di prendere il documento annuale di Bankitalia sulla ricchezza delle famiglie italiane, del 2007, e quello del 2014 e vedere cosa è accaduto in termini reali, ricordandogli che il 55% del patrimonio delle famiglie italiane è costituito da immobili.
Forse le famiglie hanno già perso molto di più di quel 10% e lo Stato purtroppo non ha guadagnato nulla, anzi, per gli stessi motivi, ha perso anche lui; e allora la vera domanda che un economista serio dovrebbe porsi è "ma chi ha guadagnato da tali perdite? E perchè?" dato che anche in economia, se qualcuno perde una quantità, c' è qualcuno che guadagna la stessa quantità, in altri terminii, se un Paese si impoverisce nel suo complesso, qualche altro Paese si arricchisce, e guardando quella tabellina, forse potrebbe anche capirlo.
E' davvero disarmante e penoso che un economista che sta a Palazzo Chigi come consigliere del Governo, non abbia chiari certi meccanismi.
Se mi lasci ti sputtano.
RispondiEliminaOvvero la dose di acido degli psicoeuristi...
Ma... ma... ma... quelli bruttisporchicattivi non erano i rurali trogloditi mummificati razzzzisti e la city e i londinesi non erano tanto belli buoni e civili?
Mammamia come si si diventa corrotti senza l'EU (e non l'hanno ancora lasciata). Pensa se uscisse l'Italia!
ps
Guardarsi il Lussemburgo no?
Se leggi bene c'è anche il riferimento ai Russi corrotti (i soldi riciclati sono i loro): due piccioni con una fava.
Elimina"Le menzogne ... sgorgano come acqua di fogna dalla fetida strozza di questi nemici della pacifica e democratica ... convivenza fra popoli".
RispondiEliminaQuesta è arte.
Ma i dati dell'inflazione Argentina degli ultimi anni da dove arrivano?Pare che i dati dell'istituto di statistica argentino siano sballati al ribasso
RispondiEliminaCarissimo, l'inflazione qui cosa c'entra? Se pensi che alla Bis non sappiano fare il loro lavoro puoi dirglielo, loro ne terranno conto. Se hai stime migliori del tasso di inflazione argentino puoi dargliele, saranno felici! Il fenomeno che si osserva nel grafico si verifica praticamente ovunque, come più volte osservato nel blog, quindi ai nostri fini immediati questa osservazione non è molto rilevante. I media mentono. Poi c'è chi non ci casca, e chi ci casca...
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