domenica 16 novembre 2025

La storia siamo noi

Murmur ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il goofy migliore è sempre l’ultimo":

Come verrà raccontato questo periodo tra 100 anni, quando nessuno di noi ci sarà più? Quando gli storici probabilmente dovranno anche fare uso di Intelligenze Artificiali molto più avanzate per scandagliare e analizzare l'infinita mole di documenti prodotti dall'umanità (inclusi i contenuti del Goofy che magari, per sopravvenuta obsolescenza tecnologica, non si troveranno più su Youtube ma archiviati in qualche altra forma)?

Il periodo del COVID verrà raccontato riducendo il tutto a scontro tra Lascienza e complottismi, come si fa oggi per vicende di 100 o 200 anni fa? O verrà messo in relazione alla più generale crisi della rappresentanza democratica e della distribuzione del potere che ha prodotto Brexit, Trump, Euroscetticismo? E la parentesi Eurozona/Unione Europea, come verrà giudicata dagli storici e dagli economisti del futuro?

Pubblicato da Murmur su Goofynomics il giorno 15 nov 2025, 16:17


Nel chiudere il #goofy14 mi sono posto una domanda analoga, ma forse più fruttuosa (o più assurda, giudicherete voi): ora che vediamo l'Europa andare rapidamente a destra

noi, che sappiamo perché ci sta andando, dato che lo avevamo previsto il 22 agosto del 2011 ("le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra"), non dovremmo forse rileggere con occhi diversi la storia dell'ultima drammatica svolta a destra del continente, quella iniziata circa un secolo fa?

Sono pressoché certo, caro Murmur, che uno storico comme il faut considererebbe con sussiegoso disdegno la mia e la tua applicazione alla storia di un metodo che probabilmente non le appartiene, quello analogico. Diciamo che su questo c'è un dibattito, e che probabilmente l'anelito verso un ragionamento rigoroso vale anche come scusante per la conclamata incapacità di imparare dagli errori del passato, visto che, in effetti, quanto il passato abbia da insegnarci dipende da quanto fondate siano le analogie che vediamo fra esso e il presente, e che un livello elevato di sofisticazione consentirà sempre di trovare distinguo in numero sufficiente da convincerci che "questa volta è diverso".

Tuttavia, nel modo asimmetrico con cui ci poniamo il problema (tu che ti chiedi come vedrà il presente uno storico del futuro, io che mi chiedo che cosa il presente dica del passato a noi che questo presente abbiamo dimostrato di comprenderlo meglio di altri perché ne abbiamo previsto un tratto molto significativo in un momento in cui il mondo sembrava stesse andando da un'altra parte - cioè a sinistra con la deposizione di Berlusconi qui, l'avvento di Hollande in Francia, ecc.), in questa asimmetria vedo un dato percettivo molto interessante. Mi sembra (ma può darsi che questa sia una mia impressione) che la maggior parte di voi non rifletta sul fatto che anche il presente è storia, e che, di converso, la storia è stata il presente di altri essere umani, né tanto migliori né tanto peggiori di noi. Questa dicotomia fra attualità e storia è largamente falsa, ancorché, me ne rendo conto, si basi su uno dei problemi più formidabili che la filosofia abbia mai dovuto gestire (non credo lo abbia risolto), quello del divenire, che da Parmenide in qua ha occupato menti più attrezzate della mia. Ma è questa dicotomia che ci consente di "chiamarci fuori" quando ragioniamo sui fatti storici, trincerandoci dietro la certezza che essi riguardino non solo (com'è ovvio) altre persone, ma persone e circostanze radicalmente diverse, realtà non confrontabili.

Credo che sarebbe invece un esercizio proficuo, e qui qualcuno lo ha fatto:


riflettere sul fatto che la storia siamo noi, che noi siamo nella storia, nella nostra storia, naturalmente, ma che questa storia, la nostra storia di esseri viventi che zampettano su due gambe da poco meno di quattro milioni di anni e che ha ancora più o meno lo stesso pancreas di 12.000 anni fa, quando ha posto le basi per soffrire di diabete, non può essere così radicalmente diversa da quella dei nostri simili che vivevano in un sistema economico capitalistico un centinaio di anni fa. Insomma, è sempre il solito discorso: chi ci propone "i totalitarismi" (e in particolare "le destre") del XX secolo come una imprevedibile irruzione nel divenire storico di un Male assoluto e radicale, inemendabile e incomprensibile, forse agirà in buona fede, ma sicuramente ci impedisce una lettura di quegli eventi in base alle dinamiche di classe che qui abbiamo individuato e applicato con successo, quando abbiamo preconizzato che l'austerità avrebbe fatto svoltare a destra la politica europea (QED) proprio mentre la politica europea pareva andasse a sinistra. E, in effetti, anche negli anni '30 del XX secolo era stata l'austerità a far svoltare a destra la politica europea, almeno in Germania, come ormai tutti sanno e ammettono. Solo qualche remoto sprovveduto crede più alla storiella dell'inflazzzzione di Weimar come causa del nazismo, la letteratura scientifica ha archiviato questo mito (basta leggersi Austerity and the rise of Nazi party, uno dei tanti paper che qui abbiamo scritto prima di leggerlo...). Non saprei citarvi ricerche analoghe a proposito del fascismo, ma sul nazismo c'è ormai un corpo di ricerca consolidata e autorevole secondo cui non è andata che i tedeschi siano tutti impazziti andando dietro a un folle omicida sessualmente disturbato, ma:


semplicemente che hanno cercato di reagire a governi che li avevano impoveriti praticando le politiche che qui in Italia sono state praticate dal PD, come Keynes aveva detto a suo tempo prima del nazismo, e noi qui avevamo detto prima di Monti.

Quindi, forse, l'esercizio più proficuo non è chiedersi come ci vedranno fra cento anni gli storici, perché fra cento anni noi non ci saremo, e questo quindi non ci riguarda. L'esercizio più proficuo è rendersi conto che siamo immersi in un flusso che spinge in una direzione per motivi che qui abbiamo dimostrato di conoscere meglio di altri, e che in passato ha condotto a vele spiegate verso la catastrofe. Il vero negazionismo è quello del PD, che disconosce la paternità di politiche à la Brüning, e il loro nesso causale con la solidità del consenso che sorregge la destra.

Questo, ormai, devo considerarlo il bicchiere mezzo pieno. In fondo, averlo capito, e essermi regolato di conseguenza, è quello che fa di me oggi un uomo politico relativamente visibile, e comunque abbastanza visibile da attirare la grottesca invidia dei tanti wannabe piddini à la Gerbaudo (un nuovo amico incontrato nella cloaca, ne parleremo in altra occasione...).

Ma non dobbiamo dimenticarci che siccome la storia siamo noi, e noi non siamo in una posizione di radicale alterità e terzietà rispetto a dinamiche già sperimentate e analizzate da ricercatori di varia estrazione, il bicchiere potrebbe anche rompersi...

15 commenti:

  1. Piccolo off topic. L'amico sopra parla di AI nel commento. Nel mondo della musica la vedo come una cosa bruttissima... Basta cercare su You Tube Mozart. Una decina di anni fa c'erano video fatti da persone reali, cona "top 10" in evidenza. Oggi escono video fatti con Ai di ore di "Mozart"... Magari ci casca dentro anche qualcosa che non lo è... Compilation fatte da una mente artificiale che va a pescare melodie "secondarie" e i grandi capolavori li lascia alla fine.
    Chissà che un domani uno storico che utilizza AI usa come fonti Repubblica e il fatto quotidiano, perché ai prende le info dalle fonti "dominanti" e in effetti questa parentesi storica verrà descritta come "disastro" rispetto a Conte o Draghi...

    RispondiElimina
  2. Una interpretazione non "mainstream" ma di certo classica è quella offerta da Polany in The great transformation. Il double movement, la reazione alla society marketization, in cui l'autore colloca e spiega anche i sommovimenti che condussero a fascismo e nazismo, quali risposte alla domanda di protezione. Non ricordo se e quanto Polany inquadri con precisione le politiche di Bruning, ma in generale la linea di lettura è da tenere presente, imho.

    RispondiElimina
  3. Tempo fa grazie alle serie di dati storici dal 1861 ricostruita da Banca d'Italia (vedi archivio Istat) mi soffermai sull'andamento d'importazioni ed esportazioni italiane tra le due guerre e ho avuto l'impressione che il rientro del saldo commerciale verso l'estero avvenuto dopo la prima guerra mondiale e durato fino all'inizio della seconda non abbia favorito il clima sociale e potrebbe be, chissà, anche averci portato al fascismo.
    https://seriestoriche.istat.it/index.php?id=1&no_cache=1&tx_usercento_centofe%5Bcategoria%5D=12&tx_usercento_centofe%5Baction%5D=show&tx_usercento_centofe%5Bcontroller%5D=Categoria&cHash=986ea6c240af1fc93696642ed7ed1c72

    RispondiElimina
  4. La storia non si ripete mai due volte allo stesso modo ma a volte fa strani scherzi. Potremmo ritrovarci a festeggiare il centenario sia del botto finanziario del 1929 che del New Deal del 1933 con una... "riedizione" in costume moderna. Forse addirittura con due o tre annetti di anticipo?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Commento molto eracliteo. Ci vedo una tensione non risolta a sfuggire alla trappola dell’analogia. Il “new deal” in forma di farsa però è già passato. Non te ne sei accorto?

      Elimina
  5. Il prof. Enzo Collotti aveva messo tra i testi da portare al suo esame ,storia contemporanea ,proprio "La grande trasformazione"

    RispondiElimina
  6. Hai ragione sul fatto che la nostra lettura della storia può (e in un certo senso deve) evolversi. Mi permetto di citare Marc Bloch: "Nessun egittologo ha visto Ramsete; come nessun specialista delle guerre napoleoniche ha udito il cannone di Austerlitz. Il passato è, per definizione, un dato non modificabile. Ma la conoscenza del passato è una cosa in fieri, che si trasforma e si perfeziona incessantemente". Ciascuno vive la propria epoca con quello che vede, e per i contemporanei non è facile ricondurre ad unità, o a una tendenza, il presente (tu sei un caso a parte :-) ). Per chi ha una concezione dialettica della storia e per i simpatici strutturalisti la storia è legata a sistemi, modelli e strutture, appunto, che portano ad una certa regolarità e ripetizione di schemi e comportamenti. Da questo punto di vista, quindi, gli eventi in sé sono meno importanti rispetto alla individuazione della struttura che li ha generati. Sulla nascita del fascismo in Italia la letteratura storica è molto concentrata sullo schema: reazione alla rivoluzione bolscevica-vittoria dimezzata-biennio rosso. Poi se uno va a vedere bene, trova che lo slogan di Nitti, al governo nel '19 e '20, era "consumare meno e produrre di più". Il governo Giolitti del 1920-21 taglia la spesa pubblica e abolisce il prezzo politico del pane. Non c'è una vera e propria austerità (che arriva poi dal '22 con De Stefani ministro delle Finanze del governo fascista) e comunque la risposta elettorale in quegli anni è a favore dei socialisti. Però è vero che analizzare il periodo da questo particolare punto di vista può aiutare a comprendere meglio il presente e forse questa è un'opera da svolgere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, beh, direi proprio di sì, non ti pare? Anche perché chi è qui, cazzo!, non può non capire che lo sta rivedendo coi suoi occhi, non ti pare? E infatti molti lo hanno detto, esprimendo preoccupazione. Purtroppo la storia la scrivono gli storici, che non sempre dispongono delle categorie di una scienza che, non dispiaccia loro, è sopraordinata alla loro (come l’economia è sottoordinata alla geografia…).

      Elimina
  7. L' accenno a Parmenide e al divenire si abbina al confronto tra probabilismo induttivo e realismo scientifico riferito al ruolo epistemico della previsione.Dopo Goofynomics avremo Goofylosofy?Io ci spero

    RispondiElimina
  8. Quello di cui non si rendono conto molte persone è che Storia, quando è il tuo presente, corre molto più lentamente di come venga studiata sui libri. È quasi un sottofondo nella vita quotidiana di tutti di cui la maggior parte delle persone non percepisce l'inevitabile direzione, la cui destinazione è troppo lontana per essere percepita come una reale minaccia.

    RispondiElimina
  9. Marmur si è posto la stessa domanda che mi ponevo io alla fine del convegno, e guardando a come è ancora proposta l’unità d’Italia (la passeggiata dei Mille…), non mi viene da pensare bene. Sono purtroppo convinto che si scriverà che il fogno EUropeo sia crollato per la violenza dei populisti nazionalisti nostalgici, saliti al potere perché ancora vigeva un sistema di governo soggetto al suffragio universale anziché ai sapienti. Certamente Alberto ci insegna che il materiale autorevole per una lettura più realistica degli eventi storici esiste già, per quelli passati e per quelli attuali, ma nei libri di scuola ancora non leggo delle cannoniere inglesi che proteggevano la rimozione dei Borboni, per toglierli dalle porte di Suez. Né leggo del motivo per cui LVI (il primo), avesse deciso di prendere il Corno d’Africa.
    Comincerò a ricredermi, come dico spesso, quando vedrò report, condotto da altre facce, che presenta una serie di 12 puntate di approfondimento sul ‘Golpe di Mani Pulite’ (il titolo della serie dovrà essere esattamente questo).

    RispondiElimina
  10. OT?

    In the meantime, twelve years after your participation in his TV show, Michael Saintbull:

    https://m.youtube.com/watch?v=slNnW2ci37w&pp=ygUPc2FudG9ybyBnaWxldHRp

    Oops, maybe ‘cause the right- wing is governing this country? Leftists…

    RispondiElimina
  11. In questo momento mi trovo in un villaggio chiamato Dabrowka, a pochi chilometri dalla cittadina di Toszek, in quel posto che i polacchi chiamano Slesia Nera.
    Qui vivono i genitori di mia moglie Sylwia, entrambi Polacchi ma con genitori Tedeschi, circondati da croci monumentali con scritte in tedesco così come le scritte di alcune lapidi nei cimiteri limitrofi.
    A pochi chilometri da qui nel villaggio di Barut c’è un ristorante realizzato in una costruzione risalente agli anni 20, con una grande sala da ballo e palchettino per l' orchestra.
    Appesa ai muri di questo ristorante c’è una foto di quello che era appeso in quei muri negli anni 40, cioè una foto di LVI.
    Dico LVI perché tutt' oggi il nome di Hitler qui non si pronuncia, mio suocero ad esempio preferisce dire "ten gość"(che non vuol dire vile affarista).
    Quella foto è lì perché il propietario del ristorante ci ha riferito che uno dei primi discorsi al popolo tenuti da "ten gość" è stato urlato proprio in quella sala da ballo.
    Insomma, qui c’è la storia o almeno sicuramente da qui lei è passata lasciando ferite o sensi di colpa che ancora si avvertono, eppure sempre in questo posto, vicino a quel ristorante mio suocero un anno fa' mi disse:
    "Francesco non possiamo andare avanti così, un bambino polacco alla nascita ha già 30.000 zlotych di debito pubblico sulla testa"


    RispondiElimina
  12. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.