sabato 5 dicembre 2015

SAECO, un'impresa IDEale (esercitazione sugli IDE)

Ribadisco: non è un blog per turisti. Quindi se volete apprezzare quanto segue, vi prego di accertarvi in via preliminare:

1) di sapere cosa sono gli IDE secondo la bilancia dei pagamenti;

2) di sapere cosa sono gli IDE secondo gli espertoni;

3) di sapere cosa succede a un paese che fa indigestione di IDE.

Fatto questo, potete leggere, a mò di esercitazione, il simpatico resoconto di un insider, che vi esorto a diffondere presso i lavoratori dell'azienda in questione. Contiene fatti, e una previsione. Che si realizzerà.






Caro Alberto, 
cerco di riassumerti le informazioni in mio possesso relativamente all’IDE che ha riguardato Saeco. 
A dicembre 2003 fu annunciato il progetto di acquisizione della maggioranza di Saeco International Group S.p.A. Il prezzo inizialmente proposto per l’acquisto delle azioni dei soci di maggioranza fu 3,80€ ad azione, soggetto a potenziale revisione sulla base dei dati definitivi dell’ultimo trimestre 2003.
L’azienda, fino alla conclusione dell’operazione di acquisto, al termine del primo trimestre 2004, apparteneva per circa il 66% a 3 soci: 2 italiani (Sergio Zappella, Giovanni Zaccanti) e uno svizzero (Arthur Schmed ); la rimanente parte era quotata alla borsa di Milano.
Nel 2003 il fatturato consolidato ammontò a 419milioni di €, con un utile netto di 21 milioni di €, un indebitamento totale di circa 72 milioni di € e 2.172 dipendenti (2 i principali stabilimenti a Gaggio Montano in provincia di Bologna e 1 a Sibiu in Romania).
In marzo 2004, dai fondi Pai (Pai Partners – gruppo BNP Paribas) e da parte di altri investitori, fu presentata l’offerta definitiva per l’operazione di acquisto in cui il veicolo, definito: “l’Offerente”, era interamente partecipato da Financière Mirage [attraverso El Gringo Investimenti S.p.A. e Giro Investimenti S.p.A. (nomen omen ? ndr)], che a sua volta risultava partecipata per il 52,38% dai fondi Pai, per l’11,20% da SEI LP e per il rimanente 36,42% dagli Azionisti Venditori nonché da altri dipendenti SAECO.
Le azioni, alla luce dei dati relativi al quarto trimestre 2003 vennero pagate 3,59€ (il prezzo medio in borsa nei 12 mesi precedenti era stato 3,47€).

Dopo aver acquistato le quote in mano ai soci di maggioranza, gli acquirenti lanciarono un’OPA sulle rimanenti azioni quotate in Borsa e l’OPA si concluse con il ritiro delle azioni dalla Borsa Italiana.

Visto che le azioni erano 200 milioni, l’acquisizione costò agli investitori circa 718 milioni di €

Visto dall’interno, il passaggio di consegne, dopo mesi di due diligence in cui i consulenti degli acquirenti stazionarono sempre e solo nell’ufficio Controllo di Gestione, fu abbastanza traumatico, nel momento in cui, preso possesso dell’azienda, il fondo francese inviò vari managers transalpini in Saeco a supervisionare i principali uffici dell’azienda. Quasi nessuno di loro parlava italiano e comici dialoghi in un inglese “alla Clouseau” animarono i corridoi. 
Il primo grande cambiamento, imposto quasi subito, fu la sostituzione del sistema informatico gestionale esistente con il famigerato SAP che, probabilmente idoneo a banche ed assicurazioni (ce l’hanno quasi tutte), ogni volta che viene imposto ad un’azienda produttiva, specie se costruttrice di molti articoli complessi, e in particolar modo se flessibile come spesso sono le aziende italiane di successo, produce un danno fra il molto grave e l’irreparabile, tanto da vedersi riformulare l’acronimo, nell’ambiente dei consiglieri di amministrazione, in: “Suicidio Aziendale Programmato”.
Ricordo ancora lo sgomento negli occhi dei poveri colleghi (praticamente tutti gli impiegati di ogni ufficio) che furono chiamati a riunioni “fiume” che cominciavano alle 17.00, alla teorica fine dell’orario di lavoro, per protrarsi fino alle 20.00, allo scopo di immergerli rapidamente nel nuovo “meraviglioso mondo” di caricamento e lettura dati, voluto dal software teutonico.  
Fortunatamente, essendo la mia uscita dall’azienda già programmata da tempo, non fui coinvolto in prima persona nei suddetti corsi “full immersion”, ma rammento tuttora i commenti dei colleghi sotto shock, le mattine successive ai corsi.
Il risultato più evidente fu che, nel giro di qualche mese, vari responsabili di importanti uffici aziendali, come quello di Produzione, che avevano, insieme alle notevoli doti dei precedenti titolari, contribuito senza dubbio a creare il successo di Saeco, lasciarono l’azienda.   

Circa 5 anni dopo, nel luglio 2009, fu annunciato il passaggio di proprietà dal fondo francese Pai, alla multinazionale olandese Philips.

In 5 anni, di cui sostanzialmente soltanto uno e mezzo di crisi, sotto la gestione estera, il fatturato era passato da 419 a 318 milioni di € (con una riduzione di circa il 24%) e il valore  di acquisto, da 718 milioni era diventato 170 + (forse) 30 milioni di €.
Nel frattempo i 2.172 dipendenti erano diventati circa 1.400 e l’indebitamento bancario era incrementato dai 72 milioni a circa 560 milioni di €.

In questo articolo dell’epoca si confermava che, contrariamente a quanto dichiarato in fase di acquisto, l’investimento del fondo francese Pai Partners aveva carattere speculativo, nella speranza di rivendere, guadagnandoci, prima di 5 anni, obiettivo che si rivelò non raggiungibile. Ecco infatti la situazione che si era creata prima della cessione a Philips.Ma dopo le cose andarono in un altro modo.

La mia nuova azienda forniva Saeco [fatevi i fatti vostri, NdC] per una linea di grandi macchine che [ibidem,NdC]. Ebbene, abbiamo assistito al sistematico decremento degli ordini del nostro articolo, per la progressiva riduzione della produzione di queste macchine che, circa 3 anni, fa si è arrestata del tutto.
A ciò si aggiunga che abbiamo anche visto chiudere quasi subito, dopo l’acquisizione francese, la linea di produzione di macchine vending  (produzione per la quale i precedenti proprietari avevano realizzato un nuovissimo stabilimento a Gaggio Montano, che impiegava una cinquantina di addetti), macchine distributrici alle quali provvedevamo [ibidem, NdC].

Inoltre siamo stati testimoni di un elevato turn-over di personale all’ufficio acquisti di Saeco, che in 10 anni ha cambiato non meno di 4 responsabili acquisti (ruolo che, nelle imprese produttive complesse, normalmente necessita di almeno un paio d’anni di esperienza in azienda prima di capire bene il parco fornitori e ipotizzare possibili migliorie).

E siamo ad oggi.I dipendenti sono diventati 600  e queste sono le prospettiveannunciate.È quindi il momento dei politici: qui, qui e qui.

Mi sbilancio in una previsione: dopo un po’ di riunioni “difficili”, annunceranno “con soddisfazione” che “grazie allo sforzo di tutti” sono riusciti circa a dimezzare il numero di esuberi e che le uscite saranno “dolcemente accompagnate” da: prepensionamenti, mobilità volontaria etc. Tutti felici fino al prossimo passo (che prevedo entro 24 mesi) di queste gestioni senza dubbio IDE-ali.

P.S. A proposito, cosa hanno fatto, dopo aver ceduto la loro azienda, gli ex soci di maggioranza relativa di Saeco? Questo, con questi risultati  - vedi trend di fatturato a pag. 41 (nota che questa è una “perla”, guarda infatti quale fonte ci spiega come si fa ad avere successo nel mercato dei Private Equity!).



(...bene, se ora il cazzaro dell'isola che non c'è - vedi il mio link sugli espertoni - volesse farci sapere cosa ne pensa, noi sapremmo cosa fare della sua opinione...)

75 commenti:

  1. Una speranza dolorosa c'è...
    La rinascita...
    E conferma quello che tutto già sappiamo... Si poteva e si doveva evitare ma siccome la madre dei coj... è sempre incinta...

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  2. io non ho capito una cosa, forse anche più di una, perchè vendere la Saeco per poi aprire Caffitaly? Forse per ridurre il numero di dipendenti ? non capisco la logica dell'operazione

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    1. In questo momento storico se trovi qualcuno disposto a rilevare la tua attività e per di più ti riempie di soldi ,non solo corri a firmare ma vai a Lourdes in ginocchio senza mai alzarti per ringraziare della grazia ricevuta.
      A parte le battute devi capire che se ci sono un sacco di imprenditori disposti a vendere il loro gioiello è proprio per la mancanza di fiducia nel futuro e quindi vendono appena trovano persone disposte a comprare.
      Ho detto vendono non svendono, come purtroppo sono costretti a fare quelli che non hanno in mano aziende gioiello e di conseguenza vanno male.
      Ma l'euro è solo una moneta...

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    2. Cosa accade quando fai per la prima volta qualcosa? Acquisisci esperienza e know how.
      Perció se ti arrivassero soldoni freschi in un momento come questo, vendi la Saeco di cui sai tutto, pregi e difetti, e apri Caffitaly, con cui cercherai di replicare i pregi, facendo a meno dei difetti.
      Ci si aggiunga il fatto che la Saeco non è stata propriamente svenduta: per gli ex proprietari è stata una vera e propria manna.
      Il discorso sarebbe leggermente diverso per quelle aziende che stanno soffrendo una situazione di scarsa competitività e quindi sembrano poco produttive. La crisi e le paure si fanno sentire in misura maggiore (non conosci la Goofynomics), la proprietà preferisce vendere alle prime offerte e magari non investirà più in capitale produttivo successivamente. Molto probabilmente preferirà investire il proprio capitale in rendite finanziarie, che di produttivo rischiano di avere ben poco.
      In ogni caso il dipendente rimane in balia delle onde, anche nell'eventuale ipotesi che l'investimento in Saeco fosse stato "produttivo" e non finalizzato alla pura speculazione. Il motivo?
      Il capitalismo non ha nazionalità, e pur nella rosa ipotesi che le cose fossero andate comunque bene, una volta appreso il know how, nulla avrebbe impedito alla nuova proprietà di delocalizzare verso regimi fiscali di favore, costi unitari del lavoro inferiori, utili maggiori.

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    3. Se prendiamo per buona la frase di Keynes sulle crisi come separatrici dei soldi dagli imbecilli direi che non siamo in crisi. Se c'è qualcuno che compra un' azienda e vuole gestirla senza sapere come, vuole dire che ad imbecilli ne abbiamo abbastanza.
      E poi ci ammorbano ancora con la superiore efficienza dell' impresa privata rispetto a quella pubblica !

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    4. A SilvanoS, ecco, questa è la risposta a cui ero giunto, ma che non avevo il coraggio di formulare; perchè è da imbecilli acquisire un'impresa che dovrà successivamente ridurre il numero di dipendenti ed avrà un competitore forte come Caffitaly, quindi questi fondi esteri che genere di consulenti hanno?che analisti hanno se poi si fanno fregare due volte ? la prima all'acquisto di Saeco per un sacco di milioni , la seconda all'apertura di un'azienda che ha in mano le chiavi del prodotto acquisito

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  3. La mia azienda ha introdotto il SAP da 2 mesi. Me devo gratta'?

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    1. Dipende.
      Dipende, per esempio, da cosa usavate finora. E da cosa producete.

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    2. Funziona meglio il sabotaggio rispetto ai portafortuna. Poi fai come vuoi...

      (SAP, se lo conosci lo eviti). Un delirio. I soldi buttati in "consulenti" e personalizzazioni... Non si contano. E te lo dice un consulente.... (Ex, ma non di SAP...)

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    3. SAP è la perfetta incarnazione della mentalità teutonica, regole ferree e poca flessibilità.

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  4. Mi sembra ragionevole pensare che i proprietari abbiano colto l'occasione della vita, ovvero monetizzare al massimo l'azienda. Probabilmente avevano intravisto il declino generalizzato, e se ne son tirati fuori al momento giusto.

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  5. Questi "tool" generici sono generatori di lavoro superfluo e carriere programmate. Feticci delle multinazionali. La competenza e la flessibilita' delle persone non potrai mai sostituirla con un'applicazione. Quindi ti serviranno comunque quelli bravi, che perderanno tempo prezioso sui tool, ed una schiera di burocrati parassiti per gestire il tool.

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    1. Non diciamo cagate, per favore.

      Proprio perché sono "tool", dipende da come li si usa, non sono per niente generici se installati da chi ne sa, ma anche per le società di consulenza che li implementano vale il discorso dell'euro: tutta la produzione si è spostata fuori Italia, i consulenti migliori sono troppo cari e sono stati "smantellati", i clienti hanno pochi soldi e vogliono un progetto raffazzonato in poco tempo.

      Spesso la traduzione è che ti inviano qualche junior e sperano che il tutto stia su alla meglio.

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  6. Sui molteplici rischi degli IDE, ne abbiamo parlato parecchio, su questo blog.
    A livello politico, poi, mi sembra di avvertire un miglioramento di prospettive: fino a poco tempo fa, anche nel PD, si auspicavano solo investimenti diretti esteri. Ma da un pezzo a questa parte si è capito che gli investitori esteri sono interessati solo a 3 cose:
    1) Il loro profitto;
    2) Il loro profitto;
    3) Il loro profitto.

    A nessuno di loro interessando, purtroppo, l'esito dei lavoratori italiani, della tutela dei brevetti e del know-how italiani, del mantenimento e dello sviluppo delle realtà produttive di successo in Italia.

    Insomma, per dirla con Fantozzi, la globalizzazione è una cagata pazzesca.

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    1. Purtroppo? Perché, un investitore a cos'altro dovrebbe essere interessato? Appunto far passare un investimento per un regalo e un investitore per un filantropo è circonvenzione di incapace. La quale postula gli incapaci, che sono la merce più a buon mercato del mondo. La corsa alle privatizzazioni è un altro ottimo esempio, anche senza necessità di investitori esteri.
      Ai diritti dei lavoratori e alla tutela delle realtà produttive nazionali dovrebbe pensarci lo stato, non la coscienza degli investitori.

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    2. Calma calma Enrico, al benessere dei lavoratori e soprattutto alla tutela delle attività produttive nazionali deve ,e ribadisco deve, pensarci l'imprenditore, non lo stato. Siamo mica in un 'economia di stile sovietico. Lo stato deve garantire l'equilibrio tra le parti , cioè che non ci sia prevaricazione da uno dei due soggetti e deve far sì che non venga mai la voglia di chiudere e delocalizzare . Esatto,proprio come ora...

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    3. Bè, Enrico, allora mettiamola così: quando un investitore estero viene in Italia per i 3 interessi che ho descritto sopra, da parte dello Stato italiano e da parte della Pubblica Amministrazione italiana non c'è alcun obbligo ad assecondare tale investitore. Quindi, se costui non è interessato anche al benessere del nostro Paese, possiamo anche dirgli di andare da altre parti ad investire. In attesa di un altro che, verosimilmente, abbia maggior rispetto dell'Italia e, soprattutto, degli italiani.
      C'è la fila fuori, o no ?

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    4. Non mi sono spiegato bene, allora. Chi investe pensa al profitto. È il suo scopo, non ne ha e non deve averne altri, almeno come incarnazione del modello teorico di investitore in un modello teorico di mercato. Lo stato deve garantire l'equilibrio fra le parti, dici giusto occhiodifalco. Deve farlo imponendo che l'investitore rispetti regole che non gli permettano di prevaricare gli interessi dei lavoratori e del paese. È esattamente quello che dicevo. Viceversa, aspettarsi che un investitore, in quanto investitore, rispetti di sua iniziativa e liberamente il lavoro è la pericolosa utopia del liberismo. L'investitore non sente doveri primitivi se non verso il proprio profitto. I doveri sociali è lo stato che può e deve imporli, esiste per quello, è l'arbitro di tutti i patti sociali. L'economia di tipo sovietico non c'entra nulla, anzi è la dimostrazione del fatto che quando lo stato cessa di essere arbitro imparziale, in quel caso per farsi lui stesso imprenditore, fallisce lo scopo per il quale è necessario che esista. Uno stato che sostituisce l'imprenditore (modello sovietico) o uno stato che lascia tutto il campo libero all'imprenditore (modello liberista) fallisce lo scopo di arbitro che deve assolvere. Non c'è bisogno di raggiungere gli estremi sovietici di invadenza dello stato nel mercato per evitare che gli investitori si trasformino, nei fatti, in pirati della strada.

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    5. Enrico, chi investe nei mercati finanziari deve (o dovrebbe) sottostare alle precise regole di tali mercati.
      Chi investe in aziende, invece, investe nei mercati REALI.
      E per definizione, di Egidio Giannessi, autorevole aziendalista pisano, l'azienda è EQUILIBRIO ECONOMICO A VALERE NEL TEMPO.
      Non profitti finanziari a breve. Non smantellamento di impianti e macchinari. Non delocalizzazioni, minacciate o effettuate. Non dumping, commerciale e/o salariale. Non licenziamenti, minacciati o eseguiti, in massa.
      EQUILIBRIO ECONOMICO A VALERE NEL TEMPO. Questa è l'azienda e chi lo persegue è un imprenditore. Gli altri sono solo impostori o falsi imprenditori.

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    6. E quando lo Stato italiano favorisce il profitto degli imprenditori stranieri che investono in Italia e ostacola il profitto degli imprenditori italiani che investono nel Bel Paese, come lo chiamiamo il modello? Modello Prato? Modello Badoglio? Modello Tsipras?
      Nel piccolissimo, due aneddoti. Qualche anno fa, nella Chinatown milanese, un furgone di cinesi scarica merci in sosta vietata. Passano due vigili, gli danno la multa. Nel giro di poche ore, parte il corteo di protesta di cinesi con bandieroni della Repubblica Popolare e il Console generale della medesima alla sua testa: come diceva il Presidente Mao, colpirne uno per educarne cento.
      Pochi mesi dopo, il lungimirante sindaco Pisapia annuncia che in occasione della prossima visita del Dalai Lama, gli sarà conferita la cittadinanza onoraria di Milano. Il medesimo Console generale cinese fa pacatamente sapere che in caso ciò avvenga, la Cina non parteciperà all'Expo. Pisapia ritira la concessione della cittadinanza.
      Che cosa deve concluderne un imprenditore italiano che come è giusto che sia, pensa al suo profitto? Che investire in Italia conviene? Che gli Stati sono arbitri imparziali?

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    7. @Lorenzo
      Stai solo dicendo che il termine "imprenditore" dovrebbe riassumere valori morali non compresi in "investitore". Sono d'accordo e, comunque, c'è sempre il "dovrebbe". E allora? Questo non modifica di nulla la necessità dell'arbitraggio dello stato. Probabilmente sei un bravo imprenditore.

      @Roberto
      Appunto! Il fatto è che lo stato è lui stesso terreno di investimenti, li fa chi può e devono rendere. Mica solo in Italia, sai meglio di me quanto si investa sui pupazzi abbronzati, per fare solo un esempio. Rendere impermeabile lo stato agli "investimenti", questo è il problema, ovunque. Nel (lunghissimo) frattempo, continueremo a gridare a vuoto "arbitro venduto!".

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    8. @ Enrico
      Esatto. E se provassimo a comprarcelo noi, intendo noi italiani, l'arbitro Stato italiano? Un certo Luciano Moggi potrebbe darci consigli preziosi...

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  7. Veramente una splendida esercitazione che avrebbe bisogno da parte mia, di tempo e analisi, per capire come si distrugge una bella realtà industriale. Come l' autore della chiara e documentata lettera, ebbi la fortuna di evitare il SAP alcuni anni fa e potetti farlo perchè anch' io stavo andandomene dall' azienda, ma purtroppo alcuni miei collaboratori dovettero ciucciarselo fino in fondo; li ho sentiti e tuttimi hanno parlato malissimo di questo sistema, troppo ed eccessivamente complicato, fonte di errori e soprattutto poco flessibile, nel senso di possibilità di cambiare in corsa ciò che si stabilisce in termini di contratti, di autorizzazioni etc. Tutta roba che mi avrebbe fatto venire stravasi di bile, considerando il mio modo di essere ed il mio carattere indipendente. Chiaramente lo scopo era centralizzare al massimo tutti i servizi aziendali, (acquisti ricambi, materiali consumo e produzione, contabilità, stipendi etc.) al fine di ridurre i costi generali; ciò non sempre significa in ultima analisi migliorare la qualità e la competitività aziendale, anzi spesso i costi aumentano e l' efficienza diminuisce. Credo che il motivo sia sostanzialmente (e non per sua colpa) la mancanza di professionalità di chi deve occuparsi di questioni che non conosce. Acquistare ricambi o fare un contratto di servizio e/o di manutenzione non è cosa adatta a tutti, ma purtroppo la tendenza di rendere minimale ciò che non può esserlo, è cosa che va avanti da qualche lustro nelle aziende italiane e credo non solo.
    Ma ciò premesso, vorrei raccontare la mia esperienza con SAECO dal punto di vista del consumatore appassionato di macro-cappuccini ed espressi cremosi. Dalle prime macchine che usavo prima del 2000 a quelle che ho usato dal 2006 più o meno, la qualità e la razionalità costruttiva delle macchine è peggiorata e soprattutto i ricambi non li trovi più nel circuito dei rivenditori, da quando è entrata la Philips come proprietaria e dato che io voglio ripararmela da solo, la macchina, ho cambiato e la Philips per me è un discorso chiuso.

    Per chiudere, prima dell' euro le multinazionali,, nonostante la mafia, la corruzione, la giustizia etc, insomma tutto l' armamentario che conosciamo, investivano qui e non per chiudere le realtà produttive in Italia a favore di quelle esistenti nel paese di provenienza ed i motivi erano tanti, professionalità del personale, consumi che tiravano ed erano di qualità, un sistema paese che era favorevole in generale come indotto, come rete di vendita, come ricambi etc. tutta roba che è quasi sparita, intere realtà complesse sono andate a puttane.Ma di cosa vogliamo ancora discutere; siamo alla sussistenza perdio!

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    1. Aziende della dimensione della SAECO di una volta, se avessero un po' di sale in zucca, il sistema informativo dovrebbero curarselo dall'interno con un bell'ufficio EDP... ma la parola d'ordine è esternalizzare per risparmiare, sempre che l'esternalizzare non sia una scusa per puppare qualche bella stecca, o no?

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    2. No, c'è circa un 35% di parassiti che vota. E vota per restare a parassitare. E sono la maggioranza. Assoluta con le attuali regole (incostituzionali).

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    3. @Maurizio 59: la seconda che hai detto.

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    4. Per me quello che è stato il piano yankee in europa è lampante: controlli la creazione e soprattutto la distribuzione della moneta per tramite delle banche, centrali e non.

      Poi compri tutto e nel caso fai fallire, così si è costretti a comprare e dipendere dagli yankee. Che ti frega essere in perdita, perdi solo dei numeretti su un conto. Quello che distruggi invece è vero.

      Se è pur vero che l'Euro è la prima causa della crisi, è anche vero che c'è qualcos'altro che ha causato/facilitato l'avvento dell'Euro.

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    5. "ma purtroppo la tendenza di rendere minimale ciò che non può esserlo, è cosa che va avanti da qualche lustro nelle aziende italiane e credo non solo." Esatto! La lotta quotidiana contro schiere di banalizzatori travestiti da semplificatori. Frustrante due volte, una perche' sai di aver ragione, le cose andranno come sai che andranno (cioe' male), due perche' passi per un lento, vecchio pedante, che non tiene il passo di chi fa surf su oceani di apparenza, e nulla produce ne' innova. Comunque bisogna insistere, per rispetto verso noi stessi come persone e come professionisti.

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    6. @Maurizio 59, ma anche a tutti gli altri "colleghi" che fanno il tiro al bersaglio con SAP (con cui io non ho mai lavorato, nemmeno indirettamente, per cui non sono "parte in causa").

      Una cosa che credo sarebbe il caso di capire è che nel 90% dei casi - e nel manifatturiero mi sa che rasentiamo il 99% - l'EDP è diventata una commodity.
      E' come l'energia elettrica: se non ce l'hai, chiudi. Ma a parte quello, non è che se la prendi dall'eolico, dal geotermico, da Enel o da ENI tu, come azienda, ne hai un vantaggio competitivo che sbaraglia la concorrenza.

      Una volta capito questo, perché SAP? Ovviamente un bel sistema ERP custom, scritto in casa con costante feedback da parte degli utenti è "meglio" e "più flessibile", "tarato su misura" alle esigenze (ma soprattutto alle idiosincrasie) dell'azienda stessa.

      Però c'è anche un bel rovescio della medaglia:

      * - ti vuoi collegare a X per l'Accounting. Guarda caso X ha dei connettori per SAP, non per il tuo prodotto "autogestito".
      * - Il tizio che ha progettato e sviluppato l'80% del tuo sistema va in pensione/in altra azienda/sotto un autobus? OOOOOPS... ora hai una black box poco documentata dove nessuno sa più mettere mano.
      * - Le condizioni di mercato cambiano improvvisamente e devi fare uno sforzo per adeguare il tuo prodotto (per esempio la migrazione da Lira a Euro, così rimaniamo marginalmente in tema?) - anche qua trovare gente competente in grado di mettere mano al tuo sistema è difficile, perché non esistono figure esperte della materia, se non quelle che già lavorano per te.
      * - Il tuo X è stato sviluppato nel linguaggio Z con datastore Y? Brutte notizie: la ditta che sviluppava Z è fallita, e Y è stata comprata da Oracle, che ovviamente entro due anni toglierà Y dal portafoglio di prodotti supportati.

      Dal punto di vista del management tutte le cose che ho elencato sopra sono dei rischi e dei costi. SAP (e altri prodotti che sono assurti più o meno a standard di mercato, non che questo voglia dire che sono perfetti, anzi...) offre un modo di ridurre i rischi e teoricamente di poter quantificare e quindi controllare meglio i costi.

      Capisco che per gli informatici (compreso me) sia difficile da capire, ma l'IT è una funzione di supporto (a meno che non lavoriate in società come Oracle, IBM o SAP stessa) e quindi da parte di chi manda avanti l'azienda va trattata come tale.

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    7. Scusate, non voglio fare il bastian contrario ma solo portare una mezza testimonianza. mezza perché non mia: mia moglie usa SAP, in fiat, anzi in FCA. all'incirca dal 2009, e non me ne ha parlato così male, salvo per il fatto che, effettivamente, flessibilità poca. Insomma, secondo lei dipende da come lo gestisci... Ma è facilmente comprensibile che fca è una azienda diversa e dunque può avvalersi di una diversa gestione... non so, scusate...
      Ho chiesto a lei di raccontarci perché potrebbe essere interessante, visto, oltre tutto, che legge sempre questo blog, anche da prima di me, ma non è mai intervenuta.
      Una cosa, però, quando le ho letto il passaggio sul SAP l'ha fatta imbufalire: "Ma la formazione non si fa dopo il lavoro, la formazione va a sostituire l'orario di lavoro! Che ci fai con tre ore, quando già ti sei fatto una giornata di lavoro? Forse c'era una volontà di non far capire...".

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    8. @Maurizio 59
      Tu hai ragione; ma appunto, dopo che hai eliminato un sacco di gente eccellente e hai distrutto la qualità e la specificità aziendale, puoi tranquillamente fare le cessioni di rami d' azienda ed esternalizzare quasi tutto, magari in Slovenia. E' definita strategia aziendale, liberarsi di quasi tutto tranne che della produzione, sai bene che per ridurre i costi bisogna liberarsi della zavorra.
      Questa trafila è iniziata più o meno alla fine degli anni '90, in previsione di...non so se ricordi quel famoso discorso di D' Alema del 1997.

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    9. @alfonso

      ci hai chiarito come campi. Per noi che ti vogliamo bene è già molto, ora siamo più tranquilli. Per il resto, tua moglie, che fa un lavoro vero, forse non ha avuto tempo a sufficienza per maturare il significato di questo post. Ma non è un enorme problema...

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    10. @alberto
      e come volevi che lo maturasse? gliel'ho raccontato io.
      per il come campo... beh, di sante donne non esiste solo rockapasso, ne converrai.

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    11. @PaMar
      Hai ragione riguardo al discorso di standardizzazione, ma trattasi sempre di imposizione imperiale di un prodotto, come MS-Windows. Poi, lavorando da vent'anni in comitati di standardizzazione, un'idea me la sono fatta riguardo quanto sia semplice dire "c'ho er SAP, so' sstandard", perche' poi i costi per implementare l'interoperabilita' reale li nascondi altrove... e anche qui, se perdi l'artigiano che ha cesellato il tutto, devi ricominciare da screcc.

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    12. @PaMar
      cercherò di farmi capire meglio, con un discorso pratico e semplificato (nel senso che potrebbe essere di molto ampliato, ma in questa sede è impossibile).
      Affrontiamo un problema tra i tanti altri, quale la manutenzione di una linea di produzione di un giornale quotidiano offset. La filiera comprende, limitandola strettamente al circuito carta/ inchiostro, l' alimentatore della carta (autopaster), l' elemento di stampa, la piegatrice, il nastro trasportatore, l' impilatore di copie, il treno di macchine per la confezione dei pacchi, le linee di nastri trasportatori per la consegna ai padroncini dei delivery vans.
      Tutte queste macchine vanno seguite attraverso un complesso e specifico sistema di schede macchina, lavori programmati di manutenzione, operazioni di lubrificazione programmata, analisi di funzionamento programmate attraverso sistemi di rilevamento di rumore e temperatura, etc e non mi dilungo ancora perchè la cosa e di notevole complessità; la programmazione poi va fatta in base a i livelli di produzione, all' età del sistema, in base ai guasti accidentali e a tutta una serie di eventi non standard. A latere di ciò, c' è il magazzino ricambi, il rimpiazzo degli stessi, il magazzino dei materiali di consumo, i controlli sui lavori di manutenzione, la stesura dei fogli di lavoro, la preparazione dei mensili delle presenze, degli orari e degli straordinari etc. i contratti di intervento esterno e tanto altro. Pensare di standardizzare una roba del genere con un sistema rigido come il SAP che centralizzi presso un centro esterno una cosa che va invece affrontata in stabilimento, pensando di despecializzare attraverso appunto procedure standard ciò che non è possibile fare come ben si comprende, significa mandare in malora sia l' investimento che i livelli produttivi, e parlo di un prodotto altamente deperibile.
      Di produzioni come queste e di aziende complesse che operano in altri campi come ad esempio, credo sia avvenuto per la SAECO, in regimi fortemente variabili, con i prodotti, il mercato etc, che pretendono di utilizzare il SAP, buttando i soldi dalla finestra e mettendo l' azienda in condizione di andare in malora, con tutte le considerazioni che facevo sopra, ce ne sono state moltissime. Capisco che utilizzare un sistema del genere in un magazzino di ricambi industriali o per automotive, infatti il sistema è di provenienza crucca, possa essere fattibile, ma non si può pensare di estenderlo a realtà complesse.

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    13. Mi permetto un'epitome semiseria.
      Come molte altre innovazioni della stessa natura, SAP celebra il fallimentare trionfo della tecnica sul buon senso. Non che nella tecnica non ci sia del buono. È il senso che manca.

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    14. @ALBERTO49 - pero' poi anche basta, se ne potrebbe discorrere per ore e giorni, ma non credo sia questa la sede opportuna.

      Hai illustrato molto bene le specificita' della tipografia (magari e' un termine riduttivo, concedimi la semplificazione) di un quotidiano. Questo pero' e' il classico caso di un settore industriale che ha appunto una sua specificita' che non e' facile ricondurre ad un modello generalizzato di produzione nel senso di assemblaggio di componenti (autoprodotti o subappaltati).
      SAP brilla nel manufatturiero puro, cioe' industrie che producono/assemblano dei manufatti. Che siano tostapane, trapani elettrici, televisori o macchine del caffe', poco cambia (onestamente la "complessita' specifica" della SAECO proprio non riesco a intravederla - non confondiamo la complessita' in termini progettuali con quella produttiva).

      Semplificando all'osso la complessita' del manufatturiero sta in due direzioni: o fai pochi pezzi, ma con una elevata numerosita' di componenti (all'estremo: Boeing) o fai magari diversi modelli, in grandi serie, ma con numeri di componenti bassi (Philips, ma anche, Saeco direi).

      Nel secondo caso onestamente non vedo perche' non SAP.

      Per quanto riguarda l'Automotive mi pare chiaro che tu non abbia alcuna esperienza in merito - l'automotive combina entrambi gli estremi del problema: produzioni di grande serie, enorme numero di modelli (considera tutti gli allestimenti e le specificita' di mercato, come i filtri antisabbia in Marocco o la guida a destra per Uk e Giappone) con un ulteriore dimensione di complessita': uno specifico modello di vettura rimane sul mercato per un periodo molto lungo, con obblighi di legge per la fornitura dei ricambi anche a 10 anni dalla fine di produzione, e con un continuo aggiornamento delle componenti per ridurre i costi (es. pratico: la prima Ritmo uscita dalla catena di montaggio non aveva nessun componente in comune con l'ultima Ritmo prodotta: esistono uffici appositi che per ogni singolo componente si occupano di ridurre costantemente i costi di produzione.

      Questo genera un ulteriore problema nella gestione della distinta base: le cosiddette "modifiche ad impariglio" (ci sono anche le famose "alternative in deduzione", ma se siete proprio feticisti del BOM scrivetemi in privato, magari) per cui quando esegui l'esplosione delle componenti devi anche prevedere quando la versione X+1 di una rotellina andra' a sostituire la versione X... e questo dipende fondamentalmente da quanti ordini e giacenze hai ancora di X.
      Naturalmente il tutto moltiplicato per il numero di stabilimenti che producono lo stesso modello, dato che non e' realistico pensare che in ognuno ci siano esattamente le stesse giacenze, gli stessi consumi, gli stessi ordinativi in arrivo.

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    15. @PaMar
      di sicuro non conosco l'ambiente produttivo automitive, ma nemmeno ne ho parlato. Parlavo di magazzino ricambi, per i concessionari, dato che a mio cugino rappresentante Skoda e Volvo era imposto con pagamento di canoni mensili. E' tanto rigido, mi diceva, che se non stava attento si ritrovava ricambi invendibili di auto obsolete come la Volvo 740. Ma ciò è imposto, appunto, se vuoi lavorare con loro.

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  8. svalutando non c'è il rischio di fare indigestione di ide? per l'estero diventano più convenienti le merci ma anche le partecipazioni.

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    1. Però anche basta al turismo che non passa per i post fondamentali, va bene? Se arrivate adesso non è colpa mia, se non seguite le istruzione per l'uso (sezione "Per cominciare") è colpa vostra. Peccato veniale, in questo caso, dopo tanta disinformazione "de sinistra"...

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    2. Svendi se sei alla canna del gas. Se il tuo portafoglio ordini è pieno, cosa minchia vendi a fare?!

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    3. A Mattè, sei interessato a capire si o no?
      Se si per tua convenienza ed arricchimento personale segui le istruzioni ( o istruzzioni, a scelta ) del blog. Se no pazienza, continua a seguire giornali, tivvù e amici piddini.

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    4. @Matteo perché uno dovrebbe vendere le partecipazioni di un azienda cui aumentano gli ordini? Forse perché l' aumento degli ordini le prenderebbe più appetibili e di conseguenza, più costose?!

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    5. Che centra la svalutazione???
      Contano prospettive e contesto macro.
      Secondo te, Matteo, se tu fossi un imprenditore in un settore in crescita e in un contesto paese buono, venderesti la tua azienda?
      I proprietari della saeco hanno realizzato benissimo vendendo le loro azioni.
      Un imprenditore è mosso innanzitutto dal profitto.

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    6. chiedo scusa, grazie per le segnalazioni.
      imho l'esempio del 1992 non va bene appunto perché oggi l'economia è più aperta. c'è stato un aumento degli ide all'inizio dell'uem ma è stata una tendenza mondiale del periodo, visto che hanno accelerato anche dove c'era rischio di cambio. nonostante lo sconto della crisi gli afflussi si sono dimezzati nel 2008-2015 rispetto al 1998-2007, tra l'altro concentrati nel settore dei servizi.
      poi sono numeri piccoli rispetto a quelli dei nostri vicini ed ai nostri stessi ide in uscita (positivi per il rnl ma ugualmente pericolosi per i lavoratori domestici, in particolare per quelli de cuius visto che in proporzione sono più diretti verso la manifattura).

      o magari no, ma almeno facendomi cazziare imparerò qualcosa di nuovo :-)

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    7. Senti, te lo dico con affetto: non so chi cazzo tu ti creda di essere, ma io non ho bisogno di uno che pensa di essere così importante da costringere 3000 persone a riavvolgere il nastro del dibattito di quattro anni. C'è un blog e ci sono due libri. Studia. IMHO sto cazzo. Se sei umile, studia e poi torna. Altrimenti ciao. La gente muore, e delle simpatiche schermaglie intellettuali del primo che passa se ne sbatte come me ne sbatto io. Nel 2010 potevo essere cortese. Ora che siamo scesi un po' di più nell'Inferno sarà cortesia l'esser villano.

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    8. Datela anche a me questa droga miracolosa, che fa sì che uno possa credere che ancora non lo hanno sodomizzato, e invece sta messo in un modo che persino Cicciolina avrebbe pietà ...l'epidurale forse, ma costa cara.
      Non sono un economista ma... la Saeco faceva delle meravigliose macchine per caffè casalinghe, quelle di adesso per avere un caffè decentemente caldo gli devi far sputare vapore per dieci minuti oltre il riscaldamento di default, e la mattina presto, per chi ancora ha un lavoro, non è cosa...

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  9. Svalutando non hai bisogno di vendere/svendere la tua azienda

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  10. Scusate l'OT, ma credo che Giavazzi abbia colpito ancora sul lato del Debito Pubblico:
    www.voxeu.org/article/ez-crisis-consensus-narrative

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  11. I libei senza figure...

    Sto leggendo le illusioni perdute, quanti maneggi con le cambiali, ma oggi è diverso: ci sono i supercomputer. Ricatti ed elogi tutto per tre colonne... adesso capisco un pezzo dello spirito del blog che mi mancava.

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  12. SAP a parte (diavolo, era un po' che non ne sentivo parlare, come di six sigma) il copione è un classico. Ma questa è una storia pre crisi. Sempre più spesso, da che la crisi in atto, il copione tipo prevede:
    1) azienda per cui un debito bancario accettabile diventa improvvisamente inaccettabile, perché la banca è in piena fregola da rientri (indebitata anche lei)
    2) intervento di private equity, spesso estero, che acquista, svuota di tecnologia e portafoglio clienti l'azienda, chiude, oppure
    3) intervento di azienda concorrente, che fa esattamente quello che avrebbe fatto il fondo
    4) oppure intervento di altra azienda estera, che vede che c'è sugo, liquida i costi (ricerca e sviluppo) e si tiene tutto il resto, ovviamente tosando gli occupati.

    Risultato finale: quel che è creazione di valore per uno (azionista-creditore) è distruzione di valore per l'altro (dipendente, stakeholder)

    Meccanismi di questo genere hanno reso il settore chimico farmaceutico domestico, un tempo fiore all'occhiello della nazione (e seconda voce dell'export, mi pare) .una landa desertificata. Ah, ovviamente l'euro forte lo ha difeso, il settore, come no.

    PS: per i firesaleisti: con la svalutazione il problema debito non si sarebbe posto.

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  13. Premesso che SAP non e' certamente adatto alle PMI, segnalo invece un IDE specifico che riguarda proprio una azienda Italiana concorrente di SAP.

    La ESA Software nasce a Rimini e si sviluppa in tutta Italia fino alla vendita del pacchetto di controllo (da parte del fondatore) al gruppo Il Sole 24 Ore nel 2008 (perche' pare che all'epoca il fondatore non avesse piu' fiducia nel mercato Italiano e questo, si noti bene, poco prima che si manifestasse la crisi dell'Eurozona).
    Qualche anno dopo, nel tentativo di limitare le perdite, il gruppo Il Sole 24 Ore vende ad un concorrente (TeamSystem) che a sua volta viene acquisito nel 2010 da HG Capital, uno dei principali fondi di private equity europei.

    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2008/09/gruppo-sole-24-ore-esa-software.shtml?uuid=604266c4-7f3d-11dd-b0fe-339c6b7162&refresh_ce=1

    http://www.esasoftware.com/azienda/chi-siamo

    http://www.teamsystem.com/la_storia

    Non c'e' salvezza per nessuno nell'eurozona.....

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  14. Il copione, purtroppo, è sempre quello. Gli acquisitori (preferisco chiamarli così invece che acquirenti, che mi farebbe pensare a qualcuno che per comprarti paga veramente...) sono come i Borg di Star Trek, assimilano, "ogni resistenza è inutile".
    Il loro scopo non è fare impresa, non gli interessa conoscere il prodotto, l'impresa, i dipendenti, i concorrenti. Il core business sono le stesse "risorse umane" dell'azienda assimilata, controllare il pensiero e la vita dei lavoratori, annientarli, farli vivere male.
    I risultati aziendali DEVONO essere negativi, i processi di produzione DEVONO essere inefficienti e costantemente revisionati, i sistemi gestionali DEVONO essere folli, i rapporti con i lavoratori DEVONO essere umanamente inesistenti.
    Questi sono, in questo sistema, gli acquisitori.

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  15. In questo caso il fatto che sia un IDE non vuol dire nulla. Gli incapaci possono essere nazionali come esteri.

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    1. Quale parola della frase "Quasi nessuno di loro parlava italiano e comici dialoghi in un inglese “alla Clouseau” animarono i corridoi" non ti è chiara? Siamo qui per aiutarti...

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    2. Esistono altrettanti incapaci che parlano italiano. La barriera linguistica non è un fattore determinante, perchè a quest'ora ducati sarebbe fallita visto che i tedeschi non parlano italiano. O allo stesso modo tutte le imprese italiane acquisite dalle imprese estere.

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    3. Oggi è piu gentile del solito.

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    4. Avresti potuto dire "meno stronzo" e satesti stato più realistico. Chissà, forse so che c'è un QED nell'aria...

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  16. Forse non tutti sanno che SAP è tedesca....
    E chiedete flessibilità a un sistema SW sviluppato in logica tedesca?
    Un simpatico ossimoro.
    A domanda diretta ai dirigenti SAP per identificare quali fossero per loro le PMI la risposta fu "Gancia e Marzotto. Tipiche PMI del tessuto aziendale italiano".

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  17. Il succo del discorso è tutto in questa frase "l’investimento del fondo francese Pai Partners aveva carattere speculativo, nella speranza di rivendere, guadagnandoci". Non si tratta di industria ma solo di finanza speculativa. Per quanto riguarda SAP, nella mia esperienza ventennale nell'assistenza informatica alle aziende (anche multinazionali farmaceutiche) posso confermare l'assoluta inaffidabilità e l'abbandono repentino di questo software da parte delle aziende che lo avevano adottato.

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  18. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/06/crisi-la-finlandia-e-malata-come-la-grecia-anche-se-ha-fatto-tutte-le-riforme/2274658/
    I primi quotidiani che ritrattato. ..

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  19. Quanto a lungo dovremo ringraziarla per come ci apre gli occhi?
    Mi tornerà l'ottimismo e sarò finalmente felice il giorno in cui, Professor Bagnai, sarà ministro dell'economia... Purché non smetta di illuminarci.. Anche se riprendendo le prime pagine de "L'Italia può farcela" avrà da gestire qualche conflitto di interesse in più..

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  20. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/06/crisi-la-finlandia-e-malata-come-la-grecia-anche-se-ha-fatto-tutte-le-riforme/2274658/
    Anche il Fatto ritratta...e cita Bagnai

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    1. Come dice Mario Draghi, e vale anche per le supposte (nazioni) virtuose: "vanno introdotte rapidamente le riforme, perchè la BCE da sola non basta per la crescita"

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  21. Zingy continua a farci o ci è veramente? A questo punto, secondo me ci è!

    Good unemployment insurance (which is federal at the European level) is a way to make a downturn less severe. It needs to be designed properly to avoid moral hazard, because I agree with the Germans that giving a lot of money to the latest Greek government is very dangerous; they’re likely to waste it. That’s the reason I like to put money in the hands of people. Unemployment insurance can be designed in a way that is fair; it’s not a unilateral transfer from one place to the next. We share.

    Sharing, and in particular risk sharing, will be necessary if the EU is going to serve the interests of all its members. This means European countries have to confront the inevitable decision: either they are willing to go in the direction of risk sharing or they are not. Clearly, the best case is that the currency union will be a happy marriage for all involved. If not, as in any unhappy marriage, you have to find the best way to end it. An amicable divorce, after all, is better than a feisty and contentious one.

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    1. @Alberto49
      Letto e riletto. Cosa si più aggiungere a quanto già detto qui molte volte?
      Il ns è un para... gnosta. C'è da dire che sa fiutare l'aria che tira.
      Di certo ha ancora in piede dentro, quando non dice che un'altra unione europea/zona non è affatto possibile. Sarà uno di quelli che un dì dirà che l'euro non lo abbiamo meritato, perché siamo "italiani",i soliti fancazzisti corrotti ecc. ecc.
      C'è di buono che ora vedo un nazista e/o fascista anche in un individuo apparentemente mite.

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    2. Guarda caro Gianni come si posiziona Zingy, dall' alto=basso(profilo) della sua posizione, non dirà mai quelle cose in modo esplicito, come non dice che l' esperienza è destinata a sicuro fallimento, almeno per quanto io sia stato in grado di seguirlo. Io ho capito che vuole mantenere una probabilità=1 della sua paracula posizione e non vuole rischiare nulla e dopo nessuno potrà dire che ha sbagliato previsione, poi i morti servono sempre in tutti casi ma a lui (Chicago Both Business school e Bocconiano) nemmeno lo sfiorano; ma l'animo, il cuore in un vero uomo sono tutto, almeno per me e anche per te, siamo qui anche per questo.

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  22. l'esperienza raccontata qui non fa giustizia soltanto degli IDE ma anche della finanza e dei "vantaggi" della moneta unica.

    Troppi soldi originati dalle aziende dei Paesi esportatori erano in cerca di impieghi ben remunerati. L'industria finanziaria, spesso fatta da incompetenti presuntuosi, si è inventata i private equity che hanno accelerato la crisi delle PMI del nostro Paese.

    Gli imprenditori, di fronte ad offerte generose, hanno venduto e, alcuni di loro, hanno reinvestito nell'immobiliare.

    Chi frequenta da tempo questo blog sa già come è finita !

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  23. Domanda. Qualcuno può dirmi se una azienda, poniamo nel settore dei trasporti, sposta la propria sede all'estero, poniamo in Olanda, figuara come un IDE?

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  24. Cito Duccio Tessadri:

    "Il copione, purtroppo, è sempre quello. Gli acquisitori (preferisco chiamarli così invece che acquirenti, che mi farebbe pensare a qualcuno che per comprarti paga veramente...) sono come i Borg di Star Trek, assimilano, "ogni resistenza è inutile".
    Il loro scopo non è fare impresa, non gli interessa conoscere il prodotto, l'impresa, i dipendenti, i concorrenti. Il core business sono le stesse "risorse umane" dell'azienda assimilata, controllare il pensiero e la vita dei lavoratori, annientarli, farli vivere male.
    I risultati aziendali DEVONO essere negativi, i processi di produzione DEVONO essere inefficienti e costantemente revisionati, i sistemi gestionali DEVONO essere folli, i rapporti con i lavoratori DEVONO essere umanamente inesistenti.
    Questi sono, in questo sistema, gli acquisitori."

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  25. Ormai i commenti a questo post non verranno più letti, ma a futura memoria vorrei fare una breve considerazione: la gestione straniera, cioè quella che nella teoria cialtrona, secondo la quale "il mondo ha fame di Italia" (chi ha fame vuole mangiarsi qualcosa, chiaro il concetto) avrebbe dovuto risanare i conti e accompagnare l'azienda verso un futuro luminoso e prospero (dato che per definizione questo fanno le aziende estere). Ebbene, secondo le informazioni preziose del nostro insider, tale gestione avrebbe ottuplicato il debito bancario in soli cinque anni, licenziato centinaia di lavoratori, ingolfato i meccanismi amministrativi e gestionali di un management che tutto sommato produceva i suoi milioni di euro di utili, il tutto per specularci sopra e rivendere ad un prezzo maggiorato (ma solo perchè hanno fame di Italia, giusto?).
    Ecco, oggi leggo a mio rischio e pericolo corriere.it e l'effetto è peggio di un limoncello dopo la pizza (personalmente non mi fa un buon effetto).

    All'indirizzo
    http://www.corriere.it/economia/16_gennaio_03/crisi-fabbrica-caffe-simbolo-un-paese-due-velocita-191b3308-b1fc-11e5-829a-a9602458fc1c.shtml
    si può leggere:

    "Non è entusiasmante sottolinearlo, ma tra tante imprese-lepri che sfondano nell’export ce ne sono altrettante - e forse di più - che non hanno saputo reagire ai mutamenti dei mercati. E un giorno o l’altro dovranno saldare il conto con le loro inefficienze e le loro pigrizie".

    Penso che si stesse riferendo ad una generale e fantomatica pigrizia manageriale italiana. Ma Vafffanculo!!
    (Scusate il latinismo).

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