Nel post precedente sono partito da questo grafico segnalato da Luigi:
e ho cercato di verificare i dati riportati. Mi aveva spinto a farlo, fra l'altro, l'osservazione un po' facilona del solito espertone (probabilmente un bot): "Mi fido più dell'ISTAT!". Osservazione non molto intelligente, perché anche se la fonte dei dati nel grafico non veniva specificata, presumibilmente era l'Eurostat (e quindi, per la parte italiana, l'ISTAT). I risultati ottenuti partendo da dati Eurostat, infatti, pur partendo da informazioni molto scarse circa la metodologia adottata dagli autori, erano sostanzialmente congruenti con l'evidenza riportata nel grafico, come vi ho mostrato:
Fallisce quindi il tentativo del bot di screditare la fonte (che peraltro era il Financial Times), e il fatto che ci abbia provato ci lascia intuire che quel dente, ai poteri cosiddetti forti, duole parecchio. I risultati di dicembre hanno dimostrato che la disoccupazione influisce sul voto. Se almeno si potesse evitare di parlarne, penseranno compatte le prime tre cariche dello Stato...
Passo ora da spiegarvi come ho ottenuto il mio, di grafico. Resta poi da vedere come il fenomeno descritto si è evoluto nel tempo, e resta da capire che significato attribuire ad analisi simili. Lo spunto alla base di esse è chiaro: l'insofferenza sempre più diffusa verso le metodologie ufficiali di calcolo del tasso di disoccupazione, ritenute inattendibili, insofferenza che si riflette in molti vostri commenti (in particolare questo e questo).
Vorrei chiarirvi che la mia analisi si basa su dati ufficiali e quindi non è assolutamente da leggere in chiave polemica verso l'ISTAT o l'Eurostat. Sì, sappiamo che la definizione di occupato adottata dall'ISTAT non è particolarmente stringente, in particolare perché si considera occupato chi abbia lavorato anche una sola ora nella settimana di riferimento:
(come specifica il glossario).
La rivelazione di questo criterio statistico (che peraltro nessuno aveva nascosto!) ha sollevato un certo clamore lo scorso anno, ma trovo che l'ISTAT abbia ragione: loro possono solo applicare i criteri uniformi a livello europeo (e sostanzialmente omogenei fra paesi OCSE) che l'Eurostat definisce e impone. Io, per dire, trovo più disturbing la definizione di disoccupato, che non è, come forse potreste immaginare, una persona in età attiva (16-65) non occupata, ma:
Quindi per essere disoccupati non essere occupati occorre (è necessario) ma non basta (non è sufficiente). Questo significa che un occupato che perde il lavoro potrebbe non diventare disoccupato: potrebbe anche scomparire dalle forze di lavoro, come vi chiarii a suo tempo. Ma il punto è che, se da una parte è ovvio che lavorare un'ora a settimana non assicura il soddisfacimento del diritto costituzionalmente garantito a un'esistenza "libera e dignitosa" (a meno che tu non sia una rockstar), d'altra parte qualsiasi criterio è arbitrario: la cosa importante è che i criteri siano stabili nel tempo e nello spazio, per poter analizzare la dinamica dei fenomeni e per poter fare confronti internazionali sensati.
Quindi lascerei da parte l'ISTAT, e chiamerei eventualmente in causa i media che non spiegano certi concetti, e i politici che profittano degli inevitabili paradossi delle statistiche per fare campagna elettorale.
Comunque, tornando al grafico: da quello che si poteva capire, gli autori avevano espresso tre categorie di persone (disoccupati, lavoratori inattivi desiderosi di lavorare, e lavoratori in part time contro la propria volontà) in percentuale della popolazione in età attiva (working age population).
Qui penso che ci sia un primo errore, perché in tutta evidenza le tre categorie sono state espresse in percentuale delle forze di lavoro o popolazione attiva. Se così non fosse, il dato sarebbe più basso. Considerando ad esempo l'Italia, secondo l'Eurostat nel 2016 la popolazione attiva era 25243.2 migliaia di persone, date dalla somma di 22241.1 occupati e 3002.1 disoccupati. Il rapporto fra disoccupati e popolazione attiva (forza di lavoro) ci restituisce un tasso di disoccupazione di 3002/25243=11.9%, che coincide con quello di cui abbiamo parlato e, a grandi linee, anche con quello che si vede nel grafico. Se invece rapportassimo i disoccupati alla popolazione in età lavorativa, che era, sempre nel 2016, di 38870 migliaia, otterremmo una percentuale di disoccupazione pari a 3002/38870=7.7%, lontana sia dalla disoccupazione ufficiale, che dal dato visibile nel primo grafico (dove la sbarra violetta della disoccupazione supera 10).
Appurato quindi che gli autori del grafico dicevano una cosa per l'altra, mi sono procurato intanto la serie al denominatore, le forze di lavoro o popolazione attiva, scaricandola qui. Nella stessa tavola ho trovato anche i disoccupati, e rapportandoli alla popolazione attiva ho ricalcolato i tassi di disoccupazione (unemployment nel grafico originale).
Poi c'erano da misurare gli "scoraggiati", ovvero la popolazione inattiva che non appartiene alle forze di lavoro perché:
1) non ha lavorato almeno un'ora nella settimana di riferimento (e quindi non è occupata);
2) non ha effettuato almeno un'azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane precedenti ecc. (e quindi non è occupata).
MA
desidererebbe lavorare (uno può essere inattivo anche perché è ricco di famiglia)! Questa è una cosa relativamente poco problematica, perché l'Eurostat fornisce i dati sulla popolazione inattiva classificata per età, sesso, e disponibilità a lavorare.
Poi c'erano da misurare i sottoccupati, cioè quelli gli involuntary part-time (quelli che lavorano meno ore di quanto desidererebbero). Qui la cosa è un po' più tricky, perché l'Eurostat fornisce i lavoratori in part-time "involontario" come percentuale del totale dei lavoratori part-time. Per ottenere il dato in migliaia ho quindi dovuto scaricare (o anche: "sò dovuto scaricà") i lavoratori part-time totali. Moltiplicando la percentuale di involontari per il totale dei part-time ho ottenuto le migliaia di lavoratori in part-time involontario (sottoccupati).
Cosa siano esattamente i seeking employment-not ILO unemploymed non lo so e non ho cercato di capirlo: verosimilmente un'altra categoria di scoraggiati, ma visto che erano pochi non ci ho perso tempo.
Questo è come ho costruito i dati. E ora andiamo a vederli un po' in dettaglio, anche se, considerando la mole di numeri scaricati (per tutti i paesi europei e circonvicini e per tutti gli anni dal 1999 al 2016) do per scontato che non riusciremo a vederli tutti ora.
Intanto, vi faccio vedere l'evoluzione nel tempo del tasso di disoccupazione corretto per scoraggiati e sottoccupati nei quattro grandi dell'Eurozona:
Noi siamo quelli gialli (come i nostri sindacati).
Nel 2004 c'è un forte balzo verso l'alto dovuto a una revisione nei criteri di calcolo degli scoraggiati. Con i nuovi criteri (cioè dal 2004), la nostra situazione sembrava fortemente compromessa già allora. Certo però che è seccante non poter fare confronti sensati con i dati antecedenti al 2004 (ricordate cosa dicevo sopra? Non importa quale sia il criterio, purché sia uniforme. Ma gli statistici "migliorano" sempre i loro criteri, che poi è un ottimo modo per intorbidare le acque...).
Faccio notare un altro dettaglio. La Francia sta meglio di noi, ma peggio della Germania, la cui situazione migliora stabilmente dal 2005 in poi, con l'entrata a regime del dumping salariale Hartz. Tuttavia, il peggioramento della disoccupazione "corretta" in Francia è molto persistente, più del nostro. Dopo la crisi, non solo la Spagna (dal 2013) ma perfino l'Italia (dal 2014) vedono una correzione (più lieve da noi). La Francia no.
Poi vi faccio vedere in che modo il tasso "corretto" è andato muovendosi da noi per effetto delle sue componenti:
Qui è evidente la rottura statistica nella serie degli scoraggiati (in arancione), ma c'è un altro fenomeno che è meno evidente: mentre disoccupati e scoraggiati (al netto dell'anomalia statistica) alla fine del campione sono più o meno gli stessi che all'inizio, i sottoccupati aumentano costantemente e alla fine sono quasi 8 punti percentuali di forza lavoro in più rispetto che all'inizio. Vi faccio vedere la situazione degli altri quattro "big" dell'Eurozona:
e in questa tabella vi fornisco la variazione della percentuale di disoccupati, scoraggiati e sottoccupati sulla forza lavoro, in tutto il periodo dell'euro, e nei due sottocampioni prima e dopo la crisi.
I due numeri più grandi sono l'aumento dei disoccupati in Spagna dopo la crisi (11.5) e quello dei sottoccupati in Italia su tutto il campione (7.9, di cui 5.5 dall'inizio della crisi: un aumento sostanzialmente identico a quello della disoccupazione, pari a 5.7).
Entrando un po' in dettaglio, va notato che prima della crisi la Germania aveva "fatto peggio" di tutti gli altri: la sua disoccupazione era scesa di solo -0.2, passando da 8.9 a 8.7, mentre la sua sottoccupazione era aumentata più che in tutti gli altri, passando da 2.3 a 5.2. La dinamica della sottoccupazione era sostanzialmente analoga a quella italiana, ma in Italia la disoccupazione era diminuita di -5.7 punti prima della crisi. In Spagna la disoccupazione era diminuita addirittura di -7.3 punti, e la sottoccupazione aumentata solo di 1.7.
La dinamica più sostenuta dei sottoccupati in Germania penso sia legata alle famose "riforme".
Dopo la crisi le cose cambiano: la disoccupazione "ufficiale" e la sottoccupazione diminuiscono solo in Germania: il tumore tedesco prospera solo in un'Europa malata (fino a quando questa morendo non si porta anche lui nella tomba). Gli scoraggiati aumentano più in Francia (+1.7) che in Italia (+0.2), dove però colpisce l'aumento piuttosto rilevante (+5.5) dei sottoccupati che abbiamo già evidenziato. Sono i contratti atipici, la flessibilità, come notava uno di voi commentando il post precedente: tutta roba che alla natalità non fa bene...
Se le statistiche non mentono, molti sottoccupati saranno qui.
Vi lascio discutere questi numeri con calma, visto che politici e giornalisti non pare siano intenzionati a farlo, o almeno non fino a quando saranno raggiunti dalla durezza del vivere.
(...a proposito: per evitare che questa raggiunga noi, vi ricordo di votare questo sito come miglior sito politico-d'opinione a MIA2017. Notate che dovete esprimere un voto in almeno altre nove categorie, per un totale di almeno dieci, affinché la vostra scheda sia considerata valida! Non è facile, ma si può fare...)
Allora non ero io lo stronzo che non riusciva a trovare un lavoro decente negli anni per crisi nonostante i dati ufficiali della disoccupazione!.
RispondiEliminaNo. E siamo in due a non esserlo.
Eliminatre
EliminaNella donazione che, per la prima volta (colpevolmente: perché la povertà è una colpa, come il debito. Ad oggi, battezzo sia l'uno che l'altra: quindi, chiudo un buffo e faccio la spesa), ho dato ad a/simmetrie, non nascondo il fatto che dal 31/08 sarò di nuovo disoccupato.
RispondiEliminaReco meco, in questa fase, la voce roca dei "call-center outbound":che non sempre fanno vendita di lire ristampate. Fanno anche servizi.
SE TI È SALTATA LA DOMICILIAZIONE, hai bisogno di qualcuno che ti avverta.
Non posso parlarne ex-contracto.
Posso, altrimenti, garantirvi, che ci vuole un certo stomaco.
E tanto "Gaviscon".
Vorrei, se mi consenti, aggiungere questo grafico OECD sulla disoccupazione di lungo termine per alcuni paesi. Ovviamente i dati sono forniti dal nostro Istituto di Statistica, ma nessun media ne parla mai. Ci superano in negativo solo Grecia e Macedonia.
RispondiEliminaQui sotto la nota esplicativa OECD.
"Long-term unemployment refers to people who have been unemployed for 12 months or more. The long-term unemployment rate shows the proportion of these long-term unemployed among all unemployed. Unemployment is usually measured by national labour force surveys and refers to people reporting that they have worked in gainful employment for less than one hour in the previous week, who are available for work and who have sought employment in the past four weeks. Long-term unemployment causes significant mental and material stress for those affected and their families. It is also of particular concern for policy makers, as high rates of long-term unemployment indicate that labour markets are operating inefficiently. This indicator is measured as a percentage of unemployed.
L'ho riportata su twitter, mi pareva importante.
EliminaGrazie Sergio!
EliminaHo provato a sommare il tasso di disoccupazione effettivo calcolato qui con il tasso di occupazione
RispondiEliminatasso di occupazione (tradingeconomics)
italia: 57%
germania: 74%
spagna: 62%
tasso di disoccupazione (Bagnai):
italia: 38%
germania: 11%
spagna: 33%
totale
italia: 57% + 38% = 95%
germania: 74% + 11% = 85%
spagna: 62% + 33% = 96%
direi che per la germania qualcosa non torna
Ma non deve tornare comunque, perché i deniminatori dei tassi che stai sommando sono diversi. Senti: i post vanno letti bene, il che significa leggere anche i link. Non capisco a che serva giocare con Tradingeconomics se ti ho dato gli strumenti per calcolare tutto con dati Eurostat.
EliminaHo estratto tutti i dati da eurostat ho ricostruito il grafico che mi sembra corrispondere al Suo. Ho usato come denominatore la popolazione attiva.
EliminaPerò ho un dubbio: gli scoraggiati vengono estratti dagli inattivi che non formano la popolazione attiva (occ. + disocc.). Non dovrei costruire il denominatore come popolazione attiva + scoraggiati (Would like to work but is not seeking employment)?
quindi: (disocc. + scoraggiati + parttime inv.)/(pop. attiva + scoraggiati)
non so se è una domanda stupida, non è obbligato a rispondermi o pubblicare il commento, è pure il 14 agosto!
Saluti
Non è stupida o almeno, se lo è, siamo stupidi in due: questo è esattamente il dubbio che dicevo di avere rispetto alla metodologia usata. Il fatto è che nel costruire un grafico simile bisogna che torni il dato della disoccupazione. Se facessimo "rientrare" gli scoraggiati nella forza lavoro, come forse sarebbe logico, questo dato non tornerebbe.
EliminaMia umile opinione su un punto probabilmente minore. Normalizzando come suggerisce Andrea, ovviamente, si eviterebbe il rischio che la frazione così calcolata possa superare il 100%, (cosa che nonostante i numeri agghiaccianti è ancora lontana da venire). Questo è forse un requisito desiderabile per un "tasso" o una "probabilità", ma non per un "indicatore". Ad esempio molte cose che non contribuiscono al pil sono valutate come percentuale del pil (tipo il debito pubblico). Bisogna forse stare attenti nell'interpretare la dinamica: se ad esempio un tot di persone passa dalla popolazione attiva agli scoraggiati la "frazione" di scoraggiati qui calcolata cresce per due motivi (aumenta il numeratore e diminuisce il denominatore). Non penso però che qui sia un grande problema, gli scoraggiati come detto sono costanti nel tempo.
EliminaLa dinamica davvero inquietante ce l'ha la frazione di sottoccupati (che non ha nessun problema di normalizzazione). Ho sempre desiderato che qualcuno presentasse dei grafici del genere: la mia percezione (non solo la mia) è che ci sia tanta gente occupata per modo di dire (orari insufficienti a garantire stipendi dignitosi) e di cui il dibattito pubblico non parla
Guardando i dati degli inattivi della germania mi ha incuriosito uno scalino simile a quello italiano del 2004: un passaggio degli Inattivi (do not want to work) da 13 mil a 11 mil in due anni. Questo stranamente in corrispondenza dell'introduzione delle riforme Hartz 3 e 4
Elimina2005-2004: -1595,7
2006-2005: -481,7
2006-2004: -2077 mila inattivi che non vogliono lavorare
mi sono chiesto: dove saranno finiti? non certo tra gli occupati full-time e disoccupati (stabili)
part time involontario germania
2005-2004: +433,9
2006-2005: +338,4
2006-2004: +772 mila part-time involontari
2006-2004: +1586 mila part-time complessivi
sembra proprio strano che su 13 milioni di persone che non vogliono lavorare di colpo 1 milione e mezzo decidano di accettare un lavoro part-time ed 770 mila di queste un lavoro poco gratificante (esempio estremo http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/germany/1482371/If-you-dont-take-a-job-as-a-prostitute-we-can-stop-your-benefits.html )
i miracoli di quelli che hanno fatto le riforme
altro dato curioso la popolazione residente: in calo fino al 2011 e poi il miracolo di 1 mil di persone in più tra il 2014 ed il 2016. Risolto il problema del calo delle nascite, almeno nei numeri.
Oh, a proposito in bocca al lupo al tuo giovanotto per settembre. C'è qualcuno che lo segue nel recupero?
RispondiEliminaIo. Ti fidi?
EliminaSe ha scelto lui, si! Se ne assumerà tutte le conseguenze!
EliminaChe fastidio leggere su facebook la Rotta del PD fare da cassa di risonanza del partito e dire che grazie al jobs act la disoccupazione è diminuita.
RispondiEliminami sa che non avete vissuto in Sicilia.. ahahah
RispondiEliminaCmq sia, la sicilianizzazione del nostro paese (altro che grecizzazione) porta a questi numeri.
Da noi, a parte chi ha qualcosa nel petrolchimico o i dipendenti pubblici, non lavora nessuno!
E il degrado sociale è pazzesco (e come dissi in privato anni fa in una discussione in famiglia), portando ad una violenza inaudita.
Per me sono geni
https://it.wikipedia.org/wiki/Sindacato_giallo
RispondiEliminaAgevolo risposta. Il colore standard di un sindacato che si rispetti è e resta il rosso
Dottor Bagnai, grazie innanzitutto per la sua analisi dei dati, che sono molto più esaurienti dei vari Tg. Ieri mentre sentivo le campane suonare a festa in TV per la ripresa del PIL ecc mi è venuto in mente, che a scuola, alle elementari, c'era un libro di geografia credo, che mostrava i dati relativi alla disoccupazione e al pil dei paesi ex patto di Varsavia, ( al tempo della lettura aderenti) dove si mostrava, disoccupazione bassa e crescita del PIL alta. Ecco io credo che adesso in Italia e in generale in Europa, siamo di fronte allo stesso fenomeno, ossia si lavora poco, si lavora tutti ma pochi mettono fieno in cascina non crede? P.S: loro almeno essendo in un sistema collettivo, avevano la casa ad un prezzo politico.
RispondiEliminaGrazie professore, da tempo sento ciarlare su questi concetti, lei è il primo (in cui mi sono imbattuto) che ha provato ad organizzare e sommare i numeri in modo il più possibile coerente e divulgativo.
RispondiEliminaQuando si è cominciato a ciarlare? Non quando il danno è stato fatto (anni '90 per quel che ricordo) ma dopo, quando la differenza tra i numeri forniti e la realtà è diventata troppo stridente anche per l'"uomo della strada", probabilmente perché erano più attinenti al modello lavorativo che hanno smantellato invece che a quello nuovo che ci stavano imponendo...
Saluti cordiali