giovedì 25 settembre 2025

Europeismo ed ecologismo

Chiedo scusa per l’interruzione: io a queste parole di Antonio Gozzi, relatore al prossimo convegno annuale di a/simmetrie, non trovo nulla da obiettare. E voi?

Eventualmente avrei qualcosa da aggiungere: l’ideologia dell’ecologismo ha forti analogie con quella dell’europeismo, e non è quindi un caso che le due vadano a braccetto.

Il concetto di “transizione” ecologica indica un percorso che parte da un luogo noto, la tecnologia presente, per andare verso l’ignoto, verso un luogo che fisicamente non c’è e forse è impossibile (ripetiamolo: non esiste abbastanza rame per cablare un mondo completamente elettrificato…). Se ci fate caso, è esattamente come il percorso “verso l’Europa”, che parte da una cosa nota (gli Stati nazionali) per andare verso una “unione sempre più stretta” (art. 1 del Trattato sull’Unione Europea), senza che sia specificato quando questa unione sarà abbastanza stretta da poter considerare raggiunto l’obiettivo. La transumanza andava dall’Aquila a Foggia: l’Unione Europea, o la transizione ecologica, dove vanno? Non si sa, non si deve sapere, perché così la responsabilità di qualsiasi incidente evitabile o inevitabile lungo il percorso non possa essere attribuita a chi lo ha proposto, ma a voi, che siete e sarete per sempre colpevoli (nel prezzolato resoconto dei media) di non voler abbastanza di una cosa che non funziona!

Ma la stessa identica cosa vale anche per alcune scadenze temporali perentorie, come l’euro nel 1999 o l’auto elettrica nel 2035! Si propone un obiettivo tecnicamente sbagliato (ma si dice “sfidante”) sperando che il mondo si adatti (ma il mondo segue le sue logiche): lo scopo del gioco alla fine è lo stesso, lo svuotamento della classe media per rimpolpare il reddito degli oligarchi tecnocrati. E anche in questo sacrificio umano la responsabilità viene addossata alle vittime, che non hanno saputo raccogliere le sfide della modernità (cioè che hanno seguito l’ovvia razionalità economica anziché il delirio fascista di quattro idiots savants).

Ci vediamo al #goofy14!

venerdì 12 settembre 2025

QED 114: Kirk


Come potete immaginare, farei volentieri a meno di avere ragione, ma purtroppo non dipende da me. L'analisi fatta lo scorso anno parlando del "conflitto dei fuoriclasse" si sta rivelando drammaticamente attuale: avendo tradito gli interessi del proprio blocco sociale di riferimento (il lavoro), qui da noi in modo particolarmente virulento con l'adesione a un progetto di deflazione salariale (l'euro), ma un po' ovunque sostenendo l'agenda globalista (che è in primo luogo un'agenda di concorrenza al ribasso fra proletariati, qui da noi favorita dalla deflazione salariale indotta dall'euro), il fronte progressista non è più in grado di sostenere una dialettica sana, intellettualmente onesta. Questa impasse lo ha condotto a deviare il discorso su aspetti "cosmetici" (i vari "diritti", che ormai sono intesi solo come diritti "civili" e non più "sociali"), la cui natura di diversivo comincia a essere chiara anche ai più convinti "tifosi" del progressismo. A mano a mano che il discorso "dirittista" perde presa, di fronte alle esigenze concrete delle classi sociali che si rivolgono alla sinistra per chiedere rappresentanza e difesa dei propri interessi concreti (che sono quelli di farsi una famiglia e crescere dei figli, più che di sposarsi col proprio armadillo), l'armamentario dialettico progressista collassa su due fallacie: l'argomento ab auctoritate ("credere nella scienza", per capirci...), e l'argomento ad hominem, cioè la delegittimazione dell'avversario, dove quasi invariabilmente la prima fallacia è utilizzata per perpetrare la seconda (non a caso Kirk viene dipinto come un "negazionista climatico novax" e via dcendo...).

Era facile prevedere, e avevamo in effetti previsto, che questo gioco sarebbe sfuggito di mano ai progressisti, per il semplice motivo che è ormai la destra ad aver assunto la rappresentanza degli interessi che la sinistra non è più credibilmente in grado di difendere, e anzi ostensibilmente lede ogni giorno (perché anche il bisogno di sicurezza è in primo luogo un bisogno delle classi subalterne, non di chi vive nei quartieri altolocati). Ne consegue che la sinistra deve rincarare la dose, non più delegittimare, ma deumanizzare l'avversario, cioè portare avanti esattamente quel discorso di odio che fino a poco fa rimproverava alla destra nel tentativo (parzialmente riuscito) di censurarne gli esponenti. Ci vuole più odio, come ci vuole più Europa, come ci vuole di più di qualsiasi cosa non funzioni, per chi è intrappolato nella visione rettilinea della storia che comanda di avanzare comunque, nonostante il baratro...

Temo quindi che non sia finita qui.

Come credo di avervi scritto da qualche altra parte (qualcuno con più memoria di me se lo ricorderà) in uno scenario simile non mi stupirei se riaffiorassero teorici e pratici della lotta armata. Dobbiamo mantenere la calma e stringerci intorno ai valori della nostra Costituzione: i valori della vera Costituzione, non di quella che ci viene raccontata dai loro guitti. Essere moralmente superiori ai propri avversari espone a un rischio individuale, come questa ultima tragedia dimostra. Abbassarsi al loro livello però espone a un rischio collettivo. Manteniamo la calma e la memoria.

martedì 9 settembre 2025

Cosa (non) sta succedendo in Francia (ma succederà).

Fedele a uno degli aforismi di Flaiano che mi sono più cari (e che vi ho citato qui), potrei dire: "Io della crisi francese ne parlavo nel 2012, ora ne parlano anche gli operatori informativi!", e tirare dritto. Questo atteggiamento blasé e autoreferenziale non sarebbe però compatibile con il mio codice deontologico di insegnante. Per quanto io sia consapevole dell'inutilità dei misi sforzi, mi permetto di insistere con voi su un punto, che non è inedito, perché lo avevo esplicitato già preparando l'intervento del 5 marzo al convegno del Dipartimento Economia della Lega (in questo post). Per evidenziarvi quello che (non) sta succedendo in Francia (ma dovrà succedere), prendo questo grafico di quel post:


e lo modifico leggermente, togliendo la Spagna (di cui ci interessa il giusto), e prendendo come base dell'indice il 1999 (l'inizio dell'età dell'euro):


Ecco, così si capisce molto bene, purché si ricordi che stiamo lavorando con indici, e che quindi prendere come base il 1999 non significa che nel 1999 i salari di Germania, Francia e Italia fossero uguali, ma che vogliamo vedere sinteticamente in che modo sono variati da allora.

Nel 2004 inizia la svalutazione interna (deflazione salariale) tedesca, che nel 2008 porta l'indice un po' sotto 94 (quindi con il famoso calo dei salari reali del 6% di cui il governo menava vanto, come ricorderete). È il crollo della spezzata azzurra.

Nel 2011 (e quindi sì, lo so bene, già con il Governo Berlusconi) l'Italia comincia a seguire, ma solo nel 2012 si vede un deciso e protratto crollo dei salari reali italiani, sostanzialmente analogo. È il crollo della spezzata grigia, reso necessario per recuperare competitività rispetto alla Germania.

E i salari reali francesi, cioè la spezzata arancione?

Non sono ancora crollati. Stanno sì flettendo, ma lentamente, molto lentamente, troppo lentamente, e quindi la Francia non recupera competitività, e continua ad accumulare debito estero, come abbiamo detto parlando dello sprofondo rosso:


Arriverà prima il sudden stop, o se volete il current account reversal, o arriverà prima la Fornère?

Rispondere a questa domanda è piuttosto difficile ma anche piuttosto futile: che siano i mercati a smettere di rifinanziare il debito estero francese (con conseguente necessità del Governo francese di tirare i remi in barca tagliando salari e pensioni), o che sia il Governo francese a tirare i remi in barca tagliando pensioni e salari (con conseguente recupero di competitività e rimborso dei debiti esteri), in ogni caso quello che si osserverà sarà il ritorno del saldo delle partite correnti in territorio positivo, e una massiccia esplosione di disordine sociale.

Quello che non è ancora successo, ma succederà, quindi, è il crollo della spezzata arancione. Ma la spezzata arancione potrebbe anche "slittare" (verbo che di questi tempi si applica in contesti nautici). Come detto mille e una volta: se i salari "slitteranno" (come stanno in parte facendo), l'accumulazione di debito estero e di debito pubblico rallenterà, ma il problema non si risolverà, resterà lì. Se crolleranno, il problema del debito estero si risolverà e quello del debito pubblico si accentuerà.

Chi è qui da un po' sa già perché, chi è qui da poco può chiedere, e gli sarà dato. A me interessava fissare una volta di più questo punto, nella mia umile qualità di persona che ha capito nel 2012 che cosa (non) sarebbe successo nel 2025, e che quindi ha interesse a restare ahead of the curve dicendovi quello che potrebbe succedere nel 2026. Va da sé che se fa il botto la Francia noi potremmo trovarci di fronte a scenari inediti, e che quindi, naturalmente, si farà di tutto per non farglielo fare, questo botto, cercando magari di tenere lo spread in caldo per una eventuale ascesa di un governo lepenista.

Fosse così, non sarebbe il 2026 ma il 2027 (o il 2028).

In ogni caso, auguri!

#tuttoqua

domenica 7 settembre 2025

Il reale spread

Lo spread per antonomasia è lo scarto fra il rendimento dei titoli di stato decennali italiani (BTP) e quello dei corrispondenti decennali tedeschi (Bund). Lo trovate in tanti posti, ad esempio qui, e oggi si presenta così (i mercati sono chiusi, quindi i dati arrivano a l'altrieri): 

Senza negare l'importanza di questo indicatore, vorrei però segnalarvi un altro scarto, cioè spread: quello fra la crescita della Germania e la nostra. Qui metto prima la Germania, e sottraggo l'Italia, per avere omogeneità di lettura: così come è negativo che il rendimento del titoli italiani sia di molto superiore a quello dei corrispettivi titoli tedeschi (perché questo significa che i mercati finanziari percepiscono il debito italiano come più rischioso), altrettanto sarebbe negativo se la Germania crescesse molto più rapidamente dell'Italia, quindi costruendo così lo spread "reale" (quello fra i due tassi di crescita) possiamo leggerlo come lo spread "finanziario" (quello fra i due tassi di interesse).

Naturalmente il Pil non si misura ogni giorno, quindi lo spread "reale" può essere misurato solo a cadenza annuale o trimestrale.

Quello annuale è qui:


e ci vedete quello che sapete (la Germania è cresciuta più dell'Italia solo quando ha fatto dumping salariale a partire dal 2003 e quando ci ha imposto via sorrisetti la funesta austerità a partire dal 2012), mentre quello trimestrale ve lo fornisco per gli ultimi tre anni ed è qui:

Da quando ci sono i fascisti questo spread è nullo o negativo (insomma: quando le va bene la Germania cresce come noi, altrimenti di meno), e questo per gli antifascisti è un bel problema, perché se osserviamo la serie su un periodo più lungo:

magari isolando il periodo pre-pandemico, per evitare che i picchi della pandemia schiaccino troppo il profilo dei dati:

constatiamo che al glorioso ma ormai tramontato tempo dell'antifascismo lo spread fra tassi di crescita era per lo più positivo, a indicare che mentre la sinistra macellava i lavoratori l'Italia, stranamente, arrancava.

Questo lo dedichiamo a quelli che "ma la produzzzzione industriale sta diminuendo!"

E grazie... tante! Con Germania e Francia in recessione da un paio d'anni (e in calo di produzione industriale da quasi dieci, nel caso tedesco) che cosa volete che succeda al nostro Paese, dopo che voi gli avete legato il macigno europeo al collo?

Fra l'autunno 2022 e oggi abbiamo fatto quasi tre punti di crescita cumulata in più rispetto alla Germania: se per i tassi di interesse si usa la Germania come benchmark, usiamolo anche per la crescita reale, altrimenti il discorso è falsato! Dire che nel 2024 siamo cresciuti poco perché abbiamo fatto solo 0.7 sarebbe come dire che oggi i tassi di interesse sono bassi perché sono al 3% o negli anni '80 alti perché erano al 15%. Alti o bassi rispetto a cosa?

Il fatto è che nel 2024 la Germania ha fatto -0.2, quindi noi eravamo sopra di 0.9 (aiutatevi con la calcolatrice). Questa è la valutazione da fare, la variabile da controllare, e quella su cui riflettere. La affido quindi alla vostra riflessione.