martedì 6 luglio 2021

Credito (da Charlie Brown)

(…da Charlie Brown ricevo e pubblico…)


La teoria generale della finanza spiega che il rendimento è funzione positiva del rischio:

R = f (σ)

Il rischio è definito come la probabilità che il risultato dell’investimento sia diverso in più o in meno rispetto al risultato “atteso” . Per questo il rischio è misurato dalla deviazione standard, misura non direzionale.

Esistono quindi infinite coppie coerenti di rischi e rendimento:

 

(R1σ1) , (R2, σ2), (R3, σ3)  …

 

La “teoria del portafoglio” ci dice che il rendimento di uno specifico investimento è funzione solo del suo rischio sistematico, ossia della misura in cui il valore dell’investimento varia , in su o in giù, al variare delle condizioni generali del mercato. Il rischio specifico , correlato alle caratteristiche individuali dell’investimento, può essere “diversificato via” mettendo più investimenti nel portafoglio. Se l’azienda Charlie Brown va peggio della media del settore, l’azienda Alberto Bagnai andrà  meglio e l’azienda Goofynomics  sarà senza infamia e senza lode (performerà come il settore). 

Una banca commerciale italiana ha un vasto portafoglio di clienti operanti in un dato settore. Essa dovrebbe quindi prezzare il denaro dato ad ogni singolo cliente prevalentemente sulla base delle suddette considerazioni (fermi i dovuti presidi prudenziali: non si dovrebbe investire in una bisca, anche se ciò di fatto è spesso avvenuto).  ciò è più o meno ciò che avveniva finché  i crediti concessi venivano impacchettati e venduti in blocco  sul mercato con le cartolarizzazioni. La cosa sfuggì di mano ed  il meccanismo si ruppe dopo Lehman quando si “scoprì” che non è possibile “diversificare via” magicamente anche il rischio sistematico (questa era la falsa magia che nell’ignavia generale pareva trasformare portafogli schifosi  investimenti con rating tripla A – nulla di nuovo sotto il Minsky).

Oggi le banche italiane devono in buona parte gestirsi il rischio internamente.  Esse non si preoccupano più tanto del rischio totale quanto del cosiddetto “downside risk “ ossia della probabilità che i risultati del singolo investimento divergano da quelli attesi  in senso peggiorativo. Le regolamentazioni spingono sempre più in questa direzione. Il risultato è un ingessamento generale del processo del credito commerciale. Prevale una esasperata “avversione al rischio” la quale oltre a scaricarsi sui tassi (oltraggiosamente alti per i clienti più piccoli, non dotati di forza contrattuale e percepiti come intrinsecamente rischiosi ) si trasforma in un razionamento del credito. Le banche cercano di compensare il conseguente calo di fatturato con il trading sui titoli di stato e con le operazioni finanziarie a leva (ambedue le cose sono malviste ma pilatescamente tollerate dal regolatore). 

E quindi?

E quindi, questo blocco del credito non si scioglierà con maggiore regolamentazione prudenziale ma solo alterando la percezione del rischio generalizzato di insolvenza. Il che non avverrà grazie a spontanei cambi di “mood”, ma grazie ad una politica economica  massicciamente espansiva e reflattiva la quale faccia uscire l’Italia dalla sua trappola di liquidità, stimolando nel mentre un sano “risk appetite” nel settore bancario.



(…dichiaro aperta la discussione generale, con un’osservazione: è Basilea, bellezza!…)

16 commenti:

  1. Ma .... proprio durante la partita?

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  2. Più che la "perdita attesa" e la copertura del rischio di credito, tutto sommato ancora gestibile, ciò che frena le banche è la "perdita inattesa", che va coperta con Patrimonio che viene sempre più eroso da regole di Vigilanza procicliche e demenziali e che non può essere aumentato illimitatamente, visto che il Roe ancora conta per gli azionisti. Aggiungiamo la virata della gestione verso la vendita di prodotti complementari non creditizi, nella vana illusione di rimpiazzare Margini di interesse ridotti all'osso da anni di tassi "anomali" con Margini di intermediazione da servizi e la visione miope dei manager, interessati solo allo stimolo di breve del MbO e il disastro è servito. Se non si invertono tutti questi comportamenti indotti, non ci sarà proprio interesse a fare credito, indipendentemente dal livello di rischio accettabile.

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  3. Il debitore, in assenza di inflazione, ha difficoltà nel rimborso del debito. Credo che il sistema, per funzionare correttamente abbia bisogno del lubrificante dell'inflazione. L'attività di finanziamento alle imprese non ritengo sia compatibile con la distribuzione di dividendi agli azionisti, ma necessita che i margini vengano finalizzati a patrimonializzare gli enti prestatori. Questo era il sistema prevalente in Italia, che è stato demolito di proposito: pubblico, frazionato, locale. Se tornasse un minimo di buon senzo........ Ma!

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  4. Commento molto interessante e istruttivo. Mi permetto di agganciarmi allo stesso per fare 3 ulteriori considerazioni personali. Mi scuso in anticipo con MIPIACE per eventuali inesattezze e dissonanze con il suo pensiero.
    1) La preoccupazione per le perdite inattese indica proprio quel generalizzato pessimismo - endemico e indotto - che definirei "anoressia creditizia con annesse scappatelle notturne nel frigorifero del rischio";
    2) Imporre buffer di capitale e presidi rafforzati per fronteggiare perdite inattese non ha senso. Come posso quantificare l'effetto di una cosa non prevedibile e mobile qual piuma a vento? Qualcuno deve giocoforza cristallizzare in un dato momento congetture soggettive e arbitrarie circa l'unknown unknown. Con una materia d'esame indefinita gli esami di maturità non finiranno mai e non basteranno mai. Lo studente sarà ostaggio a vita dei commissari. Valchiria docet.
    3) Nessun buffer e nessun presidio basterà in caso di seria crisi di una specifica banca. I salvataggi pubblici recenti e passati lo dimostrano. Ciò vale tanto di più in caso di crisi bancaria sistemica, la quale è sempre principalmente una crisi di liquidità. Il backstop per i cigni neri e grigi sarà sempre e solo lo stato. Ne consegue che in una situazione di stagnazione economica la regolamentazione prudenziale rafforzata fa vivere le banche da ammalate croniche senza curarle quando si ammalano davvero. Il problema è macro: gli interventi di M.me Noui, del Sig. Enria, ecc. sono la continuazione dell’austerity con altri mezzi.
    Charlie

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    1. La perdita "inattesa" non è qualcosa di inatteso o incalcolabile (Otelma non c'entra nulla). E' il risultato di una percentuale (dettata dalla Vigilanza BCE) applicata all'Attivo (impieghi economici a imprese e privati) ponderato per il rischio associato alle singole forme tecniche che compongono il Totale (ad esempio, un mutuo ipotecario è considerato meno rischioso di uno scoperto di c/c e via discorrendo) cui si applica il peso del Wacc (media della remunerazione del Patrimonio (equity) e delle forme assimilate (quasi equity) e del debito puro). La risultante deve trovare a fronte un Patrimonio con certe proporzioni a garanzia. Senza cessioni di Attivo a condizioni capestro via NPL, utilizzate massicciamente dalle banche nell'ultimo periodo (a vantaggio degli amici della grande finanza), si dovrebbe continuamente procedere ad aumenti di capitale che renderebbero non realizzabile un ROE di soddisfazione per l'azionista.
      Scusi la prolissità ma non riesco a condensare oltre i concetti.

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    2. Per chi ci stesse leggendo segnalo questo lavoro non recentissimo ma molto chiaro:

      https://www.moderari.com/public/articoli/34/2013-03-Perdite-attese-perdite-inattese.pdf

      Ivi a pagina 6 è scritto:

      "Per quanto riguarda la perdita inattesa, definita ex ante come la perdita che eccede la perdita attesa, non è possibile prevedere un accantonamento ad hoc, a meno di stressare le probabilità di perdita fino al punto da ricomprendere qualsiasi evento plausibile (e non) di perdita. Peraltro, l’incremento degli accantonamenti oltre il livello di perdita attesa si presta a critiche da parte degli shareholders e degli stakeholders degli intermediari bancari e finanziari, in quanto determinano un drenaggio molto rilevante dal conto economico con effetti molto negativi in termini di risultato di gestione. [...] La gestione delle probabilità di perdita, pertanto, possono riassumersi in un semplice schema secondo il quale la perdita attesa va fronteggiata con accantonamenti di conto economico, mentre la perdita inattesa va fronteggiata con il patrimonio. Naturalmente, come tutte le suddivisioni schematiche, anche questa va mitigata, nel senso che gli effetti sul conto economico si riverberano sul patrimonio netto, in quanto quest’ultimo viene modificato dal risultato economico netto. Pertanto, se gli accantonamenti sono inferiori alle perdite attese, la perdita (o il minor utile) che si determina a consuntivo implicherà una riduzione (o un minor incremento) del patrimonio netto. "

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    3. Proprio questo è il punto. Mentre la E.L. (expected loss) può essere coperta (almeno in teoria) con un pricing adeguato (copertura dell'accantonamento a c/economico più un mark up di guadagno) e, con una selezione attiva delle classi di rating assistite, minimizzata, la U.L. (unexpected loss) è influenzata da regole largamente ingestibili. Unica leva di facile uso per contrastare la U.L. è la minimizzazione dell'Attivo a rischio, reso sempre più costoso (in termini di livelli di Patrimonio necessario) da regole che ne determinano forzosamente il "deterioramento regolamentare" (creazione di NPL). Da ciò discende la riluttanza ad operare sul lato degli Impieghi economici a clientela ordinaria (imprese e privati), privilegiando viceversa gli investimenti finanziari e la vendita di prodotti finanziari (e non) "indiretti", prezzati con minor (o nullo) rischio. Il Calendar Provisioning (come già accaduto, ad esempio, per gli UTP vintage) spingerà verosimilmente ad ulteriori dismissioni "forzose" a condizioni capestro dell'Attivo divenuto "rischioso" (NPL) e "costoso" (Patrimonio di Vigilanza), spingendo sempre di più le banche verso la disintermediazione creditizia. In brutale sintesi: la banca eviterà di rifinanziare l'"economia reale" che presenta margini economici risicati e necessità di capitale che produce un ROE insoddisfacente. Mi scuso ancora per la lunghezza dell'intervento ma volevo solo chiarire il mio punto di vista per evitare equivoci.

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  5. A qui si va proprio nello specifico, devo rimettermi a studiare per dare una risposta soddisfacente, però mi piace che fate anche domande cosi argute.

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    1. Dove credevi di essere capitato, per capire?

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    2. No sono piacevolmente sorpreso, avevo sentito parlare del Blog anche da lei, ma non avevo creduto alle leggende metropolitane.

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    3. Buongiorno,
      non dimentichiamoci delle nuove linee guida EBA entrate in vigore recentemente il 1 luglio.

      Quadro operativo e normativo modificato, a cui dobbiamo aggiungere le metriche LOM. Di fatto un grande punto interrogativo sugli scenari collegati al monitoraggio del credito stesso.

      Tutto si sta sempre più evolvendo seguendo la “logica e prassi europea”.

      Saluti

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  6. Qui compianto John Fortune (R.I.P.) fa una descrizione realistica (senza formule) di come funziona nella prassi la percezione del rischio di insolvenza.

    https://www.youtube.com/watch?v=mzJmTCYmo9g&list=LL&index=11

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  7. Markowitz, c'ho fatto la tesi, covarianza dei rendimenti, Charlie poteva fare di meglio. Comunque al momento le banche, che detto per inciso si reggono per due e per tre pur registrando utili contabili record, non hanno alcun interesse a fare credito. E infatti non lo fanno. Poi in assenza di domanda aggregata tutta questa richiesta di K da parte degli imprenditori neppure risulta...

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  8. Una storia per comprendere l'applicazione di quanto esposto:
    azienda nuova presenta domanda per finanziamento Invitalia. Vince il bando ed ottiene un finanziamento di 50.000 €.
    Il bando prevede che l'azienda faccia gli acquisti prima di ricevere la prima tranche del 50%.
    Chiede quindi un fido temporaneo alla banca per acquisto attrezzature. Il fido viene negato. Azienda troppo giovane. Allora presenta una serie di garanzie (immobile + garante). Il fido viene negato.
    L'azienda allora si affida a mediocredito tramite il fondo di garanzia. Dopo una trafila che dura due mesi, ottiene la garanzia totale sul fido bancario da parte di mediocredito.
    La banca rifiuta il fido perché "le risultanze aziendali non rispettano gli standard istituto del merito creditizio".
    Azienda nuova con singolo socio senza alcun problema personale.

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  9. C. B. non porta belle notizie :)
    Scherzi a parte, diciamo che se ad esempio la nuova società che gestirà le autostrade italiane, tramite CDP, decidesse di pagare in maniera relativamente veloce i debiti contratti dai Benetton e, soprattutto, di investire pesantemente in manutenzione e potenziamento della rete autostradale stessa, darebbe un ottimo impulso alla concessione del credito.
    Alla fine "l'apertura dei rubinetti" in questi periodi può arrivare solo dallo stato, anche se la prospettiva della riattivazione del patto di STUPIDITÀ E DECRESCITA nel 2023 non aiuta.

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