domenica 7 gennaio 2018

Il saccheggio del Made in Italy

(...prosegue qui un dibattito serio su una cosa seria, mentre i gazzettieri si occupano in modo ridicolo di cose serie, o in modo serio di cose ridicole, seguendo il naturale corso degli eventi, che naturalmente li avvia all'estinzione: quell'estinzione che qui abbiamo con forza affermato essere condizione necessaria ma non sufficiente per l'affermarsi nel nostro paese di un processo politico realmente democratico...)





Caro Alberto,

l’intervento di Brazzale ed il tuo successivo post (che non era mio, ma di uno de passaggio; comunque, ormai ci ho rinunciato: fra un po' penserete che io sono il CEO di Google perché il mio blog è su blogspot...NdC) sono un invito a nozze per me. Non posso non intervenire su temi che mi vedono coinvolto ormai da 25 anni in veste di professionista prima ed imprenditore poi.

Cercherò di non cadere nell’errore tipico di noi aziendalisti, così efficacemente riassunto dalle parole del professor Cesare Pozzi durante il suo intervento al goofy6:


Dalla mia credo di avere un lungo periodo di esperienza in diversi settori industriali, in aziende di diverse dimensioni (un paio anche grandi, le altre medie), situate in diverse zone del nostro Paese. Tutte queste aziende hanno sempre operato sui mercati esteri, da quando c’era la Lira e bisognava fare il benestare bancario per esportare (astenersi Millenials). Insomma, si tratta di qualcosa in più, spero, del micugginismo e di qualcosa in meno di una ricerca condotta con rigoroso metodo scientifico.

Un'altra premessa di metodo. Parlare di Made in Italy, senza differenziare tra settori (moda, agroalimentare, ecc..) e comparti di uno stesso settore (lattiero-caseario, pasta, prodotti da forno, giusto per fermarsi all’agroalimentare) comporta l’elevatissimo rischio di trarre conclusioni appropriate per un settore ma completamente fuori luogo per un altro. Le dinamiche competitive sono molto diverse, la struttura e la concentrazione dei settori altrettanto diverse. Mi sforzerò, tuttavia di cercare un minimo comune denominatore.

Dopo la premessa di metodo, vengo al merito:


Come sottolineato in un tweet, Brazzale si concentra quasi esclusivamente sul tema della provenienza dei fattori produttivi e, da lì, prendendo atto della provenienza dalle più disparate nazioni, conclude che il Made in Italy non esiste. Al netto della volontà di provocare un dibattito, Brazzale manca proprio il fulcro del problema.

Si focalizza infatti, in particolare, sul tema della provenienza delle materie prime, soffermandosi su una lotta di retroguardia che tanti danni sta facendo all’agroalimentare italiano.

Il fattore differenziale non risiede infatti nella provenienza delle materie prime, quanto nella capacità di lavorarle, di arricchirle di un “saper fare” unico e molto spesso legato al territorio, di trasformarle con ricette tramandate da secoli e migliorate con la tecnologia. Tutte queste attività sono inscindibilmente legate al Territorio, con la T maiuscola, ed è proprio questo legame che il consumatore, soprattutto estero, apprezza e compra.

Intestardirsi, come continuano a fare Coldiretti e molte associazioni dei consumatori, sulla provenienza della materia prima come condizione essenziale per fregiarsi del titolo Made in Italy, è un errore, contro cui giustamente Brazzale si scaglia. Le migliori mozzarelle e burrate pugliesi sono fatte con latte proveniente in uguale misura dalla Germania (su questo ci sarebbe da aprire un fronte su cosa potrebbe accadere col cambio Lira/DEM a 1.200, ma perderemmo il filo del discorso) e dalle colline della Murgia. È importante che il consumatore lo sappia, ma non è un fattore discriminante, anche perché gli imprenditori pugliesi del settore mi confermano che la carica batterica e le qualità organolettiche del latte tedesco sono eccellenti. Ciò che conta è dove viene eseguita la trasformazione di quelle materie prime ed il risultato di tale trasformazione. Che è tale solo perché delle persone ci mettono decenni di esperienza, di gusto, di creatività. Tutte caratteristiche che non trovi in altre parti del mondo.

Potrei fare l’esempio della pasta. È noto che la produzione di grano duro nazionale è insufficiente per il fabbisogno dell’’industria di trasformazione (anche qui potremmo aprire un’ampia parentesi sulle cause di lungo periodo, politiche UE soprattutto, che hanno determinato questo deficit strutturale) e che poco meno della metà del grano duro proviene dall’estero (USA, Canada, Australia, Francia, Kazakistan...). Accertato che i parametri fisico-chimici di questa merce sono rispondenti alle norme che tutelano la salute dei consumatori, e vi assicuro che i controlli nei porti e nei pastifici sono capillari, la pasta prodotta è il risultato di sapienti miscele di grani di diverse provenienze, di diagrammi di produzione frutto di decenni di esperienza di persone appassionate e competenti. In una parola, la pasta De Cecco potrebbe essere prodotta solo a Fara San Martino, non in Moldavia.

In Turchia, il settore della pasta sta avendo un forte sviluppo negli ultimi anni.  Stanno comprando gli stessi macchinari per la pastificazione che abbiamo in Italia, stanno comprando il grano dagli stessi fornitori e stanno offrendo prodotto sugli stessi mercati internazionali su cui vendono i nostri marchi più prestigiosi. I risultati in termini qualitativi non sono paragonabili ma, soprattutto, il posizionamento di prezzo è nettamente inferiore al nostro. Il consumatore vuole mangiare italiano, a prescindere.

Non voglio dire che Brazzale solleva un problema inesistente, ma che non è un problema centrale. Il punto che Brazzale manca di cogliere è purtroppo un altro.

Negli ultimi 20 anni (ma potremmo andare anche indietro nel tempo) la politica industriale del nostro Paese ha sistematicamente indebolito quella spina dorsale di migliaia di piccole e medie imprese agili, ricche di competenze, rette da persone che trascorrevano 200 giorni l’anno in giro per il mondo a fare conoscere i nostri prodotti. Quanti proclami contro il nanismo delle nostre imprese abbiamo dovuto ascoltare da chi ha creato le condizioni affinché la dimensione aziendale fosse una discriminante e penalizzasse i piccoli?

Quanti studi farlocchi che dimostravano la insufficienza delle spese in ricerca e sviluppo delle nostre aziende? Ignorando che tutte le PMI, per risparmiare imposte sul reddito, nascondevano tra i costi tali voci, anziché capitalizzarli e renderli visibili nello stato patrimoniale? Se tutte le PMI capitalizzassero le spese in ricerca, sarei proprio curioso di sapere dove saremmo nelle classifiche che tanto piacciono ai vari Zingales, per dimostrare il mancato aggancio delle nostre imprese alla rivoluzione ITC degli anni ’90 e spiegare così il declino cominciato proprio in quegli anni.

Quanti fondi di private equity abbiamo visto all’opera in gioielli del nostro agroalimentare? Li abbiamo visti arrivare, tagliare personale, introdurre SAP, burocratizzare le aziende e privarle della agilità decisionale, quella che gli consentiva di impostare una strategia in mezza giornata e bruciare i concorrenti tedeschi che, nel frattempo, erano ancora intenti a riunire i loro consigli di amministrazione?

Un’ultima riflessione, non specificamente legata al tema del Made in Italy. In tanti anni di attività solo nelle PMI ho visto sensibilità ed attenzione alle persone ed al loro destino. Può apparire una inopportuna generalizzazione che si presta a facili obiezioni, perché gli atteggiamenti predatori non sono mancati, anche tra le PMI. Ma la facilità con cui in una grande impresa si tagliano teste che nemmeno conosci è cosa ben diversa dal travaglio che vive l’imprenditore che conosce ad uno ad uno tutti i suoi dipendenti, conosce i loro problemi, il mutuo da pagare. Per molti è l’unico patrimonio della vita e ne ho visti tanti resistere fino all’ultimo, distruggendo le loro residue capacità patrimoniali, pur di non lasciare per strada persone con cui lavoravano fianco a fianco da decenni.







(...bene: a molte di queste cose, come sapete, ero arrivato per via accademica partendo da una riflessione sviluppata con voi cinque anni or sono, che ha condotto a svariati articoli pirreviùd: questo, sul declino dell'Italia, questo, che mette a confronto spiegazioni alternative del declino nei paesi del Sud dell'Eurozona, e infine questo, che spiega e misura attraverso quali canali l'adesione alla moneta unica sta allargando il divario fra le economie del paesi membri. L'autore del contributo odierno sta assistendo coi suoi occhi al saccheggio del nostro Made in Italy da parte di fondi di private equity. Saranno impazziti, questi investitori esteri, nel comprarsi marchi non particolarmente noti al grande pubblico in settori non particolarmente innovativi come l'agroalimentare? Credo di no, credo che si stiano semplicemente appropriando della nostra capacità di creare valore - salvo poi dilapidarle, come il nostro amico spiega. Il risultato sarà la fuoriuscita di profitti e competenze dal nostro paese, la desertificazione di quel poco di vitale che è rimasto. Di questo risultato saranno stati artefici i governi PD - e in generale europeisti (leggi: Berlusconi) - e i loro aedi - e in particolare, il Sole 24 Ore, che più e più volte ha vilipeso dalle sue colonne i piccoli e medi imprenditori, spina dorsale del nostro paese, come, del resto, dell'economia tedesca, e più in generale di ogni economia funzionante. Il discorso puramente ideologico contro le nostre PMI, condotto dalle nostre élite e dai loro giornali non può avere altro fondamento razionale che non sia la loro subalternità agli interessi esteri, o la connivenza con essi. D'altra parte, non si vede perché un governo che disprezza il proprio popolo debba apprezzarne la capacità imprenditoriale. Un pezzo del delirio europeista è l'idea lievemente fuori tempo massimo che il piccolo e medio imprenditore sia il nemico di classe, da combattere con tutti i mezzi a disposizione, incluso il manganello del cambio sopravvalutato. Certo, questo suicidio fa male soprattutto ai lavoratori, ma, come abbiamo visto in anni di dibattito, il fatto che faccia male anche agli imprenditori serve a dare a questo tradimento dell'interesse del paese un piacevole retrogusto "de sinistra" (fra l'altro sollevando quest'ultima dal compito gravoso di individuare il vero nemico... che spesso, guarda caso, si trova fra i di lei finanziatori: il grande capitale finanziario internazionale!). Credo sia ora di sfrattare dall'Italia chi la disprezza e la vende a chi vuole parassitarla. Ancora un paio di mesi di pazienza, e ne avremo l'opportunità: un'opportunità che è solo il primo passo di un lungo percorso. Ma proprio perché il percorso è lungo, occorre che il primo passo sia mosso nella direzione giusta...)

131 commenti:

  1. Le medie,piccole e piccolissime imprese erano e sono tutt'ora la spina dorsale del sistema industriale italiano una vera e propria linea del Piave che ha impedito al paese di affondare definitivamente in questi anni. E cosa che evidentemente dà un fastidio terribile sono difficilmente attaccabili perché non sono quotate in borsa. Ne hanno cda in cui il sistema possa infiltrare quinte colonne.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vero, e il credit crunch artificialmente provocato dal dottor morte, aka rag Monti, è stato un vero e proprio attacco al sistema delle PMI . Ma il sistema in qualche modo ha retto ed io spero che dopo marzo ci sia un governo che sappia meglio difendere banche e PMI italiane.

      Elimina
  2. La lotta economica che la sinistra (aiutata e ispirata da Confindustria e da coloro che dall'estero ambiscono alla conquista dei concorrenti) è evidente.
    È una guerra che dura da decenni e che ha nell'Euro e nella alta tassazione i 2 strumenti principali.
    L'obiettivo è l'eliminazione economica di quelle categorie produttive più indifese politicamente con lo scopo ultimo di giungere ad un totale sovvertimento dei rapporti economici a favore di chi invece è in grado di determinare le decisioni fondamentali in materia economica: il grande capitale.

    RispondiElimina
  3. Voglio usare anch'io il metodo "qualcosa in più del micugginismo e qualcosa in meno di una ricerca condotta con rigoroso metodo scientifico", e in base alla mia ventennale esperienza nel campo aggiungo che "tagliare personale, introdurre SAP, burocratizzare le aziende e privarle della agilità decisionale" è problema che riguarda anche le megaditte delle telecomunicazioni.


    OT: complimenti all'autore, che non è il Prof perché non è il Prof, per come scrive (l'autore che non è il Prof).
    Anzi, in generale questo blog è sempre stimolante anche dal punto di vista letterario, per mille motivi che non elenco per non leccare troppo il meato al Prof.
    Uno solo, il principale: è un grande, tragicomico romanzo sperimentale post-post-moderno (?), un vorticoso pamphlet ipertestuale, un rizoma contro-narrativo impossibile da sistematizzare, senza centro e periferia, perché tutto è centro e tutto è periferia e tout se tient. Che poi è il motivo per cui l'ottima idea del Prof. di cavarne un indice per facilitare l'approccio del neofita è però a mio avviso difficilmente praticabile, servirebbero forza disumana e tempo, tempo, tempo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per aver ricordato il SAP che sta "imbrigliando" la maggior parte delle industrie farmaceutiche in un oceano di adempimenti in rete che entro non più di 5 anni distruggeranno proprio uno dei ns. dati fondamentali cioè la versatilità e la capacità di intervenire con un rapido processo logico e di esperienza che il sistema (SAP) non riconosce,non prevede e che blocca la produzione.

      Elimina
    2. Ho visto implementare (dall'interno) SAP nel settore delle multiutility (quelle "partecipate locali" che il buon Di Maio vuole privatizzare per tagliare il debitopubblicobrutto).
      È un mostro a sette teste assolutamente inadatto al modello organizzativo italiano. Modello che ho potuto apprezzare confrontandolo con il modello manageriale USA.
      SAP é adatto ai tedeschi. E non è un complimento né per SAP né per i tedeschi.

      Elimina
    3. @Giuseppe Iaconis: non sono sicuro di aver capito bene. Lungi da me voler fare l'avvocato d'ufficio di SAP (non ci ho mai lavorato, anche se in genere era presente, in qualche funzione, in praticamente tutti i grossi clienti con cui ho collaborato), ma non capisco bene NEL SETTORE FARMACEUTICO dove andrebbe a collocarsi "la versatilità e la capacità di intervenire con un rapido processo logico e di esperienza".

      Per quanto ne so di protocolli da rispettare nel Pharma ce ne sono una quantita' enorme, dettagliatissima e ferrea. Sia per la parte di sperimentazione, sia per quella di produzione del farmaco. E vorrei ben vedere.

      Mi pare un tantino avventato sostenere che sia un o oscuro disegno di chi vende SAP (o anche solo uno spiacevole effetto collaterale di averlo adottato).

      Elimina
    4. @PaMar
      In questa industria esistono già le norme GMP e quelle della FDA. Quale bisogno c'è di interconnettere a questo sistema ogni piccola e/o piccolissima azione di correzione che si renda necessaria? Le norme esistenti già prevedono con protocolli interni(SOP)ed esterni le modalità d'intervento quindi perchè un sistema che se implementato mette in calendario centinaia di deviazioni delle quali nella "normalità" te ne troveresti solo il 10% e che oltretutto costringe i gestori a perdere più tempo sui PC a pararsi il fondo dei pantaloni invece che lavorare per correggere e per produrre? E' lapalissiano che chi vende armi non è responsabile dell'uso che ne fa l'acquirente.

      Elimina
    5. rispetto al settore farmaceutico un'intervista piuttosto esplicativa è questa:

      http://www.antonioamorosi.it/2017/11/07/la-fine-della-borghesia-italiana-il-italia-anche-il-benefattore-golinelli-getta-la-spugna/

      in particolare dove si dice che "Più delle solite parole di politici e sindacalisti quale futuro ci sia in Italia lo fa capire il piano industriale di Alfasigma. In Italia non si intravedono prospettive di crescita vista l’«incertezza legata alla forte instabilità politica… la spesa farmaceutica nazionale è inferiore del 30% agli altri grandi Paesi europei (con prezzi inferiori, ndr) … il settore è inoltre caratterizzato da continue e diverse misure di contenimento della spesa»". cioè la spesa pubblica è reddito privato. La cosa tragicamente divertente è che non più di due anni fa su Affari&Finanza di Repubblica compariva invece questo
      altro articolo:

      http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2015/06/29/news/marino_golinelli_il_bill_gates_italiano_mecenate_a_95_anni_penso_al_vostro_futuro-117978421/

      Elimina
  4. [guest comment]
    L'agroalimentare è più identificabile con un sistema (il "food system", come lo chiamano in letteratura e principalmente negli Stati Uniti). Il settore è l'agricoltura (settore primario). Poi c'è il settore agroindustriale, cioè le industrie della trasformazione dei prodotti agricoli.

    Naturalmente, come il post sottolinea, la realtà è complessa e diversificata. E poi le definizioni sono naturalmente concetti utili per lavorare, ma dinamici e non assoluti. Il post include però tutto nell'agroalimentare, mi sembra.

    La difesa di Coldiretti nei confronti della filiera produttiva, tendente ad identificare un prodotto agroalimentare Made in Italy con qualcosa di coltivato e trasformato in Italia non è scorretto ed ha un senso in termini almeno ambientali e culturali (cioè di "food system"). Vorrei dire anche in termini economici, ma mi rendo conto che in economia le esternalità non verranno mai considerate (sul serio), per non parlare delle considerazioni socioeconomiche quali la sovranità alimentare.

    Con tutto ciò, è noto che l'industria di trasformazione agroalimentare italiana abbia caratteristiche uniche al mondo e vada di per sé preservata (marchi spesso a nome e proprietà familiare, relativa insensibilità alla recente crisi economica, relativa stabilità degli occupati, etc.).

    Dire poi che la mozzarella ha lo stesso sapore qualunque sia la provenienza del latte, è semplicemente errato. Questo in generale vale per i prodotti agroalimentari, compresi quelli che subiscono trasformazione industriale, pur se in misura variabile a seconda del prodotto. Infine, la prospettiva di Coldiretti è una prospettiva di associazione di categoria, che giustamente vede il coltivatore diretto, meglio se riesce a fare trasformzione e vendita in azienda per tenersi un po' del valore aggiunto che generalmente vede col binocolo.

    La prospettiva che il post descrive è un po' quella portata avanti da Federalimentare, ugualmente rispettabile e di pari dignità rispetto alla precedente, ma comunque una prospettiva di associazione di categoria.

    f.to un agronomo italiano

    RispondiElimina
  5. Vedasi il Padoan economista (prima di diventare ministro)

    "Specific efforts should also be made to restore credit flow to SMEs, which are the main driver of investment and employment in Europe and have been overly hit by financial fragmentation. On-going joint work in that area by the Commission and the EIB, in liaison with the ECB, should be pursued."

    Qui http://voxeu.org/article/reduce-policy-uncertainty-solidify-ez-recovery

    RispondiElimina
  6. Ci rilasceranno uscire dall'euro solo quando questo saccheggio sarà finito perché ci avranno tolto ogni capacità di competere, e siamo già a buon punto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Aderisco:
      se non facciamo nulla, l'uscita avverrà quando converrà ai paesi CORE avere una colonia economica con moneta svalutata per godere meglio dei vantaggi del cambio.

      A meno che non c'incazziamo, ma la gente è stupida e ora fanno gregge nel recinto a 5 stelle. Non li voglio sentire belare poi.

      Elimina
    2. In effetti potremmo anche incazzarci, e sarebbe MOLTO bello farlo, se solo avessimo un’identità nazionale forte e condivisa, ma sarebbe più facile se il Risorgimento e in parte anche la Resistenza non fossero state solo delle costruzioni astratte di ingegneria sociale e politica, zeppe di balle in cui infatti la maggior parte della gente non riesce a riconoscersi, narrazioni create dalle solite Potenze straniere, un po’ come è oggi l’euro. Avremmo potuto sfruttare i tempi delle vacche grasse per ricostruire la vera storia dei nostri popoli, e sarebbe stato MOLTO interessante poterlo fare un po’ più liberamente quando eravamo sotto l’ombrello USA (che nel bene e nel male ci ha permesso anche una crescita più che discreta). Ma ogni tentativo è stato stroncato come “revisionismo” dai soliti sacerdoti-farisei dell’Azionismo o quello che è…; e un po’ ammettiamolo preferivamo l’ignoranza per crogiolarci nel consumismo. Infatti ora non c’è più tempo, perchè gli USA non sono più quelli di una volta oggi che il loro ombrello sembra tenerci più nel male che nel bene (e si legge in giro che danno persino segni di implosione sociale interna simili all’Urss di fine anni ’80), e soprattutto perché il saccheggio del made in italy è troppo vicino al punto di non ritorno. Urge un miracolo… oppure urge un deciso cambio di alleanze: “Putin è uno statista, noi invece abbiamo degli amministratori delegati…”(Gianandrea Gaiani).

      Elimina
  7. Ottima sintesi che da piccolissimo imprenditore condivido in pieno...

    RispondiElimina
  8. Ricordo un De Cecco non produttore di pasta che tanto scherniva le PMI. Quando si dice un nome abusato

    RispondiElimina
  9. In merito a questo dibattito mi viene in mente un ragazzo ucraino conosciuto a Manziana (alle porte di Roma) che fa il norcino.
    Sembra una barzelletta, ma questo ragazzo lavora con il suo maestro e sa che per fare il 'norcino' deve stare sul pezzo in questo territorio.

    Mi piace sottolineare questo aspetto che ricollego al dibattito: forse non è importante se è 'fatto in Italia' o se 'fatto da italiani'.
    Vedo le due cose complementari e balzerà agli occhi di tutti che il filo conduttore di entrambe le posizioni è proprio l'Italia.

    Io purtroppo ero tra quelli che eravamo delle merde, dei corrotti, che controllava le classifiche di Transparency International, che ecc, ecc...

    Poi però ho cominciato a farmi le giuste domande (perché comunque la voglia di studiare non mi è mai mancata) e ho capito che come tutti abbiamo dei difetti ma come pochi abbiamo visto l'eccellenza nascere e vivere nel nostro Paese.

    E soprattutto ho capito che in una democrazia rappresentativa devo votare chi mi rappresenta. E il PD, partito dove ho militato per tanti anni (addirittura ho il mio passato macchiato da L'Ulivo!), è proprio il mio avversario.

    RispondiElimina
  10. Scusi Professor Bagnai, ma qual è la direzione giusta. No perché sulla ridicola iniziativa del museo egizio di Torino la "Sindachessa" Appendino si è espressa a favore. Insomma, sono disorientato : il nemico l'ho individuato, come quasi tutti qui nel blog, ma chi votare alle prossime elezioni? Salvini? Dice cose condivisibili ma siamo sicuri che manterrebbe quello che dice?
    Quale sarebbe il voto più destabilizzante per la Europa?
    Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse Salvini non manterrà quanto promesso, tuttavia se non lo si fa vincere non potremo mai verificarlo.

      Elimina
    2. Il fatto che un politico o un intero partito possano non mantenere, una volta giunti al governo, le promesse della campagna elettorale non mi sembra un motivo valido per sollevare dubbi. Tale è il "gioco" della politica, e questo è un rischio che si corre sempre.
      Io preferisco sempre votare chi non mantiene promesse allettanti che votare chi poi effettivamente realizza progetti sciagurati (o comunque non fa niente per cambiare il penoso stato di cose che si trova ad affrontare).

      Elimina
    3. Lega al senato , M5S alla camera . Per chi ha la matita a 2 colpi . I millennials si possono dividere per iniziale del cognome: da A a L e da M a Z .
      Costringendoli alla coalizione per governare .

      Elimina
    4. Il voto,purtroppo,è un voto contro,il PD,non a favore della Lega.Per adesso possiamo permetterci solo questo.

      Elimina
    5. Caro Sig. Triggiani voti chi vuole , ma vada a votare .
      In queste elezioni si sta giocando una partita importantissima , e i media stanno facendo di tutto per scoraggiare il voto popolare . Non le ripeterò le varie argomentazioni , che sono sicuro che anche lei conosce, ma le invio uno scritto di Ennio Flaiano che rende bene la sintesi del non voto .

      Si chiamava Libertà. Un giorno scese per strada e prese a interrogare la gente che incontrava. Le risposte che ebbe furono di questo genere: «Fatevi i fatti vostri. – Non te ne incaricare. – Impicciati per te. – Lascia perdere. – Chi te lo fa fare? – Te l'ha ordinato il medico? – Ti pagano per questo? – Sei stanca di campare? – Ti puzza di vivere? – Attacca l'asino dove vuole il padrone. – Non fare la stupida. – Non ti mettere nei guai. – Gli stracci vanno per aria. – Passata la festa gabbato il santo. – L'oro non si macchia. – Sta' coi frati e zappa l'orto». Libertà disse: «Questa gente è molto saggia, non ha bisogno di me». Infatti cominciò a uscire meno e un giorno annunciò che se ne andava. Ai giornalisti che l'assediavano per conoscere i motivi della sua decisione rispose in modo alquanto enigmatico. Disse sorridendo: «La libertà va tenuta in continua riparazione».“

      Elimina
    6. Devi farti una sola domanda e non pensare a nient'altro: qual è il voto che più disturba Bruxelles, cioè Berlino? Poi, a risultato acquisito, ragioniamo, chiediamo critichiamo, ci scaldiamo, ma DOPO.

      Elimina
    7. L' unica speranza e` il centrodestra al 40% con Salvini primo partito del centro destra! Tutti gli altri possibili scenari sono da incubo.
      firmato : una ex de sinistra

      Elimina
    8. Una cosa è certa. Da qui al voto, faranno in modo che il voto più destabilizzante lo sia il meno possibile. Diluendone il principio attivo, dovremmo riuscire a aumentarne la dose. Sarà difficile.

      Elimina
    9. Concordo con quanto scritto sopra...
      Fra pochi giorni assisteremo ad un vero e proprio attacco mediatico alla Lega Nord (Berlusconi invece verrà trattato con i guanti per motivi che forse molti hanno già intuito).
      Quindi secondo me l'unica possibilità che abbiamo è votare Salvini o in alternativa (per chi proprio non ce la fa) la Meloni per consentirgli di superare agevolmente la soglia di sbarramento.
      Inutile disperdere il voto nella miriade di partitini sovranisti o estremi, perchè tanto loro la soglia non la supereranno mai e si andrebbe altresì ad indebolire la parte di Cdx sana ed utile a favore di PD e M5S.

      Elimina
    10. La Lega rappresenta il 25% di una coalizione di partiti di CDX i quali sono solo per metà contro leuropa, cioè 2 partiti su 4 hanno il 50% circa dei loro programmi (o meglio delle anticipazioni che hanno dato dei programmi) che si oppongono alla attuali politiche leuropee.

      Il Movimento 5 Stelle ha, invece, un programma elettorale programma elettorale scritto e votato dagli iscritti, già pubblicato da tempo e disponibile per tutti on line.

      Questo programma per oltre il 75% è contro leuropa, cioè questa governance europea contraria alla Costituzione Italiana e alla sovranità popolare, nel programma sono identificabili moltissimi punti a difesa delle PMI, del lavoro, della sovranità e dell'economia nazionale ... in sintesi a difesa dell'Italia e dei cittadini tutti.

      Pertanto tutto dipende da chi verrà messo in lista, nel Movimento 5 Stelle attraverso le parlamentarie una selezione aperta e partecipativa, nelle altre coalizioni NON LO SO. Poi vedremo chi sarà eletto in parlamento e quanto i singoli senatori e deputati faranno proprie le parti dei programmi che vogliono cambiare il paradigma e il racconto leuropeo.

      Ma nella peggiore delle ipotesi gli eletti per il movimento 5 stelle dovrebbero in maggioranza rinnegare il 75% circa del loro programma e non avrebbero scuse per il loro voltafaccia mentre nel CDX basterebbe molto molto meno e tutti avrebbero la scusa che lo fanno perchè la coalizione nel suo insieme deve garantire la GOVERNABILITA' con i COMPROMESSI

      Leggete e pensateci

      Elimina
    11. Insomma, suggerite di votare Lega per mandare un chiaro messaggio antieuro, e questo lo posso capire. Però che pelo sullo stomaco.

      Elimina
    12. Non resisto e devo rispondere al sig.Tarabella... Opps Di Mario dixit. Dopo badilata: è dura ma se ha umiltà può fare una cosa. Non ricominci da tre, ma dal primo post, con annessi commenti.

      Elimina
    13. Mi scusi Battista Dotti non ho capito la sua risposta, pertanto non la prendo come offensiva.

      Comunque a me non piace ricominciare da tre o da uno, e penso che il passato non aiuta in quanto non modificabile e irripetibile.

      Preferisco guardare avanti, il futuro riserva delle belle sorprese che oggi non sono ancora esattamente definibili. Se si opera nell'interesse dei cittadini e della sovranità popolare secondo la Costituzione Italiana si possono cambiare molte cose. Ci vuole coraggio, testa e cuore.

      Elimina
    14. @tarabella: non so se dove 1 vale 1, 1 partito è il 25% di una coalizione. Di sicuro non in parlamento. La lega, unico partito con dimensioni e storia non assimilabili a zero ad essersi espressa sempre coerentemente contro l'euro, sarà il x % della sua coalizione a seconda dei voti che prenderà...

      Elimina
    15. Maroni è una grossa personalità della Lega e si è espresso a favore dell'euro

      Elimina
    16. Maroni al momento non si ricandida per la regione e dato il suo discorso potrebbe più facilmente essere riciclato da forza Italia che dalla lega di oggi.
      Per quanto riguarda il cinque stelle, potrà anche avere l'ottantacinque percento del programma contro leuropa e a favore delle pmi, ma purtroppo sono a favore dell'euro. E quindi, potrebbero avere anche il novantacinque percento del programma contro leuropa e a favore delle pmi, ma se al primo punto non c'è il ritorno alla moneta nazionale, tutto il resto sono chiacchiere da bar, per definizione irrealizzabili. Il referendum sull'euro è solo un'ignobile scusa per mascherare le proprie reali intenzioni. Se vuoi una cosa la metti nel programma. Se no no. Ad esempio non mi pare che ci sia in ballo il referendum sul reddito di cittadinanza. Però sull'euro si. Strano no?

      Elimina
  11. Purtroppo anche il "Saper fare" può essere delocalizzato con discreto successo. Non è un processo facile ma è possibile e molte aziende l'hanno già fatto. Parlo a ragion veduta per esperienza. Il punto, se mi è permesso, non è cosa sia possibile o cosa non lo sia perché anche sulla robotica e AI ci sarebbe molto da dire visto che la sua recente introduzione nel terziario dovrebbe far tremare i polsi inaspettatamente a nuove categorie di impiegati. Il punto è: perché volerla la delocalizzazione e la robotica, a chi giova tra le parti ?!Questione quindi secondo me a prescindere della maggiore o minore efficienza! Come disse Wittgenstein, ad un certo punto le spiegazioni hanno un termine. Prendiamo il caso della guida autonoma delle automobili: i cervelloni insistono fino alla nausea con super studi che la tecnologia eviterà incidenti e migliorerà la sicurezza evitando migliaia di morti. Bene, io rispondo che non credo affatto nello slancio umano di questi personaggi laddove invece vedo chiaramente che il loro intento è quello di appropriarsi di milioni di ore oggi riservate alla guida, per dirottarle nella navigare web su cellulari mentre si sta seduti sul sedile a fare un cazzo contribuendo invece a gonfiare ancor di più il loro portafogli. Sul Made in Italy: andrebbe difeso ... A PRESCINDERE, solo per la semplice ma autosufficiente motivazione che questa è cosa nostra, ci fa star bene, ci da opportunità, arricchisce le nostre vite e i nostri territori e per questo lo vogliamo e lo dobbiamo difendere ad oltranza.

    RispondiElimina
  12. Post perfetto, e grazie a un'altro de passaggio (che non è il Prof).
    La filiera agroalimentare si completa anche con le macchine per produzione e confezionamento. Piccole aziende, nessun reparto R&D, un problema nuovo ad ogni commessa, soluzioni innovative, brevetti se a qualcuno viene in mente di richiederli...

    RispondiElimina
  13. Caro Professore,
    i siluri del governo alle PMI includono anche lo split payment che si applica a:
    - Tutte le amministrazioni;
    - Gli enti ed i soggetti inclusi nel conto consolidato della Pubblica Amministrazione;
    - Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, di diritto o di fatto;
    - Le società controllate di diritto direttamente dagli enti pubblici territoriali;
    - Le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.

    L'estensione alle società pubbliche e a quelle quotate in borsa è interessantissimo perché così le grandi imprese NON vanno a credito di IVA quando lavorano/vendono allo stato e contestualmente subappaltano questi lavori alle PMI, a cui resta l'onere dell'IVA a credito per tutti gli acquisti. Ma se un'impresa è straniera (non residente), questa si avvale del reverse charge per cui non ha oneri finanziari. E' il massimo: si favoriscono le imprese estere.

    Cordiali saluti

    RispondiElimina
  14. OT davvero.

    L'Appendino plaude a un'iniziativa di ingiustizia sociale (quante coppie di italiani non riescono a pagarsi due biglietti) e razzista, oltre che di eliminazione della lingua ufficiale dello Stato che lei dovrebbe rappresentare, visto che la comunicazione dello #scontoarabo pare avvenuta solo in arabo in una parte del territorio nazionale, cioè è stata occultata agli italiani madrelingua.

    La Fedeli obbliga a dimenticarsi dell'italiano quelli che presentano progetti al Miur.

    È chiaro che i Pentastars-Pd stanno distruggendo l'Italia anche con queste modalità?
    Non ce ne risparmiano una.

    RispondiElimina
  15. Io provo ogni giorno con le persone che frequento, con le amiche e gli amici, ad affrontare le questioni di cui sopra, ma purtroppo è come parlare con un muro, con la differenza che il muro ha almeno la decenza di non rispondere.
    Una cosa devo dirgliela, Prof, lei chiude il suo intervento con una nota vagamente ottimista, rimandando a 2 mesi da oggi la risposta all' autorazzismo dilagante, ovvero al 4 marzo.Ora, o sono incapace di intendere( può sempre essere) oppure sinceramente non capisco a cosa faccia riferimento, dubito infatti che le prossime elezioni possano portare qualcosa di- anche indirettamente- buono, mi piacerebbe una sua parola su questo.

    RispondiElimina
  16. Giusto per puntualizzare, visto che l'argomento é stato sfiorato nel post: Prezzo latte crudo alla stalla in Baviera 2017 35,33 € cent/litro - Prezzo latte crudo alla stalla in Lombardia 2017 38,5 €cent/litro.
    Con ritorno al cambio a 1200 lira/marco : Prezzo latte crudo alla stalla 2017 Baviera 829,19 lire/litro - Prezzo latte crudo alla stalla Lombardia 2017 745,46 lire/litro.
    Fonte dati : Osservatorio CLAL

    RispondiElimina
  17. Forse l'UEM e la UE non hanno più la sponda atlantica. In questo caso Salvini potrebbe mantenere ciò che dice senza rischi di essere "incidentato"

    RispondiElimina
  18. La platea delle PMI non vide nell'euro un pericolo mortale? Non ricordo proteste, magari furono nascoste oppure semplicemente la frammentazione fu un ostacolo. Altra ipotesi, nell'immediato ci si è guadagnato, rimanendo invischiati nel paradigma della plutocrazia ricorsiva (il Pedante). Adesso che tocca a sempre più importanti realtà, speriamo utilizzino la loro preparazione e forza per identificare e fermare la folle corsa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io no, non lo vidi. Mi facevo gli affari miei e cercavo di vendere i "cosi" che facevo. Mi cominciarono i sospetti che qualcosa non "funzionava" nel 2007 quando un mio concorrente tedesco comincio' a fare condizioni di pagamento (ai clienti ) per me inarrivabili .
      Non vi e' solo il prezzo(ero sistematicamente sotto del 40% o piu' ) ma anche i termini di pagamento che influenzano le decisioni .
      Una dilazione a "babbo morto" con prezzo doppio la si preferisce sempre .


      Elimina
    2. Certo dove non si arriva con il puro prezzo, si arriva con il credito facile. Sempre nel 2007 la Seat (gruppo VW) che poi comprai era l'unica ad offrire il tasso zero. Ovviamente neppure io sapevo che da quell'anno non avrei più avuto nessun aumento di stipendio...

      Elimina
  19. Complimenti all'autore di questo testo.
    Condivido a 100%. E' impeccabile l'elogio che fa delle PMI italiane, il cui personale "trascorreva 200 giorni l'anno in giro per il mondo a far conoscere i nostri prodotti" e "impostava una strategia in mezza giornata".
    Aggiungo che eravamo maestri in innovazone, dedicando 18 ore al giorno in migliorie di prodotto e di processo.

    Secondo me pero' i manager e gli imprenditori italiani hanno talvolta peccato di presunzione.
    Inorgogliti di essere italiani e di fare MADE IN ITALY, alcuni dei nostri imprenditori hanno rifiutato il confronto con il mercato: bollando come spazzatura i prodotti dei concorrenti stranieri e derubricando come non conformi al propro MADE IN ITALY le richieste dei clenti per prodotti nuovi.

    Questa notazione e' ben lungi dall'essere una critica al sistema italiano delle PMI, la cui eccellenza dovrebbe essere invece compresa e fattivamente sostenuta.

    RispondiElimina
  20. Caro Pof. i sondaggi che arrivano nel PD devono essere proprio catastrofici . La seconda carica della Repubblica Italiana non contenta di fare scempio della democrazia con campagne pro domo sua propone non di abbassare le tasse universitarie , ma di ABOLIRLE . Ormai è una gara . Niente pedaggi autostradali, niente bolli auto , niente canoni televisivi , niente tasse universitarie . Si la Storia fa impazzire chi vuole perdere .

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Possibile che propongano di abolire la scuola, visto quanto la amano...

      Elimina
  21. REFERATA REFERO (ovvero: micugginismo applicato).
    Anni ‘80 del secolo scorso.
    Il Mio maestro di mandolino (qui nel ruolo di micuggino) è un “amatore evoluto”, grande, maniacale, entusiasta esperto dello strumento e della relativa musica. Si pensi che è arrivato a farsi spedire la copia di una certa rara partitura dall’università di Uppsala!

    Raffaele Calace è una liuteria napoletana a conduzione familiare, di antica origine.
    Produce dei veri gioielli, molto apprezzati dal massimo mandolinista allora vivente, Pippo Anedda (RIP).
    La produzione di Calace andava prevalentemente in Giappone, ove esisteva un vivace seguito devoto allo strumento, tanto che un gruppo di imprenditori giapponesi si propone di produrne un modello in proprio.
    Va a visitare il laboratorio di Calace per conoscerne i segreti.
    Questi li accoglie volentieri ed essi si trattengono per diversi giorni, annotando con cura teutonica i dettagli dei processi di lavorazione.
    Tornati in Patria, iniziano la produzione di uno strumento esattamente identico all’originale (all’epoca i giapponesi erano grandi “copiatori” di tutto, se ricordate).
    Insomma, nei negozi di strumenti musicali giapponesi fanno bella mostra di se’, appaiati nelle vetrine, l’originale è la copia.
    Il primo costa circa l’equivalente di tre milioni di lire, la copia costa la metà.
    I mandolinisti giapponesi continuano a comprare Calace, mentre le copie restano a far bella mostra di se’ nelle vetrine.
    Tanto dal mio Maestro.
    Di mio, testimonio che il Classico A di Calace è un autentico gioiello che, al di là del suonarlo (che poi non ho mai appreso bene, purtroppo) ti trasmette emozioni indicibili solo a guardarlo e a tenerlo tra le mani, quando tocchi la cassa armonica, con le sue scanalature, le sue finiture, i suoi intarsi o ne ammiri il “riccio”, elaborato come quello del violino...
    Tommaso

    RispondiElimina
  22. Il quadro politico è disarmante.

    Di Maio il giorno prima dice che sforeranno il limite del 3% ed il giorno dopo dice che non aumenteranno la spesa pubblica e taglieranno del 40% in 10 anni il rapporto debito/Pil.

    L'accordo di oggi di Salvini con Berlusconi e l'inclusione della "quarta" gamba nella coalizione non promette nulla di buono: Maroni non si candida a governatore perché Berlusconi lo vuole a Roma. Salvini deve stare in campana che gli stanno preparando la fronda interna post elezioni.

    L'unica nota positiva è la caduta libera del PD.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Maroni a Roma con Berlusconi è la fottuta fine del servizio pubblico, a partire dalla sanità e secondo quanto UE ha già comandato. Punto.
      E addio. A tutto, sogni illusioni e speranze.
      Però faranno un sacco di fracasso confortante sulle boiate identitarie.

      Elimina
  23. L'italianità, con tutte le sue sfumature, tutti i suoi colori e le sue forme non è qualcosa che si può comprare, vendere, trasferire. Si può ottenere solo vivendo qui, respirando quest'aria, questa terra, questa storia, questa bellezza, questa gente.

    L'invidia è una brutta bestia. Penso che per l'Italia e gli italiani ci sia ancora molta storia da raccontare.

    E quindi uscimmo a riveder le stelle

    RispondiElimina
  24. Troppo riduttivo comunque concentrare il successo del cosiddetto "made in Italy solamente sulla questione delle capacità di trasformazione del prodotto. Anche l'ottenimento di materie prime di qualità può provenire dalla capacità di sfruttare al massimo delle sue potenzialità un territorio ed un clima favorevoli, soprattutto se ciò avviene nel rispetto degli equilibri naturali! Esempi potrebbero essere: il grano duro senatore Cappelli, derivante da una selezione di qualità, e soprattutto "naturale" (cioè non legata a manipolazioni genetiche) dei grani antichi, le innumerevoli altre varietà di grano italiano, le varietà di mucche da latte o da carne allevate in Italia e riscoperte anche in tempi recenti. Il risso settore ortofrutticolo. Insomma non concentriamoci solo sulla trasformazione, parte non indifferente del successo italiano sta anche nel poter produrre materie prime di grande livello. Sulla qualità effettiva delle materie prime provenienti dall'estero in numerosi casi mi permetto di nutrire più di un dubbio... Il che ovviamente non significa che quelle nazionali siano sempre ottime

    RispondiElimina
  25. Prima che sui modi della produzione, materie prime locali o meno, produzione in loco o meno, il focus sul declino del made in italy a mio parere va incentrato sul consumatore.
    Il consumatore italiano era figlio esemplare del Bel Paese: prezzatura dei prodotti in lire e buon reddito uniti ad un gusto naturalmente elegante ereditato nel DNA . Siamo i figli di staterelli che hanno gareggiato per eccellenza, non del centralismo che da secoli ha interessato le altre regioni europee. È questo gusto innato unito a uno stile di vita equilibrato ricco variato ed elegante che abbiamo venduto
    E la materia prima anche nell'alimentare non è mai stato un problema, basti guardare la creatività con cui il baccalà è diventato ricetta tipica in tante regioni italiane, pur essendo noi tra i maggiori importatori dalla Norvegia.
    Ma avanti così il "saper fare" italiano sarà riproducibile (vedi la miserabile fine del tessile italiano), come il marchio svenduto, a qualsiasi latitudine. Certo non avrà lo stesso elevato livello qualitativo ma anche il consumatore italiano, come quello mondiale,si adattera',si sta già adattando.
    Con questo non voglio misconoscere le abilità delle nostre imprese ma senza il grande mercato interno italiano, prezzato in lire e un Sistema Paese che trasmetta un modo di vivere d'eccellenza, con redditi adeguati,il made in italy è destinato a diventare nella migliore delle ipotesi come la coca-cola, un marchio globale e ricco per i pochi che sapranno adattarlo al livello (basso) di prezzo/gusto del meticciato globale e microproduzioni di eccellenza per le elite che potranno permetterselo (ma sul buon gusto di costoro non ci giurerei..).
    Non consoliamoci mai che noi "sappiamo fare" se non ridiamo al popolo italiano la possibilità di scegliere, con la moneta e il reddito adeguati. Parlare di made in italy altrimenti diventa penoso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti basta vedere la versione americana o australiana di programmi di cucina tipo "Cucine da incubo" per vedere i ristoranti italiani gestiti da italiani di terza o quarta generazione cucinare piatti veramente abominevoli che poco hanno a che fare con la cucina della madrepatria dei loro antenati. Motivo per il quale evito accuratamente i ristoranti "italiani" quando sono all'estero!

      Elimina
  26. Grazie dell'intervento, trovo molto interessante questo dibattito sul made in italy. Chiedo aiuto però. Ho difficoltà a capire il paragrafo sui costi di ricerca: "le PMI, per risparmiare imposte sul reddito, nascondevano tra i costi tali voci, anziché capitalizzarli e renderli visibili nello stato patrimoniale". Non so nulla di contabilità aziendale e quindi ogni spiegazione "per bambini" mi sarebbe molto utile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I costi di ricerca e sviluppo, che attengono a specifici progetti possono essere capitalizzati, e come tali, iscritti all'attivo patrimoniale del bilancio dell'impres. In tale caso i costi capitalizzabili sono costituiti dai costi direttamente sostenuti, ivi inclusi quelli inerenti l'utilizzazione di risorse interne all'azienda, nonché dagli oneri accessori eventualmente aggiuntisi ai costi originari. La ricerca di base non finalizzata va iscritta invece nei costi d'esercizio.

      Elimina
  27. Tra il 1980 ed il 1987 ho avuto una responsabilità tecnica nel settore distribuzione della Unilever (multinazionale anglo - olandese), quindi mi occupavo di impianti frigoriferi e attrezzature di Handling a livello nazionale inclusa la ricerca nei settori suddetti ove eravamo di riferimento per l' intera Europa, ma avevo ovviamente contatti con la produzione dei due maggiori stabilimenti italiani per la produzione di gelati e surgelati, ove la ricerca sui prodotti e sui macchinari era come sopra detto di massimo livello in europa. Il gruppo in Italia, settore alimentare tra personale diretto ed indiretto occupava diverse migliaia di persone.
    L' AD del gruppo, era un grandissimo personaggio italiano ed il board aveva solo un componente olandese, la politica era l' acquisizione di marchi secondari italiani che venivano incorporati ma non perdevano la loro parte di mercato, anzi venivano se possibile aiutati in una sorta di gara del made in Italy sotto l' azione di un marketing davvero d'avanguardia sotto la guida di un membro del board di grande valore.
    Dopo l' 87, cambiai settore ma rimasi in contatto molto stretto con i colleghi e seguii l' evoluzione del gruppo, che entrò in crisi, guarda caso, alla fine degli anni '90, dopo turbolenze iniziate prima. Le cause furono molteplici, ma a mio avviso e lo dico con le consapevolezze di oggi, molte riconducibili, prima allo SME e poi all' euro ed alla impossibilità di rendere flessibile il tasso di cambio rispetto alle economie più forti dell' eurozona. In particolare, calo degli investimenti, calo di vendite per diminuita capacità d' acquisto dei consumatori ma anche per la progressiva scomparsa dei circuiti nazionali della grande distribuzione.

    RispondiElimina
  28. "Ancora un paio di mesi di pazienza, e ne avremo l'opportunità: un'opportunità che è solo il primo passo di un lungo percorso".
    Pienamente d'accordo, ma votando quale partito?

    RispondiElimina
  29. Professore buongiorno, con la speranza di non essere il solo ad avere questa perplessità, per la quale mi sono deciso ad intervenire e quindi approfittare della sua attenzione e del suo tempo, mi permetto di domandarle spiegazioni circa le ultime parole del suo intervento: " occorre che il primo passo sia mosso nella direzione giusta...". Quale può essere la direzione giusta, secondo lei, se nessun partito, movimento, nessuna coalizione si erge inequivocabilmente contro l'euro?
    Ringrazio per la cortese attenzione che, se possibile, vorrà riservarmi.
    Gianluca

    RispondiElimina
  30. "Quanti proclami contro il nanismo delle nostre imprese abbiamo dovuto ascoltare da chi ha creato le condizioni affinché la dimensione aziendale fosse una discriminante e penalizzasse i piccoli?"
    Porto la mia esperienza personale come ex imprenditore, il settore é quello dei servizi a valore aggiunto nel settore ICT (informatica e telecomunicazioni).

    Più volte mi sono trovato a presentare offerte complesse a clienti di dimensioni medio grandi (es. Fornitura chiavi in mano di una soluzione che integra centralino telefonico VoIP e Call center) e di sentirmi.dire: lo so, la tua offerta é la migliore sia tecnicamente che economicamente; ma se poi ci sono problemi, a chi facciamo causa?
    E alla fine questi clienti finiscono per comprare da gente tipo Accenture o Ernst&Young che a loro volta subappaltano ad aziende tipo la mia. Con tanti auguri il giorno che dovessero mai fare causa a questo tipo di giganti: ne escono gobbi e con tutti gli orifizi irrimediabilmente spanati.
    Il falso, materiale ed ideologico, da sempre domina in questa community che raggruppa i cosiddetti "manager" italiani... nulla di nuovo

    RispondiElimina
    Risposte

    1. (continua..) I due effetti fondamentali che derivarono da quella legge, ovvero:

      - istituzione delle gare al ribasso

      - considerazione delle persone (anzi, non "persone", ma "risorse", come lei ben sapra') come oggetti di proprieta' dell'imprenditore

      altro non erano, dal mio punto di vista, se non l'imposizione di una visione altamente fascista (e non a caso, il governo di allora comprendeva se non sbaglio la casa delle liberta' formato dal partito di Berlusconi, quello di Fini e qualcuno dei partiti ex democristiani, oltre alla Lega).

      Oggi il prof. Bagnai ci ha spiegato che in realta' l'Euro sarebbe il vero strumento che in qualche modo obbliga gli stati ad adottare provvedimenti come la suddetta Legge Maroni, ed io non ho motivo di dubitare che sia cosi' (le spiegazioni sono state per altro molto chiare).

      Pero' non posso dimenticare lo scroscio di applausi a scena aperta che grondarono sull'allora governo Berlusconi (con Maroni ministro del lavoro) da parte praticamente di tutti o quasi i piccoli e medi imprenditori del settore, nonche' di moltissimi (se non la totalita' dei) miei colleghi (sia liberi professionisti come me, che dipendenti, sia di multinazionali che di PMI del settore).

      Mi pareva chiarissimo che quella legge fosse stata fatta con l'intento di aumentare la disoccupazione e diminuire gli stipendi (praticamente gli stipendi di tutti tranne quelli dei dirigenti delle multinazionali) e non capivo cosa ci fosse da entusiasmarsi, tanto meno da parte di miei colleghi. E quando provavo a farglielo notare, la reazione era un misto tra derisione e falsa compassione.

      Personalmente ho resistito fino al 2012, molti di quelli che allora applaudivano hanno resistito molto di meno (tranne i dirigenti delle multinazionali, che sono ancora tutti dove erano prima).

      Immagino che lei non sara' stato tra quelli che hanno applaudito alla suddetta legge, ma quando sento sia piccoli imprenditori informatici che alcuni miei ex colleghi lamentarsi oggi delle condizioni del settore (a quasi 15 anni dall'approvazione della suddetta legge Maroni) non posso fare a meno di pensare all'articolo pubblicato dal prof Bagnai su "frignolo e il canto del natale"

      http://goofynomics.blogspot.it/2017/12/se-so-magnati-tutto-frignolo-e-lo.html

      dove per me frignolo e' l’insieme di tutti (o quasi) i piccoli e medi imprenditori e di tutti (o quasi) i lavoratori del settore.

      Si capira' anche come per me non sia proprio possibile pensare di votare quei partiti che allora facevano parte della maggioranza, partiti nei quali militava anche un tale Matteo Salvini; anche se credo che allora fosse segretario provinciale di Milano della Lega, non mi risulta che abbia mai avuto nulla da dire contro la suddetta Legge Maroni, anche se ora sbraita contro la legge Fornero (mi pare molto meno contro il jobs act, che,in preda ad un forte attacco di masochismo mi sono letto a partire dalle 2.30 del 1/1/2018 e mi pare di aver capito che le cose siano ancora peggiorate rispetto a prima del jobs act, da cui segue che ovviamente non potro' votare nemmeno nessuno dei partiti dell'attuale maggioranza)

      Elimina
  31. Quanti fondi di private equity abbiamo visto all’opera in gioielli del nostro agroalimentare? Li abbiamo visti arrivare, tagliare personale, introdurre SAP, burocratizzare le aziende e privarle della agilità decisionale, quella che gli consentiva di impostare una strategia in mezza giornata e bruciare i concorrenti tedeschi che, nel frattempo, erano ancora intenti a riunire i loro consigli di amministrazione?

    Introdurre SAP....(vogliamo parlare di Saiwa e Galbani?) Per gli imprenditori questo é stato l'errore madornale, duale di quello che tutti noi abbiamo fatto sottoscrivendo un account su Google o Facebook.... un po' di efficienza al costo di una schiavitù eterna. Tanto poi le aziende sono finite in pasto ai colossi stranieri.

    RispondiElimina
  32. Il Foglio di Cerasa è il mio pastore, la mia stella polare, la mia bussola politica insieme a Scalfari.

    RispondiElimina
  33. Per quanto attiene la qualità delle materie prime alimentari, es. farine, sono in totale disaccordo con lo scrivente imprenditore. Mi risulta falso che le farine di grano duro prodotte in Italia siano quantitativamente insufficienti, inoltre sono di buona qualità, semplicemente la commercializzazione è monopolio di una multinazionale. Fatto salvo il doveroso sostegno alle PMI, l'Italia ha disperato bisogno di grande industria pubblica che, sola, può incentivare la ricerca e operare in modo anticiclico.

    RispondiElimina
  34. Secondo me nel voto bisogna essere strategici, premetto che odio visceralmente il pd ma sono tentato di votarlo perché voglio che quando ci sarà il punto di rottura ci siano loro al governo

    RispondiElimina
  35. Io non lo so se è buono che la materia prima venga da ovunque.
    Immagino:
    la materia prima viene da dove viene, il lavoratore pure viene da dove viene, perché il quadro normativo viene da dove viene (da fuori, da Leuropa), il tutto in un quadro di Italia colonia economica di chi se la compra.

    Se l'Italia deve diventare solo la stazione dove si applica il brand "made in italy" non mi pare ci sia una visione strategica che comprenda tutto il ciclo produttivo, l'indotto, il territorio e la distribuzione.

    Se la disponibilità di prodotti italiani varia in funzione della disponibilità di materia prima nazionale, si tratterebbe di prodotti di altissima fascia e altissimo prezzo.
    Potrebbe andare bene per alcuni.
    Se la disponibilità di prodotto è illimitata in quanto la materia prima è acquistabile worldwide, si tratta di un altro discorso. Sicuramente il discorso sulla pasta non lo condivido: il grano canadese è zeppo di glfosato, se lo mangi il nostro amico!

    Inoltre c'è il problema che voler fare made in Italy agendo sul prezzo basso, equivale a fare made in China: ditemi qual'è la differenza! La qualità? Non tanto, non tanto perché la loro si alza e la nostra si abbassa (complici le minori certificazioni, i disciplinari rilassati e le politiche offertiste che riducono salari e competenze)

    RispondiElimina
  36. Pezzo stupendo. Ottima dimostrazione di come chi conosce come stanno le cose in pratica può smutandare i fregnacciari alla mariomonti o zingales o boldrin meglio di molti accademici (e non faccio nomi perché preferisco vivere).
    Sarebbe molto gradito -se l'autore è disponibile- un approfondimento del discorso sulle spese di ricerca occultate fra i costi a fini fiscali e sull’effetto di questa tecnica sulle statistiche.

    RispondiElimina
  37. Purtroppo o per fortuna il "saper fare" non è un qualcosa che una volta acquisito poi si mantenga per sempre, né che, una volta perduto, non si possa costruire o ricostruire.
    Per quanto sia banale ricordarlo, oggi (cioè: da alcuni decenni, con intensità crescente) l'operato delle imprese è sviato verso prassi e mentalità che sono l'opposto dei valori e delle conoscenze che hanno consentito il 'made in Italy'.
    L'attenzione alle persone giustamente ricordata dall'autore del post, l'orgoglio per la riuscita del proprio lavoro, il provare e riprovare incessantemente, il lavorare insieme, il lavorare con i giusti tempi, tutto ciò contrasta con le moderne, etero-imposte regole di funzionamento dell'impresa - regole che entrano direttamente nei meccanismi di gestione (SAP e gestionali vari, HACCP o altri protocolli di settore, attestazioni varie su prodotto e processo...) oppure li condizionano dall'esterno (vedi la quantità ormai ingestibile di adempimenti amministrativi, adeguatamente 'pesati' per le grandi strutture, oppure i vincoli da rispettare per i rating di 'meritevolezza del credito').
    Se non cambieremo questi meccanismi di funzionamento, la fine del 'made in Italy' è solo questione di breve periodo.
    Facendo una distinzione grezza, forse per il settore agricolo potremo andare avanti un po' più a lungo, ed è probabilmente la ragione degli interessamenti all'acquisto da parte di capitali esteri.
    Per il settore artigiano direi invece che siamo già alla canna del gas. Qui la capacità di creare valore è stata crudelmente 'stimolata' dalla crisi; chi ha resistito alla crisi (molti non ce l'hanno fatta, e spesso hanno 'scelto' la via più tragica per uscire dal mercato) ha mostrato una resilienza inaspettata, eroica, irrazionale, antieconomica. Ma il tempo gioca a 'loro' favore. Ogni fabbrica o bottega che chiude è una loro vittoria, come lo è, per converso, ogni bar o negozio aperto, nella attuale liberalizzazione, da persone che non hanno avuto modo di apprendere un mestiere e la cui Partita IVA è solo l'eufemismo, buono ai fini ISTAT, per non conteggiarli tra disoccupati o inoccupati.

    RispondiElimina
  38. I nostri politici, ma devo dirlo, soprattutto il PD, hanno gravissime responsabilità nella distruzione del tessuto economico italiano basato in larga parte sulle PMI. Per anni li ho sentiti sbraitare e sputare veleno contro il piccolo imprenditore, con un invidia sociale che spesso rasentava l'odio. Odio verso quella classe media, ora scomparsa, che era la vera ossatura del miracolo economico degli anni 50 e 80 e che non è stata in grado di difendersi adeguatamente perché ingannata da associazioni politicizzate come la Confindustria. Un vero peccato che abbiano vinto loro, i politici del PD.

    RispondiElimina
  39. il Nuovo Ordine Globale per imporsi deve sterminare gli impenditori/PMI e azzannare il patrimonio immobiliare dei privati cittadini, perchè gli imprenditori non sono abituati a ragionare in modo omologato al Sistema, quindi tutti dipendenti ( manager fa kool ) e affittuari, cosi se ti ribelli il Sistema ti licenzia e ti sfratta

    RispondiElimina
  40. premesso che ora come ora puoi contabilizzare solo costi di ricerca (o meglio di sviluppo... la ricerca di base non si può "capitalizzare") che sono poi realmente finalizzati all'implementazione di nuovi modelli e migliorie.
    Serve insomma un papello di condizioni così per capitalizzare tali costi (ad esempio la fattibilità economica, la sostenibilità del piano, il rientro dei costi.. ed altre).

    Ciò premesso, non è facile, capitalizzare tali costi perché devi avere anche una contabilità analitica e nel passato non tutte le società la curavano*

    Fiscalmente: supponi di avere 100 di costi ed hai due opzioni:
    a) costi di esercizio per 100
    b) capitalizzazione con ammortamento in 5 anni (20 all'anno).

    Nel primo caso hai un risparmio di imposta di 100 x (0.275+0.039) ovvero deduci costi per 100 e quindi paghi imposte inferiori per 100 x (0,275 + 0,039) e poi niente negli anni successivi mentre nel secondo caso hai costi per 5 anni pari a 20 (ammortamenti) e quindi minori imposte per 20 x (0,275 + 0,039) nei 5 anni.
    Chiaro che la somma è uguale ma meglio pagare meno oggi che domani..


    *per dire: materiali impiegati, ore lavorate, cespiti impiegati, eventuali consulenze..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Avevo provato a buttare giù la spiegazione, vedo che ha già provveduto cogliendo il punto Valsandra, ma visto che l'ho scritta la lascio se può essere utile( è la stessa cosa scritta diversamente)
      I costi di ricerca e sviluppo, sono costi cosiddetti pluriennali, ovvero sono dei costi che danno utilità per più anni. E’ come se fossero delle spese di ristrutturazione di un immobile, le fai una volta,ma poi le sfrutti per parecchi anni successivi. I buoni principi contabili e la normativa fiscale impongono entrambi di considerare la natura pluriennale della R&S e di iscriverle come investimento nello stato patrimoniale e non nel profitti e perdite, così parteciperanno alla determinazione del reddito per quote di ammortamento…. E qui i non contabili si saranno persi, quindi faccio un esempio: ho speso 100 lire di ricerca e sviluppo, un investimento che sfrutterò nei prossimi 5 anni. 100lire /5 anni costituiscono quote di costo da 20 che ogni anno abbasseranno il reddito e la tassazione.
      Se invece di essere considerate investimento le spese di ricerca e sviluppo sono “mascherate” ( ed è molto facile farlo, è più difficile argomentare e dimostrare che siano investimnti), nell’esempio di prima allo stesso reddito di 100 scalo 100 di costo (tutto in un solo anno)la differenza è zero le imposte sono zero. Così facendo risulterà che per quell’anno i costi di produzione sono stati più alti(meno efficienza) e non ho fatto investimenti (le PMI italiane miopi e cattive non investono), ma in compenso avrò ridotto o nell0'esempio azzerato la tassazione per l'anno.

      Elimina
    2. Immagino che questa sia una risposta alla mia domanda di sopra, se ho capito bene allora ringrazio, anche se con "spiegazione per bambini" intendevo qualcosa di ancora più terra terra. É servita comunque a farmi capire dove cercare, cioè qui. La spiegazione di wikipedia si capisce e capisco anche il discorso sulla comodità di dedurre più tasse il prima possibile. Resto confuso sul perchè il legislatore chieda di capitalizzare i costi di ricerca e sviluppo, quale sarebbe la logica dietro all'idea di registrare come attivo un costo di sviluppo?

      Elimina
    3. "Chiaro che la somma è uguale ma meglio pagare meno oggi che domani."

      Meglio sarebbe quando si è in deflazione non pagare niente o quasi per investimenti e ricerca....

      POTUS devo dire che anche a questo proposito riesce sempre a sorprendere (lo scorso 8 gennaio ha abolito la tassa di successione per il settore agricolo - in crisi ultraventennale - ed istituito il super-super-ammortamento per tutti gli imprenditori.

      http://www.breitbart.com/big-government/2018/01/08/standing-ovation-president-trump-touts-end-death-tax-keep-farms-family/

      "All American businesses, including American farmers, will be able to deduct 100% of the cost of new equipment in the year you make the investment. That is something that I think is going to be the sleeper of the bill, you deduct it all in one year as opposed to over many years, that’s a tremendous thing.

      And from now on, most family farms and small business owners will be spared, and you’re gonna be spared and it really is the word punishment, of the deeply unfair estate tax known as the death tax — so you can keep your farms in the family."

      D'altronde dicono che è pazzo..... ma è facile riconoscere il metodo per noi goofysti!

      Elimina
  41. Caro Bagnai, quando ci farà sapere se si candida con la Lega, così da darmi tempo di accettare l'idea di votare per la prima volta per un partitaccio di destra? Grazie e un saluto affettuoso non richiesto.

    RispondiElimina
  42. Chiamasi "SINDROME DA GIGANTISMO ECONOMICO",

    RispondiElimina
  43. Il made in Italy sta sparendo semplicemente perché abbiamo un mercato interno che non fa fa base o da trampolino per quello estero.
    Da cosa è provocato?
    Semplicemente da un aumento della tassazione inaudita ingiusta che drena benzina al motore del mercato interno.
    Non a caso funzionano nicchie di mercato votate all'esportazioni.
    Costato che il paese ha un avanzo primario da moltissimi anni credo intorno ai venti ma non gode dei benefici di Francia Germania Spagna che hanno parametri molto meno stringenti o semplicemente se ne fregano.
    Pertanto si assiste alla sostituzione dei prodotti made in Italy con quelli d'importazione che hanno un margine di contribuzione molto elevato tale da poter pagare affitti e tasse oltre al personale.
    La tassa unica serve se accompagnata da un taglio alla spesa in maniera da poter immettere benzina nel motore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nuovo qui, eh? Benvenuto! Consiglio di ripassare dal via, ossia la sezione "per cominciare"...

      Elimina
  44. “Accertato che i parametri fisico-chimici di questa merce sono rispondenti alle norme che tutelano la salute dei consumatori, e vi assicuro che i controlli nei porti e nei pastifici sono capillari,”

    “Accertato...” MA DA CHI ?
    “vi assicuro che...” MA CHI E’ ?? Cosa va raccontando? Chi rappresenta? Cosa vende?
    E’mai stato in un porto o in un pastificio? E’ mai stato su un molo davanti ad una nave che scarica grano? Ha conoscenze dirette tra gli addeti ai lavori? Temo di no.

    Dunque, facciamo un po' di chiarezza, poiché l’autore del post è quantomeno abbastanza disinformato in materia.

    Non è un caso che proprio la Capitanata, il granaio d’italia, abbia anni fa dato alla luce “GRANOSALUS” (http://granosalus.it), associazione di produttori, trasformatori e anche consumatori di grano e prodotti della farina. L’associazione si occupa di divulgazione scientifica e informazione, nonché di una cosa molto facile da mettere in pratica: andare nei supermercati, comprare pacchi di pasta e fare analisi di laboratorio.
    Visitando il sito web, troverete le analisi effettuate sulle paste e troverete anche la citata DeCecco (e molte altre) tra quelle in cui ì riscontrata la presenza di glifosfato,cioè farine da grani importati, nonché le info sulle battaglie legali scaturite con la grande industria.
    Superfluo far notare che GranoSalus è da sempre oggetto di violenti attacchi e minacce da parte della grande industria alimentare, ma che finora non sono riusciti a tacitare.

    Nel medesimo sito web si possono trovare anche tutte le informazioni sugli arrivi di navi portarinfuse che scaricano grano estero nei nostri porti. Nel mio caso, posso dare testimonianza visiva (+ MarineTraffic) che a Manfredonia (FG) ogni settimana giungono mediamente 2 navi di grano. Ulteriori informazioni su carico/provenienza/destinazione si possono ottenere comodamente in loco da chi ci lavora.
    In Canada (o in Russia) fa freddo per buona parte dell’anno. Il grano duro invece giunge a perfetta maturazione solo in climi caldi come quello del Sud italia. Come fanno i canadesi/russi ecc.? Semplice: Simulano la maturazione attraverso il glifosfate, praticamente provocando l’essiccazione chimica delle spighe.
    Glifosfate a parte (cancerogeno), e anche Don e Cadmio, davvero pensate che si possa riempire una nave enorme con migliaia di tonnellate di grano e farla viaggiare per settimane senza usare altri additivi chimici che lo preservino dalla formazione delle dannosissime muffe per farlo arrivare immacolato a destinazione?
    Ogni volta che una nave attracca in uno dei nostri porti sale una bestemmia dai nostri produttori. Prezzi del grano locale (sano e di qualità) ridotti anche a 13€ il quintale. A stento per coprire le spese di produzione. Delle manifesazioni di protesta e le rivolte in Capitanata non si è mai saputo nulla sui media nazionali…
    La quantità di grano prodotta in italia è insufficiente perché… abbiamo una quantità di terreni incolti spaventosa, e va sempre peggio visto che coltivarla non dà più reddito a causa delle importazioni. In sicilia stanno estirpando finanche gli aranceti poiché subiscono la concorrenza della Tunisia.

    Il grano Senatore Cappelli (selezionato in Capitanata negli anni ‘20) merita un discorso a parte, poiché su di esso (sul suo marchio) ha messo gli occhi da tempo la grande industria, e con il governo che ne esegue i desiderata… Poteva essere una rivoluzione, ma è già stata soffocata. I piccoli produttori/mulini/pastifici hanno le mani legate.

    PS: non sono associato con GranoSalus.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Notizia recente, ci sono contributi per rinunciare al seminativo per VENTI anni e trasformarlo in radura, prato umido o quant'altro. Cioè terreno incolto. I contributi variano da mille a millecinquecento euro ettaro all'anno in base al tipo di terreno incolto finale. Cioè pur di importare cereali dal Canada, forse un effetto del fantastico ceta, si pagano i propietari terrieri perché non coltivino. Ora,un agricoltore che grazie alle importazioni ha visto crollare il prezzo del grano a quattordici euro a quintale, dato che in pianura la resa è sugli ottanta quintali a ettaro, cosa sceglierà?

      Elimina
  45. Scusate ma sono rimasto indietro...
    https://www.lospecialegiornale.it/2018/01/08/rinaldi-denuncia-no-euro-sparito-dai-programmi-cosa-dico-a-borghi-e-bagnai
    con chi si sarebbe candidato il professore???

    RispondiElimina
  46. aò ma sennunciavessero appiccicata ar culo a targhetta "partito de sinistra" ke te vo tanto bbono attutti, me spieghi come farebbi a nun scambiallo per un partitaccio de destra ?

    RispondiElimina
  47. Continui spot elettorali sui tg. A quanto pare la disoccupazione è sconfitta.

    RispondiElimina
  48. Il pezzo è interessante e mi sembra che davvero l'attacco alle PMI italiane con il metodo del vincolo esterno, che è uno dei motivi per cui siamo arrivati all'euro, sia stato un enorme errore in un paese che si basava su quelle PMI e sulla grande industria di stato.
    Però mi sembra che non si possa sostenere che questo modello non avesse difetti, a volte anche rilevanti.
    Io ho lavorato per molti anni in aziende italiane manifatturiere di piccole e medie dimensioni e mi sono sempre imbattuto in alcuni di questi difetti, che poi ho trovato analizzati in modo rigoroso nel saggio di Giacchè sulle PMI italiane (Il volo del calabrone).
    Quel saggio sostiene che uno dei più rilevanti di questi difetti era proprio che questo modello di sviluppo di fatto ha portato ad avere minori investimenti in ricerca e sviluppo seria, e cioè quella a lungo raggio e in cui i risultati non sono garantiti (come è sempre per la ricerca). Questo l'ho vissuto sulla mia pelle nelle aziende in cui ho lavorato, cercando appunto di dedicarmi allo studio e alla ricerca in modo più slegato dalla produzione e mi sono sempre scontrato con l'atteggiamento che questa attività non avesse senso o al massimo che fosse un male necessario.
    Non può non essere così in aziende piccole che non possono sostenere i costi a lungo termine della ricerca, ne tantomeno quelli di eventuali insuccessi.
    Il modello si è sostenuto finchè c'è stata la grande industria di stato, che a volte faceva ricerca e innovazione anche per creare interi settori.
    Si poteva continuare in quel tipo di modello che aveva trainato lo sviluppo economico, o cercare di attuare politiche che lo modificassero in modo lentro e graduale e invece è stato deciso di distruggerlo senza avere prima preparato qualcos'altro.
    Questa mi è sembrata la conclusione del saggio, e l'ho trovata in accordo con la mia esperienza e anche molto equilibrata.
    Non mi trovo d'accordo invece a ritenere che il modello delle PMI italiane fosse il migliore dei mondi possibili.

    RispondiElimina
  49. Le spese per ricerca e sviluppo, secondo i principi contabili, sono considerati costi pluriennali, perché si presume che svolgano la loro utilità per un periodo di tempo superiore al singolo esercizio in cui i soldi vengono materialmente spesi. In altre parole, sono investimenti, non spese correnti, per cui andrebbero indicati a bilancio come tali, cioè creando una posta tra le attività dello stato patrimoniale a cui fanno da contraltare, anno per anno, le quote di ammortamento. Così facendo, la deduzione dal reddito viene spalmata nel tempo, per il numero di anni che si ritiene l'innovazione possa dare i suoi frutti, ma con un'incidenza per singolo esercizio pari alla sola quota di ammortamento (es. 20%). Viceversa, se tali costi vengono, tramite una forzatura contabile, imputati ad un singolo esercizio, venendo registrati a bilancio come spese correnti, quindi solo in conto economico senza contropartita patrimoniale, sono deducibili per intero nell'esercizio in cui vengono sostenuti, con un immediato vantaggio fiscale.

    RispondiElimina
  50. Non sono convinto che tra un paio di mesi cambierà qualcosa, anzi sono sicuro che a parte qualche nome, la sostanza non cambierà per niente!
    Per questo ad ora è mia intenzione NON andare a votare, poi se avete un idea più efficiente fatemelo sapere...... grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tenga conto che il pd spera molto sull'astensione perché sa già di perdere

      Elimina
    2. Votanti: 100
      PDini: 19
      PD 19%

      Votanti: 101
      PDini: 19
      PD 18,81%

      Elimina
  51. - Dottò, è un mijone, che faccio, lascio?
    - No, me ne tolga cinquecento.

    [DELENDVS EST]

    RispondiElimina
  52. La mia soliderità per l'indegno attacco che Lei ha subito oggi e per giunta un attacco vigliacco vista la sua assenza.
    Marcello da Palermo
    http://www.la7.it/laria-che-tira/video/bentivogli-fim-cisl-vs-cremaschi-fonte-goofynomics-di-alberto-bagnai-era-pi%C3%B9-titolata-wanna-marchi-10-01-2018-231121

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho ascoltato il video proposto e sono rimasto basito dalla gratuita violenza usata nei confronti del prof. Paragonarlo a Wanna Marchi pubblicamente????!!!! Quindi sarebbe un imbonitore televisivo condannato penalmente? Mah! Mi sarei aspettato anche un intervento della moderatrice per stigmatizzare simili parole verso una persona assente. Il sindacalista non contestava un dato bensì dava un giudizio personale sul valore di una persona.

      Elimina
    2. Io credo che quella persona che con tanta sufficienza paragona un professore universitario a una tele-imbontirce, meriterebbe una querela per diffamazione, non per cattiveria o per vendetta, ma per il nobile intento pedagogico di insegnare a quella persona come argomentare senza insultare. Un congruo risarcimento danni peraltro può essere un ottimo promemoria per il malfattore.

      Elimina
  53. Non sono del settore, ma perché
    materie prime italiane O saper fare italiano
    e non
    materie prime italiane E saper fare italiano?
    E anche macchinari (al netto di metalli, benzina e materiali che dobbiamo necessariamente importare perché qui non ci sono).
    Senza arrivare all'autarchia, ovviamente.
    Penso agli aranceti perduti in Sicilia, alle quote latte, alle olive... ai trattori FIAT e naturalmente ai posti di lavoro in tutti questi comparti. Non è anche questo parte del problema?

    RispondiElimina
  54. "Un'altra Europa è possibile"
    Matteo Salvini, 11 gennaio 2018.

    Come minimo Bagnai dovebbe togliergli il saluto e invitare a non votarlo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sei poco attento, trollino. La priorità oggi (vedi il post PD DELENDVM EST) è distruggere il PD, facendo passare il messaggio che chi va a Ratisbona perde la poltrona.

      Visto che da buon trollino piddino ci indichi che NON vorresti Salvini, tanto più forte lo voterò e convincerò a votarlo.
      Per la tua gioia, ti avviso che nel mio profondo Sud diversi cacicchi centristi stanno passando alla Lega, fiutando la corrente e indirizzandola, portando bei pacchetti elettorali in dote.

      Questo a prescindere dal fatto che Salvini potrebbe certo tradire la fiducia degli anti-UE (che l'ha portato dal 4 al 15%) e a prescindere dal fatto che manco controllo tanto sicuramente hai detto una lieve imprecisione.
      Bye bye.

      Elimina
    2. Ha piovuto molto (governo ladro) e i ratti escono dalle fogne ...

      Elimina
    3. Pienamente d'accordo . Saper distinguere le priorità tattiche è il primo passo per vincere le guerre . Prima venne Fabio Massimo il Temporeggiatore e poi Scipione
      l'Africano .Prima il sommo tattico e poi il grande stratega. La sonora sconfitta del PD deve servire da monito per tutti i partiti specialmente per M5S che è la quinta colonna dell'ordoliberismo . Buona Vita

      Elimina
    4. Il livello di questa marmaglia è quello che è, Serendippo ne è la prova; il suo veleno potrebbe anche ucciderlo come succede con gli scorpioni che si suicidano prima di morire nel fuoco. Ergo, bisogna difenderli soprattutto da sé stessi, anche raccontando loro qualche favola per allontanarli dall' incendio.

      Tornando poi ai delendi, personalmente sarei già soddisfatto se sparissero definitivamente dalla circolazione, quelli che addirittura invocano forza Europa dell' euro come Bonino, Della Vedova e compagnia cianciando; nel caso sono pronto a recarmi a piedi al Divino Amore per ringraziare la Vergine di tanta abbondanza di doni.

      Elimina
    5. Il cristianesimo (ma soprattutto le cazzate che in modo endogeno ne sono scaturite) ha devastato l'Impero Romano.
      Il grillismo farà lo stesso con quell che resta di buono del nostro Paese.

      Elimina
  55. se per sopperire alla mancanza di valuta nazionale e disincentivare le importazioni, si detraessero un tot% dalla dichiarazione dei redditi le spese in prodotti Made in Italy? Come adesso si detrae il 19% delle spese sanitarie eccedenti i 129 euro?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tutta la costruzione dell'UE, i trattati e la moneta unica (in sintesi, Leuropa piddina) servono ad impedire che ciò possa avvenire: libera circolazione delle merci, dei capitali e degli schiavi.

      Elimina
  56. a Udine, città "della Serracchiani", solo nell'ultimo anno hanno chiuso la Vidoni (100 persone a spasso, con decine di milioni di crediti verso lo stato), la Bob Martin (altri 80 a casa). La Bob Martin, ex Purina Nestlè, si occupava della produzione di mangimi, era stata acquisita da capitale britannico (gli investitori esteri che piacciono tanto ai piddini) che dopo pochissimo tempo ne ha decretato la chiusura

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nel secondo caso sicuramente #hastatobrexit, nel primo sospetto che #hastatoputin ...

      Elimina
  57. Vivo a Reggio Emilia....... dove export delle PMI è massimo. La nostra forza è la cultura imprenditoriale diffusa, la capacità di creare che negli anni ha permesso lo sviluppo di "DISTRETTI ECONOMICI" che caratterizzano la nostra economia come nessuna altra al mondo. (nell'area di 30/40 Km è possibile trovare qualsiasi competenza della meccanica o della maglieria ......etc. Questo permette ad aziende piccole di essere super competitive. E ad aziende medie di essere delle vere e proprie corazzate tascabili. (se qualcuno vuole approfondire leggere "L'impresa Olonico Virtuale" di Merli)

    RispondiElimina
  58. Il silenzio è calato sulla rinuncia di Matteo Salvini all'uscita dell'Italia dall'Euro. La Lega ha assunto, rispetto all'Europa, una posizione ancora più moderata del M5S. E Bagnai tace. Ma fino a quando? Rompere anche con Salvini vorrebbe dire far sprofondare i suoi seguaci nel panico più totale, non rompere sarebbe un grave tradimento dell'Idea. Comprendo il travaglio interiore del professore...
    Il redde rationem arriverà inevitabile pochi giorni prima delle elezioni, all'ultima conferenza stampa, e tutti si renderanno conto: Salvini come prima di lui Marine Le Pen dirà che "no... in realtà l'uscita dall'Euro non è all'ordine del giorno... Era un modo di dire, un'iperbole..."
    Ora per Alberto Bagnai è importante il kairos, il momento opportuno in cui sconfessare il leader della Lega ed esporlo al pubblico ludibrio. E magari invitare a votare M5S.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lasciamo stare il Prof. Bagnai per questa volta . Vai sul sito Il Pedante e leggi con molta attenzione l" articolo del 5/1/2018 DE MALA FIDE . Avrai le risposte adeguate .

      Elimina
    2. Te lo puoi scordare che io voti per i tuoi "cinquecosipuntutidelpentacolocialtrone". Il mio voto è contro di te ed è contro il PD punto. Puoi frinire, cinguettare, zigolare, nitrire, ululare, pigolare, ruggire quanto ti pare, ribadisco e lustrati gli occhiali: il mio voto è contro di te 5stelle (forse meglio dire five stars vista l'amicizia del "Di Mais" con il signor Soros G.) e contro il PD. Hai capito? Il mio è un voto negativo nei tuoi confronti. Ora prendi il sacchetto di carta e vai altrove a rigurgitare bile. Mi scuso con il Prof A. Bagnai (non mi scuserà giammai). Per riparare metto questo https://www.youtube.com/watch?v=v-f8zf7-rXI&ab_channel=MarcoFarolfi e aggiungo questo https://www.youtube.com/watch?v=-gTg8rW2mX8&ab_channel=MarcoFarolfi

      Elimina
    3. come sono d'accordo con lei! Il silenzio del prof. è assordante. Forse sono io a non aver capito nulla ma allora tutto questo, anche questo blog, a cosa serve? Dopo aver capito il concetto, neppure un indizio per poter unire le forze e utilizzare in maniera costruttiva il nostro voto??? Con tutto il rispetto per le autorevoli opinioni che leggo nei vari commenti, trovo tuttavia una evidente mancanza di univocità, quindi dispersione di risorse e quindi inutilità! Dobbiamo fare qualcosa ma senza un medium, autorevole, che veicoli ed unifichi le nostre "residue" speranze, temo non accadrà, di nuovo, nulla....

      Elimina
    4. Gentile Serendippo,
      Sento l'urgenza di analizzare il suo interessante intervento. Procediamo in ordine di rilevanza: trovo difficile avviare con lei una dialettica costruttiva se non possiamo concordare sul fatto che potrebbe risultare inutilmente provocatorio, in questa specifica sede, connotare coloro i quali si interessano, anche appassionatamente, perché no, al modo di vedere le cose proposto dal Prof. Bagnati appellandoli come "seguaci". Mi sembra inelegante, ma io sono una formalista, porti pazienza con me.
      Occupandoci della sostanza: francamente sono stupita che lei pensi che qualunque posizione Salvini decida di prendere questa sia un autentico cruccio per il Professore. La strada è lunga e i compagni di viaggio possono essere molteplici, si chiama pragmatismo strategico, credo.
      Claudio Borghi potrebbe avere qualche grattacapo, ma non sarei del tutto sicura neanche di questo.
      Alla luce di questo mi sento di poterle consigliare di abbandonare i toni da telenovela (ad esempio: "sprofondare nel panico", "tradimento"," travaglio","sconfessare", " pubblico ludibrio", sembra tutto fuori scala) e tenere, invece, a mente che, ripetutamente, è stato chiarito che il blog non è dedicato al commento della cronaca; tanto meno quella della campagna elettorale.
      Temo che viaggiamo su lunghezze d'onda differenti, ma questo non mi impedisce di invitarla a considerare la possibilità che lo scenario, da lei delineato, possa non corrispondere alle realtà dei fatti, e dei soggetti, in questione. Pur avendo seguito percorsi logici differenti sono confortata dal fatto di sapere che il questo mondo è abbastanza grande per contenere entrambe le nostre opinioni. Thank you for sharing.

      Elimina
    5. Grande è l'idiozia di chi, come Serendippo o GLM, pensano che la posizione che cambia (e non mi interessa sapere se è vero o no) da parte di chi è/era contro la moneta unica, senza essere un economista, possa in qualche maniera generare l' obbligo immediato di una reazione e di una reazione stizzita da parte di Alberto.
      Per quanto mi riguarda, non è sorprendente che qualche imbecille non abbia capito quale sia il lavoro che fa Alberto, il suo staff e noi, tanti che lo sosteniamo e continueremo a sostenerlo fino a quando saremo/sarò vivo.
      Coloro che non capiscono quale sia la posta in gioco, al servizio della verità e della scienza, ovvero l' analisi fredda e scientifica dei fenomeni economici legati all' euro, e dei danni che l' euro provoca alla nostra gente ed alla nostra economia sono la parte peggiore del Paese.
      La parte peggiore perchè sono la marmaglia, insieme ringhiante e ragliante, a seconda delle evenienze e delle circostanze, al servizio di coloro che nei vari ruoli, politico, economico, culturale sindacale tengono le fila del processo di tradimento, di disgregamento, di disintegrazione, di desertificazione del nostro Paese; insomma sono la carne da macello di quelli.
      Chiudo con una sola parola: "vergognatevi".

      Elimina
    6. Perché la decisione di Bagnai in un senso o nell'altro, dovrebbe far "sprofondare nel panico i seguaci"?
      Questo è un blog di divulgazione, quindi, pure se Salvini diventasse più europeista di un PDino, non cambierebbe nulla.
      Tant'è che i commentatori di questo blog voteranno chi Lega, chi Rizzo, chi FDI, chi Casa Pound e credo ci sia pure qualche grillino. E non sono sorpreso per nulla, è quello che succede quando spieghi i meccanismi di un assetto istituzionale e poi lasci ai lettori scegliere chi, secondo loro, saprà fare gli interessi della classe di appartenenza.

      È la normalità, non ci siamo inventati niente, sei tu quello strano.

      Elimina
    7. Insomma. Che sia la normalità che dopo anni di spiegazione quotidiana dei meccanismi economici,dei metodi politici utilizzati per intortare popoli inebetiti dalla propaganda mediatica, dello scempio democratico che va realizzandosi, ecco che sia normale che chi segue il professore poi possa votare indifferentemente qualsiasi partito, per fare l'interesse della sua classe poi (classe élite probabilmente), non mi pare proprio.
      Votare 5 stelle oggi è aver letto anni e non aver capito niente. Questo punto si può mettere?
      Votare CP o Rizzo invece mi piacerebbe capire a cosa serva. A meno che qualcuno mi spieghi che altri 5 anni di cessioni crescenti di sovranità siano meno importanti della salvezza della propria purissima anima no€.
      Quando ci diranno che il popolo italiano storicamente non esiste nè è mai esistito (vedi post seguente sulla Grecia che come sappiamo segna la via precedendoci di qualche anno) perciò che vuole, mica votare vero?!, gli risponderemo non vale, che stiamo facendo il fronte sovranista? Che attendiamo la presa di consapevolezza della massa?
      Ovviamente parto dal presupposto che l'analisi, economica e politica, debba orientare la prassi, si compia in un tentativo di farlo almeno.
      Votare Lega per essere chiari è al momento una possibilità (minuscola o meno ognuno valuti) di fare un primo (piccolo o grande) passo per rimettere al centro l'interesse nazionale, potrebbe essere l'ultima possibilità per farlo.
      È un NI che può essere utilizzato contro di noi e diventare un SÌ?
      E invece segnalare col voto un inutilissimo NO cosa sarebbe? Un SÌ certo certissimo.

      Elimina
    8. Guarda, io ho segnalato un fatto: sono certo, potrei fare nomi e cognomi, che in questo blog c'è di tutto. Non esprimo pareri sulla qualità del voto di chi vota Rizzo, Lega o CP, non mi va di farlo su questo blog, che per me rimane un blog di divulgazione.

      E sì, è normale, dato che uno può anche non fidarsi di un candidato, che sia di destra o di sinistra, o no?

      E comunque il mio commento era una risposta a serendippo, dato che il nostro ha il vizietto tipico del piddini: l'umanità deve pensarla come IO.



      Elimina
    9. scusi caro Alberto49, è proprio sicuro di non essere lei a non aver capito? Sarò pure un imbecille, come molto elegantemente ha affermato lei, eppure non credo che cercare un consiglio su come non sprecare il proprio voto (tra l'altro, caro Alberto49, il mio equivale al suo che evidentemente non si considera imbecille: lo sapeva?), possa permettere a qualcuno di offendere. Complimenti.

      Elimina
    10. Caro GLM, Lei quindi non chiedeva al professor Bagnai di reagire in modo vibrante e veemente alle nuove ipotetiche posizioni di Salvini come sembrava; Lei non si accodava a Serendippo, il velenoso Serendippo che mi ricorda qualcuno incontrato altrove il cui nickname finiva sempre per "ppo", come Lei stesso mi ricorda un altro GLM che però non è Lei sicuramente, ma cercava solo chiarimenti su come votare.
      Beh mi sembra che Lei si sia spiegato un po' male; dato che però Lei è grande e vaccinato (credo), potrà farsi presto una idea di come votare se vuole in senso antieurista o in alternativa, riascolti "My back pages", forse l' aiuterà a riflettere.
      Il mio voto come il suo hanno valore identico, è una delle poche cose ancora rimaste in piedi di questa democrazia sotto tutela, veda di usarlo bene!

      Cari saluti GLM, mi chiami se Lei è il GLM che penso, in caso contrario perdoni la mia intemperanza; a volte mi capita di perdere le staffe.

      Elimina
    11. caro Alberto49, la ringrazio davvero molto per avermi risposto in maniera così pacata. In effetti, mi sono espresso male e la mia intenzione era ed è, quella di cercare tra gli utenti di questo blog, che reputo in linea di massima persone intelligenti, un'unità di intenti alla quale allinearmi. Guardi, è la prima volta che intervengo sul blog scrivendo un commento: non credo quindi di essere il GLM al quale si riferiva. Grazie ancora.

      Elimina
  59. Visto che il dibbattito persiste vorrei tranquillizzare i tanti che cercano di trovare una giustificazione al caratterizzare e normalizzare un aspetto della cultura generale (quello del modo e della tecnica attraverso i quali si fanno "le cose")...è possibile farlo senza incorrere nel castigo degli Dei.

    Serve solo mettere l'ingrediente principale; l'onestà intellettuale.

    RispondiElimina
  60. I problemi dell'Italia non si possono certamente risolvere con le elezioni del 4 marzo, soprattutto con l'ennesimo sistema elettorale con effetti fortemente maggioritari che costringe a formare cartelli meramente elettorali e non di governo. Un bel sistema studiato per avere governi al guinzaglio di Brussels. Se gli italiani del Sud invece che votare 5 stelle votassero Lega, oggi Salvini e la Meloni potevano presentarsi da soli senza Berlusconi. Per cui se gli elettori italiani continuano a sbagliare in cabina elettorale c'è poco da fare.

    Un obiettivo molto concreto però per queste elezioni è una bella tranvata per il PD (PD DELENDUM EST) che se va sotto il 20% c'è da stappare una bottiglia di spumante. E se il raggruppamento dei sinistrati di Liberi ed Uguali va sotto il 5%, apoteosi.

    Il M5S, al di là di tutte le supercazzole a destra e sinistra per pescare voti trasversalmente, ha gettato la maschera e si presenta come una forza eurista (basta vedere la comunicazione che fa il M5S Europa dopo il tentativo di accordo con l'ALDE) e liberista, anche se su singole questioni locali (ATAC per esempio) dissimula la sua vera natura ALDE con posizioni laburiste. Di Maio ha proposto la riduzione del 40% del rapporto debito pubblico/pil in 10 anni e nessun aumento della spesa pubblica. Più lealisti del re ovvero la troika non ha nemmeno bisogno di spedire un memorandum. Il M5S ha la responsabilità di aver distratto con la storiella della kasta-krikka-korruzione il malcontento sempre più crescente a causa della crisi economica e non ha permesso la nascita di un fronte sovranista unitario, anzi lo ha indebolito a fuoco lento con quel bislacco referendum facendo perdere mordente alla spinta sovranista che era esplosa tra il 2012 e 2013. Non potendo però (per ora) dire che sul referendum si scherzava, han confezionato un'altra bella supercazzola ovvero l'illogica teoria del referundum come ripicca se la troika ti risponde picche. Se la troika ti risponde picche devi uscire dalla UE ed allora è automatico che esci dall'Euro, senza referendum.

    PS: veramente pessimi i sovranisti ortotteri che nell'imminenza della lotteria on line ed in cerca di seggiole ora sono quasi tutti pro Di Maio per il suo atteggiamento responsabile...

    RispondiElimina
  61. Borghi qualche giorno fa all'Agorà su RAI 3 è stato chiarissimo. Non mette in discussione l'uscita dall'euro, ha solo detto che un anno fa si sperava di poter uscire insieme alla Francia mentre adesso dovremo uscire da soli con modalità ovviamente diverse. Non ha mai detto che non vuole più uscire.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché un pezzo di carta chiamato moneta è un mezzo di pagamento?
      Uno Stato ha dei crediti verso i cittadini: le tasse. Uno Stato emette dei pezzi di carta chiamati moneta e considera quei pezzi di carta il mezzo per pagare le tasse. Il lavoratore offre il proprio lavoro in cambio di quei pezzi di carta con i quali poi paga le tasse. Il commerciante offre i propri beni in cambio di quei pezzi di carta con i quali poi paga le tasse.

      E gli stranieri?
      Lo Stato non può imporre agli stranieri di pagare le tasse, però uno straniero potrebbe voler comprare beni e servizi prodotti nello Stato. Lo straniero scambia la propria moneta con la moneta dello Stato e con quest’ultima compra beni e servizi.
      Se uno Stato decide che un oggetto è un mezzo liberatorio dell’obbligo di pagare le tasse, quell’oggetto è una moneta sia per i cittadini dello Stato, sia per gli stranieri che vogliono comprare beni e servizi prodotti nello Stato. Quando uno Stato smette di esistere, la sua moneta col tempo smette di essere un mezzo di pagamento.

      Se l’Unione Europea non è uno Stato, perché l’euro è una moneta?
      L’euro è accettato come mezzo per pagare le tasse dallo Stato italiano, dallo Stato francese, dallo Stato tedesco ecc. Il corso legale dell’euro non discende dall’Europa, ma dal fatto che vari Stati, in esercizio della loro sovranità, accettano l’euro come mezzo per pagare le tasse.

      Il responsabile economico della Lega vorrebbe introdurre dei minibot ad interesse zero: dei titoli del Tesoro del taglio da un euro, da 5 euro, da 10 euro, da 20 euro, da 50 euro, da 100 euro, da 200 euro, che non forniscono alcun interesse.
      I minibot saranno offerti a chi ha dei crediti verso lo Stato: il creditore non sarà obbligato ad accettarli, ma se li accetta, lo Stato si impegna ad accettare i minibot come mezzo per pagare le tasse.

      L’uscita dall’euro ancora oggi spaventa i cittadini.
      L’intensa propaganda pro euro ha spinto le persone a compiere un forte investimento emotivo sulla moneta unica: l’euro viene dipinto come il bene assoluto e l’uscita come il mostro delle fiabe.
      I dibattiti politici vengono vinti da chi riesce a toccare le corde emotive dei cittadini più di quelle razionali: parlare di uscita dall’euro spaventa i semplici e fornisce un vantaggio dialettico all’avversario, che scatena il mostro delle fiabe contro i cittadini per guadagnare consensi.

      Interrogato sul tema dell’uscita dall’euro, il responsabile economico della Lega fa un discorso sottile ed articolato per evitare che il suo pensiero venga strumentalizzato da chi fomenta paure, con la proposta di introdurre un ulteriore strumento per pagare le tasse. Alcuni militanti della Lega temono che sia un tradimento l’aver smesso di parlare di uscita dall’euro in maniera esplicita e semplicistica, ma secondo me non si tratta di un tradimento ma di strategia politica.

      Elimina
  62. Sono Simone Cantarini, faccio il giornalista e seguo il Blog fin dai suoi albori, anche se intervengo di rado, dato che per anni mi sono occupato di geopolitica e quindi sono carente di teorie economiche. Negli ultimi due anni mi sono maggiormente concentrato a studiare le economie del Nord Africa e dei paesi del Golfo. Torno sul dibattito "Made in Italy", facendo notare la doppia concorrenza che dovrà subire l'Italia nei prossimi anni, non solo dalla Germania, ma anche dai paesi del Nord Africa. A parte le economie ancora indietro come la Tunisia, di cui conosciamo molto bene l'olio, il Marocco, ben più pericoloso per il suo tessuto industriale, potrebbe divenire un potenziale concorrente in molti settori, non solo in quello agricolo. Come ho scritto proprio oggi sulla mia agenzia, il paese inizierà una progressiva e controllata liberalizzazione della sua valuta, il dirham, a partire dal prossimo 15 gennaio, dopo un regime di un regime di cambio fisso per il dirham in corso dagli anni '70 che ancora la divisa all'euro e al dollaro. Ora è curioso verificare che secondo Fmi e Banca mondiale: il passaggio graduale a un regime di cambio più flessibile dovrebbe contribuire a rafforzare la competitività del Marocco. Ecco questo solo per confermare che l'euro è un progetto ideologico, perché se Fmi e compagnia cantante avessero realmente tenuto alla "salute" della Grecia, avrebbero dovuto consigliare la medesima cosa, sganciamento euro, per recuperare "competitività". Cari saluti.

    RispondiElimina
  63. Vorrei rispondere al Sig. Serendippo ma le mie parole non sarebbero all'altezza di quelle degli altri lettori (in particolare quelle di Linda Nataloni, un pezzo di autentica bravura). Per questo ho affidato la mia replica ad una donazione a Asimmetrie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La ringrazio, le è molto gentile. Dia un'occhiata al dizionario del blog per il metasignificato del commento :-), credo che si divertirà.
      Cordialmente,
      Linda

      Elimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.