martedì 17 gennaio 2017

Argentina (again)

(...come sapete, è mio preciso impegno non dedicare questo blog alla cronaca. Per la cronaca avete i gazzettieri, ai quali potete rivolgervi sapendo che non possono spiegarvi quello che sono pagati per non capire, e molti non capirebbero nemmeno se pagati. Meglio leggere qui la cronaca del futuro, che farsi prendere in giro. Questa scelta editoriale ha avuto un certo successo, e quindi non intendo rivederla. Oggi vi giro una lettera che ho ricevuto da un paese del quale tutti parlano e pochi sanno qualcosa: l'Argentina, presa spesso a paradigma delle vicende italiane da commentatori particolarmente insulsi e cialtroni. Un paese che è scomparso dal radar perché il belloccio liberista di turno non è che stia andando benissimo, e questo ovviamente alla stampa corrotta e faziosa non fa molto comodo metterlo in evidenza. Ve la vendo come l'ho comprata: è una testimonianza, a qualcosa servirà. Non credo che avrò molto tempo di gestire lunghe discussioni perché ho diverse scadenze scientifiche da gestire, dal mio fortino ai margini della comunità scientifica. Divertitevi senza di me...)



Gentile professore,

Le scrivo, come molti hanno già fatto, per dirLe innanzitutto grazie. Per il Suo lavoro e per avermi dato alcune chiavi di lettura di una realtà che dispongono ordinatamente una serie di elementi e sensazioni che prima potevo solamente sostenere attraverso un “io so” pasoliniano (non detto da Pasolini, tra l’altro. Immagini quanto potesse valere).

Le scrivo dall’Argentina, da dove – casualmente – ho iniziato a seguire il suo blog nel 2013. Oltre a i ringraziamenti quello che mi spinge a scriverle (nonostante la mia dimestichezza con l’italiano, che va via via scemando, trasformi questa epistola in uno sforzo titanico per me) è volerle raccontare un aspetto che, a mio modo di vedere, è anch'esso un tassello del quadro che Lei ci sta aiutando a vedere.

Si ricorda il “back to the future” di cui il suo amico greco le aveva parlato, riferendosi al fatto che vedere l’Italia era per lui come un viaggio a ritroso nel tempo della sua Grecia?  Se guardo all’Argentina (o forse dovrei dire dall’Argentina verso l’Italia) oltre al gioco tra futuro-passato, è noto anche certe simmetrie.

La stampa
Nel 2010, quando sono tornato in Argentina, lasciavo un Italia in piena epoca berlusconiana (o almeno questo pensavo io, essendo per me questo il problema centrale del Bel Paese ).

Arrivato a Buenos Aires mi trovavo invece un attacco incessante al governo da parte di tutti i grandi gruppi media (che qua sono, in definitiva, due grandi mogul: il gruppo Clarin e il giornale La Nación). Dopo le esperienze italiane di quella che io ai tempi definivo come “stampa di regime” mi venne spontaneo pensare “Se tutti i grandi gruppi media stanno criticando questo governo, vuol dire che qualcosa di buono starà pur facendo”. Vede, in questo caso la simmetria mi aveva portato da un posto dove la stampa imbelliva una realtà invece brutta (l’Italia), mentendo sapendo di farlo, ad un altro (l’Argentina), dove la stampa e i mezzi di comunicazione imbruttiva, mentendo, una realtà magari non così orribile. È stata senz’altro una grande esperienza, un po’ come vedere l’altra faccia della stessa luna “in azione”, muovendosi con la stessa forza, per lo stesso obiettivo, ma utilizzando il meccanismo al contrario (dal “va tutto bene, e presto andrà meglio” italiano al “non siamo stati mai cosí male, e ci avviamo all’ecatombe” argentino).

Venendo ai giorni nostri: mentre in Italia vi dicevano – corrucciati e preoccupati – che dopo la Brexit  il Regno Unito “era uscito dall’Europa”, qui da noi dicevano – sorridenti ed esaltati – che con la vittoria di Macri l’Argentina “tornava nel mondo”.

Da voi i partiti sono “populisti” perché anti-sistema, e per questa ragione si condannano tutte le loro rivendicazioni, anche quelle che invece inquadrano il problema centrale dell’Europa.  In pratica: siccome chi solleva problemi relativi alla la redistribuzione della ricchezza è anche uno xenofobo (come Le Pen) o un fanfarone (come Grillo), allora si condanna il concetto stesso di redistribuzione. 

Parli dell’uscita dall’euro? Sarai mica uno xenofobo come Le Pen?

Da noi i partiti sono populisti perché promettono la redistribuzione della ricchezza invece pensano a rubare (se morfaron todo). E per questa ragione si condannano le loro rivendicazioni (potrei definirla “la corrrupppcciónnnnnfeafea”?) e si condanna il concetto stesso di redistribuzione. In pratica: chi vuole redistribuire è in realtà corrotto. Et voilà, con questo sillogismo la redistribuzione degli ingressi scompare di scena e, quando vi torna come rivendicazione, fa dire “Attenti, è un corrotto!”.
In Italia (nel primo mondo) si sono lentamente applicate le politiche neoliberiste durante decenni, per arrivare allo smantellamento dello stato sociale; in Argentina lo si è fatto a tempo record, con la Dittatura di Videla (e, soprattutto, di Martinez de Hoz) e poi per via “democratica” durante i “roaring nineties”. In Italia si è fatto saltare il sistema politico (mi insegna Lei) con l’esplosione di Mani Pulite; qua – dove la manu militari che pareva più veloce si è poi rivelata forse anacronistica – sono arrivati agli impeachment più di recente (Paraguay; Brasile e, se non avesse vinto l’allora opposizione, sicuramente anche Argentina).

Para ser claro: non sto dicendo che i governi di Kirchner (Argentina) o Dilma (Brasile) fossero onesti. Dico solo che questo aspetto è stato usato per favorire l’arrivo al potere di governi inveve affini al capitale, sul cui operato invece ora i media – prima inferociti e paladini dell’onestà- si permettono al massimo commenti come “hanno sbagliato”, “stanno imparando”.

Capisco e ho visutto l’effetto imbonitore di una stampa panglossiana che ti dice che andrà tutto bene, che ti convince (nei momenti peggiori) che devi pazientare un po’ e che vedrai presto i miglioramenti. E capisco appunto che ci si possa credere (soprattutto perché, quasi in autodifesa, si vuole che abbia ragione). Mai avrei pensato, però, che la stampa potesse plagiarci cosí tanto da farci votare contro i nostri interessi a pancia piena, ovvero: convincerti – quando le cose vanno relativamente bene – che in realtà non sei mai stato cosí male.

The result
E quindi adesso abbiamo un Presidente del Banco Central che dice “La inflación monetaria genera inflación” e ha iniziato il 2016 con un tasso di interesse del 36%, assorbendo pesos secondo lui in eccesso. (Ovviamente l’inflazione si è calmata, passando dal 26% del 2015 al 40% del 2016). Tra l’altro, dopo una campagna elettorale in cui un governo ha promesso crescita e, in parallelo, lotta serrata all’inflazione.

Nel dettaglio:

povertà zero+
riduzione del deficit fiscale+
eliminazione delle tasse ai cittadini e ai grandi produttori terrieri+
eliminazioni dei sussidi al trasporto, alla luce e la gas+
crescita economica

Infatti, appena arrivato al governo, ha eliminato le “retenciones” sui prodotti agricoli da esportazione (commodities quali mais e il grano, ad esempio) e al settore minerario; ha eliminato le sovvenzioni al gas, luce, trasporto e acqua (con aumenti che, in alcuni casi, hanno superato il 400%). Fin qui tutto bene, salvo il fatto che povertà è arrivata – in 8 mesi – al 32% (prima, si dice fosse al 25%), la disoccupazione è cresciuta e – guarda caso – l’economia è entrata in recessione. In questo contesto, ovviamente, i soldi per tagliare le tasse ai cittadini comuni non ci sono. Anzi, sono aumentati anche le imposte municipali, ben oltre il 40% dell’inflazione.

Al di là del fatto che io possa sbagliarmi su quale delle due opzioni fosse la migliore per l’Argentina e, soprattutto, nell’analisi di quanto fatto dal governo precedente, ho capito che – quando la stampa e chi la comanda vogliono – non riusciamo nemmeno a essere egoisti. Ovvero, a dire: "non mi importa se dicono che questi sono corrotti, o che il sistema è insostenibile. Io  ho la pancia piena, e quindi voglio continuare cosí".

[emphasis added...]

Il prossimo passo dell’elettorato, magari, è quello di essere citttadini che votano in modo razionalmente egoistico. Ovvero: per fare i propri interessi. Cosa che, ad esempio, hanno fatto benissimo le elite che hanno appoggiato la candidatura del governo attuale.

El verso (lo speech)
La campagna dell’attuale presidenza argentina è stata realizzata utilizzando il concetto del “Cambio” (in questo caso, rispetto ai 12 anni di governo peronista-kirchenerista). Tant’è che la coalizione che ha poi vinto le presidenziali si chiama “Cambiemos” (congiuntivo esortativo). Mesi dopo, ho sentito spesso parlare di cambio anche Donald Trump e mesi prima (e poi mesi dopo, più o meno fino al 4/12) ho sentito parlare di cambio Matteo Renzi. Questo solo per dirle che, forse, una delle mentite spoglie sotto le quali potrebbe palesarsi il prossimo movimento neoliberista anche in Italia (o Europa) potrebbe farsi forte di questo messaggio – basta de todo! Cambiemos! – che pare avere presa sugli elettore e che, dico magari sbagliando io, pare far parte di un copione internazionale. È vero che Renzi ha fallito (rispetto alla sua continuità nel potere), ed era comunque un fautore del “Cambio” (magari sotto la retorica della rottamazione) ma, umilmente, vorrei dire a Lei – che ha un orecchio fino – di ascoltare se altre forze nuove - che dietro hanno le forze di sempre - non vengano fuori con il discorso del cambio anche dalle vostre parti. Altre cose in comune – e qui ci voleva poco a prevederle, magari – è che il presidente Macri, dopo un anno di crisi e aumento della disoccupazione, inizia a dire “Ci vuole più flessibilità” o “La legge sul lavoro del XX secolo non va bene per il secolo 21” e cosí via. Oltre ai soliti “lo Stato non è efficiente”, “lo Stato non deve intervenire”. Ah, dimenticavo il “Nos merecemos vivir mejor” della campagna elettorale trasformatosi in “tutti dobbiamo sacrifcarci” dopo la vittoria.

In Argentina sono riusciti a generare un grande odio verso i “lavoratori improduttivi” dello Stato; a far accettare ai più concetti come “per i servizi dovete pagare di più” e vere proprie provocazioni come quella del ministro dell'Energia che dice, dopo un aumento del 30% in 3 mesi, “se il prezzo della benzina è troppo alto, i consumatori smetterano di comprarla”.
La classe media - o ciò che ne resta, recita con soddisfazione, “mi abuelo se rompia el culo 14 horas por día y no decia nada; y ahora se quejan porque tienen que hacer unas horas extras? Son todos unos vagos”; mentre un politico, appartenente all'aristocrazia argentina, diceva ai giornali che se, negli anni scorsi, un impiegato della classe media poteva permettersi lussi quali “viaggiare, comprare auto o televisori” era perché gli “stavano mentendo” riguardo il suo salario. La colpa, insomma, è nostra.

Sa cosa mi ricorda? Gli articoli del Corriere della sera che, mentre da una parte parlava di disoccupazione giovanile, poi dall’altra faceva apparire sulla pagina web – ogni settimana – la storia di un qualche neo-laureato italiano che “ce l’aveva fatta” e ora era milionario/famoso/di successo.

Me li ricordo bene, “sulla mia pelle”, quegli articoli che sembravano volermi dire: “vedi che sei un coglione? Chi è bravo ce la fa ad emergere”.
[emphasis ri-added...]

E nel frattempo, grazie ai titoloni dei giornali, la classe media argentina festeggia anche il calo dell'inflazione, ovvero la certificazione della perdita del proprio potere d'acquisto.

La ringrazio ancora quindi per avermi dato gli strumenti di lettura per capire meglio queste cose, per capire che un governo che dice “per far crescere il Paese vogliamo inflazione zero” mi sta mentendo sapendo di farlo e soprattutto perché sta portando avanti una battaglia che va ben oltre i confini italiani.

Un ultimo aneddoto. Quando facevo il liceo, la bravissima professoressa di italiano, mi fece una bella domanda (ero in terza superiore).

Nel ‘500  si diceva Homo faber fortunae suae. Nell’ ‘800 Foscolo scriveva “L’uomo è artefice delle proprie sventure”; nel ‘900 Zeno Cosini afferma “La vita non è né bella né brutta. È originale”. Quale le sembra la più pessimista di queste affermazioni?

Optai per la terza (all’epoca ero comunque più sveglio di adesso) dicendo che, almeno nelle prime due si aveva l’idea di un uomo che decide, che è reponsabile del proprio destino, nel bene o anche solo nel male. In quella di Svevo, invece, l’uomo rimaneva in balia degli eventi, senza alcun potere.
Glielo dico perché i suoi due primi titoli dei libri – non so perché - mi hanno riportato alla memoria questo iter. Per un “Tramonto dell’Euro” dove l’Italia potrebbe essere artefice del proprio destino a un “Italia può farcela” che mi suggerisce “se non ce la faremo, sarà colpa nostra”. Manca il terzo. Il mio desiderio e il grande augurio è che non richiami quello di Svevo.



(...qualora lo faccia, la colpa sarà evidentemente vostra: se lo dice il Corriere, che siete inadeguati, deve essere vero, perché tutti sappiamo che il Corriere non pubblica fake news...)

22 commenti:

  1. Sono confortato dal fatto che abbia poco tempo da dedicarci perché preso dal suo lavoro: un grazie di passaggio però glielo devo mandare comunque, perché senza di lei staremmo tutti un po' peggio (al netto dei nostri nemici, naturalmente...)

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  2. Com'era quella? Le oligarchie, in forza del numero, si coordinano più efficacemente delle masse. Con un addendum, data la terribile aria di famiglia che spira da questa lettera: sono pochi e sono OVUNQUE, i loro interessi non differenziandosi per realtà storica o geografica - mentre i popoli cadono facilmente preda dei conflitti sub-sezionali (pour cause, evidentemente, dato che disagi sofferenze e paure le subiscono e che il cappone che hai accanto è l'unico terminale delle tue frustrazioni).
    Ma tutto parte dal lessico, da uno scivolamento semantico che è il profondo godimento delle sinistre puttane: da internazionalismo a mondialismo, che vuoi che sia?
    Quando diventi ceto dirigente hai compiuto il salto di classe, le lenticchie del tuo piatto ti omologano (no: ti sei venduto per averle) e allora l'Argentina è il Brasile è l'Italia è la Grecia... Perché "hai una banca" e da più tempo un (?) giornale.
    Bellissima lettera, desolante.

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  3. In questi mesi sto pensando molto alle contraddizioni della classe media. Da sempre schizofrenica tra il mito dell’ascesa sociale e il terrore della proletarizzazione, non ha mai avuto una sua teoria economico-politica ed è sempre andata al traino di chi le stava sopra, pur essendo la classe media, nel bene e nel male, l’ossatura delle (ex) democrazie avanzate. Una volta c’era il “capitale” e il “proletariato”, poi quest’ultimo è scomparso (scambio laurea in storia contemporanea con patentino di saldatore...) ed è rimasto solo il primo a fare veramente “politica”, perché la classe media è un gigante sociale ed una nullità politica. Insomma, la classe media ha sempre avuto una sorta di sindrome di Stoccolma nei confronti dell’élite: e oggi viene vessata e impoverita dall’élite (ai nullatenenti nulla si può togliere), perché contrariamente all’élite che è transnazionale la classe media è ancora legata ad un territorio e perciò è coercibile. Ma avendo la classe media una visione feudale della società che le deriva da essere in genere quadro intermedio di grandi aziende o istituzioni, appoggia l’élite perché è questa che decide se farti lavorare o sbatterti fuori. La crisi guarda caso è servita anche a spazzar via la piccola e media impresa. Ultimamente ho avuto la sfortuna di avere a che fare con gente della buona media borghesia (quella di Rotary e Lions per intendersi). Chi non capiva una mazza di economia sfornava i più beceri luoghi comuni neoliberisti, a cominciare da quello infame del vivere al disopra delle proprie possibilità, conditi con un falso moralismo di facciata; chi ne capiva qualcosa, giustificava le scelte elitarie dicendo che non c’era alternativa. In tutti, la concezione della crisi come una specie di calamità naturale che viene perché viene, e basta. Proibito farsi troppe domande sulle cause, e se bisogna tirar fuori un colpevole, è sempre lo stato corrotto.

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  4. Meno male che c'è l'euro a vincolarci. Vedete cosa accade in America Latina? Facciano subito una moneta unica!

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  5. OT (scusate)
    Gregor Gysi (attuale presidente del partito tedesco Die Linke) al parlamento tedesco nel 1998:

    "Se dite che si introduce una moneta unica per costringere l'allineamento non dite altro che, consapevolmente, organizzate concorrenza salariale, cioè in verità dumping salariale e dumping dei costi" (dal minuto 13:00)

    https://youtu.be/MNx_G5jIgZ4

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  6. Prof, le faccio notare, qualora se lo fosse perso, l'interessante intervento di Amartya Sen pochi giorni fa a Otto e Mezzo.
    Sì, dice nient'altro che cose che ha già scritto (come lei sa benissimo avendolo riportato anche qui sul blog), ma con la differenza di essere arrivato a un pubblico molto ampio come è quello dell'access prime time (addirittura, secondo Berlusconi, il talk della Gruber sarebbe ormai l'unico talk in Italia a spostare veramente voti).

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    1. Solo una precisazione: non è Sen a parlare "come Bagnai". Sono Bagnai e Sen a parlare come economisti, perché lo sono, esattamente come Bagnai e Gilbert sono clavicembalisti (in entrambe le coppie il secondo e migliore del primo), mentre il signor Giannino non è né l'una cosa né l'altra, ed è abbastanza rivelatore del modo in cui i media incapsulano certi messaggi il fatto che lui fosse presente in quella sede.

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    2. Era molto british-USA, fantastica la pronuncia di Trump, preparata a lungo davanti allo specchio <a href="http://dictionary.cambridge.org/it/pronuncia/inglese/tramp(perfetta, direttamente da Chicago - quella in basso)!</a>

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  7. Il 10 gennaio ero alla presentazione dei libri di Massimo Pivetti e Aldo Barba, La scomparsa della sinistra in Europa, e di Cesaratto, che conosciamo e che abbiamo avuto il piacere di vedere anche al Goofy 5.
    L'incontro si è tenuto alla Fondazione Basso, Lelio Basso, del quale, a proposito di cosmopolitismo borghese, va ricordato questo.
    Radio Radicale ha filmato tutto l'incontro.
    Imperdibile, in coda, l'intervento di Pivetti. Godetevi lo sbertucciamento del piacione greco, che ora pontifica dagli USA. Anche Barba, asciutto e diretto, e Carlo Galli meritano attenzione.
    Sul resto fate vobis.

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    1. Sì, naturalmente, tutto bene. Ma dell'euro Pivetti che dice?

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    3. @osvaldo: ma tu riesci a vederlo quel filmato? A me dice "contenuto non disponibile".

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  8. Grazie professore per averci dato gli strumenti per decostruire il discorso della contemporaneità. Davvero, oramai mi diverto a scovare le strategie del potere che si celano dietro la rassegna stampa, dietro un'intervista, dietro tutta la produzione culturale. È imbarazzante come il paradigma neoliberista abbia pervaso tutto e tutti. Oramai con i miei amici e parenti ho intrapreso un percorso maieutico, cerco di far loro capire che gli interessi che difendono a spada tratta non sono i loro; purtroppo si è persa completamente l'autocoscienza (ancor prima della coscienza di classe, se c'è mai stata). Incidiamo però solo marginalmente nel dibattito pubblico, il nostro è un discorso marginale: per questo il suo lavoro è fondamentale. Quando arriverà il momento di "prendere il potere" (perché è appurato che questo sistema sta per crollare) non rimarremmo fregati solo se l'opinione pubblica sarà ben informata

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  9. Da noi si sta facendo dura per il frame del mainstream, anche grazie alle dichiarazioni di Trump: Cangini su QN oggi conclude un fondo definendo L' EU un cadavere che già puzza, ma non si fa avanti un becchino per inumarlo. Stesso giornale (letture da bar), Prodi si smarca con il suo solito alibi (la Germania) dicendo che questa europa non è la sua. Online continua a rimbalzare in ordine sparso la vicenda del prestito tedesco del 74 (con la lira andavamo ad elemosinare col cappello in mano in giro per il mondo)... E in molti continuano a dire che il 2016 è stato un buon anno (andare a vedere il numero dei fallimenti e la crescita delle sofferenze bancarie non è il caso, ovviamente). Il redde rationem si avvicina, ad occhio e croce,

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    1. Il tipo l’ho sempre considerato un imbonitore da fiera, per giunta di basso livello (figurati gli imboniti…). E’ dai tempi delle sedute spiritiche e via Gradoli che avrebbe bisogno di aiuto, ma temo che anche i parenti siano più o meno della stessa forza.

      A me fanno paura questo e questo.
      Sbaglio? (non è una domanda retorica…)

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    2. Prodi non mi fa paura, mi suscita irritazione il constatare che venga ritenuto autorevole in Italia ed all'estero uno che mostri tale palese e disarmante dilettantismo e superficiale ingenuità, nonche il pensiero che ci si sia fidati di uno così, perchè è cosa oggettiva che il Paese lo abbia seguito sulla strada dell' ingresso nella moneta unica; l' obiezione che mi farai è vera, serviva un utile idiota dall' interno e dall'esterno e lui era la persona giusta.

      Bini Smaghi potrebbe creare problemi ma mi sembra che non ne azzecchi una dal 2011, terrorismo, unione e vigilanza bancaria, (non so prima, perchè non ne avevo mai sentito parlare) e continua a ripetere la solita solfa della cessione di sovranità, e del rafforzamento dell' UNIONE attraverso le crisi (cosa che diceva anche Prodi prima di lui), alla luce della guerra in corso all' interno della UEM e dall' esterno.

      Uno come Bini Smaghi che non ha capito come mai l' economia sia debole e si sia indebolita e non ha capito da dove arriva la crisi delle banche, o fa finta di non capire, è comunque perdente.


      Posso sorvolare su quell' altro? mi fa sinceramente ribrezzo?

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  11. La vera notizia del giorno è che sia Trump che Xi JinPing hanno letto Ha-Joon Chang (Shakira non si sa).

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  12. Il nostro amico argentino non si preoccupi, in Italia già sappiamo che la colpa è della corruzzzione.
    Per fortuna nascono spontanee associazioni se non addirittura rivoluzioni dal colore ben definito.
    L'ultima è verde, non si chiama "cambiamento" ma "Riparte il Futuro" e grazie a facebook può intercettare gli ortotteri grazie all'innocente sistema dei "like" alle pagine.
    In questo caso l'iniziativa è mossa da un manipolo di attivisti, si fanno chiamare Transparency International, chissà, sarà qualche movimento anticapitalista...

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  13. "Ho capito che.... non riusciamo nemmeno a essere egoisti."

    Purtroppo mi trovo ad affrontare un periodo terribile essendo venuta a mancare la persona con cui riuscivo a sopportare abbastanza felicemente un certo isolamento. Ho provato a riallacciare e a intensificare i rapporti con amici e amiche, ma più li frequento e più mi sento sola.
    Se grazie a lei ho maturato profondi valori sociali ed etici, proprio questi valori a cui mai rinuncerei e di cui vado fiera, si frappongono tra me e qualsiasi altra persona (eccetto qui).
    Non riuscivo a capire se la disadattata ero io oppure se ero realmente circondata da psicopatici e narcisisti patologici.
    La mia sensazione era che il modello ultraliberista in auge non provoca solo i danni che lei ha così ben spiegato in anni di divulgazione, ma mina la sanità mentale e valoriale dell'individuo, disgrega le famiglie - fondamento di qualsiasi società - e condanna tutte le forme di socialità, empatia e solidarietà.

    Ho scoperto che già nel 1979, il sociologo Christopher Lash pubblicò il saggio “La cultura del narcisismo” in cui "allertava la società americana sulla diffusione di massa del narcisismo e sulle sue conseguenze sulla collettività. L'analisi di Lush sull’individualismo esasperato, il culto del corpo, l’ossessione per il sesso e per il successo, il terrore della morte e la caduta di valori come solidarietà, empatia e senso di responsabilità suona come una profezia.
    Il narcisismo si è trasformato in un autentico modello culturale, viene incoraggiato, elogiato e veicolato con la diffusione virale di immagini e messaggi attraverso i mass media che, in modo palese o occulto, esaltano incessantemente la bellezza fisica, la cura maniacale dell’apparenza e la sessualità come panacee universali per la felicità" scrive lo psicologo Enrico Secci.
    A mio parere la (dis)cultura del narcisismo è intrinsecamente legata al modello economico: l'ultraliberismo ha esacerbato il narcisismo e quest'ultimo alimenta l'ultraliberismo.

    Il narcisismo è anche uno degli ostacoli che rende impossibile alla maggior parte delle persone, totalmente concentrate su se stesse, capire quello che sta succedendo e di cosa sono vittime.
    Un indotto narcisismo/egoismo talmente perverso e distorto che impedisce di comprendere quali siano i nostri interessi individuali e quanto questi siano legati (e non in competizione/contrapposizione) con quelli collettivi.
    Questo comporta che non solo non si riesca ad organizzare alcuna resistenza o forma di coesione nonostante siamo praticamente tutti nella stessa situazione, ma che le vittime stesse, individualmente, contribuiscono a diffondere la "patologia" chiudendo e alimentando il circolo vizioso.

    Forse in ogni tempo gli esseri umani hanno avuto la sensazione di vivere in una fase di cambiamenti epocali, oggi non credo si tratti solo di una sensazione.
    I "nuovi barbari" avevo scritto (e uno mi aveva cazziata per l'uso secondo lui improprio del termine barbari) ma non mi rendevo conto di quanto l'imbarbarimento fosse diffuso e si fosse insinuato in profondità.
    Vedevo solo la punta dell'iceberg.
    La spinta ultraliberista, la conquista di diritti e libertà individuali (sacrosanti ma spesso banalizzati, strumentalizzati e spinti oltre certi limiti), la diffusione della tecnologia che dà l'illusione di essere connessi a livello globale (e la conseguente esaltazione di apparire ed essere seguiti) insieme stanno disgregando la società e le sue conquiste civili e valoriali con una potenza che mai prima d'ora.
    Sarà decadenza totale, assoluta. Una povertà che va ben oltre la miseria materiale di altre epoche.
    Solo qualche singolo, nessuna istituzione, meno che mai la Chiesa, prova a contrapporre qualche tipo di resistenza al diffondersi di questo modello patologico.
    Un cancro endogeno, iniziato da personalità tanto malate quanto influenti che ormai si è diffuso a tutti i livelli della società.

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  14. Silvia: sul tema del narcisismo segnalo questi due libri (ricchi di bibliografia)

    Massimo Bontempelli. Il sessantotto. Un anno ancora da scoprire.

    M.Bontempelli, Un pensiero presente, Indipendenza-Editore Francesco Labonia, 2014

    reperibile scrivendo a http://www.rivistaindipendenza.org/

    qui una recensione del secondo libro, scritta da Marino Badiale, che di Massimo Bontempelli è stato collaboratore:

    http://il-main-stream.blogspot.it/2015/02/un-libro-di-massimo-bontempelli.html

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  15. Caro Fausto,
    grazie per le ottime segnalazioni, i libri sembrano molto interessanti, li acquisterò.
    Sapere che esiste qualcuno che pensa queste cose, che le legge e ci riflette su o che scrive sull'argomento.... Non mi stancherò mai di ripetere quanto sono grata a Bagnai non solo per le cose che ci ha insegnato, ma per aver creato questo luogo dove incontrare, oltre a lui, persone ancora umane.

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