lunedì 6 aprile 2015

Paggi su Ingrao, il destino, e la sconfitta del comunismo

(...alcuni amici mi hanno segnalato come particolarmente illuminante per i loro problemi l'intervento di Leonardo Paggi al convegno su "I 100 anni di Pietro Ingrao". Io l'ho letto, e ho avuto alcune perplessità, che ho espresso in privato. Siccome però non sono affatto certo della fondatezza delle mia considerazioni, le sottopongo a voi, che siete la mia pirreviù. La domanda è sempre quella che ebbi a fare in Francia al malcapitato (e decerebrato) Boccara: "Perché dal 20% siete passati al 2%?". Voi direte: "Che c'entra! Renzi è al 40%!" Aspetta... Intanto questo 40% lo vogliamo vedere, e lo vedremo. Poi il PD non è più un partito di sinistra: è un melming pot democristiano, con le sue correnti: Cuperlo al posto di De Mita - e la loro corrente esprime l'attuale Presidente della Repubblica, nel senso che Mattarella apparteneva alla corrente di De Mita - e Renzi al posto di Andreotti - con la differenza che Renzi durerà molto di meno, e Andreotti era più bello. Quindi il caso italiano è naturalmente diverso dal caso francese: il tradimento del partito comunista rispetto ai lavoratori, con l'adesione alla filosofia fascista (nel senso di classista e antidemocratica) del vincolo esterno, c'è stato anche qui, ma è stato gestito, va detto, con più abilità.

Sono ancora tutti lì, e chi aveva tuonato contro il vincolo esterno è stato poi fatto Presidente della Repubblica non per una, ma per due volte, in cambio dell'averne applicato così bene la filosofia!

Credo basti questo a capire cosa è successo, e che tipo di difficoltà fronteggi chi da dentro la nuova DC voglia almeno far finta di cambiare le cose. Ci sono alcuni passaggi obbligati.

Segue lettera, per la vostra pirreviù...)



Carissimi,

la lettura del testo di Paggi mi fa capire quanto siano diversi e complementari i nostri punti di vista e le nostre competenze. Lo sono almeno tanto quanto diversi (e complementari) sono i nostri problemi, credo.

Per cominciare, vi parlo di un mio problema: sono ignorante. Io, per sapere cos'è il "centralismo democratico", dovrei googlarlo. E normalmente, essendo persona coscienziosa, lo avrei fatto. Perché non l'ho fatto? Perché ho trovato, nel testo di Paggi, un paio di cose nelle quali mi sono imbattuto ormai troppe volte, e che non condivido, ritenendole nocive. Le sottopongo alla vostra attenzione per farvi capire (se interessa), come la penso io, ribadendo che per me il testo è stato comunque utilissimo non per capire, ma per intuire, quali siano i problemi coi quali vi confrontate voi e per i quali avete tutta la mia solidarietà e il mio rispetto.

A p. 3 Paggi descrive correttamente (in termini di teoria normativa della politica economica) quello che chiama il "cambiamento di binario della storia " (citando Montale) avvenuto a metà degli anni '70: "l'obiettivo storico della piena occupazione viene retrocesso rispetto a quello della lotta all'inflazione", il che rendeva "incongruenti e nocive" le lotte operaie.

Bene.

Domandina: perché?

Per quale motivo la funzione obiettivo del "decisore sociale" è repentinamente cambiata in tale guisa?

Ho cercato nel testo di Paggi una risposta, e non l'ho trovata. Mi direte: una "laudatio" non è un saggio. Certo. Eppure una risposta in un paio di righe credo si possa dare. Provo a sintetizzare quella che ho dato nel mio testo: "perché l'URSS cominciava a fare molta meno paura". Quando faceva paura, c'era chi poteva tranquillamente "laudare" i carrarmati a Budapest. Poi l'URSS ha fatto meno paura, e siamo diventati tutti monetaristi.

Ok, è una risposta semplicistica (e infatti normalmente la articolo meglio), sono sicuro che potreste correggerla e integrarla, ma è una risposta, una risposta a una domanda che non può essere elusa, proprio perché, come Paggi correttamente sottolinea (bontà sua), questa svolta "economica" era "densissima di implicazioni politiche". Il racconto che Paggi fa della svolta di politica economica nella seconda metà degli anni '70, però, è quello che i pirla oggi fanno dell'austerità: "Un bel giorno i governi europei se sò svejati e se sò messi a ffa austerità che è tanta brutta, signora mia!" Perché? Bò! E così, dice fa dice che negli anni '70 un bel giorno hanno deciso "togliamo U dalla funzione obiettivo e mettiamoci pi greco". Perché? Perché si portavano i pantaloni a zampa?

Eppure dei perché meno estemporanei c'erano e ci sono, e devono essere esplicitati.

Esempio: l'austerità è conseguenza diretta dell'euro, per cui è insensato (o doloso) proporre l'abbandono della prima senza l'abbandono del secondo. Questo vi è chiaro, no? Bene: di cosa era conseguenza l'abbandono delle politiche di piena occupazione, e di un capitalismo in qualche modo, larvatamente, wage-led? Voi ce l'avete un'idea? Paggi ce l'ha? Io ce l'ho, magari è sbagliata, ma ve l'ho proposta per le vostre deduzioni. Paggi non dà una risposta, o forse dà una non risposta...

Di queste non risposte nel testo di Paggi ce ne sono altre due secondo me, corredate, perché la torta abbia la sua ciliegina, da una menzogna fattuale, che però non imputo al povero Paggi, che non conosco, perché fa ormai parte del frame: ormai si deve dire così, e quindi lo dice anche Paggi.

Non risposta numero uno
"Che le politiche keynesiane non siano più applicabili non è cosa che riguardi solo le socialdemocrazie".

Ah sì? Le politiche keynesiane non sono, o da un certo punto non sono state, più applicabili? Ma guarda! E perché?

Manca la risposta. Qui i casi sono due.

Caso numero uno: forse Paggi forse sta parlando della prassi della politica economica. In questo caso non stupisce che Paggi non dia la risposta: l'affermazione è fattualmente errata. Politiche keynesiane, nel senso di politiche discrezionali anticicliche di governo della domanda aggregata, sono sempre state applicate da qualsiasi governo di destra o di sinistra, con la limitata eccezione dei governi dell'Eurozona nel periodo dal 2009 in poi per i condizionamenti che sappiamo (determinati dall'euro). Punto. Da sempre tutti proclamano la morte di Keynes applicandolo, perché Keynes potrà anche stare sui coglioni (soprattutto a sinistra), ma funziona.

Caso numero due : forse invece stiamo parlando dell'esplosione del debito pubblico (l'unico debito che Paggi e Giannino - scusatemi, ma ne ho i coglioni pieni - vedono). Ma in questo caso l'analisi di Graziani la buttiamo al cesso? Perché è esploso il debito pubblico? Ovvero, per evitare equivoci: perché Paggi non nomina gli squilibri distributivi che hanno portato con sé il ricorso al debito come strumento di finanziamento della domanda aggregata? Perché non pone in modo chiaro l'alternativa fra capitalismo wage-led e capitalismo debt-led?

Io credo che sia per quella sorta di Schadenfreude "de sinistra" che vede in Keynes il nemico pubblico numero uno, perché è bene o male quello che ha indicato come tenere insieme i cocci del capitalismo. Muoia Keynes con tutti i filistei. Ottimo. Solo che, forse sfugge, per motivi che sarebbe bene indagare, oggi non abbiamo più né una comune né un soviet dove rifugiarci. E allora, se indulgiamo a questo "anticapitalismo" nichilista, che cosa è ovvio che succeda?

Quello che Paggi descrive nella

Non risposta numero due
"Il tratto singolare di questa versione postcomunista della politica dei redditi sta nell'assenza di garanzie o contropartite di alcun tipo". Vulgo: i comunisti hanno venduto i lavoratori in cambio di nulla (per i lavoratori).

E anche qui: perché?

Una prima chiave di lettura è che la sinistra non era in condizioni di chiedere "contropartite" perché era venuto meno (più esattamente: si sapeva che stava per venir meno) il modello di riferimento alternativo, la "contropartita" ideale posta dal sistema sovietico. Credo (e forse sbaglio) che non ci fosse stato né tempo né voglia di approfondire seriamente un modello alternativo che non fosse l'avvento di Baffone. Può essere che mi sbagli, ripeto, sicuramente semplifico, ma la resa senza condizioni al capitalismo trionfante a me pare una ovvia conseguenza del "muoia Keynes con tutti i filistei". Non avendo voluto ammettere che il capitalismo potesse funzionare, la sinistra non ha fatto nulla per capire come farlo funzionare a modo suo, cioè in un modo "di sinistra": il "libbbberismo" si è trovato la strada spianata, e il massimo dell'elaborazione concettuale a sinistra oggi è un elogio delle virtù della concorrenza che sembrerebbe caricaturale perfino a un undergraduate dell'Università il cui nome è un invito (sì, sto parlando delle famose lenzuolate), e l'idea un po' farlocca che gli interessi dei lavoratori siano difesi da quel comitato d'affari dei grandi creditori che è una "banca centrale indipendente", la quale tutelerebbe la stabilità dei prezzi e quindi il potere d'acquisto (anziché, guarda un po', i redditi dei suoi mandanti...).

In accademia è stato così: un'intera generazione di economisti "de sinistra" in Italia si è trovata concettualmente sguarnita di fronte all'offensiva neolibberista perché era campata sul presupposto ideologico che "l'econometria è di destra", dato che la usavano i keynesiani. Questi pirla (e io ci son campato in mezzo) hanno esultato per la critica di Lucas, che li esonerava dal capire l'econometria, argomentando che tanto la politica economica era inutile e tali erano i modelli che servivano a implementarla. Peccato che questa loro vittoria sul nemico keynesiano e quantitativo si sia rivelata una vittoria di Pirro: chi non si è piegato al nuovo credo è stato spazzato via, e chi invece si è piegato è diventato un falco ultraliberista, contaminato dallo zelo del neofita. Sono quasi certo che sia stato così anche in politica.

Poi, scusate se ve lo dico: una chiave di lettura con la quale dovrete confrontarvi, visto che anche voi ponete, come il 5 stelle, l'onestà sopra ogni cosa (io che son poeta ci metto la musica, come Verlaine), è quella della cattura oligarchica. Io temo che ci sia una generazione di padri nobili che ha barattato il nulla per gli altri in cambio del qualcosa per sé. Intendiamoci: il fenomeno è complesso, non sto parlando di "coruzzzzione" o di rettiliani. C'è stato uno smarrimento di senso dovuto al crollo delle prospettive ideologiche (vedi sopra), c'è stata l'illusione che per "dirigere i processi dall'interno" si dovesse venire a compromessi, ci dev'essere stato anche in qualcuno la disincantata consapevolezza del fatto che i rapporti di forza ormai erano definitivamente cambiati sullo scacchiere internazionale, per cui sarebbe comunque stato velleitario rivoltarsi nella provincia italica dell'impero... Ci sarà stato di tutto, e non sta a me descrivere compiutamente le motivazioni e gerarchizzarle, quanto a voi che siete politici, e agli storici.

Certo in questo lavoro complesso Paggi non mi pare aiuti moltissimo, nella mia prospettiva di economista keynesiano. Specifico: nella mia prospettiva, perché non ho motivo di non credere a Xwyuxcsjdk, che invece ritiene l'analisi di Paggi utile (nella sua prospettiva di politico). A me invece pare che che nel tentare di ricondurre a una qualche razionalità il tradimento della sinistra (su, lo sappiamo che tale è stato: le attenuanti le ho elencate, quindi scusatemi se lo chiamo col suo nome), nel cercare di mettere un senso "alto" in questa amara vicissitudine storica, Paggi incorra in una

Menzogna
"Ha inizio così con una inflazione rampante il progressivo abbandono della scala mobile".

Non è così.

Non è così.

Non è così.

 Lo smantellamento della scala mobile ha inizio a disinflazione ampiamente innescata, come tutti sanno, come perfino Alesina ammetteva, e come ho illustrato varie volte (l'ultima qui: http://goofynomics.blogspot.ro/2015/03/unitalia-sferzata-dallinflazione-due.html). So che è duro ammetterlo, ma la sinistra è complice di aver appoggiato la non-soluzione (abolizione dei diritti dei lavoratori) di quello che si stava palesando come un non-problema (inflazione), e di averlo fatto per sottomissione ideologica o cattura oligarchica. La "sferza" o la "rampantitudine" dell'inflazione, che oggi tutti evocano in modo autoassolutorio, c'entrano ben poco. Però, come ho già detto, questo è un peccato veniale. Oggi tutti descrivono così gli anni '80.

Se lo fa Fubini, perché non anche Paggi?

Sintesi
Sempre più mi è chiara la tragicità (in senso tecnico) della vostra posizione, che purtroppo è anche la nostra perché voi siete un pezzo del prossimo partito unico italiano. Avete due problemi grossi: il parricidio, e la parolina magica ("scusa").

Ora, io sono politicamente un cialtrone, e l'ho anche confessato: pensate! Non so nemmeno cosa sia il centralismo democratico!

Però come me tanti altri capiscono che c'è qualcosa che non va e sono meno disposti di me a calarsi nella temperie storico-culturale dei tardi anni Settanta per fare sconti a chi rivendica di aver pilotato in un certo senso quell'esperienza (o a chi comunque è erede di chi ha pilotato in un certo modo quell'esperienza).

All'elettore mediano certe analisi non potrete farle digerire. E lui, porello, per non sbagliare parte diffidando di voi e odiandovi. Certo che non dovete essere succubi di questi pregiudizi. Però prima o poi il problema di riflettere in modo più dialettico con la vostra storia dovrete porvelo, nell'interesse di tutti.

Un numero estremamente consistente dei miei lettori dichiara che la cosa più scioccante del mio primo libro è il discorso di Napolitano del 1978 (discorso del quale mi aveva parlato per primo Vladimiro). La coscienza del fatto che i vostri padri nobili sapevano a cosa ci stavano consegnando emerge in tutta la sua sfolgorante ed enigmatica evidenza, e il vostro problema è questo, non i pantaloni a zampa d'elefante (con buona pace di Leonardo Paggi che mi sembra uomo d'onore).

Credo che questa informazione possa esservi utile.

Buona Pasqua.

Alberto


-- 
http://bagnai.org

142 commenti:

  1. Posso sbagliarmi, ma non credo che il nocciolo del problema della sinistra sia stata la convinzione dell'insostenibilità delle politiche keynesiane, cioè una questione squisitamente tecnica. Penso che semplicemente siano partiti dall'idea che, data la riduzione del peso della classe operaia nei paesi avanzati, si sarebbe dovuto attuare politiche più centriste, cioè rivolte alle clessi medie. Quest'idea di una crescita continua della ricchezza, a cui avrebbe corrisposto un'espansione proporzionale o più che proporzionale della classe media, mi sembra l'origine del problema; oltre al fatto di avere una classe di uomini politici totalmente inadeguata e formata secondo stili di comportamento che non escludevano la menzogna come utile strumento. L'idea della classe dirigente di sinistra alla fine degli anni '90 è stata quindi quella di diventare i liquidatori dell'esperienza della sinistra storica, nella convinzione che gestire in prima persona questo processo contribuisse a rallentarlo (dobbiano riformare il welfare, anche a costo di comprimerlo, perché è l'unico modo di salvarlo!); oltre ovviamente, a garantire tante belle poltrone e posizioni di potere. L'alternativa era lottare in un contesto diventato senza dubbio più difficile, col rischio di incamerare cocenti sconfitte (come tutti i mezzi di informazione non si stancavano di ripetere). Molto più semplice e gratificante accedere al potere.

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    1. Ma guarda che io posso anche essere d'accordo con te, e allora chiarisco il punto, che forse non era chiaro: perché parlare di un "non problema"? Cazzo, anche Reagan stava facendo politiche "keynesiane" (per la precisione: le politiche che i mentecatti definiscono keynesiane, le politiche che sarebbero definite keynesiane in un dibattito di questo tipo) mentre altrove se ne proclamava la morte, quindi è ovvio che questo è un falso problema.

      Le domande quindi sono due:

      1) perché ancora oggi parlano di un falso problema; e

      2) perché hanno continuato stolidamente a identificare nella classe operaia il lato "debole" del conflitto di classe, quando era del tutto evidente che le dinamiche della globalizzazione finanziaria stavano creando quella dinamica "grande/piccolo" della quale parlo in IPF.

      In questa dialettica di classe, la dialettica "grande/piccolo", loro hanno scelto di stare dalla parte dei grandi. I grandi hanno accettato, li hanno fatti entrare, e gli hanno lasciato la scodellina del cane vicino alla porta di ingresso.

      Solo che ora non ce n'è più per nessuno...

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    2. Negli anni immediatamente successivi alla crisi (mi pare il 2009, o giù di lì, quando ascoltavo l'autoradio per rendere meno faticosi i viaggi di lavoro in auto), un ascoltatore dei programmi che, nel palinsesto antemeridiano di Radio Rai, concedono sovente il microfono ad ascoltatori, di età sicuramente avanzata, forse già pensionato, intervenì, rampognando il piddino di turno, perché il centrosinistra era troppo fermo su posizioni di sinistra, mentre dovevano svegliarsi: il proletariato si era evoluto, tutto o quasi, in ceto medio, ed i dirigenti avrebbero dovuto prenderne atto, dedicandosi a propagandare (e applicare) politiche più centriste.
      Sono fortemente critico verso il ceto dirigente della sinistra italiana, ma non riesco a fare a meno di chiedermi, se fossi al loro posto "perché dovrei prendere sberle per difendere codesti coglioni?"

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    3. Caro Valerio, questo è ciò che io chiamo la tragicità della posizione di Fassina, D'Attorre et al. Considera, però, che codesti coglioni sono tali perché sono stati rincoglioniti se non dai due politici che ho citato ad esempio, dalla coorte generazionale immediatamente precedente alla loro. È colpa dell'ascoltatore imbecille, se diceva imbecillità, o di chi lo ha rimbecillito per motivi che ci sfuggono nella loro complessità? Dobbiamo quindi accettare che i politici rimangano prigionieri delle menzogne che la loro parte ha contribuito a diffondere e sedimentare nel patrimonio culturale del nostro paese, o auspicare che qualcuno corra il rischio di sostenere il costo politico di un minimo di verità?

      Guarda che quando questa domanda la faccio a me, la risposta non so darmela, te lo dico molto francamente. Io credo che "Eurodelitto ed eurocastigo" stia alla situazione attuale come un certo manifesto, quello vero, stava alla situazione di parecchi anni or sono (si parva licet: ma qui si è "rimparvito" tutto...). Tuttavia, non me la sento di chiedere agli altri di rischiare le proprie terga per una mia sensazione istintiva.

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    4. Una volta un mio maestro di medicina cinese disse: ci lamentiamo spesso dei medici, chiedendoci se ci meritiamo i medici "di oggi". Ma allo stesso modo, possiamo chiederci chi sono i pazienti "di oggi" e cosa si meritano.

      Tutto questo ovviamente sa molto di uovo e gallina e non voglio fa o' filosofo. Però la lettura di questo post mi ha evocato un paio di pensieri:

      - la vicinanza a Foa ha sdoganato il termine frame.. da queste parti, per parlare della narrazione mediatica, ma la narrazione è anche il nostro contesto culturale. Ossia, credo che siamo tutti più deboli quando abbiamo poca opportunità di conoscere il nostro "diverso", il "nemico" e le sue ragioni. L'ignoranza rende dannosa anche (e più) l'onestà intellettuale, per cui anche in buona fede (e alla buona fede ci crediamo sempre meno) si finisce per fare parte della propaganda in maniera ancor più subdola e pervasiva, confortati dalla propria (supposta, in tutti i sensi) onestà intellettuale. Forse è per questo che l'ignoranza, almeno dalla legge, non è ammessa. La negligenza è in qualche modo un crimine, e non conoscere il mondo al di fuori della bambagia del proprio ambiente culturale, alla fine, genera mostri. Questa negligenza credo faccia parte anche di lei (Bagnai) prima che elaborasse una sua idea su quello che stava accadendo economico- e politicamente; e di me, prima di leggere quello che lei aveva capito. E, ad oggi, mi sento stupido (e arrogantello) per essere stato così.. però credo che se uno non conosce il diverso può sembrare stupido, ma è che proprio non se lo può immaginare. E forse questa negligenza fa parte anche di Paggi (che non conosco), che quelle risposte che secondo lei non dà, sono forse dovute a domande che neanche si fa, perchè sono cose date per scontato. Ossia che il frame, quello che fa, è impedirti di "vedere le domande" che pure hai sotto gli occhi.

      - Quindi c'è uno scarto, un livello, tra quando sentiamo parlare di una idea nuova, che finisce subito nel cassetto del "diverso" nel nostro cervello, e quando questa idea comincia ad essere considerata alla pari con quelle già presenti. E nella sinistra (o in certa destra, o un po' dove ci pare) questa cosa sembra avere un costo elevatissimo, forse perchè siamo stati troppo a lungo convinti che la cultura è de sinistra, non so. Eppure lo spirito "di sinistra" dovrebbe essere quello dell'accoglienza delle diversità.

      - E forse è proprio questo il punto: che ognuno finisce per fare l'opposto di quello che professa. Preti pedofili, sinistroidi ottusi, medici egoisti e santoni avidi. E scienziati integralisti. Stessa cosa accade nella scienza, altro che pirreviù. O no? La scienza dovrebbe mettere nuovo e vecchio sullo stesso piatto, l'unica forse grande forza del pensiero scientifico occidentale è quella di aver considerato lo scetticismo come parte fondante del suo paradigma. Però siamo passati dallo scetticismo come esercizio di apertura mentale (tutto è possibile fino a evidenza contraria), alle barriere religiose (se non lo dimostri è impossibile, e devi dimostrarlo sulla base di quello che già "so").

      Tutto questo per dire che la crisi forse ci sta educando (ma solo per chi vuole). In cinese la parola crisi si rappresenta con "crisi-opportunità".

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    5. Caro tuttologo, con grande rispetto per te e per Foa, ti assicuro che il concetto di frame qui era arrivato prima di Foa, grazie a Lakoff, del quale mi aveva parlato (e che mi aveva fatto leggere) il tesoriere di a/simmetrie Paolo Cianciabella (nonché altri su questo blog).

      Detto questo, per la precisione, come sai io sono particolarmente sdegnoso dell'atteggiamento aristocratico di una certa sinistra, e lo sono per due motivi: quello metodologico che tu evidenzi e nel quale ti sono vicino, e uno molto più concreto e fattuale: spesso questi grandi intellettuali non sanno un beato cazzo, e non possono permettersi nemmeno un sedicesimo della spocchia che esibiscono.

      Che l'euro sia una tragedia della piddinitas (intesa come il "sapere di sapere") è un asse portante di questo blog, quindi in questo senso non credo ci sia molto da aggiungere. La vera domanda è: come si fa nel 2015 a continuare ad eludere delle domande tanto fondamentali?

      La metto in un altro modo: come si può nel 2015 parlare di un qualsiasi uomo politico senza chiarire se è stato fascista (cioè dalla parte dell'euro) o antifascista (cioè critico verso la teoria del vincolo esterno), e senza dirne il perché? Ci serve un discorso che eluda la presa di posizione sul tema più importante col quale dobbiamo confrontarci tutti e ogni giorno? A me pare di no, però, ripeto, è una valutazione data da uno che non sa cosa sia il "centralismo democratico".

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    6. "centralismo democratico": l'argomento x è stato discusso in una riunione riservata del comitato centrale. E' stata presa una decisione che non sarà mai divulgata ma dalla quale derivano una serie di indirizzi propagandistici. Dal mutamento del discorso politico del partito il militante iniziato saprà riconoscere la nuova linea, ed adeguarsi spontaneamente. I dirigenti del partito comunque si daranno da fare per diffonderla tra i militanti meno consapevoli, mentre i commissari si occuperanno di chi continuerà, nonostante tutto, ad avere mal di pancia.

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    7. Non credo sia congruo parlare di politica apertis verbis da parte mia per tutta una serie di motivi (laissons tomber), ma la citazione di Lakoff, The Political Mind, che è un cognitivista (lasciamo perdere che cosa significa in linguistica: hic non est locus) e che si è occupato di metafora (godibilissimo il suo libro Women, Fire, and Dangerous Things: What Categories Reveal About the Mind che lessi a New York) mi dà l’opportunità di utilizzare una metafora per spiegare quello che penso sulla situazione politica italiana attuale. Il framework imperante della linguistica americana e della linguistica tout court è quello denominato “generativo-trasformazionale” di Noam Chomsky. A più di mezzo secolo dalla sua formulazione (Syntactic Structures 1957) è ormai ovvio a tutti i linguisti dotati di buon senso che la sua teoria non spiega affatto esaurientemente il linguaggio umano nella sua struttura “mentale” e nelle sue epifanie reali (lingue naturali); ciò nondimeno negli Stati Uniti TUTTI i linguisti si considerano generativisti – anche perché diversamente non farebbero carriera: eppure TUTTI sanno che il loro framework non funziona (cioè è facilmente falsificabile con dei controesempi nelle lingue naturali: tralascio bibliografia oceanica)! E così cercano di modificare il modello originario complicandolo in modo assurdo contro ogni logica dell’Occam’s razor, il che ha provocato una quantità innumerevole di nuove teorie esplicative, tutte più o meno inadeguate. Perché, mi domandavo in US, i linguisti americani non accettano di aver sbagliato modello ermeneutico, soprattutto dopo che il suo creatore, lo stesso Chomsky (persona amabilissima e colta) aveva praticamente rigettato la sua teoria originaria, almeno nei suoi tenets fondamentali (trasformazione struttura profonda-struttura superficiale, ecc.: see The Minimalist Program 1995)? Ma perché altrimenti dovevano ammettere di essere stati ingannati nonché di aver ingannato migliaia di studenti e studiosi su una teoria inadeguata – cioè falsa! Mi sono messo nei loro panni: o ti spari o ti convinci che la “realtà” non è quella evidente – e che nel profondo della tua psiche riconosci come vera –, ma è invece quella che ti rassicura psicologicamente, una realtà virtuale in cui, tutto sommato, si può, anche se malamente, andare avanti E NON PERDERE LA FACCIA, che, mutatis mutandis, per uno studioso equivale a non perdere la “vita” in Accademia. Con la suddetta locuzione io intendo una cosa che il Bagnai ha perfettamente intuito nel milieu politico italiano “dessinistra”: vi è, a mio avviso, un enorme problema psicologico di accettazione delle proprie responsabilità, perché esse sono enormi in quanto enormi sono state le conseguenze delle azioni che da quelle sono risultate. Se tale problema è vero per quanto riguarda il mondo della linguistica, i cui malanni non hanno poi così rilevanza nell’universo mondo, pensiamo quanto possa essere vero quando una situazione omologa si verifica nel momento in cui di mezzo ci sono esseri umani! Non dico altro: certe persone non accetteranno mai di confessare ai propri consimili e soprattutto a se stessi di aver distrutto vite umane per una loro ubbia. Sono prigionieri del loro intimo terrore che gli preclude di dire “scusa” di fronte a uno che si è sparato – e in fondo hanno ragione: certo, non basta. Non per me. E così si cerca di convincersi e convincere che "la luce è in fondo al tunnel" - e con ciò si ritorna a Lakoff. Scusate il post troppo lungo e serioso: in genere sono più sapido, forse è perché sono un po’ insulso come tipo.

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    8. Tutt'altro. Insomma i politici d'asini-stra preferiscono un terrore senza fine a una fine terribile... è veramente terribile (lo dico seriamente)...

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    9. @martinet: non solo linguisti e politici, anzi. Credo che ognuno di noi, nel suo settore, sperimenti questi muri. Le radici di questo umanissimo e tragico atteggiamento, da un punto epistemologico sono spiegate da Kuhn (mi pare) riguardo al fatto che non siano i dati a far cambiare la rotta ma in qualche modo la pressione sociale.

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    10. No: non è una normale questione di "rottura del paradigma"; è un non voler accettare la realtà, in pratica, si entra in una forma di alienazione. Sarebbe come se si volesse credere ancora alla Terra piatta dopo che un astronauta ci avesse mostrato una foto del nostro pianeta ripresa dallo spazio. Un buon esempio per esplicitare la mia ipotesi potrebbe essere dato dalla prospettiva ne I volenterosi carnefici di Hitler di Daniel J.Goldhagen.

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    11. Avendo vissuto per tanti anni a Piddinia, di persone dell'asinistra con tanta ma tanta spocchia ne ho conosciute parecchie. Il percorso della crisi, della risposta con l'austerità, la lettura di questo blog e dei due libri mi ha aperto la vista su questi individui; adesso capisco che non solo non si meritano la spocchia, ma che questa e' solo una maschera che cela il nulla. Non capiscono una mazza, questa la verità. Queste persone mi erano inconsciamente antipatiche allora, intuivo vagamente qualcosa, ora (dopo il mio percorso di erudizione) mi appaiono scientificamente capre: non sanno nulla di economia e "ragionano" come un tifoso da stadio.

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    12. Ecco qui tre esempi di alti dirigenti che dopo essersi legittimati per decenni con una falsità molto più grandiosa e più tragica dell'euro, decidono di dire la verità perchè non ne possono più. Utile rammentare che cosa avviene dopo: implode tutto il baraccone.
      1) “L’ottusità del paese ha raggiunto un picco: dopo, c’è solo la morte. Nulla è fatto con cura. Rubiamo a noi stessi, prendiamo e diamo mazzette, mentiamo nei nostri rapporti, sui giornali, dal podio, ci rivoltoliamo nelle nostre menzogne e intanto ci conferiamo medaglie a vicenda. Tutto questo dall’alto in basso, e dal basso in alto.” [N.I. Ryzkov, segretario e capo del Dipartimento economico del Comitato centrale con Ju. I. Andropov, e K.U. Cernenko, poi primo ministro con M.S. Gorbacev]
      2) "Sono anni che tradisco me stesso, dubito e mi indigno tacitamente, cerco ogni tipo di scuse per addormentare la mia coscienza. Tutti noi, soprattutto la classe dirigente, conduciamo una vita doppia se non tripla: pensiamo una cosa, ne esprimiamo un’altra e ne realizziamo un’altra ancora.” [E. V. Jakovlev, giornalista, ambasciatore dell’URSS in Canada, collaboratore di M.S. Gorbacev]
      3) "Nessun nemico avrebbe potuto conseguire quello che abbiamo conseguito noi con la nostra incompetenza, ignoranza e autoincensamento, con il nostro separarci dai pensieri e dai sentimenti della gente comune." [Markus Wolff, capo dei servizi segreti della D.D.R, modello per il "Karla" di John Le Carré]
      Fonte: Andrea Graziosi, "L’Urss dal trionfo al degrado", Il Mulino, Bologna 2008.

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    13. È fuori dubbio che dal giugno 1927 al dicembre 1928 i salari sono stati ridotti di circa il 20%, in seguito ad accordi intervenuti tra le associazioni professionali per la rivalutazione della lira. Altra riduzione fu operata nel 1929, aggirantesi sul 10%, ed altra infine a carattere generale fu disposta nel 1930, nella misura dell'8% come minimo, saliente fino al 25% in casi particolarissimi. Né deve dimenticarsi che molte altre revisioni furono operate nel 1931 [...]. I lavoratori hanno compiuto un notevole sacrificio e hanno offerto all'economia nazionale un indiscutibile apporto.

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    14. @RobertoBuffagni
      Efficace, esplicativo ed anche utilizzabile per spiegare contesti similari.

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  2. La migliore analisi che conosco in proposito è di Costanzo Preve: "Da Antonio Gramsci a Piero Fassino:Note introduttive per farsi una ragione e capirci qualcosa in ciò che è successo nel comunismo italiano", www.kelebekler.com/occ/prevefassino.htm
    Qualche stralcio:
    "L’incurabile baraccone del cosiddetto “socialismo realmente esistente” (e di fatto inesistente) si riconvertì in tempo reale fra il 1989 ed il 1991, ed il solo partito comunista occidentale che attuò in tempo reale la stessa riconversione fu il PCI. Questo significativo parallelismo non è mai colto dalle tribù dei commentatori confusionari, che non capiscono che appunto perché il PCI era il partito meno filosovietico dell’Europa capitalistica era anche per la stessa ragione il partito più similsovietico. Se si guarda solo la superficie, come fanno i confusionari, il PCI era il partito meno filosovietico del mondo capitalistico, perché si dissociava sistematicamente dalle scelte sovietiche di politica estera (Cecoslovacchia 1968, Afghanistan 1979, ecc.) ed affermava che si poteva e doveva arrivare al socialismo per via parlamentare (eurocomunismo, ecc.). In questo modo, il PCI era molto meno filosovietico della maggioranza degli altri partiti comunisti europei (Grecia, Francia, Portogallo, senza contare i partiti comunisti più piccoli ed extraparlamentari). Ma un marxista dovrebbe sapere che le dichiarazioni diplomatiche sono poca cosa in confronto al carattere di formazione complessivamente interclassista che fa da struttura politica e sociale, e questo accomunava sia il PCUS sia il PCI , che infatti era il partito più similsovietico d’Europa, e proprio questa natura similsovietica comportò il loro duplice scioglimento in tempo reale, uno scioglimento parallelo che invece non toccò, come è noto, i partiti comunisti francese, greco, portoghese, ecc., che continuarono a sopravvivere in modo similcossuttiano pur essendo del tutto privi di prospettive strategiche."..
    ."Questo partito allo sbando fu salvato dall’imprevedibile (nel 1989-91) novità di Mani Pulite. Mani Pulite, e non voglio nascondere il mio profondo convincimento, fu sostanzialmente un colpo di stato giudiziario profondamente antidemocratico. Che questo colpo di stato giudiziario si sia svolto per iniziativa di un gruppo di onesti e coraggiosi magistrati (ma vedendo le facce di Borrelli e di Di Pietro non lo credo proprio), oppure si sia svolto dietro diretta committenza di forze oligarchiche e finanziarie (come personalmente ritengo) è storicamente interessante, ma anche poco importante. Ciò che conta è capire che Mani Pulite non fu l’elemento primario (come opina il paranoico Berlusconi), ma fu solo lo strumento di una strategia capitalistica più generale rivolta a far fuori una classe politica proporzionalista ed assistenzialista, incompatibile con il nuovo quadro mondiale globalizzato e neoliberale."..
    ."Il gruppo mercenario professionale dell’ex PCI era in proposito ideale per gestire il passaggio da un capitalismo “anomalo”, politicamente proporzionalista ed economicamente assistenzialista, ad un nuovo capitalismo “normale” (il “paese normale” del cinico baffetto bombardatore D’Alema). Ed era ideale non solo perché professionalmente specializzato in mediazione sociale (o come si dice oggi, in “coesione sociale”), ma perché si portava dietro gruppi sociali e culturali del paese molto importanti (professori universitari, ceto giornalistico ed editoriale scalfariano, classe operaia sindacalizzata, pensionati borbottatori ma sempre disposti all’obbedienza, nuovo ceto medio radicale postmoderno, ecc.).
    Si trattava di una soluzione ideale. Ma inaspettatamente questa “gioiosa macchina da guerra” (Occhetto) si inceppò. E venne il Berlusca."

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    1. se posso aggiungere una citazione fenomenale dallo stesso blog:

      "La personalizzazione mediatica del conflitto è il più evidente sintomo della avvenuta americanizzazione culturale. Tramonta Gramsci, ascende Fassino. Non a caso, quando alla fine del 1989 si sgretolò il baraccone tarlato dell’Est, Fassino dichiarò che il PCI non aveva potuto seguire bene il fenomeno perché impegnato nelle elezioni comunali romane del 1989. Trovo questa dichiarazione inconsapevole da teatro dell’assurdo assolutamente sublime, come le discussioni sul sesso degli angeli degli ultimi bizantini mentre i turchi entrano in città"

      fonte: http://www.kelebekler.com/occ/prevefassino9.htm

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  3. "A me invece pare che che nel tentare di ricondurre a una qualche razionalità il tradimento della sinistra (su, lo sappiamo che tale è stato: le attenuanti le ho elencate, quindi scusatemi se lo chiamo col suo nome), nel cercare di mettere un senso "alto" in questa amara vicissitudine storica" tipico della sinistra italiana...

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  4. il discorso di Napolitano del 1978 l'ho scolpito sul granito della memoria, è un punto fermo che nemmeno se mi dovesse capitare l'Alzaimer riuscirò a scordare, quel discorso riassume e conferma tutto il suo post; io, da figlio di comunisti operai ma con un ideale e con il senso della giustizia sociale, ho finalmemte capito le preoccupazioni che mio Padre mi confidò negli ultimi anni della sua vita nel corso del 2010, e sono riuscito a fare quel salto culturale che lui non avrebbe potuto fare ,per mancanza di informazioni e risorse, ed a comprendere ciò che gli balenava in testa dopo una vita di considerazioni sul lavoro ; noi soffriremo ma Loro verranno ricordati come Traditori nei libri di Storia, comunque sempre un grande Bagnai!

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  5. Con la fine del socialismo reale, i dirigenti del PCI (ma anche i nenniani) si sono trovati davanti alla prospettiva della latinamericanizzazione della sinistra, cioè alla scelta se entrare in guerra col capitale globale (uscendone distrutti) o "nomalizzarsi" (cioè diventare il pd s.r.l. a s.u.).
    Per chiarire l'entità della posta in gioco, oggi in America Latina i movimenti antisistema sono o sono stati guidati da personalità di destra, spesso estrema: militari golpisti, elementi dell'ala borghese del partito peronista, economisti democristiani, oligarchi più o meno pentiti. I movimenti di sinistra anticapitalista sono stati annientati fisicamente e sostituiti con partiti molto moderati, cadiuvati dai partiti socialdemocratici europei, fra cui brillava, per protagonismo, l'Spd: esemplare il caso delle campagne elettorali del socialdemocratico Cardoso in Brasile nella seconda metà degli anni '90.
    Difficile accettare di arrivare allo scontro frontale con esiti brutalmente fatali se tutto il ceto dirigente non è compatto, determinato e attivo. Soprattutto se il tuo elettorato aspira a entrare nell'elite della "Milano da bere" o a diventare yuppie. Molto più facile - e meno pericoloso - fare qualche battaglia di bandiera contro la fabbrichetta dell'ex operaio divenuto imprenditore, meno coriaceo e facilmente assimilabile al traditore, distogliendo da sé stessi l'infamante accusa.

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    1. Valerio, a me sembra che tu abbia ragione, ma il punto ora è un altro: l'America Latina è comunque dietro l'angolo, se non ci togliamo di torno l'euro in fretta. Mi spiego: prendi il caso greco. La tireranno ancora in lungo per un po', dopo di che tu credi a un'eventuale uscita con aggancio all'orbita russa (o cinese)? Tutto può essere. E invece dei sani colonnelli pilotati dagli Stati Uniti come ti sembrano?

      Non credo ci siano molte alternative: il malcontento che questa catastrofe economica senza precedenti provoca deve essere gestito. Ora, sono d'accordo, e l'ho scritto nella mia lettera, sul fatto che in un'epoca "unipolare" e di globalizzazione trionfante forse i "padri nobili" non avessero scelta. Ma il mondo che ci aspetta è molto meno unipolare, e oggi perfino il FMI dice che i movimenti di capitale vanno controllati.

      Qualcuno, là dentro, dovrebbe cogliere queste opportunità. Altrimenti resterà solo la vergogna.

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  6. La metà degli anni '70... quando Pier Carlo Padoan concludeva un articolo intitolato "Il fallimento del pensiero keynesiano" (Critica marxista, 1975, n.1, gennaio-febbraio, p.176) così: "E' chiaro quindi che nel momento in cui si punti ad un avanzamento della classe operaia e della democrazia occorre rifiutare questa logica [keynesiana (cioé borghese)], e con questa logica le risposte che da essa scaturiscono, per indirizzarsi verso una politica economica alternativa che tenda al superamento dell'ordinamento capitalistico".

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    1. Grazie per questa autorevole ed erudita conferma di una mia ignorante ed istintiva congettura. Questo tipo di meccanismo doveva essere all'opera.

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    2. Peccato che qualche anno prima Joan Robinson avesse notato come, una volta giunti al potere, i bolscevichi avessero trovato Marx completamente inutile... Stalin alla fine adottò le teorie di Probrazenskij, un economista che nel frattempo aveva fatto fucilare.

      Cercando quel punto ho trovato un'altra considerazione interessante (Joan Robinson, "Libertà e necessità: un'introduzione allo studio della società", Einaudi 1971, p.140):

      "Si dice tavolta che Keynes salvò il sistema capitalistico persuadendo i governi che essi hanno il potere e il dovere di mantenere l'occupazione quasi completa.

      Comunque sia, salvò certamente l'economia.

      Senza di lui l'economia nel mondo anglofono sarebbe stata completamente screditata e la politica sarebbe diventata il dominio di pazzi e di empiristi".

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    3. Siamo davvero convinti che in Italia sia mai esistito qualcosa che somigliasse lontanamente alla sinistra.Perchè faccio molta fatica a trovare tracce del passaggio di tale entità.

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    4. @Pierluigi: a mio modo di vedere qualcosa che assomigliasse lontanamente alla sinistra in Italia vi è stato, una parte è andata al governo nel 1963 con la benedizione di Kennedy (il PSI di Nenni) ed un'altra grossa parte è rimasta giocoforza all'opposizione a fare comunque da pungolo: come possiamo spiegare allora le nazionalizzazioni dei settori strategici ed il continuo sostegno all'IRI, nei primi anni '60, nonchè lo statuto dei lavoraotri e la scala mobile del periodo 1969-1975? Il fatto che che coloro che sono venuto dopo hanno addirittura contribuito a smantellare quanto sopra, non cancella l'esistenza e le conquiste di chi li avevano preceduti. Quest'ultimi (almeno quelli dalla parte PCI) a mio modesto parere hanno avuto la grande colpa di non capire l'importanza di Keynes e delle sue politiche economiche nel periodo di benessere che stavano vivendo. Hanno cercato di negare la sua importanza (eppure era il modello di tutti i partiti socialdemocratici al potere in Europa), così alla caduta del modello sovietico si sono trovati senza alcun modello da seguire, così si sono dati all'occupazione dei piccoli posti al sole delle municipalizzate e compagnia bella, con i risultati tragici che vediamo oggi.

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    5. ...e la riforma agraria del '50.

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    6. Grazie Davide911, sono andato a rileggermi gli interventi di Fausto Gullo, bisognerebbe che chi crede di essere di sinistra oggi leggesse quei documenti.

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    7. Ippolito, credo che, in un Paese in cui ormai la maggior parte dei cittadini viene maltrattata, spremuta (da tasse, imposte, balzelli, autovelox, multe, accise, etc.etc.), affamata, offesa e sputata in faccia dalle autorità pubbliche (giudiziarie, in primis), dai giornali, dai tribunali, umiliata in famiglia (genitore 1&2; case popolari prima a marocchini e tunisini; etc.etc.etc.), abbandonata a se stessa nella malattia e nella vecchiaia, aggredita e derubata da ladri e delinquenti impunemente nelle proprie dimore (con caramba & polizia che ti dicono - e dicono la verità - che non hanno risorse), con servizi pubblici sempre più scadenti e ridotti al lumicino, etc.etc.etc.etc.etc....credo - dicevo - che in un Paese così forse "essere di sinistra" significa, ogni giorno di più, "essere di destra" (nazionalisti?).
      Poi non voto da quasi 20 anni, nè ho mai avuto in vita mia tessere partitiche, tanto meno partecipato a movimenti/girotondi/caselibertà, etc.etc.etc....quindi, magari sbaglio.

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    8. Ma si tratta dello stesso soggetto di cui P. Krugman scrisse che esistono cattivi economisti, pessimi economisti e 'P. C. Padoan'?

      Cioe' lo stesso soggetto da TSO (trattamento sanitario obbligatorio) di cui a....

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/07/def-padoan-nel-2018-addio-allincubo-montagna-debito-pubblico/1571330/

      Allora vuol dire che era davvero da TSO fin dagli anni '70!

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    9. Ho sempre pensato che ognuno di noi è di destra quando si tratta di dare e di sinistra quando si tratta di ricevere

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    10. Caro Luca,

      io con Padoan ci ho lavorato, e non è da TSO. A me stava simpatico. Ovviamente ora ci divide un mondo, e probabilmente ci divedeva anche prima, ma io non lo sapevo.

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    11. @davide911
      Sulla riforma agraria del '50 bisognerebbe parlare al massimo di pungolo dei braccianti in sciopero e di alcuni episodi di uccisioni dovuti a scontri ed imboscate tra braccianti e padroni/padroncini in varie regioni (vedi Emilia, Sicilia ...) , non certo direttamente del PCI (come sinistra) in quanto la riforma fu attuata da personaggi come Segni e Fanfani, che appartenevano alla DC. E DC di centro, neanche di centro sinistra ...
      È sempre interessante notare ( e fa anche riflettere!) come tutte più importanti riforme sociali ed economiche (prescindendo qui dal come e dai i loro effetti) siano state fatte e promosse dal centro o dal centrosinistra e mai dalla sinistra. Stessa cosa per quanto riguarda le riforme relative ai diritti civili come divorzio ed aborto, promosse e vinte con i referendum principalmente dai radicali.
      Qualcuno mi dirà : eh ma il PCI mica era al governo nazionale... Ed è vero, infatti era maggiormente preso e concentrato per la conquista del potere per quanto riguarda le istituzioni, mentre su quello che si muoveva nella società vigeva il pensiero ed il partito unico: niente deve esistere all'infuori di me...
      Mi scusi per la precisazione, ma non sono riuscito a trattenermi, spero mi perdonerà .


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  7. "Nella storia del comunismo italiano Ingrao si distingue inconfondibilmente per l’enfasi che pone su due aspetti della via italiana al socialismo. In primo luogo la consapevolezza che le sorti della democrazia sono sempre affidate non alle procedure ma ai rapporti di forza."

    E' evidente a tutti perchè le cose sono cambiate sul finire degli anni '70.... lo sa Paggi, anche se non lo dice, lo sappiamo noi e molti altri che fanno finta di non saperlo. Certe cose semplicemente non si possono dire: non si può dire che l'Italia non è più un paese democratico dal 1945, non si può dire che forse c'era più democrazia nei governi fascisti che non nei governi d'occupazione che si sono succeduti dal '45 ad oggi, non si può dire che tutti quelli che, realmente, hanno tentato di restituire all'Italia un minimo di sovranità e di indipendenza rispetto agli interessi americani in Italia ed in Europa sono stati neutralizzati e non si può dire che l'europa moderna altro non è che il frutto di un neo patto tipo Ribbentropp-Molotov stipulato tra Francia e Germania che si sono divise le zone d'influenza, con il bene placito degli USA. La questione che a me sembra rilevante è che la Polonia, dopo l'Agosto del 1939, non abbia fatto esattamente una bella fine. Quindi prima si comincia a dire che, per il nostro benessere, è opportuno che a casa nostra si abbia un minimo di spazio di manovra, meglio è. Qualcuno sta cominciando ad assumere posizioni in questo senso. Bisogna dare il nostro appoggio e sperare che si aggiungano altri coraggiosi.

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    1. Ma anche no, toti tot.
      Posso concederti che in Italia le migliori politiche di sinistra le abbia perseguite la " Balena Bianca" mentre le peggiori politiche liberiste sono perseguite da quelle forze politiche e sociali che oggi si stanno organizzando nella nuova "Balena Rosa" che è il PD di Renzi.
      Ho i miei dubbi, posso sbagliarmi per carità, che ci fosse maggiore libertà nei regimi Fascisti, Nazisti e Comunisti piuttosto che nelle socialdemocrazie europee del secolo scorso.

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  8. Io non conosco le ragioni del cambio di rotta nelle politiche economiche alla fine degli anni '70. Però, leggendo questo librone di 800 pagine di Dyson e Featherstone (quest'ultimo è un nome ormai non sconosciuto ai lettori del blog), in particolare il capitolo nel quale vengono descritte le tappe che hanno portato l'Italia ad accettare progressivamente l'external constraint, realizzo che:

    - Dopo lo shock petrolifero del '73, il governo italiano rispose attraverso un'espansione fiscale che portò il deficit al 12% del Pil, e metà di questo fu finanziato da creazione di moneta malgrado l'opposizione di Guido Carli, governatore della Banca d'Italia. Nel '75 Confindustria e sindacati confederali firmarono l'accordo per la scala mobile, che come sappiamo durò fino al '92.

    - Dopo la crisi petrolifera del '79, invece, il governo rispose dando priorità al controllo dei prezzi e non al pieno impiego. In breve tempo, vi furono l'ingresso nello Sme e il divorzio Tesoro-Bankitalia. Scrivono gli autori: <>.

    Aggiungo (non c'è scritto nel libro) che il 1975 era un periodo nel quale alcuni industriali svendevano per quattro lire le loro aziende per paura che all'avvicinamento del Pci al governo seguisse un "esproprio proletario" di stampo sovietico. Fallito il compromesso storico, il Pci fu messo all'angolo e l'asse di governo si spostò a destra.

    Aggiungo ancora (e questo sì che c'è scritto nel libro) che nel 1980 ci fu la storica marcia dei 40 mila a Torino: gli industriali iniziavano a sentire parte dell'opinione pubblica dalla loro parte.

    Una morale potrebbe essere questa: quella fase di capitalismo di stato dovuta alla coesistenza al governo tra Dc e Psi, e soprattutto al contrappeso del Pci (e del Pcus...) a sinistra, è stata nient'altro che una lieta parentesi destinata a restare nei libri di storia.

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    1. DC e PSI non credo c'entrassero nulla,Bretton Woods e Tokyo '79 credo c'entrino un pochetto di più,finito il principio di solidarietà,assunta la responsabilità della bilancia dei pagamenti ed affidate al mercato le condizioni di finanziamento chiunque vada al governo,che sia Keynes in persona o un poggia valigie ha poco da decidere.

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    2. Sintesi perfetta,Marco, manca solo il venir meno dello spauracchio del comunismo reale, che però è un fatto fondamentale.

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  9. L'idea da "ignorante" che mi sono fatto, è che la gran parte della "fauna" politica è persino peggiore dell'umano medio mostrato dal famoso esperimento Milgram.
    È sin dall'inizio selezionata alla spietatezza egotica, per cui alla fine, la Politica vera diventa solo un mezzo per la scalata al potere e sistemare i propri (e altrui) affari. Parlano, parlano... ma non ci credono minimamente, e non ne sono minimamente interessati... se non per fare una migliore figura in qualche talk.
    Venendo a mancare il fuoco dell'est "sovietico", con il solo "fuoco" ($$$) occidentale e ultra-capitalistico ideologicamente, la strada fu spianata...
    I pochi leader "intellettualmente" vivi, o furono messi da parte, o morirono di vecchiaia.

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  10. Si potrebbe aggiungere, o forse precisare, che una buona spinta al tradimento del PCI e discendenti fu la paura della concorrenza da sinistra, anche non partitica (si parla di un partito che funzionava, come qualcuno ha già ricordato, in modo più che sovietico, anche se si distanziava dall'URSS sul piano diplomatico). Da un certo momento in poi la stella polare fu anzittutto distruggere il vicino, e il programma politico E culturale fu spostato a destra. Forse anche con l'accordo FIAT 1980, su cui si è avanzato il dubbio che non fosse approvato dagli operai. La diffidenza verso il keynesismo, capitalismo riformabile o come lo si voglia definire c'era senz'altro da più parti (c'è ancora in certe organizzazioni di sinistra, non certo partitiche né influenti, peraltro), ma non penso spieghi tutto. Di certo non spiega la differente evoluzione tra Italia e Francia, ad esempio, in materia di salari, di pensioni, di servizi, di sostegno alla crescita di un ceto medio ben diverso tra i due paesi. Oggi cio' anche in Francia è profondamente minacciato, con propaganda non dissimile a quella che ci ha resi imbecilli, e la mia supposizione, del tutto istintiva peraltro, è che l'euro durera' finché anche questo ultimo esempio e refuge verranno distrutti. Poi, avendo compiuto il suo sporco lavoro anche qui, si vedrà realmente cosa farne o meno. ("Adieu 1945" è la richiesta formulata già 8 anni fa da Denis Kessler, ex vicedirettore dell' Associazione dirigenti d'impresa francesi ed ex maoista, a proposito di neofiti.) Fine della digressione.

    Quanto al preteso complotto di Mani pulite di cui qualcuno parla su, francamente oscilla tra l'autoassolutorio, che nell'Italia della brava gente ha lunga tradizione, e il poco credibile: la scala mobile la elimino' l'uomo simbolo della Milano da bere, i tagli ai servizi pubblici, a partire dalla sanità, cominciarono allora. L'attuale ceto politico non è affatto lontano dal craxismo, dove peraltro crebbe e prospero', tra gli altri, Berlusconi. Di Pietro fu costretto a lasciare il posto di ministro dei Lavori pubblici in quel governo che avrebbe portato, secondo quella tesi, al potere le stesse forze per cui avrebbe lavorato.

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  11. Molte risposte si possono trovare nel testo "Il suicidio della rivoluzione" di Augusto Del Noce (1978) di cui consiglio lettura integrale. Aveva intuito che l'eurocomunismo avrebbe potuto portare "alla compiutezza del totalitarismo (l'aspetto di minore violenza materiale corrispondendo a una maggiore potenza di coercizione morale e intellettuale, o a un più raffinato uso dei suoi mezzi) e alla fine dell'Europa". E ne aveva pure individuato le modalità. "Nel corso dello sviluppo storico del proletariato si stacca un'avanguardia di tecnici della politica che tende ad affermare il suo potere sul proletariato, sostituendo alla classe il partito. Contemporaneamente dalla borghesia si stacca un nuovo ceto di managers. Questi due ceti sociali finiscono col compenetrarsi e possono mantenere il loro potere solo mediante questa alleanza."

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    1. Mi sembra una diagnosi piuttosto acuta. Sono sempre più lieto (e atterrito) di non essere (stato) particolarmente originale.

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    2. Grazie Amboldi per il consiglio di lettura.
      A proposito di eurocomunismo, un paio di pensieri sparsi che mi frullano nella testa, e che valgono quel che valgono…

      1. Siamo sempre più immersi nella "ferrea legge dell'oligarchia" e toccherà rispolverare per davvero i vari Michels, Pareto, Mosca. Ne parla sempre più spesso anche Canfora (che bontà sua si definisce ancora comunista) che per esempio nel libro "Intervista sul potere", pag.31, alla domanda su come fu l'esperienza al vertice del Pci, rispose:

      "Durò soltanto un annetto, perché poi venne il Congresso di Rimini, che decise, previo il pianto di Occhetto, la nascita del Partito democratico della sinistra. Ma fu interessante osservare dall'interno il funzionamento di un organismo, quale il Comitato centrale, spesso mitizzato. Mi accorsi che in realtà non contava quasi nulla: era solo una sede per comizi o discussioni seminariali piuttosto accademiche. Ma anche i comizi possono essere istruttivi, quindi è un'esperienza di cui non mi dolgo. Tra l'altro vi trovai conferma del carattere inevitabilmente elitistico di ogni formazione e di ogni società politica: un insegnamento durevole di pensatori come Gaetano Mosca e Roberto Michels, che tanto influenzarono anche Antonio Gramsci."

      Guardando il mondo "sub specie oligarchica", forse anche u-turn apparentemente contraddittori come quello di Napolitano lo sembrano sempre meno, da un'élite all'altra, si potrebbe dire, ma sempre elite, la logica rimane la stessa. Una volta che si viene fatti entrare nell'inner ring, magari dopo un viaggetto erasmus in America per venire edotti sui futuri piani quinquennali - o cinquantenalli (dallo stesso tizio che quarant'anni dopo ti darò un bel premio alla carriera), ci si adegua: "Senti Ciccio - ti viene detto - le cose stanno così, abbiamo deciso per il tuo paese (che a conti fatti ha perso la guerra ed è una colonia, a tutti gli effetti) questo, questo e questo. Ti interessa? T'a senti? Tanto se non lo fai tu lo farà qualcun altro." Chi accetta, di tradire la patria, o il proprio elettorato, se proprio si vuole essere nostalgici, lo si vede a posteriori dalla luminosa carriera istituzionale. Vedi Ciampi, dopo la famigerata crisi valutaria del '92. Che poi mi vengano a dire che Ciampi e Napolitano sono massoni cambia poco, secondo me.

      2. Un paio di spunti interessanti li avevo nei trovati nei libri del pop-filosofo lacanian-marxista Zizek, il quale, pur scacazzato dall'accademia, sia da quella lacaniana che da quella dei filosofi, ha almeno il pregio, in quanto sloveno, di aver conosciuto da vicino il comunismo reale. Ebbene, Zizek faceva notare come nei paesi dell'est europa i più ferventi aedi del nuovo selvaggio neo-liberismo erano sempre stati gli ex appartenenti alla nomenklatura comunista. Vuoi per la consuetudine a controllare e irreggimentare i lavoratori, vuoi per la forma mentis ormai consolidata nei decenni a ricevere gli ordini dall'estero, e ad applicarli con rigore staliniano.
      Sempre Zizek avanzava l'ipotesi che per il prossimo futuro il modello vincente di capitalismo sarebbe potuto essere quello cinese: libertà per le merci (e per i capitali, aggiungerei io) ma comunismo (cioè ferreo controllo) per le masse.

      Non so cosa ci riserva il futuro, ma per il presente il modello USSR mi sembra sempre più cogente. La Troika ce l'abbiamo già, il Consiglio dei Commissari del popolo, nella veste della Commissione europea, anche; la ferocia nell'attuare a ogni costo i piani quinquennali pure. Ci mancano le purghe e la Siberia, anche se la Grecia mi sembra sulla buona strada.

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  12. La sinistra di cui ho sentito parlare ha ragionato sempre e solo secondo categorie morali. Punto. Il dibattito sulle ragioni storiche di questo moralismo è estremamente interessante, ma resta il fatto che l'odierno assetto antidemocratico è la naturale conseguenza di quell'ideologia progressista che, per fare solo un esempio, elogia incondizionatamente lo sviluppo tecnologico, ma si trova a disagio con i più elementari rudimenti del pensiero scientifico: roba da manovali del pensiero, da lasciare a tecnici incolti.

    Insomma, la percezione da profano che non ha neanche fatto in tempo a deideologizzarsi, è che la cultura di sinistra (non solo quella de sinistra) sia per sua natura snob, paternalistica e irrazionale. Tutti elementi di cui le élites finanziarie hanno fatto bene ad approfittare con gli effetti che abbiamo oggi sotto gli occhi.

    Capisco che le alternative non siano delle più brillanti, ma perché volerli salvare dalla fossa che non potevano non scavarsi?

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    1. Amico caro, capisco la tua nostalgia per il partito unico (ricordo dove ci siamo incontrati) e condivido il tuo disprezzo verso la marmaglia intellettualoide, quella che per decenni si è pavoneggiata con gli imparaticci del paginone centrale di Repubblica. Tuttavia, nel partito unico ci siamo già. Tu ci stai bene? Io no. Siccome Natura è matrigna, ci vorrà sempre un partito dei figli e un partito dei figliastri... Fuor di imprecisa metafora, conviene anche a un certo capitale che il lavoro sia rappresentato, altrimenti ne resterà uno solo, e quello non sarai tu.

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    2. Caro Bagnai, non ho nessuna nostalgia per il partito unico, che ho conosciuto solo sotto forma di diritti civili contrapposti a diritti sociali. Qualche anno fa (ormai molti) avrei riso al pensiero di dover scrivere cose simili, utilizzando termini quali "diritti", "sociali", etc., eppure questo è l'unico luogo dove lo si può fare senza pentirsene: cosa vuole, tutti abbiamo viaggiato - siamo la generazione dei lutti Erasmus - tutti amiamo le culture che non conosciamo, tutti abbiamo qualcuno che ce l'ha fatta, tutti vogliamo mangiare vietnamita sotto casa e tutti abbiamo avuto una donna oltreoceano che era la nostra piccola-grande storia; il punto non è questo: il punto è che ci stanno facendo odiare il nostro passato. Cosa crede, che ero al convegno di Fi per appartenenza politica? Ammiro ciò che lei è, e l'ho seguita in quel postribolo di euristi sull'isola tiberina (ricordiamo la Moretti con la sua tuta hi-tech) come l'ho ascoltata alla farsa del tempio di Adriano con Morando, Feltri e l'Annunziata: appena lei si avvicinava al microfono, gli altri erano già annichiliti.

      Il fatto che non sarò IO (l'ennesimo io) a restare - come lei giustamente dice, ma non è chiaro chi cazzo se ne frega di restare in queste condizioni - , forse non si è capito, o se lo si è capito è un argomento molto sottovalutato, non interessa ai molteplici IO che hanno assistito finanziariamente, culturalmente ed emotivamente a quel che è successo in questi anni, e che hanno testimoniato, coloro ai quali era stato prospettato un mondo sorretto da sì fragili basi, della distruzione di tutto ciò che gli era stato mostrato come reale.



      E che cazzo vuol dire soprattutto, mi scusino, "difendere il lavoro" quando chi ha scaricato pane per una vita deve vergognarsi di sé e non può neanche permettersi un'osteopata?

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    3. Caro codice fiscale polacco, allora vedi che dai ragione ai piddini! Eri troppo colto per non essere capitato per puro caso in quel ritrovo di rozzi fascisti. Sai che non mi ricordo com'era vestita la Moretti ? Devo essere rimasto abbagliato...

      Io non ho parlato, comunque, di "difendere" il lavoro. Ho parlato di rappresentarlo, cioè di qualcosa di molto molto molto meno ambizioso. Oggi non abbiamo nemmeno questo. Al convegno di Pescara l'unico politico a parlare di operai è stato Giorgia Meloni, tant'è che Montero Soler era convinto che fosse comunista. È del tutto evidente che abbiamo un grossissimo problema.

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  13. Leggendovi mi sembrate degli epigoni di Prezzolini e dellla sua "Società degli Apoti", noi inveci dobbiamo seguire l'esempio di Gobetti che a Prezzolini rispose con " L'elogio della Ghigliottina", che quasi cento anni fa diceva del fascismo quello che Bagnai dice dell'euro.
    Forse può aiutarci la lettura di due libri, Il Potere invisibile di Vicenzo Sorrentino, e Fascismo, rivoluzione imperfetta di Domenico Settembrini.
    Dobbiamo organizzarci.

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  14. A me sembra di ricordare (e wikipedia mi da conferma) che il PCI di Berlinguer fosse contrario alla soppressione della scala mobile decisa dal governo Craxi (pentapartito) tant'è vero che propose un referendum abrogativo nel 1985 (poi perso).
    Le ripetute sconfitte e la successiva caduta del comunismo reale in Urss hanno determinato il cambio di politica di quella che secondo me per tutti gli anni '80 era ancora un partito di sinistra.

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    1. Ricordiamo che il PCI andò al referendum senza l' appoggio della CGIL di Luciano Lama

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    2. ...che poi sarebbe la CGIL di Landini, no? Sì, ci fu un referendum, ma mi pare di capire (se non di ricordare) che non venne preso troppo sul serio! Non ricordavo il dettaglio di Lama, ma è perfettamente coerente con l'eurismo del sindacato attuale, ovvero con l'idea einaudiana dell'inflazione "nemico numero uno" del lavoratore.

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    3. Esatto
      Se Luciano Lama si fosse occupato di diritti civili e Berlinguer di politica economica forse la storia sarebbe diversa oggi...forse.

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    4. Comunque non scherzava neanche la DC, al tempo, ecco come Goria commentava il risultato del referendum GORIA: 'LA SCALA MOBILE VA ABOLITA'

      Si nota anche una chicca che la dice lunga sul grado di comprensione dei problemi di quella classe politica, rispetto all'odierna: "“Secondo il ministro del Tesoro, per aumentare l' occupazione bisogna forzare lo sviluppo oltre la soglia del 3 per cento l' anno, ma, per questo, "è necessaria una fase, magari limitata, di diminuzione del valore reale del salario". La disdetta della scala mobile offre, da questo punto di vista, la possibilità di "ridiscutere radicalmente" la politica salariale: "non sono sufficienti i piccoli aggiustamenti" dice Goria e propone di abolire la scala mobile, sostituendola con la contrattazione annuale del salario. Per rendere competitive le imprese, questo, ad esempio, dovrebbe crescere, conclude Goria, la metà di quanto aumenta in Germania, dove l' inflazione è inferiore.”

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  15. “Era la prima volta in vita sua che Louisa entrava nella casa di un operaio di Coketown; era la prima volta in vita sua che si trovava faccia a faccia con uno di loro, un uomo in carne ed ossa, un individuo. Conosceva quella gente solo in termini di centinaia e migliaia. Sapeva quanto produceva un dato numero di operai in una data unità di tempo. Per lei erano una folla: una folla che vedeva sciamare avanti e indietro dai loro nidi, come formiche e scarafaggi. Dalle letture fatte, aveva appreso infinitamente di più sulla vita degli insetti laboriosi che sui costumi di quegli uomini e donne laboriosi. Qualcosa che doveva produrre tanto ed essere pagato tanto: ecco tutto. Qualcosa che era regolato dalle infallibili leggi della domanda e dell'offerta; qualcosa che in quelle leggi inciampava e si dibatteva impigliandosi in ogni sorta di difficoltà; qualcosa che languiva nelle ristrettezze quando il grano era caro, e che si ingozzava quando il grano era a buon mercato; qualcosa che aveva una data percentuale di incremento, produceva una data percentuale di criminalità e un'altra percentuale di pauperismo; qualcosa che, presa all'ingrosso, aveva prodotto grandi patrimoni; qualcosa che di tanto in tanto si ingrossava e infuriava come il mare, distruggeva e provocava danni (soprattutto a se stessa) per placarsi di nuovo: così erano, per quel che ne sapeva, gli operai di Coketown. Ma il pensiero di individuare entità distinte le era estraneo, quanto il pensiero di individuare nel mare le singole gocce che lo compongono.”

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    1. Li ho visti di recente a Dubai. Sciamano da autobus, sui volti tutte le sfumature dei meridioni del mondo, per risalire sugli innumerevoli grattacieli in costruzione. Gli arabi comandano, o meglio credono di comandare. "Qui si costruisce il futuro", appunto. Il tassista pakistano mi accompagnava in mezzo a sfavillanti (=kitsch) meraviglie ingegneristiche, confessandomi che non poteva permettersi una famiglia con lo stipendio che l'UNICA azienda di tassi' gli pagava...

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  16. Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!
    Oggi c`é abbastanza ricchezza al mondo per rendere finalmente possibile l'attuazione di questa idea meravigliosa che Marx prende dagli atti degli Apostoli.
    Quindi prima di tutto si esce dall'euro, ok. Conditio sine qua non
    E poi?
    Basic income.

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  17. Analisi terra-terra che corrisponde a quanto ho visto nei miei primi 55 anni: la sinistra ha tradito per il semplice fatto che le sue élites erano costituite da personaggi appartenenti alla borghesia per nascita o che nel frattempo sono diventati borghesi grazie alla loro carriera di politici militanti e/o intellettuali organici. Ai borghesi di sinistra della sorte dei lavoratori in realtà non è mai fregata una beneamata fava se non per sfruttarli politicamente e non solo, e hanno cavalcato la tigre dei diritti delle classi subalterne solo fino a quando ci sono state le condizioni storiche per cui farlo era utile per conquistarsi un posto al sole, in apparente antitesi con la borghesia di destra che almeno aveva ed ha l'onestà intelletuale di dichiarare nelle parole e nei fatti di essere in conflitto di interessi (lotta di classe?) con i lavoratori. Cambiate le condizioni storiche i borghesi strumentalmente di sinistra hanno quindi deciso - occorre dire con una certa logica razionale - che era arrivato il momento dell'ognuno per sé e a fanculo tutto il resto. I teatrini dei paggi di turno sono solo patetici tentativi di gettare altro fumo negli occhi dei dominati (e non dimentichiamo che Ingrao era quello che un giorno si stupì nel rendersi conto che abitualmente trattava duramente la sua serva...), che però nel frattempo hanno almeno imparato a diventare un tantino diffidenti.

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    1. La sedicente "Sinistra" italiana in realtà non ha MAI tradito se stessa.
      E' andata avvicinandosi (progressivamente, dal '45 in poi) al potere all'insegna del sangue, del cinismo, dell'invidia sociale e della menzogna (che è sempre stata una delle sue strategie principali: ergo, nihil novi sub solem anche per quanto riguarda la menzogna sull'euro).
      Da 70 anni è rimasta sostanzialmente identica a se stessa.
      https://www.youtube.com/watch?v=skDDoBHcNXc

      Ciò non significa, ovviamente, che chi è sempre stato, idealmente, "di sinistra" abbia (o abbia avuto) le stesse, turpi, caratteristiche.
      Bagnai ne è, sicuramente, un esempio lampante (e - per fortuna! - vivente).

      Le dirigenze (e non solo) delle "Sinistre" hanno abbandonato il "pretesto" degli "operai" (e contadini, specie in E-R e Toscana) da tempo (da almeno 30 anni), sostituendovi il "pretesto" delle nuove "minoranze" (da tutelare" = da imporre sulla maggioranza): diritti dei LGBT (lesbian/gay/bisex/trans) & relative "famiglie"; e relative adozioni & fecondazioni varie (in affitto, eterologhe, genitori 1 & 2; etc. etc.); ed extracomunitari varii (nord-africani, profughi, rifugiati, etc.etc.) in salsa ius soli, etc.etc.etc..
      Questi sono i loro, nuovi, "operai" (e contadini).
      Di cui, parimenti, non gli è mai, cinicamente, fregato (né gli frega) nulla (ma son pur sempre utili per far numero alle loro, farsesche, "Primarie").

      P.S. Scusate l'intromissione, dato che qui (se non ho inteso male) siete tutti, idealmente, di sinistra, (io, no; anche se non voto da 20 anni, né ho mai preso tessere di partiti e/o movimenti).

      Grazie, Bagnai, per il Suo lavoro.

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    2. Credo che il Professore appartenga ad una categoria a sé (spero non me ne voglia per questo), ossia a quella dei matti che per recondite ragioni spirituali cerca e dice la verità: se potessi vorrei regalargli un cavallo, perché temo che prima o poi ne avrà bisogno per fuggire... :-)
      E' bello sapere che Bagnai esiste e lotta anche per noi, una luce nella notte che si vede da lontano.

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    3. Il Prof. Bagnai è una rara avis, una mosca bianca.
      Peraltro, essendo nato in Toscana, non poteva che essere una (rarissima) mutazione genetica (quindi una... "mosca rossa"! :) ...si fa per scherzare... bonariamente, ovviamente :) ).

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  18. Non ho tempo di stare a spiegare. Devo essere sintetica. Mi basta che qualcuno si incuriosisca e poi vada a spulciare in rete che cosa é veramente il Basic Income.

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    1. Tranquilla, qui sono tutti adulti. E per carità, sii sintetica!

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    2. E' una idea di Hayek (quello che teorizzava che bisognasse dare un minimo alla plebaglia affinche' non ribellasse -ma nnn di piu' eh) e di Einaudi poi ripresa da Friedman.
      E tanto dovrebbe bastare a intuire la "bonta'" della proposta, e soprattutto quanto sia di sinistra, o meglio DE sinistra...

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    3. Un'idea di Von Hayek? No, è mooolto più antica, siamo alle frumentationes di romana memoria....

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  19. "Ora, è terribile fondare la propria causa sulla base di tre presupposti tutti e tre inesistenti: (1) il mito del progresso, che non esiste; (2) l’incapacità della borghesia capitalistica di sviluppare le forze produttive, che non esiste; (3) la capacità rivoluzionarie della classe operaia, salariata e proletaria, che non esiste.
    Le ragioni della dialettica corruttiva del comunismo sono queste, e non certo Gorbaciov che ambisce a pubblicizzare le borse Vuitton e la pizza Hunt o D’Alema che vuole pavoneggiarsi su di una barca a vela, come ogni buon capitalista o primario d’ospedale qualsiasi. Questo è solo folklore per straccioni. Ma il tema deve ancora essere approfondito, per poter avere della “corruzione” una comprensione dialettica, e non solo l’illusione moralistica per subalterni irrecuperabili.
    ........
    Questa dialettica di corruzione si è storicamente intrecciata con la dialettica di illimitatezza del processo di allargamento del capitalismo. Possiamo così definire il senso filosofico intimo e profondo dell’ultimo trentennio di storia dell’umanità: per ora l’illimitatezza è uscita vincitrice della corruzione."

    Costanzo Preve
    da "Dire la verità sul capitalismo e sul comunismo. Dialettica dell’ illimitatezza, dialettica della corruzione."

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    1. Il progresso esiste. Il problema e' che non e' per tutti.

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    2. Se il progresso esiste, ma non è per tutti (e nemmeno lo si può considerare come un qualcosa a se stesso), c'è da iniziare seriamente da chiedersi che razza di progresso sia.

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    3. Vi faccio rispondere da Preve (stesso articolo):

      《In particolare il comunismo di Marx non ha assolutamente nessun rapporto con le visioni spontanee del mondo delle classi popolari del tempo, ma deriva linearmente da una geniale coniugazione dialettica della teoria smithiana e poi ricardiana del valore e della teoria hegeliana dell’alienazione. Tutti i discorsi sull’origine popolare e proletaria del marxismo, ivi compreso quello originario di Marx, sono aggiustamenti ideologici posteriori e mitologie di giustificazione e di legittimazione.

      Questo è particolarmente chiaro se si riflette sulla bovina ed animalesca adesione del marxismo alla ideologia borghese del progresso, assolutamente inesistente presso gli antichi greci, che erano riusciti a pensare la giustizia, l’eguaglianza, la democrazia e la solidarietà senza bisogno di questo grottesco e mitologico succedaneo. È vero che anche alcuni “marxisti” (faccio qui solo i nomi del francese Georges Sorel e del tedesco Walter Benjamin) stroncarono queste infondata credenza, ma il grande corpaccione della sinistra, luogo storico di coltivazione secolare del marxismo, si definì sempre come “progressista”, in antinomia ed opposizione con il capitalismo, tendenzialmente connotato come “conservatore e reazionario”. Il mondo alla rovescia. In realtà il cosiddetto “progresso”, chiamato anche “modernizzazione”, era sempre e soltanto l’approfondimento sociologico ed ideologico dell’estensione della forma di merce “liberalizzata” (a partire dal cosiddetto “costume liberalizzato” dell’individualismo estremo), per cui la cultura di sinistra negli ultimi decenni, almeno dopo il mitico, mefitico e demenziale Sessantotto, fu sempre l’ala marciante della modernizzazione capitalistica, essenzialmente post-borghese, e non certo soltanto post-proletaria. L’ideologia del progresso si basava su di una concezione sostanzialmente lineare della storia, vista come uno spazio simbolico in cui si è Avanti, e non si può andare Indietro. Naturalmente la storia reale non ha nulla a che fare con quest’immagine da asilo infantile. Un’automobile sull’autostrada può andare avanti o indietro, ma il tempo storico non è né ciclico né lineare, non gira in circolo con un “eterno ritorno”, ma neppure va avanti. Se invece si adotta questa stupida religione della storia, più falsa ed assurda del paradiso dei testimoni di Geova, in cui tigri e leoni giocano con i bambini nel giardino di famiglie americane rigorosamente monorazziali (Geova infatti pratica l’apartheid, mentre il Dio cattolico ed ortodosso ha accettato, sebbene da poco ed a malincuore, persino i matrimoni misti-quelli gay invece no, o almeno non ancora, anche se il politicamente corretto preme istericamente), la storia diventa il teatro dei vincitori, per cui i perdenti (in questo caso i comunisti) devono immediatamente sostituire le loro divinità perdenti con altre vincenti, e cioè nella fattispecie la Dittatura del Proletariato con il Fondo Monetario Internazionale, l’Eurocomunismo con la Banca centrale europea, Gramsci con Draghi e Monti, eccetera.》:-)

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    4. @Antonio Triolo

      Per l’appunto (e grazie per la chiara precisazione). È possibile misurare univocamente ed omogeneamente un possibile progresso? Quale sarebbe l’equivalente della nota barra di platino-iridio, e dei suoi rispettivi multipli e sottomultipli (tralasciando per semplicità le ultime definizioni del metro riferite alla velocità della luce)? Un eventuale “progresso” mostra d’essere assai più sfaccettato d’una dimensione lineare. Chuang-tze (ma la letteratura d’un certo genere è ricca di richiami similari) porta l’esempio aneddotico e sapienziale d’un giovane storpio, la cui infermità salvò dall’essere arruolato per la guerra. Era la sua condizione una condanna regressiva o una progressiva benedizione? Al di là di queste due fasi (quella per cui l’infermità è un peso, quella per cui rappresenta una salvezza) ve ne sarà una terza, una quarta e ancora così, di cui nulla di certo possiamo sapere in anticipo: talvolta la sorte sembra giocare coi punti di vista individuali. Se un ipotetico progresso mostra la propria refrattarietà ad essere misurato complessivamente, ma soltanto in via frammentaria e contingente, l’ “idea” monumentale di progresso è invece assai allettante, al punto da poter diventare l’equivalente della classica carota innanzi all’asino. Non essendo la condizione del progresso quella, ad esempio, d’una sorgiva naturale per la quale una recinzione privata ne impossibiliti arbitrariamente la disponibilità pubblica, può essere invece dato che il preteso “progresso” sia un sistema pensato e rodato scientemente in adeguate sedi, per funzionare e ottenere risultati proprio col discapito complessivo della maggior parte di coloro che partecipano al processo stesso (dal quale riceveranno il contentino delle sufficienti briciole, per permettere il perpetuarsi del sistema, che altrimenti verrebbe vanificato – in modo simile alle tecniche di tortura che conducono lo sciagurato al limite, ma senza mai ucciderlo, inducendo anzi in lui la necessità speranzosa che il suo collaborare lo riconduca continuamente al “beneficio” dell’assenza di dolore), o che col tempo abbia incontrovertibilmente assunto e maturato queste “diaboliche” caratteristiche, che già portava in nuce. Ovviamente, allorché s’intravedano queste inquietanti possibilità, il minimo sensato non è l’obbligo, come sostengono spesso a detrimento della visione stessa i sostenitori di questo progresso, del ritornare alla caverna (e nemmeno a quella platonica…); appare però quantomeno provvido il dubbio che induca a ripensare ai termini generali del sistema, e in termini gnoseologici qualitativamente e ontologicamente differenti.

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    5. Ho una semplice definizione di progresso, ovvero qualsiasi cosa possa migliorare la qualita' della vita delle persone. Un bel libro e' progresso, il bidet e' progresso, miliardi di uomini e donne lottano per conquistare il benessere materiale dell'Occidente. Dopo, dopo il benessere materiale, allora coltiviamo la cultura, lo sport, i blog... E' 'na patacca? Non so, ma senza legna da ardere i libri finiscono nella stufa. Ah, meglio recintare e regolarizzare l'accesso alla fonte, senno' c'e' il caos, si infanga tutto e nessuno beve, capitalisti o proletari che siano.

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  20. Il PD è la nuova DC, Renzi è il nuovo Andreotti, con la differenza che la DC e Andreotti mantenevano una (almeno formale) parvenza di sovranità nazionale, potendosi permettere una autonomia di giudizio (ad esempio sulla questione palestinese) totalmente negata a Renzi...

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    1. Sulla questione della sovranita' e' vero, non e' piu' possibile alcuna autonomia.

      Ci viene chiesto di introdurre il reato di 'negazionismo'? Fatto.

      Di applicare sanzioni alla Russia? Fatto.

      Di condannare la 'glorificazione del nazismo'? No, per il nazismo meglio soprassedere..... meglio solo asteneresi, per non contraddire apertamente gli unici tre stati che vogliono riservarsi il diritto di 'glorificare il nazismo'.

      http://tass.ru/en/infographics/7268

      Ci sara' qualche giornalista con le palle che il prossimo 25 Aprile avra' il coraggio di chiedfere al nostro ducetto il perche' di questo voto dell'Italia?

      NON CREDO.

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    2. I fatti suggeriscono questa interpretazione, magari poi la SStoria ci dirà che i renzisti erano esecutori troppo zelanti e più realisti del re...

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  21. Mha...la butto così...

    Secondo me l'immagine che sono riusciti a cucirsi sulla pelle è talmente pessima che l'unica soluzione sarebbe quella di inventarsi un nuovo soggetto politico da spingere sui media...

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  22. Caro bargazzino, ti pregherei ti approfondire un po' prima di rispondere.

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    1. @dianade: dicci di più, questo è un blog di generosi, questa stipsi di informazione non ci appartiene, dacci almeno un link.

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  23. Devo essere sincero, ho la sensazione che o io o molti non sappiano come è andata la storia nella grande depressione americana e come vennero fuori le famigerate politiche keynesiane.
    Quello che è in atto oggi (Q.E.) fu attuato nel 1931 da Hoover ma la deflazione cioè la discesa dei prezzi continuò a imperversare.
    Perche , in breve, non prendo soldi in prestito se sono indebitato o meglio non me li danno.Come non prendo prestiti se non ho prospettive di lavoro future a prezzi che mi consentano di ripagare il debito.
    Nacque la metafora economica del filo: attraverso una politica austera della banca centrale, tirare il filo, si può diminuire i prestiti bancari e bloccare l" offerta di denaro.
    Non si può invece, cosi come non avrebbe alcun effetto spingere su un filo, aumentare i prestiti bancari e offerta di denaro.
    Quindi già nel 1931 sapevano che le politiche attuali sarebbero state inutili in futuro in presenza di una crisi depressiva con annessa scarsità di domanda.
    Perche nessuno oggi non mette in dubbio le politiche delle banche centrali??
    Oramai siamo vicini, l" america tra trucchi e inganni sta ritornando in recessione se mai ne era uscita e con lei grazie alle politiche suicide di questi decenni nei confronti dei salari da lavoro tutto il mondo scoprirà la deflazione da debiti.
    Solo allora, dopo che si saranno ingozzati come non mai, ammetteranno che bisogna cambiare impostazione sui salari e magari invece di buttare nel cesso della borsa migliaia di miliardi sarebbe stato meglio costruire o migliorare qualcosa di concreto che oltre che lavoro avrebbe donato sicurezza e solidità per il futuro, come una scuola o una strada.
    Lo dicono ma fanno il contrario, non è lontano il tempo che grazie ai calci nel culo che prenderanno gli toccherà riscoprire le politiche keynesiane ossia uno stato che aiuta e si prende cura di chi è più indifeso.

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    1. Negli Emirati Arabi ho intravisto il modello che potrebbe essere di successo (nel senso di comunemente diffuso). Al vertice una classe dominante, piu' simile alla nobilta' che alla borghesia, semplicemente inaccessibile. In mezzo una classe di tecnici, formata internazionalmente, ma non troppo, perche' devono obbedire ciecamente - che provvede a far girare la baracca. Sotto, lo stuolo immenso di manodopera poco specializzata, senza alcun potere contrattuale. Tutti disprezzano tutti, immagino (anche) perche' in fondo si autodisprezzano. E non illudetevi, i "tecnici" per non stare nella m.. degli ultimi, lavorano moltissimo, per avere quattro carabattole ed una casa (brutta).

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    2. Questo modello non mi pare originale...

      "Quali furono le conseguenze economiche delle vittorie conseguite da
      Roma su Cartagine e sugli Stati orientali?....

      ...Oltre alla classe senatoria di Roma e alla classe corrispondente delle città italiche alleate, un numero considerevole d’altri cittadini romani o italici partecipò ai profitti derivanti dalla posizione dominante assunta da Roma nel mondo civile.

      I membri più ricchi di questo nuovo ceto di capitalisti, cioè la classe dei cavalieri, vivevano per lo più a Roma e aspiravano all’onore di entrare a far parte della classe senatoria mediante l’elezione ad una magistratura.

      (E come investimento compravano terreni).

      Questa è la ragione per cui nel secolo II a.C. si verificò una sempre più rapida concentrazione della proprietà agraria. I possessori di essa erano membri delle classi senatoria ed equestre di Roma, oppure i più energici, accorti ed esperti fra gli abitanti delle città italiche e alleate o delle colonie romane e latine.

      Il crescente arricchimento delle due classi superiori dei cittadini romani
      ebbe profonda influenza sulla vita politica, sociale, economica dello Stato.

      L’investimento di molti capitali in vigneti e oliveti rialzò il valore dei terreni in molte parti d’Italia e indusse molti contadini a vendere le loro proprietà e ad andarsi a stabilire nelle città o ad emigrare in Oriente. Scemò così a poco a poco il numero dei contadini nei distretti adatti alla piantagione di vigneti o d’oliveti o all’allevamento del bestiame con sistemi capitalistici.

      Le guerre incessanti condotte dal Senato romano dopo la sconfitta di Annibale indebolirono economicamente i contadini italici: e questa fu una delle cause principali che permisero al capitale d’impossessarsi di vasti tratti di terreno non soltanto nell’Italia settentrionale ma anche nella centrale, la roccaforte del contadiname italico, e che trasformarono gran parte degli abitanti dell’Italia centrale da proprietari di terre in affittuari che coltivavano le terre di proprietà dei capitalisti romani e municipali."

      Ecco qua, senatori, cavalieri e tutti gli altri, niente di nuovo sotto il sole (visto che parlavi di Emirati Arabi...)

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    3. @Carlogiulio L'ho stampata per il palla. Da dove viene?

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    4. @Carlogiulio

      Niente di nuovo, appunto. D'altronde, provando ad inforcare gli occhiali della reazione, se concedessimo la piena occupazione ci sarebbe il rischio che la gente non voglia piu' lavorare, le 35 ore e via cosi'. Il motore di innovazione continuo, di stimolo al progresso, il far di piu' per emergere, viene soffocato dalle mollezze del welfare, l'economia si inceppa. Perche' lottare per la carriera, quando la maggioranza ha gia' tutto il desiderabile? Benissimo, ora riponiamo gli occhiali retro', e proviamo a considerare il "progresso" che l'umanita' ha creato negli ultimi trent'anni, tramite un incessante dispendio di energie a livello planetario. Abbiamo sconfitto le grandi malattie? Stiamo colonizzando Marte? Perche' la scienza e' - di fatto - ingessata? Se Noe' si fosse gingillato con lo smartphone, anziche' progettare scafo e vele? Ma Noe' frequentava buone scuole, mentre qui da noi le stanno affossando.

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    5. Mi sembra che sia Toynbee, L'eredità di Annibale (giusto Carlogiulio?).

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    6. Scusate, accedere al blog dalla Cina diventa sempre più complicato, l’ho preso da Rostovtzeff “Storia economica e sociale dell’impero romano”

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    7. Era quello che volevo fornire al Palla all'inizio: eterogenesi dei fini...

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  24. non sarei così sicuro che prenderanno calci in culo e adotteranno politiche keynesiane. La situazione attuale ha depoliticizzato il potere (che se è politico è frammentato per definizione) concentrandolo in entità sovrannazionali antidemocratiche, le cui persone fisiche che ne costituiscono gli organi sono veramente poche e con un potere immenso.

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    1. Da quel che mi risulta ma posso sbagliare tali politiche possono anche servire per mantenere la testa attaccata al collo.
      Non posso che darti ragione sul fatto che a oggi l" economia e quindi la politica è decisa da poche persone e che hanno alle spalle potere denaro e mezzi di informazione quindi non ho detto che domani lo faranno ma la storia ama fare la rima e quindi i calci in culo arriveranno.
      La loro abilità sta nel fatto che oltre che gestire il potere riescono anche a gestire l" opposizione al potere attuale e hanno grandi masse di seguaci nei fedeli del mercato e della speculazione finanziaria quale essa sia.
      Difficile far comprendere a codeste persone che tutti non possono campare speculando sulle monete o sugli indici azionari magari con leve demenziali e che oltre al mercato finanziario ci dovrebbe essere anche un mercato del lavoro florido o almeno decente che consenta di sostenere le nostre nazioni o mega nazioni come vogliono loro.
      Se lo fa uno o pochi alla fine il mare pulisce ma se tutti cagano sulla spiaggia la merda non tarda a affiorare e sommergerci.

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  25. Riportare in un commento un pezzo di storia italiana, soprattutto se visto con gli occhi di quelli che sono stati politicamente sconfitti, non è cosa possibile. Cmq mi provo a fare un po' d'archeologia politica dicendo che il progressivo allontanamento del Pci dagli interessi delle classi più deboli e dei lavoratori è ben precedente al "voltafaccia" sullo Sme e conseguentemente sull'euro a partire dal "celebre" discorso di Napolitano del 13 dicembre 1978. Se restava sul carro dell'Urss il Pci mai sarebbe andato al potere per la nota conventio ad excludendum per cui doveva riposizionarsi, dimostrare agli occhi dell'occidente d'essere affidabile, di potere assicurare la governabilità integrandosi ai parametri politici della socialdemocrazia europea, e così ha fatto, a partire dal viaggio negli States dello stesso Napolitano dell'aprile 1978 con cui ha ricevuto l'okkei degli "alleati". Insomma, una sorta di laico imprimatur. Il trasformismo della classe dirigente del Pci, iniziato già con Togliatti, più che "tradimento" è stata la conseguenza dell'abiura dei valori comunisti su cui era pur nato ai tempi di Gramsci, e negli anni '70 il Pci era a metà guado nel traghettarsi verso la sponda "europea" e proporsi come partito affidabile in grado di governare (di qui il compromesso storico, l'eurocomunismo ecc.). Anche la priorità data dal Pci alla lotta all'inflazione anziché a quella per la piena occupazione fa parte del processo di trasformazione. Da storico qual è, mi sembra che Paggi nel suo intervento abbia elencato alcuni tra i nodi principali della storia del Pci di quegli anni, ma a questi non ha fatto seguire l'analisi degli snodi relativi, rimanendo il suo un mero elenco di situazioni. il non-detto di Paggi mi pare in sintonia con il contesto celebrativo in cui si è svolto il convegno, dove i vecchi ingraiani (Rossanda, Mario Tronti, l'ex marito della Castellina) si sono ritrovati con i nuovi (Boldrini, almeno idealmente, a ricordare l'invito d'Ingrao nel 2010 e 2013 a votare per Sel), e tutti insieme appassionatamente hanno dato vita a un amarcord nostalgico che evita accuratamente di spiegare i moventi politici che stanno dietro a quell'elenco di fatti. Del resto, spiegare il prezzo pagato per candidarsi a governare il paese può essere imbarazzante.

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  26. Per Giuseppe Rossi, grazie per aver chiesto. A me son piaciuti i libri di Guy Standing, tipo: A Precariat Charter: From Denizens to Citizens. Non so se in Italia lo hanno pubblicato. E il lavoro dello spagnolo Reventós, un collega di Bagnai che lavora all'universitá di Barcellona. Ah! Googla: BIEN Basic Income e ti viene la web del network mondiale.Ciao

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    1. @dianade

      Siccome per fatti privati sono stufa della segretezza delle informazioni poi fatte cadere, come fossero fatti privati, dall'alto o da lontano, nella mia rozzezza e stufezza chiedo:
      ma per avere (informazioni) bisognava chiedere? cioè gratificare con una domanda chi pretendeva la gratificazione di una domanda?

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    2. @dianade
      ho dato un'occhiata e ovviamento non sono in grado di valutare. Tuttavia mi sembra che il BI presupponga una marcata progressività di tassazione sui redditi, e questo, in un paese che è passato da 32 aliquote IRPEF nel '74 con la più alta al 72%, a 5 aliquote con la più alta al 43%, mi sembra veramente una chimera. Tra l'altro mi pongo problemi di equità ovvi: il reddito non è un diritto ma una una posizione esistenziale che va reintegrata solo in caso di necessità. Sarebbe come curare un sano. Ma ho dato solo un'occhiata e non vorrei apparire spocchioso. Mi riservo di formulare osservazioni più ponderate. Ciao e grazie

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  27. Mi sembra che il libro di Badiale e Bontempelli La sinistra rivelata. Il Buon Elettore di Sinistra nell'epoca del capitalismo assoluto contribuisca a chiarire alcuni temi sollevati in questa importantissima discussione.

    P.S. Su un tema contiguo, sollevato in alcuni commenti, segnalo la recensione di A. Figà Talamanca
    Mani pulite e il trionfo dei cattolifi
    al libro di Stanton H. Burnett e Luca Mantovani The Italian Guillotine: Operation Clean Hands and the Overthrow of Italy's First Republic

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  28. Addendum (Profe permettendo): Se in un certo senso mi spiego il voltafaccia del Pci in relazione allo Sme e successivamente del Pds-Ds-Pd sull'€pa, capisco molto meno quello dei discendenti delle sinistre di Massimo Gorla (DP) e di Lucio Magri (PdUP per il comunismo), che intervennero nel dibattito alla Camera sullo Sme il 13 dicembre 1978. Le loro posizioni erano fortemente critiche (Gorla, pp. 25010-15 degli Atti parlamentari; Magri pp. 24959-67 - cosa sfiziosa, il dibattito era presieduto da Ingrao, e altra cosa sfiziosa, Pajetta, interrompendo Galloni favorevole alo Sme ma che rammentava i rischi in esso insiti di deflazione e di riduzione dell'ocupazione e degli investimenti, aveva esclamato: "Bravo! Quante cose si imparano in una settimana! Hai fatto un corso accelerato. La settimana prima non lo sapevi: sei molto precoce!" - a pag. 25003), e, a differenza del Pci, non avevano illusioni governative, viste le loro percentuali elettorali simili al primo numero telefonico senza prefisso. Ma ciò nonostante, si sono adeguati al main-stream. Concluso il capitolo Sme con l'adesione dell'allora governo, i loro attuali nipotini credono che l'euro sia solo una moneta, e che il capitalismo, con euro o senza euro, continuerà ad opprimere le classi lavoratrici, senza capire - perché più che parlare di malafede nei più credo che manchino d'una conoscenza politico-economica adeguata ai tempi, anche se poi il risultato è lo stesso: la complicità con l'€pa - che è proprio l'euro, in quanto instrumentum regni, ad assicurare al capitalismo partita vinta.
    (Da uno che portava i pantaloni a zampa d'elefante e che considerava Keynes un economista borghese)

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  29. Sinori e signore carissimi. Leggo molte riflessioni anche interessanti. Ma anche molta confusione. Letture politologiche si mescolano a tecnicismi economici. Il fatto è che abbiamo a che fare secondo me con un mutamento di pelle di molti intellettuali e politici che da marxisti leninisti sono passati armi e bagagli dalla parte del capitale. O che semplicemente da liberali, tali sono rimasti guidando le ''ale destre"" di partiti di sinistra. E parlo di personaggi tipo negri e cacciari, i teorici ''operaisti'' (teoria revisionista anti-marxista), di politici come napolitano, amendola ( tutti e due già ambigui in gioventù, l'uno militante dei guf, l'altro figlio di un liberale), l'intera ala sabotatrice migliorista del pci e infine tutta la schiera tragicomica dei giovani comunisti rociclatisi nel governo della seconda repubblica, da veltroni a dalema. Compimento di questa tragica parabola il 'premio Kissinger 2015' per Napolitano, il comunista preferito dal padre del ''world order''. Non scherzo leggere per credere http://www.lastampa.it/2015/04/03/esteri/kissinger-premia-napolitano-il-suo-comunista-preferito-76hpkaMyHAzvrlOsOBWDTK/pagina.html La revisione dei rapporti con Mosca da parte del Pci comincia però già con Longo (fine anni 60 inizi 70), predecessore di Berlinguer, per poi divenire una bestemmia negli anni 80 la sola idea di vicinanza alle posizioni sovietiche ( ma in questo decennio ormai la teoria comunista è ampiamente screditata sull'onda della controrivoluzione neoconservatrice).

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    1. in effetti adesso è molto più chiaro.

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    2. @domenico C

      Scusa Domenico, dai i numeri o dici sul serio? "(tutti e due già ambigui in gioventù, l'uno militante dei guf, l'altro figlio di un liberale"): tu hai idea di che cosa stai dicendo? Lo sai che stai farneticando? Giovanni Amendola fu aggredito fisicamente, e bastonato, dai fascisti due volte, nel 1923 e nel 1926; la seconda gli fu fatale, e aveva subito intimidazioni varie. Prima di infangare la memoria di un gentiluomo, studia (o semplicemente leggi)

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    3. Caro signore, se l'ospitalità del dott. bagnai me lo consente, vorrei rispondere al gentile assiduo lettore del blog. Mi asterrò dal trollare il più possibile. Sebbene il sottoscritto non conosca la biografia del signor amendola, non avendola studiata, però da laureando in storia delle istituzioni politiche (mi consentirà una confidenza sulla dedizione allo studio e all'impegno dello scrivente), è in grado di farle notare col massimo della cortesia, che chi nasce liberale e poi milita in un partito che, secondo il paradigma togliattiano, intende proporre la via italiana al socialismo, un minimo di ambiguità la suscita. Naturalmente io non discuto l'integrità morale di amendola, né tanto meno mi permetto di infangarne la memoria (lodevole e eroico il suo contributo alla causa partigiana), ma da studioso mi sento di avere l'ardire di tracciare un bilancio storico dell'uomo. Quando si traggono i bilanci si fanno a consuntivo, quindi sull'intero arco della vita del personaggio non sugli anni iniziali o finali. Per cui sebbene abbia militato in gioventù nelle file partigiane e abbia consentito di sottrarci alla fetida occupazione hitleriana, dall'altra parte in vecchiaia tutti leggiamo di come abbia finto per lavorare per il re di Prussia. Sicché questo conta, l'esito del contributo di un uomo alla storia. Del resto anche mussolini era socialista in gioventù, anche Gladstone nasce conservatore e muore liberale. Naturalmente io non mi voglio ergere a giudice, mi inchino alla memoria dell'uomo, ma so bene che il trasformirmo è un'antica piaga di questo paese.

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    4. Caro signore, guardi lei non ha capito il mio intervento. Io sono scandalizzato dal fatto che lei si permetta di dire che Giorgio Amendola aveva la tara di avere un padre liberale, Giovanni Amendola. È lui che mi interessa non il figlio; il padre da posizioni di partenza liberal-conservatrici approdò a un'opposizione intransigente all'illegalità fascista, che ha pagato con intimidazioni, aggressioni e con la vita nel 1926. A me non interessa che cosa pensa lei, a me interessa il rispetto per persone, che hanno pagato con la vita le proprie convinzioni democratiche. Senza bisogno di condividerne le idee.

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    5. #nonsonounespertoma ci vuole una #pirreviù :se uno è laureando, in italiano viene definito "studente", non "studioso"

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  30. Al di là della parabola storica del comunismo, bisogna ricordare che esso nasce con un peccato originale che lo condanna al fallimento:
    " Il fatto che il comunista veda in te l’uomo, il fratello, è solo l’aspetto domenicale del comunismo. Secondo l’aspetto feriale del comunismo, invece, egli non ti considera affatto soltanto come uomo, ma come lavoratore umano o come uomo lavoratore. La prima concezione esprime il principio liberale, nella seconda si nasconde una reazione antiliberale.Tutti i tentativi di legiferare in modo razionale sulla proprietà partono dal golfo dell’amore e arrivano in un mare tempestoso di determinazioni diverse. Anche il socialismo e il comunismo non fanno eccezione. Ognuno deve venir provvisto di mezzi sufficienti e fa poca differenza che trovi questi mezzi ancora in una proprietà personale, come avviene nel socialismo, oppure che li attinga dalla comunità dei beni, come avviene nel comunismo. Il senso dei singoli rimane lo stesso, cioè senso di dipendenza.La società dalla quale riceviamo ogni cosa è una nuova padrona, un nuovo fantasma, un nuovo “essere supremo” che ci “prende completamente a suo servizio”!

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    1. Ovvero: l'alienazione del lavoro alla catena di montaggio (ma non solo), l'idea di produzione esponenziale e la perdita progressiva d'identità umana (l'uomo s'identifica con l'oggetto prodotto, secondo schemi predeterminati, come semplice e periferico esecutore, al punto da diventare uomo-oggetto) cesserebbero d'essere tali se al timone, invece del capitalista, ci fosse la cooperativa (di Poletti)...

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    2. Stavamo parlando di comunismo, che c' entra Poletti?

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    3. Poletti c'entra simbolicamente come deriva ultima, come metamorfosi insita in quel peccato originale, a prescindere dall’attenuarsi o stemperarsi del colore nel tempo (se avessi addotto qualche esempio intermedio, il piddino attuale potrebbe ancora considerarsi una evoluzione positiva ed emendata da quello stesso peccato originale; se lo fa, nel frattempo è diventato qualcos’altro, ma il senso che sta alla base della struttura è egualmente lo stesso, cioè – cito – il “senso di dipendenza”).

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    4. Certo è l' archetipo del vincolismo di stampo comunista.

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    5. Potremmo inquadrare Poletti anche in un altro contesto. Le cooperative pagano meno, e offrono meno tutele dei "maledetti padroncini" e quelle di provenienza di Poletti, sono grandi, come piacciono ai sanniti. Quale miglior ministro del lavoro in epoca di deflazione salariale?

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    6. Il virgolettato a chi rimanda?
      Forse il pensiero comunista viene elaborato in un'epoca in cui a parte i rentier, la vita e il lavoro erano per la maggior parte delle persone tutt'uno. Il tempo di non lavoro, il tempo libero, è qualcosa che nasce alla fine dell'Ottocento e per strati assolutamente minoritari della popolazione. Solo gli anni '30 del XX secolo ne vedono una democratizzazione reale in ridottissime aree del pianeta. Quindi l'attenzione al lavoro e alla definizione dell'umanità in rapporto ad esso, per come nasce in quel contesto storico, è molto meno oppressiva e totalizzante di quanto si possa pensare guardandola oggi, quando le condizioni sono, non si sa per quanto ancora, assai diverse. Ma per chi dormiva cinque ore a otto anni ai piedi dei telai, la situazione era ben altra. Quanto al considerare la società niente più che un mostro oppressivo, semplicemente non sono d'accordo, è esattamente una delle radici della cornice interpretativa e oh quanto oppressiva odierna, ma lasciamo andare.

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    7. Al modo in cui, spesso e volentieri, vengono additati gli autonomi dai "soci" delle cooperative e dai dottor livore di ogni settore.
      Mio padre con i suoi fratelli, prima di pensionarsi, apparteneva a quella maledetta categoria virgolettata. :)

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  31. Sto leggendo "Passato Prossimo" di Pierre Carniti. Lo trovate in rete. Sono arrivato a pagina 26, dove parla dello Sme. Molto interessante. Ecco un passaggio: "Lo Sme implicava anche conseguenze rilevanti di politica economica, che a mio giudizio il
    sindacato avrebbe dovuto considerare unitariamente e con particolare attenzione. Purtroppo però non riuscì a farlo. Perché, esaurita l’esperienza dei governi di “solidarietà democratica”, soprattutto la componente comunista della Cgil (con poche eccezioni) si sentiva come sgravata da un “obbligo” e quindi ansiosa di recuperare uno spazio di maggiore libertà d’azione. Cioè non condizionato da vincoli politici e nemmeno di compatibilità macroeconomiche. Che considerava un pedaggio esoso
    generosamente (ed inutilmente) già pagato per la stabilizzazione della maggioranza di governo comprendente il partito comunista. Fatto sta che la Federazione unitaria non si riuscì a fare una seria ed approfondita valutazione comune degli effetti che avrebbero prodotto sul lavoro, sia la nuova impennata dei prezzi del petrolio che il contemporaneo ingresso della lira nello Sme. (...) Il Sistema monetario europeo
    comporta invece un cambiamento radicale. La finalità principale del nuovo sistema è infatti quella di creare uno spazio europeo integrato, non soltanto sotto il profilo commerciale, ma anche di quello finanziario. Non a caso i paesi partecipanti si porranno subito l’obiettivo di liberalizzare, oltre ai movimenti delle merci, i movimenti dei capitali. La creazione di un mercato finanziario unico produce, come ovvia conseguenza, la necessità per ogni paese di adeguare i propri tassi di interesse interni ai tassi vigenti nei mercati degli altri paesi partecipanti. Viene perciò accantonata la possibilità realizzare una politica monetaria autonoma e di determinare i tassi di interesse interni con l’obiettivo di realizzare il livello desiderabile di domanda interna. Questo significa che l’obiettivo dell’occupazione passa in seconda linea, rispetto a quello dell’integrazione finanziaria. E per evitare ogni possibile equivoco, il primato degli obiettivi finanziari su quelli reali, viene consacrato con l’attribuzione (in tutti i paesi che partecipano all’accordo) alla Banca centrale di una autonomia più completa e perciò svincolata dal controllo delle autorità politiche ritenute, non immotivatamente, tendenzialmente incline a violare gli equilibri finanziari pur di soddisfare le istanze provenienti da diversi settori sociali."

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  32. Professore, complimenti per stamattina a Omnibus.

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  33. @Adriana e @giuseppe rossi
    Adriana ma sei proprio complicata! Io semplicemente non ho tempo! Per questo sono cosí sintetica. E siccome sono intervenuta altre volte sempre con Basic Incom e nessuno mi ha fatto caso, ho ringraziato uno che ha mostrato interessamento.
    Giuseppe le tue critiche sono le tipiche, sono le stesse che facevo io.
    Quando ho tempo rispondo. Scusate.

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    1. Sinceramente, mettere un link non richiede più tempo che scrivere due righe di spiegazioni. Concordo con Adriana (e messa cosi', quel link ci fosse pure l'illuminazione, perde proprio di interesse).

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    2. @dianade

      Grazie della precisazione.

      Circa il "far caso" a questo o a quello: se tutti facessimo sempre caso agli innumerevoli stimoli che qui pullulano ogni volta, stazioneremmo in continuazione davanti allo schermo, che non fa nemmeno bene alla salute.

      Preferisco una breve sintesi a un rimando generico, ma questa è posizione mia.

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  34. A me Keynes piace sempre più... sarà perché è l'unico "che funziona", sarà perché sta sulle balle a tutti: libbbberisti imbrigliati, marxisti livorosi e cattolici che lo denigrano per rubargli le teorie.

    Sarà una coincidenza ma non faccio che leggere citazioni su di lui: da sinistra (poracci, sono tanto indietro), da destra (es. Sole 24 ore e Piga) e dal centro tutti a dire quanto erano fallimentari i suoi principi economici negli anni 70; nessuno che spiega cosa sia successo negli anni 70 e perché; niente di meglio di proporre salvo appropriazioni intellettuali indebite reinterpretate in chiave peggiorativa e "inculativa" (es. il “liberalismo democratico” di Piga o la "dottrina sociale cattolica" di Skidelsky) o ricette già abortite (marxiste e liberiste).

    Mi ha colpito in particolare una certa "specularità" di questo post con quello di Piga:
    "La mia generazione di cinquantenni, oggi al potere in tutti i gangli delle amministrazioni nazionali e sovranazionali, si è formata nelle università al tempo in cui il verbo neo-classico aveva preso il sopravvento. Partito in sordina alla fine degli anni sessanta presso la scuola di Chicago, fu sospinto dai fallimenti evidenti negli anni settanta del modello keynesiano..."
    Se non l'avesse scritto prima di lei, ci sarebbe da pensare che ha ha colto al volo gli alibi da lei suggeriti per non ammettere i fallimenti suoi e della "sua parte" e non chiedere scusa (lui la dovrebbe chiedere alle imprese e tutti quanti la dovrebbero chiedere agli italiani).

    E in questo scenario (che sembra sempre più "A ciascuno il suo" di Sciascia, con noi nella parte di Laurana) quelli de sinistra restano sempre i più omertosi e sull'euro e sulla BCE tutto tace.

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    1. Breaking! C'è ancora qualcuno che legge Piga! Ah, ma adesso TUTTO è chiaro: l'euro, gli altri totalitarismi, e le code di Pasquetta...

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    2. tutte le volte che faccio il "Bagnai" sul blog di Piga, mi risponde: "magari fosse cose così semplice... c'è ben altro...la questione è ben più complessa..fosse solo un problema di valuta e di bilancia dei pagamenti e di conto finanziario..." e io non capisco mai un cazzo di quel che vuole dire

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    3. Ragazzi, ma lasciarlo spegnere circondato dall'affetto dei suoi cari no? Tanto lui non può dirvi nulla, perché non ha nulla da dirvi. È evidentemente su un tenure track politico nel quale deve stare attento a quello che dice: deve aderire all'europeismo del dover essere (D'Attorre), cioè a quello che qui chiamiamo il Fogno, perché essere giustamente critici, o stoltamente acritici, sarebbero strategie entrambe controproducenti. Quindi un po' di buonismo, un po' di benaltrismo, e via andare.

      Ora, dato che la battaglia dell'informazione si conduce anche sul fronte dei click, a me sinceramente non sembra una genialata regalare dei click in giro, nemmeno per farsi due risate. Poi voi fate come vi pare: io da libertario capisco (anche se non pratico) qualsiasi perversione (purché ammessa dalla legge).

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  35. Tolinelli, M5s, a Di Martedì dice che la corruzione comporta pensioni più basse e disoccupazione giovanile.

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    1. Posso dire che ne ho i coglioni pieni di questi Qui(m5)sling? Vedete che avevo ragione io?

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    2. Sono un branco di ignoranti...

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    3. prof. perché non chiamiamo la corruzione per quello che è, cioè un conflitto distributivo?

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  36. Sembra quasi banale affermare che “Io temo che ci sia una generazione di padri nobili che ha barattato il nulla per gli altri in cambio del qualcosa per sé”, ma aldilà degli scenari, delle situazioni ideologiche modificate con il relativo smarrimento che ciò ha comportato, questa è la pura e semplice verità che ci ha condotti verso questo baratro.
    In natura nulla avviene per caso, figuriamoci nella vita reale.
    Ogni comportamento che non provenga da una persona che abbia una grave sindrome mentale accertata, ha sempre una sua spiegazione razionale.
    A cosa è dovuto il fenomeno della nascita di sempre nuovi think-thank, di cui cito solo come esempio il famigerato Arel del non compianto Andreatta, se non dall’esigenza di educare le presenti e future generazioni di personaggi “chiave” della società ad indirizzare le politiche (comprese soprattutto quelle economiche) nella direzione da loro voluta?
    E’ lecito pensare che intorno agli anni 70 sia stato avviato un progetto ambizioso e costoso (ma le risorse sono sempre state l’ultimo dei problemi) che ha cercato di allontanare le persone, l’economia, la politiche, dallo stimolo keynesiano controllato dall’unica Istituzione in grado di reggere l’urto dei grandi regimi finanziari che lo hanno inizialmente alimentato, per cercare di ripristinare (come stiamo osservando)il dominio dei mercati?
    E’ lecito pensare che un gruppo di umani formato da esclusive e riservate elites, stia svolgendo una battaglia contro i diritti che le nostre Costituzioni hanno lentamente e faticosamente costruito e che ha come obiettivo il controllo dei nostri destini, tramite una gestione assolutista dell’economia (e non solo)?
    Personalmente sono fortemente convinto che, tornando alla frase del Prof. accennata all’inizio, quella generazione di padri nobili era fortemente consapevole di quanto stava accadendo e sarebbe accaduto, ma ha preferito aggrapparsi alla ciambella di salvataggio, piuttosto che provare a deviare la barca dalla rotta delle secche.
    Ed i loro semi hanno creato gli attuali frutti…

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    1. Parrebbe auspicato da alcune banche dall' indubbia natura elitaria, come Morgan Stanley in un suo rapporto del 2013. Il Fatto quotidiano lo aveva pubblicato allora. Non conosco smentite. Particolarmente interessanti per i non economisti le pp. 13-14. The euro area adjustment: about halfway there
      La mia ignoranza di Marx è abissale, ma mi chiedo se il processo in atto non assomigli alquanto alla sua descrizione dello sviluppo capitalista (con totale mancanza di organizzazione proletaria, peraltro, e con nessuna mia convinzione che si stia avvicinandone la fine come certe anime belle sostenevano due anni fa).

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  37. Analisi impeccabile su un discorso (di Paggi) privo di domande che non si fa e di risposte che non si potrebbe dare.
    Il suo riportare il "laudatore" dal galleggiamento in un non ben definito empireo politico alla concretezza economica di concetti come capitalismo wage-led in alternativa a debt-led e a domande del tipo: perché si è passati a quest'ultimo? Chi ha deciso veramente questo passaggio? E sopratutto a chi ha giovato e giova tutto ciò? - dimostra la sua grande disponibilità nei confronti di un mondo che probabilmente non ha nessuna intenzione di contraccambiarla, anche solo assumendosi un minimo di responsabilità. La famosa parolina magica non la sentiremo mai, anche perché è una parolina che è strettamente collegata a sentimenti umani molto più nobili di quelle che possono essere le categorie della politica.
    Solo su una cosa dissento dalla sua analisi, e sono quelle attenuanti generiche da lei accordate: per quanto mi riguarda non ci possono essere quelle attenuanti proprio perché in quegli anni cruciali (1978) due padri nobili del partito come Napolitano e Barca avevano chiaramente formalizzato in un "comitato centrale" quello che sarebbe accaduto in Italia adottando il vincolo esterno, con una chiarezza di analisi previsionale a dir poco sorprendente, segno inequivocabile di conoscenza e consapevolezza degli esiti futuri per il proprio elettorato (e per gli italiani tutti) del "cambio di binario"!
    Si è vero, Berlinguer poi decise di votare no e da lì a un mese sarebbe finita la fase del compromesso storico, poi votò no al Decreto di San Valentino ma perse il referendum, ma il vero obiettivo di quel partito (fin dal primo dopoguerra di togliattiana memoria) è sempre stato quello di rimpiazzare la Dc al governo (Craxi prima e Berlusconi poi hanno sempre rotto le balle a proposito …). Gestire il potere a livello nazionale come lo gestivano a livello locale (vedi Emilia Romagna). Ovviamente legittima pretesa politica, ma per far cosa? Con quale progetto politico?
    Il socialismo sovietico? Dopo Ungheria e Cecoslovacchia ripudiato.
    La socialdemocrazia di tipo europeo? Sostanzialmente disprezzata (e forse a ragione…).
    Eurocomunismo? Non pervenuto.
    La terza via italiana? Cos'era concretamente??? Qualcuno è in grado di spiegarlo a un non acculturato (politico) del mio calibro?

    Per quanto mi riguarda la vera risposta è stata ed è CONQUISTARE IL POTERE PER GESTIRE IL POTERE, E… PUNTO! (che tra gli altri era proprio quello che faceva la balena bianca ai suoi tempi d'oro)
    Ovviamente se per l'entrata nello SME ci si poteva permettere il lusso di dire no, sacrificando un imbarazzante compromesso storico con appoggio esterno e senza ministri, per l'entrata nell'Euro questo lusso non poteva più esserci se si pretendeva, come si pretendeva, di governare finalmente a piene mani. Ed infatti si corse trionfalmente verso l'Euro guidati da esperte mani (Prodi) che conoscevano la via migliore per prostrarsi al diktat franco-teutonico. E poi in seguito, vuoi mettere il traguardo!, il primo presidente del consiglio della storia d'Italia con i baffetti … !

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  38. Nel 1948 il governo chiude il capitolo delle epurazioni che era iniziato nel 1946. Per iniziativa del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Andreotti, le epurazioni dei fascisti hanno termine. Dopo la pacificazione voluta da Togliatti, la Dc riabilita sostanzialmente tutti gli apparati statali compromessi con il vecchio regime.
    Le elezioni sono pesantemente condizionate dagli avvenimenti nel mondo comunista, e dalla minaccia degli americani di sospendere gli aiuti economici all’Italia in caso di vittoria dei comunisti. La Dc attiva i Comitati civici, organizzati dall’Azione cattolica e sostenuti dalle gerarchie ecclesiastiche e dal Vaticano, e organizza la propaganda con volantini e manifesti. Attraverso i microfoni della radio, padre Lombardi diffonde le prediche del “microfono di Dio”.
    La Dc, con 12.741.299 voti (48,5%), prende la guida del paese. Gli altri voti si dividono tra il Fronte popolare, che ne raccoglie 8.137.047 (31%) e i socialdemocratici, con 1.858.346 (3,8%).
    A partire da quel momento l’ombra pervasiva del fascismo non permette alla democrazia di svilupparsi come avrebbe dovuto e come era logico aspettarsi, almeno stando alle indicazioni della Costituzione.
    «Nel 1960, provenienti dall’amministrazione fascista, erano in servizio in Italia 62 prefetti di 1ª scelta su 64; 64 prefetti di 2ª scelta su 64; 241 vice prefetti su 241; 7 ispettori generali su 10; 135 questori su 135 (15 di essi erano in servizio da prima del 1922); 139 vice questori su 139. Su 1.642 elementi di grado inferiore, solo 34 avevano avuto rapporti con il movimento di liberazione».
    (Dal film Bianco e nero di Paolo Pietrangeli, 1975)

    Nelle istituzioni dell’Italia moderata e cattolica non c’è posto per gli esponenti della sinistra.
    Nel 1960, con il governo Tambroni, inizia una sorta di escalation dell’arroganza fascista all’interno dello Stato. In quegli anni Almirante scriveva sull’organo del Msi, Lotta Politica: “Accusano Scelba di servirsi di ex fascisti per tenere in piedi la polizia. E di chi si doveva servire? Di quei partigiani che rendevano attualissimo il motto quis costodiet custodes?”.

    Erano momenti duri, oscuri e densi di incognite. Erano gli anni in cui Rauti rilasciava interviste in cui illustrava pacatamente le conquiste culturali del nazismo. Erano gli anni in cui Almirante inneggiava - e auspicava anche per l’Italia - al fascismo dei colonnelli greci. Alcuni tra i nostri governanti erano sensibili al fascino dell’ordine stabilito, manu militari, una volta per tutte. La catastrofe del fascismo sembrava non aver insegnato nulla.
    Poi, come risposta all'“autunno caldo” del '69, inizia un decennio di bombe nelle piazze e nei treni, culminato con la vicenda Moro.
    Gli attentati sono chiari ammonimenti inviati al mondo politico per indicargli la strada da percorrere e ammonirli che uscire dal seminato può avere gravi conseguenze.
    Ammonimenti che il ceto politico recepisce senza indugio a partire dagli anni '80. Anni in cui, tra l'altro, avviene il cambio generazionale tra i dirigenti del Pci che avevano vissuto la guerra e quelli nati successivamente, con esiti esiziali.

    Nel 1980 con la “marcia dei quarantamila” inizia il progressivo indebolimento dei sindacati. Nel 1989 con la “svolta della Bolognina” di Occhetto il Pci imbocca la strada di un riformismo con vocazione alla “governance” dell’economia di mercato e si avvia all'auto-estinzione. Nel 1999 con l'avallo dei bombardamenti sulla Serbia ciò che ne resta si smarrisce definitivamente.
    L'ingresso nell'euro lo dissolve.
    Sull'attuale gestione Renzi non vale la pena soffermarsi.

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    1. @kthrcds

      Scusami se intervengo; non vorrei farlo, perché tanto so come va a finire. Però vorrei farti solo una domanda: quegli oltre 14 milioni di "anticomunisti" erano tutti fascisti consapevoli, fascisti inconsapevoli, fascistoidi in senso lato, gente irretita dalla propaganda cattolica, loschi affaristi che rimestavano nel torbido e via dicendo? Sai, anche io sono stato un anticomunista convinto e credo di esserlo stato consapevolmente, pur avendo fatto molti errori, che non esito ad ammettere. Per altro noto che tendete a tenere sottotraccia lo stravaso di bile di Alberto sui rapporti tra sinistra comunista e Keynes: al contrario mi pare la sostanza del suo ragionamento. Siccome Keynes era un liberale, come lo definiamo Alberto Bagnai, un controrivoluzionario? E in ultimo: siccome questa discussione mi riporta agli infuocati miei verdi anni, tu nel 1937/1938 dove saresti voluto essere, a Mosca o a Roma? Lo sai quante condanne a morte ha pronunciato il Tribunale speciale fascista e quante ne hanno pronunciate i tribunali staliniani? Lo sai come li torturavano i compagni? Scusami il tono provocatorio, prometto di non farlo più. Ma vorrei che ogni tanto si considerasse che in questo paese ci sono stati anticomunisti disinteressati e non necessariamente affamatori del popolo. Per concludere: mio padre è stato ospite dei nazisti due anni (e il vagone glielo chiuse un fascista), mi fa un po' specie doverlo dire, ma è così da quando ho 18 anni (ahimé, visto che già allora mi davano del fascista).

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    2. Celso 8 aprile 2015 18:31

      Pss pss, mi scusi se la chiamo sottovoce, ma non vorrei che qualcuno sentisse: lei certamente sa che il maggior numero di partigiani ammazzati (prima e dopo il 25/4/1945) cadde per mano dei compagnucci della parrocchietta moscovita, NON per mano dei nazifascisti… teniamocelo per noi e aumma aumma (ci siamo capiti)

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    3. In cosa i processi staliniani rendono inverosimile la ricostruzione di rhts? O improponibile un diverso svolgimento del dopoguerra? Non sono cose che si elidono, queste.

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    4. @Marco S.

      Marco, non apriamo questo fronte, per favore. Dobbiamo pensare all'euro!

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    5. @ Celso (8 aprile 2015 18:31)

      Non intendevo urtare la suscettibilità di nessuno, né il suo tono mi è parso provocatorio. Lei ha diritto di avere una sua posizione e una sua opinione e non sarò certo io ad impedirglielo.

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    6. @kthrcds

      Grazie per la risposta. sai, in realtà, per me si tratta di una specie di ritorno del represso. Ah l'età per carità!

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    7. @ Celso (9 aprile 2015 15:26)

      Si tratta di temi che per forza di cose portano a divergenze di valutazioni e d'opinione per coloro i cui genitori furono direttamente coinvolti da quanto accadde in quel periodo.
      I miei, ad esempio, uscirono dal "ventennio" in condizioni assai peggiori di quelle in cui si trovavano in precedenza: entrambi benestanti, ne uscirono rovinati.
      Mio padre partì per Mogadiscio nel '35 e tornò nel '47, quando di lui si erano dimenticati tutti, a cominciare da quelli che ce lo avevano mandato. Mia madre invece patì le conseguenze della guerra a casa, tra fame, espedienti per sopravvivere e scorribande dei tedeschi.
      Entrambi erano avversi al comunismo e nemmeno a me piaceva l'Urss – di ragioni ce n'erano a sufficienza. Ma, mentre mio padre riconosceva gli errori del fascismo e la negatività di quell'esperienza, mia madre si limitava a ripetere di tanto in tanto di non essere più andata votare dopo il '48 e che se ci fosse andata avrebbe voluto votare per “lui”. Ma non sapeva mai spiegare perché.

      Io, comunque, ho avuto un infanzia felice e le ombre del loro passato non mi hanno sfiorato da piccolo. Solo più tardi mi sono reso conto della tragedia che i miei avevano vissuto.
      Ma questo è un altro paio di maniche.

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  39. Se posso umilmente inserirmi vorrei aggiungere alcune considerazioni che possono integrare quanto è stato fin qui detto. Il PCI,almeno a partire dal 1966, ha avuto un atteggiamento molto cauto nei confronti dei comportamenti e movimenti che si generavano dentro le fabbriche e sul terreno sociale più in generale. La sua politica era tutta concentrata su la "lotta contro i monopoli" e l'unificazione dei ceti produttivi che piano piano diventava ilo perno delle politiche sperimentate in Emilia-Romagna. La sua visione del lavoro di fabbrica era ancora quella dell'operaio specializzato dell'anteguerra e non cercava di capire cosa era cambiato nella struttura di fabbrica e nei contenuti del lavoro. Questo tipo di indagine veniva invece svolto da un piccolo gruppo di intellettuali un poco anomali che, guarda caso, lavoravano dentro l'Olivetti, la società che all'epoca era la punta di diamante della tecnologia e dell'innovazione in Italia. Intellettuali come Romano Alquati che poi avrebbero fondato la rivista Quaderni Rossi, dove fu pubblicato il "frammento sulle macchine" di K.Marx tratto da Grundrisse. Letture che dentro al PCI non esistevano. Dal PCI venivano accuse di utilizzare metodi sociologici "americani" e altre amenità del genere, fino a chiedere, in un articolo di Adalberto Minucci (credo l'allora segretario del PCI di Torino) sull'Unità, all'indomani degli scontri di Piazza Statuto: "chi li paga?", alludendo a possibili finanziamenti della Cia etc. Sta di fatto che queste linee di analisi portarono a individuare quello che poi fu definito l' "operaio massa", il protagonista del movimento di grandi rivendicazioni salariali e di diminuzioni di orario a cavallo tra la fine degli anni '60 e la fine degli anni '70. Movimento rivendicativo che non fu certo merito di pochi intellettuali ma che si verificò in tutto il mondo occidentale partendo, guarda caso proprio dagli Usa, Detroit in specifico. Il PCI, che timidamente aveva accarezzato l'idea della politica dei redditi portata avanti in UK, ne rimase completamente spiazzato. E non riuscì mai a controllare quanto stava avvenendo. Al punto da considerare pericolosi, anarcoidi, e incomprensibili tutti i movimenti, le elaborazioni, l'intrecciarsi tra spinte operaie in fabbrica e spinte sociali fuori (la rivoluzione sessuale, le donne, financo la musica e i "cappelloni"). Negli anni 1976-1977 poi, gli sfuggì del tutto l'intero movimento dei giovani (la FGCI non aveva quasi più presenza dentro l'Università e le scuole) in fabbrica non capiva le trasformazioni della catena di montaggio alla Fiat sostituita dalle "isole", etc. E la situazione diventava sempre più ingovernabile. Ma anche questo non avveniva solo qui in Italia. Fu allora che si cominciò a parlare di "compatibilità" del sistema, di paura dell'inflazione (nel frattempo c'era stata la prima crisi petrolifera e si era a ridosso della seconda) con la corrente di Amendola che batteva in continuazione su questo chiodo.
    Tito Casali

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  40. Napolitano era tra questi "estimatori" delle compatibilità. Nel momento più alto dello scontro sociale viene introdotta la scala mobile. Nel 1973 Berlinguer aveva già scritto il suo famoso saggio sulla necessità di governo del compromesso storico e da quel momento in poi cercò con fredda determinazione di rendersi sempre più "credibile". Allora, via i giovani "diciannovisti", via i gruppi operai troppo "anarcoidi". Verso la fine degli anni '70, anche il pubblico impiego aveva raggiunto condizioni salariali simili a quelle più avanzate appena conquistate nel privato (fino a quel momento gli stipendi nel pubblico erano mediamente più bassi). Le condizioni allora raggiunte dai redditi da lavoro avrebbero poi permesso, non solo in Italia, di vivere di un notevole livello di benessere che sarebbe continuato per inerzia fino ad esaurirsi a seguito dei continui colpi inferti a partire dall'introduzione dello SME e del divorzio Tesoro Banca d'Italia che qui ben conosciamo. Napolitano pronunciò il famoso disocrso contro lo SME (ma forse fu scritto da Luigi Spaventa, non mi risulta che Napo avesse tali conoscenze analitiche nel suo bagaglio teorico). Poi prese il sopravvento decisamente il tema delle compatibilità della credibilità dell'inflazione: nel 1982 Federico Caffé scrisse un articolo sul Manifesto in cui accusava Berlinguer di tradire tutte le conquiste operaie precedenti a seguito delle scelte fatte dal PCI in tema salariale e di welafre che sarebbe andato progressivamente distrutto. Ma tutto questo avveniva in una cornice internazionale dove l'attacco liberista di Reagan e della Tatcher erano fortemente orientati a erodere la quota dei redditi da lavoro. E dove il lavoro stesso era sottoposto a modificazioni profonde. Ma questo è già noto a tutti e non voglio certo raccontare cose ripetute e straripetute. Insomma, quello che voglio dire è che il PCI è sempre stato fuori dai movimenti sociali reali, che ne ha sempre avuto paura, che gli hanno intralciato il percorso di avvicinamento alla credibilità cui tanto agognava. Il percorso dei suoi dirigenti scivola quindi su un piano inclinato, fino a poter imbrigliare la vita delle persone con i vincoli esterni che ben conosciamo. éer questo fanno fatica anche solo a capire in minima parte il lavoro dettagliatissimo e magistrale del nostro prof. Scusate se sono stato troppo lungo e se ho saltato parecchie parti senza approfondirle.
    Tito Casali

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  41. Caro Prof, una volta c’era un muro. E c’era la paura che le idee di quelli di là del muro potessero attecchire anche da noi. E allora, i ricchi di quel periodo (perché c’erano anche allora, i ricchi) in qualche modo, per paura di perdere tutto a causa di una piazza alimentata dai “cattivi”, limitavano la propria esosità ridistribuendo perché non solo loro ma anche larga parte della popolazione potesse stare abbastanza bene, permettendo l’esistenza del ceto medio. Poi il muro è caduto e c’è stato il “liberi tutti”. Non ce ne siamo accorti subito ma un pezzetto dopo l’altro abbiamo iniziato a perdere un po’ di scuola pubblica, un po’ di sanità, un po’ di adeguamenti salariali, un po’ di certezze, un po’ di diritti. Come una valanga, la perdita è aumentata mano a mano che si rotolava nel nuovo millennio. Hanno spostato i macchinari senza che vi restassero appiccicati quegli stupidi diritti voluti dagli amici di quelli oltre il muro, hanno importato gente che facesse divani e raccogliesse pomodori senza essere inquinata da stupide idee sui diritti, hanno cominciato a giocare con bolle immobiliari e derivati. Ed ora eccoci qua, in una situazione ove regna un nuovo ordine fatto di pochi signorotti arroccati nei loro castelli e di infiniti servi della gleba intenti a pascolare le capre, buoni solo per essere vessati dagli esattori dello sceriffo di Nottingham. Un nuovo, consolidato, splendido ordine. Medioevale. Nemmeno l'ultimo inutile e dannoso jobs act sveglierà dal suo torpore l'elettore piddino.

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    1. C'era certamente un muro. Ma c'erano anche i carri armati a Praga ed il rogo di Jan Palach. Neppure quello va dimenticato. e neppure l'Arcipelago Gulag va dimenticato.

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  42. @martinet

    Mi ritrovo molto con le considerazioni di martinet quando dice: "...è un non voler accettare la realtà, in pratica, si entra in una forma di alienazione".

    A tal proposito, il biologo evoluzionista Robert Trives, in "Natural Selection and Social Theory" dedica un capitolo a quello che lui chiama self-deception (auto inganno).

    In una conferenza Trives portò come esempio il caso della decisione degli USA di invadere l'Iraq. Riporto le sue considerazioni:

    Now the point about this war is that there was no period of rational discussion of the pluses and minuses. The United States decided—at least a small cabal within it, including the President, decided—to go to war almost instantaneously. They immediately went into the implementation stage—your mood goes up, you downplay the negatives—after all, you have made your decision—and you do not wish to hear contrary opinions. Especially you do not wish to hear contrary opinions if the real reasons for going to war can not be revealed and the whole public pretense is a lie.
    Thus, all planning for the aftermath was dismissed because it greatly increased the apparent expense and difficulty and suggested greatly diminished gains from the endeavor. This, of course, implicitly called into question the entire enterprise, so rational planning was dismissed. And witness the dread effects, a continuing bloodbath unleashed on an innocent population.
    One other comment: self-deception can not only get you into disastrous situations, but then it gives you a second reward and that is, it deprives you of the ability to deal with the disaster once it's in front of you.


    Per chi è interessato ecco il , link.

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    1. Tutto ciò è umano, troppo umano (Menschliches, Allzumenschliches)

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  43. Accidenti in questo blog bisogna stare attenti! Agli accenti, a cosa si é detto due mesi prima! Mi si chide la etá, se sono spadiniana, se mi manda qualcuno. Se faccio pubblicitá a qualcun'altro. Non mi manda nessuno! Non faccio parte di nessun gruppo. Perché poi dovrei pubblicizzare Basic Income insomma? ?Solo solo una che cerca di capire! Siccome non ho molto tempo vado a intuito piú che altro. Sono d'accordo con Bagnai, seguo il blog da parecchio, da molto prima di marzo probabilmente dall'inizio. Seguo anche Zibordi perché mi sembra che dica cose sensate. La faccenda dei certificati di credito mi sembra una buona idea e mi sarebbe piaciuto moltissimo che Bagnai la esaminasse. Probabilmente lo ha fatto implicitamente nei suoi scritti. Peró mi dispiace a me é sfuggito.
    Ad ogni modo perché ho scritto di Basic Income proprio qui? Perché sapevo che avrei ricevuto le critiche piú intelligenti e informate. Adesso con calma me le studio tutte e poi quando saró pronta risponderó. Perché a istinto sento che non avete ragione.

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