venerdì 2 dicembre 2011

Coming out: sono antitaliano (o no?)

Nel dibattito sull’euro inevitabilmente si urta contro l’argomento ariano: ci meritiamo quello che stiamo passando perché i tedeschi sono migliori di noi. Sono entrato più volte nel merito logico-scientifico (inesistente) di questi argomenti, e ci tornerò ancora, perché il punto è tutto lì. Oggi voglio solo ricordare che questo è un film già visto, e che si possono dolorosamente constatare e tenacemente combattere le inefficienze del nostro paese e l'inadeguatezza della sua classe politica senza vedere come unica soluzione la sua annessione alla Germania (sulla cui classe politica occorrerebbe avere uno sguardo più accorto ed equanime).

Consegno queste righe a Ciuffini, che ha giustamente e affettuosamente rimproverato le mie intemperanze verbali (forse le scuserà vedendo quali sono i miei modelli letterari), a Ermes, per segnalargli che sono molto più critico verso l’Italia di lui (ma amo l’Italia e sono fiero di essere italiano), e alla mia adorata compagna, secondo la quale io e Gadda siamo due disadattati. Giudizio del quale apprezzo soprattutto quello che a me manca: il dono della sintesi.

Se c’è una soddisfazione che questo dibattito mi dà è quella di essere sempre dalla parte sbagliata insieme alla persona giusta (Gadda, Krugman,...).

Buona lettura.

Dal fronte...

20 settembre 1915
I nostri uomini sono calzati in modo da far pietà: scarpe di cuoio scadente e troppo fresco per l’uso, cucite con filo leggero da abiti anziché con spago, a macchina anziché a mano. Dopo due o tre giorni di uso si aprono, si spaccano, si scuciono, i fogli delle suole si distaccano nell’umidità l’uno dall’altro. Un mese di servizio le mette fuori uso.

Chissà quelle mucche gravide, quegli acquosi pancioni di ministri e di senatori e di direttori e di generaloni: chissà come crederanno di aver provveduto alle sorti del paese con i loro discorsi, visite al fronte, interviste, ecc. – Ma guardino, ma vedano, ma pensino come è calzato il 5° Alpini!

Gli Italiani sono tranquilli quando possono persuader sé medesimi di aver fatto una cosa, che in realtà non hanno fatto; il padre che ha speso dieci mila lire per l’educazione del figlio, pensa: “ho speso dieci mia lire; certo mio figlio farà bene; perché? perché ho speso 10000 lire” e magari il figlio si suicida: e il padre dice allora: “Oh come?” e non pensa neppure di avere qualche colpa. Così Salandra, così il re, così tutti.

24 luglio 1916
Quand’è che i miei luridi compatrioti di tutte le classi, di tutti i ceti, impareranno a tenere ordinato il proprio tavolino da lavoro? a non ammonticchiarvi le carte d’ufficio insieme alle lettere della mantenuta, insieme al cestino della merenda, insieme al ritratto della propria nipotina, insieme al giornale, insieme all’ultimo romanzo, all’orario delle Ferrovie, alle ricevute del calzolaio, alla carta per pulirsi il culo, al cappello sgocciolante, alle forbici per le unghie, al portafogli privato, al calendario fantasia? Quando, quando? Quand’è che questa razza di maiali, di porci, di esseri capaci soltanto di imbruttire il mondo col disordine e la prolissità del loro atti sconclusionati, proverrà alle attitudini dell’ideatore e del costruttore, sarà capace di dare al seguito alle proprie azioni un legame logico? Porci ruffiani, capaci solo di essere servi, e servi infedeli e servi venduti, andate al diavolo tutti. Non siete degni di chiamar vostri figli i morti eroici. Combattere qui per sentire un lurido cane troja ladro e lenone d’un senator Barzellotti che fa quello che fa, e impunemente: combattere sapendo che Giolitti e Bertolini e altri escrementi organizzati a dominare il paese non sono ancora stati scannati, e che i loro figli non sono stati espulsi dallo Stato: che gusto è? Bene: basta, altrimenti passo la mattina a scrivere ingiurie al mio paese, dove viceversa il coraggio e l’eroismo non mancano. Ma il disordine c’è: quello c’è, sempre, dovunque, presso tutti: oh, se c’è, e quale orrendo, logorante disordine! Esso è il mare di Sargassi della nostra nave.

7-VIII-916
Con soddisfazione (parlo di soddisfazione meramente intellettuale) vidi stampate qui, dall’ufficio del Com.do Supremo, e per bocca degli uff.li austriaci, le ragioni dei nostri insuccessi nell’attacco: le ragioni da me intuite da tanto tempo, ben prima di venire al fronte. E di questo mi pare d’aver sufficientemente parlato per aver il diritto di dire: “l’avevo detto io”. È questa una delle vanterie più triviali e più basse della nostra anima: e sarebbe triviale, bassa, porca, ruffianesca anche in me, se io avessi, in ciò dire, un sentimento d’amor proprio soddisfatto, uso Giolitti che aspetta avidamente la débacle per poter trionfare. – No, no, no, no: per carità: io guardo con dolore agli errori commessi, e con ansia e con rabbia e con mal di fegato assistevo alle loro conseguenze: guardo al passato con tristezza, senza alcuna gioia per quanto riguarda le mie intuizioni: vorrei essere un imbecille e che avessimo vinto: vorrei (Dio lo sa) non aver capito niente io e che avessero capito tutto gli altri, gli eroi e i comandanti, gli eroici morti e i loro condottieri.

Canove, 11 settembre 1916, ore 18.
Noris tornò, ma mi disse che il fotografo non sapeva nulla delle mie fotografie e cascò dalle nuvole. Questo è l’ordine e la cura che gli Italiani pongono nell’accudire ai loro interessi, al loro commercio: e poi ci si meraviglia, o meglio gli Italiani si meravigliano, quando la Germania intraprende il commercio suo sul mondo, impadronendosi di tutti i mercati. – Speriamo che altrettanto non faccia della nuova film, quella puttana porca sfondatissima stroiazzata vacca d’una moglie del fotografo, cagna asinesca e bubbonica: altrimenti le pianto una grana che non finisce più.

27 ottobre 1915
Il buon Marchini dice di essere individualista, di non voler adattarsi all’idea dei più, di aver in ripugnanza le guerre, ecc. ecc. Fin qui, benone. Ma quando gli chiesi se egli creda che una persona assalita debba difendersi, mi rispose che sì; quando gli chiesi se la Francia, se la Russia avevano diritto di lottare o dovevano darsi mani e piedi legate alla Germania, mi rispose che dovevano lottare. E allora solo l’Italia doveva lasciarsi fregare?

Dalle retrovie...

La mia risposta all'ultima domanda è: no.

Per favore leggete Cesaratto e Stirati (2011) "Germany and the European and Global Crises", International Journal of Political Economy, 39, 56-86, o almeno Marcello De Cecco "A che serve spezzare le reni alla Grecia". E riflettete, riflettete però con la vostra testa, non con quella dei fini strateghi che vi hanno messo in questa situazione.

Vi faccio una semplice domanda di goofynomics: secondo voi, è possibile indebitarsi se nessuno ti presta soldi? E il creditore, la banca, non dovrebbe forse interrogarsi sul merito di credito del debitore? Non lo fa forse con noi, quando chiediamo un mutuo? E secondo voi non era assolutamente evidente alle banche tedesche, quando estendevano prestiti ai paesi periferici, che questi sarebbero stati assolutamente incapaci di restituire i prestiti ricevuti? Secondo voi i grafici che ho riportato nel post Keynes vs. Tabellini li conoscevo solo io? Solo io sapevo che la Spagna ha il secondo debito estero al mondo?

Sarà...

A me sembra che invece di "virtù" ci sia stata tanta furbizia. Il gioco dei "virtuosi", di quelli che tanti di noi continuano ad ammirare, nel disperato tentativo di ignorare di esser stati presi in giro, è abbastanza evidente:

"Facciamo indebitare la periferia per sostenere la nostra domanda, tanto poi la valutazione asimmetrica e scioccamente moralistica dei fenomeni finanziari imposta dal pensiero ortodosso permetterà, se le cose vanno male, di dare la colpa ai debitori... e la nostra cadrèga di politici tedeschi sarà salva, anche perché alle brutte la Bce farà gli interessi nostri, anche se i nostri conti pubblici non sono in ordine".

Perché non lo sono, come ci ricorda De Cecco. Anche e soprattutto in Germania ha funzionato il meccanismo della "nazionalizzazione" del debito generato da scellerate (pardon, volevo dire "virtuose") strategie aziendali della finanza privata, e ce lo ricorda con sdegno il Sole 24 Ore (non il giornalino della parrocchia). La crisi greca, che si sarebbe potuta risolvere comunque con risorse relativamente limitate (vedi sempre il Sole 24 Ore), è stata drammatizzata, guarda caso, proprio nel momento in cui la "virtuosa" Germania ha constatato di essere stata superata, come paese esportatore, dalla Cina, e quindi le conveniva, per i soliti motivi elettoralistici, indebolire l'euro, e dare la colpa agli altri, cioè a noi. Siamo alla mercè di ogni sindrome pre-elettorale della Merkel. Un intero continente, la culla della civiltà occidentale, è alla mercè dei suoi squilibri ormonal-sondaggistici. Questo è il problema.

Secondo me questa non è visione, è solo la triste, ricorrente, letale incapacità di gestire una vittoria che ha caratterizzato tutte le guerre del XX secolo: la prima, la seconda, e la terza. Perché credo che anche voi, come me, vediate che gestire una sconfitta è più facile che gestire una vittoria. Passato l'orrore ("La fila di soldati sulla strada d'oltre Isonzo: li credo rinforzi italiani. Sono tedeschi!"... e di fare rafting a ottobre non se ne parlava, povero Gadda), passato l'orrore rimane un paese da ricostruire, e questo porta coesione sociale e stimolo all'economia.

Ma gestire la vittoria impone uno sforzo sovrumano, quello di resistere alla tentazione di stravincere. Non ha resistito la Francia dopo la prima guerra mondiale, e ha imposto alla Germania le condizioni onerose che, come Keynes aveva previsto, hanno concorso all'avvento del nazismo. Non hanno resistito gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, imponendo al mondo un sistema monetario internazionale basato sulla loro valuta nazionale, che, come Keynes aveva previsto, ha portato a gravi sbilanci e a ricorrenti crisi finanziarie (non dimentichiamoci che senza la crisi americana noi staremmo ancora vivacchiando). E non ha resistito la Germania, dopo la terza guerra mondiale, conclusasi con il Trattato sull'Unione Europea, spingendo troppo oltre la sua politica mercantilista, e ponendo le condizioni per il crollo del sistema. Questa non è virtù e non è visione.


Che poi non ci sia visione nemmeno nei nostri politici, sono d'accordo. Ma fra un'assenza di visione italiana e un'assenza di visione tedesca preferisco quella italiana, non fosse altro che per rispetto dei nostri morti. E ve lo dice uno che è "germanico in certe sue manie di ordine e di silenzio", come quell'altro disadattato di don Gonzalo Pirobutirro.

In "international finance" si chiamerebbe "home bias". E così vi ho fatto vedere che sono (anche) un tecnico (disadattato).

Fonte dei dati (sempre e comunque)
Carlo Emilio Gadda, Giornale di guerra e di prigionia, Garzanti.

32 commenti:

  1. Mio zio Valeriano, capitano degli alpini, tornato dalle campagne di Grecia ed Albania dopo l'8 settembre, chiese al ricco signore presso cui sua madre andava a servizio, di comprargli un paio di stivali nuovi. Quelli "di cuoio scadente...cuciti con filo leggero.." non erano più roba degna di un ufficiale.
    La risposta fu negativa e sprezzante..."e che si è messo in testa quello...". L'indomani mia bisnonna, accanto a due scarponi troppo vecchi e troppo logori, sul tavolo della cucina trovò una lettera: suo figlio salutava e se ne andava in montagna con i partigiani. L'orgoglio lo fregò sottoforma di un proiettile tedesco che il 24 aprile 1945 lo colpì in pieno petto. Il giorno della liberazione era sotto terra.
    Mi piace pensare che mio zio sia morto per colpa di un paio di scarpe nuove e non per salvare l'onore di una nazione. Detesto la retorica con tutto il cuore e dell'amore come dell'odio per l'Italia ho sempre fatto volentieri a meno.
    Saluti Professore, Massimo Ciuffini

    RispondiElimina
  2. Ciao, intanto ti ringrazio per la dedica :-)
    Secondo me di fronte ad un'analisi del genere, c'è poco da dire, nel senso che sulle interpretazioni dei fatti si può dire (legittimamente) qualunque cosa, senza che però sia possibile trovare un accordo. Intanto, mi pare che tu dia per scontato che la creazione dell'Euro sia una specie di guerra, e che i diversi Paesi europei (a cominciare dalla Germania) non facciano altro che cercare di difendere i propri interessi a scapito degli altri. Non so se ciò sia vero, ma se è vero che i governi attuali dei Paesi europei hanno una scarsa visione, non significa che la avessero anche quelli precedenti o che non si possa cambiare registro.
    Inoltre, dai per scontato che ciò che è accaduto, sia stato voluto da qualcuno (come sempre, la Germania), secondo la teoria che (solo lei o magari anche altri) "non poteva non sapere" cosa sarebbe accaduto. A questo non voglio replicare perché non posso. Mi pare che qui siamo nell'ambito del "puramente politico" in cui ogni opinione è legittima, però per questo non ci si potrà mai mettere d'accordo. Però se mi permetti, siamo anche un po' nel complottistico. Cioè io preferisco giudicare i fatti secondo quanto emerge, più che utilizzando visioni dietrologiche. Cioè, se la Grecia trucca i conti, a meno che non pubblicano una telefonata in cui il cancelliere tedesco "so tutto, ma facciamo finta di niente", io sto ai fatti e basta, perché altrimenti, con la legge del sospetto, diventa probabile ciò che è possibile e sicuro ciò che è probabile.
    Tra l'altro, volendo intepretare le posizioni di chiunque sempre con la lente dell'interesse, potrei dire facilmente che il Sole 24 ore o De Cecco parlano così perché difendono gli interessi italiani ecc.ecc. Ma non lo farò perché non sono complottista, e preferisco stare ai fatti e a ciò che viene detto alla luce del sole.
    Quindi i fatti sono che si sono creati squilibri molto grossi, e che finché tutto andava bene, tutti chiudevano un occhio (o anche due). Del resto anche tra Stati Uniti e Cina ci sono enormi squilibri commerciali, pur con monete diverse, e non penso si possa dire che quella non sia sua volta una bomba a orologeria. Sarebbe interessante dire adesso, tra i due, "a chi giova" tutto ciò, altrimenti dopo, quando il bubbone scoppierà, sarà troppo facile dire che il vincitore sapeva tutto ed ha cinicamente sfruttato la situazione...
    Quindi, può anche darsi che prima della crisi non siano stati fatti abbastanza controlli, che la crisi della Grecia sia stata gestita male, che la Merkel si sia fatta prendere da tentazioni elettorali ecc., ma da qui a dipingere la storia dell'unione europea come una guerra che vede la Germania vincente e colonizzatrice, mi pare che ce ne corra. Poi se domani la Germania farà saltare l'Euro verrò qua a scrivere che avevi ragione tu. Per ora mi pare che tutto sommato non sta accadendo questo.
    D'altro canto, non credo sia impossibile, volendo, trovare il modo di evitare gli squilibri che si sono determinati negli anni passati, con l'afflusso di capitali verso i Paesi più "deboli". Per me questa non è stata comunque l'unica causa della crisi (mi dispiace ma la Grecia aveva un deficit pubblico elevato anche quando tutto andava bene e l'economia cresceva, a riprova della cialtronaggine della sua classe politica, e infatti ha raggiunto un debito del 120% prima della crisi, mentre altri Pigs come è normale che fosse, quando l'economia correva, avevano deficit e debito bassi), ma in ogni caso, mi pare che anche tu riconosca che volendo si potrebbe contenere il fenomeno. Credo sia solo una questione di volontà politica.
    Ma non voglio insistere troppo perché rispetto la tua opinione, ci mancherebbe.

    RispondiElimina
  3. Caro prof. Bagnai,

    ho letto tutti i commenti precedenti e sono contento che il dibattito su questo spazio si arricchisca. Mi hanno commosso i suoi interventi che fanno denotare una passione smisurata ed una incazzatura che ha bisogno di sfogo. Anche io, come lei, mi sento un po’ complottista e anche disadattato.

    Mi piace che gli interventi spaziano dall’economia, alla storia, alla letteratura, alla musica, magari ripescando questioni passate e dimenticate come le denunce di Pasolini, personaggio oggi molto dimenticato soprattutto dalla “sinistra” italiana (ho letto da poco Petrolio e lo trovo molto attuale, nessuno ne parla più). Riguardo ad una sua similitudine con le arti, ricordo che già prima di Vivaldi gli italiani insegnavano ai tedeschi e non. Mi riferisco al periodo più bello della storia italiana che va sotto il nome di Rinascimento.

    Ora provo a rispondere alla sue domande poste su questo commento, e mi offro da spalla (grazie alla mi ignoranza) per permettere a lei e ad altri di chiarire alcune cose.

    1. “è possibile indebitarsi se nessuno ti presta soldi?”

    Prescindendo dalle valutazioni di tipo civilistico e di legislazione finanziaria, sulle quali si possono fare diverse ipotesi e che credo non riguardino la sua domanda, se parliamo di debito pubblico la mia risposta è SI. Ad esempio gli Stati con sovranità monetaria (non è il caso dei paesi dell’UME), possono utilizzare la spesa pubblica in deficit indebitandosi, in pratica, con se stessi. Mi piacerebbe che mi correggesse e che precisasse questo punto soprattutto per sfatare diversi tabù come quello della dicotomia moneta/inflazione (che lei ha già accennato in commenti precedenti citando Keynes).



    2. E il creditore, la banca, non dovrebbe forse interrogarsi sul merito di credito del debitore?

    La mia risposta è SI. Le banche dovrebbero interrogarsi, ma la finanziarizzazione dei debiti pubblici ha portato a cedere sovranità dagli Stati ai possessori di obbligazioni pubbliche. Tale fenomeno ci ha portati al punto di oggi, dove l’Italia viene commissariata dal curatore fallimentare Mario Monti perché la maggior parte di debito pubblico è detenuta da istituti privati, e non dai cittadini come avveniva qualche decennio fa, con il solo fine speculativo. Sono i mercati che decidono le politiche economiche degli Stati (quando dico mercati mi riferisco al massimo a 10-15 grandi gruppi bancari e finanziari). Oggi, tra l’altro, le banche e i grandi gruppi di investimento si tutelano contro i rischi di defalut degli Stati con degli strumenti distruttivi dell’economia reale che vengono chiamati Credit Default Swaps.

    RispondiElimina
  4. Vorrei, inoltre, precisare alcune cose relative a commenti di altri lettori. Io mi incazzo, scusate il termine, quando sento parlare di debiti pubblici troppo alti e di corruzione italiana che fa alzare il debito o di svalutazioni che fanno alzare l’inflazione. Ormai 30 anni di neo-liberismo, che controlla media, tv, giornali e politici, ci ha infinocchiati con la storia che il male assoluto sono i debiti pubblici e l’inflazione. Io ringrazio per il lavoro di informazione su questo sito e spero che questo lavoro si traduca in qualcosa di più concreto (congressi, confronti pubblici, apparizioni televisive, manifestazioni, pressione sui partiti politici, ecc.). Caro prof. Bagnai, la prego di correggermi, ma possibile che 30 anni di economia keynesiana e 80 di ricerche da parte di suoi colleghi siano stati buttati al vento? E’ possibile che quasi due secoli di marxismo non ci ha insegnato niente? E’ possibile che ancora si crede che in uno Stato sovrano il debito pubblico sia un problema? (il Giappone ha un debito superiore al 200% del PIL, ma non riceve attacchi speculativi) O che l’inflazione alta sia un problema, quando la disoccupazione giovanile supera il 30%?

    Io mi sento davvero disadattato quando leggo Concita De Gregorio o Norma Rangeri (l’una dovrebbe essere l’erede del giornale fondato da Gramsci, l’altra la direttrice del quotidiano più “comunista” d’Italia), quando sento il PD che litiga se approvare la riforma sulle pensioni o la patrimoniale e ammettere che è meglio Monti “così ci mette la faccia”. Io sto davvero male a cercare di convincere i miei amici e parenti che l’unione monetaria ci sta distruggendo, che le famiglie sono più povere dall’introduzione della moneta unica (differenziale tra aumento dei salari e inflazione è inferiore a 1). Quali sarebbero gli aspetti positivi dell’Euro se l’Italia è più povera? Se le famiglie non arrivano alla fine del mese? Se ci siamo indebitati con l’estero? Se a breve interverrà il FMI e ci saranno cure come quelle in paesi dell’Africa dagli anni 70 in poi?

    RispondiElimina
  5. Scusate lo sfogo, finisco con una affermazione “complottista” (mi scusi il prof. Bagnai per aver usato l’odiato termine). Non sono un esperto, ma leggo e cerco di capire, al contrario della maggior parte degli italiani, e mi sono fatta una idea caro prof. Secondo me, come lei ha affermato, se l’Italia e gli altri paesi non hanno più il controllo delle leve monetarie e valutarie (ricordo che oggi le politiche economiche e monetarie sono in mano a BCE, Commissione e Consiglio d’Europa, nessuno di questi eletto dalla popolazione) unico modo per “recuperare competitività” (aborro queste due parole, ma mi adeguo alla discussione), è svalutare i salari e vendere beni e servizi pubblici. Non ci sono alternative, lo hanno detto tutti, anche i buoni Monti, Merkel, Barroso, ecc. Io credo che il piano sia proprio questo: creare dei mercati da dove attingere mano d’opera e beni pubblici a basso costo. I grandi gruppi finanziari e industriali che stanno dietro a questa grande baracca vogliono proprio questo. Hanno pianificato l’Euro per venderci i loro prodotti e farci indebitare con i paesi produttori. Poi per salvarci da questa immane tragedia ci aiuteranno fornendoci capitali per rilanciare l’economia italiana che vedrà vendere i beni pubblici, privatizzare i servizi e offrire mano d’opera a basso costo, così che si potrà abbandonare la Cina e i paesi asiatici che cominciano a rivalutare. Qualcuno ha detto che la Germania ha un piano per uscire rivalutando del 25% circa. Io credo che ancora per la Germania non è conveniente uscire. Oggi siamo il mercato di sbocco, domani i fornitori di mano d’opera e aziende a basso costo (evidenzio che anche la Francia, negli ultimi anni, sta comprando molte aziende importanti italiane).

    Sono preoccupato, soprattutto per il futuro di mia figlia e mi sento impotente.

    p.s.: qualcuno ha citato il giornalista Barnard. Riporto un suo ultimo commento, lo ritengo attinente con quanto dice il prof. Bagnai. Anche Barnard viene spacciato per complottista e accomunato ai vari blogger e signoraggisti che circolano su internet. Io invece ritengo che sia una delle poche voci indipendenti (e di sinistra) che prima di scrivere si documenta seriamente.

    Restiamo umani!

    Marco



    http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=277

    RispondiElimina
  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  7. vorrei sapere l'opinione del prof. Bagnai in merito alla possibilità di stampare moneta senza emettere obbligazioni e sulla MMT?
    grazie

    RispondiElimina
  8. Fiat pax in turribus tuis. Non ci incazziamo tanto è inutile!
    Rientrando da Pescara vedevo il numero di commenti salire, ed ero un po' preoccupato, perché sapevo di aver toccato un nervo scoperto evocando la guerra, e per di più Caporetto. Vedo che qui siamo tutte persone appassionate ma civili e ne sono lieto. Io do il cattivo esempio, molto spesso (come ha notato Massimo), ma voi non lo seguite e ve ne sono grato!

    @Massimo
    Caro Massimo, mi dispiacerebbe essere frainteso da te. Non ho citato Gadda per incitare i lettori del blog ad andare a scavare trincee sulle Alpi al suono dell'inno di Mameli. Detesto anch'io la melassa patriottica, anche perché i media hanno cominciato a propinarci insistentemente lo spettacolo di presidenti che si intenerivano baciando la bandiera proprio mentre si attivava quel processo che ci porta a dover rendere conto a Olli Rehn di cosa vogliamo fare con le scuole che vanno male ai test INVALSI!
    L'amore per la patria è figlio di un secolo, il XIX, che cancellerei volentieri dal calendario della storia. Io, per me, mi fermerei al 1750.
    Mi ritengo cosmopolita (anagramma di complottista?) come lo erano gli illuministi, non c'è un paese che abbia visitato dove non sia stato bene, comunico con tutti, ho amici in tutti i continenti, ne ho anche in Germania, e sono i primi a chiedersi cosa diavolo stiano combinando i loro governanti! Del resto, è tedesco anche Helmut Schmidt, che ha mosso alla Merkel esattissimamente le stesse accuse che le muovo (umilmente) io in questo post (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/12/08/schmidt-attacca-merkel-buba-incompetenti-reazionari.html).
    Con questo, non penso che siamo tutti uguali, credo che ci siano specificità culturali che rispondono a percorsi storici diversi, determinati dagli interessi ma anche dal caso, e fra le quali mi risulterebbe molto difficile stabilire un ordinamento.
    Ho citato Gadda perché fornisce secondo me la rappresentazione più disperata e lucida di cosa c'è che non va nella specificità italiana: essenzialmente, il disordine e la cialtroneria, figlia del presupposto sbagliato che il "genio" si manifesti nell’”idea”, e che curare i dettagli sia indice di piccolezza d’animo. Così abbiamo ottimi ingegneri che fanno ottimi motori, ma, mi dicono, non altrettanto ottime maniglie delle portiere. Il motore è un’idea, la maniglia un dettaglio. Ci manca questa umiltà. Perché riesco a leggere Bach dal manoscritto, e per leggere i compiti dei miei studenti devo ricorrere a un grafologo forense?
    Però, anche se questa umiltà spesso ci manca, anche se non sappiamo scegliere i nostri governanti, anche se il successo degli altri certamente anche alla nostra dabbenaggine, anche se noi, singolarmente e collettivamente, siamo tutti perfettibili, e soprattutto anche se amo la cultura tedesca e sto molto bene in Germania, non me la sento di aderire al coro autodenigratorio che sento in giro, quello per cui la soluzione della crisi è che “diventiamo tutti un po’ più tedeschi” (come ho sentito dire a un illustre collega).
    E questo per due motivi.
    Primo, perché so che certi problemi sono presenti anche all’estero. Vogliamo parlare delle mazzette che girano in Germania, o di come si fanno certi concorsi pubblici, o di quale è la produttività della loro pubblica amministrazione? Potrebbe essere una sorpresa per alcuni, ma non avrebbe senso entrare in una dialettica simile, perché il problema principale mi sembra un altro: non si può imporre a un’intera nazione un modello culturale con un metodo antidemocratico, giustificando questo procedimento con l’inadeguatezza della classe politica o con inferiorità ataviche. Il mio non mi sembra patriottismo ottocentesco, caro Massimo. Mi sembra invece l’unico modo per evitare che a quel patriottismo, e al nazionalismo, e al fascismo, ci si torni. Perché il deficit di democrazia c’è, ed è evidente.
    Mi spiace che denunciarlo ti sembri fuori luogo, ma sono sicuro che c’è stato un fraintendimento.

    RispondiElimina
  9. @Sergio e Eugenio

    Intanto, ringrazio Sergio per la citazione dotta, e gli faccio notare però che non mi sembra che Manasse e Roubini afferrino il punto, che è quello che siccome, come la letteratura sui twin deficits ci ha insegnato, l'indebitamento estero netto è prevalentemente privato, la rilevanza del debito estero come indicatore di default deriva dal (e indica il) fatto che la fragilità finanziaria di un paese dipende principalmente dal debito privato.

    Questo è il punto tecnico che sfugge a Eugenio (ma mi sembra pienamente giustificato, visto che sfugge anche a Roubini!).

    E questo è anche un punto al quale la letteratura post-keynesiana era arrivata prima di Manasse e Roubini.

    Sono molto d'accordo con Sergio che non tutte sono opinioni, ma vorrei che apprezzasse (perché vedo che lo condivide) lo sforzo che faccio per non portare la discussione su un piano sul quale non avrei interlocutori.

    Perché se l'Europa non è una zona valutaria ottimale, l'Europa non è una zona valutaria ottimale. Questo è il dato tecnico.

    Ma ogni ragionamento tecnico, alla fine, diventa tautologico e a me interessa non convincere gli altri con la clava della tecnica, anche perché dovrei arrivare a un livello al quale resterei solo a delirare con me stesso. Mi interessa invece le mie certezze confrontandomi su altri piani.

    Tuttavia vi invito a scaricare il mio working paper http://www.luiss.edu/dptea/files/LLEE%20Working%20Documents%2089.pdf, e a leggere le Table I e Table VII. Vedrete così quanto poco conta il debito pubblico (cosa che a Eugenio non mi sembra sia ancora pienamente chiara), e quanto macroscopico era il "trucco" dei conti greci (per cui bene fa Schmidt a deridere quelli che a posteriori hanno preteso di non essersene resi conto!).

    Eugenio: non voglio convincerti, e questo per due motivi: perché non mi serve il tuo voto (ho una cosa in comune con Monti), e perché sono convinto che questo lavoro deve farlo la storia (e che quando lo avrà fatto tu avrai l'onestà intellettuale di riconoscerlo)! ;)

    Ovviamente sto scherzando: volevo solo dire che questo gran bordello che stiamo attraversando ha anche il suo lato interessante: chissà come andrà a finire? Basta aspettare...

    RispondiElimina
  10. @Marco e Massimo

    Caro Marco,

    vedo che cogli esattamente quello che per me è l'aspetto più sbalorditivo: la regressione culturale che il dibattito corrente (non qui, ma pressoché ovunque altrove) dimostra.

    E a te e a Massimo dico che io mi sono sentito profondamente tradito da quei maestri che prima mi hanno fatto leggere Keynes, e ora biascicano luoghi comuni, quegli stessi luoghi comuni per immunizzarmi dai quali mi hanno fatto leggere Keynes. Ma forse loro non lo avevano letto.

    Ho un caro ricordo di Fernando Vianello, e di come si stupì del fatto che conoscevo Keynes, e avevo studiato Ackley. Vianello forse pensava che conoscere l'econometria, studiare i dati, escludesse l'interesse per i classici. Mi è accaduto più volte di riscontrare il fatto contrario. Mi manca molto non potermi confrontare con lui e con pochi altri.

    Ma per il resto, avete presente "L'invasione degli ultracorpi"? Ecco, per me tornare in dipartimento a Roma era un po' come farsi un giro a Santa Mira... Che tristezza, che pena, che rabbia. E quindi, caro Massimo, fai bene a dirmi di stare calmo. Sono riuscito a spiegarti un po' meglio perché mi riesce difficile?

    RispondiElimina
  11. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  12. Alberto, dimmi dove sbaglio.
    Sinceramente non mi pare corretto dire che "il debito pubblico non conta". In generale indebitarsi non è una buona idea; non lo è per una famiglia, non vedo perché lo debba essere per uno Stato.
    Poi è ovvio che il debito pubblico è una grandezza che si valuta insieme ad altre, come deficit, debito privato, debito estero, crescita. Un Paese si può permettere di avere un determinato debito pubblico, se nel contempo ha un elevato avanzo con l'estero e un elevato risparmio privato, il che significa che il Paese produce. Questo è il caso del Giappone. Se invece il Paese produce poco, ecco che tenderà ad avere più importazioni che esportazioni, quindi più debito estero, quindi non potrà permettersi un debito pubblico elevato, anzi in un Paese del genere la creazione di debito pubblico farà da detonatore al debito privato, perché spingerà i cittadini ad spendere ancora di più, peggiorando l'indebitamento con l'estero. In poche parole, se migliaia di dipendenti pubblici greci comprano la Mercedes, e magari anche migliaia di autonomi evasori fiscali, nel breve periodo sembra che vada tutto bene, ma intanto il Paese sta scavando i suoi debiti, e si sta scavando la fossa. Sarebbe dunque meglio che questo Paese tenga basso il debito pubblico, combatta l'evasione, insomma tenga i conti pubblici a posto, e nel frattempo lavori per aumentare la produttività, ad esempio investendo in istruzione e ricerca, invece di pretendere di vivere da nababbo.
    Invece da come la mettete voi sembra che il debito pubblico possa crescere senza problemi all'infinito.
    Quindi la parola chiave è: produrre. Ma questo non si può dire, altrimenti si viene accusati di essere, non so, dei neo-liberisti, affamatori dei popoli, o una cosa del genere.
    L'unico caso che io conosca di Paese che vive da decenni al di sopra dei propri mezzi sono gli Stati Uniti, ma ciò è accaduto perché la loro moneta funge da riserva mondiale. In altre parole, se la Grecia inonda il mondo di dracme, dopo un po' non le vuole più nessuno, e il Paese o fallisce o svaluta, mentre fino ad ora gli Stati Uniti hanno potuto inondare il mondo di dollari, e gli altri Paesi li hanno accettati. Ciò non toglie che questo meccanismo alla lunga non regga, e che adesso gli stessi Stati Uniti si trovino in una situazione molto difficile, per cui anche loro saranno costretti a ridimensionare di parecchio il loro tenore di vita.
    Morale della favola: non si può vivere al di sopra dei propri mezzi. Un Paese che produce ed esporta non lo fa, uno che non produce ed importa, sì.
    Per questo io penso che comunque uno Stato debba tenere a posto i propri conti sempre, ma soprattutto se non produce (o meglio: non spendere più di quanto incassa). Per me anche il debito pubblico giapponese è un'anomalia, che alla lunga potrebbe portare problemi, ma almeno quel debito è compensato da fattori positivi, che la Grecia non ha.
    Poi sarà anche vero che gli squilibri troppo grandi sono un pericolo comunque, ma in generale si tende a pensare che la responsabilità principale sia in chi si indebita: sta a lui stare attento con le spese. Se io vendo Mercedes e mi si presenta uno già indebitato che per comprarla si fa un mutuo, si può dare la colpa a me se lui dopo tre mesi va fallito?
    Quanto ai salari, non vedo come possano essere alti in un Paese che non produce. Non mi pare che a Cuba o in Albania gli operai girino in Mercedes o vadano in vacanze alle Maldive :-)

    RispondiElimina
  13. Caro Prof
    Sono proprio contento di averti ritrovato
    Ciao

    Alex

    RispondiElimina
  14. @Sergio

    Impeccabile. Aggiungiamo una cosa, che a quanto pare in questo porco mondo è evidente solo a me (quindi mi affretto a condividerla con voi, prima che il complotto mondiale ordito da Rockerduck e Gambadilegno provveda a liquidarmi).

    C'è un motivo evidente per il quale Maastricht propone un criterio operativo (totalmente infondato dal punto di vista teorico) per il debito pubblico, e nessuno per il debito estero, ed è un motivo ideologico.

    Limitare l'indebitamento pubblico significa limitare quello che anche Eugenio percepisce come il nemico pubblico numero uno: lo Stato (si vede la scuola bersaniana, se posso permettermi... ;)).

    Limitare l'indebitamento estero significa limitare la finanza privata... e questo, evidentemente, non si può.

    Perché la favoletta dice che lo Stato spreca sempre, è sempre corrotto, sempre inefficiente, e comunque anche quando non lo è potrebbe diventarlo, per cui meglio sterminarlo subito: better safe than sorry...

    Mentre la finanza privata,lei sì che sa come utilizzare bene quel bene prezioso che è il risparmio.

    Bene: non vi chiedo di leggere il capitolo XII della Teoria generale, ma... Sergio: vuoi ricordare a lorsignori quali sono state le dimensioni in milioni di dollari del default argentino (l'unico pubblico di una qualche rilevanza) e del default Lehmann (uno dei tanti default privati degli ultimi anni)?

    Scusa se ti uso come un garzone di bottega, ma tu sei così documentato...

    Poi se volete capire capite, e se non volete tenetevi l'euro, la Merkel, Bersani che vuole perdere le elezioni nel Lazio per scompigliare il PdL, ecc.

    Io purtroppo ho altri problemi: dopo aver letto il post, la mia dolce compagna mi ha detto: "ma allora è questo che pensi di me quando vedi la mia scrivania!?". E io ho risposto: "Sì!". Perché, come dice Tamina nel Flauto magico (io la Germania posso permettermela): "Die Warheit! Sey sie auch verbrechen". E quindi mo' so' cazzi (e questo non lo dice Pamina, ovviamente). Se sopravvivo sarà un piacere continuare la discussione.

    RispondiElimina
  15. @ Alex

    Anch'io, ero sicuro che ce l'avresti fatta. Allora iscriviti, così mi alzi il rating. Mi piacerebbe arrivare alla tripla A mentre il Sarkonano la perde...

    RispondiElimina
  16. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  17. Argentina: 81 miliardi di dollari (http://www.economist.com/node/21533453; ma anche Russia 1998 non sembra male...).
    Lehman Brothers: 129 miliardi di dollari (debiti bancari per 613, obbligazionari per 155, attività per 639; http://it.wikipedia.org/wiki/Lehman_Brothers).

    ;-)

    RispondiElimina
  18. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  19. @Alberto
    Se nel trattato di Maastricht è mancato un criterio sull'indebitamento estero, si può far tesoro dell'esperienza ed inserirlo, anziché buttare il bambino con l'acqua sporca. Se non si ragiona ideologicamente, e non si considera qualcuno, che sia lo Stato o il mercato come amico o nemico a prescindere (altrimenti potrei riconoscere la scuola bertinottiana!), ma si cerca di far funzionare il sistema :-)

    @Sergio
    Quello che non ho capito è se tu sostieni che nello scenario A lo Stato può aumentare il suo debito all'infinito. Cioè il debito può valere indifferentemente, che so, il 100%, il 1.000% o il 100.000%, senza creare problemi all'economia?
    Tu dici che lo Stato si indebita coi cittadini. Appunto, ma i cittadini non hanno un reddito infinito.
    Io penso che se nello scenario A, lo Stato si indebita troppo, prima o poi qualcosa andrà storto, ad esempio per pagare il debito sarà costretto ad aumentare troppo le tasse, e alla fine strangolerà l'economia, tanto più nel contesto del commercio (e della concorrenza) internazionale, oppure sarà costretto a indebitarsi all'estero. Quindi direi che anche il debito pubblico va tenuto sotto controllo, ma correggimi se sbaglio.
    Sarebbe interessante poi chiedersi come mai alcuni debiti sovrani siano considerati solvibili e altri no: mi pare che i mercati si fidino del debito tedesco e di quello americano (che pure è detenuto in una parte considerevole all'estero) e non di quello greco, per dire. Quindi non è impossibile evitare l'attacco dei mercati.
    Poi, sarebbe interessante chiedersi come mai si è verificato lo scenario C: perché a un certo punto una parte del debito è finito in mani estere? Insomma, quello che non mi quadra è che prima lo Stato si indebita sul mercato, e poi ci si arrabbia se i mercati non si fidano se non tiene i conti a posto.

    RispondiElimina
  20. sarebbe interessante sottoporre ai tedeschi questo test.
    AVRESTE DATO SOLDI AL SUD EUROPA SE AVESTE AVUTO LA CERTEZZA CHE AVREBBERO USATO QUEI SOLDI PER AUMENTARE LA "LORO "PRODUTTIVITà E NON PER COMPRARE I PRODOTTI TEDESCHI?( E QUINDI TOGLIENDO ALLA GERMANIA LA LORO ARMA PIù POTENTE :LE ESPORTAZIONI.)
    AVREBBERO FINANZIATO LA NASCITA DI NAZIONI CAPACI DI FARGLI CONCORRENZA SUL MERCATO GLOBALE?
    io non credo.
    in tutto questo dibattito c'è un tasso di ipocrisia,da parte dei tedeschi,insopportabile.
    hanno caricato l'orologio, sapevano che saremmo arrivati ad una crisi dell'euro,ma non accettano di essere parte del "PROBLEMA EURO E EUROPA" anzi vogliono usare questa crisi per aumentare la loro egemonia.
    come si è scritto prima VOGLIONO STRAVINCERE spero che straperdano!
    BAGNAI:è sicuro del crollo dell'euro?
    ho una paura boia che sarà difficile uscirne.
    troppi poteri forti vogliono conservarlo.
    le sue analisi economiche sono splendide e semplici ma IL POTERE ha altre logiche,altri mezzi,che vanno oltre l'economia.
    guardiamo lo stesso ASSURDO euro,una cosa senza capo nè coda, eppure l'hanno fatto.
    le ragioni della nascita di questa ASSURDITà possono essre state varie:voler controllare la germania,voler dimostrare che l'economia liberista può far meglio della politica tuot cour,....
    l'hibrys li consuma!
    la germania se ne è servita per tornare a essere un attore centrale sulla scena mondiale.
    tutta l'economia mondiale dipende dalle scelte della germania.
    E A MONTI GLI DANNO IL COMPITINO DA FARE A CASA COME SE FOSSE IN NOSTRO POTERE FERMARE QUESTO TRENO!!!!!!!!!!!!!!
    SAREBBE INTERESSANTE INIZIARE A PARLARE DELLA TEMPISTICA DI UN EVENTUALE CROLLO DELL'EURO, ELABORARE SCENARI DEL PRIMA E DEL DOPO.
    CREDO CHE ALLE PERSONE INTERESSI AVERE IDEE PRATICHE SU COME MUOVERSI IN QUESTA TEMPERIE E,SPERO, NEL DOPO.

    RispondiElimina
  21. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  22. bellissimo il coming out! hahaha è vero più fieri si è di essere italiani e più si è critici, ma lo si è con rabbia e con voglia di cambiare non con la cantilenante rassegnazione di chi chiede scusa al mondo intero per l'esistenza di berlusconi invidiando i fortunati che hanno i premi nobel per la pace autodefinitisi keynesiani, i sarkonani con i complessi di napoleone e le bionde algide dalla proverbiale saggezza teutonica.

    Grazie per il link con il suo studio sembra davvero interessante!
    Sarebbe anche la prima volta che ringrazio un insegnante quasi sento una vocina che borbotta "marobadamatti" stai ringraziando un insegnante perchè ti ha mandato il link ad un suo studio in inglese che parla di materie economiche che tu nemmeno hai mai studiato...
    Bene si vede che mi rimboccherò le maniche e vedrò di capire perchè mi sento disadattato e non ho nessuna intenzione di adattarmi.

    Giuseppe

    RispondiElimina
  23. Grazie Giuseppe. Vedo che avete voglia di lavorare, ce l'avrei anch'io, ma devo portare un collega brasiliano che lavora in Cina a vedere la villa Adriana di Tivoli. Ha fatto un bellissimo seminario a Pescara spiegandoci in che modo l'hybris del corporate management ha messo in difficoltà le imprese durante l'ultima crisi finanziaria. E in quel caso di greco c'era solo il termine, e di pubblico non c'era nulla (mi dispiace per Ermes, i cui ragionamenti secondo me sono un po' fallimentari... sarà per via del nome greco?) ;)

    Divertitevi senza di me ma continuate a volervi bene!

    Alberto

    RispondiElimina
  24. @Sergio: aggiungo un altro scenario:

    Ci sono 10 cittadini che hanno tutti redditi diversi per un totale di 1000. Lo Stato non emette titoli ma semplicemente spende più di quanto riceve in tasse (paga stipendi, aggiusta le autostrade, migliora la sanità, ecc.). Alla lunga tale deficit (spende più di quanto riceve) aumenta negli anni, esponenzialmente, allora i 10 cittadini che saranno più ricchi chiederanno più beni e questi diverranno più scarsi e quindi i prezzi aumenteranno supponiamo del 10% anno. Allora i cittadini dicono allo Stato di calmarsi con la spesa in deficit e lo Stato allora dirà che la spesa in deficit è importante perché tutti abbiano uguale potere di acquisto e che i servizi pubblici funzionino bene. Allora lo Stato decide che l’inflazione troppo alta si può risolvere tassando di più i propri cittadini, per diminuire il potere di acquisto dei più ricchi e aumentare quello dei più poveri così che tutti i cittadini abbiano un reddito uguale a 10. Risultato: lo Stato spenderà sempre in deficit e farà in modo però che tutti i cittadini abbiano un reddito sempre uguale a 10, poco ma che gli permette di comprare i prodotti e i servizi che lo Stato non gli può offrire, cioè il pane, la frutta, la pasta, i vestiti. Il resto: sanità, trasporti, istruzione, viabilità, cultura, divertimento. Lo offre lo Stato.
    Ovviamente questa è una favola, ma da qualche parte nel mondo ha funzionato.

    RispondiElimina
  25. scusi Prof. vorrei fare un ragionamento puramente teorico.

    se il nostro governo rincorrendo il pareggio di bilancio ci si avvicina e facendo questo contribuisce a riequilibrare la nostra bilancia commerciale, in sostanza le nostre importazioni crescono + lentamente delle nostre esportazioni, e di conseguenza anche la nostra bilancia delle partite correnti si riequilibra anch'essa.

    e questo è possibile perchè le importazioni sono inevitabilmente collegate ai cicli economici.

    E se ne frattempo, di qui al 2013 il ns governo riuscisse a riportare in mani italiane una buona parte del nostro debito pubblico sottraendolo alla speculazione internazionale. Diciamo che potremmo avere il 90% dei TDS in mani italiane, famiglie, banche, fondi pensione, investitori etc.

    Con un bilancio pubblico vicino al pareggio, una bilancia commerciale molto piu' equilibrata e un debito pubblico in larga parte in mani italiane, potremmo continuare a sopravvivere nell'Euro?

    disclaimer: è chiaro che non sono un'economista ma semplicemente mi sforzo di capire che cosa i nostri leader europei possano avere in testa

    Angelo Angeletti

    RispondiElimina
  26. Un paio di domande per capire meglio.

    In che senso chi importa più di quanto esporti si indebita? Non può semplicemente attingere dalla liquidità disponibile? E se proprio deve, perche il suo debito sarà contratto con l'estero e non con la propria banca? In altri termini, è solo questione di deficit commerciale, o si tratta di debito vero e proprio? Non so se mi sono spiegato..

    Secondo: i vincoli sul debito estero non su traddurrebbero in ulteriori pressioni sui salari? Sappiamo bene come le imprese italiane facciano competitività...

    Claudio

    RispondiElimina
  27. Scusate, sto lavorando per voi e quindi non posso rispondere a tutti subito, nessuna domanda è inappropriata, vorrei rispondere a tutte, se non trovate risposta magari la troverete in qualche post successivo, o sentitevi liberi di rifarla.

    Solo un commento rapido su una delle domande di Claudio. Devi pensare in un'ottica macroeconomica (aggregate) e goofynomica (bilaterale), per cui le relazioni fra due stati hanno due lati, e quello che conta è il risultato netto.

    Certo, il paese può finanziare un deficit commerciale anche attingendo alla sua liquidità. Direi, con più precisione, ricorrendo alle proprie riserve valutarie. Ma questo significa che DOPO avrà MENO liquidità (cioè meno riserve) e quindi che il suo attivo, la sua ricchezza, sarà diminuita.

    Diminuirà pertanto la sua posizione netta sull'estero:

    PNE = AFE - PFE

    (attività finanziarie sull'estero meno passività finanziarie sull'estero), in particolare per una riduzione di AFE, cioè il paese avrà, in termini netti, minor credito (se PNE è positiva) o maggior debito (se PNE era già negativa).

    Non è particolarmente diverso se invece il paese compra facendosi prestare i soldi o piantando un chiodo (come si suol dire). In quel caso aumenta PFE (le passività) e quindi comunque diminuisce PNE.

    Considera che stiamo parlando di squilibri persistenti, e che le riserve non sono infinite. E considera che stiamo parlando di tutto un paese (non di te che magari compri senza accorgertene la mela cilena al supermercato... e certo l'euro non te lo ha prestato una banca cilena!).

    Il deficit commerciale porta quindi al deterioramento della posizione finanziaria. Ogni scambio reale ha una contropartita finanziaria. Domattina andrai al bar e prenderai un caffè: vedi bene il lato reale (il caffè che entra) e quello finanziario (i 90 cent che escono). Ci siamo? Fammi sapere se è chiaro questo... che da qui costruiamo...

    RispondiElimina
  28. la gran bretagna ha un debito estero di circa 8000 mld $ +un debito pubblico al 44% del pil!

    come mai i mercati non l'affondano pur avendo a un pil di circa 2000 mld $ che è del tutto ridicolo dati questi debiti????????????????????

    RispondiElimina
  29. Ora è molto più chiaro, grazie!

    Claudio

    RispondiElimina
  30. Solo una curiosità per l'anonimo dai molti interrogativi: il dato del debito pubblico da dove lo ha preso? Comunque la domanda è pertinente e le dedicherò un post.

    A.

    RispondiElimina
  31. Se posso do un contributo io perché il debito uk é superiore al 44%
    http://www.ukpublicspending.co.uk/uk_national_debt_chart.html
    É divertente notare come i debiti riescano ad aumentare e regredire storicamente e non siano per loro stessa natura inestinguibili come la vulgata catastrofista vorrebbe.
    Se ne trovo altri aggiorno

    Giuseppe

    RispondiElimina
  32. ulteriore aggiornamento sul debito uk
    qui c'è quello pubblico già superiore al 60%
    http://www.economicshelp.org/blog/334/uk-economy/uk-national-debt/
    qui quello totale, incluso quello privato e non solo il privato, vicinissimo ad un "tragicomico" 500%
    http://www.economicshelp.org/blog/4060/economics/total-uk-debt/

    Non so come interpretare tutto questo sembra un delirio totale, leggendo bottarelli sul sito ilsussidiario.net si apprende che pochi giorni fa sia fallita un'importante banca francese
    http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2011/12/1/FINANZA-2-Un-nuovo-rischio-fa-tremare-l-Europa/225762/

    da altre parti si sussurra di una prossima nazionalizzazione della tedesca commerzbank, mentre le "impressionanti" manovre di monti si avvicinano con il timore espresso dal professor Galloni che bastano 50 euro di riduzione salariale nel pubblico impiego per perdere dai 7.000 agli 8.000 posti di lavoro nel privato.

    Mah

    Giuseppe

    RispondiElimina

Tutti i commenti sono soggetti a moderazione.